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 Oggetto del messaggio: Re: Appunti e studi multidisciplinari
MessaggioInviato: 03/08/2022, 07:11 
LA DISTRUZIONE DELL'OCCIDENTE UNITARIO - CONTROINSURREZIONE, PSYOPS E INTERNET - PARTE 01
Articolo di Dustin Broadbery

Mentre la rivoluzione digitale era in corso a metà degli anni Novanta, i dipartimenti di ricerca di CIA ed NSA stavano sviluppando Programmi per prevedere l’utilità del World Wide Web quale strumento per catturare quelle che venivano definite “formazioni di uccelli di una sola piuma”. Tale locuzione viene generalmente usata per definire gli stormi di uccelli che fanno improvvisi movimenti, all’unisono, secondo schemi ritmici. I suddetti dipartimenti erano quindi particolarmente interessati al modo in cui tali princìpi avrebbero influenzato la modalità in cui le persone, alla fin fine, si sarebbero eventualmente ‘spostate in blocco’ in un Internet in espansione. Sulla dinamica, i principali due quesiti erano: i gruppi e le comunità si sarebbero spostati - collettivamente e contemporaneamente - allo stesso modo delle “formazioni di uccelli di una sola piuma”, così da poter essere rintracciati in modo organizzato? E, conseguentemente, i loro movimenti potevano essere indicizzati e registrati ed eventualmente identificati, in seguito, a partire dalle loro ‘tracce digitali’?

Scarica: La distruzione dell'occidente unitario - Controinsurrezione, psyops e internet - 01 - Dustin Broadbery.pdf [73.85 KiB]
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 Oggetto del messaggio: Re: Appunti e studi multidisciplinari
MessaggioInviato: 03/08/2022, 07:16 
LA PSICOTRONICA - TECNICHE ANTICHE PER TEMPI NUOVI
Articolo di Dana Lloyd Thomas

Le prime notizie sui dispositivi detti ‘psicotronici’ trapelarono nel 1970, con la pubblica­zione di “Psychic Discoveries Behind the Iron Curtain” (“Scoperte psichiche dietro la cortina di ferro”, NdA) di Sheila Ostrander e Lynn Schroeder1. Nel libro si racconta di un viaggio nell’allora blocco sovietico per inda­gare lo stato dell’arte della “ricerca psichica”, portata avanti da parte di singoli e istituzioni, durante una fase di “apertura” da parte delle autorità in epoca brezhneviana (1964- 1982). Tale ‘campo’ comprendeva le più svariate sperimentazioni - dalla telepatia e ipnosi alla telecinesi e perce­zione a distanza - con e senza l’ausilio di congegni tecnologici. E si parla anche dei dispositivi psicotronici: in sin­tesi, di manufatti particolari i quali - per materiali costitutivi e relativa disposizione geometrica - sono in grado d’interagire con l’uomo senza alimentazione esterna di tipo elettri­co o meccanico, producendo effetti riscontrabili in maniera oggettiva, in un processo che potrebbe esser definito come proiezione della volontà umana o di svariate forme di energie sottili, associate in primis all’essere umano ma insite anche nel mondo animale e vegetale.

Scarica: La psicotronica - Tecniche antiche per tempi nuovi - Dana Lloyd Thomas.pdf [77.04 KiB]
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 Oggetto del messaggio: Re: Appunti e studi multidisciplinari
MessaggioInviato: 03/08/2022, 07:18 
SCENARI DI DIPLOMAZIA GALATTICA
Articolo di Michael Salla

Cos’è precisamente la Federazione Galattica di cui molti rivelatori e contattisti parlano? Il famoso remote viewer Courtney Brown del Farsight Istitute ha provato a dare una risposta attraverso delle sessioni di visione a distanza del suo team.

Scarica: Scenari di diplomazia galattica - Michael Salla.pdf [67.26 KiB]
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 Oggetto del messaggio: Re: Appunti e studi multidisciplinari
MessaggioInviato: 03/08/2022, 07:26 
GNOSTICISMO - UNA FEDE DI UN FUTURO PASSATO
Articolo di Ezio Albrile

Nel mondo antico, dove si affermava il messaggio positivo di un cristianesimo trionfante, qualcuno si ribellava a tale etica del massacro. Una fede alternativa andava catturando gli archetipi più nascosti, era lo Gnosticismo: il mondo non era la creazione di un Dio buo­no e generoso, era un inferno, un penitenziario per anime esiliate.

Scarica: Gnosticismo - Una fede di un futuro passato - Ezio Albrile.pdf [63.59 KiB]
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 Oggetto del messaggio: Re: Appunti e studi multidisciplinari
MessaggioInviato: 07/09/2022, 10:24 
VALUTA UMANA - COME LE ELITE E L'INTELLIGENCE TRAFFICANO BAMBINI PER RICATTARE
Articolo di T. J. Coles

Negli ultimi decenni l’uso degli esseri umani quale ‘valuta per ricatti’ e per rac­cogliere denaro - vendendo corpi e materiale pornografico - sembra essere diventata una pratica standard tra le élite, ed in partico­lare delle agenzie di Intelligence. La Guerra Fredda (1945-1991) vide infatti l’emergere del “sexpionage” per cui furono istituite intere scuole di forma­zione per insegnare a uomini e donne come attirare, e ricattare, obiettivi bersaglio.
Tra le altre cose le spie fotografereb­bero i politici che hanno simili ‘lia­sons’, e userebbero tali prove contro di loro quale leva strategica. Nei cir­coli d’Intelligence, questi ‘intrappola­menti’ vengono chiamati ‘honeytraps’.

Scarica: Valuta umana - Come le elite e l'intelligence trafficano bambini per ricattare - T. J. Coles.pdf [82.97 KiB]
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 Oggetto del messaggio: Re: Appunti e studi multidisciplinari
MessaggioInviato: 09/09/2022, 13:07 
PATRIA ARTICA O MADRE AFRICA
Articolo di Michele Ruzzai

L’andamento della storia umana non sarebbe lineare-unitario, ma ciclico: implicherebbe cioè l’esistenza di più umanità, e la summenzionata eccezionale antichità di molti reperti Sapiens starebbe a dimostrarlo come evidenze di ere precedenti.

Scarica: Patria artica o madre Africa - Michele Ruzzai.pdf [561.16 KiB]
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 Oggetto del messaggio: Re: Appunti e studi multidisciplinari
MessaggioInviato: 10/09/2022, 17:35 
BESTIE, UOMINI O DEI: I CULTI ALIENI DI LOVECRAFT
Articolo di Andrea Scarabelli

La presenza di tematiche mitico-religiose nell’opera del “Poe cosmico” – come lo definì Jacques Bergier – è d’interesse non solo da un punto di vista letterario, ma anche rispetto al rapporto tra la modernità e questo tipo di saperi. Come ormai noto anche ai non “addetti ai lavori”, Howard Phillips Lovecraft si definiva un «assoluto materialista e meccanicista» persuaso che il mondo fosse la somma matematica di impulsi fisici retti dal caso e derubricando le aspirazioni umane a mere fantasie. Eppure, dietro a questa professione di fede – alla quale troppi si sono fermati, interrogando il Solitario di Providence – si cela ben altro. Ad esempio, il fatto che egli avesse studiato e quindi ben conoscesse gli antichi miti d’Occidente, greco-romani ma anche germanici e norreni. Ebbene, in che rapporto stanno questi interessi con la sua visione del mondo? Perché un entusiasta seguace di scienza e tecnica dovrebbe appassionarsi di quei miti che gli stessi cultori della Dea Ragione spesso e volentieri relegano a espressioni di un’umanità involuta e premoderna, “infantile”? La contraddizione, in realtà, è solo apparente.

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MessaggioInviato: 11/09/2022, 13:13 
SHAMBALLA: LA MISSIONE DI ROERICH IN ASIA
Libro di Vincenzo Pisciuneri

Durante la spedizione del 1927 in Asia centrale, il pittore ed esploratore russo Nicolas Roerich mosse verso il deserto del Gobi, in Mongolia, attraversando la palude salina di Qaidam (Tsaidam). Le tradizioni riportate da Madame Blavatsky e da Georges Ivanovič Gurdjieff, nonché i racconti del folklore locale, lo dicevano sede di un antico mare, all’interno del quale si tramandava si fossero sviluppate civiltà avanzate ora dimenticate e città leggendarie ora sepolte dalle sabbie.

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Shamballa - La missione di Roerich in Asia - Vincenzo Pisciuneri-1.pdf [434.77 KiB]
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MessaggioInviato: 16/09/2022, 12:08 
UFO E SERVIZI SEGRETI: I DUBBI DI NICK POPE
Articolo di Sabrina Pieragostini

Una domanda postata da Nick Pope sul suo account di FB riapre una lunga querelle su questa fase di apertura riguardo gli UFO. L’ex investigatore del Ministero della Difesa britannico, che ama paragonarsi al celebre personaggio di X-Files Fox Mulder, tra il serio e il faceto ha infatti chiesto ai suoi follower:«Se certi elementi all’interno dei servizi segreti americani stanno promuovendo la narrativa sugli UFO, lo fanno perché: a) credono nelle visite aliene; b) la stanno usando per coprire tecnologia di progetti top-secret; c) stanno usando la materia ufologica per testare come si influenza la società; d) stanno perseguendo altri secondi fini.» Che dire, bella domanda, sulla quale ogni appassionato del settore, ma anche ogni ricercatore, si dovrebbe confrontare.

Scarica: UFO e servizi segreti - I dubbi di Nick Pope - Sabrina Pieragostini.pdf [223.29 KiB]
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MessaggioInviato: 30/11/2022, 19:18 
MISSIONE ALFA CENTAURI
Articolo di Ricardo Gonzalez

Esistono progetti spaziali che mirano a salvare l’umanità dall’estinzione. Ne parlano alcuni degli scienziati più importanti del mondo e anche le civiltà extraterrestri con cui è in contatto l’autore, che avrebbero istruito questi scienziati.

Il Progetto Breakthrough Starshot, l’iniziativa del compianto Stephen Hawking per esplorare la regione stellare di Alfa Centauri attraverso l’invio di nanosonde, non è che la continuazione del Progetto Longshot dell’Accademia Navale di Stati Uniti e della NASA, nato negli anni ’80. Dalle informazioni disponibili fino a poco tempo fa si sapeva poco o niente a riguardo. Con il sostegno delle istituzioni citate, un team statunitense lavorò al progetto di una nave spaziale senza equipaggio in grado di raggiungere Alfa Centauri. La nave sarebbe stata lanciata con propulsione nucleare a impulso, utilizzando un reattore a fusione per ottenere energia che, inoltre, sarebbe stato impiegato per azionare la tecnologia laser necessaria per le comunicazioni con la Terra. Come dicevo, Longshot voleva posizionare una nave nell’orbita di Alfa Centauri e, una volta raggiunto, si sarebbe attivata una seconda tappa del progetto: la nave Daedalus, destinata a effettuare i maggiori avvicinamenti a queste stelle. Tuttavia, in quegli anni un’iniziativa di questo calibro non era fattibile. Secondo i dati, Longshot richiedeva un centinaio di anni per arrivare ad Alfa Centauri e, una volta situato nella zona da esplorare, avrebbe impiegato altri 4,39 anni per inviare sulle Terra le informazioni ottenute. Un sogno a lungo termine. Il rapporto su questo progetto, di 74 pagine, è stato derubricato di recente e lo si può leggere sul sito ufficiale della NASA. Venne redatto nel 1987 e firmato da Keith A. Beals, Martin Beaulieu, Frank J. Dembia, Joseph Kerstiens, Daniel L. Kramer, Jeffrey R. West e James A. Zito, tutti ingegneri della succitata accademia navale. La NASA era rappresentata dal suo consulente, il Dr. Stephen Paddack, anche lui collegato all’accademia in quanto professore aggiunto di ingegneria aeronautica. Ma cosa cercava Longshot su Alfa Centauri? Secondo il rapporto, vi erano tre ragioni – ufficiali – per studiare questo settore stellare: 1. È il sistema più prossimo al nostro. 2. L’interesse scientifico rappresentato dallo studio di un sistema trinario, dal momento che Alfa Centauri ha tre soli. 3. Inviare una nave fino ad Alfa Centauri sarebbe una grande opportunità per realizzare grandi progressi nel campo dell’astrometria, un ramo dell’astronomia che si occupa di stabilire la posizione precisa degli astri, il loro parallasse e i loro movimenti.

INFORMAZIONI EXTRATERRESTRI
Un dettaglio del rapporto che ha catturato la mia attenzione riguarda il fatto che gli scienziati sottolineavano l’importanza della tecnologia laser per concretizzare i piani di Longshot, ma negli anni ’80 la tecnologia disponibile era insufficiente. Allora calcolarono che avrebbero dovuto aspettare almeno vent’anni per vedere alcuni progressi scientifici a questo riguardo. Il progetto delle nanosonde guidate dal laser di Hawking – proposto nel 2016, quasi 30 anni dopo il rapporto Longshot – gli diede finalmente ragione. Oltre all’obiettivo di posizionare delle navicelle in Alfa Centauri, tuttavia, sospetto che vi siano altre motivazioni non ufficiali, soprattutto se le informazioni inviate dai miei contatti extraterrestri sono vere: sarebbero stati “loro” a rivelare agli scienziati l’esistenza di più di un mondo adatto alla vita nel vicino sistema solare. La ricerca, inoltre, non era frutto di deduzioni arrischiate e di calcoli matematici, poiché si basava su una certezza, un’informazione privilegiata, facilitata dagli extraterrestri per garantire che l’umanità avesse un asso nella manca, un piano B che permettesse la sopravvivenza oltre la Terra.

UN NUOVO MODO DI ESPLORARE
È chiaro che i primi viaggi interstellari dell’umanità avranno luogo attraverso navi senza equipaggio, come penso fossero quelli del Progetto Longshot e, più recentemente, dell’iniziativa Breakthrough Starshot di Hawking. Le sonde potrebbero individuare la rotta esatta verso i mondi di Alfa Centauri, un percorso che in seguito potrebbero seguire le navi con equipaggio. Straordinario. Inoltre, questa esplorazione dello spazio esterno in nessun momento del futuro dell’umanità potrà prescindere dalle navi spaziali. Un possibile esempio è lo Human Connectome Projct (HCP), che traccerà una mappa di tutte le connessioni neuronali del cervello, fornendo informazioni che potrebbero rivelarsi vitali per sapere se un giorno saremo capaci di inviare i nostri connettoma nello spazio senza dover salire a bordo di una nave. Questo è ciò che presume l’accademico di fisica teorica al City College of New York e divulgatore scientifico Michio Kaku, il quale stima che la soluzione si trovi in una “laserportazione” dei dati. Finora si conosce solo un connettoma, quello di un nematode (verme spiraliforme), il cui modesto sistema nervoso consiste di 300 neuroni e 7.000 connessioni. Quello degli esseri umani è molto più complesso, con 100.000 milioni di neuroni e 10.000 volte più connessioni. La cosa inquietante è che, secondo i miei contatti extraterrestri, il nostro connettoma va molto oltre il cervello e si àncora con l’universo. È questa la chiave per addentrarci nello spazio esterno prima di esplorare di persona altri mondi? Attualmente, il modo più praticabile e vicino per noi sono le già citate nanosonde di Hawking. Elon Musk, lo scienziato e investitore di origine sudafricana proprietario della SpaceX, è molto ottimista riguardo alle possibilità di esplorazioni di nuovi mondi, e ha aperto la discussione su chi debba essere a capo dei grandi progetti spaziali: lo Stato o una partecipazione combinata con imprese private per ampliare la gamma delle risorse.

IL VERO TONY STARK
Elon Musk sembra incarnare un personaggio da fantascienza. Non per niente molti lo paragonano a Tony Stark, l’alter ego di Iron Man ed è stato lo stesso Musk a far ricreare l’eroe degli Avengers in una statua di dimensione naturale da mettere nella sede centrale della SpaceX in California. Musk è uno che non si riposa mai e tra i suoi molteplici progetti ha guidato – tra le molte controversie – il lancio di una costellazione satellitare per fornire un servizio più efficiente di Internet su banda larga. Mi riferisco alla rete Starlink, il treno satellitare che a volte si vede nel cielo notturno e che è stato scambiato per UFO dagli appassionati del fenomeno. Per il momento ci sono in orbita 400 satelliti, ma Elon Musk stima di arrivare a 42.000. Gli astronomi hanno già lanciato l’allarme, perché una simile quantità di satelliti metterebbe a rischio l’osservazione astronomica, dal momento che la luce del sole riflessa dai grandi pannelli degli apparati è eccessiva. Il fisico e imprenditore sudafricano ha però subito contestato i suoi detrattori, spiegando che la sua impresa avrebbe collocato vicino ai satelliti alcuni ombrelli costruiti con una schiuma scura proprio per evitare i flare. Ma il fondatore di Tesla Motors, Hyperloop, Solarcity, NeuraLink e OpenIA – solo per citare alcune delle sue imprese relative alla tecnologia e all’intelligenza artificiale – avrebbe fatto notizia in tutto il mondo per questioni ancora più affascinanti, come il lancio da Cape Canaveral della capsula Crew Dragon, che ha inviato due astronauti, gli statunitensi Douglas Harley e Robert Behnken, alla Stazione Spaziale Internazionale. Lì, a 400 km di distanza dalla Terra, dopo un attento congiungimento tra la capsula e la stazione, gli astronauti, sarebbero stati ricevuto dagli astronauti russi Anatoly Ivanishin, Ivan Vagner e lo statunitense Chris Cassidy. Il 31 maggio 2020 la missione fu coronata dal successo: era la prima volta in cui un’impresa privata – in collaborazione con la NASA – mandava degli astronauti nello spazio. Secondo i miei contatti extraterrestri, il programma spaziale segreto che invierà la specie umana verso Alfa Centauri sarà un’iniziativa internazionale: un’alleanza di nazioni e allo stesso tempo di imprese private che potranno contare sulla collaborazione delle menti più brillanti del mondo. L’obiettivo sarà salvare la specie umana dall’estinzione.

LA LUNA NON BASTA
Non è un caso se Elon Musk è convinto che il destino dell’umanità sia nello spazio. Lo ha sempre detto e ora il suo sguardo è rivolto a Marte, che vuole raggiungere entro il 2050 con un veicolo spaziale riutilizzabile chiamato Starship. La sua idea è molto ambiziosa: costruire mille Starship nel giro di dieci anni per formare una colonia di un milione di persone sul pianeta rosso. Niente di più, niente di meno. Musk calcola che ogni nave potrà trasportare 100 tonnellate e 100 passeggeri. Il Progetto Starship in questo momento è la sua priorità, come ha ricordato lui stesso a tutti gli impiegati, gli ingegneri, gli scienziati e i consulenti della SpaceX in un comunicato interno inviato il 6 giugno 2020. Ovviamente, il compito sarà tutt’altro che facile. La SpaceX ha provato un prototipo in scala di Starship chiamato Starhopper, tra difetti ed esplosioni. Tuttavia, i motori del Raptor – che usano il metano e l’ossigeno liquido come propellente – hanno avuto successo. Il fatto è che la SpaceX va avanti e sta testando altre tecnologie. E mentre accade questo, Musk continua ad andare a braccetto con la NASA, che ha eletto la sua compagnia di trasporto spaziale come uno dei tre fornitori del futuro lander lunare umano. Per essere precisi, la SpaceX non fabbricherà il lander, poiché la Starship fungerà da sistema di trasporto per portare gli astronauti del Lunar Gataway della NASA sulla superfici lunare, su cui non si è più tornati dalla missione Apollo 17 del 1972. Le altre due compagnie coinvolte in questo viaggio lunare sono Dyanetics e Blue Origin, quest’ultima dell’altrettanto controverso Jeff Bezos. Esatto, proprio il fondatore e direttore esecutivo di Amazon. Non è strano poi che imprenditori multimilionari forniscano sostanziali finanziamenti e su Marte quando è Alfa Centauri la vera destinazione? Secondo le informazioni fornite dagli extraterrestri – non solo nei contatti diretti, ma anche attraverso posteriori comunicazioni telepatiche – anche per Alfa Centauri è fondamentale che l’umanità provi la sua nuova tecnologia spaziale nei mondi più vicini alla Terra. Marte è un buon scenario. Sul pianeta rosso, inoltre, l’installazione di una colonia umana significherebbe una valida esperienza di apprendistato. Secondo altri dettagli, Marte e Luna potrebbero diventare un’allettante opportunità per collocare la suddetta batteria di cannoni laser che guiderebbero la flotta di nanonavi di Hawking. Il motivo è che quando un laser passa attraverso l’atmosfera della Terra perde un 70 per cento della sua energia. Se gli scienziati non riusciranno a risolvere questo problema – nonostante l’utilizzo di potenti cannoni laser nei cieli diafani come il deserto di Atacama – la Luna si prospetterà come la via migliore. Un’installazione sul nostro satellite, armata di pannelli solari – un giorno lunare equivale a 30 giorni terrestri – potrebbe essere molto efficiente per caricare la batteria dei cannoni laser: energia solare gratuita difronte all’elevato costo di un’installazione nucleare sulla Terra, che potrebbe richiedere milioni di dollari. Inoltre, come già detto, sulla Luna c’è acqua, elemento fondamentale per il rifornimento delle colonie umane. Jim Bridenstine, capo della NASA, ha confermato pubblicamente il ritrovamento di una grande riserva di acqua gelata. Lo studio è stato pubblicato su Nature Astronomy il 26 ottobre 2020. Ma la Luna non basta per tutte le nostre ambizioni. Marte presuppone un passo maggiore vista la complessità dell’obiettivo, un esame prima della missione con equipaggio verso Alfa Centauri. Non dimentichiamo che durante la lotta feroce nella corsa allo spazio tra Stati Uniti e Unione Sovietica, il pianeta rosso, oltre alla Luna, rappresentò fonte di enormi aspettative. Le missioni senza equipaggio verso Marte cominciarono negli anni ’60 e, oggigiorno, sono arrivate a 56 di cui solo 26 hanno avuto successo.

I SABOTATORI ESTERNI
Per non pochi ricercatori UFO, pero, quei fallimenti non sarebbero dovuti solo a problemi tecnici o incidenti, ma anche a un fattore esterno che avrebbe sabotato alcune missioni. «C’è qualcosa là fuori che ci osserva, che monitora le nostre sonde spaziali e a volte decide di neutralizzarle», mi ha detto di punto in bianco Marina Popovich, ex colonnello dell’Aeronautica sovietica e una delle prima donne al mondo a infrangere la barriera del suono, oltre a possedere più di cento record aeronautici su scala globale. L’ultima tappa della sua vita – Marina è mancata nel 2017 all’età di 86 anni – è stata dedicata alla divulgazione della realtà extraterrestre nel silenzio ufficiale delle autorità. Ho avuto l’onore di conoscerla a Lima, durante un congresso di ufologia a cui eravamo entrambi invitati. Fu lì che mi parlò del controverso caso della sonda Phobos 2, che aveva perso contatto con il cosmodromo di Baikonur – la base spaziale più antica del mondo – durante la missione sovietica del 1989, che voleva esaminare il pianeta rosso e le sue lune Phobos e Deimos. Era il 27 marzo quando la sonda perse contatto con la Terra. Più tardi, quando l’eco dell’incidente non si era ancora spenta, le autorità chiusero la questione affermando che il problema era dovuto a un guasto al computer della sonda, ma Popovich la pensava diversamente: «Non diranno tutto ciò che sanno. Non tutte le sonde si sono disconnesse per un guasto, è intervenuto qualcosa che non era di origine umana». La nota pilota miliare e ingegnere, moglie dell’astronauta Pavel Popovich, che viaggiò nello spazio nella missione Vostok – mostrò una fotografia inviata dalla sonda due giorni prima di scomparire, in cui si vede un oggetto non identificato sigariforme molto vicino alla luna Phobos. L’oggetto, secondo le analisi, doveva misurare tra i 24 e i 25 chilometri di longitudine. Nella foto, scattata il 25 marzo del 1989, la sonda sovietica captò un misterioso UFO sigariforme vicino a Phobos.

LE ONDE DI KONDRATIEV
Ma torniamo a oggi: l’atteso ritorno sulla Luna e in viaggio su Marte probabilmente si faranno con dei razzi nucleari o a combustibile chimico, ma per raggiungere Alfa Centauri sarà necessaria un’altra scienza. In questo caso avremo fatto il grande passo verso la prossima tecnologia, che attualmente è immersa nei progressi della cosiddetta quinta onda. Mi spiego. Nikilai Kondratiev, il famoso economista russo che ha sviluppato il concetto sui grandi cicli di innovazione tecnologica che si ripercuotono direttamente sull’industria e l’economia, identificò una prima onda nella Rivoluzione Industriale, tra il 1793 e il 1847. Fu l’apparizione della macchina, il potere della manifattura. La seconda onda, compresa tra il 1847 e il 1893, vide come protagonista l’acciaio e l’apparizione della ferrovia. La terza onda, tra il 1893 e il 1939, fu piena di scoperte e fu l’elettricità la punta di lancia che cambiò tutto. Ora passiamo alle automobili, simbolo della quarta onda, compresa tra il 1939 e il 1984. Le macchine e l’uso massivo del petrolio rappresentano questa tappa, che raccoglie momenti storici estremamente importanti per l’umanità, come la Seconda Guerra Mondiale e la Guerra Fredda. Nel 1984 sarebbe iniziata la quinta onda, la cui maggior rivoluzione in questa interessante scala di Kondratiev sarebbe Internet. Queste onde, o cicli, di innovazione durano tra i 50 e i 60 anni, pertanto gli analisti presumono che la quinta onda terminerà nel 2035.

MOTORI AD ANTIMATERIA
Quali sorprese ci riserva la sesta onda? Magari la tecnologia per viaggiare fino ad Alfa Centauri? Io credo di sì. Considerando le straordinarie scoperte in questi ultimi due secoli, il futuro che si prospetta da qui in avanti è davvero sorprendente. È assai possibile che abbandoneremo le vecchie tecnologie di propulsione a razzo per accettare nuove sfide, come, ad esempio, l’uso di motori ad antimateria. E vale la pena di ricordare che non stiamo parlando di fantascienza: un motore ad antimateria permetterebbe concretamente di usare la maggiore fonte dell’energia dell’Universo. È così che si spostano nello spazio gli extraterrestri? L’astronave Enterprise, della serie Star Trek, usava annichilazione di materia-antimateria per superare la velocità della luce. Ma l’antimateria non è immaginazione; esiste nello spazio e, di conseguenza, in noi stessi, poiché la emettiamo dal nostro corpo. Nella fisica delle particelle, l’antimateria è l’estensione del concetto di antiparticella alla materia; vale a dire, l’antimateria è il contrario di materia e questo significa che ha un carico contrario. Quando le due si scontrano, si annichiliscono e si trasformano in energia pura, efficace al cento per cento. Perché il lettore possa farsene un’idea, l’efficacia di un’arma nucleare è solo dell’uno per cento.

LA COSCIENZA PLANETARIA
Secondo la scienza, all’origine dell’Universo l’antimateria e la materia esistevano in proporzioni uguali. Tuttavia, ciò che osserviamo sembra composto unicamente da particelle e non di antiparticelle. Non si conosce il motivo per cui non si sono trovate grandi quantità di antimateria nell’Universo. La materia, secondo le osservazioni, prevalse sull’antimateria e per questo noi esistiamo. Questo spiega la difficoltà di costruire una nave ad antimateria. Come si può generare e usare delle grandi quantità di antimateria per un progetto spaziale? Ad esempio, nel 2016 gli scienziati del CERN incaricati del Large Hadron Collider (LHC) di Ginevra dichiararono che se si potesse mettere insieme tutta l’antimateria che avevano prodotto lì e farla scontrare con la materia, si sarebbe ottenuta energia a malapena sufficiente per accendete una lampadina per qualche minuto… E stiamo parlando del LHC, la più potente macchina del mondo, un acceleratore avanzato di particelle situato in un tunnel della bellezza di 27 chilometri di circonferenza, costato più di 9.000 milioni di euro e nel quale sono stati coinvolti 10.000 scienziati, centinaia di università e laboratori da un centinaio di paesi. Nonostante l’attuale impossibilità di svelare i misteri dell’antimateria, gli extraterrestri assicurano che una grande scoperta – che arriverà grazie agli esperimenti con l’acceleratore di particelle – fornirà la soluzione per saltare alla sesta onda. “Essi” sostengono che questa «particelle prima del nulla» aiuterà a comprendere tutto. Forse è il ponte di cui abbiamo bisogno per penetrare i misteri dell’antimateria-materia. In definitiva, il progetto Longshot, Hawking e le sue nanosonde, Musk e il pianeta rosso, sono solo i primi passi di ciò che verrà. Ma debbo sottolineare una cosa: i miei contatti extraterrestri insistono nel dire che la tecnologia, da sola, non basta per aiutarci a raggiungere altri orizzonti nell’evoluzione. La coscienza e l’armonia degli esseri è ciò che genera le grandi trasformazioni. L’onda che adesso serve all’umanità è un movimento di coscienza planetaria.


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 Oggetto del messaggio: Re: Appunti e studi multidisciplinari
MessaggioInviato: 06/12/2022, 11:20 
GLI ALIENI RISPONDONO
Articolo di Scott Corrales

Casi di incontri - e scontri - ravvicinati con entità aliene in America Latina.

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Mi è sempre piaciuto ricorrere a riferimenti di fantasy o fantascienza nei miei articoli, e questo non fa eccezione. Verso la fine de Il Signore degli Anelli - Il Ritorno del Re, il grande J.R.R. Tolkien fa tornare Frodo nella sua terra natale, la Contea, che trova devastata dal mago corrotto Saruman. Il suo fidato compagno Sam sguaina la spada per assestare il colpo finale contro il miscredente, ma Frodo gli ferma la mano, dicendo che il mago «un tempo era un grande. Di una nobile schiatta contro la quale non dovremmo levar la mano» (Il Ritorno del Re, “Il repulisti della contea”, pag. 1079, ed. Bompiani, traduzione di Ottavio fatica, edizione ottobre 2020). Il mago, ovviamente, apparteneva agli immortali Ainur, gli spiriti di natura divina immaginati da Tolkien, sotto certi punti di vista equiparabili agli angeli. Ma la mia intenzione non è di impantanarmi nel fandom tolkeniano, quanto meditare sugli argomenti avanzati da Frodo. Potrebbe darsi che alcuni degli esseri che abbiamo associato al fenomeno UFO appartengano alla “nobile schiatta” (forse un ordine angelico o un ordine tutelare di spiriti incaricati di custodire il nostro mondo, i Veglianti se vogliamo) che meritano rispetto quando non venerazione? Gli annali dell’ufologia contengono più episodi che riguardano attacchi di questi esseri superiori contro comuni mortali che non il contrario, anche se a volte troviamo casi in cui gli umani hanno versato il primo sangue. Inevitabilmente, come disse John Keel in Disneyland of the Gods, «gli dei rispondono» alla nostra impertinenza. Assalire UFOnauti non è punibile secondo le leggi dell’Uomo. L’omicidio, ad esempio, per sua stessa definizione si applica al genere homo, anche se si potrebbe sostenere che il diritto naturale (ius naturale) dovrebbe offrire protezione agli sfortunati visitatori dallo spazio o da altre dimensioni. Inoltre, la dottrina della Metalegge circolata negli anni ‘70 sostiene che «tutte le razze intelligenti nell’universo hanno in linea di principio uguali diritti e valori». Nei casi che esamineremo di seguito, però, non c’erano avvocati a difendere tali diritti…

ACCADDE IN PERÙ
Il Dr. Anthony Choy, uno dei ricercatori più noti del Perù, ha esaminato uno di questi casi nel 2002, accaduto nella comunità di San Bartolomé, negli altopiani peruviani, in particolare nella provincia di Huarochirí, diverse ore a nord di Lima, la capitale. La pittoresca cittadina è nota per la sua varietà di alberi da frutto e per il clima eccellente, che vanta il sole quasi tutto l’anno, è ricca di foreste (il Bosque de Zarate è la più famosa) e una variegata fauna selvatica. Tutt’altro che un luogo triste e sinistro, insomma. Il caso coinvolse due testimoni, il principale dei quali era Luis “Lucho” Rojas Povis, di 51 anni, un operatore di casello autostradale che si trovava all’aperto alle due del mattino con il suo migliore amico quando entrambi avevano visto “due figure” che scendevano lungo le pendici del Cerro de la Pascua, vestite con abiti argentati. Inizialmente non avevano trovato nulla di insolito in loro, credendo che fossero alpinisti o personale ufficiale con stravaganti abiti protettivi, ma man mano che si avvicinavano si erano resi conto, con grande stupore, che le cose non erano così normali come erano sembrate. Secondo le descrizioni, le entità erano alte, snelle e con una corporatura atletica. I loro volti sembravano umani, ma avevano occhi “brillanti” e non sembravano camminare ma fluttuare. Non pronunciarono una sola parola. Stupiti oltre ogni immaginazione, Rojas e il suo amico si avvicinarono agli strani personaggi; l’amico allungò persino una mano per toccare il volto di una delle entità per verificare che fosse reale, ma questa gli schiaffeggiò via la mano. “Ehi, perché giochi col mio amico?”, disse in tono di sfida l’operatore del casello alla creatura, secondo l’intervista del Dr. Choy. Ma quello che sarebbe potuto diventare il primo “mano-a-mano” (in italiano nel testo, ndt) tra umani e non umani (dal caso del 1954 che coinvolse José Ponce e Gustavo González in Venezuela) fu interrotto dall’arrivo di un taxi la cui passeggera e l’autista stavano per diventare testimoni della bizzarra situazione. Beatriz García, di 34 anni, aveva appena preso un taxi per tornare a San Bartolomé a quell’ora tarda dalla città di Ochocica, dove quel giorno si era tenuta una fiera. Accettando di pagare all’autista una tariffa piuttosto alta per il viaggio di ritorno, la signora García era rimasta sorpresa nel vedere «un uomo fatto di stagno o vestito di alluminio » in piedi sul bordo della strada. Era in grado di vederne solo la figura, ma non poteva dire se fosse l’entità che aveva schiaffeggiato la mano dell’uomo che aveva cercato di toccargli il volto. A quella vista ultraterrena, l’autista cominciò ad agitarsi e il suo nervosismo impedì alla donna di osservare più da vicino l’entità, anche se riuscì a notare gli occhi “brillanti”. Durante l’intervista con Anthony Choy, Beatriz stimò che la separasse dall’entità una distanza di una decina di metri; l’entità sembrava «camminare avanti e indietro, due passi avanti, due passi indietro, ma in realtà fluttuava nell’aria». Inoltre, la descrizione dell’aspetto e del vestito dell’essere fatto da Beatriz coincide con quello fatto da Rojas, compreso il caso. Alcuni liquideranno questo evento come uno dei tanti casi pittoreschi dell’America Latina (da intendersi come palesemente falsi per gli scettici), ma il movimento fluttuante dell’entità vista da Beatriz García si ritrova in molti altri casi. Ad esempio, il Dr. Frank B. Salisbury riportò questo particolare nella sua prefazione al libro Flying Saucer Occupants dei coniugi Lorenzen: «Questi esseri a volte possono camminare come persone normali, ma anche spostarsi con “movimenti che sembrano scivolare” o con un’andatura oscillante». Per quanto riguarda lo “schiaffo” con cui uno degli umanoidi di San Bartolomé avrebbe reagito all’impulso umano di toccare i suoi lineamenti, vale la pena ricordare quanto annotato dal ricercatore argentino Roberto Banchs nella sua monografia, La fenomenología humanoide en Argentina (Servicio de Investigaciones Ufologicas, agosto 1977): «Il comportamento sociale è talvolta interpretato erroneamente, confondendo così tanto le cose che qualsiasi azione da parte [degli intrusi] viene considerata ostile. È imperativo analizzare tutti i fattori fisici e psicologici prima di poter giungere a una conclusione».

LO SCONTRO PIÙ IMPARI DEL SECOLO
Jorge Anfruns ci riporta a una storia ancora più inquietante, che potrebbe essere liquidata come aneddotica, dal momento che non vengono forniti nomi o date a causa della natura delicatissima dell’evento, verificatosi «in un certo punto lungo i confini cileni, boliviani o forse peruviani, che non ho intenzione di ricordare». Un distaccamento di agenti di polizia a cavallo – unico modo per aggirare il terreno montuoso – stava procedendo lungo la gola nota come Quebrada de las Bandurrias. I cinque agenti, stanchi e assetati come le loro cavalcature, improvvisamente si accorsero che c’era qualcosa che «somigliava a una capanna d’argento» più in basso nel canyon. Il tenente responsabile pensò che si fossero imbattuti nel covo di una famigerata banda di contrabbandieri di pellicce che operava nella zona e ordinò ai suoi uomini di allontanarsi il più silenziosamente possibile. Uno dei poliziotti smontò da cavallo, raccolse un sasso e lo scagliò contro la struttura argentea, facendone uscire gli occupanti, che assunsero posizioni di difesa. A questo punto il tenente ordinò ai suoi uomini di aprire il fuoco. «Questo – continua l’autore – fu l’inizio dello scontro più impari del secolo». Ai proiettili sparati dai poliziotti venne risposto con dei raggi luminosi in grado di «perforare i bersagli e aprirli come cavolfiori ». I cavalli della pattuglia erano i bersagli più facili. Uno degli animali esplose dall’interno verso l’esterno mentre un membro della pattuglia venne abbattuto da un altro raggio, che gli aprì una ferita devastante nel petto. Essendo la ritirata l’unica alternativa, il tenente e i sopravvissuti tornarono al quartier generale, raggiungendolo due giorni dopo e consegnando un rapporto completo sulla situazione. Un team di risposta più grande e pesantemente equipaggiato andò sul posto dello scontro, senza però trovare traccia della “capanna argentata”, ma accertando che sulla sabbia c’erano effettivamente tracce di sangue di cavallo. I corpi degli agenti di polizia caduti erano spariti. Si può credere a una storia del genere? Oppure è solo un tragico scontro tra forze dell’ordine e contrabbandieri di pellicce, grottescamente colorito con elementi degni di una vecchia rivista pulp? Probabilmente non lo sapremo mai.

ATTENTI AI NANI
Da quando Gordon Creighton e Charles Bowen della Flying Saucer Review hanno cominciato a interessarsene, l’apparentemente inesauribile casistica argentina di UFO ed eventi ad alta stranezza è diventata oggetto di timore e meraviglia in tutto il mondo. L’Argentina, il sesto paese più grande del mondo, vanta una popolazione di soli 30 milioni di abitanti, un quinto dei quali raggruppati nelle comunità attorno a Buenos Aires. A ovest si trovano le Ande; il nord e l’est sono dominati dalle pianure e dalle praterie della Pampa, e il sud è occupato dall’arido altopiano della Patagonia. Neanche a dirlo, la maggior parte dei casi di UFO argentini si è verificata nelle zone più remote e solitarie. Durante l’UFO flap del 1965 (uno dei più grandi mai accaduti nell’emisfero australe), Rialto Flores, un investigatore delle ormai defunte organizzazioni CODOVNI argentine, andò a Corrientes per intervistare Carlos Souriou, all’epoca un liceale e involontario protagonista di uno dei più terrificanti eventi ad alta stranezza mai registrati in quel paese. Una notte del febbraio 1965, Soriou e suo fratello maggiore andarono a caccia di armadilli accompagnati dai contadini della tenuta del padre. Al ritorno, notarono figure piccole e insolite in agguato nel campo, col favore dell’oscurità. Secondo Soriou, le figure non erano più alte di tre piedi, il che aveva portato uno dei contadini a dire al fratello di Soriou: «Sono nenorottoli, patroncito. Abbattiamoli con i machete!». Tirando fuori la sua arma, il contadino stava per passare ai fatti quando accadde l’imprevisto: il suo braccio rimase paralizzato mentre stava per sferrare il primo colpo, e i “nanerottoli” aumentarono di dimensioni fino a raggiungere un’altezza ben superiore ai due metri. Il fratello di Soriou sparò col suo fucile automatico calibro 22, ma nessun proiettile uscì dalla canna. Sostituì i proiettili, ma ancora una volta dalla canna del fucile non uscì niente. Indifesi contro quelle entità sconosciute, i cacciatori fuggirono verso un fienile vicino e vi si rinchiusero, ma la struttura in legno avrebbe offerto ben poca protezione: fasci di luce si riversarono nel bosco, illuminando l’interno della stalla. Souriou era nel panico e i compagni dovettero coprirlo con scatole e coperte da sella per impedirgli di vedere la luce ultraterrena che filtrava dalle fessure. Dopo un po’ il bagliore cessò, portando i braccianti a credere che il peggio fosse passato e che le “creature” se ne fossero andate. Così, il fratello maggiore decise coraggiosamente di avventurarsi fuori nella notte per far partire un camioncino parcheggiato nelle vicinanze, in modo da andare a chiedere aiuto, ma a metà della sua sortita venne sorpreso dalle entità, sbucate dal nulla. Spinto dall’adrenalina, l’uomo corse di nuovo verso il fienile, dove però i braccianti si rifiutarono di aprire la porta per timore che le “creature” potessero entrare. Le urla del fratello di Souriou li spinsero in fine ad aprire la porta, bontà loro, proprio quando una delle “creature” lo afferrò, circondandogli la vita con le braccia. L’uomo però riuscì a liberarsi e a rifugiarsi nel fienile. Molte ore dopo, il terrorizzato gruppetto di cacciatori riuscì a raggiungere il camioncino, andando in un altro campo di proprietà della famiglia Souriou senza subire attacchi dalle entità. In seguito, molti dei braccianti si rifiutarono di tornare al campo dell’evento e uno di essi venne persino licenziato dalla sua posizione perché troppo terrorizzato. Durante la sua conversazione con Rialto Flores, il giovane Souriou disse di credere che le gigantesche presenze potessero essere state sedute quando il suo gruppo le aveva incontrate, il che spiegherebbe come mai avessero avuto l’impressione che fossero dei “nanerottoli”. Il testimone era assolutamente terrorizzato dall’accaduto e fu irremovibile nel sostenere che mai era stato visto un veicolo o un UFO nella zona. L’appendice che aveva circondato suo fratello non era di tipo umanoide, ma sembrava essere fatta di capelli o qualcosa di simile.

UN INCIDENTE IN BRASILE
Nel marzo 1969, la pubblicazione francese sugli UFO Phénomènes Spatiaux riportò una storia interessante riguardo a un incidente tra un cittadino brasiliano e degli UFOnauti avvenuto il 13 agosto 1967 nello stato di Goias, vicino a Pilar de Goias. Ignacio De Souza, un uomo sposato sulla quarantina e padre di diversi figli, era amministratore di una piantagione locale e non aveva mai sentito parlare di dischi volanti o di uomini dallo spazio. La vita era già abbastanza difficile in quell’ambiente tropicale perché potesse occuparsi di queste cose. Quella fatidica sera, Ignacio e sua moglie stavano tornando a casa quando videro un oggetto «somigliante a un piatto capovolto» sospeso in aria e dalle dimensione di trentacinque metri circa. Più allarmante delle dimensioni dell’oggetto misterioso era il fatto che a terra ci fossero tre esseri, in piedi tra il veicolo dei De Souza e la loro casa. La rivista francese cita Ignacio dicendo che non era spaventato dalle tre figure, che erano calve e sembravano abbastanza umane. L’uomo pensò che potessero essere dei visitatori, ma restò spiazzato dal loro “strano aeroplano”. Inoltre, i “visitatori” sembravano correre e saltare come bambini, un fatto che trovò a dir poco inquietante. Quando gli esseri notarono l’auto, la indicarono come a dire “andiamo a prenderla” e iniziarono a correre. Quindi Ignacio disse a sua moglie di correre in casa mentre lui prendeva la sua fidata carabina, aprendo il fuoco contro il più vicino dei tre esseri, ma dall’oggetto partì un raggio di energia che lo colpì al petto. La signora De Souza raccolse la carabina, pronta a resistere, ma le tre strane figure erano ormai tornate di corsa sul loro “aeroplano”, che iniziò a decollare verticalmente emettendo un ronzio, come uno sciame di api (un suono comunemente associato a questi oggetti). Ignacio De Souza spiegò di aver mirato alla testa, colpendo il suo obiettivo. («Non potevo sbagliare – aggiunse. Sono un tiratore scelto»). L’uomo aveva anche notato che gli strani intrusi sembravano nudi, anche se sua moglie disse che probabilmente indossavano una tuta estremamente aderente giallo chiaro, che ricordava le “Venusiane” segnalate nel nord della Spagna negli anni ‘50. De Souza venne ricoverato in ospedale riportando intorpidimento e formicolio e il personale dell’ospedale gli consigliò di non parlare così apertamente dell’evento. Un medico riscontrò un’ustione di 15 centimetri tra la spalla e il torace. Ignacio De Souza morì nell’ottobre 1967 di leucemia, probabilmente causata dall’esposizione a quel raggio mortale.

L’UOMO CHE UCCISE UN GRIGIO
Nell’estate del 2015, sulle pagine del quotidiano argentino Nuevo Diario, della città di Santiago del Estero, apparve una notizia interessante riguardante un certo Alberto Tavernise, un uomo che aveva sparato e ucciso uno dei cosiddetti alieni grigi, e poi era stato addotto, magari per vendetta. Tavernise, di 59 anni, abitava a Luan Toro, un villaggio della provincia di La Pampa. Durante una battuta di caccia notò che c’era del movimento intorno a uno dei capanni di caccia, per poi ritrovarsi circondato da cinque creature ultraterrene che descrisse come grigie e con quattro dita alle mani e ai piedi. «… Si resero conto che li avevo visti - era il 9 agosto – e cinque di essi vennero verso di me. Ero circondato. Due di loro si trovavano sotto lo stand di caccia e quando cominciai a sparare mi addormentarono. Quando mi svegliai, non c’erano più». In seguito ci sarebbero stati ripetuti incontri. «Un giorno andai a cercarli – raccontò al giornale - . Ci fu uno scontro e io sparai contro quello che chiamavo Lo Scout, perché andava sempre avanti. Quando mi avvicinai al corpo vidi che non c’era sangue nella ferita, e altri tre mi vennero addosso. Tornai sul posto pochi minuti dopo, e il corpo non c’era più, poiché era stato portato via da un’astronave ». In un pulp anni ‘50, il protagonista umano avrebbe soffiato via il fumo dalla pistolam dicendo qualcosa del tipo “che questo vi sia di lezione”. La realtà, nel 21° secolo, invece, è molto diversa, e le entità tornarono a cercarlo. «Vennero a casa mia e mi rapirono - raccontò Tavernise -. Passai tre giorni a letto, dormendo con gli occhi aperti e con un mal di testa che durò quasi due mesi. Dovetti andare dal dottore, fare degli esami, andare da un neurologo per fare un EEG, fe armi vedere da un oculista, e alcuni disturbi agli occhi non sono mai passati. Ho problemi agli occhi da quel giorno».

L’EROISMO DI UN PILOTA
In una società profondamente influenzata da Star Wars, Battlestar Galactica e Top Gun, le imprese dei piloti di caccia sono state super esaltate, e forse a ragione. Sfrecciare nei cieli con un equipaggiamento multimilionario mentre si schiva il fuoco nemico non è roba da poco. Luke Skywalker e il suo XWing avrebbero ben poco da temere, tuttavia, da Oscar Santa Marina e dal suo caccia bombardiere Sukhoi SU-22, il quale è passato alle cronache ufologiche per aver aperto il fuoco contro un oggetto volante non identificato. È l’11 aprile 1980 quando la base aeronautica del Perù a La Joya (Arequipa) rileva uno strano oggetto in avvicinamento. Credendo che si tratti di un velivolo da ricognizione del vicino Cile, che all’epoca aveva un rapporto tutt’altro che amichevole col Perù, il comandante della base ordina a un cacciabombardiere SU- 22, di fabbricazione sovietica, di intercettare l’intruso e abbatterlo. Così il tenente Oscar Santa Maria decolla a tutta velocità, diretto verso il velivolo sconosciuto, ormai distante cinque chilometri. Nel momento in cui l’oggetto entra nel mirino, il pilota gli scatena contro un inferno di proiettili, senza però sortire alcun effetto apparente. L’oggetto vola via in verticale e il caccia peruviano va all’inseguimento, infrangendo la barriera del suono pur di non perderlo di vista. Stranamente però, dell’oggetto non c’è alcuna conferma radar. La distanza tra il caccia e l’UFO man mano si riduce e a un certo punto l’oggetto fa qualcosa di impossibile, fermandosi improvvisamente nell’aria e il Sukhoi lo sorvola a un’altezza di trentaseimila piedi. Forse il Cile aveva acquistato una tecnologia avanzata da una potenza straniera, di gran lunga superiore alle capacità del cacciabombardiere di fabbricazione russa? Questa domanda deve sicuramente aver attraversato la mente del pilota quando l’oggetto si era improvvisamente alzato di quota, fermandosi nuovamente e facendo deviare il caccia per evitare una collisione. Ora si trovavano a sessantaduemila piedi sopra il deserto peruviano, con solo un centinaio di colpi rimasti e il carburante a livelli critici. A questo punto Santa Maria interrompe l’inseguimento, consapevole che si stava avvicinando alla massima altezza operativa permessa dal suo aereo e non è da escludersi che avesse sentito parlare del tragico destino di Thomas Mantell, che aveva perso la vita in un inseguimento simile. Torna dunque a La Joya - ormai a ottocento chilometri di distanza - mentre l’oggetto continuava a salire, svanendo nell’oscurità dello spazio. Il tenente Santa María descrisse così l’oggetto che aveva inseguito: «Aveva una cupola azzurra, che sembrava una lampadina divisa a metà, con un’ampia base di metallo che faceva brillare tutto. Quando mi sono avvicinato e l’ho visto completamente, mi sono accorto che mancava di ugelli, ali, finestre, antenne... La sua superficie era molto liscia sia sopra che sotto».

ACCHIAPPA L’ALIENO
Il caso di José Ponce è stato descritto in molta letteratura ufologica sin dagli anni ‘60 e il sito web di UFO Alternativa OVNI (http://www.alternativaovni. com.ar) ha raccolto una così grande quantità di informazioni a riguardo che qui mi limiterò a tradurre la loro introduzione: Il 29 novembre 1954, tra le 2:00 e le 2:30 del mattino, Gustavo González, un uomo d’affari cubano di 25 anni residente in Venezuela, e il suo assistente venezuelano José Ponce, erano a bordo del furgone di Gustavo, diretti all’“Industria Nacional de Embutidos CA” o lo stabilimento di lavorazione della carne “Schelper”, per prendere prodotti da vendere al mercato all’alba. Mentre percorrevano la via Buena Vista si accorsero, con loro stupore, che la strada era illuminata come se fosse mezzogiorno. Uscirono dunque dal furgone per vedere cosa stesse succedendo, ma José tornò indietro di corsa dopo aver visto una strana entità che gli si avvicinava. Pochi secondi dopo, anche Gustavo vide la creatura e, superato un attimo di incertezza, cercò di catturarla per portarla sul furgone. Il piccolo alieno, però, era piuttosto forte e riuscì a sfuggire alla sua presa. Gustavo cadde sul marciapiede, ma riuscì a rialzarsi rapidamente. Secondo Gustavo, l’entità pesava circa 50 chilogrammi. Mentre seguiva il piccolo alieno, l’uomo notò qualcosa di ancora più sorprendente: altri due piccoli esseri gli si stavano avvicinando e uno gli puntò contro una “torcia elettrica” - a quanto pare erano venuti per aiutare il loro compagno. Accecato dalla luce e incapace di vedere cosa stesse succedendo per alcuni secondi, Gustavo afferrò il suo coltello da boy scout e quando fu di nuovo in grado di vedere, si accorse che il piccolo alieno stava andando verso di lui. Istintivamente, l’uomo pugnalò alla spalla la creatura, ma la pelle era dura come quella di un rinoceronte e la lama scivolò via. Quando l’extraterrestre aveva cercato di catturarlo, Gustavo si era accorto che aveva artigli affilati su ciascuna delle sue quattro dita. Nel frattempo, il suo assistente, José Ponce, uscì dal furgone e si diresse verso l’oggetto sferico quando, all’improvviso, un piccolo extraterrestre peloso emerse da destra, affrettandosi su per un ripido pendio con i pugni pieni di terra. Quando il piccolo alieno vide Ponce fece un salto di due metri, entrò nel portello e svanì all’interno dell’oggetto. Pochi secondi dopo emerse un’altra entità, armata di un lungo tubo lucido che puntò contro entrambi gli uomini, che si sentirono avvolti da una vibrazione paralizzante. In seguito videro la sfera brillante salire maestosamente e silenziosamente nel cielo notturno e svanire. Decisamente un caso degno di un film o di una serie TV. E dunque cosa ci porta a “levar la mano”, come diceva Frodo, contro l’ignoto, quando la maggior parte dei codici di condotta umani ci esorta a estendere la gentilezza verso gli estranei? La nostra risposta all’ignoto non è quasi mai in questo senso, anzi, tutto il contrario: la nostra natura animale prende il sopravvento e la risposta è la lotta o la fuga. Se vedere uno strano umano sconosciuto attiva una serie di meccanismi di difesa nella nostra mente - paura, sfiducia, sospetto di intenti dannosi -, vedere un presunto alieno o un mostro accentua questa risposta istintiva. D’altro canto, siano essi Ufonauti, strane creature angeliche o extraplanetarie, cosa dà loro il diritto di vendicarsi con forza letale contro una specie che è primitiva in senso evolutivo, o sotto la loro tutela? Alcuni apologeti degli alieni hanno sostenuto che tale risposta sia per il nostro bene, per così dire: un’esplosione laser ne salva nove, in quanto qualsiasi danno a se stessi o al loro velivolo può rappresentare un pericolo maggiore per la specie in generale che non per il soggetto dell’attacco. Posso solo immaginare le speculazioni su uno sparo, o meglio ancora un missile che colpisce il veicolo non umano innescando l’esplosione di una fonte di energia che potrebbe rendere inabitabile un continente in pochi minuti. Forse è molto più facile pensare che i nostri visitatori siano o angeli cattivi o cattivi astronauti a cui comunque non piacciamo.


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 Oggetto del messaggio: Re: Appunti e studi multidisciplinari
MessaggioInviato: 08/12/2022, 18:42 
IL GRANDE INCENDIO DI LONDRA - CUI PRODEST?
Articolo di Gloria Moss

Sono passati ormai 353 anni dal Grande Incendio di Londra, un incendio che ha causato la distruzione di 436 acri di Londra, tra cui 13.200 case, 87 chiese parrocchiali (su 109), la Cattedrale di St Paul e la maggior parte degli edifici delle autorità cittadine. In tutto, si stima che circa 100.000 persone, un terzo della popolazione di Londra, siano rimaste senza casa dall’inizio dell’incendio di cinque giorni il 2 settembre.

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La storia ufficiale
È opinione diffusa che l’incendio sia scoppiato a Pudding Lane (vedi illustrazione 1 ) nel panificio di Thomas Farriner, fornitore del pane per il vicino ufficio di vettovagliamento della Royal Navy. La negligenza è stata considerata un fattore primario nonostante le successive assicurazioni di Farriner che a mezzanotte, poche ore prima che scoppiasse l’incendio, solo una grata aveva delle braci ardenti e queste erano state tutte rastrellate. Affermò, inoltre, di aver attraversato tutte le stanze del panificio dopo mezzanotte e che tutte le porte e le finestre erano state chiuse per evitare correnti d’aria.

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Quindi, c’è di più in questa storia di quanto sembri? Farriner mantenne la sua innocenza fino alla sua morte nel 1670, giurando in tribunale che la sua casa avrebbe potuto essere incendiata solo maliziosamente. Per la prima volta, ci chiediamo quali prove ci siano a sostegno della sua affermazione, suggerendo infatti che la bilancia delle probabilità sia a suo favore. Una parola prima sulle responsabilità per la lotta antincendio in quel momento.

Misure Antincendio
La responsabilità dello spegnimento degli incendi spettava alle strade, alle parrocchie o alle circoscrizioni e le misure preventive prevedevano l’abbattimento degli edifici, staccando la sovrastruttura dalle fondamenta e facendo crollare la struttura. Questo approccio era noto alle autorità londinesi, ma per poterlo fare era necessaria l’autorità del sindaco di Londra.
Sfortunatamente, l’allora titolare del posto, Thomas Bloodworth, fu l’uomo che dichiarò che l’incendio era così piccolo che “una donna avrebbe potuto spegnerlo” e quindi la demolizione forzata degli edifici fu utilizzata solo il terzo giorno dell’incendio, quando questo si era già ampiamente diffuso. Si noti anche che Bloodworth rifiutò la fornitura di altri soldati il primo giorno dell’incendio.
Oltre al sindaco, la responsabilità di combattere gli incendi spettava agli uomini delle postazioni antincendio in tutta la città, ma il primo giorno dell’incendio, il 2 settembre, il diarista e cancelliere del Sigillo Privato, Samuel Pepys, notò che “nessuno alla mia vista si sforzava di spegnerlo”, osservando che il sindaco di Londra aveva dichiarato di non aver bisogno di altri soldati per aiutarlo (Milne, 1986, p.31). Perché avrebbe dovuto essere di questo parere?
Nel frattempo, Thomas Vincent, ministro puritano, il 3 settembre notò come la legna rimossa dalle case fosse stata collocata nella spaziosa e alla moda zona commerciale di Cornhill, verso il nord della città, ma non fosse stata rimossa da lì, permettendo alla legna di prendere fuoco. Allo stesso modo, il terzo giorno dell’incendio, il 5 settembre, il diarista John Evelyn annotò come i gentiluomini “cominciassero a darsi da fare, e non fino ad ora, che erano rimasti come uomini interdetti, con le mani in croce”. Poi, giovedì 6 settembre, molti dei conestabili che avrebbero dovuto essere ai posti di fuoco furono segnalati come assenti dal conte di Oxford, che stava effettuando un controllo. Quindi, nella migliore delle ipotesi, la mancanza di azione era un caso di cattiva organizzazione e nella peggiore di negligenza intenzionale.

Atto di natura o complotto maligno?
Che dire dell’affermazione che l’incendio è stato appiccato e diffuso in modo doloso? Sebbene questo modo di pensare sia stato marginale come prova di una “mentalità della trama” (Marshall, 2016), c’è molto da causare inquietudine nella storia ufficiale. Ci concentreremo su quattro punti che suggeriscono che l’incendio non è stato un incidente.

Fuochi comuni all’epoca
Se la conflagrazione si fosse davvero sviluppata da un singolo incendio in un edificio di Pudding Lane, lascia perplessi – in assenza di altri fattori credibili – il fatto che possa essersi diffusa così rapidamente in tutta la City di Londra. In effetti, l’atteggiamento molto rilassato dei contemporanei suggerisce, in primo luogo, che gli incendi non erano preoccupanti e, in secondo luogo, che non era probabile che si diffondessero.
Ad esempio, Pepys, informato dell’incendio alle tre del mattino del 2 settembre e vedendolo dalla sua finestra, lo ritenne “abbastanza lontano” da giustificare il fatto di andare a letto.
In effetti, “gli incendi erano comuni” all’epoca (McRobbie, 2016), spiegando perché la London Gazette, il quotidiano bisettimanale della città, pubblicò un piccolo articolo sull’incendio nell’edizione del lunedì, tra i pettegolezzi sul matrimonio non consumato del Principe di Sassonia alla Principessa di Danimarca e notizie di una tempesta nel Canale della Manica. Quindi, Pepys non aveva alcun motivo particolare per sospettare che l’incendio sarebbe stato diverso da un piccolo incendio locale, scrivendo specificamente che non era “abituato a tali incendi come quelli seguiti”, quindi non aveva motivo di immaginare che l’incendio avrebbe provocato una grande conflagrazione.

Siccità e strutture in legno
Quali argomenti usa chi non sospetta alcun illecito? Molto spesso citano il fatto che l’estate era stata calda e secca e, come ha detto un commentatore, le “case scricchiolavano con le giunture secche” . Tuttavia, la combinazione di questi due punti non spiega immediatamente l’entità dell’incendio poiché un grande incendio si era verificato nel 1633, anche un periodo di siccità (vedi weatherwebdotnet) ma questo incendio ha distrutto non più di 122 edifici, 42 all’estremità settentrionale di London Bridge e 80 su Thames Street. Questa cifra che si confronta con i 300 edifici bruciati nel 1666 solo nello spazio della prima mattinata.
Quindi, le condizioni normalmente citate come causa del Grande Incendio (vale a dire il caldo e le strutture in legno degli edifici) non possono da sole spiegare la natura diabolica dell’incendio nel 1666.

Il vento
In realtà, questo era diverso dagli altri incendi poiché tutti i tentativi di creare barriere tagliafuoco erano vani e il fuoco ha persino saltato il fiume Fleet e il Tamigi fino a Southwark. Come può essere? I commentatori passati e presenti citano la forza del vento che soffiava da est; la British Library, ad esempio, fa riferimento al “tempo secco e al forte vento da est” come “condizioni perfette per la rapida diffusione dell’incendio”.
Allo stesso modo, la London Gazette dell’8 settembre, offrendo quello che sosteneva essere un “vero resoconto dell’incendio” (in effetti la pubblicazione è stata descritta da Jenner 2017 come offrire il resoconto ufficiale dell’incendio ai suoi 13.000-15.000 lettori) descriveva come un “Il violento vento orientale ha formentato [il fuoco] e lo ha tenuto acceso tutto il giorno e la notte seguente, diffondendosi fino a Grace-church street e giù da Cannon Street al Waterside fino alle Three Cranes”. Il movimento fino a Grace-Church e Cannon street è in direzione nord rispetto a Pudding Lane mentre quello verso Waterside è a sud.
Infatti, se si osserva il modo in cui l’incendio si è propagato nel corso del secondo giorno, si vedrà che ha interessato zone a est e a nord del suo punto di partenza in Pudding Lane, mentre ci si aspetterebbe un vento per limitarne la diffusione alle aree ad ovest del punto di partenza.

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Immagine 2 – Mappa che mostra la propagazione dell'incendio


Ciò è particolarmente strano poiché si dice che la direzione del vento da est si sia spostata solo alle 23:00 del terzo giorno, momento in cui l’incendio si è spostato verso la Torre di Londra . Quindi come poteva il vento dell’est essere responsabile della direzione di un incendio che si dirigeva a nord ea sud di Pudding Lane? (vedi illustrazione 2 ).
Queste anomalie non passarono inosservate ai contemporanei. Thomas Vincent, ad esempio, fece riferimento alla “strana diffusione del fuoco” il 2 settembre (Milne, 1986, p.35), affermando che il 3 settembre il fuoco lavorava “velocemente contro il vento” (ibidem, p.37), tanto che “si muoveva all’indietro stranamente contro il vento” spostandosi verso est fino a Tower Street (ibidem, p.43).
Allo stesso modo, John Evelyn descrisse un “vento feroce e orientale”, ma il 3 settembre notò il modo in cui il fuoco “si accendeva all’indietro contro il vento e in avanti” (ibidem, p. 41).
Sembra quindi che la presenza di un forte vento orientale nei primi due giorni dell’incendio non possa, da sola, spiegare la direzione di marcia del fuoco.

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Immagine 3 - Ceramiche fuse - prova di un calore estremo


Tra gli oggetti bruciati recuperati da un negozio vicino a Pudding Lane c’erano pezzi di ceramica fusi che rivelavano gli effetti di temperature fino a 1700 gradi Celsius (Museum of London, p.1).

Il Museo di Londra ha scritto (ibid) che la pece brucia molto facilmente e avrebbe contribuito a diffondere l’incendio e certamente a temperature come queste il fuoco sarebbe stato enormemente potente. Tuttavia, è improbabile che senza correnti di ossigeno prodotte, come quelle tipiche delle tempeste di fuoco, si sarebbero potute produrre temperature così elevate.

A che punto siamo?
Dopo aver esaminato i fattori a cui è stato attribuito il Grande Incendio – siccità, strutture in legno, un forte vento orientale e pece ardente – sembra che questi da soli non possano spiegare la forza e la portata del Grande Incendio. Siamo costretti all’inevitabile conclusione che un incendio a Pudding Lane e il caldo non possano essere state le sole cause del Grande Incendio. Quindi, nella sezione che segue, indaghiamo sulle prove di un complotto, terminando con la domanda su chi potrebbe averne beneficiato.

Prove di un complotto
L’idea che il Grande Incendio non fosse accidentale è registrata nell’iscrizione originale sull’edificio del Monumento, costruito da Wren nel 1670 per commemorare l’incendio. Sebbene questo testo sia stato cancellato nel 1830, le prime parole dicevano:

A perpetuo ricordo del più spaventoso incendio di questa città protestante, iniziato e portato avanti dal tradimento e dalla malizia della fazione papista”

I complotti non erano rari e infatti delle persone erano state giustiziate nell’aprile 1666 per un complotto papista destinato ad avere luogo a Londra il 3 settembre.
In effetti, molti osservatori contemporanei sospettavano una macchinazione. Farriner, per esempio, il fornaio di Pudding Lane, concluse che “era stato assolutamente appiccato apposta il fuoco” (Sessioni di ottobre dell’Old Bailey, Londra 1666) e il ministro puritano, Thomas Vincent, affermò che c’erano voci di palle di fuoco che venivano gettato per provocare le fiamme furiose (Milne, 1986, p.30).
Inoltre, martedì 4 settembre, Vincent ha espresso sorpresa per il modo in cui la Cattedrale di St Paul, allora la chiesa più grande della Gran Bretagna e la terza più grande d’Europa, era stata colpita dall’incendio. Se si analizza ciò che ha detto, ci sono non meno di tre fattori principali alla base della sua preoccupazione.
In primo luogo, per quanto riguarda la costruzione dell’edificio, ha individuato il fatto che l’edificio era fatto di pietra e che grandi travi e pietre cadevano e ” grandi scaglie di pietra si squamavano [d] e si staccavano [ndr] stranamente dai lati delle mura».
Poi, in termini di posizione, che era “nudo di case intorno” , qualcosa di chiaramente evidente dalle incisioni contemporanee, e notò anche la sua posizione in alto rispetto a tutti gli edifici della città, un fatto coerente con la sua posizione in cima a Ludlow Hill.
Infine, ha attirato l’attenzione sul modo in cui la cattedrale “ha preso stranamente il fuoco in alto” , un fenomeno chiaramente illustrato nell’incisione di Hollar del 1666 che mostra il fuoco proveniente dall’interno del tetto dell’edificio (vedi illustrazione 4 ).

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Immagine 4 - Incisione di Hollar del 1666 dell'incendio del vecchio San Paolo


Ci sono quindi molti elementi che destano sospetto. Chi potrebbe essere dietro a un complotto? I contemporanei dell’incendio proposero una serie di cospiratori. Thomas Vincent, ad esempio, propose che “puzzava di disegno papista” (Milne, 1986 p.30), mentre altri suggerirono che l’incendio fosse stato appiccato da attentatori francesi e olandesi, dato che all’epoca l’Inghilterra era in guerra con Francia e Olanda.
Solo due settimane prima, ad esempio, gli inglesi avevano raso al suolo West-Terschelling in Olanda e avevano usato navi incendiarie per bruciare fino a 170 navi della marina mercantile olandese, azioni che non solo testimoniano l’astio tra Olanda e Inghilterra, ma anche l’abilità inglese nella pirotecnica, un campo che include la conoscenza di palle di fuoco e razzi.
Non era tutto perché Pepys ha scritto di voci secondo cui “c’era di mezzo un complotto in e che i francesi l’avevano fatto” (ibid, p.60) e un francese, Robert Hubert, ha confessato di aver appiccato l’incendio, e fu stato riconosciuto colpevole e giustiziato a Londra nell’ottobre 1666.
Cosa sappiamo di Hubert? Nato a Rouen, fu arrestato nell’Essex perché sospettato di essere fuggito dall’Inghilterra e confessò al giudice che lo esaminò, Cary Harvey, di aver appiccato il fuoco alla casa di Thomas Farriner. Affermò di essere stato reclutato nel 1665 a Parigi come uno dei ventitré cospiratori che avrebbero dovuto incendiare Londra e di essere stato pagato una pistola (equivalente a una moneta d’oro di valore leggermente inferiore a una sovrana) con altre 5 promesse in futuro.
Dichiara inoltre che quell’anno non fu tentato nulla a causa della peste, ma che nell’estate del 1666 lui e altri due, tra cui Stephen Peidloe, o Pie-de-Low, erano andati in Svezia, tornando a Londra alla fine di agosto, e che la notte del 2 settembre Peidloe lo aveva portato a Pudding Lane.
Affermò anche che quell’anno non fu tentato nulla a causa della peste, ma che nell’estate del 1666 lui e altri due, tra cui uno Stephen Peidloe, o Pie-de-Low, erano andati in Svezia, tornando a Londra alla fine di agosto, e che la notte del 2 settembre Peidloe lo aveva portato a Pudding Lane. Lì, secondo la sua dichiarazione, mise una palla di fuoco accesa con polvere da sparo, brimstone e altro materiale infiammabile all’estremità di un palo, spingendola attraverso una finestra della casa di Farriner e aspettando di vedere l’edificio in fiamme prima di andarsene. I suoi compagni, nel frattempo, secondo il suo racconto, erano già fuggiti.
È interessante notare che altri presunti piromani sono stati trattati duramente o arrestati sia durante l’incendio che poco dopo la sua conclusione. Tra questi c’era un bambino di dieci anni che raccontò a Lord Lovelace come lui e la sua famiglia, con l’aiuto di un olandese, avessero appiccato il fuoco a Pudding Lane con delle palle di fuoco.
A sostegno della sua colpevolezza c’è il fatto che è stato infallibilmente in grado di descrivere l’aspetto di Farriner’s House a Pudding Lane e anche di identificarne l’ubicazione tra le rovine.
Ha anche confessato la sua colpa a un amico di suo padre, un commerciante francese di nome Graves, il quale ha affermato di aver conosciuto Hubert e Peidloe prima dell’incendio e di averli ritenuti capaci del crimine. Inoltre, nonostante i molteplici sospetti, Farriner, suo figlio e sua figlia firmarono il vero disegno di legge contro Hubert che fu impiccato il 27 ottobre 1666.
Si noti che solo 15 anni dopo, il 17 dicembre 1681, il capitano della nave svedese che aveva portato Hubert a Londra testimoniò in una nuova inchiesta. In questa occasione il capitano dichiarò che la sua nave era arrivata a Londra due giorni prima dell’incendio, ma che Hubert era sbarcato solo dopo l’inizio dell’incendio.
Molti commentatori contemporanei hanno dato peso a questa testimonianza, ma perché il capitano avrebbe dovuto aspettare 15 anni per fornire una prova di tale importanza su uno degli incendi più gravi della storia? Non solo, ma una prova che mina il verdetto di colpevolezza di Hubert.
In un affascinante articolo sugli eventi post-incendio, infatti, Jenner (2017, p.24) scrive dei controlli esercitati sulle narrazioni post-incendio con la ‘soppressione non solo di voci incendiarie che fossero state avviate da cospiratori… ma anche , sembra, di tutte le denunce non autorizzate dell’inferno’.
Queste restrizioni comportavano l’arresto dei responsabili della pubblicazione e della vendita di libri e fogli di giornale senza licenza, nel caso ad esempio degli editori del giornale che annunciavano che “gli olandesi, i francesi e i gesuiti sono i promotori di questo disegno infido” (ibid, p.25). Questa censura delle narrazioni non ufficiali portò persino il Privy Council nel 1667 a ordinare il rogo pubblico di un opuscolo che offriva le prove presentate all’inchiesta dei Comuni sulle cause dell’incendio (Dolan, 2001).

Cui bono?
L’ultima domanda riguarda chi ha avuto più da guadagnare dal Grande Incendio di Londra. Questi guadagni includevano profitti finanziari dalla ricostruzione (sia come proprietario terriero, architetto o commerciante, broker assicurativo o autorità fiscale) così come lo sviluppo di una nuova e più bella città.
Sembra proprio che le persone fossero motivate ad agire con estrema prontezza – o con una fretta inopportuna – dopo che le ultime ceneri furono deposte il 7 settembre. Infatti, solo tre giorni dopo, il 10 settembre, la città istituì un comitato per valutare il suo “recupero dalle … deplorevoli rovine” (Journal of Common Counsel) e, lo stesso giorno, Henry Oldenburg, segretario della Royal Society, scrisse a Robert Boyle di aver partecipato a “molte riunioni dei principali cittadini, … che … hanno discusso quasi di nulla, se non di un’indagine su Londra e di un progetto di ricostruzione, … con mattoni e grandi strade“. (Corrispondenza con Oldenburg).
Quindi, il quarto giorno dopo l’incendio, l’11 settembre, Christopher Wren ha presentato al re il suo piano per la città. Si noti che il 1 maggio 1666, prima dell’incendio, aveva raccomandato che una cupola sostituisse la torre di attraversamento della cattedrale di St Paul, con stime ordinate il 27 agosto di quell’anno.
Poi, il 13 settembre, meno di una settimana dopo la fine dell’incendio, Carlo II emanò la sua Dichiarazione che esprimeva il suo desiderio di “una città molto più bella” e che prometteva che con l’assistenza del sindaco e degli assessori un progetto sarebbe stato esposto in “breve tempo” (Dichiarazione di Sua Maestà).
Le cose si sono mosse rapidamente dopo di ciò.
Entro il 25 settembre, poco più di due settimane dopo la fine dell’incendio, è stato nominato un comitato per indagare sulla causa dell’incendio ed entro il 4 ottobre, poco meno di un mese dall’inizio dell’incendio, è stato nominato un comitato per la ricostruzione di Londra. Il Consiglio privato, le nomine reali includevano Christopher Wren, Hugh May e Sir Roger Pratt, mentre le nomine della città includevano Robert Hooke, Edward Jarman e Peter Mills. Questa magia amministrativa è avvenuta in una città devastata da un incendio e in un’era pre-Internet. Forse la previdenza avrebbe avuto un ruolo?
C’era molto in gioco. In termini di finanze, si stima che l’80% di Londra sia stato distrutto dal Grande Incendio con un valore del valore della proprietà distrutta stimato in circa 1,5 miliardi di sterline in denaro di oggi , quindi i profitti derivanti dalla ricostruzione sarebbero stati sostanziali. Chi aveva da guadagnare?
In termini di responsabilità per la ricostruzione, la maggior parte dei londinesi viveva come affittuari, affittando le proprie case dai proprietari e i loro contratti di locazione richiedevano loro di coprire l’intero costo di eventuali danni (e anche di pagare l’affitto per l’intera durata del contratto di locazione, anche se l’immobile non esisteva più). Il processo e l’esecuzione di Robert Hubert nell’ottobre 1666, trasformando l’incendio in un atto di guerra, rimise la responsabilità sui proprietari ma un rapporto parlamentare emesso nel gennaio 1667 concluse che l’incendio non era un atto doloso e quindi la responsabilità ancora una volta cadde sugli inquilini.
La loro ovvia incapacità di coprire i costi della ricostruzione di Londra ha portato all’istituzione dei Fire Courts, per distribuire meglio l’onere (Oxford National Dictionary of Biography, Farriner) ma l’onere della ricostruzione ricadeva ancora sulla massa delle persone. piuttosto che solo proprietari terrieri, attraverso nuove tasse introdotte. Infatti, nel 1667, il re Carlo II ordinò una nuova tassa sul carbone in arrivo a Londra, tassa che fu raddoppiata nel 1670.
Quindi, si potrebbe dire che i proprietari terrieri e la Corona hanno beneficiato dell’incendio e del finanziamento di nuovi edifici in pietra e mattoni.
Altri profitti emersero dalla nuova attività assicurativa sorta nel 1680 quando Nicholas Barbon fondò la prima compagnia di assicurazioni, la ‘Fire Office’. Seguì la creazione di altre compagnie assicurative così che nel 1690 una casa su dieci a Londra era assicurata.
Quello che scopriamo allora è la misura in cui un certo numero di persone ha guadagnato direttamente dall’incendio di Londra.
Il re stava per far costruire una nuova capitale con finanziamenti provenienti dalle tasse; i proprietari terrieri potevano fare affidamento sugli inquilini per pagare il conto della ricostruzione; e Wren ha sperimentato una nuova carriera come straordinario architetto dopo l’incendio. In effetti, i benefici conferiti al Re e a Wren sono così straordinari che abbozziamo alcuni dettagli di seguito.

Cristopher Wren
Prima dell’incendio, le incursioni di Wren nell’architettura si erano limitate a due commissioni, una per la progettazione di una cappella al Pembroke College, una proveniente da suo zio, il vescovo di Ely, e una seconda per la progettazione del teatro Sheldonian a Oxford.
Il suo background era stato in matematica e astronomia, non in architettura e così nel giugno 1655 intraprese un viaggio all’estero di dieci mesi a Parigi, tornando nel marzo 1666, appena sei mesi prima del Grande Incendio che fornì la sua “grande opportunità” (Victoria e Albert guida di stile). Questo è stato il suo unico viaggio all’estero nel corso di una lunga vita durata 90 anni.

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Immagine 5 – Christopher Wren


Prima dell’incendio, le incursioni di Wren nell’architettura si erano limitate a due commissioni, una per la progettazione di una cappella al Pembroke College, una proveniente da suo zio, il vescovo di Ely, e una seconda per la progettazione del teatro Sheldonian a Oxford.
Il suo background era stato in matematica e astronomia, non in architettura e così nel giugno 1655 intraprese un viaggio all’estero di dieci mesi a Parigi, tornando nel marzo 1666, appena sei mesi prima del Grande Incendio che fornì la sua “grande opportunità” (Victoria e Albert guida di stile). Questo è stato il suo unico viaggio all’estero nel corso di una lunga vita durata 90 anni.
Anche se i documenti di questo unico viaggio oltremare sono scarsi – principalmente una lunga lettera dello stesso Wren – le due persone che desiderava espressamente incontrare, e che indubbiamente incontrò, furono l’architetto francese François Mansart e lo scultore e architetto italiano Gian Luigi Bernini, che arrivarono a Parigi da Roma su richiesta di Luigi XIV il 2 giugno 1665.
Inoltre, ha visto la chiesa della Sorbona di Jacques Lemercier (1635-43) e il Val-de-Grâce di Francoise Mansart (1645-62), entrambi edifici a cupola, e ha raggiunto il suo obiettivo di tornare con “quasi tutta la Francia su carta’.
Tornato in Inghilterra, infatti, parlò di ‘conferenza quotidiana con i migliori Artisti’, francesi e italiani, e di studio diretto del design e della costruzione moderna (Oxford National Dictionary of Biography, Wren).
Questo soggiorno di dieci mesi a Parigi si rivelò straordinariamente tempestivo poiché fornì a Wren ( illustrazione 5 ) l’apprendistato in architettura che gli permise di assumersi le responsabilità architettoniche che gli si presentarono subito dopo il Grande Incendio. Ci sono prove che abbia delegato gran parte della progettazione degli edifici futuri, ad esempio nella progettazione della Cattedrale di St Paul ( ) e delle chiese della città, ma sarebbe stata necessaria una conoscenza di base dell’architettura anche quando dirigeva il lavoro di altri.

Re Carlo II
Prima di salire al trono, Carlo trascorse nove anni in esilio, con i primi anni alla corte francese con la madre borbonica, Henrietta Maria. Dopo la sua partenza dalla Francia nel 1654, trascorse un periodo nel Sacro Romano Impero, prima di stabilirsi nei Paesi Bassi spagnoli, dominio del re di Spagna. Doveva rimanere lì fino alla sua restaurazione al potere nel 1660.
Questo periodo all’estero diede a Charlo un gusto per gli ultimi stili europei e incoraggiò il suo uso di artisti e artigiani formati all’estero che usavano forme sgargianti e materiali ricchi (Victoria e Albert, Restoration style guide). In materia di abbigliamento personale, ad esempio, si è servito di un sarto parigino, Sourceau, che aveva lavorato per lui mentre era in esilio in Francia alla fine degli anni Quaranta.
Quindi, sembra che l’incendio abbia fornito a Charles (illustrazione 6) l’opportunità di convertire Londra dalla città a graticcio che era a qualcosa di più vicino alle città a cui era stato abituato durante il suo periodo di esilio.

Osservazioni Conclusive
Abbiamo visto la cura che Carlo II ha preso per garantire che i resoconti dell’incendio post-incendio fossero conformi a quelli della narrazione ufficiale. Ora, a circa 353 anni da questo evento, siamo stati in grado di dare luce alla storia ufficiale e consentire un dibattito completo e senza censure sulle molte anomalie nella storia ufficiale.


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MessaggioInviato: 12/12/2022, 15:50 
LA MONTAGNA SACRA E IL NUMERO TRE
Articolo di Michele Melchiorre

Le montagne sono sempre state associate alla sacralità e alle manifestazioni divine, ma alcune erano più sacre di altre. Che relazione esiste tra la Montagna, la Luce Divina e la Sapienza? Perché specifici luoghi avevano una relazione diretta con gli Dei Creatori?

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Il concetto della montagna sacra è profondamente interconnesso con la divinità e la soglia del mondo spirituale. A tutti gli effetti, la montagna sacra è l’ultimo tempio naturale, e il primo sito sacro. Anche oggi in ogni parte del mondo ce n’è un gran numero e le tradizioni associate a ognuna, e tramandate dalla preistoria, non fanno che rafforzare il loro status nella mitologia globale. L’India in particolare ha mantenuto a lungo una relazione con tali luoghi sacri. Se si dà un’occhiata ad alcune tradizioni associate alle montagne sacre si capisce perché qualsiasi popolazione in ogni parte del mondo a lungo andare si sia impegnata in sempre maggiori costruzioni di templi posizionandoli in cima a questi luoghi energetici, o almeno quanto più vicino alla cima la loro religione consentisse. Nell’india del sud, nella provincia di Tamil Nadu, si dice che una volta il dio Shiva sia disceso dal cielo sotto forma di una fulgida colonna di luce. L’aspetto del dio, apparentemente piuttosto aggressivo, aveva una sua ragion d’essere. Egli discese con la notizia di una catastrofe incombente, e aveva individuato un luogo speciale in cui l’insieme delle conoscenze in ogni campo sarebbero state conservate al sicuro: «quando avverrà l’azzeramento di tutte le creature viventi (per via di un imminente diluvio universale)… tutte le future sementi dovranno assolutamente essere depositate qui… Tutte le tradizioni, le arti, la ricchezza delle scritture e i Veda saranno ben sistemati in questo posto». La notizia, nonostante fosse brutta, venne accolta con favore da Vishnu e Brahma. Tuttavia, la luce di Shiva era così forte che Vishnu e Brahma lo implorarono di smorzarla un po’ di modo che anche i mortali potessero avvicinarglisi senza danni altrimenti sarebbe servito a poco costruire un deposito di conoscenze a cui i mortali non potessero accedere. Shiva ci pensò su, assentì e abbassò la sua radiosità che da quel momento in poi prese la forma di una montagna di fuoco. Quel punto adesso è riconoscibile per una collina piramidale di pietra rossa chiamata Arunachela, conosciuta anche come la Sacra Collina Rossa. Oggi nessuno dubita della sua qualità numinosa. Alla sua base di 24 acri, infatti, giace il tempio di Arunachaleswara, uno dei cinque più importanti templi dell’India dedicati al dio Shiva. Il concetto di questo tempio rimanda direttamente alla divinità, perché Shiva si è manifestato anche sotto forma di colonna di pietra sul fianco orientale della collina, e per questo motivo Visvakarma, l’architetto degli Dei, lì eresse il primo tempio con il simbolo fallico di Shiva, lo Shivalinga, ospitato all’interno del sancta sanctorum (oggi la struttura poggia ancora su queste fondamenta estremamente antiche). Arunachela rappresenta la presenza di Shiva, o della divinità, sulla Terra. In Nord America, un simile luogo di congiunzione fra la divinità e l’umanità è lo Tse’Bit’ai (“roccia con le ali”), altrimenti conosciuto come “Shiprock”. Chiunque abbia visitato la regione Four Corners nel New Mexico e si sia avvicinato a questa breccia verticale di pietra alta 550 metri non può non essersi commosso. Sebbene questa erosa gola vulcanica vecchia 27 milioni di anni possa esser vista da almeno 60 miglia di distanza nel deserto, il suo ammaliante effetto è dovuto anche al carico di millenni di venerazione come sito di preghiera, il che a sua volta ha accentuato la già presente energia naturale. Non a caso, lo Tse’Bit’ai è posizionato nel cuore di quel territorio che un tempo era possedimento dei nativi dell’era Mesolitica, gli Anazasi. Una volta estinta questa popolazione, il sito giocò un ruolo fondamentale per la religione, la mitologia e la tradizione Navajo e a tutt’oggi per queste culture è conosciuto come “il luogo dell’inizio! Tse’Bit’ai è una delle diverse montagne sacre nel sud ovest del continente americano, ognuna vista con specifiche finalità che vanno oltre la mera funzione energetica. Per cui mentre quest’ultima funge da ombelico, 120 miglia a sud est, il piramidale Tsoodzil (il monte Taylor) è visto come una porta di comunicazione con il mondo degli spiriti; uno specchio esatto del rapporto fra Giza e Tebe in Egitto. Non importa come siano descritte dalle leggende, le montagne sacre sono sempre state considerate ovunque dimore degli Dèi, portali per il Paradiso e luoghi di illuminazione. Al pari di altri Dèi creatori, l’attributo principale di Shiva è la gnosi (conoscenza) che conserva sulla collina di Arunachela sotto la forma delle più antiche scritture vediche, i Veda, termine che vuol dire appunto “conoscenza”. In Cina le cinque montagne sacre del Buddismo sono state sempre luoghi da frequentare con lo scopo di attingere alla conoscenza; lo stesso può dirsi per il monte Miva in Giappone. Sul Monte Sinai, la conoscenza sotto forma di leggi venne trasmessa da Dio a Mosè. In linea con questi interscambi, una tale conoscenza venne anche condivisa con la gente comune da un sacerdozio di adepti, sciamani o saggi.

LUOGHI DI ACCRESCIMENTO
La Nuova Zelanda ha una montagna sacra che un tempo veniva utilizzata come un antico luogo d’iniziazione. Situato sulla dorsale delle Alpi Meridionali di South Island, il Kura Tawhiti è un ammasso di megaliti calcarei curvi disposti nella rientranza di un monte chiamato Castle Hill. Alcune di queste rocce sono alte 15 metri. Kura Tawhiti è descritto sia come uno dei luoghi “più elevati per l’apprendimento” sia “il punto d’incontro degli Dèi”. La sua tradizione precede di molto quella dei Maori, che apparvero relativamente tardi in Nuova Zelanda, intorno al 1300 d.C. I creatori di questa sorprendente aula scolastica all’aperto furono i Waitaha, razza di esseri mitologici descritti come molto alti, carnagione chiara, a volte con capelli rossi. Le pietre di questa specie di scuola servivano da iniziazione per un particolare aspetto della gnosi. Dopo che l’iniziato apprendeva e faceva suoi gli insegnamenti, poteva procedere al masso successivo, avanzando lentamente verso la sommità della collina in avvicinamento alla cima della montagna, dove si erige un enigmatico monolite, la rappresentazione di Marotini, una dea ed entità protettrice del sito. Se Kura Tawhiti ha funzione di luogo di iniziazione e deposito di conoscenza degli Dèi, negli incantevoli territori di Aotearoa, come nel New Mexico e in Egitto, il portale per il paradiso è di fatto individuato in un sito secondario, il vulcano Taranaki, perfettamente conico, che si staglia a North Island e che dall’alto sembra identico al monte Fujii in Giappone, con il quale condivide l’attributo di “luogo di abbondante immortalità”. Ci sono pochi dubbi sul fatto che i temi ricorrenti della montagna sacra vista come ombelico, luogo di iniziazione, deposito della conoscenza e portale verso gli Dèi (verso il paradiso personale) sia un’idea culturalmente condivisa che affonda le sue radici nella preistoria. Questi templi naturali, dalle colline alle montagne sacre, sono locazioni intermediarie fra il temporale e l’eterno e rappresentano il tempio nella sua forma più pura. La loro importanza per una condotta equilibrata delle azioni umane venne compresa da gruppi di “saggi” che da quel momento iniziarono ad agire in base a quegli insegnamenti. Forse non è una coincidenza che i costruttori di Stonehenge si presero la briga di cercare e poi estrarre le sue pietre blu miglia lontano, cioè ai piedi del monte scozzese chiamato Cairn Ingli, “La Collina degli Angeli”. Perché i templi naturali sono dei contenitori della rivelazione. Il concetto della triade divina si ritrova in tutte le mitologie del mondo, lì dove tre forze creative correlate vengono rappresentate da una figura centrale o dio, insieme a due entità di sostegno; per esempio il dio cristiano, il cui aspetto comprende Padre-Figlio e Spirito Santo. Questa idea è anche nel dio egizio Djehuti (Thot per i greci), che è venerato per essere “tre volte grande” ed essere assurto a personificazione della perfezione. Proprio come la montagna sacra, la sacra trinità è diffusa da più parti. Nella cosmologia indù il dio Shiva appare spesso collegato con gli Dèi Vishnu e Brahma, tutti e tre a rappresentare il concetto della Trimurti, la natura a tre facce dell’aspetto creativo dell’Uno divino che regola la creazione, il mantenimento e la distruzione. Nel Rig Veda c’è un tema ricorrente che riguarda il comportamento insolito di Vishnu, (il cui ruolo è quello di proteggere gli umani e di restaurare l’ordine del mondo) e il suo spesso celebrato atto del fare tre passi. «Renderò note le potenti gesta di Vishnu, di colui che ha governato le regioni terrene… per tre volte appoggiando il suo piede, avanzando a grandi falcate… Dentro i cui tre estesi passi risiedono tutte le creature viventi… Colui che solo con tre passi ha percorso questa ben più vasta dimora comune» E ancora: «avanzò di tre passi avanti a grandi falcate verso i regni della terra in cerca di libertà e vita». A Vishnu viene dato l’attributo “Trivikrama”, che vuol dire “dei tre passi”. È possibile che Vishnu, il restauratore dell’ordine del mondo, abbia preso le misure dei templi naturali a gruppi di tre? Posizionandoli a triangolo ricercava per caso la precisione geometrica? Ma le montagne sono oggetti che non si muovono, non si possono posizionare a piacimento. E inoltre, perché l’avrebbe fatto, “per la libertà e la vita”? Sappiamo che i templi naturali vennero considerati depositi della conoscenza degli Dèi, e che assorbire tale conoscenza potenziava l’individuo fino a renderlo libero, cioè libero dalle illusioni del mondo della materia. In tali condizioni ogni individuo è in grado di vivere una vita in piena consapevolezza, esattamente come sostiene il Rig Veda. Alimentarsi alla fonte della conoscenza fu esattamente il motivo per cui gli esseri umani cercarono luoghi energetici, e fu la ragione per cui gli Dèi con intenzioni benevole, come Shiva, la impressero in questi luoghi speciali affinché potessimo trovarla. Come componente della Trimurti, Vishnu è responsabile della protezione degli umani, per questo, di qualsiasi cosa si stia parlando, deve essere certamente di grande beneficio per l’umanità. E dunque, cosa c’entra il concetto dei “tre passi”? Qualche frase dopo, nel Rig Veda, ci viene data un’altra informazione arguta: «Lui, come una ruota circolare, aveva messo in rapido movimento i suoi 90 destrieri da corsa insieme con i quattro… ». Ci viene data in questo caso un’istruzione sotto forma di racconto allegorico, un’usanza di antica e vitale tradizione per preservare la conoscenza universale. Se moltiplichiamo i “90 destrieri da corsa” per 4 otteniamo 360, cioè il numero dei gradi nella circonferenza di una “ruota”. Siccome Vishnu sta misurando una sfera chiamata Terra e la sfera è un cerchio in 3D, forse l’ubicazione dei templi naturali sulla superficie della sfera ha qualcosa a che fare con i tre passi di Vishnu? Dopo tutto, aveva anche il compito di riportare l’ordine nel mondo.

MONTAGNE SACRE MOLTO ORDINATE
Se si guarda alle tradizioni celate dietro le montagne sacre, è sorprendente come molte di esse abbiano in comune le stesse storie e le stesse trame con altre regioni anche lontane. L’India, per esempio, è un paese molto vasto, a tal punto da guadagnarsi l’attributo di sub continente, e nonostante ciò, di tutte le sue montagne, solo un piccolo numero è considerato sacro, e un numero ancora inferiore è legato a leggende che riguardano Shiva il dio della saggezza che nella Bhagavad Gita e nel Vishnu Purana è visto come parte intrinseca di Vishnu. Visto che così tanti miti affermavano che le montagne sacre fossero manifestazioni del potere del “dio creatore”, ci si chiede se in questi racconti ci sia del vero, e se l’energia originaria, al di là di quella che percepiamo come materia, sia ben più consapevole di quanto non possiamo tranquillamente ammettere. Freddy Silva ha svelato il significato dei tre passi. Prendiamo il monte Kailas, rappresentazione terrestre del monte Meru, dimora di Shiva, luogo dell’eterna beatitudine e da cinque religioni considerato sacro. Al Kailas è accoppiata la collina sacra di Gabbar, che si dice sia l’origine della Suprema Energia Cosmica dell’Universo e dell’India. Si trova vicino alla sorgente del famoso fiume vergine riportato nei Veda, il Sarasvati, e al luogo in cui Shiva lasciò il cuore della sua prima moglie, Sati. Il terzo “passo”, o terza scelta, è il Maa Sharda, una collina a forma conica utilizzata come montagna sacra sin dall’era Paleolitica, in cui Shiva, in lutto per la sua defunta moglie, lasciò cadere la sua collana. Collegando questi tre luoghi si crea un triangolo rettangolo perfetto, con un margine di errore non superiore a un grado. Se si considera che il punto di ampiezza massimo del triangolo copre 650 miglia, si tratta di un livello di precisione incredibile. Eppure un modello di allineamenti triangolari fra templi naturali esiste in tutto il mondo. In Cina, tre montagne sacre per i Buddisti sono collegate con il Bodhisattva, dove “bodhi” significa “illuminazione” e “sattva” “essere”. Si può anche tradurre come “l’essere saggio”, un chiaro riferimento alla montagna vista come deposito del dio della conoscenza. I tre luoghi sono Wutái Shan, Éméi Shan e Putuó Shan, e insieme formano un triangolo isoscele (in cui due lati hanno lunghezza uguale); di soli quattro gradi non riesce a essere un perfetto triangolo rettangolo, con la sua ampiezza massima che copre un’incredibile area di 1.140 miglia! Anche il Giappone presenta una tradizione simile. Il monte Miwa è il luogo di adorazione più antico del Paese, antecedente alla stessa Storia scritta ed è sede dei primi templi scintoisti. Il monte Haku è il più importante fra i 2000 templi Hakusan; e il monte Fuji viene visto come la materializzazione suprema della creazione, e la sua sacralità è solidificata nella cultura giapponese. Queste tre montagne sacre formano un perfetto triangolo rettangolo, con un’ampiezza massima che raggiunge le 175 miglia. A questo punto è chiaro che i tre passi di Vishnu in “tre enormi falcate” che misuravano le regioni della terra si riferivano a un archetipo geometrico-geodetico di luoghi energetici. E questa organizzazione non riguarda soltanto il posizionamento dei siti, ma anche l’ordine che deriva da una mente in equilibrio quando interagisce con essi. Ero poi curioso di capire se i tre passi di Vishnu fossero soltanto una prerogativa orientale o un modello universale, per cui ho applicato il procedimento alla cultura egizia.

IL MERU EGIZIO
Nessuno studio sulle colline sacre egiziane è completo senza un riferimento alla piana di Giza. Per gli antichi egizi la collina di Giza era conosciuta come Rostau, letteralmente “Portale per l’Altro Mondo”. L’allineamento delle tre piramidi maggiori situate su questa collina riflette la cintura di Orione per come appariva all’orizzonte nel 10.500 a.C.. e ognuna è posta su una collina primordiale considerata una delle prima manifestazioni della saggezza degli Dèi all’alba dello Zep Tepi, “il Primo Tempo”. La piana delle piramidi è legata a un importante monte che si trova al di là del Nilo rispetto a Luxor e che ha la forma di una piramide naturale. Chiamato Dehenet, si affaccia sulla Valle dei Re e delle Regine. O, dovrei dire, rappresentava il motivo per cui così tanti faraoni sceglievano di venir sepolti intorno o dentro questa imponente montagna calcarea. La sua ubicazione su un luogo energetico che l’attraversa lo rende “il Meru” egiziano e il portale dei faraoni per il paradiso; è anche uno dei tanti motivi per cui su questa terra la piramide venne scelta come forma energetica. Il che ci porta al terzo punto di questo triangolo, il Sinai, cioè il monte Katherine per essere più precisi. Come Shiva ad Arunachala, è qui dove Dio parlò a Mosè sotto forma di colonna di luce. Sebbene considerato tradizionalmente ebraico, il personaggio centrale, Mosè, era un egiziano; questo per riaffermare il legame culturale fra i tre siti. Questi tre punti formano un triangolo isoscele, esteso per 310 miglia nel tratto più lungo. Come per l’Egitto, l’Irlanda celtica ha la sua necropoli reale chiamata Knocknarea. Questa evidente e indipendente “Collina del Destino” è circondata da non meno di 200 terraformazioni funerarie, alcune risalenti al 7.400 a.C. inclusa quella di Daghdha, dio padre dei Celti e capo degli esseri mitologici magici Tuatha D. Danaan, “il popolo della dea Anne”. È considerata un ombelico della Terra. Allo stesso modo è considerata la collina di Uisneach (l’ombelico mistico dell’Eire e del suo centro geodetico), lì dove ogni 3 maggio vengono accesi gli annuali fuochi di Beltane. Il terzo punto è Cruach Phadraig, la più sacra delle colline d’Irlanda e dimora di Lugh, figlio di Cian dei Tuatha D. Danaan, e che viene spesso descritto come uno Splendente, un dio creatore. La parola “lugh” è anche sinonimo di luce bianca. Questi tre siti formano un perfetto triangolo and angolo retto, con il lato più lungo che ricopre 90 miglia. E si potrebbe andare avanti per molte altre culture.

L’ENERGIA DEL TRE
Sembra che i tre passi di Vishnu avessero una funzione strategica nello stabilire il collocamento di luoghi di potere naturali; come corde ombelicali fra la conoscenza divina e l’illuminazione umana. Ma perché tre passi? Perché non quattro o cinque? L’occupazione preminente degli antichi era l’osservazione della natura. Nel notare l’intrinseca perfezione dell’universo e imitandola, essi speravano di portare armonia alla vita terrena attraverso la creazione di forme che fossero consonanti con la natura, sia in architettura, nell’arte o nel vivere civile. Lo strumento per trascrivere il Macrocosmo nel Microcosmo era il numero, e nell’antica Cosmologia ogni numero ha un significato, perché rappresenta e spiega le funzioni, i principi, i processi e i cicli della natura. Fu Pitagora, che studiò alla Scuola di Alessandria che ben espresse questo concetto con il suo: “Tutto è numero”. Se i tre passi di Vishnu vengono espressi su un piano bidimensionale essi assumono la prima forma della geometria, il triangolo. In innumerevoli mitologie è la più importante fra le forme perché esprime la relazione del “Tre in Uno”, la divina trinità. Il triangolo è una relazione che riconcilia le forze opposte, simboleggiate dal numero due, luce e ombra, bene e male, ecc. Un terzo elemento riporta l’equilibrio attraverso la relazione. L’egittologo John Anthony West esprime la cosa in maniera succinta: “Maschio/Femmina non è una relazione. Per esserci una relazione deve esserci amore o almeno il desiderio. Uno scultore e un pezzo di pietra non produrranno una statua. È necessaria l’ispirazione”. Lo stesso si può dire per i movimenti triangolari di un dio creatore che deposita informazioni in punti energeticamente sensibili della nostra dimensione fisica attraverso un fascio di luce. Il primo, la forza creatrice, il secondo, la conoscenza manifesta, il terzo, l’amore per l’umanità. Sotto questo aspetto, Vishnu, e Shiva (insieme a Brahma) lavorano tutti per lo stesso e invisibile tutto. Questa relazione è raffigurata nell’arte egizia lì dove l’incarnazione terrena degli dei creatori (il faraone, costruttore dei templi creati dall’uomo) viene regolarmente rappresentato sui murali con indosso ciò che può essere considerato soltanto un impeccabile grembiule inamidato sotto forma di triangolo isoscele. Questa comprensione triangolare fra umano-terreno-divino fu in seguito incorporata nella pratica religiosa sciamanica e nella ricerca dell’illuminazione. La posa più comune nella meditazione orientale è il devoto seduto a gambe incrociate con le braccia che toccano le ginocchia, a formare un triangolo equilatero. La veste nera indossata da un sacerdote buddista zen impegnato nella meditazione Zazen enfatizza la forma a triangolo isoscele del corpo del sacerdote. È interessante notare come nella loro ricerca di beatitudine interiore, queste pose meditative imitino la disposizione geodetica dei templi naturali (i luoghi di beatitudine eterna, del paradiso) in cui i triangoli isoscele o rettangolo sono prevalenti. Come Platone e i Pitagorici, i praticanti Zen equiparano il triangolo alla trasformazione della consapevolezza perché simboleggia un metodo di organizzazione attraverso l’unione degli opposti. Per loro, il triangolo isoscele, su tutti, incarna la stabilità della consapevolezza del Budda Assoluto. E tuttavia, tutto ciò non è che un riflesso delle naturali forze in gioco; come affermato da Aristotele nel suo studio delle forme organiche, il triangolo isoscele è intrinseco al modello gnomico della crescita in natura.

LA DANZA DELLA CREAZIONE
La geometria manifesta in tre dimensioni diventa geometria solida o poliedrica. In questo modo, un triangolo in uno spazio tridimensionale diventa un Tetraedro, altrimenti conosciuto come Piramide triangolare. È uno dei principali solidi platonici chiamato anche “Collante di Dio”, perché è la geometria che in natura lega tutte le molecole. In altre parole, il Tetraedro è il primo modello connettivo della materia. Il compito realizzato dagli Dèi nelle montagne sacre o in altri “Ombelichi” fu di imprimere la conoscenza, in genere attraverso un fascio di luce, che nel linguaggio scientifico è l’energia elettromagnetica resa visibile. In maniera incredibilmente simile, i fisici illuminati in cerca di dinamiche di particelle subatomiche nella camera a nebbia hanno scoperto che le particelle si comportano come se stessero danzando, avanzando una similitudine con la danza di Shiva, il dio della creazione, come raffigurato dagli artisti primitivi. Di fatto, l’equiparazione potrebbe essere appropriata. Le statue di Shiva danzante rivelano questo dio creatore in piedi all’interno di un cerchio di fuoco, due mani e un piede che riposano sulla sua circonferenza, l’altro piede sollevato e davanti a sé, il che dà alla posa una evidente fattezza tridimensionale. Se si traccia una linea invisibile a legare i tre arti che toccano la circonferenza, si forma un immaginario triangolo equilatero. Se poi allunghiamo le linee di costruzione fino al piede danzante a mezz’aria, vien fuori la forma a piramide, il tetraedro. L’importanza rivestita dalla Trinità, prima come simbolo e poi come processo di creazione in equilibrio, è molto chiaro, perché descrive facilmente il framework dietro il legame molecolare della natura. La sua applicazione nel posizionamento geodetico dei luoghi energetici da parte degli Dèi creatori dimostra il loro intento di imitare tale fondamentale processo creativo sulla Terra. In qualità di depositi energetici, i templi naturali sono strumenti perfettamente sintonizzati, materializzazioni della trinità, il cui aspetto creativo regola la creazione, il mantenimento e la distruzione. Se si vuole mantenere la loro funzione originale, devono essere rispettati. In sostanza, i centri energetici della terra ricoprono la stessa funzione dei centri energetici del corpo umano che mantengono l’intero organismo in perfetto equilibrio. In quanto tali, l’atto del venerarli stabilisce e rinforza la relazione circolare fra lo Spirito del luogo, il corpo umano e la Terra. Forse fu questa la ragione principale che spinse le civiltà antiche a emulare i templi naturali e a costruirne di nostri.


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MessaggioInviato: 14/12/2022, 17:48 
IL DILEMMA DI ELON MUSK
Articolo di Matteo Martini

Elon Musk è un fenomeno interessante e un personaggio chiave da decifrare per capire il nostro tempo, datosi che, in ogni caso, è quella che può essere definita una figura cosmico-storica, in grado di incarnare lo Zeitgeist, lo Spirito del Tempo.

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Il Musk transumanista
Tirato su dalle élite tecnocratiche occidentali, è stato l’enfant prodige del Transumanesimo di cui hanno fatto anzi l’uomo di punta, attraverso le aziende che gli hanno costruito intorno. Questo va detto e ricordato perché, come Gates, Musk non è affatto un genio visionario artefice dei propri destini imprenditoriali, come appare nella vulgata dei media e nella rappresentazione con cui viene presentato, ma il beneficiario di una operazione di marketing industriale pianificata a monte dalle centrali del potere finanziario. Situazione costruita nel tempo per portare avanti appunto l’agenda dell’economia pianificata degli Stakeholder (pianificata come nel comunismo sovietico, ma non dallo Stato, quanto da un numero ristretto di agenti privati/corporativi). Del resto basta vedere che la famiglia di Musk, come quella di Gates, erano già ampiamente inserite in circuiti della finanza e del capitalismo globale, per capire che la loro ascesa non fosse fortuita.
Fatta questa premessa, che certo non ci sogniamo di dimenticare, va osservato però che Musk, da anni, sembra stia affrancandosi dal ruolo ritagliatogli addosso e soprattutto da una parte dei dogmi che quelle élite di fa parte portano immancabilmente avanti.
Se da un lato è ancora imprenditorialmente legato a progetti transumanisti (Neuralink), o collegati all’agenda green (auto elettrica) o controversi e inquietanti come lo Starlink (5G), da un altro lato è innegabile che sta spaccando l’unica ideologica programmatica del mondo elitario occidentale che, sempre di più, ha scelto di presentarsi invece in modo assolutamente monolitico e incapace di gestire la minima alternativa di proposizione sociale o politica. Musk è stato un critico della censura su Amazon, e soprattutto è stato il principale personaggio “in vista” del mondo delle élite a prendere posizione contro i lockdown che era il piatto forte dell’operazione covid insieme ai sieri genici. Ora vorrebbe una Norimberga per Fauci(anche se per motivi sbagliati, a mio avviso, per chi conosce quanto sostengo in merito al “virus”).
È innegabile che abbia spaccato l’unità monolitica delle élite occidentali, su punti che sono fondamentali.

L’altro Musk
Quanto abbiamo visto dopo il biennio pandemico e il golpe elettorale Usa, escludo possa essere liquidato come una semplice operazione di “marketing” personale, o di una sorta di divergenza inscenata per volontà degli stessi gruppi elitari: in primo luogo perché non se ne comprende il vantaggio, in secondo luogo perché i membri di quel mondo sono oggi estremamente lineari e diretti, del tutto incapaci di pensare una qualsiasi diversità rispetto al loro credo, figuriamoci di finanziarla, e in terzo luogo perché le minacce e le opposizioni che Elon Musk sta ricevendo sono forti e reali, compreso il rischio che la sua operazione su Twitter venga fermata con la distruzione del social. Twitter è stata a lungo una piattaforma meno incline di Facebook alla censura. Questo fino al colpo di Stato elettorale contro Trump nel 2020, quando il Deep State e la convergenza di interessi pubblico-privati ad esso collegata, hanno scelto di dare un giro di vite alla libertà di espressione, togliendo persino la parola al Presidente degli Stati Uniti.
Quelle stesse élite che hanno puntato sulle BigTech come strumento di controllo e propaganda, assolutamente funzionale alla loro agenda, stanno ora con Musk rischiando di perdere un asset importante della loro macchina del consenso. E Musk rischia di perdere un investimento da 50 mld di dollari (è in ballo il deplatforming da Google o la chiusura di Twitter nella UE). Sarebbe molto anche per lui. Per entrambi i contendenti è una partita strategica, su cui uno dei due si farà molto male: troppo per essere una semplice operazione di facciata.
La lettura più corretta a mio parere è che Musk sia Musk, non una pedina di un gruppo oscuro di interessi, un Deep State o quel che si vuole. Essere dotato di una individualità netta, si è trovato evidentemente in una condizione personale di evoluzione rispetto ai ristretti margini ideologici in cui è stato allevato dai suddetti circoli corporativi. Qualcosa del genere è analoga a quanto è stato per Trump, personalità incoercibili che hanno sfruttato il potere economico e sociale accumulato, per seguire una propria visione, che nel caso di Trump è stata populista e jacksoniana, e ha permesso di coagulare in un grande movimento di massa le tendenze della destra alternativa americana.
Rispetto al “populismo” di Trump, un politologo definirebbe Musk più “centrista”, ma entrambi hanno sfidato l’unità ideologica della classe dominante anglosassone, la cui ideologia è elitaria ma anche estremamente sovversiva e per certi versi trozkista.
Nel caso di Musk, io credo il suo sia stato un processo di affrancamento dal proprio ruolo e dal “messaggio” industriale che gli è stato assegnato. Per ora la sua posizione è ancora legata a visioni aziendali che fanno parte dell’agenda di una immaginaria Quarta Rivoluzione industriale, dall’altra il suo influencing politico è divergente rispetto al modello di democrazia totalitaria e di pensiero unico portato avanti dai tecnocrati occidentali e dai loro ideologi.
Chi non conosce la storia aziendale di Musk può trovare la cosa poco promettente. Ma in realtà Musk sembra applicare la visione dei “Pendoli” di Vadim Zeland: non è più presidente di Tesla, ha creato Paypal che però non è più una “sua” azienda. Il suo modo di stare nel mondo dell’economia non è quello ordinario degli imprenditori, anche grandi come Bezos. È fluido, surfa la realtà, e cambia il tavolo su cui gioca e il gioco da fare. Ecco perché la sua visione industriale, in fondo, non mi preoccupa del tutto: perché non mi convince del tutto, o meglio non credo che lui stesso ne sia convinto in modo ideologico. È troppo pragmatico per esserlo, ed è anche questo che lo distingue da personaggio fanatici e piuttosto ripetitivi e compulsi come quelli che bazzicano Davos, o la Silicon Valley. A proposito, ha lasciato la progressista Silicon Valley per il Texas, in disaccordo con i politici Dem che stavano trasformando la California in un regime stalinista green. In fondo ha prodotto auto elettriche ma non vuole vivere (e produrre) nell’unico Stato americano che le ha rese obbligatorie. E piuttosto è migrato nel Texas petrolifero…

Cosa sta facendo Musk?
Nel rispondere a questo quesito direi che sicuramente il Musk reale non agisce, o non è verosimile che agisca, per conto di altri. Troppo egoico e presenzialista, è piuttosto un battitore libero che sta giocando in proprio una sua partita anche se potrebbe, come già un Trump, rappresentare o guidare una fronda industriale americana anti globalista (o piuttosto altro-globalista).
Il dilemma a questo punto è: quale del camaleontico Musk c’è ora e quale ci sarà in futuro? Sta veicolando alcuni punti – per lui non negoziabili – del transumanesimo nel mondo, multiforme ma genuino, del conservatorismo americano, avendo rinunciato ad altri aspetti ideologici e nefasti del programma globalista, oppure si sta gradualmente affrancando dal retaggio ideologico del suo ambiente di provenienza e sta elaborando, e affermando una sua personale visione? E quanto questa, in futuro sarà condizionata dallo stesso transumanesimo e dal sogno bagnato della Singolarità tecnologica?
Nella vita e nella visione industriale di questo personaggio si è sicuramente messo in moto un cambiamento storico importante. È presto per trarre un bilancio, ma ancora in tempo per capire che è uno dei fenomeni e dei processi storici condizionanti da tenere sotto osservazione…


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MessaggioInviato: 15/12/2022, 10:27 
I FIGLI DI ORIONE
Articolo di Osvaldo Carigi

Non avevo mai affrontato il tema delle possibili origini delle entità “aliene” protagoniste di racconti, storie e leggende provenienti dalle più disparate zone del pianeta. In Scozia e Irlanda troviamo i Sithchean, accostati agli ET di alcuni incontri ravvicinati del terzo tipo dall’autore australiano del libro The Children of Orion: Finding the Cryptoterrestrials Ryan Musgrave-Evans, che si è gentilmente prestato per questa intervista.

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Nel tuo libro metti in correlazione gli esseri appartenenti alle credenze popolari celtiche scozzesi e irlandesi con gli alieni Alti Bianchi (Tall White) dell’ex meteorologo militare americano Charles Hall, in un contesto che definisci «un continuum di esperienze con esseri identici».

Quando dico che c’è un continuum tra questi esseri più antichi del mito e i rapporti relativamente recenti con ET, voglio dire che per quanto riguarda l’aspetto fisico, il linguaggio, le tecnologie e il comportamento, le fate o gli elfi del folklore gaelico - in particolare quelli indicati come “i Gentry” – corrispondono perfettamente con gli esseri chiamati Tall White da Charles Hall nelle sue Millennial Hospitality Memoirs, che sono state pubblicate per la prima volta nei primi anni 2000.

In cosa consiste questa similitudine?

I punti che sto per elencare sono attributi condivisi sia dai Sithchinan che dai Tall White di Charles Hall:
a) Alti e biondi.
b) Vivono in gallerie sotterranee.
c) Bisbigliano o sussurrano tra loro
d) Usano la telepatia.
e) Possono mesmerizzarci, ipnotizzarci o incantarci.
f) Possono apparire come luci incandescenti, luminose e fluttuanti - in particolare al crepuscolo.
g) Sono estremamente curiosi nei nostri riguardi.
h) Possono essere d’aiuto.
i) Possono essere pericolosi (anzi, letali) se provocati.
j) Possono alterare i nostri ricordi delle esperienze.
k) Parlano perfettamente nella lingua umana/mortale parlata nell’area in cui si incontrano.
l) Rubano le nostre cose e si spostano e ci fanno scherzi con gli oggetti domestici.

L’aspetto indicato nell’ultimo punto, ovvero che rubano le nostre cose, ecc. può rimandare alle creature che popolano le leggende e il folklore, particolarmente del mondo celtico, come elfi, fate, gnomi… anch’essi sono Gentry?

Sì, i Gentry e gli altri tre gruppi hanno tutti dato origine all’idea degli elfi, gnomi, goblin ecc. Ma i Gentry sono sempre stati i più attivi, e - essendo i più simili a noi per aspetto, cultura e visione del mondo - sono più propensi degli altri a interagire con noi, a indagare con curiosità e a parlare con noi in modo significativo.

Anche i casi Peter Khoury e Villas Boas sono degni di attenzione, specialmente per ciò che riguarda le loro incredibili esperienze sessuali con entità associabili ai Tall White di Charles Hall.

Sì, nei casi Peter Khoury e Antonio Villas Boas troviamo esseri biondi con enormi occhi blu che bisbigliano, abbaiano, guaiscono e ringhiano. Anche i Tall White di cui ha parlato Charles Hall lo facevano. In questi due casi, gli esseri erano interessati a Khoury e Villas Boas sessualmente e questo è un altro punto di convergenza con le fate gaeliche: il Leannan Sith era un elfo (maschio o femmina) che visitava i mortali di notte nei loro letti, o li chiamava altrove per un incontro o li “sollevava” e li rapiva. Erano paragonabili ai succubi e agli incubi dell’Europa medievale. Con questo grattiamo appena la superficie, ma le somiglianze tra le fate celtiche e i Tall White della recente tradizione UFO sono a dir poco sorprendenti. (Nella deposizione resa da Antonio Villas Boas il 22 febbraio 1958 al Dr. Fontes, alla presenza del giornalista Joao Martins, si legge: «Dico che ‘parlavano’ (gli alieni che lo avevano rapito) ma è solo un modo di dire, perché in verità quello che sentivo non assomigliava affatto al modo di parlare degli esseri umani. Era una serie di latrati, che somigliavano vagamente ai suoni emessi dai cani. Era una somiglianza vaga, ma è l’unica che posso indicare nel tentativo di descrivere quei suoni, completamente diversi da qualunque cosa che io ho avuto modo di sentire fino ad oggi. Erano latrati e uggiolii sommessi, né molto chiari, né molto rauchi, alcuni più lunghi, altri più brevi, che a volte contenevano parecchi suoni diversi nello stesso momento, e altre volte finivano in una specie di tremito». da GLI UMANOIDI identikit degli extraterrestri di Charles Bowen, ed. Mediterranee, pag. 230. Nda)

Troviamo i Gentry anche nella testimonianza (riportata nel tuo libro) di un sarto irlandese che li descrive come una grande razza appartenente alla più nobile delle tribù, proveniente dallo spazio. Puoi dirci qualcosa di più su questo gruppo di esseri dall’aspetto solitamente candido?

I Gentry sono gli stessi Tall White di Charles Hall. In realtà non sono veri alieni, se per alieno intendiamo un essere che si è evoluto indipendentemente da noi su un pianeta extrasolare. Infatti, sono futuri umani che hanno trascorso decine di migliaia di anni su un pianeta simile alla Terra, che orbita intorno ad Alnilam (la stella centrale nella Cintura di Orione), per poi tornare alla loro antica casa (la Terra). Hanno una durata di vita di circa 700 anni (ma erano erroneamente considerati dai Celti come immortali). Invecchiando, crescono lentamente - in modo che a circa 20 anni saranno alti circa 4 piedi. A 50 anni, 5 piedi. A 100 anni, 6 piedi e restano a questa altezza fino a circa 400 anni, quando raggiungono un’altra “finestra di crescita” e quando muoiono possono essere alti 9 o 10 piedi. Hanno la pelle bianca come il gesso, enormi occhi azzurri e sottili capelli biondobianchi, e sono così magri da sembrare emaciati. Hanno zigomi alti e sottili, e lunghi menti appuntiti – i loro volti e i loro crani diventano anche più lunghi man mano che invecchiano. Bisbigliano, fischiano, ringhiano e abbaiano (che è una lingua camuffata); ma parlano anche un’altra lingua che è la loro vera lingua naturale - che suona come un misto di giapponese, coreano e tedesco, con toni profondi e colpi di tosse. Le loro tute militari sono nere o grigio scuro, aderenti, con occhiali protettivi che di notte brillano di rosso (queste tute sono talvolta chiamate da noi “mothman”). Queste tute possono nascondere, far levitare e diventare immateriali (per passare attraverso i muri). I Gentry/Tall White sono altrettanto a loro agio nel muoversi a quattro zampe che nel camminare in postura bipede, e possono raggiungere velocità enormi galoppando come cavalli. Vivono nelle montagne e sotto il mare qui sulla Terra, e ora desiderano rivelarsi a noi per condividere con noi le loro avanzate tecnologie e le loro conoscenze sulla free energy, in modo da far tornare la Terra e la sua biosfera ad uno stato più sicuro per tutti.

Col termine Mothman noi indichiamo una misteriosa creatura protagonista delle cronache di Point Pleasant, un caso reso famoso da John Keel nel suo libro The Mothman Prophecies, ma secondo quanto hai appena detto, in realtà si tratterebbe di tute particolari indossate dai Gentry. Ho capito bene?

Sì, il Mothman di Point Pleasant è un Tall White/Gentry/Orion con indosso una di queste tute. L’idea di “ali” è un’errata interpretazione della nebulosità scura che circonda la tuta quando levita. Non hanno bisogno di ali, anche se a volte indossano lunghi mantelli scuri quando portano queste tute, il che potrebbe spiegare perché sembrino delle ali.

Anche il Chupacabras, il Bigfoot e altri esseri simili, più o meno leggendari, sarebbero in realtà i Gentry?

Alcuni incontri di Bigfoot sono i Gentry - alti 7, 8 o 9 piedi con occhi rossi incandescenti, che ringhiano e gridano. Tuttavia, a volte usano anche una sorta di proiezione solida 3-D di esseri estinti per intimidire le persone. Vengono evocati ominidi, canidi e rettili estinti per intimidire e respingere o espellere l’Homo Sapiens dalle zone naturali quando sono presenti i Gentry. Questi aspetti hanno dato origine alla credenza che sulla Terra persistano popolazioni di grandi ominidi.

I Gentry hanno trascorso migliaia di anni su un pianeta della cintura di Orione simile alla Terra, prima di far ritorno nel nostro Mondo. Puoi dirci qualcosa di più a riguardo?

Gli Orion/Gentry hanno passato migliaia di anni su un pianeta in orbita attorno ad Alnilam, nel nostro futuro. Sono poi tornati nel passato dell’antica Terra e sono rimasti qui - dando origine ai più coloriti racconti delle nostre mitologie e dei nostri sistemi religiosi. La maggior parte, se non tutte, le entità e i personaggi spirituali e ultraterreni delle nostre credenze passate e presenti derivano dagli Orion/Gentry.

Qualcuno ha portato i Gentry su quel lontano pianeta o era il loro mondo d’origine?

Gli Orion/Majeena/Gentry, dopo i cataclismi terrestri causati dall’aumento dell’attività solare nella loro linea temporale (che si sono verificati per loro alla fine del 20° o all’inizio del 21° secolo, ma che noi abbiamo evitato con l’aiuto dei Majeena), hanno perso le tecnologie avanzate e lentamente e gradualmente hanno costruito nuovamente la tecnologia (in migliaia di anni) per lasciare la Terra verso la Luna. Poi, dopo un altro lungo periodo hanno lasciato la Luna per Marte. Dopo altre migliaia di anni, hanno lasciato Marte per pianeti simili alla Terra nella costellazione di Orione. L’hanno fatto per proprio conto, grazie al loro ingegno e alla loro forza di volontà. I loro genomi si stanno indebolendo e sono tornati al nostro antico passato - l’antico passato del loro stesso mondo natale: la Terra - per rinvigorire il proprio DNA in disfacimento con materiale genetico di versioni arcaiche di se stessi (che siamo noi, perché noi siamo i loro antichi, primitivi, antenati). Sono rimasti qui e sono residenti permanenti che interagiscono abbastanza spesso con la gente, ma alterano i ricordi della maggior parte delle persone con cui lo fanno. Sono loro la causa di buona parte dell’attività di poltergeist in tutto il mondo, e se credete che la vostra casa sia infestata... potreste benissimo essere degli experiencer.

Sulla Luna potrebbero esserci vestigia dell’antica presenza degli Orion/Majeena/Gentry? E su Marte? Il controverso “volto di Cydonia” potrebbe essere opera loro?

Non sono sicuro che le presunte strutture sulla parte nascosta della Luna e i lineamenti marziani anomali notati nelle immagini del pianeta rosso siano state fatte dagli Orion. È molto probabile che ci abbiano messo lo zampino, ma non posso dire più di questo. Se non sono stati loro, allora probabilmente li ha fatti qualche altro gruppo di Futuri Umani.

Oltre ai casi Peter Khoury e Villas Boas, in quali periodi storici possiamo trovare la presenza dei Gentry?

I Gentry erano gli incubi e i succubi dell’Europa medievale. Inoltre, gli spiriti e gli esseri che popolano il dominio esoterico della Massoneria e del pensiero ermetico fino ai tempi moderni sono rappresentazioni contemporanee dei Gentry e di altri esseri di discendenza simile. I Gentry hanno dato origine ai concetti di Angeli e Demoni nelle tradizioni giudaico- cristiane come esseri belli, luminosi e irradianti a volte, e altre volte bestie oscure, dagli occhi rossi e dotate di artigli. Gli Orion - che chiamano se stessi Majeena/ Majina/Magina, sono anche i Wandjina dell’antico popolo aborigeno del Kimberley nell’Australia occidentale. Le antiche immagini rupestri (risalenti a 4000 anni fa) prodotte dal popolo del Kimberely sono le prime rappresentazioni visive di questo popolo umano del futuro, che è penetrato nel nostro antico passato alla ricerca di un modo per rivitalizzare il proprio genoma e potenziare il proprio DNA col nostro. Noi siamo versioni sane e antiche versioni di loro.

Dunque la vasta casistica di incontri ravvicinati del 3° e 4° tipo riguarderebbe esclusivamente l’azione di Gentry?

La mia opinione è che la maggior parte dei veri incontri ET/UFO di qualsiasi categoria siano riconducibili ai Gentry. In origine c’erano quattro tipi di umani di stirpe futura che ci visitavano. Ora sono convinto che ce ne siano solo due. Tutti gli altri presunti ET sono probabilmente (a mio parere) fasulli. I due tipi rimanenti sono i Gentry/Tall White e un’altra razza di piccoli esseri con grandi occhi scuri, pelle marrone e grandi artigli. Queste razze sono alleate, si aiutano a vicenda e sono spesso viste agire di concerto. Quindi sì, in tutte le categorie - anche il 5° Tipo (umani iniziati) - sono di solito i Gentry, o un altro (i Browns/Brownies?). Dalle mie ricerche ed esperienze personali (sono un contattista e ho incontrato e interagito con i Gentry più volte, in tutte e 5 le categorie di Incontri Ravvicinati), ho concluso che i Gentry (e i loro piccoli alleati) sono responsabili della maggior parte, se non di tutti, gli incontri genuini “soprannaturali”/“ET”. Non mi piacciono i termini alieno ed extraterrestre, e preferisco il termine coniato da Mac Tonnies Criptoterrestre (CT), che significa “Terrestre Nascosto”, perché sono permanentemente qui sotto i nostri piedi e sotto i mari in quanto nostra specie sorella.

Hai detto di essere convinto che vi siano solo due razze “aliene” che convivono con noi e che tutti gli altri tipi di esseri ET sono, secondo la tua opinione, probabilmente fasulli. Quindi le numerose tipologie di alieni descritti in migliaia di incontri ravvicinati sarebbero il risultato di false testimonianze?

Alcuni racconti sono falsi, ma molti sono interpretazioni errate. Per esempio, sono convinto che i cosiddetti Mantidei siano anziani medici Majeena che ho visto molte volte. Sono alti 9 piedi, hanno corpi emaciati, enormi occhi neri (i medici indossano lenti per gli occhi neri durante tutto il lavoro), mani lunghe e sottili e posture molto ingobbite. I cosiddetti Rettiliani sono una combinazione di Majeena in tute stealth e/o i piccoli esseri marroni mal interpretati. Il caso Varginha ha visto coinvolto un piccolo essere marrone, la cui specie è dotata di pelle squamosa e artigli. I Majeena chiamano i piccoli esseri marroni Sepeteena o qualcosa del genere. I cosiddetti ET Tall Black sono anch’essi dei Majeena con tute stealth…. E così via.

Se cerchiamo la parola Gentry su Wikipedia vediamo che un tempo con questo termine si intendeva la piccola nobiltà di campagna, costituita da grandi e piccoli proprietari terrieri nonché da piccoli ereditieri, detti gentlemen. C’è una correlazione con i Gentry di cui parli?

Penso che gli irlandesi e gli scozzesi chiamassero i Majeena “Uaislean” o Gentry/Nobles a causa del loro nobile portamento, e anche per non rischiare di offenderli e rimanere in buoni rapporti con loro, perché se offesi possono rispondere in modo aggressivo. Ho letto che l’aspetto degli Elfi del Signore degli Anelli di Tolkien era ispirato agli alti e attraenti Elfi/Fairies gaelici. Questo è solo uno dei modi in cui possono presentarsi. Non uso molto la parola Gentry, preferisco Majeena, o a volte dico Tall White quando parlo con gli ufologi, in modo che sappiano più o meno cosa intendo.

Quindi, i Gentry siamo noi nel futuro?

La risposta semplice è sì, siamo noi dal futuro. Una risposta più lunga sarebbe: dipende da cosa intendi, perché loro sono una versione di noi che ora non si realizzerà mai, in questa linea temporale. Vengono da un futuro che ora non accadrà MAI per noi. In questo senso, il viaggio nel tempo è davvero un viaggio interdimensionale. In questo senso, sono esseri interdimensionali. La testimonianza di Dan Burisch, whistleblower della S4/Area 51, è vera. Il Majestic ha etichettato i Gentry “P-52 Orions”, che significa “Orion del presente + 52.000 anni dopo”.


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