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 Oggetto del messaggio: Re: Appunti e studi multidisciplinari
MessaggioInviato: 25/05/2022, 14:26 
AHNENERBE: IL LATO ESOTERICO DELLE SS
Marco Enrico De Graya, Gianluca Lamberti, Adrian e Massimiliano Severi
Scarica audio: Ahnenerbe - Il lato esoterico delle SS

Si parlerà del lato esoterico del Nazismo.
Ahnenerbe: un distaccamento delle SS con il compito di effettuare ricerche in campo magico ed esoterico per conto del terzo Reich.

Guarda su youtube.com


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 Oggetto del messaggio: Re: Appunti e studi multidisciplinari
MessaggioInviato: 25/05/2022, 14:37 
ALMANDAL - TRATTATO ERMETICO DI MAGIA SALOMONICA
Ezio Albrile e Elisabetta Tortelli
Scarica: Almandal - Trattato ermetico di magia salomonica

Qualunque sia l’origine dei suoi poteri – eredità, un dono dell’invisibile o un lungo apprendistato –, il mago non può sperare di raggiungere altre dimensioni senza un paziente allenamento compiuto in solitudine. Chiamato a percorrere le vie del cosmo, il mago deve conoscerle perfettamente per non smarrirvisi; destinato a un costante confronto con gli spiriti che le abitano, bisogna che egli ne abbia imparato le formule di richiamo, evocative; agendo con fi ni precisi, bisogna che sappia come raggiungerli, custode com’è di una saggezza millenaria e di un’arte sottile che disvelano improvvisi passaggi tra le soglie del corpo e il limitare dell’anima, lì dove l’apparenza diviene verità e l’illusione mondo, e che costituiscono mappe di accesso ai mondi invisibili ereditate da antichi culti astrali propiziati da Ermete Trismegisto, l’iniziatore di una sapienza «proibita», interdetta, i cui esiti saranno devastanti: agli inizi del Seicento, i Gesuiti creeranno nel collegio di Dillingen, in Baviera, una scuola di specializzazione in magia, dove si sperimenteranno esorcismi, evocazioni e incantamenti tesi a controbilanciare e neutralizzare il potere magico dei loro avversari ermetici.


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 Oggetto del messaggio: Re: Appunti e studi multidisciplinari
MessaggioInviato: 25/05/2022, 14:39 
I LADRI DELL'ENERGIA
Articolo di Paolo Gentili
Scarica: I ladri dell'energia

«Fin dai giorni degli Illuminati di Baviera questa cospirazione mondiale per il rovesciamento della civiltà e la ricostruzione della società sulla base dello sviluppo bloccato, dell’invidia malevola e dell’impossibile eguaglianza è cresciuta costantemente». Così diceva Sir Winston Churchill già verso la metà degli anni Cinquanta, perché evidentemente, ad una vecchia volpe come lui, alcuni segni e comportamenti a livello internazionale, da parte di coloro che avevano vinto il secondo conflitto mondiale, non erano sfuggiti. Tra la fine del XIX secolo e i primi anni del XXI lo sviluppo della tecnologia umana ha conosciuto una tale dimensione e una tale velocità, che ha reso possibile raggiungere risultati e obiettivi che ci avrebbero fatto gridare al miracolo o alla stregoneria solo qualche decina di anni prima. Alla fine dell’800, per esempio, volare con macchine più pesanti dell’aria era considerata pura follia, prima che una fredda mattina di Dicembre del 1903 due appassionati ciclisti dell’Ohio compissero il “miracolo” del loro Flyer. Da allora si sono costruiti aerei sempre più grandi e sempre più veloci. Ma fu subito dopo l’avvio della Seconda Rivoluzione Industriale, e lo sfruttamento intensivo dei combustibili fossili, che risultò chiaro che chi avesse dominato le risorse energetiche e le tecnologie ad esse correlate avrebbe anche dominato il mondo. Inizialmente la battaglia tra le forze che guidano i destini del mondo si svolgeva per il controllo delle risorse planetarie di idrocarburi, del petrolio. Ne ha fatto esperienza diretta il povero Enrico Mattei, che con la sua ENI ebbe l’ardire di prendere di petto le famigerate Sette Sorelle (Esso, BP, Mobil, Royal Dutch-Shell, Texaco, Chevron, Gulf Oil). Da allora a tale guerra si è affiancata l’attività d’intelligence, disinformazione ed eliminazione silenziosa di tutte quelle scoperte e tecnologie che ci permetterebbero, in tempi brevi e con poco sforzo, di liberarci dai combustibili fossili e dai danni collaterali. Il primo grande scienziato a sperimentare sulla sua pelle un simile scenario è stato il geniale fisico serbo Nikola Tesla. Egli convinse il banchiere J.P. Morgan a finanziare i suoi studi per la realizzazione di un sistema di distribuzione dell’energia elettrica, ad accesso completamente libero, basato sulla trasmissione senza fili, per un fenomeno di risonanza terra-cielo da lui stesso scoperto, culminato con la costruzione della famosa Torre di Wardenclyffe. Tuttavia, non appena Morgan comprese che sarebbe stato impossibile guadagnarci anche un solo penny, smise di finanziare Tesla e l’attività di Wardenclyffe nel 1902 si fermò completamente. Alla morte di Tesla, il Governo degli Stati Uniti sequestrò tutta la documentazione scientifica in suo possesso, in nome di un non meglio chiarito pericolo per la Sicurezza Nazionale e di tale documentazione nessuno ha mai più saputo nulla.

Il nucleare
Oggi ci viene detto che l’unica vera alternativa alla dipendenza dai combustibili fossili è data dall’energia atomica, se non fosse che l’energia atomica di cui si parla è sbagliata: quella di fissione. Il fenomeno della fissione nucleare, ossia della rottura di un atomo pesante, di solito U-235 o Pu-239, in atomi più leggeri da parte di neutroni, con la conseguente liberazione di una grande quantità di energia, fu studiata a fondo in Italia nei primi anni ‘30 dal famoso Gruppo di Via Panisperna, capitanato da un eclettico Enrico Fermi, con collaboratori del calibro di Emilio Segrè, Edoardo Amaldi, Bruno Pontecorvo e Ettore Majorana. A seguito dell’infausta evoluzione della situazione politica, il Gruppo si sciolse e Fermi, dopo aver vinto il Premio Nobel nel 1938, riuscì ad avviare la prima Pila Atomica solo 4 anni dopo, il 2 Dicembre 1942, presso la Columbia University di Chicago. Da quel momento e per esigenze belliche, lo sviluppo della nuova Energia Nucleare divenne una questione prettamente ed esclusivamente di carattere militare. Il Progetto Manhattan, guidato da Robert J. Oppenheimer, fagocitò le migliori risorse degli Stati Uniti in termini di teste e tecnologia e alla fine, nel deserto del New Mexico, l’Evento Trinity del 16 Luglio 1945 diede l’avvio all’Era Atomica. Seguirono poi i bombardamenti nucleari di Hiroshima e Nagasaki, che portarono il Giappone alla resa e alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Little Boy, la bomba sganciata su Hiroshima, era un ordigno assai rudimentale realizzato con l’Uranio 235, recuperato da uno dei due U-Boot tedeschi, che tentarono di trasportare proprio in Giappone tutte le scorte disponibili in Germania del prezioso materiale. L’obiettivo era costruire una testata ad implosione programmata, molto più sofisticata ma anche molto più compatta, maneggiabile in sicurezza e soprattutto molto più potente, potendo usare come combustibile nucleare il Plutonio 239, anziché l’Uranio 235. Ma il Plutonio non esiste in natura e per farlo venne spesa una montagna di soldi e furono spremute decine di fisici e ingegneri per costruire il complesso di Hanford Works, nei pressi di Washington. Fu così la volta di Fat Man, la bomba di Nagasaki. Una volta finita la Guerra, si arrivò alla prima bomba a Fissione/Fusione o Termonucleare o H. La bomba H era una specie di arma definitiva: non aveva limiti teorici alla potenza sviluppabile, intrinsecamente sicura da maneggiare, venne resa abbastanza piccola da poter essere trasportata in gran quantità dai grandi bombardieri strategici o equipaggiare le testate MIRV (Multiple Independent Re-enter Veichle ) di ogni sorta di missile della famosa Triade Nucleare (Bombadieri Strategici, Sottomarini lanciamissili, Silos terrestri) Poiché la tecnologia di fusione atomica controllata non era direttamente coinvolta nello sviluppo delle nuove armi, soprattutto perchè per produrre il combustibile per le bombe erano necessari i soli Reattori a Fissione, i soldi della ricerca vennero stanziati per quelli e, alla fine, si crearono due grandi famiglie di Reattori Commerciali: i Light Water Reactor (LWR) in Occidente e i mostruosi RBMK (Reattore a Grande Potenza a Canali) in Unione Sovietica. Entrambi hanno due problemi irrisolvibili: il primo sono le scorie di produzione, attive per milioni di anni, e il secondo è il fatto che entrambe le tecnologie sono intrinsecamente molto pericolose in fase d’esercizio commerciale. Per i LWR, (Fukushima, Three Miles Island), non si è capaci di proteggere veramente il nocciolo da eventi catastrofici e non si dispone di seri piani di decommissioning, ossia nessuno sa bene cosa fare una volta che i reattori saranno spenti ed esauriti. Per gli RBMK si ignorano le procedure una volta avviato lo spegnimento (Chernobyl aveva 5 Reattori RBMK da 1000 MW l’uno). L’attuale tecnologia industriale per la produzione di energia elettrica da Fissione è, dunque, perdente: costosissima, poco sicura, pericolosa in esercizio, produce scorie di inimmaginabile tossicità, per lo smaltimento delle quali non si sa ancora cosa fare, le centrali hanno tempi di avviamento dell’ordine dei lustri e, una volta definitivamente spente, nessuno sa cosa fare di un’area altamente contaminata e di inimmaginabile riconversione. Il vero affare della Fissione è quello per le grandi compagnie energetiche tradizionali che, di solito, posseggono quote significative delle aziende che gestiscono il ciclo dell’Uranio e che hanno sparpagliato per il mondo centinaia di centrali, quelle che non hanno contribuito affatto a ridurre in maniera significativa la dipendenza totale dagli idrocarburi che loro stesse controllano..

Un’altra energia
La Fusione Termonucleare incontrollata, quella delle bombe per intenderci, riproduce per un breve istante le reazioni termonucleari che mantengono in vita il Sole, per questo i suoi effetti sono di gran lunga più devastanti della più potente delle bombe a Fissione. In essa atomi di Deuterio e Trizio, isotopi dell’Idrogeno facilmente ricavabili dall’acqua di mare, sono sottoposti a livelli di pressione e temperatura così elevati da fondersi in un elemento più pesante (He4), liberando un’enorme quantità di energia. L’idea dei fisici è stata, allora, quella di creare una macchina in grado di riprodurre in scala minore quel che avviene nelle bombe, contenere e gestire gli enormi livelli di temperatura e pressione e ricavare un reattore commerciale in grado di produrre energia pulita, a costi bassissimi, (il combustibile si ricava dall’acqua di mare), con scorie esauribili in poche decine di anni, di bassa tossicità e facilmente trattabili in sicurezza. I fisici sanno che esistono diversi sistemi e apparati che, in linea di principio, permetterebbero lo sfruttamento civile della Fusione, in particolare, quel che contraddistingue le strade percorribili è il cosiddetto Sistema di Confinamento del Plasma. Confinare il Plasma è di enorme importanza, in quanto si tratta di un fluido costituito dagli isotopi dell’Idrogeno ionizzati che, per fondersi e dar vita ad He4 ed energia, hanno bisogno di trovarsi a qualche milione di grado K. Esistono due tipi di confinamento del plasma: quello magnetico e quello inerziale. Fin dal loro inizio, le ricerche americane sulla possibilità di creare reattori a Fusione per la produzione di energia elettrica furono tenute segrete, così, quando nel 1955, nella Conferenza Internazionale per l’uso pacifico dell’energia atomica di Ginevra, i fisici russi Andrej Sakharov e Igor Tamm presentarono il loro Tokamak (Macchina a Camera Toroidale), il mondo intero rimase sbalordito. L’idea di Sakharov e Tamm appariva semplice: all’interno di questa macchina a forma di ciambella, o toro, si fa stazionare un flusso di plasma di D e Tr, mantenuto ad opportuna distanza dalle pareti della macchina da potentissimi campi magnetici. Con il tempo, grazie all’irraggiamento di microonde di opportuna frequenza e al gioco dei campi magnetici che pervadono la camera toroidale, il plasma di carburante viene riscaldato sempre di più, fino ad essere portato a un valore di temperatura e pressione al quale possa essere “acceso” e dar luogo a una reazione di Fusione nucleare. Se la macchina avesse i giusti parametri dimensionali e di funzionamento, la reazione si autososterrebbe e sarebbe in grado di produrre più energia di quanta non ne serva per far funzionare il reattore stesso. Un risultato come questo, in pratica, significherebbe che, dal giorno alla notte, l’umanità avrebbe definitivamente risolto i suoi problemi di approvvigionamento energetico e di inquinamento ambientale. Col passare del tempo però la strada per raggiungere questo obiettivo è parsa tutt’altro che agevole. Molta della Fisica del Plasma ad alta energia andava letteralmente ancora scritta, per non parlare degli enormi problemi di ordine ingegneristico che cominciavano ad affliggere le macchine Tokamak le quali, a loro volta, diventavano sempre più grandi e costose. Per realizzare ITER, la più grande macchina Tokamak del mondo, si sono dovuti consorziare UE, USA, Russia, Giappone, Cina, India e Corea del Sud, perché nessuno di loro, singolarmente, poteva sostenere i costi del progetto. Ad oggi e dopo sessant’anni di ricerca, ITER è ancora ben lontano dal raggiungere il suo obiettivo primario: dimostrare che la tecnologia Tokamak sia in grado di accendere il Plasma e mantenere una reazione di fusione nucleare in grado di auto sostenersi e produrre più energia di quanta non serva per farla funzionare.

La fusione fredda
Mentre in tutto il mondo si spendevano miliardi di dollari per il Tokamak, qualche sparuto gruppo di scienziati, con pochi soldi assegnati per le loro ricerche e senza praticamente alcuna copertura mediatica, cominciò a verificare la possibilità di utilizzare altri mezzi per raggiungere l’ignizione del Plasma. Negli anni ‘70 i Francesi impegnarono significative risorse nelle loro ricerche sul confinamento inerziale tramite raggi laser ad altissima potenza, ma dopo un po’ la strada fu abbandonata perchè, in ogni caso, l’energia utilizzata per far funzionare i laser sarebbe stata sempre maggiore di quella prodotta dalla fusione. Ma per fortuna qualcosa di imprevedibile è successo ed è qui che comincia la nostra storia, dall’Università dello Utah, il 23 Marzo 1989. Quel giorno memorabile, Martin Fleischmann e Stanley Pons, due chimici, annunciarono in una tribolata conferenza stampa di essere riusciti a ottenere una reazione termonucleare a bassa energia, grazie a una cella elettrolitica di loro invenzione. In pratica affermarono che, grazie a un nuovo tipo di confinamento del Plasma da loro scoperto, quello chimico, ottenuto grazie alle specifiche proprietà di alcune Terre Rare come il Palladio, in una cella elettrolitica dunque, con il catodo costituito da un filamento di Palladio, l’anodo di Platino e la soluzione elettrolitica costituita da D2O, acqua pesante, caricando di Deuterio il reticolo cristallino del catodo di Palladio oltre la soglia del 95% e facendo passare l’opportuna corrente continua, i due scienziati avrebbero osservato un significativo innalzamento della quantità di calore prodotta dal processo e, soprattutto, una significativa produzione di He4. Anche se tramite un processo ancora quasi completamente sconosciuto, in quella piccola cella elettrolitica si era raggiunta una reazione termonucleare tra atomi di D e Tr capace di autosostenersi e, soprattutto, di produrre una quantità di energia significativamente maggiore di quella usata per avviare la reazione stessa. Tutto questo ad un livello energetico e di complessità immensamente più basso di quello richiesto da una macchina di classe Tokamak. L’obiettivo sembrava raggiunto, Prometeo aveva finalmente strappato il fuoco agli dei ! La notizia fece subito il giro del mondo. Per un motivo che non si è mai riusciti a chiarire e contrariamente alla prassi internazionale, l’annuncio della scoperta e la conferenza stampa vennero fatti prima che i risultati della ricerca fossero pubblicati su una rivista scientifica. Quando i due scienziati li pubblicarono sul Journal of Electroanalitycal Chemistry, la comunità scientifica internazionale cominciò a storcere il naso e a ritenere la documentazione di Fleischmann e Pons incompleta e poco significativa. Nel frattempo la febbre della Fusione fredda continuò a dilagare e, in moltissimi laboratori universitari di tutto il mondo, altrettanti team di ricercatori tentarono di riprodurre l’esperimento di Fleischmann e Pons senza ottenere quasi mai risultati positivi. Ed ecco allora che Stanley Pons, il 12 Aprile 1989, presentando trionfalmente i risultati delle sue ricerche davanti alla American Chemistry Society, avanzò formalmente la richiesta al Congresso degli Stati Uniti di uno stanziamento di 25 milioni di Dollari, necessari alla prosecuzione della ricerca ed al passaggio alla fase di ingegnerizzazione del dispositivo, la cella elettrolitica, per poter rapidamente avviare la fase commerciale vera e propria. Una simile richiesta, sia per le cifre in ballo e sia, soprattutto per le sue implicazioni geopolitiche, era veramente troppo perché George H.W. Bush potesse continuare a far finta di niente.

Il futuro rubato
L’inizio della fine della fusione fredda stava per cominciare. Dopo la richiesta di Pons, Bush, 41° Presidente degli Stati Uniti d’America, nonché massone del 33° Livello e capo della Massoneria Mondiale di Rito Scozzese universalmente accettato, capo della sinistra Confraternita della Morte o Skull & Bones Association di Yale e membro dell’ancor più sinistro C.F.R. (Committee for Foreign Relations), istituisce una Commissione Presidenziale d’Inchiesta che prende subito contatto con i due chimici. Dopo qualche tempo, a causa di contrasti e incomprensioni dovute sia all’aperta ostilità della commissione verso la scoperta, sia, oggettivamente, a una reale carenza di documentazione tecnico-scientifica, dovuta alla fretta di Fleischmann e Pons di comunicare al mondo il frutto del loro lavoro, il Presidente Bush prende la decisione di richiedere un’indagine super partes al prestigioso MIT, per capire se il fenomeno osservato all’Università dello Utah qualche mese prima sia veramente una nuova forma di fusione termonucleare o altro. Mentre il MIT si attrezza per svolgere i suoi esperimenti, “magicamente” la presenza dei media sull’argomento scompare: nel giro di poco tempo TV e quotidiani smettono di puntare i riflettori su quella che, senza ombra di dubbio, dovrebbe essere ed è stata la più importante notizia del XX secolo. Cosa c’è infatti di più importante del fatto che l’uomo sia riuscito a tenere il fuoco termonucleare nelle sue mani e a dotarsi di una fonte di energia inesauribile, pulita e per tutti ? Fatto sta che non solo i media convenzionali sembravano non aver colto queste considerazioni, ma che anche le riviste di settore e scientifiche cominciavano inspiegabilmente a chiudere la porta in faccia ai due chimici che volevano spiegare e difendere le loro ragioni. Non solo, ma all’interno della comunità scientifica l’ostilità verso le ricerche sulla fusione fredda diventò aperta e dichiarata, un po’ perchè i fisici “ortodossi” temevano di perdere gli ingenti investimenti per il Tokamak, un po’ per l’invidia che sempre esiste tra gli scienziati di un certo livello, nonché per ragioni che travalicano la nostra comprensione e ci fanno pensare addirittura alla manipolazione di intere schiere di scienziati.

Opera di ridicolizzazione
Nel frattempo la situazione precipita: i Brookhaven National Laboratories e, guarda caso, l’Università di Yale affermano di non essere riusciti a riprodurre l’esperimento iniziale di Fleischmann e Pons e di non essere riusciti a ottenere né calore, né He4, né altro. Il DoE (Department of Enery) bolla il tutto come “pseudoscienza” e finalmente arriva il devastante rapporto del MIT, che dice che non solo nelle celle dei due chimici non si sarebbe verificata nessuna fusione, ma che non sarebbe proprio successo un bel niente e i risultati resi pubblici nello Utah sarebbero stati causati unicamente da errori di misura. Il fior fiore degli scienziati governativi USA raccomanda, quindi, che non si perda più tempo sull’argomento e, soprattutto, non si storni un solo dollaro per le ricerche sul Tokamak a causa di questo evento pseudoscientifico. Alla pubblicazione del Rapporto del MIT, il mondo scientifico “ostile” si fa in quattro per liquidare i due chimici, nel migliore dei casi, come due incompetenti visionari, mentre i media generalisti, dopo aver liquidato il tutto come una “bufala”, tornano rapidamente al loro certosino parlar di niente. Tuttavia i risultati di Brookhaven, Yale e soprattutto del MIT sono stati così negativi che, nella testa di più di uno scienziato, comincia a sorgere il dubbio che ci sia qualcosa di molto strano. In particolare, il responsabile della comunicazione del MIT, il Dr. Eugene Mallowe, dopo una prima fase nella quale promulga professionalmente la versione ufficiale del MIT, con il passare del tempo, e preso atto che sia i due diretti interessati che una pattuglia sempre più nutrita di fisici di ogni parte del mondo negano strenuamente che i risultati del MIT possano essere genuini, si fa venire il dubbio che anche nel rapporto del prestigioso Istituto di Boston possano esserci degli errori. Nel frattempo il Presidente Bush ha già usato il rapporto negativo del MIT per chiudere definitivamente la questione del finanziamento da 25 milioni di dollari ed essere sicuro che i fondi federali per la ricerca continuino a essere spesi per il Tokamak. La fusione fredda è praticamente morta. Ma Eugene Mallowe riesce, non senza difficoltà, a entrare in possesso del Rapporto originale del MIT, lo confronta con quello ufficiale e rimane assolutamente sbalordito: i due rapporti sono diversi! Il Rapporto Ufficiale è stato manipolato in modo da ridicolizzare la ricerca di Fleischmann e Pons e i suoi dati cambiati, così che chi lo leggesse, giungerebbe all’unica conclusione: la fusione fredda è una cantonata. Poiché è una persona onesta e leale, questa cosa sconvolge e turba profondamente Mallowe che, per prima cosa, tiene una conferenza stampa dove denuncia la truffa, si dimette da qualsiasi incarico all’interno del MIT e crea la New Energy Foundation, un’organizzazione no-profit dedita alla diffusione delle conoscenze relative alla fusione fredda. Successivamente scrive il libro “Fire from Ice”, che è stato giudicato uno dei migliori testi divulgativi sulla scoperta di Fleischmann e Pons e sulla fisica che sottende al fenomeno.

Parlare troppo nuoce alla salute
Insomma Mallowe diventa una vera seccatura per chi ha deciso che la tecnologia della Fusione Fredda debba essere già morta e sepolta; mentre gli addomesticati media internazionali non si degnano di trattare il più importante evento del XX secolo, egli continua a tenere conferenze, rilasciare interviste, scrivere articoli. Fin quando qualcuno non ritiene che il fastidio causato dal Dr. Mallowe non sia più sopportabile. E così, in una mattina del 14 maggio 2004, mentre sta sistemando un infisso della vecchia casa di famiglia alla periferia di Norwich, nel Connecticut, rimane vittima di uno strano omicidio. La polizia locale liquida la cosa come l’aggressione da parte di balordi in cerca di soldi per drogarsi e ci si potrebbe anche credere, se non fosse che quella non era area di spaccio, che i 500 $ che Mallowe aveva in tasca non erano stati toccati e che, sempre i due balordi, dopo averlo ucciso, si erano dati pena di infilargli un foglio di giornale in bocca. Ora, forse nel Connecticut a queste cose non badano, ma a noi che siamo della terra di Falcone e Borsellino un simile trattamento manda un messaggio molto chiaro: parlare troppo nuoce gravemente alla salute... Nel frattempo però altri seccatori si erano messi d’impegno per rinviare il funerale della fusione fredda. Il primo di questi seccatori fu nientedimeno che l’ENEA (Ente Nazionale per le Energie Alternative). Fin dall’annuncio del 1989 nello Utah, uno dei ricercatori che si dedicò con maggiore serietà allo studio teorico del fenomeno descritto da Fleischmann e Pons fu il fisico italiano Giuliano Preparata dell’Università di Milano. Egli riuscì a chiarire numerosi punti che le precedenti ricerche avevano lasciato in dubbio, in particolare quello che riguardava la percentuale di caricamento degli atomi di D nel Palladio. Egli dimostrò incontrovertibilmente che il fenomeno della Fusione Fredda a confinamento chimico avesse bisogno, per funzionare, di un livello soglia del D nell’anodo di Palladio e di una pressione della soluzione elettrolitica molto elevata. Questa scoperta, unita al fatto che fu dimostrato che i sistemi per eseguire le misurazioni di temperatura, produzione di He4 e neutroni si rivelarono di una complessità tale da pregiudicare le rilevazioni eseguite anche dai team più bendisposti e convinti dell’esistenza della fusione fredda, come per esempio l’ETI, spiegava come mai si fossero ottenuti tanti riscontri negativi nelle precedenti esperienze. Così, venuto a conoscenza delle ricerche di Preparata, il Premio Nobel Carlo Rubbia, nel frattempo diventato Presidente del CNR, incaricò un équipe di fisici dell’ENEA di Frascati di analizzare il fenomeno della fusione fredda e stabilire, una volta per tutte, di cosa si trattasse: se di reazioni termonucleari a bassa energia o qualcos’altro o, anche, semplicemente nulla. Il team ricevette 36 mesi di tempo e un cospicuo finanziamento di 600.000 euro. Il gruppo di fisici italiani lavorò con un impegno e a un livello di qualità tale da fugare qualunque dubbio anche nel più malizioso degli osservatori e alla fine, dopo tre anni di intenso lavoro, produsse il famoso “Rapporto Numero 41” dell’ENEA. Nel riassunto a pagina 4 di questo rapporto si legge chiaramente: «L’osservazione di una quantificabile trasmutazione di Deuterio in Elio prova univocamente che alla base del fenomeno denominato Fusione Fredda c’è un processo di natura nucleare». Il Rapporto 41 termina affermando che, al di là di ogni dubbio, quanto descritto da Fleischmann e Pons prima, e da Preparata poi, è una reazione nucleare a bassa energia, favorita unicamente da un’attività chimica. Il team di fisici raccomandò caldamente che il Rapporto 41 fosse pubblicato sulle più importanti riviste scientifiche internazionali, per poter ridare fiato alla ricerca e passare finalmente alla fase di ingegnerizzazione. Nel frattempo però Rubbia non era più alla guida del CNR, il Rapporto 41 non fu mai pubblicato e nessuno ne seppe mai più nulla.

Dal Fusore al Polywell
Nello stesso anno però, il 2002, c’è un altro colpo di scena. Un laboratorio della U.S. Navy, la marina militare degli Stati Uniti, produce e pubblica il “Technical Report 1862”, nel quale si dà conto delle ricerche sulla fusione fredda condotte dalla Navy dal 1989 al 2002 e anche in questo caso si afferma che l’eccesso di calore e la produzione di He4 riscontrate e misurate con un elevato grado di accuratezza dagli scienziati militari sono dovuti a un nuovo tipo di reazione termonucleare. I militari provarono anche a fare degli esperimenti con celle che avessero l’anodo di una lega Palladio/Boro, riscontrando, con loro stesso stupore, una positività pari al 100%. Nel 1995 l’esperimento con la lega Pd/B fu ripetuto in Giappone con la stessa percentuale di esiti positivi da un team indipendente. Ma anche questa volta non accadde niente: i giornali e le tv ignorarono completamente le notizie e gli annunci e, anche quando e dove se ne fosse parlato, saltò sempre fuori il controesperto “scettico” che non ci crede o che si mostra diffidente. Il nostro futuro di uomini liberi, liberi dalla schiavitù del petrolio, liberi dai poteri occulti che governano il mercato mondiale dell’energia a nostro sfavore, con l’unico obiettivo di accumulare più denaro e potere nelle mani di pochissimi, liberi di autodeterminarci perché potremmo disporre di tutta l’energia che ci serve per coprire gli squilibri e le ingiustizie del moderno sviluppo industriale, tutto questo ci è stato sottratto un’altra volta. È come se Prometeo, prima che riesca a raggiungere gli altri Uomini e consegnar loro il Fuoco rubato agli Dei, venga raggiunto a sua volta da un forsennato plotone di Erinni che, dopo averlo dilaniato, riportino il Fuoco nelle officine di Efesto. Ma diremo di più: non sono stati solo gli scienziati che hanno seguito le orme di Fleischmann e Pons ad arrivare vicini all’obiettivo della Fusione controllata. Addirittura negli anni ‘30 uno scienziato americano di nome Phil Farnsworth, studiando la tecnologia del tubo catodico televisivo, scoprì per caso uno sconosciuto sistema di confinamento del plasma di tipo inerziale, indotto da campi magnetici infinitamente meno potenti e complessi di quelli che dovranno essere utilizzati nei Tokamak 30 anni dopo. Lo scienziato creò lo schema di una macchina per la fusione del plasma a confinamento inerziale che si chiamava Fusore, il Fusore di Farnsworth. Questa macchina aveva diversi limiti e, negli anni ‘60, prima Hirsch e poi Bussard, due fisici che non credevano nel costosissimo sviluppo delle macchine Tokamak, si misero al lavoro per risolverli. Nonostante il loro lavoro risultasse assai promettente, le autorità scientifiche decisero di investire tutti i fondi della ricerca sui Tokamak, che allora sembravano dover raggiungere l’ignizione del plasma in pochissimo tempo. Così non solo non gli vennero assegnati fondi per proseguire gli studi, ma la loro ricerca venne definitivamente chiusa. Negli anni ‘80 e fino ad oggi, una serie di ricercatori indipendenti e autofinanziati ha proseguito lo sviluppo del Fusore di Hirsch-Farnsworth a una versione che sembra dover risolvere tutti i problemi che ancora affliggevano le versioni precedenti. Questa macchina, detta Polywell 3, ha anche il vantaggio di produrre energia elettrica direttamente dalla fusione, senza bisogno di costosissimi scambiatori di calore e turboalternatori, con una resa energetica eccezionale. Ma i fondi si sono esauriti e anche questa volta è stata la US Navy a raccogliere la sfida della ricerca sul Polywell, ma in quanto tale non è affatto interessata alla divulgazione dei propri risultati tanto da farne esplicito riferimento nelle clausole contrattuali. Per cui, se la strada del Polywell dovesse dare, come molti credono, presto i suoi frutti, noi potremmo non venirlo a mai sapere e magari il dispositivo verrebbe destinato unicamente a sostituire i pericolosi reattori navali a fissione.

Il più grande furto della storia
Questa è, in poche parole, la storia del più grande furto che sia mai stato perpetrato ai danni non di un singolo o di una semplice comunità, ma dell’umanità intera: il furto del diritto a disporre di energia infinita a basso costo per tutti. Per quanto possa sembrare assurdo e aberrante, dietro a questi fatti c’è un disegno preciso, ci sono uomini e donne che hanno un nome e un volto e che sono riusciti a distrarci dal fatto che l’obiettivo di Prometeo era stato realizzato il 23 Aprile del 1989 a Logan, nello Stato dello Utah. I migliori cervelli e scienziati di questo mondo ci hanno spiegato che questo risultato è stato raggiunto, la tecnologia funziona ed è ingegnerizzabile per scopi civili, ma questa gente ci ha manipolato così bene da farci ignorare tali voci autorevoli e da farci continuare ad ascoltare i soliti dementi, che dicono che la risposta alla fame di energia della nostra civiltà sono le centrali nucleari a fissione o il carbone pulito.


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 Oggetto del messaggio: Re: Appunti e studi multidisciplinari
MessaggioInviato: 26/05/2022, 17:43 
Lettore75 ha scritto:
I LADRI DELL'ENERGIA
Articolo di Paolo Gentili
Scarica: I ladri dell'energia

«Fin dai giorni degli Illuminati di Baviera questa cospirazione mondiale per il rovesciamento della civiltà e la ricostruzione della società sulla base dello sviluppo bloccato, dell’invidia malevola e dell’impossibile eguaglianza è cresciuta costantemente». Così diceva Sir Winston Churchill già verso la metà degli anni Cinquanta, perché evidentemente, ad una vecchia volpe come lui, alcuni segni e comportamenti a livello internazionale, da parte di coloro che avevano vinto il secondo conflitto mondiale, non erano sfuggiti. Tra la fine del XIX secolo e i primi anni del XXI lo sviluppo della tecnologia umana ha conosciuto una tale dimensione e una tale velocità, che ha reso possibile raggiungere risultati e obiettivi che ci avrebbero fatto gridare al miracolo o alla stregoneria solo qualche decina di anni prima. Alla fine dell’800, per esempio, volare con macchine più pesanti dell’aria era considerata pura follia, prima che una fredda mattina di Dicembre del 1903 due appassionati ciclisti dell’Ohio compissero il “miracolo” del loro Flyer. Da allora si sono costruiti aerei sempre più grandi e sempre più veloci. Ma fu subito dopo l’avvio della Seconda Rivoluzione Industriale, e lo sfruttamento intensivo dei combustibili fossili, che risultò chiaro che chi avesse dominato le risorse energetiche e le tecnologie ad esse correlate avrebbe anche dominato il mondo. Inizialmente la battaglia tra le forze che guidano i destini del mondo si svolgeva per il controllo delle risorse planetarie di idrocarburi, del petrolio. Ne ha fatto esperienza diretta il povero Enrico Mattei, che con la sua ENI ebbe l’ardire di prendere di petto le famigerate Sette Sorelle (Esso, BP, Mobil, Royal Dutch-Shell, Texaco, Chevron, Gulf Oil). Da allora a tale guerra si è affiancata l’attività d’intelligence, disinformazione ed eliminazione silenziosa di tutte quelle scoperte e tecnologie che ci permetterebbero, in tempi brevi e con poco sforzo, di liberarci dai combustibili fossili e dai danni collaterali. Il primo grande scienziato a sperimentare sulla sua pelle un simile scenario è stato il geniale fisico serbo Nikola Tesla. Egli convinse il banchiere J.P. Morgan a finanziare i suoi studi per la realizzazione di un sistema di distribuzione dell’energia elettrica, ad accesso completamente libero, basato sulla trasmissione senza fili, per un fenomeno di risonanza terra-cielo da lui stesso scoperto, culminato con la costruzione della famosa Torre di Wardenclyffe. Tuttavia, non appena Morgan comprese che sarebbe stato impossibile guadagnarci anche un solo penny, smise di finanziare Tesla e l’attività di Wardenclyffe nel 1902 si fermò completamente. Alla morte di Tesla, il Governo degli Stati Uniti sequestrò tutta la documentazione scientifica in suo possesso, in nome di un non meglio chiarito pericolo per la Sicurezza Nazionale e di tale documentazione nessuno ha mai più saputo nulla.

Il nucleare
Oggi ci viene detto che l’unica vera alternativa alla dipendenza dai combustibili fossili è data dall’energia atomica, se non fosse che l’energia atomica di cui si parla è sbagliata: quella di fissione. Il fenomeno della fissione nucleare, ossia della rottura di un atomo pesante, di solito U-235 o Pu-239, in atomi più leggeri da parte di neutroni, con la conseguente liberazione di una grande quantità di energia, fu studiata a fondo in Italia nei primi anni ‘30 dal famoso Gruppo di Via Panisperna, capitanato da un eclettico Enrico Fermi, con collaboratori del calibro di Emilio Segrè, Edoardo Amaldi, Bruno Pontecorvo e Ettore Majorana. A seguito dell’infausta evoluzione della situazione politica, il Gruppo si sciolse e Fermi, dopo aver vinto il Premio Nobel nel 1938, riuscì ad avviare la prima Pila Atomica solo 4 anni dopo, il 2 Dicembre 1942, presso la Columbia University di Chicago. Da quel momento e per esigenze belliche, lo sviluppo della nuova Energia Nucleare divenne una questione prettamente ed esclusivamente di carattere militare. Il Progetto Manhattan, guidato da Robert J. Oppenheimer, fagocitò le migliori risorse degli Stati Uniti in termini di teste e tecnologia e alla fine, nel deserto del New Mexico, l’Evento Trinity del 16 Luglio 1945 diede l’avvio all’Era Atomica. Seguirono poi i bombardamenti nucleari di Hiroshima e Nagasaki, che portarono il Giappone alla resa e alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Little Boy, la bomba sganciata su Hiroshima, era un ordigno assai rudimentale realizzato con l’Uranio 235, recuperato da uno dei due U-Boot tedeschi, che tentarono di trasportare proprio in Giappone tutte le scorte disponibili in Germania del prezioso materiale. L’obiettivo era costruire una testata ad implosione programmata, molto più sofisticata ma anche molto più compatta, maneggiabile in sicurezza e soprattutto molto più potente, potendo usare come combustibile nucleare il Plutonio 239, anziché l’Uranio 235. Ma il Plutonio non esiste in natura e per farlo venne spesa una montagna di soldi e furono spremute decine di fisici e ingegneri per costruire il complesso di Hanford Works, nei pressi di Washington. Fu così la volta di Fat Man, la bomba di Nagasaki. Una volta finita la Guerra, si arrivò alla prima bomba a Fissione/Fusione o Termonucleare o H. La bomba H era una specie di arma definitiva: non aveva limiti teorici alla potenza sviluppabile, intrinsecamente sicura da maneggiare, venne resa abbastanza piccola da poter essere trasportata in gran quantità dai grandi bombardieri strategici o equipaggiare le testate MIRV (Multiple Independent Re-enter Veichle ) di ogni sorta di missile della famosa Triade Nucleare (Bombadieri Strategici, Sottomarini lanciamissili, Silos terrestri) Poiché la tecnologia di fusione atomica controllata non era direttamente coinvolta nello sviluppo delle nuove armi, soprattutto perchè per produrre il combustibile per le bombe erano necessari i soli Reattori a Fissione, i soldi della ricerca vennero stanziati per quelli e, alla fine, si crearono due grandi famiglie di Reattori Commerciali: i Light Water Reactor (LWR) in Occidente e i mostruosi RBMK (Reattore a Grande Potenza a Canali) in Unione Sovietica. Entrambi hanno due problemi irrisolvibili: il primo sono le scorie di produzione, attive per milioni di anni, e il secondo è il fatto che entrambe le tecnologie sono intrinsecamente molto pericolose in fase d’esercizio commerciale. Per i LWR, (Fukushima, Three Miles Island), non si è capaci di proteggere veramente il nocciolo da eventi catastrofici e non si dispone di seri piani di decommissioning, ossia nessuno sa bene cosa fare una volta che i reattori saranno spenti ed esauriti. Per gli RBMK si ignorano le procedure una volta avviato lo spegnimento (Chernobyl aveva 5 Reattori RBMK da 1000 MW l’uno). L’attuale tecnologia industriale per la produzione di energia elettrica da Fissione è, dunque, perdente: costosissima, poco sicura, pericolosa in esercizio, produce scorie di inimmaginabile tossicità, per lo smaltimento delle quali non si sa ancora cosa fare, le centrali hanno tempi di avviamento dell’ordine dei lustri e, una volta definitivamente spente, nessuno sa cosa fare di un’area altamente contaminata e di inimmaginabile riconversione. Il vero affare della Fissione è quello per le grandi compagnie energetiche tradizionali che, di solito, posseggono quote significative delle aziende che gestiscono il ciclo dell’Uranio e che hanno sparpagliato per il mondo centinaia di centrali, quelle che non hanno contribuito affatto a ridurre in maniera significativa la dipendenza totale dagli idrocarburi che loro stesse controllano..

Un’altra energia
La Fusione Termonucleare incontrollata, quella delle bombe per intenderci, riproduce per un breve istante le reazioni termonucleari che mantengono in vita il Sole, per questo i suoi effetti sono di gran lunga più devastanti della più potente delle bombe a Fissione. In essa atomi di Deuterio e Trizio, isotopi dell’Idrogeno facilmente ricavabili dall’acqua di mare, sono sottoposti a livelli di pressione e temperatura così elevati da fondersi in un elemento più pesante (He4), liberando un’enorme quantità di energia. L’idea dei fisici è stata, allora, quella di creare una macchina in grado di riprodurre in scala minore quel che avviene nelle bombe, contenere e gestire gli enormi livelli di temperatura e pressione e ricavare un reattore commerciale in grado di produrre energia pulita, a costi bassissimi, (il combustibile si ricava dall’acqua di mare), con scorie esauribili in poche decine di anni, di bassa tossicità e facilmente trattabili in sicurezza. I fisici sanno che esistono diversi sistemi e apparati che, in linea di principio, permetterebbero lo sfruttamento civile della Fusione, in particolare, quel che contraddistingue le strade percorribili è il cosiddetto Sistema di Confinamento del Plasma. Confinare il Plasma è di enorme importanza, in quanto si tratta di un fluido costituito dagli isotopi dell’Idrogeno ionizzati che, per fondersi e dar vita ad He4 ed energia, hanno bisogno di trovarsi a qualche milione di grado K. Esistono due tipi di confinamento del plasma: quello magnetico e quello inerziale. Fin dal loro inizio, le ricerche americane sulla possibilità di creare reattori a Fusione per la produzione di energia elettrica furono tenute segrete, così, quando nel 1955, nella Conferenza Internazionale per l’uso pacifico dell’energia atomica di Ginevra, i fisici russi Andrej Sakharov e Igor Tamm presentarono il loro Tokamak (Macchina a Camera Toroidale), il mondo intero rimase sbalordito. L’idea di Sakharov e Tamm appariva semplice: all’interno di questa macchina a forma di ciambella, o toro, si fa stazionare un flusso di plasma di D e Tr, mantenuto ad opportuna distanza dalle pareti della macchina da potentissimi campi magnetici. Con il tempo, grazie all’irraggiamento di microonde di opportuna frequenza e al gioco dei campi magnetici che pervadono la camera toroidale, il plasma di carburante viene riscaldato sempre di più, fino ad essere portato a un valore di temperatura e pressione al quale possa essere “acceso” e dar luogo a una reazione di Fusione nucleare. Se la macchina avesse i giusti parametri dimensionali e di funzionamento, la reazione si autososterrebbe e sarebbe in grado di produrre più energia di quanta non ne serva per far funzionare il reattore stesso. Un risultato come questo, in pratica, significherebbe che, dal giorno alla notte, l’umanità avrebbe definitivamente risolto i suoi problemi di approvvigionamento energetico e di inquinamento ambientale. Col passare del tempo però la strada per raggiungere questo obiettivo è parsa tutt’altro che agevole. Molta della Fisica del Plasma ad alta energia andava letteralmente ancora scritta, per non parlare degli enormi problemi di ordine ingegneristico che cominciavano ad affliggere le macchine Tokamak le quali, a loro volta, diventavano sempre più grandi e costose. Per realizzare ITER, la più grande macchina Tokamak del mondo, si sono dovuti consorziare UE, USA, Russia, Giappone, Cina, India e Corea del Sud, perché nessuno di loro, singolarmente, poteva sostenere i costi del progetto. Ad oggi e dopo sessant’anni di ricerca, ITER è ancora ben lontano dal raggiungere il suo obiettivo primario: dimostrare che la tecnologia Tokamak sia in grado di accendere il Plasma e mantenere una reazione di fusione nucleare in grado di auto sostenersi e produrre più energia di quanta non serva per farla funzionare.

La fusione fredda
Mentre in tutto il mondo si spendevano miliardi di dollari per il Tokamak, qualche sparuto gruppo di scienziati, con pochi soldi assegnati per le loro ricerche e senza praticamente alcuna copertura mediatica, cominciò a verificare la possibilità di utilizzare altri mezzi per raggiungere l’ignizione del Plasma. Negli anni ‘70 i Francesi impegnarono significative risorse nelle loro ricerche sul confinamento inerziale tramite raggi laser ad altissima potenza, ma dopo un po’ la strada fu abbandonata perchè, in ogni caso, l’energia utilizzata per far funzionare i laser sarebbe stata sempre maggiore di quella prodotta dalla fusione. Ma per fortuna qualcosa di imprevedibile è successo ed è qui che comincia la nostra storia, dall’Università dello Utah, il 23 Marzo 1989. Quel giorno memorabile, Martin Fleischmann e Stanley Pons, due chimici, annunciarono in una tribolata conferenza stampa di essere riusciti a ottenere una reazione termonucleare a bassa energia, grazie a una cella elettrolitica di loro invenzione. In pratica affermarono che, grazie a un nuovo tipo di confinamento del Plasma da loro scoperto, quello chimico, ottenuto grazie alle specifiche proprietà di alcune Terre Rare come il Palladio, in una cella elettrolitica dunque, con il catodo costituito da un filamento di Palladio, l’anodo di Platino e la soluzione elettrolitica costituita da D2O, acqua pesante, caricando di Deuterio il reticolo cristallino del catodo di Palladio oltre la soglia del 95% e facendo passare l’opportuna corrente continua, i due scienziati avrebbero osservato un significativo innalzamento della quantità di calore prodotta dal processo e, soprattutto, una significativa produzione di He4. Anche se tramite un processo ancora quasi completamente sconosciuto, in quella piccola cella elettrolitica si era raggiunta una reazione termonucleare tra atomi di D e Tr capace di autosostenersi e, soprattutto, di produrre una quantità di energia significativamente maggiore di quella usata per avviare la reazione stessa. Tutto questo ad un livello energetico e di complessità immensamente più basso di quello richiesto da una macchina di classe Tokamak. L’obiettivo sembrava raggiunto, Prometeo aveva finalmente strappato il fuoco agli dei ! La notizia fece subito il giro del mondo. Per un motivo che non si è mai riusciti a chiarire e contrariamente alla prassi internazionale, l’annuncio della scoperta e la conferenza stampa vennero fatti prima che i risultati della ricerca fossero pubblicati su una rivista scientifica. Quando i due scienziati li pubblicarono sul Journal of Electroanalitycal Chemistry, la comunità scientifica internazionale cominciò a storcere il naso e a ritenere la documentazione di Fleischmann e Pons incompleta e poco significativa. Nel frattempo la febbre della Fusione fredda continuò a dilagare e, in moltissimi laboratori universitari di tutto il mondo, altrettanti team di ricercatori tentarono di riprodurre l’esperimento di Fleischmann e Pons senza ottenere quasi mai risultati positivi. Ed ecco allora che Stanley Pons, il 12 Aprile 1989, presentando trionfalmente i risultati delle sue ricerche davanti alla American Chemistry Society, avanzò formalmente la richiesta al Congresso degli Stati Uniti di uno stanziamento di 25 milioni di Dollari, necessari alla prosecuzione della ricerca ed al passaggio alla fase di ingegnerizzazione del dispositivo, la cella elettrolitica, per poter rapidamente avviare la fase commerciale vera e propria. Una simile richiesta, sia per le cifre in ballo e sia, soprattutto per le sue implicazioni geopolitiche, era veramente troppo perché George H.W. Bush potesse continuare a far finta di niente.

Il futuro rubato
L’inizio della fine della fusione fredda stava per cominciare. Dopo la richiesta di Pons, Bush, 41° Presidente degli Stati Uniti d’America, nonché massone del 33° Livello e capo della Massoneria Mondiale di Rito Scozzese universalmente accettato, capo della sinistra Confraternita della Morte o Skull & Bones Association di Yale e membro dell’ancor più sinistro C.F.R. (Committee for Foreign Relations), istituisce una Commissione Presidenziale d’Inchiesta che prende subito contatto con i due chimici. Dopo qualche tempo, a causa di contrasti e incomprensioni dovute sia all’aperta ostilità della commissione verso la scoperta, sia, oggettivamente, a una reale carenza di documentazione tecnico-scientifica, dovuta alla fretta di Fleischmann e Pons di comunicare al mondo il frutto del loro lavoro, il Presidente Bush prende la decisione di richiedere un’indagine super partes al prestigioso MIT, per capire se il fenomeno osservato all’Università dello Utah qualche mese prima sia veramente una nuova forma di fusione termonucleare o altro. Mentre il MIT si attrezza per svolgere i suoi esperimenti, “magicamente” la presenza dei media sull’argomento scompare: nel giro di poco tempo TV e quotidiani smettono di puntare i riflettori su quella che, senza ombra di dubbio, dovrebbe essere ed è stata la più importante notizia del XX secolo. Cosa c’è infatti di più importante del fatto che l’uomo sia riuscito a tenere il fuoco termonucleare nelle sue mani e a dotarsi di una fonte di energia inesauribile, pulita e per tutti ? Fatto sta che non solo i media convenzionali sembravano non aver colto queste considerazioni, ma che anche le riviste di settore e scientifiche cominciavano inspiegabilmente a chiudere la porta in faccia ai due chimici che volevano spiegare e difendere le loro ragioni. Non solo, ma all’interno della comunità scientifica l’ostilità verso le ricerche sulla fusione fredda diventò aperta e dichiarata, un po’ perchè i fisici “ortodossi” temevano di perdere gli ingenti investimenti per il Tokamak, un po’ per l’invidia che sempre esiste tra gli scienziati di un certo livello, nonché per ragioni che travalicano la nostra comprensione e ci fanno pensare addirittura alla manipolazione di intere schiere di scienziati.

Opera di ridicolizzazione
Nel frattempo la situazione precipita: i Brookhaven National Laboratories e, guarda caso, l’Università di Yale affermano di non essere riusciti a riprodurre l’esperimento iniziale di Fleischmann e Pons e di non essere riusciti a ottenere né calore, né He4, né altro. Il DoE (Department of Enery) bolla il tutto come “pseudoscienza” e finalmente arriva il devastante rapporto del MIT, che dice che non solo nelle celle dei due chimici non si sarebbe verificata nessuna fusione, ma che non sarebbe proprio successo un bel niente e i risultati resi pubblici nello Utah sarebbero stati causati unicamente da errori di misura. Il fior fiore degli scienziati governativi USA raccomanda, quindi, che non si perda più tempo sull’argomento e, soprattutto, non si storni un solo dollaro per le ricerche sul Tokamak a causa di questo evento pseudoscientifico. Alla pubblicazione del Rapporto del MIT, il mondo scientifico “ostile” si fa in quattro per liquidare i due chimici, nel migliore dei casi, come due incompetenti visionari, mentre i media generalisti, dopo aver liquidato il tutto come una “bufala”, tornano rapidamente al loro certosino parlar di niente. Tuttavia i risultati di Brookhaven, Yale e soprattutto del MIT sono stati così negativi che, nella testa di più di uno scienziato, comincia a sorgere il dubbio che ci sia qualcosa di molto strano. In particolare, il responsabile della comunicazione del MIT, il Dr. Eugene Mallowe, dopo una prima fase nella quale promulga professionalmente la versione ufficiale del MIT, con il passare del tempo, e preso atto che sia i due diretti interessati che una pattuglia sempre più nutrita di fisici di ogni parte del mondo negano strenuamente che i risultati del MIT possano essere genuini, si fa venire il dubbio che anche nel rapporto del prestigioso Istituto di Boston possano esserci degli errori. Nel frattempo il Presidente Bush ha già usato il rapporto negativo del MIT per chiudere definitivamente la questione del finanziamento da 25 milioni di dollari ed essere sicuro che i fondi federali per la ricerca continuino a essere spesi per il Tokamak. La fusione fredda è praticamente morta. Ma Eugene Mallowe riesce, non senza difficoltà, a entrare in possesso del Rapporto originale del MIT, lo confronta con quello ufficiale e rimane assolutamente sbalordito: i due rapporti sono diversi! Il Rapporto Ufficiale è stato manipolato in modo da ridicolizzare la ricerca di Fleischmann e Pons e i suoi dati cambiati, così che chi lo leggesse, giungerebbe all’unica conclusione: la fusione fredda è una cantonata. Poiché è una persona onesta e leale, questa cosa sconvolge e turba profondamente Mallowe che, per prima cosa, tiene una conferenza stampa dove denuncia la truffa, si dimette da qualsiasi incarico all’interno del MIT e crea la New Energy Foundation, un’organizzazione no-profit dedita alla diffusione delle conoscenze relative alla fusione fredda. Successivamente scrive il libro “Fire from Ice”, che è stato giudicato uno dei migliori testi divulgativi sulla scoperta di Fleischmann e Pons e sulla fisica che sottende al fenomeno.

Parlare troppo nuoce alla salute
Insomma Mallowe diventa una vera seccatura per chi ha deciso che la tecnologia della Fusione Fredda debba essere già morta e sepolta; mentre gli addomesticati media internazionali non si degnano di trattare il più importante evento del XX secolo, egli continua a tenere conferenze, rilasciare interviste, scrivere articoli. Fin quando qualcuno non ritiene che il fastidio causato dal Dr. Mallowe non sia più sopportabile. E così, in una mattina del 14 maggio 2004, mentre sta sistemando un infisso della vecchia casa di famiglia alla periferia di Norwich, nel Connecticut, rimane vittima di uno strano omicidio. La polizia locale liquida la cosa come l’aggressione da parte di balordi in cerca di soldi per drogarsi e ci si potrebbe anche credere, se non fosse che quella non era area di spaccio, che i 500 $ che Mallowe aveva in tasca non erano stati toccati e che, sempre i due balordi, dopo averlo ucciso, si erano dati pena di infilargli un foglio di giornale in bocca. Ora, forse nel Connecticut a queste cose non badano, ma a noi che siamo della terra di Falcone e Borsellino un simile trattamento manda un messaggio molto chiaro: parlare troppo nuoce gravemente alla salute... Nel frattempo però altri seccatori si erano messi d’impegno per rinviare il funerale della fusione fredda. Il primo di questi seccatori fu nientedimeno che l’ENEA (Ente Nazionale per le Energie Alternative). Fin dall’annuncio del 1989 nello Utah, uno dei ricercatori che si dedicò con maggiore serietà allo studio teorico del fenomeno descritto da Fleischmann e Pons fu il fisico italiano Giuliano Preparata dell’Università di Milano. Egli riuscì a chiarire numerosi punti che le precedenti ricerche avevano lasciato in dubbio, in particolare quello che riguardava la percentuale di caricamento degli atomi di D nel Palladio. Egli dimostrò incontrovertibilmente che il fenomeno della Fusione Fredda a confinamento chimico avesse bisogno, per funzionare, di un livello soglia del D nell’anodo di Palladio e di una pressione della soluzione elettrolitica molto elevata. Questa scoperta, unita al fatto che fu dimostrato che i sistemi per eseguire le misurazioni di temperatura, produzione di He4 e neutroni si rivelarono di una complessità tale da pregiudicare le rilevazioni eseguite anche dai team più bendisposti e convinti dell’esistenza della fusione fredda, come per esempio l’ETI, spiegava come mai si fossero ottenuti tanti riscontri negativi nelle precedenti esperienze. Così, venuto a conoscenza delle ricerche di Preparata, il Premio Nobel Carlo Rubbia, nel frattempo diventato Presidente del CNR, incaricò un équipe di fisici dell’ENEA di Frascati di analizzare il fenomeno della fusione fredda e stabilire, una volta per tutte, di cosa si trattasse: se di reazioni termonucleari a bassa energia o qualcos’altro o, anche, semplicemente nulla. Il team ricevette 36 mesi di tempo e un cospicuo finanziamento di 600.000 euro. Il gruppo di fisici italiani lavorò con un impegno e a un livello di qualità tale da fugare qualunque dubbio anche nel più malizioso degli osservatori e alla fine, dopo tre anni di intenso lavoro, produsse il famoso “Rapporto Numero 41” dell’ENEA. Nel riassunto a pagina 4 di questo rapporto si legge chiaramente: «L’osservazione di una quantificabile trasmutazione di Deuterio in Elio prova univocamente che alla base del fenomeno denominato Fusione Fredda c’è un processo di natura nucleare». Il Rapporto 41 termina affermando che, al di là di ogni dubbio, quanto descritto da Fleischmann e Pons prima, e da Preparata poi, è una reazione nucleare a bassa energia, favorita unicamente da un’attività chimica. Il team di fisici raccomandò caldamente che il Rapporto 41 fosse pubblicato sulle più importanti riviste scientifiche internazionali, per poter ridare fiato alla ricerca e passare finalmente alla fase di ingegnerizzazione. Nel frattempo però Rubbia non era più alla guida del CNR, il Rapporto 41 non fu mai pubblicato e nessuno ne seppe mai più nulla.

Dal Fusore al Polywell
Nello stesso anno però, il 2002, c’è un altro colpo di scena. Un laboratorio della U.S. Navy, la marina militare degli Stati Uniti, produce e pubblica il “Technical Report 1862”, nel quale si dà conto delle ricerche sulla fusione fredda condotte dalla Navy dal 1989 al 2002 e anche in questo caso si afferma che l’eccesso di calore e la produzione di He4 riscontrate e misurate con un elevato grado di accuratezza dagli scienziati militari sono dovuti a un nuovo tipo di reazione termonucleare. I militari provarono anche a fare degli esperimenti con celle che avessero l’anodo di una lega Palladio/Boro, riscontrando, con loro stesso stupore, una positività pari al 100%. Nel 1995 l’esperimento con la lega Pd/B fu ripetuto in Giappone con la stessa percentuale di esiti positivi da un team indipendente. Ma anche questa volta non accadde niente: i giornali e le tv ignorarono completamente le notizie e gli annunci e, anche quando e dove se ne fosse parlato, saltò sempre fuori il controesperto “scettico” che non ci crede o che si mostra diffidente. Il nostro futuro di uomini liberi, liberi dalla schiavitù del petrolio, liberi dai poteri occulti che governano il mercato mondiale dell’energia a nostro sfavore, con l’unico obiettivo di accumulare più denaro e potere nelle mani di pochissimi, liberi di autodeterminarci perché potremmo disporre di tutta l’energia che ci serve per coprire gli squilibri e le ingiustizie del moderno sviluppo industriale, tutto questo ci è stato sottratto un’altra volta. È come se Prometeo, prima che riesca a raggiungere gli altri Uomini e consegnar loro il Fuoco rubato agli Dei, venga raggiunto a sua volta da un forsennato plotone di Erinni che, dopo averlo dilaniato, riportino il Fuoco nelle officine di Efesto. Ma diremo di più: non sono stati solo gli scienziati che hanno seguito le orme di Fleischmann e Pons ad arrivare vicini all’obiettivo della Fusione controllata. Addirittura negli anni ‘30 uno scienziato americano di nome Phil Farnsworth, studiando la tecnologia del tubo catodico televisivo, scoprì per caso uno sconosciuto sistema di confinamento del plasma di tipo inerziale, indotto da campi magnetici infinitamente meno potenti e complessi di quelli che dovranno essere utilizzati nei Tokamak 30 anni dopo. Lo scienziato creò lo schema di una macchina per la fusione del plasma a confinamento inerziale che si chiamava Fusore, il Fusore di Farnsworth. Questa macchina aveva diversi limiti e, negli anni ‘60, prima Hirsch e poi Bussard, due fisici che non credevano nel costosissimo sviluppo delle macchine Tokamak, si misero al lavoro per risolverli. Nonostante il loro lavoro risultasse assai promettente, le autorità scientifiche decisero di investire tutti i fondi della ricerca sui Tokamak, che allora sembravano dover raggiungere l’ignizione del plasma in pochissimo tempo. Così non solo non gli vennero assegnati fondi per proseguire gli studi, ma la loro ricerca venne definitivamente chiusa. Negli anni ‘80 e fino ad oggi, una serie di ricercatori indipendenti e autofinanziati ha proseguito lo sviluppo del Fusore di Hirsch-Farnsworth a una versione che sembra dover risolvere tutti i problemi che ancora affliggevano le versioni precedenti. Questa macchina, detta Polywell 3, ha anche il vantaggio di produrre energia elettrica direttamente dalla fusione, senza bisogno di costosissimi scambiatori di calore e turboalternatori, con una resa energetica eccezionale. Ma i fondi si sono esauriti e anche questa volta è stata la US Navy a raccogliere la sfida della ricerca sul Polywell, ma in quanto tale non è affatto interessata alla divulgazione dei propri risultati tanto da farne esplicito riferimento nelle clausole contrattuali. Per cui, se la strada del Polywell dovesse dare, come molti credono, presto i suoi frutti, noi potremmo non venirlo a mai sapere e magari il dispositivo verrebbe destinato unicamente a sostituire i pericolosi reattori navali a fissione.

Il più grande furto della storia
Questa è, in poche parole, la storia del più grande furto che sia mai stato perpetrato ai danni non di un singolo o di una semplice comunità, ma dell’umanità intera: il furto del diritto a disporre di energia infinita a basso costo per tutti. Per quanto possa sembrare assurdo e aberrante, dietro a questi fatti c’è un disegno preciso, ci sono uomini e donne che hanno un nome e un volto e che sono riusciti a distrarci dal fatto che l’obiettivo di Prometeo era stato realizzato il 23 Aprile del 1989 a Logan, nello Stato dello Utah. I migliori cervelli e scienziati di questo mondo ci hanno spiegato che questo risultato è stato raggiunto, la tecnologia funziona ed è ingegnerizzabile per scopi civili, ma questa gente ci ha manipolato così bene da farci ignorare tali voci autorevoli e da farci continuare ad ascoltare i soliti dementi, che dicono che la risposta alla fame di energia della nostra civiltà sono le centrali nucleari a fissione o il carbone pulito.

il ladri del futuro delle generazioni a venire!..assassini travestiti... [8D] [:264]

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 Oggetto del messaggio: Re: Appunti e studi multidisciplinari
MessaggioInviato: 27/05/2022, 15:42 
L'EGITTO PRIMA DI CHEOPE
Articolo di Sabina Marineo
Scarica: L'Egitto prima di Cheope

Troppo poco si è parlato, in ambiente egittologico, della rivoluzionaria scoperta fatta dall’egittologa francese Christiane Desroches Noblecourt. Un ritrovamento essenziale, che ha contribuito a tracciare una nuova via di ricerca. Alcuni anni fa, nella Valle delle Regine, la studiosa s’imbatté in una grotta sacra. Dopo attenta analisi, Noblecourt disse che si trattava di un luogo di culto preistorico dedicato alla dea Hathor- Sothis. Nella caverna furono scoperti, tra le altre cose, dei disegni murali che rappresentavano una vacca cosmica cui si accompagnava il triangolo tipico del femminino sacro. Il nome originario della divinità simbolizzata dalla vacca e venerata in epoca predinastica - quella che più tardi sarebbe divenuta Hathor - non era soltanto Ahet, ma anche Bat o Beth, talvolta Nek-beth. Quest’ultimo appellativo definiva presso i nubiani la dea Neith e lo studioso Schlichting afferma con sicurezza che il culto dell’egizia Neith risale al periodo preistorico e protodinastico. La sua teoria è confermata dal ritrovamento di un vaso in una tomba di Naqada scavata tra il 4300 e il 4000 a.C. Su questo reperto è raffigurata la corona tipica della dea Neith. Ciò significa che si venerava Neith ben mille anni prima dell’inizio dell’epoca dinastica. L’egittologo Walter Emery lo conferma. Alla luce di tali ritrovamenti, si cristallizza una nuova immagine dell’Egitto predinastico, un’immagine sconosciuta ai più, eppure sempre più probabile. Si tratta di un mondo preistorico che si è sviluppato ed è fiorito, almeno in parte, sotto il segno del femminino sacro.

Cultura matrifocale
Alla divinità Seth che dominava incontrastata gli albori della storia egizia nell’Alto Egitto, si contrapponeva la battagliera Neith signora di Sais, di casa nella zona del Delta. Il suo simbolo era un arco con due frecce incrociate. Già molto tempo prima dell’unione delle Due Terre, era venerato un feticcio di Neith. Il tempio più antico che si conosca, eretto durante il regno del sovrano Hor Aha, era dedicato a lei. Emery rileva che molto probabilmente i re delle primissime dinastie giunti dal sud - i sovrani thiniti - si unirono in matrimonio con principesse del nord proprio allo scopo di legittimare il loro dominio su entrambe le terre, Alto e Basso Egitto. Inoltre va ricordato che tra i re predinastici appaiono diversi nomi femminili e sono tutte sovrane il cui nome conteneva quello della dea Neith: Meri-neith, Neith- hotep, Hor-neit. Fu forse lei la prima grande signora dell’Egitto? Quella la cui immagine nel corso dei secoli si sarebbe trasformata e poi smembrata in quella di Hathor, Iside e tutte le sorelle? In una sorta di sincretismo volto a perpetuare il ricordo della dea madre? A ciò si aggiunge l’enigma delle sepolture reali situate nelle necropoli badariane. Si è rilevato che diverse tombe d’imponenti dimensioni appartenminile. All’interno di molte sepolture sono state rinvenute statuette femminili di carattere sacro. Tutto ciò porta a supporre che queste popolazioni predinastiche abbiano venerato una dea della fertilità. Grazie al paziente lavoro di studiosi del calibro di Marija Gimbutas e Harald Haarmann, negli ultimi decenni si va cristallizzando la cultura della Vecchia Europa, la civiltà danubiana che si estendeva dai Balcani al Volga sin dal VII millennio prima di Cristo: tremila anni prima che avesse inizio la storia dell’Egitto e di Sumer. In base ai ritrovamenti fatti finora, la cultura della Vecchia Europa poggiava su una struttura di stampo ecumenico e matrifocale, vale a dire, in cui la donna rivestiva un ruolo particolarmente importante. Non si trattava di un matriarcato, uomo e donna avevano ruoli complementari in seno alla società. Queste comunità vivevano in modo socialmente egalitario, senza che ci fosse una classe dominante. Tutti i membri della comunità avevano accesso alle risorse naturali, si praticavano l’agricoltura e il commercio, non ci sono tracce di episodi violenti come guerre o distruzioni operate dalla mano dell’uomo. Le genti della Vecchia Europa abitavano città molto popolose, in case spaziose. Si riunivano in edifici sacri, vestivano in modo raffinato e... possedevano un sistema di scrittura. Più di duemila anni prima degli Egizi e dei Sumeri. È possibile che anche in Egitto, prima dell’epoca dinastica, ci fossero comunità ecumeniche matrifocali di questo tipo e che le regine del Delta fossero le ultime depositarie di tale passato nascosto? Pare proprio di sì. Così come la Vecchia Europa fu spazzata via dall’avvento di protoindoeuropei giunti dalle steppe del Volga, così l’Egitto preistorico fu rivoluzionato dall’arrivo dei Compagni di Horus. E chi erano questi Shemsu – Hor?

Horus, antico sovrano?
Già le prime steli dei re egizi, quelle lapidi erette dinanzi alle tombe delle necropoli più antiche che riportavano i nomi esotici di re Scorpione e re Toro, sono dominate dall’immagine del falcone Horus. Sotto l’animale appare la sagoma stilizzata della facciata di palazzo, detta serech, nella quale è inciso il nome del sovrano. Quest’usanza continuò sino alla fine della III dinastia. Ancora non esisteva la pratica di inscrivere il nome del faraone nel cartiglio - anello di forma ovale - che cominciò a prendere piede soltanto in un secondo tempo. Horus apriva dunque le sue ali nel cielo d’Egitto sin dagli albori dell’epoca dinastica. Sulla terra, il falcone era rappresentato dal regnante che si definiva “Horus vivente”, il figlio di Osiride. A Buto e Nechen, antiche capitali del regno, si venerava in primis Horus. Anzi, per porre l’accento sul legame stretto della divinità alata con Nechen, si usava l’espressione “Hor- necheny”, “Horus di Nechen”. Molto più tardi i Greci avrebbero chiamato questo nucleo cittadino Hierakonpolis, “Città del falco”. Ma Horus veniva detto anche “Hor - behedety”, e cioè “Horus di Behedet”, perché Behedet era uno dei tanti nomi che stavano a definire la città di Edfu. Dunque a Nechen ed Edfu/ Behedet s’innalzavano i principali complessi templari del meridione dedicati a Horus, mentre nella città di Buto si ergeva il santuario del Delta che, in tempi lontani, era stato dominio di Neith e poi divenne parte del complesso dell’Horus con l’arpione. Il personaggio di Horus si muove tra storia e leggenda. Nelle liste del sacerdote Manetone di Sebennytos, così come nel Canone di Torino, sono riportati i nomi dei primi re del Basso Egitto che corrispondono agli dèi dei primordi: Ptah, Ra, Shu, Geb, Osiride, Seth. Poi fanno capolino i semidei, sovrani dell’Alto Egitto. E, primus inter pares, appare Horus. Non è da escludersi che ci troviamo dinanzi alla mitizzazione di sovrani storici. Forse gli dèi che governarono sulle Due Terre nell’epoca più lontana, non sono altro che i re del “primo tempo”, quelli del “sep tepj”. Qualcosa di simile è accaduto in Mesopotamia con la figura di re Gilgamesh. Oggi sappiamo che questo sovrano, eroe del primo epos della storia, regnò veramente sulle città-stato di Sumer intorno al 2800 a.C. Sono state ritrovate delle iscrizioni nell’antichissima città di Kish che riguardano re Mebaraggesi e suo figlio Agga. I due si dicono rivali di Gilgamesh e parlano di battaglie condotte contro il sovrano. Altra prova della storicità di Gilgamesh è una tavoletta d’argilla scoperta a Nippur. Senza questi ritrovamenti, si sarebbe continuato a credere che Gilgamesh fosse soltanto il frutto della fantasia del letterato Sin-leqe-unnini. Invece oggi sappiamo con sicurezza che si tratta di un personaggio storico, anche se le vicende della sua esistenza furono arricchite di orpelli mitici. In Egitto, dove la vita si svolgeva soprattutto sulle rive del Nilo, che attraversava il Paese in tutta la sua lunghezza mentre il resto era deserto, i sovrani adempivano le visite di Stato, le cerimonie religiose e le esecuzioni giudiziarie spostandosi nelle loro imbarcazioni lungo il fiume. È logico quindi che possedessero diverse residenze in luoghi differenti, in cui soggiornare tra uno spostamento e l’altro. A Buto, l’odierna Tell el-Farahin, si trovava non soltanto il santuario del dio, ma anche un palazzo di re Horus. Lo provano importanti reperti: la scoperta delle fondamenta di un edificio labirintico di epoca predinastica operata dall’egittologo tedesco Thomas von der Way e alcune tavolette della I e della II Dinastia appartenenti ai sovrani Djer e Hetepsechemui, che definiscono tale edificio il palazzo dell’Horus con l’arpione.

Seth il rosso
Come abbiamo visto più sopra, il personaggio di Seth precede direttamente Horus sia nelle liste di Manetone sia nel Canone di Torino, mettendo fine alla dominazione degli dèi sulle Due Terre. Dunque dovette esserci un momento in cui Seth e Horus si trovarono a faccia a faccia: il momento di passaggio dal regno degli dèi a quello dei semidei. E, infatti, diversi miti teogonici raccontano delle lotte tra Seth e Horus, avvenute in seguito all’uccisione di Osiride compiuta da Seth, oppure alle sommosse organizzate da quest’ultimo allo scopo di impadronirsi del trono di Ra. Del resto i ritrovamenti archeologici confermano la lista di Manetone, giacché le origini di Seth sono più antiche di quelle di Horus. Seth di Ombos, detto anche “il rosso” probabilmente per la sua affinità con le roventi sabbie del deserto, è l’eterno nemico di Horus. Rappresentato con la testa di canide, fu descritto come una divinità dalla grande forza. Non per niente la forza fisica dei faraoni veniva spesso paragonata a quella di Seth. E dunque può essere che, come sostiene l’egittologo Walter Belz, il mito di Seth e Horus non sia altro che la trasposizione leggendaria delle lotte di due sovrani che rivaleggiarono per estendere i propri territori. Seth era forse, insieme con Neith, il portavoce di una cultura predinastica antecedente cui mise fine Horus. Si appellava il vincitore Horus come quello che giunse da lontano, spesso anche semplicemente: il lontano. Da dove giunse questo signore guerriero che riuscì a vincere Seth e Neith, a sottomettere sia l’Alto che il Basso Egitto e a fondare una dinastia di semidei? Diversi elementi sembrano indicare la sua provenienza da un Paese straniero. Nel Canone di Torino il regno di Horus è seguito da quello degli Shemsu-Hor, i Compagni di Horus. Molto si è dibattuto su questi personaggi. Probabilmente gli Shemsu furono i sovrani che seguirono il leggendario Horus sul trono delle Due Terre e che precedettero i re predinastici di cui abbiamo oggi conoscenza, quelli delle cosiddette “dinastie 0”. Senza dubbio si trattava di capi guerrieri, perché dobbiamo pensare che il personaggio di Horus non è mai stato quello di una divinità pacifica. Horus era il dio della battaglia, armato di arpione o clava, pronto a infilzare il serpente Apophis che minacciava la barca di Ra e - sulla famosa Paletta conservata al Museo Egizio del Cairo - a sgozzare i nemici di re Narmer con un mortifero colpo di grazia. Considerando il problema dell’identità degli Shemsu, Walter Emery scriveva: «... verso la fine del IV millennio a.C. il popolo che è noto nei miti come Shemsu- Hor corrispondeva ad una classe di aristocratici che governava l’intero Egitto». Mentre Wallis Budge, offrendo un’interpretazione propria e del tutto originale, tradusse il nome Shemsu- Hor con la definizione fabbri di Horus, preferendola a Compagni di Horus. E l’appellativo fabbri di Horus ci conduce alle misteriose officine del tempio di Edfu. Edfu si trova nelle sabbie dell’Alto Egitto, non lontano da Kom-el-Amar. Dal Regno Antico alla fine dell’epoca faraonica, Edfu era la capitale del secondo distretto. Oggi è meta obbligatoria dei turisti in crociera, perché in questa cittadina sorge il complesso templare più ben conservato di tutto l’Egitto. Del resto la costruzione degli edifici fu iniziata soltanto nel 237 a. C., quindi in epoca relativamente recente in rapporto a molti altri monumenti. Re Tolemeo III posò la prima pietra. I lavori di costruzione, più volte interrotti, si protrassero sino al 70 a.C., anno in cui avvenne la consacrazione del tempio. Prima del santuario tolemaico si ergevano in questo sito altri edifici sacri che risalivano con sicurezza almeno sino al Regno Antico, probabilmente anche al Predinastico Gli Egizi ritenevano che nelle cripte segrete del tempio fossero stati seppelliti addirittura gli dèi delle origini. Tutte le mura del complesso sono ricoperte di splendidi bassorilievi che illustrano cerimonie religiose ed episodi mitici della teogonia egizia.

La festa di Behedet
Una volta l’anno si celebrava la festa di Behedet: rappresentazione del viaggio della dea Hathor che, partita da Dendera, si recava con la sua imbarcazione a Edfu per incontrare il compagno Horus. Diverse navi si muovevano dunque in processione lungo il Nilo, trainando la barca che trasportava un simulacro della dea. Il viaggio durava circa quattro giorni e il momento culminante della festa era la visita alle tombe degli dèi di Edfu, e cioè di tutti quelli che avevano preceduto Horus sul trono delle Due Terre. Si pensava che Edfu fosse luogo della nascita di Horus. I geroglifici incisi sulle pareti del santuario raccontano che nella notte dei tempi, dalle acque melmose del Nun, a Edfu s’innalzò un colle e, dal canneto cresciuto sulla sommità di quest’altura, si librò in volo il falcone Horus. Nell’anno 100 a.C. un sacerdote fece incidere nel tempio il seguente testo: «Questa residenza perfetta, il distretto di Horus-Ra, è il suo orizzonte sulla terra. È la casa dell’apparizione di Sua Maestà, è il grande trono del suo Ka, su cui egli si mostra di giorno e su cui egli si addormenta la sera. È il santuario del figlio del sole protetto da Chepre, il luogo in cui il suo corpo viene nutrito sin dalle Origini. È la casa del falco, la residenza del sovrano, la tomba del falco dalle ali colorate. È il grande luogo degli dèi illustri (…) il colle originario di Horus». Dunque l’antica Behedet era il luogo di sepoltura degli dèi antichi, il luogo della nascita di Horus, il luogo del convegno annuale di Horus e Hathor. E non solo questo. Era anche il sito della battaglia tra Horus e i nemici di Ra. Gli dèi egizi, pur tornando eternamente in vita, andavano soggetti a malattie e morte. Gli antichi testi di Edfu raccontano che anche il vecchio Ra, alla fine del suo regno, era malato. Ne approfittarono i sudditi ribelli che lo attaccarono durante un suo soggiorno in Nubia. Ra chiamò subito in aiuto il figlio Horus. Ecco il racconto dei sacerdoti di Edfu: «Anno 363 del regno di Ra-Harachte, Signore dell’Alto e del Basso Egitto, che viva in eterno. Sua Maestà si trovava in Nubia. I suoi soldati (…) volevano ribellarsi. (…) Ra viaggiava nella sua barca e il suo seguito con lui. (…) Horus di Behedet si trovava nella barca di Ra e disse a suo padre Ra-Harachte: - Vedo i nemici che si ribellano contro il loro signore. Che la potenza del tuo ureo possa colpirli! - (…) Sua maestà Ra-Harachte disse: - Per il tuo ka, Horus di Behedet, figlio di Ra, nobile che nacque dal mio seme! Attacca subito il nemico che ti si para dinanzi!- Horus di Behedet volò verso l’orizzonte sotto le spoglie del grande disco alato del sole, e per questo lo si chiama ancora oggi “grande dio e signore del cielo”. Dopo che egli ebbe visto i nemici dal cielo, si mostrò ai loro volti quale toro Api. Infuriato, volse la fronte nella loro direzione. Allora quelli non potevano più vedere con i loro occhi, né sentire con i loro orecchi, e l’uno uccideva l’altro nel giro di un secondo, così che nessuno sopravvisse. Horus di Behedet giunse allora come il falco Schenebti dai molti colori, come sole alato, alla barca di Ra- Harachte. E Thot disse a Ra: - Signore degli déi, quello di Behedet è venuto quale falso Shenbti e grande sole alato e le sue braccia colpirono con forza i cattivi (…) E dunque Ra abbracciò Horus e lo strinse al petto (…) Horus di Behedet disse a Ra: Va’, o Ra, affinché tu veda che i tuoi nemici sono caduti. Sua maestà andò, e la dea Astarte con lui. Dopo che egli ebbe veduto che i nemici erano stesi a terra e le loro teste spaccate, Ra disse a Horus: Questo è un luogo piacevole (…) Ra disse poi a Thot: Questa è la punizione dei miei nemici (…)».

I fabbri di Horus
Horus volge minaccioso la propria fronte contro i nemici. Più avanti, in altre descrizioni della lotta, i sacerdoti saranno ancora più espliciti e parleranno chiaramente dell’ureo (cobra) posto sulla fronte di Horus, il tremendo strumento di morte che accecava e inceneriva i nemici con il suo alito infuocato. L’ureo era talmente importante, che i faraoni ne conservarono per sempre il simbolo, immortalandolo nel diadema che gli ornava la fronte. Di primo acchito sembrerebbe di aver a che fare con un’arma da fuoco ante litteram. Subito dopo si è tentati invece di confinare l’ureo inceneritore nel regno delle favole. Un dettaglio è tuttavia particolarmente intrigante. Negli scritti sacri l’ureo veniva paragonato all’occhio fiammeggiante di Horus «nato dal fuoco radioso e dalla mano di Ra». Cos’era questo “fuoco di Ra”? Poteva trattarsi della sacra fiamma del fabbro. Tanto più che Manetone stesso equiparò nelle sue liste Ptah – padre di Ra – al greco Efesto, il fabbro degli dèi. Il re avrebbe confezionato di sua mano un’arma imbattibile che inceneriva i nemici. La cosa diviene ancor più interessante se pensiamo che nel tempio di Edfu, come in altri complessi sacri, c’erano delle stanze adibite a officina e laboratorio chimico. Qui si preparavano gli incensi, si lavoravano i metalli e l’oro, serbando così il segreto dell’arte alla sola casta dei sacerdoti. Inoltre, nei racconti dei testi sacri di Edfu, appare continuamente un gruppo di persone strettamente legate a Horus: i Mesentju. Questi lottano a spalla a spalla con il sovrano contro i nemici. L’archeologo Gaston Maspero identificò i misteriosi compagni d’armi di Horus con dei fabbri nubiani. Anche gli Shemsu, secondo Wallis Budge, erano dei fabbri. Ancora un legame con l’officina di Ptah/Efesto. Abbiamo forse a che fare con una stessa funzione cui adempivano sia i Mesentju sia gli Shemsu- Hor? Fabbricare armi era essenziale in una società guerresca come quella fondata da Horus. Forse i Compagni di Horus introdussero in Egitto la metallurgia tipica delle stirpi protoindoeuropee che avevano messo fine alla Vecchia Europa.


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 Oggetto del messaggio: Re: Appunti e studi multidisciplinari
MessaggioInviato: 28/05/2022, 17:28 
ALDILA' - GLI INSEGNAMENTI DI TORO SEDUTO
Barbara Amadori
Scarica audio: Aldilà

Durante una dimostrazione pubblica, organizzata in Sardegna nel 2008, Barbara Amadori percepisce un lungo suono di tamburi e la presenza di una Guida Spirituale, un bisbiglio da tempo rimasto sullo sfondo. Molti dal pubblico intravedono la comparsa di una figura accanto a lei. Gli statunitensi lo chiamavamo Sitting Bull, per la sua tribù era Tatanka Iyotake. Lui è Toro Seduto.

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 Oggetto del messaggio: Re: Appunti e studi multidisciplinari
MessaggioInviato: 29/05/2022, 11:46 
ANTICO E NUOVO TESTAMENTO - LIBRI SENZA DIO
Mauro Biglino
Scarica: Antico e nuovo testamento - Libri senza Dio

Per l’Antico Testamento, i detentori della conoscenza hanno raccontato ciò che veramente contiene? Per quanto concerne invece il Nuovo Testamento, come si comprenderà dal contenuto del lavoro, la domanda è necessariamente diversa: gli autori hanno scritto il vero?
Per l’Antico Testamento non si sono limitati a non raccontare, ma sono andati ben oltre e hanno deliberatamente e spudoratamente inventato ciò che non c’è. Per il Nuovo Testamento gli autori dell’inganno sono stati innanzitutto gli estensori, coloro che hanno inventato la figura cristica che è ben diversa dalla figura storica del predicatore giudeo messianista.
In questo libro si trovano anche risposte a critiche e osservazioni che i rappresentanti delle diverse, e spesso contraddittorie, dottrine hanno rivolto alle ipotesi contenute nei suoi precedenti lavori.
Un percorso che parte dal primo versetto della Genesi per arrivare a riflettere, sia pure per il momento molto sinteticamente, sull’inganno finale: da Adamo a Gesù dunque, che qui viene affrontato.


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 Oggetto del messaggio: Re: Appunti e studi multidisciplinari
MessaggioInviato: 29/05/2022, 11:50 
ALEISTER CROWLEY E DION FORTUNE
Dorian Bones, Vee, Alan Richardson e Chiara Orlandini
Scarica audio: Aleister Crowley e Dion Fortune

"Aleister Crowley e Dion Fortune", scritto da Alan Richardson, è un'interessante e inedita biografia comparata dei due più importanti maghi del secolo scorso, le cui interazioni hanno stimolato l'evoluzione dell'esoterismo moderno.
A entrambi dobbiamo un profondo lavoro esoterico che influisce tuttora sull’operato dei maghi contemporanei, nonché la migliore produzione mai esistita di libri di esoterismo. In questo senso, i due continuano a esercitare una potente influenza anche su tutti noi.
Aleister Crowley e Dion Fortune sono state due delle figure più controverse e potenti dell’occultismo del XX secolo. Essi erano legati da un unico raggio di luce, il magick attorno al quale le loro vite si avvilupparono, attorcigliarono e incrociarono come i serpenti gemelli del caduceo. Spesso si rispecchiarono, talvolta si unirono, sempre si bilanciarono.
Questa biografia provocatoria, scritta da un occultista esperto, si basa su ricerche di materiali inediti che rivelano aspetti sconosciuti del rapporto tra Crowley e Fortune, del loro ruolo come precursori di radiccambiamenti culturali – anticipando il movimento delle donne, la rivoluzione sessuale e la controcultura degli anni ’60 – e di come hanno provocato inaspettati ascendenti sulla cultura odierna.

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 Oggetto del messaggio: Re: Appunti e studi multidisciplinari
MessaggioInviato: 30/05/2022, 18:11 
ALESSANDRO MAGNO, TECNOLOGIE E AIUTI ULTRATERRENI
Marco Enrico De Graya e Gianluca Lamberti
Scarica audio: Alessadro Magno, tecnolgie e aiuti ultraterreni

Abbiamo analizzato la figura storica di Alessandro Magno con tutti i riferimenti "dell'oltre", del lato ultraterreno, le tecnologie usate, gli "oggetti volanti" e chi più ne ha più ne metta.

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 Oggetto del messaggio: Re: Appunti e studi multidisciplinari
MessaggioInviato: 31/05/2022, 20:51 
AUTOBIOGRAFIA DI UNO YOGI
Paramhansa Yogananda
Scarica: Autobiografia di uno yogi

Ci sono libri che hanno il potere di trasformare l’esistenza. Libri capaci di spalancare le finestre dell’anima. Libri rari.
È il caso di Autobiografia di uno yogi, il capolavoro del grande maestro indiano Paramhansa Yogananda, annoverato tra i cento libri di spiritualità più importanti del ventesimo secolo, con oltre 20 milioni di copie vendute nel mondo.
La sua pubblicazione nel 1946 produsse un’autentica rivoluzione spirituale e a distanza di oltre 70 anni quest’opera rimane un bestseller senza tempo: ha ispirato migliaia di vite; ha contribuito a unire la cultura spirituale dell’Oriente e dell’Occidente; ha spiegato
e introdotto il mondo affascinante dello Yoga alla società occidentale, forse come nessun’altra opera prima d’allora; ha sottolineato apertamente l’unione tra Cristianesimo e Yoga; ha evidenziato l’armonia tra la scienza moderna e la vera spiritualità; è stato scritto da un autore di vera visione cosmica, come ne esistono pochi.


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 Oggetto del messaggio: Re: Appunti e studi multidisciplinari
MessaggioInviato: 02/06/2022, 15:41 
LA SOFISTICAZIONE DI SOROS E LA LOTTA PER PLASMARE UNA NUOVA SCIENZA ECONOMICA
Fonte:https://www.nexusedizioni.it/it/CT/la-sofisticazione-di-soros-e-la-lotta-per-plasmare-una-nuova-scienza-economica-6187
Articolo di Matthew Ehret
Scarica: La sofisticazione di Soros e la lotta per plasmare una nuova scienza economica

Nei miei precedenti articoli The Great Reset Fraud e Putin's Anti-Fascist Open System and You, ho sottolineato che il crollo del sistema transatlantico ha fatto precipitare una marea di "false soluzioni" promosse da quegli stessi piromani che hanno fatto molto per darlo alle fiamme in un'economia post-industriale in bolla per molti decenni. 
La forma di queste false soluzioni ha preso la forma del Green New Deal, che propone di utilizzare la duplice crisi economica e la pandemia del COVID-19 per accelerare la transizione verso un ordine mondiale de-carbonizzato, guidato da reti energetiche green, sistemi di tassazione cap and trade/carbonio e riduzione generale della popolazione. L'insipida prospettiva alla base di questo paradigma è radicata in una devota misantropia che mira a risolvere i problemi dell'umanità instaurando un regime post-statale a gestione tecnocratica. 
L'altro paradigma avanzato dai presidenti Putin e Xi Jinping è, in parole povere, un'alleanza multipolare sotto lo spirito guida della "Belt and Road" o "Via della Seta". Sulla base delle loro parole e delle loro azioni, entrambi i leader si sono impegnati ad adottare modelli di sistema aperti, basati sull'idea che le risorse e la crescita sono limitate solo dalle capacità cognitive dei membri delle loro nazioni. Vasti megaprogetti guidati da ferrovie ad alta velocità, programmi idrici e sviluppo spaziale evidenziano nella pratica come la loro visione anti-malthusiana si sia espressa in tempo reale, dal momento che 135 nazioni hanno già aderito al quadro a vari livelli e centinaia di milioni di persone sono state sottratte alla povertà. 

L'Istituto per il Nuovo Pensiero Economico
Oggi vorrei affrontare una parte spesso trascurata ma molto importante di quelle false soluzioni in modo un po' più dettagliato. Ciò comporterà sfortunatamente l'esame della mente inquietante di George Soros e di un'organizzazione con sede a Oxford che questo miliardario, miliardario, finanziatore del cambio di regime, amante del governo mondiale e strisciante anti-nazione ha co-fondato nel 2008 e intitolato  Institute For New Economic Pensare (INET).
Fondato nel 2008, l'Istituto per il Nuovo Pensiero Economico è stato progettato per assorbire, in un ambiente controllato in cui verrebbero concessi loro un'apparente (ma non reale) libertà e finanziamenti, giovani menti creative che potrebbero altrimenti fare scoperte effettive nel campo della scienza economica. In questo ambiente, sarebbero stati liberi di innovare nuove teorie economiche alternative, purché adottassero alcuni presupposti e assiomi specifici favorevoli alle società oligarchiche impegnate nella crescita zero e nel pensiero del sistema chiuso.
L'idea alla base di INET era semplice: Il crollo del 2008-2009 ha garantito che si sarebbero cercate nuove idee per spegnere l'incendio imminente, poiché le pecore si sarebbero risvegliate in massa sotto il caos dell'ordine in rovina, e bisognava creare una rete ampia per catturare tutti i pesci che saltavano fuori dallo stagno in cerca di nuove idee. 
Tra gli altri co-fondatori figurano Jim Balsillie e William Janeway, mentre l'ex presidente dell'INEP è nientemeno che Lord Adair Turner. 
Balsillie è un miliardario canadese che ha gestito il Canadian Roundtable Group, ribattezzato Canadian International Council (CIC) dopo la fusione con il suo Center for International Governance Innovation (CIGI) nel 2007. Lavorando in tandem con la Chatham House americana (alias: il CFR), Balsillie ha dichiarato nel 2007: 
"Ho guidato la creazione del Consiglio internazionale canadese (CIC) a livello canadese. Gli americani hanno il loro potente Council on Foreign Relations, che offre un'analisi non di parte delle questioni internazionali e integra i leader d'impresa con i migliori ricercatori e leader delle politiche pubbliche".  
Janeway è un professore di Cambridge e amministratore delegato di Warburg Princus capital management (sì, la stessa famiglia bancaria Warburg che è stata beccata a finanziare Hitler), mentre Lord Turner è l'ex capo regolatore della City di Londra dal 2008 al 2013, che per primo ha introdotto la legislazione per un Green New Deal nel parlamento britannico nel 2009 e attualmente è presidente della Global Energy Transitions Commission. Tra gli altri membri del consiglio di amministrazione dell'INEP figurano Drummond Pike (fondatore della Tides Foundation di Soros), Rohinton Medhora (presidente del CIGI di Balsillie) e Rob Johnson (ex amministratore delegato del Soros Fund Management). 

I sofismi di Soros/Popper dietro INET
In un'intervista del 2010 con Chrystia Freeland, Soros ha descritto lo scopo del nuovo Istituto nei seguenti termini. 
"È un tentativo di far sì che gli economisti ripensino i fondamenti stessi dell'economia, perché è emerso che la teoria macroeconomica è crollata. La crisi finanziaria ha dimostrato che è del tutto inadeguata a fare qualsiasi tipo di previsione sul futuro, e deve essere ripensata a partire dai suoi fondamenti". 
Nell'intervista Soros spiega che l'economia è in crisi a causa della falsa convinzione che il campo possa essere trattato come una scienza dura come la fisica o la biologia con leggi newtoniane immutabili. Ma poiché il campo dell'economia è plasmato dal pensiero umano, che a sua volta è governato da sentimenti e passioni irrazionali, non potrà mai essere "una vera scienza". Ciò che la rende ancora più problematica, secondo Soros, è che anche i concetti apparentemente "scientifici" emanati dalla ragione sono intrinsecamente falsi e quindi qualsiasi azione causata da questi pensieri intrinsecamente falsi è naturalmente distruttiva e ci mette in un disequilibrio. 
A differenza delle molecole in una camera a gas, che obbediscono a leggi specifiche, gli esseri umani agiscono sulla camera dell'economia in modo tale da modificare a volte sia il contorno della camera sia di riflesso i pensieri degli stessi partecipanti. Soros ama usare l'esempio di un tossicodipendente. 
In una conferenza dell'ottobre 2010 sulla sua Teoria generale della riflessività, Soros descrive il problema di giudicare una persona come un criminale spacciatore di droga e che questo pensiero/giudizio, manifestato in leggi e azioni, farà sì che lo spacciatore si comporti come un criminale. Il pensiero/giudizio modella quindi il risultato. Soros sostiene che se solo si depenalizzassero le droghe, si eliminerebbe ogni giudizio e quindi si eliminerebbe il comportamento criminale e quindi nessun crimine. I criminali si comporterebbero in modo rispettabile, i signori della droga diventerebbero normali uomini d'affari e i tossicodipendenti sarebbero come qualsiasi persona "normale" che vive la propria vita come meglio crede. 
Soros, che ama considerarsi un filosofo profondo, ha avanzato la sua Teoria generale della riflessività che, come spiega nelle sue conferenze, si basa su due presupposti: 

1. La visione del mondo da parte del partecipante è sempre parziale e distorta (che egli chiama "principio di fallibilità").

2. "Questi punti di vista distorti possono influenzare la situazione a cui si riferiscono, perché i punti di vista falsi portano ad azioni inappropriate". (il "principio di riflessività" di Soros). 

3. Poiché ogni idea modella il sistema in modo sempre più inappropriato, questi "costrutti mentali assumono un'esistenza propria complicando ulteriormente la situazione". Questa crescita di pensieri falsi e azioni false porta a un estremo squilibrio e quindi all'inevitabile collasso dei sistemi. 
Rob Johnson, co-controllore di Soros dell'INEP, ha affermato che dobbiamo "riattaccare i nostri modelli al contesto di incertezza radicale". 

Non bisogna sforzarsi di immaginare perché un sociopatico come Soros sia stato attratto da questa serie di concetti. Nella sua conferenza del 2010, Soros ha dichiarato: "Ho iniziato a sviluppare la mia filosofia come studente alla London School of Economics alla fine degli anni '50... sotto la guida di Karl Popper", il quale sosteneva [nel suo libro Open Society and its Enemies -ed] che "la verità empirica non può essere conosciuta con assoluta certezza... Anche le leggi scientifiche non possono essere verificate". Sollevata dal peso della verità, la coscienza di una persona è libera dalle pene che deriverebbero dall'aver commesso il male. 
Come descritto in una famigerata intervista di 60 Minutes, Soros ha dichiarato di non provare alcun rimorso per aver collaborato con i nazisti alla confisca delle proprietà degli ebrei uccisi quando era adolescente e viveva nell'Ungheria del 1944, ma di averlo descritto come "il periodo più bello della sua vita". Quando l'intervistatore ha chiesto a Soros di approfondire, lui ha sorriso e ha dichiarato: "È come nei mercati. Se non fossi lì... qualcun altro se lo porterebbe via comunque". 
Tenete presente che queste non erano le riflessioni di un vecchio che pensava alla sua lotta per la sopravvivenza da ragazzo nell'Ungheria controllata dai nazisti, ma erano i pensieri maturi di uno speculatore internazionale che aveva fatto miliardi distruggendo nazioni scommettendo contro le loro valute. La mente contorta di Soros concludeva: "Si tratta solo di fare soldi. Se la gente muore di fame o i governi cadono nel caos, che importa? È legale e quindi non sono certo un criminale". 
(A questo punto la persona pensante riconoscerebbe subito che la stessa teoria di Soros si infrange, poiché anche se le sue azioni non sono state etichettate come criminali dal sistema giudiziario, egli ha continuato ad agire come un criminale). 

Unire l'incertezza radicale con la stabilità
Nel promuovere la convinzione di una "incertezza radicale", Soros ha dichiarato nel 2012 che l'obiettivo di INET è che "l'ipotesi di aspettative razionali e di comportamenti razionali venga effettivamente abbandonata". 
Soros descrive come "l'idea che la stabilità debba essere un obiettivo delle politiche pubbliche, che al momento non è generalmente accettata, diventerà più riconosciuta". 
Qui sorge un nuovo paradosso... 
Come può un sistema basato su una radicale incertezza essere guidato dalla stabilità? Da dove nascerebbe questa stabilità? Chi la imporrà? Quali standard potrebbero essere utilizzati? Nella visione del mondo di Soros, tutti gli standard non sono intrinsecamente non veritieri? 
La risposta a queste domande è più semplice di quanto si possa immaginare: 
1) le masse dovranno imporla a sé stesse e 2) l'élite manageriale di alto livello, nascosta dietro un'invisibile volontà di "complessità", controllerà la "stabilità" del sistema dall'alto, come divinità che spadroneggiano sui servi della gleba in quello che Aldous Huxley una volta chiamò il Campo di Concentramento senza lacrime. 
Nella visione di Soros e dell'INET, ciò assumerà la forma del Green New Deal e non è in alcun modo scollegato dai finanziamenti filantropici per i quali Soros è diventato famoso negli ultimi decenni. Un brillante articolo del 1998 di Jim Jatras ha identificato questa omogeneizzazione della cultura finanziata da personaggi come Soros come "Fascismo arcobaleno".
Lavorando in tandem con le Nazioni Unite, l'INET ha sponsorizzato una scuola estiva 2019 per giovani economisti di talento intitolata “La soluzione è un Green New Deal globale?”. (con il programma cablato per portare i partecipanti alla conclusione che "sì... ovviamente").  
Nel gennaio 2020, Soros ha impegnato 1 miliardo di dollari per avviare una "Università globale... per combattere i governi autoritari e il cambiamento climatico, definendoli due sfide gemelle che minacciano la sopravvivenza della nostra civiltà", con particolare attenzione a Trump, Xi Jinping e al Presidente Putin. 
Forse se Soros avesse studiato di più Max Planck da giovane, invece di perdere tempo con l'immoralista Karl Popper, avrebbe messo in moto una serie di idee diverse che avrebbero fatto più bene al mondo e alla sua stessa anima rispetto ai concetti misantropici che ha scelto per guidare la sua vita. 

Max Planck contro Karl Popper
Alle prese con gli stessi problemi di Popper e Soros, il grande scienziato, musicista e filosofo Max Planck (1858-1947) adottò un approccio molto diverso per risolvere i paradossi di Soros/Popper quando affrontò il vecchio paradosso dell'esistenza del libero arbitrio in un universo regolato da leggi. Come possono essere veri entrambi gli stati di esistenza? 
Planck era attanagliato da questa domanda fin da giovane adolescente e scelse di affrontarla nel modo più creativo: Invece di seguire il consiglio del suo cinico insegnante che riteneva che non si potesse scoprire nulla di più in fisica e che avrebbe dovuto abbandonare le sue ambizioni scientifiche per una carriera più redditizia, Planck dedicò la sua vita alla causa della saggezza e cercò di scoprire i principi creativi dell'universo. La sua passione si manifestò nella scoperta del quanto d'azione (costante di Planck), creando un nuovo campo scientifico della microfisica e sfruttando l'energia atomica per uso umano. Planck dimostrò che la capacità della mente di comprendere e agire sulle leggi della creazione faceva sì che l'universo stesso rispondesse innalzando le condizioni limite dell'umanità (consentendo alla nostra specie di sostenere un maggior numero di persone con qualità di vita e potere cognitivo superiori grazie al progresso scientifico e tecnologico). 
Pronunciandosi contro l'abbandono della causalità che stava guadagnando popolarità negli anni '30 con l'ascesa della scuola statistica/probabilistica di Copenhagen di Neils Bohr e Max Heisenberg (su cui Soros e Popper basano le loro teorie), Planck sostenne nella sua Filosofia della fisica del 1935 che: 
“Il motivo per cui le misurazioni della fisica atomica non sono esatte non deve necessariamente essere ricercato in un eventuale fallimento della causalità. Può anche consistere nella formulazione di concetti errati e quindi di domande inadeguate”.
Nello stesso saggio Planck sosteneva che la corruzione della scienza (divenuta molto più profonda 80 anni dopo) era legata a due errori fondamentali: 
1) L'imposizione della matematica in posizione dominante rispetto alla fisica, che induceva gli scienziati a cercare di "incastrare" la realtà fisica nella gabbia limitata (e spesso errata) del loro linguaggio matematico e 
2) la tendenza a svincolare la mente soggettiva dello scienziato dall'equazione dell'universo oggettivo che la sua mente stava indagando. A questo proposito, Planck disse: 
"Nel trattare la struttura di qualsiasi scienza, si è constatato che esiste un'interconnessione reciproca tra giudizi epistemologici e giudizi di valore, e che nessuna scienza può essere completamente disgiunta dalla personalità degli scienziati". 
Verso la fine della sua vita, Max Planck si sforzò con passione di reinfondere nella pratica scientifica il senso di onestà e di amore che ha animato le più grandi scoperte della storia umana, comprese le sue scoperte dei quanti e della costante di Planck. 
In entrambe le sue incredibili opere "Filosofia della fisica" (1935) e "Dove va la scienza?" (1932), Planck sostiene che il paradosso della dualità onda-particella può essere risolto solo infondendo nell'equazione il senso della mente dell'indagatore e rimuovendo il muro concettuale che divide l'osservato dall'osservatore. 
Per chiarire il paradosso onda-particella e la risoluzione di Planck: 
A differenza di un pianeta o di un altro proiettile, la velocità e la posizione di un fotone di luce non possono essere misurate simultaneamente (perché nel momento in cui si cerca di "vedere" un fotone, quei fotoni che "colpiscono" l'"oggetto" osservato per essere restituiti all'occhio dell'osservatore cambiano la posizione di quell'oggetto). Planck afferma che la soluzione a questo problema non deve essere trovata assumendo pigramente che la luce debba semplicemente avere due identità opposte di onda e particella, né che la verità della sua essenza non possa essere conosciuta, ma piuttosto che le definizioni stesse di onda, particella, così come la mente stessa, devono essere raffinate trattando scientificamente la questione del libero arbitrio... perché questo è l'unico caso conosciuto, oltre a quello di un fotone osservato, in cui l'atto di osservare, cambia ciò che viene osservato. Planck afferma che: 
"Possiamo forse occuparci del libero arbitrio. Considerata soggettivamente, la volontà, nella misura in cui guarda al futuro, non è determinata in senso causale, perché qualsiasi cognizione della volontà del soggetto agisce essa stessa causalmente sulla volontà, cosicché qualsiasi cognizione definitiva di un nesso causale fisso è fuori questione. In altre parole, potremmo dire che guardata dall'esterno (oggettivamente), la volontà è causalmente determinata, e che guardata dall'interno (soggettivamente) è libera". 
“Una buona ipotesi di lavoro è essenziale per qualsiasi indagine. Stando così le cose, ci troviamo di fronte alla difficile domanda su come ci si deve muovere per trovare l'ipotesi più adatta. Per questo non ci può essere una regola generale. Il pensiero logico di per sé non è sufficiente, nemmeno quando ha un corpo di esperienza eccezionalmente ampio e multiforme per aiutarlo. L'unico metodo possibile consiste nell'afferrare immediatamente il problema o nel cogliere qualche idea felice. Un tale salto intellettuale può essere compiuto solo da un'immaginazione viva e indipendente e da un forte potere creativo, guidato da una conoscenza esatta dei fatti dati affinché segua la retta via.
Mentre Planck era un abile pianista, Einstein parlava incessantemente dell'importanza dell'adesione della sua anima alla musica classica e del suo amore per suonare Mozart con il suo violino. Entrambi gli uomini suonavano insieme frequentemente ed entrambi hanno testimoniato il ruolo vitale dell'esecuzione della musica classica nel consentire loro di saltare oltre i vincoli del ragionamento logico deduttivo/induttivo (alias: matematica formale) che aveva impedito loro di formulare ipotesi fruttuose.
Sul ruolo della musica nella scoperta scientifica Einstein disse: 
“La teoria della relatività mi è venuta in mente per intuizione e la musica è la forza trainante di questa intuizione. I miei genitori mi hanno fatto studiare il violino da quando avevo sei anni. La mia nuova scoperta è il risultato della percezione musicale".
In un altro saggio, Einstein è andato ancora oltre descrivendo il ruolo di una causalità in una fuga di Bach come chiave maestra per sbloccare i problemi matematicamente irrisolvibili del quanto e della causalità più in generale: 
“Credo che gli eventi in natura siano controllati da una legge molto più rigida e strettamente vincolante di quanto sospettiamo oggi, quando parliamo di un evento come causa di un altro. Il nostro concetto qui è limitato a uno che accade all'interno di una sezione temporale. È sezionato dall'intero processo. Il nostro attuale modo approssimativo di applicare il principio di causalità è piuttosto superficiale... Siamo come un bambino che giudica una poesia dalla sua rima, e non dal suo ritmo. Oppure siamo come un giovane studente al pianoforte che mette in relazione una nota con quella che immediatamente precede o segue. In una certa misura, questo può andare molto bene, quando si tratta di composizioni semplici; ma non va bene per l'interpretazione di una fuga di Bach. La fisica quantistica ci ha presentato processi molto complessi e, per soddisfarli, dobbiamo ampliare e perfezionare ulteriormente il nostro concetto di causalità".
A conoscenza di questo autore, in nessun luogo questa idea è stata espressa al meglio nella nostra epoca moderna nel breve video di 17 minuti Is the Past Fixed?

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Riportare la mente al posto di guida
Invece di una nuova era di scoperte nei viaggi spaziali, nello sviluppo pacifico e nelle scoperte atomiche, come immaginato da John F. Kennedy o Charles De Gaulle, il XX secolo ha visto la formazione di un nuovo sacerdozio scientifico, trasformato in un culto della società dei consumi che cerca di "vivere per sempre nell'inafferrabile adesso"... ignorando il passato, temendo il futuro e disprezzando la natura umana. Sono sorti pazzi e zombie come Karl Popper e George Soros per mettere in atto una serie di idee che rifiutavano quel metodo di pensiero, che si era dimostrato fruttuoso, guidato da scienziati come Einstein, Planck e il grande biogeochimico Vladimir Vernadsky, i quali erano giunti alla conclusione che se la pura logica deduttiva/induttiva non riesce a produrre la verità, allora è meglio trovare una definizione migliore di verità piuttosto che presumere pigramente che non esista.
Così, mentre l'umanità viene trascinata da un migliore paradigma del sistema aperto guidato da Vladimir Putin, Xi Jinping e altri leader dell'Alleanza multipolare, ricordiamoci delle sagge parole di Planck, la cui intuizione sulla condizione umana non può essere rivisitata troppo spesso: 
"La scienza non può risolvere il mistero ultimo della natura, e questo perché, in ultima analisi, noi stessi siamo parte della natura, e quindi parte del mistero che stiamo cercando di risolvere". Anche la musica e l'arte sono, in un certo senso, tentativi di risolvere, o almeno di esprimere, quel mistero. Ma a mio avviso, più progrediamo con l'una o l'altra, più ci mettiamo in armonia con la natura stessa. E questo è uno dei grandi servizi della scienza all'individuo". 
 
L'autore ha tenuto una conferenza del 2015 su questo argomento intitolata Planck vs Russell: A Battle for Causality in the 20th Century, che può essere visualizzata qui:

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ALIENI E PSICO SETTE
Giorgio Di Salvo e Vincenzo D'Amato
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Una diretta interessante insieme a l'amico Vincenzo D'Amato.
Affrontiamo insieme, attraverso un'analisi dettagliata, le relazioni tra le varie psico sette comparandole alle maggiori fratellanze cosmiche.

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MessaggioInviato: 05/06/2022, 12:09 
ALIENI, DEMONI E SPIRITI
Gianluca Marletta e Marco Maculotti
Scarica audio: Alieni, demoni e spiriti

Nel suo saggio “Ufo e Alieni. Origine, storia e prodigi di una pseudo-religione” (Irfan Edizioni, 2017) e prima ancora in “Extraterrestri. Le radici occulte di un mito moderno” (Rubettino, 2011, scritto a quattro mani con Enzo Pennetta), Gianluca Marletta affronta la questione “alienologica” a partire da una prospettiva variegata, con contributi tratti dall'antropologia, dalla scienza, dalla cronaca, dalla teologia e dalla metafisica. Una vicenda sconcertante e misconosciuta ai più che attraversa un secolo di storia e di immaginario moderni: dai legami tra Positivismo e Occultismo alla nascita del "mito extraterrestre"; dallo Spiritismo agli "alieni transdimensionali" di Crowley; dai primi avvistamenti UFO alle "tecnologie segrete" del Dopoguerra; dall'Ipotesi Extraterrestre a quella Parafisica e Demonologica; dal fenomeno dei "rapimenti" a quello delle possessioni.

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MessaggioInviato: 05/06/2022, 12:14 
I MAESTRI DEI
Maurizio Martinelli
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MessaggioInviato: 10/06/2022, 18:59 
ALTA MAGICK
Damien Echols, Chiara Orlandini, Dorian Bones e Valentina
Scarica audio: Alta Magick

Damien Echols (1974 - USA) è stato condannato a morte a 18 anni per un crimine che non aveva commesso. Mentre era nel braccio della morte ha iniziato le pratiche magiche che gli hanno salvato la vita. Oggi, finalmente libero, vive a New York, è artista e insegna la Magick.
Secondo Echols: “La Magick non è un percorso per seguaci; è per chi dubita, per i ricercatori e per chiunque non riesca ad accettare dogmi e risposte predefinite. È per chi sente il desiderio di andare oltre la superficie della realtà e vedere cosa si nasconde sotto”. Mentre era in prigione, Echols ha usato la Magick per limitare il terribile dolore, la disperazione e l’isolamento, fino a mettere in moto il processo che lo ha condotto alla libertà.
Il testo "ALTA MAGICK" contiene le potenti pratiche spirituali che gli hanno salvato la vita. Insegna le tecniche respiratorie per incanalare le energie sottili, quelle del Pilastro Mediano e della Croce Cabalistica, i Rituali minori del pentagramma e molte altre pratiche per rafforzarsi e manifestare i propri obiettivi e desideri, attraverso una magia etica che avvicina alla fonte del creato.

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