06/05/2017, 12:17
Il Venezuela nel baratro della crisi economica ed il pericolo della guerra civile
E Papa Francesco si augura che" venga evitata ogni ulteriore forma di violenza"
03/05/2017 16:23 CEST | Aggiornato 03/05/2017 16:23 CEST
Non si fermano e non si placano le proteste in tutto il Venezuela. Da quasi un mese le strade e le piazze di Caracas e di altre città sono teatro di pesanti scontri tra i cittadini , le forze di polizia e la Guardia Nazionale. La popolazione è esasperata, perché dappertutto ormai mancano cibo (non si riesce più trovare nemmeno pane e latte) e medicinali, con le farmacie e gli ospedali che non dispongono più neanche dei farmaci più elementari. Per ora si può fare la spesa solo una volta alla settimana, utilizzando una tessera alimentare fornita dal governo per razionare i viveri.
Una situazione incandescente che si trascina ormai da mesi, che è precipitata alla fine dello scorso marzo, quando la Corte Suprema di Giustizia ha deciso di esautorare il parlamento dai propri poteri, lasciando quindi al presidente, Nicolas Maduro, il dominio politico assoluto. A nulla sarebbe servito il dietrofront dello stesso Maduro, che dopo essersi reso conto che questa decisione rischiava di essere una miccia esplosiva ha successivamente chiesto alla Corte di rivedere la sua decisione.
I problemi veri sono iniziati a serpeggiare in tutta la nazione già dallo scorso mese di dicembre, quando il "Mesa de Unidad Democratica", forza di opposizione meglio conosciuto come "Mud", aveva vinto le elezioni. Da allora , secondo quanto viene riferito da numerosi venezuelani che hanno deciso da lasciare la nazione, Maduro ha cercato di rendere tutto il Venezuela una vera e propria dittatura. Sono tempi difficili, quindi, per il successore di Hugo Chavez, che per cercare di placare le proteste ha da poco annunciato di voler aumentare le pensioni e del 60% gli stipendi dei dipendenti pubblici. Ma questo provvedimento non sembra aver scalfito minimamente la volontà dei venezuelani di continuare nelle loro proteste.
Che la situazione sia drammatica lo ripete a gran voce anche la dott.ssa Lorena Franceschini, italo- venezuelana, vice presidente dell' associazione "Venezuela Italia Mondo", che si dice sicura che "i cittadini sono determinati ad andare avanti sino a quando non ci sarà un vero cambiamento nel quadro politico, anche se per ora la repressione è durissima. La Guardia Nazionale spara sulla folla di tutto, dai proiettili di gomma ai lacrimogeni. La cose peggiori le fanno i gruppi paramilitari dei "Collettivos", che sparano senza guardare in faccia nessuno. Sarebbero loro, infatti, i responsabili di ben 30 uccisioni compiute sino ad ora ". I più fortunati, se possono, riescono ad andare in Colombia a rifornirsi di cibo e medicine dato che, sempre secondo la dott.ssa Franceschini, "è impossibile trovare il pane perché il governo non distribuisce più la farina ai forni. Ed è impossibile trovare anche le medicine più essenziali come la tachipirina o gli antibiotici".
Alcuni analisti ritengono che, in realtà, queste proteste sarebbero fomentate dagli Stati Uniti per spazzare via un governo non allineato con i loro interessi economici in Sud America. Su questo punto le sue parole sono chiare. "Questa storia della cospirazione americana credo sia solo una scusa per non voler ammettere che il Venezuela stia diventando una dittatura. La verità e che il popolo è ridotto alla fame più totale". Anche in Italia molti venezuelani stanno tenendo delle manifestazioni in questi giorni, recentemente anche a Roma, dove è stato possibile fare un giro per raccogliere qualche ulteriore informazione in loro possesso.
E parlando con loro vieni a sapere che ormai anche la libertà di stampa nel loro paese è messa gravemente a rischio, dato che nelle tv nazionali si possono vedere solo telenovele o notiziari che non parlano minimamente della proteste in corso. Molti giornali, invece, non vengono neanche più stampati per la mancanza di carta. Sui volti e negli occhi delle persone che incontri puoi notare solo la tristezza per quello che sta accadendo al loro paese, che un tempo era uno dei più ricchi e più prosperosi di tutto il Sud America. E di loro si è anche ricordato Papa Francesco, che pochi giorni fa ha fatto un suo appello con parole limpide e precise: "Mentre mi unisco al dolore dei familiari delle vittime, per le quali assicuro preghiere di suffragio, rivolgo un accorato appello al Governo e a tutte le componenti della società venezuelana affinché venga evitata ogni ulteriore forma di violenza, siano rispettati i diritti umani e si cerchino soluzioni negoziate alla grave crisi umanitaria, sociale, politica ed economica che sta stremando la popolazione".
06/05/2017, 12:22
Venezuela, la repressione sempre più dura, i morti salgono a 34 il blindato investe i manifestanti
Le immagini degli scontri cruenti in piazza dei contestatori di Maduro con la polizia
Balla Maduro, dimena il suo fisico corpulento a ritmo di musica il presidente venezuelano sul palco davanti ai suoi sostenitori . Ha appena firmato il decreto che istituisce l’Assemblea Costituente e denunciato l’inizio di «una insurrezione armata da stroncare». «Abbiamo il diritto di difenderci dal terrorismo e lo faremo», promette mentre nelle strade di Caracas i blindati della polizia investono e schiacciano i manifestanti che volevano raggiungere in corteo la sede del Parlamento per protestare contro quella che considerano un espediente del «presidente-tiranno» per evitare le elezioni chieste a gran voce dalla piazza. Le immagini postate sui social mostrano un furgone della Guardia nazionale che investe almeno tre manifestanti nella capitale prima di essere centrato da una molotov.
Giovedì, giornata nazionale di mobilitazione studentesca, la repressione dalle strade è arrivata fin dentro le università. Un leader studentesco, José López, è stato ucciso mentre partecipava a un’assemblea nel suo campus, nella città di El Tigre, nella regione orientale di Anzoátegui. Alcuni civili armati - dei famigerati «colectivos», il braccio armato del regime — si sarebbero infiltrati tra gli studenti. «Uno dei presenti lo ha avvicinato e gli ha sparato diverse volte prima di scappare in sella a una motocicletta”, ha spiegato la Procura in una nota. Salgono così a 34 le vittime di un mese di proteste. All’ Università Centrale del Venezuela, il più importante ateneo pubblico del Paese, gli agenti hanno sparato gas lacrimogeni contro centinaia di studenti. Tensione anche negli atenei di altre città, come l’Università Bicentenaria di Aragua, dove molti manifestanti sono stati colpiti da granate lacrimogene sparate ad altezza d’uomo e pallettoni di gomma.
Un gruppo di studenti dell’Università cattolica di Caracas è marciato fino alla sede della Conferenza episcopale per consegnare ai vescovi un messaggio per Papa Francesco, «deve sapere che ci stanno picchiando e ci stanno uccidendo».
La mobilitazione studentesca è arrivata all’indomani di una delle giornate più sanguinose. Le violenze più gravi sono avvenute a una manifestazione antigovernativa a Las Mercedes, quartiere alla periferia est di Caracas, dove la Guardia nazionale è intervenuta con cariche e lacrimogeni contro i cortei di manifestanti che hanno lanciato bottiglie molotov. Qui è stato ucciso un manifestante di 17 anni, Armando Cañizales, colpito al collo da un proiettile. «Stava per diplomarsi, faceva il musicista e voleva iscriversi a Medicina all’università come sua mamma», ha twittato il deputato José Manuel Olivares , rimasto pure lui ferito lunedì scorso mentre partecipava a un corteo a El Paraíso, nel cuore della capitale. Tra i 300 manifestanti feriti negli scontri anche il vicepresidente dell’Assemblea Nazionale, Freddy Guevara, colpito da un lacrimogeno alla caviglia. Un altro dimostrante è stato arso dalle fiamme generate dall’esplosione di una moto della polizia.
Stretto tra la crescente tensione nelle piazze — con centinaia di migliaia di venezuelani che si riversano nelle strade ogni giorno ormai da oltre un mese — e la montante pressione internazionale, Maduro reagisce stracciando la Costituzione scritta dal suo padrino politico , Hugo Chávez. Un inganno, denunciano alcuni espatriati italiani: la Costituente sarà formata da 500 membri, ma soltanto la metà saranno eletti dal popolo a suffragio universale. Gli altri saranno scelti da consiglieri comunali e altri funzionari, tutti «uomini» del presidente.
06/05/2017, 13:04
06/05/2017, 13:34
06/05/2017, 15:47
MaxpoweR ha scritto:In pratica il presidente Venezuelano ha fatto quello che ha fatto Erdogan in Turchia. MA mi sa che i venezuelani sono meno gonzi dei turchi ^_^
06/05/2017, 15:51
Plutone77 ha scritto:Venezuela, la repressione sempre più dura, i morti salgono a 34 il blindato investe i manifestanti
Le immagini degli scontri cruenti in piazza dei contestatori di Maduro con la polizia
Balla Maduro, dimena il suo fisico corpulento a ritmo di musica il presidente venezuelano sul palco davanti ai suoi sostenitori . Ha appena firmato il decreto che istituisce l’Assemblea Costituente e denunciato l’inizio di «una insurrezione armata da stroncare». «Abbiamo il diritto di difenderci dal terrorismo e lo faremo», promette mentre nelle strade di Caracas i blindati della polizia investono e schiacciano i manifestanti che volevano raggiungere in corteo la sede del Parlamento per protestare contro quella che considerano un espediente del «presidente-tiranno» per evitare le elezioni chieste a gran voce dalla piazza. Le immagini postate sui social mostrano un furgone della Guardia nazionale che investe almeno tre manifestanti nella capitale prima di essere centrato da una molotov.
Giovedì, giornata nazionale di mobilitazione studentesca, la repressione dalle strade è arrivata fin dentro le università. Un leader studentesco, José López, è stato ucciso mentre partecipava a un’assemblea nel suo campus, nella città di El Tigre, nella regione orientale di Anzoátegui. Alcuni civili armati - dei famigerati «colectivos», il braccio armato del regime — si sarebbero infiltrati tra gli studenti. «Uno dei presenti lo ha avvicinato e gli ha sparato diverse volte prima di scappare in sella a una motocicletta”, ha spiegato la Procura in una nota. Salgono così a 34 le vittime di un mese di proteste. All’ Università Centrale del Venezuela, il più importante ateneo pubblico del Paese, gli agenti hanno sparato gas lacrimogeni contro centinaia di studenti. Tensione anche negli atenei di altre città, come l’Università Bicentenaria di Aragua, dove molti manifestanti sono stati colpiti da granate lacrimogene sparate ad altezza d’uomo e pallettoni di gomma.
Un gruppo di studenti dell’Università cattolica di Caracas è marciato fino alla sede della Conferenza episcopale per consegnare ai vescovi un messaggio per Papa Francesco, «deve sapere che ci stanno picchiando e ci stanno uccidendo».
La mobilitazione studentesca è arrivata all’indomani di una delle giornate più sanguinose. Le violenze più gravi sono avvenute a una manifestazione antigovernativa a Las Mercedes, quartiere alla periferia est di Caracas, dove la Guardia nazionale è intervenuta con cariche e lacrimogeni contro i cortei di manifestanti che hanno lanciato bottiglie molotov. Qui è stato ucciso un manifestante di 17 anni, Armando Cañizales, colpito al collo da un proiettile. «Stava per diplomarsi, faceva il musicista e voleva iscriversi a Medicina all’università come sua mamma», ha twittato il deputato José Manuel Olivares , rimasto pure lui ferito lunedì scorso mentre partecipava a un corteo a El Paraíso, nel cuore della capitale. Tra i 300 manifestanti feriti negli scontri anche il vicepresidente dell’Assemblea Nazionale, Freddy Guevara, colpito da un lacrimogeno alla caviglia. Un altro dimostrante è stato arso dalle fiamme generate dall’esplosione di una moto della polizia.
Stretto tra la crescente tensione nelle piazze — con centinaia di migliaia di venezuelani che si riversano nelle strade ogni giorno ormai da oltre un mese — e la montante pressione internazionale, Maduro reagisce stracciando la Costituzione scritta dal suo padrino politico , Hugo Chávez. Un inganno, denunciano alcuni espatriati italiani: la Costituente sarà formata da 500 membri, ma soltanto la metà saranno eletti dal popolo a suffragio universale. Gli altri saranno scelti da consiglieri comunali e altri funzionari, tutti «uomini» del presidente.
http://www.corriere.it/video-articoli/2 ... 814c.shtml
06/05/2017, 16:48
mik.300 ha scritto:a me pare tutto un remake della rivoluzione ucraina..
06/05/2017, 17:08
zakmck ha scritto:mik.300 ha scritto:a me pare tutto un remake della rivoluzione ucraina..
Sono totalmente d'accordo.
Solo che ora come da tradizione, si aggiungeranno i soliti tifosi, che inevitabilmente butteranno la discussione sul confronto tra capitalismo e sistemi comunisti-socialisti quando non anche quelli del destra vs sinistra.
06/05/2017, 23:05
06/05/2017, 23:18
zakmck ha scritto:Solo che ora come da tradizione, si aggiungeranno i soliti tifosi, che inevitabilmente butteranno la discussione sul confronto tra capitalismo e sistemi comunisti-socialisti quando non anche quelli del destra vs sinistra.
06/05/2017, 23:35
07/05/2017, 11:21
sottovento ha scritto:zakmck ha scritto:Solo che ora come da tradizione, si aggiungeranno i soliti tifosi, che inevitabilmente butteranno la discussione sul confronto tra capitalismo e sistemi comunisti-socialisti quando non anche quelli del destra vs sinistra.
Credo che la situazione venezuelana rispetto ad altre rivolte già viste dipenda quasi unicamente da questioni di miseria e non da questioni politiche. Il tutto alimentato dal pugno di ferro che sta usando Maduro in pieno stile Erdogan. Questo colpevole anzicchè farsi da parte e fare tante scuse colpisce il popolo allo stremo quindi doppiamente colpevole. Personalmente non ci vedo un confronto tra capitalismo e sistemi comunisti-socialisti, in Venezuela l'unico reale motivo della attuale situazione sono la corruzione e l'errato modo di governare il paese.
07/05/2017, 12:28
sottovento ha scritto:Credo che la situazione venezuelana rispetto ad altre rivolte già viste dipenda quasi unicamente da questioni di miseria e non da questioni politiche.
07/05/2017, 12:33
Morire di fame in mezzo al petrolio: Venezuela, storia di una rivoluzione naufragata
Caracas, 6 mag – Si può morire di fame in un paese che ha riserve petrolifere accertate pari o addirittura superiori rispetto al paese che è il produttore di oro nero per definizione, vale a dire l’Arabia Saudita? Si può, se ti chiami Venezuela e se la rivoluzione promessa da Chavez quasi vent’anni fa è ormai finita, più che nel petrolio, nel sangue dei tanti morti in mezzo alle strade. Quasi 40 venezuelani uccisi, 717 i feriti e centinaia di arresti: sono questi i numeri delle numerose proteste di piazza che, in questi giorni, stanno mettendo a dura prova il governo di Maduro, subentrato al defunto presidente a partire dal 2013.
Al netto dei dubbi – più o meno legittimi – sulla reale natura della forte contestazione all’esecutivo, l’innesco della rabbia popolare nasce, più che da spinte straniere, da una devastante situazione interna, con una nazione sull’orlo del baratro economico e sociale. Non serve infatti scomodare gli Stati Uniti (comunque da sempre interessati a conservare il loro ‘cortile di casa’ sudamericano) per rendersi conto che la rivoluzione chavista partita nel 1999 si è risolta in un pressoché totale fallimento.
Parliamo di numeri. Dati alla mano, il Venezuela siede su qualcosa come 300 miliardi di riserve. Tanto? Poco? L’Arabia Saudita – sia pur con valori solo stimati, dato che quelli reali sono coperti da segreto di Stato – è seconda in classifica, staccata di misura di un abbondante 30%, mentre il Canada (sul terzo gradino del podio) ne ha circa la metà. Caracas può dunque contare su quasi il 20% delle riserve mondiali accertate, riserve che però non riesce in alcun modo a mettere a frutto. Buona parte dei guai legati al petrolio vanno fatti risalire al 2006, quando Chavez decise d’imperio di nazionalizzare l’intero settore. Mossa non sbagliata in teoria, visto che le sorti del Venezuela dipendono dal greggio, ma inopportuna dato che il governo si è ritrovato da un giorno all’altro senza le competenze necessarie per gestire la propria ricchezza. La manutenzione ha così cominciato a scarseggiare, non tutti gli impianti sono in funzione, il fruttuoso bacino dell’Orinoco sconta gravi ritardi nell’esplorazione sotterranea, gli operai sono pagati male e lavorano in condizione precarie. Il risultato? Rispetto ai massimi del 2005, la produzione è collassata da 3,6 a poco più di 2 milioni di barili al giorno. Il calo ha inciso sui conti nazionali doppiamente, trascinato dal ribasso nei corsi del Brent e Wti. Tanto che in certi momenti, complice anche la non sempre eccelsa qualità di tutto il greggio locale, il paese si è trovato costretto addirittura a…importarlo, per di più dagli Stati Uniti.
Scaffali vuoti al supermercato: un’immagine emblematica della crisi Venezuelana, dove anche il cibo è razionato
I controsensi non finiscono qui. Perché i proventi dalla vendita dei barili, che valgono il 95% delle esportazioni, finisco poco e male alla popolazione venezuelana, dato che i conti pubblici sono da anni in condizioni precarie. La conseguenza è che oltre al petrolio il Venezuela non ha mai seriamente intrapreso un solido sentiero di crescita ed investimenti industriali e di creazione di un indotto che lo mettesse al riparto dalle fluttuazioni sui mercati. Come ad esempio ha fatto l’Iran, dove nonostante le sanzioni l’economia ha tutto sommato tenuto. Invece in Venezuela, che sconterà quest’anno il terzo consecutivo di recessione (il 2016 si è chiuso con un -16% che nemmeno in una nazione in guerra), l’inflazione dopo aver toccato il 550% nel 2015 l’anno scorso ha raggiunto il 720%, la disoccupazione è quasi triplicata e oltre il 30% della popolazione vive ancora sotto la soglia di povertà assoluta mentre quella a rischio supera il 60%. Inoltre negli ospedali mancano il 70% medicinali di base e molti cittadini si curano con farmaci inviati da parenti residenti all’estero (per chi ha la fortuna di averne, mentre gli altri devono dar fondo ai risparmi per acquistarli al mercato nero), il cibo è spesso razionato, l’energia non sempre disponibile e negli ultimi mesi ha iniziato a scarseggiare anche l’acqua potabile.
Filippo Burla
07/05/2017, 13:37
Plutone77 ha scritto:Caracas, 6 mag – Si può morire di fame in un paese che ha riserve petrolifere accertate pari o addirittura superiori rispetto al paese che è il produttore di oro nero per definizione, vale a dire l’Arabia Saudita? Si può, se ti chiami Venezuela e se la rivoluzione promessa da Chavez quasi vent’anni fa è ormai finita, più che nel petrolio, nel sangue dei tanti morti in mezzo alle strade. Quasi 40 venezuelani uccisi, 717 i feriti e centinaia di arresti: sono questi i numeri delle numerose proteste di piazza che, in questi giorni, stanno mettendo a dura prova il governo di Maduro, subentrato al defunto presidente a partire dal 2013.