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MessaggioInviato: 12/10/2021, 10:12 
IL FENOMENO DELLE PARALISI DEL SONNO: INTERPRETAZIONI FOLKLORICHE E IPOTESI RECENTI
Articolo di Marco Maculotti
Fonte: https://axismundi.blog/2016/04/07/il-fenomeno-della-paralisi-nel-sonno-interpretazioni-folkloriche-e-ipotesi-recenti/
Scarica: Il fenomeno delle paralisi del sonno - Interpretazioni folkloriche e ipotesi recenti.pdf [131.75 KiB]
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La paralisi nel sonno, detta anche allucinazione ipnagogica, è un disturbo del sonno in cui, a cavallo tra il sonno e la veglia (quindi nel momento prima di addormentarsi o nell’istante precedente il risveglio) ci si trova improvvisamente impossibilitati a muoversi. Il più delle volte, da quanto afferma chi soffre di questo disturbo, la paralisi ha inizio con una sensazione di formicolio che attraversa il corpo, arrivando fino alla testa, al cui interno il soggetto avverte una specie di ronzio «come di uno sciame d’api» oppure un suono simile a quello di una lavatrice o ancora un «battere e stridere di oggetti metallici». Spesso la vittima di tale esperienza prova a gridare per chiedere aiuto, riuscendo tutt’al più a sussurrare debolmente, provando inoltre la sgradevole sensazione di sentire la propria voce soffocata da qualcosa di anomalo.
Sovente, se la vittima si trova a letto con qualcuno, quest’ultimo non può accorgersi di nulla, al punto che sovente nemmeno i fenomeni più disturbanti (suoni e rumori terrificanti, voci incomprensibili, talvolta persino strane luci innaturali proveniente dall’esterno) riescono a destare l’attenzione di chi non subisce l’episodio in prima persona. Può anche capitare che il succube (che, se un tempo era il nome per indicare la misteriosa entità causante il fenomeno, ora è invece il termine con cui la scienza medica si riferisce alla ‘vittima’) oda voci familiari—o, talvolta, persino ‘demoniache’—chiamarlo, o discutere tra di loro alle spalle del soggetto o, peggio ancora, sussurrargli vicino al collo, spesso da dietro le spalle, con voce inquietante.
La scienza ritiene che questo stato anomalo sia dovuto alla persistenza dello stato di atonia che i muscoli presentano durante il sonno ed è causato da una discordanza tra la mente e il corpo: con la conseguenza che, sebbene il cervello sia attivo e cosciente e il soggetto riesca spesso a vedere e percepire chiaramente ciò che lo circonda, nonostante ciò il corpo permane in uno stato di riposo assoluto, al punto che qualsiasi movimento gli è precluso per tutta la durata dell’esperienza. Naturalmente, la scienza nega la realtà delle esperienze provate durante questa misteriosa esperienza, riducendole a mere allucinazioni causate da altrettanto misteriose alterazioni dell’equilibrio cerebrale dei soggetti, che si verificherebbero nel momento esatto del passaggio tra la veglia e il sonno—e viceversa.
Molti sono del parere, tuttavia, che l’analisi del fenomeno non sia possibile esclusivamente per mezzo degli strumenti strettamente considerati ‘scientifici’. Alcuni fanno notare che il fenomeno non è affatto recente né unicamente tipico della nostra era: dall’alba dei tempi, infatti, individui delle più svariate provenienze geografiche ed epoche storiche hanno vissuto l’esperienza che oggi prende il nome di «paralisi nel sonno» e hanno provato a decifrarla con i mezzi che avevano a disposizione, cercando di dare ad essa un senso coerente con la propria visione del mondo. Da parte nostra, notiamo come effettivamente l’analisi comparata-sincretica della totalità delle tradizioni folkloriche esistenti sul nostro pianeta lascia intravedere un pattern ben definito che non si può giustificare in maniera esaustiva riducendo l’esperienza a una mera allucinazione irreale, priva di alcun fondamento effettivo.
I miti e le cronache del folklore ci hanno trasmesso con estrema chiarezza il modo in cui gli antichi inquadravano questo fenomeno: sorprendentemente, tutte le cronache e le leggende dell’antichità sono concordi nell’affermare che responsabile di queste inquietanti esperienze è un certo tipo di entità astrali—talvolta etichettate dalla mentalità moderna come ‘spiriti’, altre volte come ‘demoni’, sovente anche come ‘fairies‘ et similia—che conducono i propri attacchi unicamente durante la notte, spesso premendo sul corpo della vittima dormiente e talvolta intrattenendo con il soggetto un rapporto di tipo sessuale. Tali entità, nelle varie culture, sono state denominate in numerosi modi, i più noti dei quali a noi occidentali sono quelli di derivazione latina: ‘succubi’, ‘incubi’ e ‘larve’.

CREDENZE FOLKLORICHE

EUROPA SETTENTRIONALE
Nella cultura popolare islandese chi soffriva di paralisi nel sonno veniva generalmente creduto posseduto da un mara, un folletto o succube (dal momento che è generalmente femminile) che si credeva fosse in grado di provocare incubi (l’origine del termine anglosassone ‘nightmare‘ deriva dall’unione del termine ‘notte’ con il nome di questa misteriosa entità). La stessa denominazione per lo stesso fenomeno si rinviene nel norvegese antico, nel faroese, e nello svedese. Inoltre, la radice mar—, usata per indicare le medesime credenze, si ritrova in una miriade di altri paesi dell’area europea, continentale come insulare. Nella lingua proto-germanica il suo nome era maron, nell’antico inglese mære, in tedesco mahr, in olandese merrie, in danese mare, nell’antico irlandese morrigain (da cui Morrigan, la regina delle fate, in seguito divenuta Morgana nelle saghe del folklore medievale). Nelle tradizioni celtico-gaeliche, il fenomeno veniva attribuito all’influsso di creature femminili denominate Leannain Sith, ossia «spiriti famigliari»; ne parla, tra gli altri, il reverendo presbiteriano scozzese Robert Kirk in The Secret Commonwealth (1692), in questi termini (Il regno segreto, p.60):

Perché nelle nostre montagne, come ci sono molte belle signore di questa razza aerea che spesso si trovano con giovanotti lascivi come succubi o allegre amanti o sgualdrinelle (che sono quelle che vengono chiamate Leannain Sith) così pure avviene che molti dei nostri montanari, come se venissero strozzati dall’incubo ovvero oppressi da un sogno spaventoso o piuttosto dominati da uno dei nostri vicini aerei, si alzino furiosamente di notte ed afferrando le armi più vicine comincino a spingerle e a puntarle contro tutte le persone che sono nella loro stessa stanza […]

Con riguardo alle precauzioni da adottare per respingere questi esseri, Kirk annota che «il ferro impedisce ogni operazione di coloro che si aggirano nei labirinti di questi segreti domini» (Il regno segreto, p.38) e rivela che «anche oggi gli Scozzesi settentrionali mettono pane, la Bibbia ovvero un pezzo di ferro nel letto delle donne quando hanno i dolori del parto per salvarle dall’essere rapite» (pp.21-22). Interessante è anche la descrizione che Kirk fa delle armi usate da questi esseri (p.28):

Le loro armi sono per lo più corpi terrestri solidi, nulla di ferro ma molti di una pietra simile alla selce gialla tenera, fatta come una punta di freccia barbata, ma lanciata come un dardo con gran forza. Queste armi, tagliate con un’arte e con strumenti che sembrano sovrumani, hanno qualcosa della natura della folgore, che ferisce le parti vitali sottilmente e mortalmente senza tagliare la pelle.

A questo punto della nostra analisi, quanto riportato da Kirk potrebbe non attirare pià di tanto l’attenzione del lettore; tuttavia, l’importanza di quanto riferito dal reverendo a proposito delle armi di questi fairies ci apparirà illuminante più avanti, quando analizzeremo le similitudini tra esperienze di paralisi nel sonno e viaggi sciamanici di iniziazione.

EUROPA CENTRALE
Per quanto riguarda l’aerea balcanica e centro-europea, troviamo il termine mora nella lingua croata, serba, slovena e slovacca; in bulgaro e polacco ritroviamo la denominazione mara, già propria—come abbiamo visto—dell’aerea nord-europea; in rumeno troviamo moroi, in ceco mura. Tutte queste denominazione estremamente simili del fenomeno trovano la propria origine ancestrale nella radice proto-indoeuropea mora, che significa incubo, derivante a sua volta dalla radice mer— il cui significato è ‘strofinare via’ o ‘male’. Nel folklore ungherese, la paralisi del sonno è denominata lidércnyomás (letteralmente, «folletto che preme») e veniva attribuita ad una serie di entità soprannaturali come il lidérc («folletto»), la boszorkány («strega»), la tunder («fata») o l’ördögszerető («demone amante»). Nella tradizione moldava, ci si riferisce a questa entità maligna con la denominazione di Zburatorul.

AREA MEDITERRANEA
In Grecia e presso l’isola di Cipro, si riteneva che la paralisi nel sonno si verificasse quando una creatura incorporea simile a un demone, di nome Mora, Vrachnas o Varypnas (in greco: Μόρα, Βραχνάς, Βαρυπνάς) cercava di rubare l’anima della vittima, sedendosi sul petto di quest’ultima provocandone l’asfissia. Nell’isola di Malta, la cultura popolare attribuiva l’incidente a un attacco di Haddiela, un’entità che tormentava l’individuo in modo simile ad un poltergeist; per liberarsi dalla sua morsa si consigliava di posizionare un pezzo di argenteria o un coltello sotto il cuscino prima di dormire. Ritroviamo dunque la curiosa proprietà del metallo, in particolar modo del ferro—come sottolineava lo scozzese Kirk— nel tenere lontane queste entità durante la notte.

ITALIA
Nella mitologia degli antichi romani, l’incubus era un demone di sembianze maschili che giaceva sul petto di donne dormienti infondendo in loro sogni caotici e approfittando del loro corpo con atti sessuali. In altre leggende, poi giunte sino al Medioevo, il succubus (dal latino succuba «amante») è un demone di sesso femminile che seduceva gli uomini, specialmente i monaci, per avere rapporti sessuali. Secondo la leggenda i succubi assorbivano l’energia dell’uomo per alimentarsi, talvolta conducendo alla morte il malcapitato. Secondo altre versioni del mito, spingevano l’uomo al peccato con le loro tentazioni. Questa superstizione fu anche una spiegazione medievale per le incontrollate eiaculazioni notturne (polluzioni) che capitavano ai giovani in età pre-adolescenziale.
Greci e romani avevano una vasta mitologia vampirica, comprendente entità demoniache di sesso femminile, derivante dall’antica tradizione sciamanica europea. La lamia, regina dei succubi, era una sorta di strega, che a volte appariva con le fattezze di una bellissima fanciulla, a volte invece come una vecchia donna, altre volte ancora con sembianze animali, preferibilmente un serpente con la testa di donna. Nella Roma antica si aggiunge anche la strix, diretta antenata delle strie italiane e degli strigoi rumeni, che spesso si manifestava sotto forma di uccelli notturni. Altra fanciulla letale era l’empusa, che appariva come una splendida fanciulla, sebbene in realtà nascondesse fattezze mostruose e ripugnanti, tra cui un piede di bronzo ed uno di sterco d’asina. Le mormos, invece, erano allo stesso modo entità vampiriche, al servizio di Ecate, dea della notte, della magia nera e protettrice delle streghe. 

ASIA MEDIO-ORIENTALE
Nelle leggende arabe, il fenomeno della paralisi del sonno è spesso indicato come kaboos (in arabo: كابوس), letteralmente «pressare» o ja-thoom (in arabo: جاثوم) letteralmente «qualcosa che si siede pesantemente su qualcosa». Sebbene in seguito il termine kaboos verrà usato anche per riferirsi a qualsiasi tipo di brutti sogni, originariamente nel folklore dei paesi arabi, si credeva che Kaboos fosse un’entità demoniaca che era solita sedersi pesantemente sul petto delle persone durante il sonno. La stessa credenza si ritrova in Turchia, dove la paralisi del sonno è definita karabasan («Il piedino scuro») e viene allo stesso modo attribuita a una creatura che attacca le persone nel sonno, premendo sul petto e rubando il fiato. Nella cultura persiana si ritrova il bakhtak (persiano: بختک), un’entità fantasma che ugualmente si siede sul petto del sognatore, rendendo la respirazione pericolosamente difficile. Si crede inoltre che alcune abitazioni e luoghi siano infestati da fantasmi maligni che potrebbero perseguitare persone che vi abitano, soprattutto durante la notte. Nell’aerea musulmana le ‘persone sante’ (vale a dire gli imam, i maulvis, i sufi, i mullah e i fachiri) sono spesso chiamate ad eseguire esorcismi su chi è ritenuto posseduto da tali entità.

ASIA MERIDIONALE
In Pakistan il fenomeno della paralisi del sonno è considerato dovuto ad un incontro con Shaitan (urdu: شيطان), un  jinn o demone maligno che è in grado di assumere il controllo del corpo del malcapitato.  Come in Iran , questa entità è noto anche come bakhtak (urdu: بختک) o ifrit.  Si ritiene anche che una tale esperienza sia causata dall’utilizzo della magia nera da parte di nemici o persone invidiose.  Ai bambini e alle giovani ragazze viene fatto indossare un amuleto, ta’wiz (urdu: تعویز) per scacciare il malocchio. Nel folklore dei Tamil dello Sri Lanka, questo particolare fenomeno è denominato amuku be o amuku pei, che significa «il fantasma che costringe verso il basso». In Nepal, specialmente nella cultura Newari, si parla del khyaak, un fantasma che si ritiene risieda nell’oscurità, sotto le scale di una casa.

SUD-EST ASIATICO
Nelle culture cambogiane Lao e Thai, le paralisi del sonno si chiamano phǐǐ e khmout sukkhot e vengono descritte come eventi in cui la persona dormiente sogna che una o più figure spettrali si trovano nelle vicinanze o che la trattengono con forza verso il basso. La vittima solitamente pensa di essere sveglia, ma è incapace di muoversi o emettere suoni. Anche nella cultura Hmong, si crede che la paralisi del sonno sia causata da uno spirito notturno pressante sul petto del malcapitato, e si denomina tale entità dab tsog; questa creatura a volte tenta addirittura di strangolare le sue vittime; alcuni infatti credono che essa sia responsabile per la morte improvvisa e inaspettata durante la notte di oltre 100 immigrati del Sud-Est asiatico tra la fine degli anni settanta e l’inizio degli anni ottanta del Novecento. Nel folklore vietnamita, lo stesso fenomeno è chiamato dje, che significa «premuto da un fantasma» o bong dje, vale a dire «tenuto giù da un ombra». Nelle Filippine il fenomeno viene definito bangungut ed è tradizionalmente attribuito a incubi. In Nuova Guinea, le persone si riferiscono a questo fenomeno come ninmyo suk: qui però è diffusa la convinzione che i responsabili siano alberi sacri che utilizzano l’essenza umana per sostenere la loro vita; si dice infatti che tali alberi si nutrono dell’essenza umana durante la notte per non disturbare la vita quotidiana dell’uomo. Nella penisola malese, la paralisi del sonno è conosciuta come kena tindih (o ketindihan in Indonesia), che significa «essere premuto».

AFRICA
Nella cultura africana, la paralisi del sonno è comunemente indicato come «la strega a cavallo sulla schiena». Tra gli Yoruba della Nigeria sud-occidentale, la possessione da parte di Ogun Oru (letteralmente, «guerra notturna) è la spiegazione folkloristica per i disturbi notturni; questo demone è ritenuto responsabile di un grave disturbo notturno, tradizionalmente attribuito a infiltrazioni demoniaca nel corpo e nella psiche durante l’attività onirica. Ogun oru compare soprattutto con fattezze femminili e talvolta intraprende una faida verso la moglie terrestre della sua vittima, causandone talvolta la morte. Si crede che questa condizione di possessione demoniaca sia curabile per mezzo di preghiere cristiane o elaborati rituali tradizionali progettati per esorcizzare gli elementi demoniaci assorditi durante il sonno. Nella cultura Shona dello Zimbabwe, la parola madzikirira è usata per indicare «qualcosa che preme verso il basso». In Etiopia si utilizza il termine dukak per indicare uno spirito maligno che possiede le persone durante la fase del sonno;  alcuni ritengono che questa esperienza sia legata all’astinenza dal khat, un’erba magica che le tribù autoctone sono solite masticare per rendere i propri sogni più sereni.  Tra i Swahili dell’Africa orientale il fenomeno è noto come jinamizi, e si riferisce a una creatura seduta sul petto della vittima, a cui rende difficile la respirazione; la maggior parte delle persone che hanno vissuto questa angosciosa esperienza ricorda anche di essere stata strangolata da questa ‘creatura’.

AMERICA
Durante i processi alle streghe di Salem diverse persone segnalarono alle autorità attacchi notturni subiti da presunte streghe; ciò, ovviamente, potrebbe essere stato il risultato di una paralisi del sonno. In Terranova e nel Labrador, la creatura considerata responsabile di questa esperienza è conosciuta come la Old Hag; nel folklore, la «vecchia strega» può essere convocata dagli stregoni per attaccare una terza parte, come una maledizione.  Nel suo libro del 1982, Il terrore che arriva di notte, David J. Hufford scrisse che nella cultura locale il modo più adeguato per invocare la Strega è quello di recitare il Padre Nostro al contrario. Anche in molte parti del sud degli Stati Uniti, il fenomeno è conosciuto nello stesso modo, ma in più si dice che l’esperienza è spesso premonitrice di una tragedia o di incidente che colpirà la vittima o i suoi cari. In Messico si ritiene che ciò venga causato dallo spirito di una persona morta: questo fantasma si sdraia sul corpo del dormiente, rendendolo incapace di muoversi, e ci si riferisce all’entità come «Subirse el Muerto» (letteralmente, «cadavere su di te»).

ASIA ORIENTALE
Nella cultura cinese, la paralisi del sonno è ampiamente conosciuta come 鬼压身/鬼压身 (pinyin: guǐ ya shen) o 鬼压床/鬼压床 (pinyin: guǐ chuang ya), che letteralmente si traduce come «fantasma che preme sul corpo o «fantasma che preme sul letto». Un termine più moderno è 梦魇/梦魇 (pinyin: meng yǎn). In Giappone il fenomeno viene indicato come kanashibari (金縛り, letteralmente «legati o fissati al metallo», da kane (metallo) e shibaru (legare, fissare). Nella cultura coreana si chiama gawi nulim (hangul: 가위 눌림) che letteralmente significa «essere premuto da un fantasma» e viene spesso associata alla credenza che uno spirito si sdrai sopra il dormiente, premendone il petto. Nella cultura mongola gli incubi in generale così come la paralisi del sonno sono denominati khar darakh o kara darahu, che significa «essere premuto dal nero» (kara significa infatti «nero, scuro, ombra»).  Gli «sciamani del lato oscuro» sono denominati kharin buu e sopravvivono solo nel lontano nord della Mongolia; essi, a differenza dei tsaghaan zugiin buu («sciamani del lato chiaro») sono in grado di evocare anche gli spititi malevoli, e dunque talvolta vengono ritenuti responsabili dell’attacco degli spiriti maligni durante la notte.

INCONTRI ONIRICI NELLA TRADIZIONE SCIAMANICA
Un parallelismo con il fenomeno della paralisi del sonno e l’incontro conseguente con creature soprannaturali è facilmente rinvenibile anche nella letteratura riguardante l’esperienza dell’iniziazione sciamanica. Joan Halifax nella sua opera Shamanic Voices (1979) riporta numerose testimonianze a riguardo, come quella di un neofita sciamano che raccontò all’antropologo norvegese Jon Rasmussen che «da giovane era assediato da sogni che non comprendeva: strani esseri gli parlavano e, al risveglio, rivedeva così chiaramente i sogni da poterli raccontare nella loro integrità agli amici» (J.Halifax, Voci sciamaniche, ed.it. Rizzoli, 1982, p.16 e ss.).
Un altro resoconto riportato da Halifax, raccolto da Megan Biesele, riguarda un vecchio boscimano !Kung, che descrisse in questi termini un suo incontro con entità soprannaturali durante uno stato di trance:  «Sì. È uno spirito. […] Poi ve n’è un altro le cui gambe sono molli. […] Ha delle corna. […] E le orecchie gli sporgono in fuori. […] La sua faccia è grande! […] È una cosa terribile, amica mia. Una cosa immonda. Una cosa da farti scappare via. La gente deve curarsi, contro di lui, perché è così malvagio. La gente ha paura di lui…» (p.63).
Un indiano Paviotso del Nevada spiega in questi termini l’accesso alla visione sciamanica: «Vi sono due notti. La seconda notte segue la notte che tutti vediamo. Questa seconda notte è al di sotto dell’oscurità. […] Solo gli sciamani possono vedere questa seconda notte. La gente può vedere soltanto l’oscurità. Non possono vedervi la notte che è al di sotto di essa.» (p.107). Confrontiamo queste dichiarazioni con quanto affermato da svariati soggetti che soffrono di paralisi nel sonno, i quali affermano che in quei frangenti «l’oscurità brulica di ogni forma di vita, normalmente invisibile alla vista» e avremo qualcosa su cui riflettere. Estendiamo ora il confronto ad alcuni stralci dal solito Kirk riguardanti il mondo dei fairies (Il regno segreto):

Vi sono strane cerimonie quando uno viene investito di tutti i privilegi di questa seconda vista misteriosa… (p.34) […] Allora egli vedrà una quantità di spiriti che sembrano uomini rabbiosi e forti che vengono verso di lui da tutte le parti dell’orizzonte, fitti come il pulviscolo nell’aria. Ed essi non sono cose che non esistono o fantasmi, esseri che provengono dalla percezione spaventata ovvero da una sensazione confusa o folle: ma sono realtà che si manifestano ad un uomo equilibrato in possesso di tutti i suoi sensi sì da poter avere una testimonianza valida della loro esistenza. (p.35) […] Questi uomini di qui si parla qui percepiscono cose che data la loro piccolezza e tenuità […] sono invisibili ad altri anche se sono vicini ad esse tutti i giorni. Perché quelli hanno con sé continuamente un raggio come quello del sole che soltanto quando risplende chiaro fa vedere ad occhi comuni gli atomi di pulviscolo nell’aria mentre senza questi raggi non li potrebbero discernere. (p.37)

Ritornando ai resoconti prettamente sciamanici, si noti che esperienze di tal guisa avvengono sempre in uno stato di trance, vale a dire sulla soglia tra la veglia e il sonno, proprio come avviene ai soggetti che soffrono di paralisi nel sonno; la sola differenza è che, nel caso dell’esperienza sciamanica, tale stato alterato di coscienza è ricercato consapevolmente dal soggetto, nonché spesso favorito da digiuni e pratiche rituali e sovente intensificato dall’assunzione di sostanze psicotrope, che possono variare dall’amanita muscaria (Siberia), alla psilocibina, all’ayahuasca (Amazzonia) e via discorrendo. In altre parole, a differenza dei soggetti clinici che «subiscono» tali esperienze, gli sciamani si portano volontariamente in quel limbo ignoto tra il mondo della veglia e quello onirico, per poter sperimentare l’incontro con le entità soprannaturali e guadagnare così poteri spirituali.
Essi, dunque, hanno la capacità di porsi in uno stato mentale particolare che rende loro visibile ciò che all’individuo comune è invisibile. A metà strada tra le esperienze sciamaniche e quelle di paralisi nel sonno si trovano gli incontri con i fairies, a volte ricercati a volte del tutto casuali: ciò, d’altra parte, ci sembra perfettamente logico, in quanto l’arco temporale riguardante tali fenomeni si trova a metà strada tra l’età arcaica e quella moderna, in cui fenomeni simili accadono per lo più in maniera inaspettata e senza alcuna cognizione né strumento interpretativo consoni a permetterne l’inquadramento all’interno di un quadro logico.

FERIMENTI E SMEMBRAMENTI RITUALI
Sovente, l’incontro con gli spiriti evolve in un «ferimento rituale» che conduce ad uno «smembramento» vero e proprio (nel piano astrale, si intende, dal  momento che durante la trance iniziatica il corpo del neofita rimane immobile e non subisce alcunché di quello che l’iniziato vive durante il viaggio sciamanico), uno smembramento che gli sciamani vivono tuttavia come una realtà indubitabile, dal momento che al risveglio si ritrovano dotati di doti psichiche prima impensabili. Con riguardo a ciò, leggiamo cosa ha da dire il ricercatore scozzese Graham Hancock (Sciamani, Mauri Spagnol, 2006, p.282 e ss.) che analizzando questo fenomeno trova eccezionali corrispondenze tra numerose culture di tipo sciamanico:

Nella giungla amazzonica, quando gli sciamani della tribù Jivaro entrano in trance per effetto dell’ayahuasca, essi interpretano le stesse sensazioni cutanee generate neurologicamente come piccoli dardi affilati scagliati contro di loro da entità soprannaturali. Gli sciamani siberiani tungusi parlano invece di trance d’iniziazione, indotte dall’ingestione di amanita muscaria, in cui sentono il corpo trafitto da frecce, la carne lacerata, le ossa strappate. […] anche gli Jus hoansi [Africa meridionale] credono nell’esistenza di dardi soprannaturali maligni—«frecce di dolore»—lanciati da spiriti e visibili solo da sciamani in trance. […] Alcuni soggetti hanno riferito all’antropologo Richard Katz che, quando questo accadeva, sentivano lo stomaco «pieno di spine», come se ci fossero «frecce che spuntavano da ogni parte».

Lo stesso Hancock (p.286) riporta anche una dichiarazione di uno sciamano kirghiso del Kazakhistan in cui egli sostiene di avere «cinque spiriti in cielo, che mi hanno tagliato con quaranta coltelli e punto con quaranta unghie» e cita la credenza degli iakuti della Siberia settentrionale secondo cui «talvolta l’iniziato in trance è preso da tre diavoli neri che fanno a pezzi il suo corpo, gli conficcano una lancia nella testa e lanciano pezzi della sua carne in diverse direzioni».
Esempi simili si trovano a dozzine nella monumentale opera di Mircea Eliade Lo Sciamanesimo e le tecniche dell’estasi (1951) e in altre che indagano sulle iniziazioni sciamaniche: solitamente questo «ferimento rituale» sfocia in uno smembramento vero e proprio, a cui fa seguito la rinascita iniziatica dell’aspirante sciamano, che si risveglia dotato di poteri soprannaturali (conferiti, si pensa, dall’azione degli spiriti). Anche Hancock adotta la stessa linea di pensiero, citando le credenze sacre delle più svariate culture del nostro pianeta, tra cui quella degli aborigeni australiani, secondo i quali «lo smembramento spirituale e la ricomposizione dei loro ‘uomini di medicina’ prevedono strane operazioni chirurgiche nel corso delle quali gli esseri soprannaturali inseriscono piccoli frammenti di cristallo di roccia (detti ‘antongara’) nel corpo dell’iniziato» (p.286).
Confrontando queste testimonianze con quanto riportato dal reverendo Kirk con riguardo all’arma caratteristica dei fairies scozzesi, «fatta come una punta di freccia barbata, ma lanciata come un dardo con gran forza», avente «qualcosa della natura della folgore, che ferisce le parti vitali sottilmente e mortalmente senza tagliare la pelle» (e infatti gli sciamani ogni volta, dopo lo smembramento, si risvegliano totalmente privi di qualsivoglia ferita) ci viene naturale ipotizzare che ci sono indiscutibilmente solidi punti in comune tra le diverse tradizioni. Riprendiamo ancora una volta l’opera di Kirk, e citiamo anche quanto dice a proposito di chi ha sperimentato l’incontro con i fairies (p.29): «Quelli che non sono esorcizzati o purificati (li chiamano fey) si racconta che siano goinnt, vale a dire trapassati o feriti con le armi da questo popolo, il che spesso li fa agire in modo molto diverso dal loro contegno precedente, provocando un’alterazione improvvisa, benché la causa di ciò sia per il momento invisibile». Dobbiamo qui annotare che anche numerosi soggetti che hanno sperimentato la paralisi del sonno asseriscono di aver subito ferite o spaventose torture da parte di ‘demoni’ o ‘ombre nere’, e ovviamente al risveglio si accorgevano che nulla di ciò era accaduto al loro corpo—perlomeno, sul piano prettamente fisico.

L’AMORE CON GLI SPIRITI
C’è di più. Sovente, le testimonianze sciamaniche provenienti da tutto il mondo riportano l’eventualità che lo sciamano intrattenga un vero e proprio rapporto amoroso/sessuale con lo spirito con cui entra in contatto durante la trance. Halifax cita l’etnologo russo Shternberg, il quale racconta che gli sciamani Tungusi della Siberia venivano «spinti al servizio sciamanico da uno spirito speciale che offriva loro amore e con cui abitavano insieme in sonno» (p.123).
Graham Hancock riporta che «alcuni anni prima della sua iniziazione, uno sciamano neofita della tribù siberiana dei buriati sperimenta un viaggio celeste in cui ha rapporti con numerose donne-spirito, una delle quali diventa sua moglie in cielo» (Sciamani, p.354); inoltre lo stesso Hancock scrive che, tra i saora dell’Orissa (India), «le future sciamane ricevono la chiamata e la consacrazione spirituale durante le visite dagli inferi di un pretendente che chiede la loro mano» (p.355) e che «i saora raccontano che quando questo pretendente venuto dal mondo-spirito entrava nelle camere da letto delle fanciulle, tutta la famiglia cadeva preda di un incantesimo e giaceva in un sonno profondo» (p.356): esattamente la stessa situazione che sperimenta chi, al giorno d’oggi, vive un’esperienza di paralisi nel sonno.
Non ci dilungheremo oltre su esempi di questo tipo, dal momento che essi sono facilmente rinvenibili in pressoché qualunque tradizione sciamanica del nostro globo. Da parte nostra, reputiamo evidente un parallelismo esistente tra queste tradizioni, l’incontro con i succubi di antica memoria e quello con le misteriose entità durante episodi di paralisi nel sonno.

STESSO FENOMENO, DIVERSE REAZIONI?
Ci preme ora sottolineare come, se nelle società del mondo antico e tra le popolazioni che seguono la via sciamanica, un simile incontro con gli esseri soprannaturali veniva considerato alla stregua del dono più prezioso che un individuo potesse ricevere, notiamo come già nella Scozia di fine ‘600 tali soggetti non venissero visti di buon occhio, al punto da raccomandarne l’«esorcismo» e la «purificazione» in seguito all’incontro con le misteriose entità: ciò, d’altra parte, è perfettamente comprensibile alla luce del fenomeno della «caccia alle streghe», che ormai proseguiva inesorabilmente da secoli. La chiaroveggenza e altre facoltà soprannaturali (caratteristiche che consentono a Kirk di definire un individuo ‘fey‘ o ‘goinnt‘) vengono ridotte dalla mentalità cristiana a meri poteri ‘demoniaci’, e di conseguenza non solo chi ne è in possesso non viene più considerato alla stregua di un capo spirituale (come avveniva nelle società sciamaniche) ma con un’inversione di prospettiva assoluta viene additato come ‘compagno dei demoni’, e quindi evitato se non addirittura allontanato dal consorzio sociale.
Nella nostra era tecnologica e materialistica, infine, non vi è più nemmeno spazio per qualsivoglia tipo di ipotesi o teoria che esuli da quanto si possa dimostrare scientificamente con esperimenti ripetibili in laboratorio: un approccio evidentemente poco funzionale per decifrare un’esperienza così singolare e assolutamente non ricreabile a comando come la paralisi nel sonno. L’amara conseguenza di questo atteggiamento irresponsabile della scienza accademica è sotto gli occhi di tutti: coloro che si trovano ad affrontare al giorno d’oggi questi bizzarri episodi sono al meglio considerati degli individui ‘strani’, se non addirittura dei visionari o peggio ancora degli psicotici del tutto privi di ogni contatto con la cosiddetta ‘realtà’, quando invece, per evolvere significativamente dal punto di vista conoscitivo, ci parrebbe auspicabile che fosse la mente umana ad adattarsi agli accadimenti del mondo fenomenologico, per quanto complessi da decifrare e comprendere essi siano, e non viceversa.

I «MAGRI NOTTURNI» DI H.P. LOVECRAFT
Altri parallelismi si possono trovare nella storia recente. Uno dei più clamorosi ci giunge dalla penna di Howard Phillips Lovecraft, considerato unanimamente come uno dei più grandi autori della letteratura del Novecento, il quale raccontò ai suoi corrispondenti degli incontri che sperimentò da bambino, a partire dall’età di sei anni fino agli undici, ogni notte, con i cosiddetti «Magri Notturni» (Night Gaunts). Ecco come lo scrittore descrive queste raggelanti esperienze in una missiva a Rheinhart Kleiner datata 16 novembre 1916 (H.P. Lovecraft. L’orrore della realtà. A cura di G. De Turris e S. Fusco, ed.Mediterranee, 2007, p.39 e ss.):

Nel gennaio del 1896 la morte di mia nonna gettò tutta la famiglia in un’atmosfera di lutto da cui non si riprese mai appieno. […] Fu allora che la mia vivacità naturale si spense. Cominciai ad avere gli incubi più odiosi, popolati di cose che avevo battezzato «magri notturni», un termine composito di mia invenzione. Spesso li disegnavo dopo il risveglio (forse l’idea di quelle figure mi era stata ispirata da un’edizione de luxe del Paradiso Perduto con illustrazioni di Gustave Doré, che avevo scoperto un giorno nel salottino orientale). Nei sogni, mi trascinavano in volo attraverso lo spazio a velocità sconvolgente, e intanto mi pugnalavano e mi tormentavano coi loro detestabili tridenti. Sono passati ormai quindici interi anni—anzi, di più—da quando ho visto per l’ultima volta un «magro notturno», ma tuttora, quando sono semi-addormentato e mi lascio andare alla deriva in un mare di pensieri infantili, avverto un brivido di paura […] e d’istinto lotto disperatamente per rimanere sveglio. Questa era la mia sola preghiera nel 1896, ogni notte: restare sveglio e guardarmi dai magri notturni!

Leggendo la testimonianza di Lovecraft, immediatamente balzano all’occhio diversi motivi che abbiamo già riscontrato altrove. Innanzitutto, la forte situazione di stress emotivo in cui il soggetto si trovava al momento dell’insorgere dei primi episodi: un classico nella letteratura medica riguardante casi di paralisi nel sonno. Ancora, il fatto che le esperienze avvenivano sempre quando egli era «semi-addormentato», vale a dire in uno stato intermedio tra la veglia e il sonno: anche questa caratteristica ci consente di accomunare a buon titolo l’incontro con i «Magri Notturni» alle esperienze cliniche di paralisi nel sonno.
In più, oltre alla visione e alla percezione di queste misteriose creature, notiamo che di esse si dice che lo «pugnalavano» e lo «tormentavano coi loro detestabili tridenti»: in tali accenni, oltre all’aspetto delle entità che i cristiani definirebbero ‘demoniaco’, ci sembra opportuno ravvisare dei forti punti di contatto con le esperienze sciamaniche riportate sopra, in cui non di rado l’aspirante iniziato viene ferito, pungolato con dardi affilati, «frecce di dolore», lance, «cristalli di roccia» e via dicendo. Riteniamo opportuno, dunque, ricondurre le esperienze giovanili del geniale scrittore di Providence nell’ambito della paralisi del sonno e, ancora più chiaramente, dell’incontro sciamanico con spiriti di altre dimensioni che spesso, come sappiamo, sfocia in un (apparentemente incomprensibile agli occhi di un bambino della società borghese del New England di fine ‘800) ferimento vero e proprio mediante l’utilizzo di armi acuminate e taglienti.
È curioso comunque notare che, nonostante il fatto che il piccolo Howard non avesse strumenti interpretativi adeguati al fine di inquadrare gli episodi che ogni notte dai sei agli undici anni lo tormentavano, sembra tuttavia che egli abbia attraversato un ‘percorso di iniziazione’ in piena regola: all’incontro con i misteriosi spiriti oscuri infatti seguì quello che gli sciamani chiamano ‘ferimento e smembramento rituale’. Ciò, sebbene probabilmente Lovecraft non l’abbia mai compreso a fondo, potrebbe aver avuto a nostro parere una vera e propria influenza sulla sua produzione letteraria negli anni a venire. Non è un caso, crediamo, il fatto che lo scrittore di Providence diede vita praticamente da solo a una vera e propria ‘mitologia oscura’ degli spazi cosmici (nella quale anche i «Magri Notturni» hanno il loro ruolo) che mai nessuno prima di lui era stato in grado nemmeno lontanamente di immaginare. Ci troviamo, a parer nostro, di fronte a un rarissimo caso di iniziazione sciamanica moderna, non ricercata come nel caso degli antichi sciamani, ma semplicemente occorsa a un soggetto (particolarmente predisposto, questo è evidente) che non era in possesso di alcuna nozione di sciamanesimo.

IL FENOMENO DELLE ABDUCTION
Il parallelismo più moderno, nonché l’ultimo per quanto riguarda questo studio, cui crediamo opportuno dare credito riguarda il fenomeno (apparentemente recentissimo nonché scientificamente inspiegabile, e dunque inspiegato) delle abduction, vale a dire i cosiddetti «rapimenti alieni». Negli ultimi sessant’anni, numerose persone in tutto il mondo hanno espresso la convinzione di essere state prelevate da esseri alieni e condotte a bordo di veicoli spaziali o in luoghi difficilmente accessibili, come basi sotterranee o subacque, o addirittura in luoghi che sembrano ubicati nel cielo o in altre dimensioni. In questi luoghi, gli  «addotti» affermano di avere subìto esami ed operazioni di tipo medico, torture con oggetti appuntiti, nonché di essere stati costretti, spesso controvoglia, ad intrattenere rapporti di natura sessuale con queste misteriose entità.
Già sul finire degli anni Sessanta, il ricercatore francese Jacques Vallée, prendendo in esame fenomeni che esulano dall’ordinaria esperienza sensibile, notò una similitudine fra certi fenomeni presenti nel folklore (come gli incontri con il popolo dei fairies), i moderni presunti incontri ravvicinati con gli extraterrestri e altri presunti fenomeni paranormali (Passport to Magonia: From Folklore to Flying Saucers, 1969). Egli intravide nel(l’apparentemente) recente fenomeno delle abduction un sistema di controllo dell’evoluzione terrestre che è attivo nella storia umana e opera sull’inconscio collettivo della nostra specie. Secondo la sua ipotesi, queste entità non provengono dallo spazio, ma piuttosto da una dimensione parallela alla nostra (ipotesi parafisica); sarebbero dunque entità interdimensionali, e l’incontro con essi avverrebbe unicamente in determinate situazioni di coscienza alterata.
Dobbiamo subito notare che i cosiddetti «rapimenti alieni», allo stesso modo degli episodi di paralisi nel sonno, avvengono appunto durante la notte, quando il soggetto si trova nel letto sul punto di addormentarsi. Altri individui riferiscono casi in cui l’esperienza del rapimento avviene mentre essi si trovano al volante della propria automobile, durante un viaggio lungo e monotono, nella stragrande maggioranza delle volte di notte: una situazione ideale, insomma, perché la mente entri in quel particolare stato di trance che gli antichi sciamani ben conoscevano, e consideravano la porta d’accesso ad altre dimensioni dell’essere.
Più recentemente, anche il già più volte menzionato Graham Hancock ha ritenuto di scoprire parallelismi tra l’incontro degli antichi europei con il «Piccolo Popolo» (e il conseguente ingresso nel «regno fatato»), le esperienze spirituali degli sciamani in dimensioni altre, nonché con il fenomeno delle abductions. Da parte nostra, ci pare sensato allargare il campo di indagine anche agli episodi di paralisi nel sonno, dal momento che, come cercheremo di dimostrare, i parallelismi sono davvero troppi per poter fingere che non sussistano. Riportiamo, dunque, alcune testimonianze riguardanti i cosiddetti «rapimenti alieni» e confrontiamole con le esperienze di tipo sciamanico (Sciamani, p.316):

Jerry riferì che qualcosa di appuntito come un ago le veniva diretto lateralmente nel collo […] Un piccolo essere conficcò un grosso ago lungo una trentina di centimetri con una specie di impugnatura nel collo di Joe, proprio sotto l’orecchio, «contro il cranio», procurandogli un forte dolore… […] Uno strumento metallico lungo una trentina di centimetri fu inserito profondamente nel cervello di Catherine attraverso una delle sue narici: «qualcosa ha rotto per poter entrare nel mio cervello»…

Confrontiamo ora queste inquietanti testimonianze con alcuni resoconti sciamanici riportati dall’autore:

Tre creature nere e maligne spingono con forza una lancia nella sua testa (Jakuti, Siberia) […] Uno spirito getta contro di lui una lancia invisibile, che lo buca sul collo da dietro, attraversa la lingua, facendo in questo modo un grande buco, e poi fuoriesce dalla bocca… (Arunta, Australia) […] Viene messo un serpente intorno alle loro teste e i loro nasi sono bucati da un oggetto magico… (Warramunga, Australia).

Se il parallelismo non fosse già abbastanza lampante, continuiamo a citare le testimonianze riportate da Hancock; dalle vittime di abduction (p.317)…

Due esseri operavano sulla spina dorsale di Eva: «Sentivo come se stessero entrando nel mio corpo con qualche strumento appuntito, come se lo stessero introducendo tra la carne e la pelle…» […] Un lungo ago fu inserito nell’ombelico di Betty Hill, causandole un dolore atroce.
…ed ora nuovamente dai resoconti sciamanici:

«Vidi la figura di un uomo… la cui testa era circondata da un bagliore luminoso… Egli disse: “Aspetta senza paura fino a che io non ho detto e fatto tutto ciò che è nelle mie intenzioni”. In seguito sentii vari strumenti, dapprima simili a coltelli appuntiti, poi come aghi, penetrare la mia carne…» (Ojibwa, Canada) […] «Si pensa che l’aspirante all’interno della società Kuksu abbia l’ombelico forato da una lancia o da una freccia per mano del Kuksu stesso…» (fiume Patwin, Nordamerica).
Se tutto ciò è di per sé piuttosto scioccante da quanto è evidente il parallelismo, si aggiunga inoltre che anche le vittime di abduction riportano sovente testimonianze di unioni sessuali con entità aliene: si può trovare facilmente menzione di ciò negli studi dei ricercatori statunitensi Budd Hopkins e John Edward Mack, nonché nel resoconto di Whitley Strieber (Communion, 1987; da cui venne tratto due anni dopo l’omonimo film, diretto da Philippe Mora) il quale sperimentò un rapporto particolarmente intenso con una delle entità di cui era solito ricevere le visite notturne. Sebbene la creatura si presentasse asessuata, Strieber era fermamente convinto fosse una ‘lei’, anche e soprattutto per il fatto di aver intrattenuto con essa rapporti non solo sessuali, ma anche più sottilmente sentimentali: da cui, il titolo dell’opera, scelto dall’autore per sottolineare come il rapporto che intercorresse tra i due non fosse unicamente invasivo e traumatico, ma con il passare del tempo si fosse tramutato in una vera e propria ‘comunione’ spirituale. Esattamente ciò che ci si aspetta leggendo i resoconti sciamanici riguardanti gli ‘spiriti guida’ e le «spose nel cielo», o quelli riportati da Kirk riguardo gli incontri col misterioso popolo del «Regno Segreto».
Ci rimane solo da notare come, nei casi clinici della paralisi del sonno, difficilmente si riesca a implementare un rapporto di tal genere. I soggetti vivono le stesse esperienze, si sentono paralizzati e inermi, il mondo esterno si popola di abitatori oscuri e misteriosi, che spesso li spaventano e talvolta li feriscono crudelmente. A volta, nei casi più complessi, i soggetti si sentono violati sessualmente da queste entità. Ad ogni modo, nella stragrande maggioranza dei casi, gli individui che soffrono di paralisi nel sonno vivono l’esperienza in maniera drammatica e non hanno dubbi a definire malvagie, se non addirittura ‘demoniache’ o ‘sataniche’ le entità che fanno loro visita in questo particolare stato di coscienza. Ma è realmente così? Queste entità sono davvero crudeli? O piuttosto siamo noi esseri umani che, ormai ignari delle tradizioni mitiche e folkloriche che i nostri antenati ci hanno tramandato nel corso dei millenni, non siamo più in possesso dei necessari strumenti interpretativi che ci renderebbero possibile la decifrazione e la comprensione di tali oscuri fenomeni?
Ai posteri l’ardua sentenza.


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MessaggioInviato: 12/10/2021, 10:20 
IL GRANDE TEMPIO DI GIZA
Articolo di Mikaela Zanzi
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Un’affascinate teoria ipotizza la presenza di ben due camere nascoste all’interno della Grande Piramide di Giza. L’assenza di mummie e sepolcri nel monumento, che gli egittologi attribuiscono a Cheope, lascia spazio all’ipotesi che possa aver avuto un uso differente. Se si esclude la teoria che sia stata costruita per fare da luogo di sepoltura, le congetture più plausibili la collegano al culto sacerdotale e a possibili riti d’iniziazione.

Molti egittologi credono che almeno due delle tre stanze, sino ad ora scoperte nella Grande Piramide della Piana di Giza, siano state abbandonate durante il periodo di costruzione. Eppure, un archietto danese, Niels Bjerre Jorgensen, osservandole in sezione, ha riscontrato una progettualita sacra che suggerisce un uso iniziatico del luogo, ancora sconosciuto. «La Camera sotterranea, la Camera della Regina e la Camera del Re sono situate in corrispondenza di precisi livelli: una e sotto terra, una si trova a livello dell’acqua e una e stata costruita con precisi pozzi di aerazione». Attraverso il simbolismo, dedotto dalle forme e dalle posizioni delle tre stanze, Jorgensen ha disegnato un originale layout della Grande Piramide, dimostrando come attraverso il linguaggio della forma archiettonica gli antichi Egizi ne avessero codificata la funzione.

Due camere nascoste
Osservando le proporzioni e le ubicazioni degli spazi che compongono la Grande Piramide, l’architetto Jorgensen postula l’esistenza di due stanze segrete situate tra la Camera del Re e la sommita della Piramide. Per localizzarle ha studiato attentamente le proporzioni e i numeri sottesi all’intera costruzione, partendo dall’assunto che ogni camera punterebbe in una delle direzioni cardinali, e che ciascuna di esse sarebbe associata a un dio e a uno dei quattro elementi: A - La Camera del Re, che Jorgensen lega al dio “Shu” e all’elemento Aria, e rivolta a Sud; B – La Camera della Regina, legata a “Tefnut” e all’elemento Acqua, e rivolta a Nord; C – La Camera sotterranea, legata a Geb e all’elemento Terra, e rivolta a Ovest. Mancano, pero, la Camera del Fuoco, e quella dell’Etere, il quinto elemento. Nel suo libro “The Great Pyramid of Giza - A Modern View on Ancient Knowledge”, pubblicato per la prima volta in Germania nel 2012, anche Willem Witteveen aveva sviluppato una teoria simile, descrivendo la Grande Piramide come «la piu straordinaria biblioteca di Conoscenza e metafora perfetta della Creazione, dove ogni elemento rappresenta un preciso processo al suo interno ». Una speculazione che si concentra essenzialmente sulla forza meccanica e sull’energia sonora prodotte nelle varie stanze, legate alla geometria codificata nel progetto. Lo studio di Jorgensen, invece, punta a un’analisi strutturale legata al culto Solare della vicina Eliopoli, la mitica “On” (o anche “Iunu”). Inserendo le camere in un sistema simbolico basato sulla cosmogonia eliopolitana, generato dalla struttura degli spazi e dai materiali utilizzati per realizzarli, Jorgensen associa le prime cinque divinita dell’Enneade (Atum, Shu, Tefnut, Geb e Nut) ai cinque elementi platonici: «Il mito della Creazione eliopolitana opera con gli dei, che erano personificazioni delle forze rappresentate dagli elementi greci successivi, poste nella Piramide in ordine corretto in base al loro “peso”. La Terra e l’elemento piu pesante e quindi si trova sul fondo, l’Acqua su di essa, l’Aria sopra entrambe e il Fuoco (il Sole) ancora piu in alto. Sopra a tutto: il Cielo stellato».

La Camera della Terra
La stanza piu in profondita della Grande Piramide misura circa 8 metri per 16, ed e la piu lunga in direzione Est-Ovest. Per raggiungerla, occorre percorrere un lunghissimo cunicolo alto 96 centimetri e largo circa un metro, che scende penetrando all’interno della base rocciosa della piana, su cui sorge l’edificio, per circa 112 metri, di cui quasi un’ottantina di metri nella roccia viva. Jorgensen fa notare che nella meta orientale la camera inferiore presenta un foro quadrato, ruotato di 45 gradi, scavato in profondita nella roccia fresca, ipotizzando che un tempo raggiungesse le acque sotterranee. Avanzando, dalla parete meridionale «procede un piccolo corridoio quadrato verso Sud, mentre nella meta occidentale e rimasta una notevole quantita di roccia fresca, che da l’impressione di qualcosa d’incompiuto». C’e chi pensa la stanza sia stata costruita originariamente come camera di sepoltura. Ipotesi che Jorgensen non esclude a priori: «Se si osserva bene, c’e anche una superficie piana di 2 per 5 metri in cui sarebbe possibile assemblare una bara o un sarcofago…, il substrato roccioso a sinistra nella camera e come un’isola, che poteva essere irrorata d’acqua dal pozzo verticale, sigillata da una cornice di legno, eventualmente serrata dall’argilla, per impedire all’acqua di tornare indietro». Tuttavia, se la Camera sotterranea rappresentasse uno degli elementi, quale modo migliore per caratterizzarla come Camera della Terra se non includendola nella roccia viva ?

La Camera dell’Acqua
Il nome proprio con il quale Jorgensen ribattezza la Camera della Regina e “la Camera di Tefnut”, «il cui regno e l’Acqua sotto forma di nebbia e pioggia: in un ordinamento verticale degli elementi, la pioggia e l’Acqua che cade dall’Aria e la nebbia e l’Acqua che sale dalla Terra». Prendendo spunto dal danese Hubert Paulsen, che immagino d’inscrivere al suo interno un esagono, il cui centro sarebbe 1/6 dell’altitudine originale della piramide (280 cubiti), Jorgensen ha deciso di inscrivervi una stella a sei punte. Un simbolo composto di due triangoli, uno rivolto verso l’alto e l’altro verso il basso, suggerendo che la magia combina cio che e in alto con cio che e in basso, come l’elemento dell’Acqua di Tefnut. «Poco prima di entrare nella camera - spiega - il pavimento si abbassa improvvisamente di un cubito (52,36 centimetri). Questo e una delle ragioni che ha portato molti a ritenere trattarsi di un’altra camera incompiuta. Eppure, se si aggiunge al disegno lo strato “mancante” di pavimentazione, la planimetria della stanza non si adatta all’esagono o alla stella; viceversa se vengono aggiunti 21 centimetri di acqua, si adatta perfettamente!». E la misteriosa nicchia della parete orientale? Alcuni sostengono che potesse contenere una statua, altri che celasse l’ingresso di una camera nascosta. Per Jorgensen, che ipotizza, osservandola “al negativo”, la proiezione in sezione di cinque “scatole”, una sopra all’altra, allineate alla linea mediana della Piramide, si tratterebbe di uno “spazio negativo” che simula i 5 elementi, i 5 dei e le 5 camere presenti nel monumento. La nicchia, infatti «e posizionata in modo tale che la parete laterale della seconda “scatola”, che traccia la linea mediana della Piramide, si allinei con la linea mediana della camera vista da Est o Ovest». A confermare l’ipotesi dell’Acqua, il pozzo di areazione meridionale, che prosegue sopra la camera, e inspiegabilmente bloccato al vertice da una paratia di roccia che presenta resti di supporti di rame, individuati grazie al piccolo robot Upuaut, progettato dall’ingegnere tedesco Rudolf Gantenbrink nel 1993. Dettaglio che, insieme alle scanalature presenti sul secondo strato del muro, induce Jorgensen a ipotizzare l’uso di corde per far scorrere una porta rimovibile e far scendere l’acqua nell’ambiente sottostante.

La Camera dell’Aria
Nella stanza piu elevata sino ad ora rinvenuta, la Camera che gli egittologi chaiamano “del Re”, troviamo, invece, pozzi di areazione a cielo aperto, un indizio che Jorgensen associa all’elemento Aria e al dio Shu. Siamo nella Camera del Re. Per entrare si deve passare la Grande Galleria e l’Anticamera. Concentrandosi sulle camere di compensazione direttamente sopra di essa, Jorgensen sottolinea la presenza di strani strati di roccia e spazi intermedi che i piu ritengono servissero a ridurre la pressione sul soffitto. Da architetto, qual e, si domanda perche gli antichi Egizi non abbiano aumentato lo spazio tra i livelli e perche non siano state progettate camere di compensazione anche per la Camera della Regina, che e stata presumibilmente costruita prima e che, essendo in un punto dove la piramide e piu ampia, subisce una pressione maggiore: «E se invece le camere di compensazione fossero una per ogni elemento rappresentato nella Piramide, come una sorta di collegamento diretto con le cinque divinita simbolicamente presenti nel monumento?». Se diamo alle camere di compensazione tale significato simbolico, queste piccole stanze dal soffitto piatto (almeno quattro di esse) diventano improvvisamente un’aggiunta logica alla camera di Shu. La loro collocazione sulla parete di fondo che si erge elevandosi, e l’enfasi nel prolugarle verso il soffitto, significano collegare il corridoio agli dei per onorarli. Inoltre, solo la cavita superiore presenta una volta a doppia inclinazione. E questo e, per Jorgensen, un altro indizio di specularita con i cinque elementi e dell’esistenza di altre due camere nascoste: «Stranamente solo le tre cavita inferiori presentano pareti, pavimento e soffitto in granito, cosi come le tre camere scoperte fino a oggi. Sembra ragionevole, dunque, collegarle a queste tre cavita inferiori. Simbolicamente il granito duro puo rappresentare il mondo fisico, i tre elementi in cui viviamo: Terra, Acqua e Aria».

Strani parallelismi
Per avvalorare la sua teoria, Jorgensen si interroga sulle ragioni per cui il padre di Cheope, Snefru, abbia costruito due piramidi (tre se si conta Meidum). La sua attenzione cade in modo particolare sulla cosi detta Piramide Inclinata, l’unica con due ingressi: uno a Nord, come nelle altre piramidi, e uno a Ovest, che in questo caso conduce alla stanza piu alta. Perche due ingressi? Secondo Jorgensen, sarebbe perfettamente comprensibile se le camere fossero state edificate per onorare gli dei: «Quando ci si avvicina al Sole si va verso Est, affrontando il dio che risorge alla Vita. I corridoi in direzione Nord- Sud, invece, conducono agli altri tre elementi: Terra, Acqua, Aria». Pur non essendoci una prova dell’esistenza di 5 stanze e tanto meno di un pozzo o della presenza di acqua, che renda le due piramidi speculari, la diagonale Nord-Ovest- Sud-Est nella Piramide Inclinata sembra riflettere i corridoi presenti nella Grande Piramide e la loro direzione, suggerendoci una indicazione precisa del dove si potrebbe trovare l’ingresso della Camera nascosta del dio del Sole nella piramide di Khufu: «In alto con una presunta entrata da Ovest».

La Camera del Fuoco
Siamo arrivati alla stanza che secondo Jorgensen sarebbe dedicata a Atum: la Camera del Fuoco, elemento dinamico che unisce il microcosmo e il macrocosmo attraverso la Trasformazione. Secondo lo studioso, questa stanza nascosta si troverebbe tra la Camera di Shu e la Camera di Nut, puntando verso Est, mentre il pozzo della Camera sotterranea sarebbe il suo Centro, spostato dall’apice in direzione Sud-Est, con un orientamento diagonale. Un assunto che parte dall’analisi delle sezioni trasversali della piramide, attraverso un complesso studio di proporzioni, legate al valore 22/7 per π (Pi greco). Se la Camera del Re (Shu) ha il soffitto corrispondente a 1/3 dell’altitudine originale della Piramide di 280 cubiti (Flinders Petrie misuro l’altezza del soffitto della Camera del Re tra i 4880,9- 4886,2 centimetri, approssimativamente 1/3 di 280 cubiti, pari a 4883,7 centimetri), Jorgensen suppone che la Camera del Fuoco abbia il suo soffitto in corrispondenza dei 2/3 di 280 cubiti, ad un’altitudine di 186 cubiti, pari a 97,74 metri. Una dimensione e un posto speciali, ideali per la Camera di Atum rispetto alle posizioni orizzontali delle altre tre stanze «quasi quadratiche: 21 cubiti in direzione Nord-Sud, e un po’ piu piccole in direzione Ovest-Est». Seguendo lo stesso schema, la Camera nascosta di Nut sarebbe destinata ad essere centrata attorno all’apice della piramide ed e di dimensioni simili.

Il Ponte
In quest’ottica, un ruolo particolare vine attribuito alla Grande Galleria, che non e propriamente una stanza, ma un corridoio di collegamento. Per Jorgensen, essa rappresenta i raggi del Sole che scaldano e portano la Vita, e simboleggia l’elemento Fuoco, «sperimentato nel mondo inferiore». Un luogo di passaggio, che eleva. La sua imponenza ricorda gli alti soffitti delle cattedrali gotiche, ed e come se la struttura volesse al contempo trasmettere il senso di Luce e calore che deriva dalle stanze sopra di essa, ma anche il timore della potenza che rappresentano. E qui, che si cambia di livello vibrazionale e si sale purificati dagli elementi terrestri: «Il dio del Sole ogni giorno compie il suo viaggio da Est a Ovest, in alto sopra di noi, irradiandoci e illuminandoci. La Grande Galleria, dunque, fu costruita per rivivere e visualizzare questo processo. Disegnandola si puo facilmente immaginare i raggi di luce che ci irradiano. Anche la sua sezione assomiglia a una fiamma». E qui che i passaggi che si restringono verso l’alto suggeriscono una nicchia, anche se non siamo in grado di individuarla. Ed e qui che i raggi di supporto perpendicolari alla rampa inclinata, s’incontrano per formare una forte costruzione triangolare all’altezza del controsoffitto.

La Camera dell’Etere
La dove non esiste piu il vertice della Grande Piramide, il Pyramidion originale, Jorgensen ipotizza l’esistenza di un’ultima stanza, la quinta camera, attribuendola a Nut, la dea del Cielo Stellato, inteso come Etere dell’Universo, situata immediatamente sopra la Camera di Atum. In base alla sua teoria, Il soffitto a punta della camera di compensazione superiore, lascerebbe presumere che al di sopra della Camera del Re vi fosse almeno un’altra stanza, situata in prossimita del vertice della Grande Piramide. Jorgensen specula, quindi, sull’esistenza di un piano in pietre da rivestimento, sostenute da una struttura in legno, che potrebbe essere crollato a causa di un terremoto. Se cosi fosse la camera, oggi scomparsa, potrebbe aver avuto la forma di una «piccola piramide interna», simbolo dell’Unione dei quattro elementi. Lo scrittore romano Apuleio, parlando del culto di Iside, scrive: «... Sono arrivato ai confini della morte ... Sono tornato dopo aver attraversato tutti gli elementi; a mezzanotte vidi il Sole splendere di una luce brillante, mi sono avvicinato agli dei in basso e gli dei in alto, faccia a faccia, e li ho adorati nella loro presenza reale». Una citazione che ci ricorda il valore inziatico di cio che abbiamo delineato sino ad ora. Apuleio ci parla dei “confini della morte” e di una presunta nascita a nuova vita dopo aver attraversato le prove legate a tutti gli elementi, gli stessi riportati dalla tradizione alchemica. D’altronde se la Grande Piramide di Giza non era un mausoleo, tanta perfezione nelle proporzioni e tanta cura nei dettagli possono aver avuto solo uno scopo sacro.

Il Tempio della Rinascita
Tutto ci indica che la Grande Piramide possa essere stata un tempio iniziatico per la “Rinascita” spirituale. Uno scopo che spiegherebbe la distribuzione interna delle camere e dei suoi corridoi. Nel 1930, lo scrittore danese Johannes Hohlenberg forni una descrizione di come una possibile iniziazione potesse avvenire nella camera del Re. L’iniziato doveva “morire” nel sarcofago di pietra, forse aiutato da sostanze sacre. In uno stato alterato avrebbe sperimentato l’incontro con gli dei. In seguito, si sarebbe risvegliato con il ricordo di aver trasceso la soglia della morte e di essere tornato in Vita. Un tale scenario spiegherebbe la presenza del sarcofago di pietra e di un piccolo tunnel nascosto nella parte superiore della Grande Galleria. Qui Jorgensen ricorda che vi sono due diversi tipi di fori vicino alle rampe laterali. Alcune sono cavita nelle pareti, la maggior parte delle quali e stata riempita con pietre piu grossolane. Questi fori sarebbero stati destinati a travi di legno che attraversavano la galleria, impedendo alle pietre bloccanti di scivolare nella prima parte stretta del passaggio ascendente. I fori praticati in basso lungo i gradini avrebbero avuto, invece, lo scopo di ospitare travi verticali per sostenere un soffitto in legno. In base all’ipotesi di Jorgensen, il passaggio della Galleria era bloccato a entrambe le estremita: da un lato c’era come uno scivolo mobile pesante, che bloccava alternativamente l’accesso alla Galleria o alla camera di Tefnut; dall’altro ve ne era uno nell’Anticamera, che bloccava l’ingresso della Camera di Shu.

Le prove iniziatiche
Se le persone fossero state iniziate nella piramide, avrebbero dovuto visitare le diverse camere, rendendo omaggio prima di tutto alla Terra. Da li, l’iniziato avrebbe dovuto spostarsi verso l’alto, facendosi strada lungo il corridoio ascendente, fino all’ingresso della Grande Galleria. Qui si troverebbero le indicazioni relative a un dispositivo mobile. Per Jorgensen la costruzione probabilmente assomigliava a un contrappeso, convenientemente nascosto nel pozzo verticale che scendeva dall’angolo, sollevando un’estremita della rampa, e che consentiva l’accesso alla Camera di Tefnut quando era sollevato e l’accesso alla Galleria quando era abbassato: «Prima di entrare nella Camera di Tefnut, l’iniziato avrebbe dovuto attraversare un corridoio coperto da circa 20 cm di acqua, segno che si stava avvicinando alla seconda camera. La nicchia vuota gli avrebbe ricordato cio che gia sapeva: che c’erano cinque dei, cinque elementi e cinque camere. Questo era solo il secondo». Perche cio avvenisse, il passaggio orizzontale che conduceva alla camera di Shu dalla Galleria doveva essere bloccato. I disegni riportati da Jorgensen mostrano come potesse essere fatto il blocco con una funzione sia logica che simbolicamente adatta, se la piramide fosse stata utilizzata come tempio di iniziazione. Le forme curve vicino al soffitto suggerirebbero la presenza di tre cilindri, proprio come quello proposto per lo scivolo nell’estremita inferiore della Galleria. Il che spiegherebbe perche il pavimento della camera di Shu fosse un po’ piu alto rispetto al corridoio. Un dettaglio prezioso, che indica una precisione e un’intenzionalita nella progettazione non indifferente. Tutto sembra essere coerente con una prova iniziatica: «L’ingresso sarebbe stato bloccato da un’enorme pietra, lasciando abbastanza spazio affinche le dita di una mano potessero scivolare sotto il blocco per sollevarlo. Allo stesso tempo, un blocco molto piu grande si sarebbe abbassato davanti all’iniziato, e gran parte del pavimento sarebbe stato ricoperto di carbone ardente! Perche l’iniziato potesse affrontare la sua prova nella galleria, era necessario mettesse in pratica la sua Conoscenza degli elementi. Sollevando la pietra, avrebbe dimostrato la sua abilita nel governare l’elemento Terra. L’elemento Acqua doveva invece aiutarlo; quindi avrebbe sollevato con sicurezza la pietra fino in fondo, rivelando che il blocco di fronte era in realta un contenitore del liquido. Non molto, ma abbastanza da bagnare i suoi piedi e coprire meta del carbone ardente. Con i piedi umidi ora poteva camminare rapidamente sopra di essi, giungendo incolume nella camera di Shu».

Di vuoto in vuoto
Esistono diversi scenari possibili di come sarebbe potuta prosegure la cerimonia d’iniziazione. Uno di questi si rifa al mito, e probabilmente implicava l’uso del sarcofago, descritto da Hohlenberg, per compiere l’ultimo atto, morire e poi Rinascere, come suggeriva Apuleio nei suoi versi. Naturalmente cio implica sia postulata l’esistenza di un passaggio tra le due camere, e che vi sia un ingresso in alto, sul lato occidentale, che consentisse l’accesso a questi due luoghi segreti. L’esistenza di almeno una camera nascosta nella Grande Piramide, al di la delle tante ipotesi oggi in campo, non e poi cosi impossibile e neppure pura speculazione. E, infatti, del novembre 2017 la notizia di due cavita misteriose, due vuoti, la cui posizione esatta rispetto alla struttura e ancora da definire, individuati nell’ambito del progetto “Scan Pyramids”, grazie alla rivelazione dei muoni. Analizzando le particelle subatomiche che arrivano dallo Spazio, un gruppo di ricercatori e stato in grado di scandagliare una parte della Piramide e di individuarne gli spazi che presentano assenza di materiale. Allora si parlava addirittura della possibile esistenza di una seconda galleria lunga una trentina di metri, alta 8 e larga 2. Quale potrebbe essere stata la sua funzione? C’e chi ha ipotizzato che il “Grande Vuoto”, come era stato ribattezzato, potesse servire a sgravare dal peso dell’edificio la Grande Galleria, ma il tetto a spiovente del corridoio ascendente che conduce alla Camera del Re era stato gia progettato proprio a questo scopo. C’e chi ha inseguito ancora la teoria che possa custodire una tomba, e c’e chi ritiene possa contenere un “Trono di Ferro”, che doveva servire simbolicamente al Faraone per raggiungere l’Aldila, cosi come descritto nei Testi delle Piramidi e sulle formule rituali egizie; oppure chi, come il nostro direttore, pur ammettendo che potrebbe trattarsi di spazi completamente vuoti, e aperto alla possibilita che, se qualcosa vi sia ciustodito davvero, potrebbe essere la reliquia piu sacra d’egitto, il Benben di Eliopoli. Non ci resta che attendere i nuovi sviluppi delle indagini in corso per scoprire un altro tassello dell’eterno enigma che avvolge questo nonumento baciato dall’oro del Sole all’alba.


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MessaggioInviato: 16/10/2021, 18:26 
L'IMPERO OSCURO DI JEFFREY EPSTEIN
Articolo di Patrick Henningsen
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Molti lo credevano intoccabile. Un miliardario del jet-set con un libro nero pieno di celebrita, élite globali, importanti accademici, reali e persino capi di stato e collegamenti con l’Intelligence. E decine di vittime. Ci sono voluti circa vent’anni perché il suo caso finisse in tribunale, cosa che non sorprende una volta che ci si rende conto della vera portata e del potere del suo social network. Si aprono i sigilli Da parte sua, la storia di Jeffrey Epstein e terminata bruscamente dopo che e stato ritrovato morto in una prigione federale al New York Metropolitan Correctional Center sabato 10 agosto 2019. Epstein era in attesa di un processo federale per le accuse di cospirazione e traffico sessuale di ragazze minorenni all’inizio degli anni 2000. Gli ufficiali hanno subito dichiarato che si trattava di suicidio per impiccagione, sostenendo inizialmente che la sua morte fosse da imputare a negligenza e al fatto che il personale della prigione non avesse seguito le procedure. Si e detto che Epstein fosse sotto osservazione per timore che si suicidasse dopo che era stato trovato in stato di semi incoscienza nella sua cella due settimane prima, ma poi era stato spostato nuovamente nell’ala generale. A rendere la cosa ancora piu sospetta c’e il fatto che nelle settimane prima Epstein avesse comunicato alle guardie che qualcuno aveva cercato di ucciderlo. Naturalmente, la sua rivelazione aveva scatenato le speculazioni in ambito politico e mediatico, ma questa volta, i “cospirazionisti” hanno avuto la meglio: 24 ore prima della sua morte, un giudice federale aveva ordinato di togliere i sigilli a circa 2000 pagine di documenti della Corte relativi a una causa di diffamazione intentata contro la ex fidanzata britannica di Epstein, la presunta “madame” Ghislaine Maxwell. Il querelante era una dei testimoni chiave di tutto l’affaire, Virginia Roberts Giuffre, autodefinitasi “schiava sessuale” di Epsein. Quei documenti facevano dei nomi, incluso quello del Governatore del New Mexico Bill Richardson, quello del principe Andrew duca di York, dell’ex senatore statunitense George Mitchell, del finanziere d’élite Glenn Dubin, quello dell’agente di modelle Jean-Luc Brunel e dello scomparso scienziato di Intelligenza Artificiale Marvin Minsky del MIT. Tutto questo con tanto di appassionanti dettagli di scambi tra l’accusato e gli accusatori. Indubbiamente, questa divulgazione ha colpito al cuore l’Establishment, infrangendo la realta consensuale che generalmente confina il discorso mainstream all’interno delle narrative ufficiali. A quanto pare, Epstein ha portato la cospirazione nel mainstream.

Una lunga lista nera
Per quanto negative possano essere state le rivelazioni su Jimmy Savile per l’alta societa britannica, le cronache di Jeffrey Epstein sono potenzialmente piu devastanti in ordine di grandezza. Piu ne sappiamo di questa storia, piu diventa sordida e come molti giornalisti possono gia attestare, se si tengono d’occhio le pagliacciate depravate di questo elusivo personaggio puo sembrare di scrutare nel fango. Una volta che si buca la sua sfocata facciata pubblica, ci si trova di fronte a una porta chiusa dopo l’altra, che nascondono le sale adiacenti di un oscuro castello in cui si puo entrare solo con intenti nefandi. La parte peggiore e che per tutto il tempo questa storia si e nascosta in bella vista. Sebbene all’inizio al suo caso siano stati dedicati titoli di giornale, nel 2005, la vicenda legata a Epstein ottenne maggiore visibilita nel 2015, quando il giornalista Nick Bryant riusci a inviare il suo scoop al sito di gossip e notizie Gawker. Bryant era un catalizzatore improbabile per questa storia – un giornalista di medio livello che cercava di fare il salto nel mainstream, ma casualmente riusci a mettere le mani su una copia del “Libro Nero” di Epstein nel 2012, dopo che gli investigatori federali lo avevano sequestrato dalla casa dell’ex manager di Epstein, Alfredo Rodriguez, che aveva cercato di venderlo ai tabloid per la bellezza di 50,000 dollari. Il libro conteneva i nomi e i numeri di telefono di diversi VIP, molti dei quali avevano viaggiato anche sui jet privati di Epstein, compreso il famigerato Boeing 727 “Lolita Express”. Gli scandali sessuali di alto profilo non sono niente di nuovo, ma in questo caso era la lista dei clienti ad aggiudicarsi i titoli in prima pagina. La sua corte di VIP comprendeva l’ex presidente USA Bill Clinton, l’ex primo ministro israeliano Ehud Barak, il principe Andrew duca di York (Epsteinaiuto a estinguere i debiti della sua ex moglie Sarah Ferguson), il governatore del New Mexico Bill Richardson, il preside della Harvard University Larry Summers, l’avvocato delle celebrita Alan Dershowitz, star del cinema come Kevin Spacy, Chris Tucker, Alec Baldwin Ralph Finnes, oltre alle super rockstar Courtney Love e Mick Jagger. E la lista e ancora lunga.

Una brutta storia già vista
Quando nell’intervista per Vanity Fair venne chiesto a Bryant come avesse fatto a intuire che quella storia fosse roba grossa, lui spiego: ≪Avevo gia visto prima questa stessa cosa con il Caso Franklin. Era come un deja-vu e ho pensato, ecco un altro network di pedofili importanti, poco ma sicuro≫. Molte persone si sono perse lo scandalo Franklin all’epoca perché dopo che era uscita la storia, alla fine degli anni ’80, venne presto tolta dai riflettori, ma somiglia molto a quella di Epstein: un racconto di finanza, élite politiche, jet privati usati per traghettare vittime minorenni in giro per il mondo in un nefando traffico sessuale e ricatti. In questa storia, la testa del serpente era il Tycoon della Savings & Loan, e importante esponente dei repubblicani, Larry King, che metteva a disposizione i suoi loschi guadagni per trasportare in aereo bambini e minori svantaggiati dal Midwest ai party stravaganti a Washington DC, New York e Los Angeles, mettendoli a disposizione dei ricchi e dei potenti, portando avanti, allo stesso tempo, una politica ricattatoria. Lo scandalo Franklin venne in seguito esposto nei piu gravi dettagli dall’ex senatore del Nebraska John De- Camp nel libro The Franklin Cover-Up (1992). E l’istinto suggeriva a Bryant che lo scandalo Epstein fosse la riedizione dello stesso caso: bambini indifesi serviti ai VIP in diverse sedi a scopi di ricatto. E aveva ragione. In seguito a un’indagine portata avanti dal 2005, che si avvalse di molte testimonianze, tra cui quelle delle vittime, nel 2008 Epstein si era dichiarato colpevole dell’accusa di aver ≪procurato una persona di meno di 18 anni≫ per gli eventi accaduti tra il 2002 e il 2005. Una per una, Bryant rintraccio le vittime, ma molte non erano raggiungibili perché avevano cambiato numero o si erano disconnesse, e con quelle che era riuscito a raggiungere non era sempre facile parlare. Tuttavia, una volta messe l’una accanto all’altra, le vittime corroborarono cio che Bryant aveva inizialmente sospettato – che Epstein non solo usava giovani ragazze per soddisfare i suoi vizi personali e perseguire il proprio appetito insaziabile per servizi di “massaggi erotici e sesso”, ma fungeva anche da magnaccia di queste minorenni in un vasto network di clienti d’élite. Ad aiutarlo a gestire gli “affari” c’erano le capacita organizzative del suo staff personale e persino la sua piu nota partner e “madame” Ghislaine Maxwell, figlia del deceduto tycoon dei media Robert Maxwell. Soprannominato “la super spia di Israele”, i legami di Robert Maxwell con l’Intelligence israeliana erano leggendari, il che ci porta all’altro socio principale di Epstein, nonché amico di lunga data, l’ex primo ministro israeliano Ehud Barack, ma anche a Rupert Murdoch, Bill Richardson e Larry Summers, tutti, guarda caso, nel consiglio della nuova impresa petrolifera israeliana Genie Energy, un’azienda con la licenza di trivellare nelle Alture del Golan illegalmente occupate. A questo aggiungete il cliente e patrono di Epstein, il miliardario filantropo della “Mega” Leslie Wexner e quello che ne viene fuori e un quadretto molto interessante. Una delle tecniche usate da Epstein era l’utilizzo di una classica struttura di marketing multilivello in cui le iniziali vittime femminili diventano a loro volta “recrutatrici”, sotto la supervisione generale di Ghislaine Maxwell. La genialita di questo sistema consiste nel fatto che le vittime non restano tali, ma diventano complici e quindi perseguibili legalmente, garantendo il silenzio sulla faccenda nel caso venisse scoperta.

Scoppia lo scandalo
Se si vuole indicare un periodo preciso in cui la storia e diventata di dominio pubblico, e stato dopo l’ammissione di colpevolezza di Epstein nel 2008, a cui e seguita una condanna a 13 mesi di carcere, compreso il periodo trascorso in un’ala privata della prigione e quello in semiliberta. Di conseguenza, venne registrato come colpevole di reati sessuali in Florida, ma il nonprosecution agreement che aveva firmato gli garantiva l’immunita per qualsiasi potenziale co-cospiratore, ovvero i VIP di Epstein e persino le “recrutatrici”. Con questo accordo nessuno avrebbe rischiato di essere trascinato in uno scandalo maggiore. Una via d’uscita pulita, o almeno cosi sembrava. Venne fuori, invece, che l’accordo era stato architettato dall’Ufficio del Procuratore di Miami, sotto la guida dell’allora pubblico ministero Alex Costa, che sarebbe poi diventato il segretario al Lavoro sotto il presidente Trump. L’exposé di Bryant sul Gawker in questo senso fu importante perché porto i VIP nell’ambito pubblico e con il nome di Bill Clinton collegato strettamente a quello di Epstein la storia avrebbe avuto una risonanza garantita, parallelamente alla campagna presidenziale di Hillary Clinton nel 2016. La vicenda assunse ancora piu rilevanza nel novembre 2018, in seguito alla pubblicazione di una serie di articoli sul Miami Herald da parte della giornalista Julie K. Brown intitolati “Perversion of Justice”, in cui si identificavano circa 80 donne che sostenevano di aver subito abusi da Epstein e amici. Poco dopo, nel gennaio 2019, un giudice federale decreto che l’accordo di Costa violasse il Crime Victim’s Rights Act ≪non permettendo a piu di 30 vittime identificate di sapere dell’accordo in modo da avere la possibilita di opporsi ≫. La cosa si rivelo una condanna a morte per l’agreement che aveva protetto il network di Epstein. Il 6 luglio 2019, Epstein venne arrestato dopo essere atterrato all’Aeroporto di Teterboro, nel New Jersey. Le accuse ora comprendevano traffico sessuale e cospirazione, condannando ufficialmente Epstein per aver usato la sua ricchezza e i suoi contatti al fine di ≪creare un vasto network di vittime minorenni per il suo sfruttamento sessuale≫. Non si deve sottovalutare l’importanza di una cosa del genere. Gli uomini che operano al suo livello raramente vengono portati al cospetto della legge. Ma era appena l’inizio e i suoi legali sembravano possedere illimitati fondi per la guerra legale. Era ancora possibile montare un’epica difesa oppure patteggiare per un nuovo accordo in cambio della sua testimonianza.

L’uomo del mistero
Enigmatico e facoltoso, la storia personale di Epstein resta per buona parte un mistero, cosa piuttosto insolita per qualcuno che appartiene all’alta societa. Diversamente da altri membri della plutocrazia americana, Epstein non e nato ricco. Le sue origini sono relativamente insignificanti: nato in una famiglia della middleclass di Brooklyn, non si e distinto al college in nulla di particolare. Girano voci delle sue prodezze in matematica e fisica, ma nulla di verificabile. Questo in sé, comunque, non preclude il genio, come nel caso di Bill Gates e Steve Jobs. Degni di nota sembrano essere stati, invece, il suo expertise nello stipulare accordi e nei numeri finanziari, come anche il suo stile nel capitalizzare le opportunita finanziarie irregolari, alcune delle quali sono rimaste nascoste per decenni (come i suoi passati soci d’affari potrebbero attestare). Una specie di Grande Gatsby dei nostri giorni, che manteneva un’aura di mistero mentre teneva corte con una cricca eterogenea di scienziati, star del cinema, uomini della finanza, reali e politici. Tuttavia, i trading desk sembrano non conoscerlo ed e insolito, per pezzi grossi come lui, non lasciare traccia. Ancora piu interessante risulta la fonte della presunta fortuna che ha messo insieme. La leggenda ormai e nota: Epstein si vantava di accettare clienti solo al di sopra del miliardo di dollari, anche se nessuno sembrava sapere chi fossero questi clienti o dove Epstein parcheggiasse i loro soldi. Solo uno di questi clienti e molto conosciuto: il noto miliardario Leslie Wexner, fondatore di Limited Brands, che comprende il famoso marchio di biancheria femminile Vistoria Secrets. Il che ci porta al gioiello della corona nel portfolio di Epstein: un palazzo di 21.000 piedi quadrati in East 71st Street, nell’Upper East Side di Manhattan. Si dice che sia la residenza privata piu grande di New York City, del valore di 56 milioni di dollari. Non e chiaro se Epstein fosse il proprietario effettivo del palazzo o se sia ancora una delle molte risorse di Wexner, ma Epstein avrebbe sicuramente risposto che era suo. Tuttavia, quella che potrebbe sembrare solo una piccola formalita, nel grande schema delle cose potrebbe essere assai rivelatrice, considerando altri eventi ambigui nella tempistica dell’impero di Epstein – piu specificamente, la capacita di utilizzare, riciclare e sfruttare il denaro altrui. Oltre a questo palazzo a New York c’e la tenuta di Palm Beach in Florida, del valore di 12 milioni di dollari. In termini di grandezza, la proprieta piu grande e un ranch di 7.500 acri chiamato “Zorro”, che si dice essere la piu grande residenza privata e del New Mexico, per un valore di 18 milioni di dollari. A questo aggiungiamo anche un appartamento al centro di Parigi, di 9 milioni di dollari. La destinazione piu popolare per i suoi ospiti VIP era la sua isola privata di 71.5 acri, acquistata nel 1998 per 8 milioni di dollari, nota come “Little St. James” e situata nella Isole Vergini caraibiche, vicino a St. Thomas. Molti ancora non sanno che Epstein aveva comprato una seconda isola vicina, ancora piu grande, “Great St. James”, per un totale di 162 acri e una spesa di 18 milioni di dollari. Tra le proprieta di Epstein c’era anche il 50% del porto dell’isola vicina, l’America Yacht Harbor.

Epstein il filantropo
Come molti altri rampolli di alto livello, Epstein manteneva un profilo da grande filantropo. Tra le diverse cause che sosteneva, aveva donato 25 milioni di dollari a Harvard per la creazione del “Programma Epstein per la Biologia Matematica e le Dinamiche Evolutive”. Altre attivita filantropiche sembra rientrassero sotto l’ombrello della Jeffrey Epstein VI Foundation, istituita nel 2000. Tuttavia, non tutto va bene nella casa di Gatsby, dal momento che alcune istituzioni benefiche sostengono di non aver mai ricevuto le donazioni dichiarate da Epstein e tra queste c’e il Metropolitan Museum of Art di New York che, tramite un portavoce, ha fatto sapere di non aver ricevuto alcuna sostanziosa donazione da Jeffrey Epstein o la sua Fondazione; avrebbe acquistato solo dei biglietti all’inizio degli anni ’90. Una storia simile e stata raccontata da altri nove organizzazioni tra cui la Duke Universty e la Elton John AIDS Foundation, mentre dozzine di altre hanno declinato di commentare quando e stato loro chiesto dai giornalisti della NBC NEWS. Un’altra crepa nella facciata? Dopo aver abbandonato il college alla fine degli anni ’70, Epstein venne assunto dal preside Donald Barr, padre dell’attuale procuratore generale William Barr, per insegnare alle superiori matematica e fisica alla prestigiosa Dalton School di New York. Fu li che insegno al figlio del direttore degli investimenti della Bear Stearns Alan “Ace” Greenberg, oltre a “entrare in amicizia” con la figlia di Greenberg, stando a un resoconto del 2003 di Vicky Ward. Non sorprende dunque che Epstein, in seguito, abbia ottenuto una posizione come options trader per l’importante banca d’investimenti di Greenberg a Wall Street, dove si dice che si sia poi elevato a livello di junior partner. Dopo esserne uscito bruscamente nel 1981, fondo una compagnia tutta sua, la J. Epstein & Co. E nel periodo successivo guido un’azienda di consulenza per il recupero di attivita finanziarie, l’International Assets Grount Inc., nel suo appartamento nella East 66th Street.

Epstein e il suo mentore
Di tutti i colleghi di Epstein, quello che raramente viene menzionato, ma che potrebbe essere il suo vero mentore, e un uomo di nome Steven Hoffenberg, che assunse Epstein alla Tower Financial Corporation. I due sembrano essersi divisi prima che Hoffenberg venisse arrestato nel 1995 per aver frodato gli investitori. Come Epstein dopo di lui, anche Hoffenberg poteva vantare dimore sontuose a Manhattan, gli Hamptons e in Florida, come anche jet privati e una collezione di auto di lusso. Forse Jeffrey aveva imparato una cosetta o due da Steven. Ma fu solo dopo essere entrato nelle grazie di Wexner, dopo il 1989, che Epstein venne invitato a far parte dell’Establishment, che comprendeva appartenenti prestigiosi del Council on Foreign Relations, la Trilateral Commission e l’Istitute of International Education. Chiamarlo un network di potere e un eufemismo. Ora Epstein aveva realmente accesso al mondo dei broker della geopolitica mondiale, molti dei quali sarebbero entrati nella lista del suo famigerato libro nero.

Il libro nero
Sono molti gli ospiti e collaboratori che avrebbero volato sul famigerato “Lolita Express” di Epstein, fornito di tutti i lussi che ci si aspetterebbe da un miliardario che ha a che fare con celebrita, politici e capi di stato. I passeggeri del Boeing potevano godere persino di un lussuoso letto sicuramente finalizzato al soddisfacimento del passatempo preferito di Epstein e clienti con ragazze minorenni Il libro nero di Epstein era un vero e proprio “chi e chi” di gente ricca e famosa. Una volta che si riesce ad andare oltre Tony Blair, Michael Bloomberg e Richard Branson, vi si trova gente come il capo della Formula 1 Bernie Ecclestone, e poi Woody Allen e Kevin Spacey, entrambi oggetti di accuse varie di condotta sessuale inappropriata e abuso. Quando Gawker ha pubblicato i nomi nella lista dei passeggeri di Epstein, sono venuti fuori alcuni VIP, come Bill Clinton. La Clinton Foundation ha fermamente negato che l’ex presidente USA sia mai stato a Little St. James, dichiarando che ≪non e mai stato a Little St-James Island, nel ranch di Eptein nel New Mexico o nella sua residenza in Florida ≫ e nelle poche volte che era stato in compagnia di Epstein, era stato con lo staff di Clinton e la security dei servizi segreti per il possibile finanziamento della Clinton Foundation e della Clinton Global Initiative. Un altro frequentatore di alto profilo del volo di Epstein era il celebre professore di Legge di Harvard Alan Dershowitz che, come Clinton, nega qualsiasi sconvenienza, insistendo di non essere capace di relazioni con giovani donne in quanto avrebbe gia una ≪perfetta vita sessuale ≫ con sua moglie. Di tutti i VIP menzionati, Dershowitz e quello che si e sbilanciato maggiormente, attaccando e diffamando ogni vittima che faceva il suo nome in fatto di abusi, esercitando pressioni persino sull’organizzazione del Premio Pulitzer affinché togliesse il Miami Herald dai papabili per via dei sui articoli investigativi sul caso Epstein. Oltre a essere una delle aquile della Legge americana, Dershowitz e stato un opinionista regolare nei network principali come FOX News e CNN, spesso chiamato a ricoprire il ruolo di difensore di Israele e della lobby israeliana. Oltre al Boeing “Lolita”, Epstein aveva due jet, il Gulfstream IV e il Gulfstream GV-SP, tutti in servizio per alimentare il suo stile di vita da playboy, con voli settimanali fra le sue proprieta di New York City, Florida, Parigi, Regno Unito, Slovacchia e Marocco. Per nascondere il suo via vai al pubblico, Epstein sfruttava un’oscura politica federale che permette ai proprietari di jet privati di tenere i propri spostamenti segreti rispetto alle informazioni sui voli pubblici. Anche se la maggior parte degli spostamenti del Boeing non sono reperibili, ci sono alcune informazioni che possono rendere un’idea degli spostamenti generali di Epstein nei piu piccoli jet Gulfstream. Secondo questi dati, il Gulfstram IV ha compiuto 57 voli, mentre il Gulfstram GV-SP 107, con una media di un volo ogni tre giorni. Questi dati hanno aiutato gli investigatori a stabilire la frequenza dei voli e i loro spostamenti per formare un quadro generale dei movimnti di Epstein, mettendoli a confronto con altra documentazione e altre testimonianze.

Un pesce grosso e sfuggente
A parte Bill Clinton, l’altro pesce grosso che i membri della politica e dei media sperano di acciuffare e il presidente Donald Trump, una nota conoscenza di Epstein nel corso degli anni. I media hanno tentato di incastrare Trump per via di sue precedenti dichiarazioni riguardanti la loro passata relazione. In un’intervista del 2002 per il New York Magazine, Trump disse di Epstein ≪E una persona divertentissima con cui stare. Si dice persino che gli piacciano le belle donne come piacciono a me, e molte di queste sono giovani. Non c’e dubbio – Jeffrey si gode la vita≫. Questa frase fece suonare alcuni campanelli d’allarme, ma non era sufficiente per collegare Trump a Epstein. Dopo un esame piu approfondito, la loro relazione sembra piu debole: si dice che i due avessero litigato in merito all’accordo su una proprieta e anche perché Epstein era stato bandito dal club privato di Trump in Florida, Mar-a-Lago, dopo che Epstein aveva fatto delle avance alla figlia di uno dei suoi membri. Di Epstein, in seguito, Trump avrebbe detto, ≪Tutti a Palm Beach lo conoscevano. Ho avuto un alterco con lui. Non gli parlo da 15 anni. Non ero un suo fan, ve lo posso assicurare≫. L’avvocato delle vittime Bradley Edwards dichiaro quanto segue: ≪L’unica cosa che posso dire sul presidente Trump e che e stata l’unica persona che, nel 2009 - quando ho inoltrato molti mandati di comparizione a molte persone, o almeno ho fatto sapere ad alcune persone ben agganciate che volevo parlare con loro - ha preso in mano il telefono e mi ha detto parliamo, ti do tutto il tempo che vuoi, ti diro cio che ti serve sapere, e mi ha fornito informazioni molto utili. Non c’erano segnali che lui fosse coinvolto in qualcosa, ma le informazioni che ci ha dato erano valide, le abbiamo controllate, e non abbiamo dovuto prendere la sua deposizione≫. Per il momento Trump ne resta fuori.

Una catena di ricatti
Di solito, dove ci sono soldi, potere, vizio e traffico di sesso, c’e anche il ricatto. Quando gli agenti federali hanno perquisito la casa di Epstein, oltre a trovare centinaia di immagini illegali di ragazze minorenni, hanno scoperto anche strumenti di registrazione nascosti in tutta la proprieta. Non sembra dunque cosi strano che quando la giornalista Vicky Ward aveva visitato la sua casa di New York avesse notato qualcosa di inquietante: ≪L’ingresso non e decorato con dei dipinti ma con file dopo file di bulbi oculari, ognuno nella propria cornice che, racconta il proprietario, sono stati importati dall’Inghilterra, dove sono stati realizzati per i soldati feriti≫. Magari Jeffrey stava mandando un messaggio subliminale ai suoi ospiti. La cosa si fa interessante se pensiamo che il benefattore di Epstein, Les Wexner, aveva collaborato con una serie di magnati degli affari collegati con la malavita come Edward DeBartolo Sr, il piu grosso costruttore di centri commerciali e imprenditore edile d’America e forse il piu importante finanziatore legato alla malavita dopo Meyer Lansky. Lasky governo il “mondo di sotto” durante il periodo Hoover come direttore dell’FBI assieme ad altre figure collegate a questo mondo che fungevano da luogotenenti, come Samuel Bronfman, suo figlio Edgar Brifman Sr e Lewis Rosenstiel. Da qui possiamo capire la dottrina di “mutua decostruzione” assicurata, dal momento che sia le élite governative che quelle criminali cercavano di evitare una guerra intestina che il ricatto poteva scatenare. E la forza latente che a volte governa la politica di una nazione e persino la geopolitica. Piu spesso di quanto si creda, e la mano nascosta che guida le decisioni e le azioni dell’Establishment (come anche la sua non azione). Ancora non e certo che Epstein fosse coinvolto nel ricatto di politici e uomini d’affari, anche se molti giornalisti che se ne sono occupati, incluso Bryant, credono fosse cosi. Certamente la figura importante di Ghislaine Maxwell, figlia della “super spia d’Israele” Robert Maxwell, nel procurare femmine per il suo harem dovrebbe far sorgere un forte sospetto che fosse cosi.

L’intoccabile
In un report su Daily Best, “Jeffrey Epstein’s Sick Story Played Out for Years in Plain Sight”, Vicky Ward riferisce qualcosa di incredibile, che potrebbe aiutare a completare il puzzle. Quando l’ex procuratore generale americano Alex Acosta patteggio un accordo ridicolo con Epstein nel 2007, gli era stato detto di ≪stare indietro perche Epstein non era alla sua portata≫. ≪Mi e stato detto che Epstein apparteneva all’Intelligence e di lasciarlo in pace ≫ rivelo Acosta, che recentemente e stato obbligato a dare le dimissioni come segretario al Lavoro sotto Trump. Cosi la Ward ha spiegato questa potenziale svolta: ≪Il nome di Epstein, mi e stato detto, era stato fatto dal team di transizione di Trump quando Alexander Acosta, l’ex avvocato di Miami che aveva patteggiato ignominiosamente con Epstein nel 2007, era stato interrogato per il lavoro di segretario al lavoro ≫. Il patteggiamento aveva posto un brusco freno a un’indagine federale separata su presunti crimini sessuali e traffico di minori. Il caso Epstein causera dei problemi (per le udienze di conferma?), gli era stato chiesto, e Acosta aveva spiegato spensieratamente che all’epoca aveva avuto solo un incontro sul caso Epstein. Aveva siglato il non prosecution deal con uno degli avvocati di Epstein perché “gli era stato detto” di stare indietro, che Epstein era fuori dalla sua portata. ≪Mi e stato detto che Epstein apparteneva all’Intelligence e di lasciarlo in pace ≫ disse Acosta ai suoi interlocutori nella transizione di Trump i quali, evidentemente, pensarono che come risposta fosse sufficiente e lo assunsero. (Il Dipartimento del Lavoro non ha commentato quando gli e stato chiesto a riguardo). Allora resta una domanda: quale Intelligence – USA, Britannica o Israeliana? Probabilmente la risposta e top-secret e potremmo non saperlo mai.

Uomo morto non parla
Prima della morte di Epstein in prigione, la domanda che tutti si ponevano era se ci sarebbe stato un processo o se Epstein lo avrebbe aggirato ancora una volta. Questo interrogativo e stato sostituito con un altro, ossia come la morte di Epstein influira sul procedimento legale. Epstein non potra testimoniare, patteggiare o fornire informazioni sulle parti coinvolte. Tuttavia, il coinvolgimento Ghislaine Maxwell – dettagliato in tutta una serie di prove documentali e nella testimonianze di decine di vittime – potrebbe essere usato in una nuova indagine federale e rinvio a giudizio. Col pesce grosso tolto di mezzo, resta da vedere come l’Establishment reagira e quanta giustizia sara permessa nel caso venissero coinvolti personaggi politici e di rilievo di alto profilo. Ancora piu importante, si tratta di un caso che ha dei collegamento con l’Intelligence, che ha tutto l’interesse a far si che venga insabbiato. Oggigiorno gli americani hanno un sacco di buoni motivi per odiare i ricchi e potenti e il caso Epstein non fa che aggiungere carne al fuoco. Dopo aver visto la lista impressionante di nomi nel libro nero, associata a crimini come il traffico sessuale, e indubbio che Epstein fosse al centro di qualcosa di grande e nefasto. E il tipo di potere che puo influenzare la politica governativa e persino gli eventi geopolitici. Inoltre, il principale pubblico ministero nel distretto meridionale di New York nel caso federale di Epstein non e altri che Maurene Comey, figlia del direttore dell’FBI caduto in disgrazia James Comey, quello del Russiagate. Il mondo e davvero piccolo. Il che ci riporta al mistero numero uno: Jeffrey Epstein si e davvero suicidato? In base alla narrativa che ha gia preso forma, e molto probabile che sara questa la versione che passera alla storia, assieme ai gradi omicidi irrisolti come JFK, Martin Luther King e Robert F. Kennedy. Eppure qualcosa mi dice che di Jeff sentiremo ancora parlare.


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ELETTRIFICAZIONE TERRESTRE E 5G: I PERICOLI SPIRITUALI
Articolo di Matteo Martini
Scarica: Elettrificazione terrestre e 5G - I pericoli spirituali.pdf [63.05 KiB]
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Fino ad oggi gli autori di controinformazione ben poco si sono occupati del significato “occulto” della tecnologia 5G, cioè dei suoi effetti (o forse dovremmo dire scopi) sottili, secondo quanto può essere dedotto dal punto di vista del sapere esoterico. 5G sta per “quinta generazione”, cioè la quinta generazione di telecomunicazione mobile, presentata come più efficiente: efficienza tuttavia che potrebbe non avere impatto visibile sull’accesso diretto alla rete da parte degli utenti generali, ma effetti in maggiori potenzialità per l’Intelligenza Artificiale, per il settore dei “Big Data” e per la cyberwar e dunque solo per le corporation private o per i governi lanciati in politiche di potenza. Questa tecnologia utilizza una banda ad alta frequenza e quindi a bassa lunghezza d'onda che oramai ha raggiunto l'ordine delle microonde. Della pericolosità di questa frequenza sappiamo già molto, sostenere che "deve essere ancora sperimentata" è già gettare fumo negli occhi: sappiamo che queste frequenze sono in grado di interagire pesantemente con i sistemi biologici e i tessuti organici, in particolare perché contenenti acqua. I dipoli delle molecole d’acqua vanno in risonanza con le onde di frequenza 2,45 GHz, il che comporta un repentino riscaldamento interno del sistema. Che le onde di questo range di frequenze possano essere nocive è confermato anche dal fatto che le tecnologie a microonde sono usate a scopo militare e di polizia per lo sviluppo di armi non letali, ma che potrebbero diventare letali se adeguatamente potenziate. Superfluo quindi spendersi oltre sui rischi per la salute umana. Ben pochi probabilmente, anche fra gli studiosi di esoterismo, sembrano invece aver considerato che il progetto di coprire interamente il pianeta con una rete digitale – correlata all’implementazione della tecnologia 5G – avrà effetti sottili e occulti che vanno anche oltre la semplice salute fisica, o la salute del corpo sottile degli umani e degli animali. Poco risalto ha avuto in effetti, nel dibattito pubblico, anche presso coloro che si oppongono al 5G, il progetto di totale copertura della superficie terrestre con il segnale internet mobile che è accoppiato allo sviluppo del 5G, attraverso una fitta rete elettromagnetica creata dalla più grande flotta di satelliti mai messa in orbita intorno alla Terra. Il progetto prende il nome di Starlink (satellite constellation) ed è stato proposto e portato avanti da Elon Musk, fondatore e CEO di Tesla. La compagnia SpaceX ha progettato di mettere in orbita una flotta di 12.000 satelliti per la comunicazione 5G, in un range di quote fra i 340 e i 1.550 km di altitudine. Tale progetto nelle intenzioni di Musk – che forse non è solo un “genio” intraprendente ma isolato, quanto piuttosto l’uomo immagine di un centro di potere tecnologico – dovrebbe essere completato nel 2024. Si avvicina in effetti a quel 2030 che i pianificatori occulti di un certo globalismo indicano come nuovo punto di verifica del loro processo, in particolare con la nuova rivoluzione “verde” dell’economia (Green New Deal e Agenda 2030). Un certo numero di satelliti sono già stati messi in orbita. Vi sarebbe anche un progetto alternativo concorrente, quello di Iridium constellation della omonima compagnia spaziale Iridium, che sviluppa un programma già esistente e parzialmente operante di copertura satellitare (quindi siamo di fronte ad un processo già avviato e che ora si vuole far entrare in una nuova fase di sviluppo). Si tratta quindi di una corsa fra due colossi spaziali, e una competizione all’implementazione di un progetto condiviso. Questo non ci stupisce. L’elemento di sostanziale novità, rispetto ai satelliti delle precedenti generazioni, è che in questo caso si punta a “circondare l'orbita del pianeta Terra con dei piccoli satelliti al fine di creare una fittissima rete di telecomunicazioni e portare così internet a banda larga in tutte le zone del mondo, indipendentemente dalle infrastrutture presenti al suolo.”

La prossima Rivoluzione spaziale
Un primo risultato sarà che tutto il pianeta sarà raggiunto dal segnale internet mobile. Ogni punto geodetico della Terra sarà quindi connesso con la rete globale. Non dovrebbe esserci, almeno in teoria, un punto della superficie terrestre senza copertura internet, compresi gli oceani o i poli, dove non vi è nessuno e dove non c’è alcuna ragione di fornire questa copertura che, se da una parte ha dei costi, dall’altra è economicamente improduttiva, almeno per quanto concerne le aree occupate dagli oceani. Ma da un punto di vista che è anche simbolico, ha rilievo importante: internet sarebbe definitivamente onnipresente sulla Terra, coprirebbe ogni cosa, e in un certo senso diventerebbe una sorta di “doppio” stesso della Terra. La digitalizzazione del mondo umano, ma anche in generale dello spazio terraqueo ed aereo del Pianeta, sarà completa… Ora conosciamo quale sarà, o sta per essere, la prossima “rivoluzione spaziale” di cui parlava il filosofo del diritto Carl Schmitt: essendo la prima quella marittima, originata dalla scoperta del Nuovo Mondo, con il sistema internazionale dei commerci e degli scambi transoceanici, e la seconda quella aerea, inaugurata con l’era del volo, del trasporto aereo e con il dominio dell’aeronautica come arma di superiorità strategica. Schmitt, nella sua opera Il Nomos della Terra (1950), prevedeva che saremmo stati sull’orlo di una nuova “rivoluzione spaziale planetaria”, ma non poteva arrivare a vedere così lontano da descriverne le caratteristiche e soprattutto il topos e l’elemento su cui si sarebbe fondata. Ora noi probabilmente siamo in grado di comprendere con relativa certezza in quale direzione e su quale piano si sta svolgendo la rivoluzione “spaziale” a cui andiamo incontro: si tratta del cyberspazio. Esso è lo spazio virtuale creato dalle tecnologie digitali e dal dominio dell’informatica, ciò che è stato reso possibile dall’enorme sviluppo tecnico dell’elettronica. Ed è anche il principale motivo per cui gli ultimi sviluppi dell’agenda fintamente ambientalista dei pianificatori occulti della globalizzazione puntino a penalizzare lo sviluppo industriale della meccanica e della chimica, scoraggiate o concepite solo come sussidiarie del settore industriale elettronico: ormai possiamo vedere che il dominio informatico dovrà essere il campo d’azione e di sviluppo del nuovo ordine spaziale, cioè il campo (questa volta non più solo fisico) su cui si eserciterà l’ordine mondiale.

Una prospettiva occulta
Sarebbe possibile affrontare una interpretazione di queste tecnologie informatiche e del loro significato dal punto di vista esoterico? Per quanto tutte le tecnologie, essendo nate dallo sviluppo scientifico, traggano origine dal pensiero umano – in particolare da quello stadio del pensiero umano “scientifico” che secondo il filosofo ed occultista Rudolf Steiner nascerebbe con la corporificazione dell’Io nel centro eterico della testa, avvenuta poco prima dell’era moderna1 – occorre osservare che certe intuizioni, certi sviluppi tecnologici non sono interamente solo umani: vi sono cioè gerarchie e classi di esseri intelligenti, non umani, e anche non incarnati, che dirigono o influenzano alcuni di questi sviluppi. Le tecnologie materiali, secondo la concezione antroposofica, sono tutte sotto il campo cosiddetto arimanico, tuttavia la natura “astratta” dell’informatica fa pensare che rientri sotto l’influsso e il dominio dell’altro ostacolatore: Lucifero. L’informatica e il dominio digitale, fornendo una direzione “mentale” e “immateriale” allo sviluppo umano, ma al tempo stesso illusoria (realtà virtuale) e fintamente spirituale, trova la sua perfetta analogia con l’attività degli spiriti luciferici. D’altra parte il supporto hardware dell’elettronica richiede ancora come base fisica l’uso di certi materiali (semiconduttori), e il silicio, il metalloide su cui si regge l’industria elettronica, è elemento dalla segnatura di Saturno: quindi ha il marchio del dominio di Arimane. Vediamo quindi l’impronta di entrambe queste intelligenze, ma se la trappola di Arimane sembra sempre sullo sfondo, la direzione e il senso sembra totalmente orientato in chiave luciferica, almeno a quanto ora ci è dato di comprendere. Internet diventa l’essenza stessa del pianeta digitale e globalizzato: il doppio stesso della sfera umano-terrestre, o meglio è il frutto di una sostituzione con cui il doppio o anima collettiva dell’umanità viene sostituita con un doppio artificiale e devitalizzato, un ibrido mostruoso e freddo. Per un verso questo può apparire come un processo di “corporificazione” di quello che K. Popper chiamava Mondo 3 in una sua nota teoria2. Ma l’altro capo del processo è in vero molto più inquietante e anomalo. L’identificazione totale della Terra con il suo “cloud” digitale globale proietta infatti sull’internet stesso tutto il corpo astrale- mentale della Terra. Questo processo sarà la tappa principale (dal punto di vista occulto) di quel salto nel post-umano, nell’artificialismo che è ciò per cui operano gli apprendisti stregoni estensori dell’agenda del NWO, e che viene generalmente fatta passare sotto la sigla ideologica, e relativamente più rassicurante, di Transumanesimo (gli altri suoi pilastri essendo l’eugenetica, la fecondazione artificiale, gli studi cosiddetti “gender”, la manipolazione dell’identità sessuale, la disponibilità della morte, etc…). Abbiamo così definito uno dei significati occulti di questo tentativo di ingegnerizzazione animica: il trasferimento su un livello digitale, artificiale, del corpo astrale-mentale della Terra e di “sostituzione” del doppio animico collettivo dell’Umanità con un sottoprodotto astratto, ispirato sicuramente da alcune Controgerarchie. Del resto la manipolazione e alterazione/ristrutturazione cognitiva da parte delle nuove tecnologie digitali è già in fase di visibile dispiegamento nelle nuove generazioni (i cosiddetti nativi digitali), ma qui dobbiamo spingerci a riconoscere un passaggio ad un livello ulteriore, che si svolge su altri piani e agisce occultamente non solo sugli individui singolarmente, ma su campi di forza collettivi, addirittura sul corpo stesso del pianeta. Oltre a questa riflessione sul significato animico della “rivoluzione digitale”, dell’informatica in senso lato, è doveroso far riflettere su un altro aspetto tecnico, ugualmente o forse anche più rilevante dal punto di vista occulto. Si tratta dell’effetto che ha la stessa tecnologia elettronica. Tutte le forze fisiche della natura sussistono perché hanno un correlato sottile. L’energia elettromagnetica non fa eccezione. Tuttavia la sua artificializzazione, il suo venire imbrigliata e manipolata attraverso strutture artificiali che aumentano immensamente l’impatto quantitativo sull’antroposfera, è un elemento certamente nuovo, avendo poco più di un secolo. È fuori discussione che oggi si viva immersi, più o meno fortemente, in campi elettromagnetici artificiali il cui impatto geobiologico rispetto alle forze telluriche naturalmente presenti andrebbe seriamente indagato. La radioestesia ha cominciato a misurare, sulle scale Bovet, la risonanza biologica dei luoghi altamente colonizzati dalle infrastrutture elettroniche, e ormai negli spazi abitati dall’uomo queste sono il principale fattore di geopatie, anche se per il momento ancora tale effetto sembra circoscritto agli spazi dove si trovano grandi apparecchiature, centrali, apparati di alta tensione, etc. Tuttavia l’esplosione massiva della tecnologia wireless ha fatto saturare ulteriormente quello che un tempo era chiamato etere (in realtà il vuoto) con radiofrequenze e quindi con un segnale radio molto più denso quantitativamente e “persistente”, rispetto a quello fino a pochi decenni fa confinato unicamente alle comunicazioni radio o radio-televisive. Oggi il passaggio di internet in parte, e in futuro forse in toto, su segnali wireless ha comportato un’esponenziale crescita dell’attività elettromagnetica nell’antroposfera terrestre. Ora, è ben noto presso gli studi occulti che l’attività di tecnologie e campi elettrici o elettromagnetici ha un certo riverbero sulle capacità sottili dell’uomo e costituisce un fattore di interferenza. La controparte sottile dell’energia fisica elettromagnetica del resto è nota ed è qualcosa di generalmente sovrapponibile, ad esempio, al piano eterico delle “onde di forma” di cui si occupa la Radionica. Tutti sanno che ad esempio una pratica meditativa dovrebbe essere condotta non in presenza di apparecchiature elettroniche in funzione (per l’aspetto radionico inoltre gli stessi circuiti elettrici creano un’onda di forma anche se spenti); inoltre in alcuni contesti iniziatici è insegnamento diffuso che qualunque pratica operativa, specie rituale, debba essere compiuta evitando il più possibile le luci artificiali, ciò sia per un aspetto “luce” in senso proprio, sia per l’interferenza sottile che un campo elettromagnetico può comportare soprattutto sul livello d’azione dell’operatore. Dunque, chi possiede certe conoscenze, ha da tempo piena consapevolezza delle potenzialità disturbanti che certe tecnologie possono in vario modo comportare. Finora tutto questo si riferiva a tecnologie elettroniche standard, o relativamente “vecchie” (anni ’70 - ‘80), campi elettromagnetici generati da piccoli elettrodomestici, lampadine e circuiti domestici, e all’interferenza sottile collegata a segnali relativamente “isolati” cioè a bassa frequenza per unità di tempo. Se consideriamo che la saturazione della “banda” (volume di segnale in traffico sulle frequenze adottate per le telecomunicazioni) richiede il salto verso un tipo di segnali viaggianti su onde sempre più corte (quindi a frequenza d’onda sempre maggiore), possiamo dedurre che il potenziale “saturante” sulla biosfera e sui campi sottili umani e naturali sarà conseguentemente accresciuto con le nuove generazioni di segnale per la trasmissione wireless (internet, telefonia mobile, etc.). Tutto ciò era già in corso e tale discorso vale, in misura minore, per la stessa rete 4G. Ora con la nuova 5G (ma è già segretamente in fase di studio una 6G), e la sua estensione o copertura completa di tutta la superficie terrestre, si avrebbe una completa “saturazione” sia nello spazio sia nel tempo (in questo caso tuttavia in modo relativo, dato che una frequenza ancora maggiore sarebbe sempre teoricamente possibile, sebbene non sempre ottenibile al momento). Inoltre la stessa struttura della “constellation” in orbita sulla Terra avrebbe la forma di una griglia, di una rete che immancabilmente ripete lo schema di una trappola o di una gabbia. In breve, la stessa Aura terrestre sarà attraversata e al tempo stesso imprigionata da una rete di segnale interferente e saturante sul piano sottile. Risulta dunque un fattore di inferenza sull’energia e quindi anche sulla coscienza di tutti gli esseri presenti nella biosfera terrestre, in osmosi con il campo aurico della Terra, ma anche – ed è questo l’aspetto più preoccupante – un effetto schermo, che potrebbe ostacolare ogni “entrata” ed ogni “uscita” (in effetti questa considerazione potrebbe estendersi ai progetti di “schermatura del sole” di Bill Gates, forma avanzata di geoingengeria). Vediamo in breve tre possibili campi di applicazione e loro ricadute sulle possibilità operative di alcune vie spirituali e iniziatiche, e per l’umanità terrestre in generale:

I. Aspetto alchemico.
Già un allievo di Canseliet aveva avuto modo di segnalarci, in un passato relativamente lontano, come la via alchemica operativa di laboratorio sarebbe diventata sempre più impraticabile per via dell’inquinamento elettromagnetico, e già allora lo era, tanto che occorreva spesso trovare gli unici posti ancora relativamente praticabili in alta montagna. L’elettrosmog (se vogliamo usare questa espressione) causato dalle tecnologie umane ha modo di interferire con la discesa dello Spiritus Universalis, che “materialmente” è veicolato dai raggi cosmici provenienti dalla galassia, e la cui attività trova il suo massimo picco fra i mesi dell’Ariete e del Toro e non a caso coincide con il risveglio della Primavera. Da questa discesa gli alchimisti raccolgono il loro Nitron, un “sale” proveniente dai fenomeni meteorologici, primo essenziale passo per mettere mano alla Grande Opera fisica. Questo dato però avrà un effetto non solo sulla via operativa nota come alchimia ma sulla Natura tutta come corpo vivente, dato che la fecondazione di questo Spiritus Mundi ha a che fare con il risveglio della vita planetaria. Con ciò la primavera e le stagioni sussisteranno ancora, come semplice risultato di un evento astronomico, ma privato di forza sottile, un evento depotenziato e devitalizzato sul piano energetico e questo avrà un effetto generale su tutto l’elemento Vita del pianeta, e su tutti i regni minerale, vegetale, animale e umano…Conseguenze la cui portata drammatica possiamo solo vagamente immaginare (d’altra parte questo processo è già in corso e la “caduta di coscienza” di gran parte dell’umanità, il precipitare di certi eventi storici, il corrompersi dei cicli e dei processi naturali possono essere già segni indiretti di uno sconvolgimento globale in atto).

II. Aspetto gnostico.
La metafora della Terra come “carcere” è ormai ben nota anche al grande pubblico, attraverso la recente filmografia hollywoodiana che in questo ha giocato un ruolo forse davvero ambiguo. Ma certamente la frase di Aldous Huxley “Forse la Terra è l’inferno di un altro pianeta” rende più sinteticamente l’idea. Questa “rete” tecnologica, ma al tempo stesso sottile, non può essere forse un rafforzamento di quel carcere di anime di cui gli Arconti detengono le chiavi, e che ora potrà con maggiore facilità trattenere nell’astrale? Noi riteniamo che tale possibilità sia piuttosto concreta.

III. Un aspetto “teurgico”.
Saturare il campo aurico terrestre con un segnale interferente e “schermante” (che in fondo è anche la strategia della guerra elettronica) può rendere per così dire difficile le comunicazioni con “l’esterno”, con l’Oltre, disturbare il segnale in uscita, se ci è permesso a questo punto prendere il lessico dell’elettronica. Qualunque influenza fra diversi piani della Manifestazione, deve giocoforza attraversare il piano eterico per giungere a comunicare con il piano fisico di azione ed esistenza dell’uomo terrestre. Si potrebbe quindi creare un forte ostacolo alle possibilità anagogiche di riti, preghiere, oblazioni, atti volitivi, alla loro capacità di riverberarsi liberamente nell’astrale ed elevarsi quindi alle dimensioni superiori dell’Essere, verso le gerarchie spirituali di altri mondi. Ciò vale soprattutto per le pratiche, in realtà sempre meno diffuse, di veri sacerdoti, bramini, lama, siddha, la cui azione reale dipende dalla capacità di bucare letteralmente il sempre più denso astrale terrestre, e molto meno per le religioni laicizzate e per gli eggregori “bassi”, la cui dimensione è legata a questo mondo, e per le quali questa necessità tecnica non si pone neppure. In questo modo sarà sempre più difficile per l’umanità mantenere un canale di influenze spirituali con le Gerarchie con cui è chiamata a cooperare e che potrebbero offrirle aiuto.

Ne emerge quindi un quadro piuttosto sinistro: un’intelligenza – umana o meno che sia, poco importa – sembra creare le condizioni per rendere sempre meno praticabili realmente ed operativamente alcune vie spirituali e per influenzare così il futuro andamento dell’umanità terrestre in una direzione del tutto opposta a quella che sarebbe stata ancora mantenuta, sia pur a fatica, se il collegamento con certe influenze spirituali fosse stato maggiormente conservato. Ci risulta peraltro sorprendente che nessuno dei tanti – a proprio dire – studiosi di temi spirituali abbia mai speso una riga sull’ombra che si proietta da questi progetti. Quanto al significato cosmico e storico dello sviluppo delle più generali tecnologie digitali, occorrerà invece fare una profonda riflessione, e sarebbe un auspicio sensato che Forze di altro tipo ne possano bilanciare gli aspetti sinistri messi in atto dalle influenze che sembrano averle suscitate e orientate.


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MessaggioInviato: 30/11/2021, 16:35 
IL SOLE – INIZIO E FINE DELL'ERA GLACIALE
Articolo di Robert Schoch

Le più recenti prove geologiche, e non solo, sembrano indicare il Sole quale causa scatenante sia dell’inizio che della fine dell’ultima Era Glaciale, e di conseguenza del mitologico diluvio. Un periodo di crisi con conseguente scomparsa di una civiltà che, come a Gobekli Tepe, avrebbe inciso tutto sulla roccia. Inizia ad emergere il quadro critico tra il 10.900 e il 9700 a.C., un quadro che conferma i miti catastrofici dell’umanità.

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MessaggioInviato: 04/12/2021, 19:41 
UNA STORIA DI ABDUCTION E OLTRE
Articolo di Marco Caruso

Mi occupo di Parapsicologia - la scienza che si occupa di studiare e catalogare i fenomeni ESP - dall’eta di quindici anni. Il grande merito di questi studi e aver sottratto alla superstizione popolare personaggi e avvenimenti al limite della realta oggettiva. Per quanto riguarda l’Ufologia e i fenomeni correlati, niente come le adduzioni (abduction) e le indagini da compiere in questi casi somigliano e chiamano in causa, a mio avviso, la classica indagine di tipo paranormale.

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MessaggioInviato: 05/12/2021, 12:48 
ANUBI IL FEDELE
Articolo di Marco Rocchi

La divinità associata al Cane Nero Anubi cosa rappresenta?
È un personaggio realmente esistito oppure è una divinità-funzione?
Gli aneddoti e i misteri di una della figure più enigmatiche quanto affascinanti della primordiale tradizione egizia.

Anubi il fedele.pdf [60.29 KiB]
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MessaggioInviato: 08/05/2022, 16:51 
LA STORIA DI ELIZABETH BATHORY: LA PROVA CHE L'ÉLITE OCCULTA È MALATA DA SECOLI
Fonte:
- https://vigilantcitizen.com/vigilantreport/the-story-of-elizabeth-bathory-is-proof-that-the-occult-elite-has-been-sick-for-centuries/
- https://www.nexusedizioni.it/it/CT/la-storia-di-elizabeth-bathory-la-prova-che-lelite-occulta-e-malata-da-secoli-6177
Traduzione di Matteo Martini
Scarica: La storia di Elizabeth Bathory e l'elite occulta malata da secoli.pdf [294.37 KiB]
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Elizabeth Bathory era una nobildonna ungherese nata nel XVI secolo. Era bella, altamente istruita e parlava diverse lingue. Viveva in sontuosi castelli. Il suo lignaggio familiare era illustre e possedeva terre nel Regno d'Ungheria. Era la nipote di Stefano Bathory, re di Polonia, granduca di Lituania e principe di Transilvania. Fece buone azioni per i contadini locali che l'ammiravano. In breve, aveva tutto dalla sua.
Poi, su di lei cominciarono a circolare delle voci di vampirismo e stregoneria, sul fatto che rapiva le ragazze e le torturava nel suo castello. Più tardi, queste voci furono dimostrate vere... e anche di più. Infatti, la crudeltà e la depravazione di Bathory erano così scioccanti che ispirarono leggende di cui sentiamo parlare ancora oggi.
Conosciuta come la "Contessa di Sangue" o "Contessa Dracula", Bathory detiene il record di "assassina più prolifica del mondo occidentale". Si presume che abbia ucciso più di 600 vergini per bere il loro sangue e farci il bagno, apparentemente per preservare la sua giovinezza.
Uno sguardo più profondo alla vita di Elizabeth Bathory fornisce un raro sguardo alla vera mentalità dell'élite occulta – una mentalità che è rimasta la stessa fino ad oggi. Mentre queste storie lugubri ma rivelatrici sono di solito cancellate dalla storia o liquidate come "bufale" dai poteri costituiti, la documentazione sostanziale sulla vita, i crimini e il processo della Bathory è rimasta intatta. Nonostante questo fatto, abbiamo assistito a tentativi di sbiancare la storia della Bathory, di liquidare molte delle sue azioni come esagerazioni e persino di ritrarla come una sorta di "donna forte e indipendente".
Se molto probabilmente era forte e indipendente, era anche un'assassina di massa di giovani donne. Bathory era anche ossessionata dal satanismo, dalla stregoneria e dal prelevare sangue dalla gente comune.
Non inventò nulla di tutto questo da sola, queste pratiche erano dilaganti tra i nobili e gli aristocratici dell'epoca. Nulla è cambiato. Ecco uno sguardo alla vita di Bathory.

Immagine
Blasone della famiglia Bathory


Famiglia dell'élite
Bathory nacque in Transilvania nel 1560. Era il prodotto della consanguinetà tra il barone George Bathory e la baronessa Anna Bathory. La sua famiglia comprendeva re, cardinali, cavalieri e giudici. Includeva anche psicopatici crudeli, violenti e squilibrati.
Durante la sua infanzia, Bathory assisté a numerosi atti di crudeltà commessi dalla sua famiglia.

“Nella tenuta della sua famiglia a Ecsel, si diceva che avesse visto gli ufficiali della sua famiglia distribuire ogni forma di crudeltà in nome della giustizia. All'età di dieci anni, Elisabetta li vide cucire uno zingaro, accusato di furto, nel ventre di un cavallo morente; la sua testa fu scoperta e fu lasciato morire. Si diceva anche che fosse epilettica e questo, forse per consanguineità, la rendeva incline ad attacchi di rabbia”.

Fin dalla giovane età, Bathory era circondata da persone con interessi oscuri.

“La zia di Bathory, Klara, una illustre dama di corte, era considerata una lesbica e una strega. Uno zio era un alchimista e adoratore del diavolo, e suo fratello era un reprobo intorno al quale nessuna donna o bambina era considerata al sicuro. A peggiorare le cose, la sua infermiera fin dall'infanzia, Ilona Joone, era dedita alla pratica della magia nera che, secondo quanto riferito, richiedeva il sacrificio dei bambini per le loro ossa e il loro sangue.
– Ibid.

All'età di 15 anni, Bathory si sposò con il conte Ferenc Nadasdy che divenne un potente generale. Il matrimonio combinato si rivelò una buona partita poiché entrambi avevano forti tendenze sadiche.

“Durante l'estate, cospargevano di miele i domestici e osservavano lo sciame di api. La tortura presumibilmente divenne un interesse comune per la coppia e cercarono istruzioni da occultisti e satanisti".
– Ibid.

Non diversamente dall'élite di oggi, Elizabeth sapeva come nascondere il lato oscuro della sua famiglia con buone azioni.

“Oltre ad essere in grado di gestire e difendere i loro vasti territori, Elisabetta era molto generosa con i poveri e i bisognosi. Donava molti soldi in beneficenza e spesso interveniva a favore di donne e bambini poveri o disagiati... per mantenere alta la reputazione della famiglia e nascondere le loro tradizioni sataniche. Tuttavia, anche se si era comportata bene, i suoi veri colori si mostravano quando era sola".
– Ibid.

Per compiacere Elizabeth, suo marito avrebbe costruito una camera di tortura secondo le sue esatte specifiche. E, mentre era via a muovere guerra ai Turchi, Elisabetta si tenne occupata con oscure attività.

“Zia Klara iniziò a fare un salto a scuola da sua nipote nei suoi metodi di intrattenimento preferiti: flagellazione, orge lesbiche e varie forme di sadomasochismo. Klara venne aiutata da un fedele servitore di nome Thorko che introdusse la bella Erzsébet (Elizabeth) all'occulto, suscitando il suo interesse per gli elisir. Erzsébet divenne abile nell'inventare droghe varie, infusi e pozioni; e in assenza del marito i suoi vari ospiti includevano sedicenti stregoni e veggenti, streghe e alchimisti.
– Leslie Carol, Royal Pains

Il Mostro
Con il passare degli anni, il gusto di Elisabetta per il sangue divenne mostruoso. Le contadine delle città vicine sparivano regolarmente, per non essere mai più viste. Alcune furono consegnate da genitori fiduciosi desiderosi di ottenere il favore della contessa.
Una volta nel castello di Bathory, le ragazze venivano rinchiuse e sottoposte alle peggiori torture immaginabili.

“Tutti in Ungheria, indipendentemente dal grado o dalla vicinanza, vivevano nel terrore dei potenti Bàthory. Ancora solo un'adolescente quando iniziò a torturare le contadine, Erzésbet approfittava del più piccolo passo falso di una serva, usandolo come scusa per punirla. Spesso escogitava compiti che erano quasi impossibili da portare a termine, solo per poter torturare qualcuno. Ma i rimproveri e gli schiaffi erano per femminucce. Se una ragazza era sospettata di furto, le veniva ordinato di spogliarsi nuda e poi veniva torturata con l'applicazione di monete roventi premute contro la sua pelle nuda. A volte la contessa optava per il biologico; le ragazze venivano frustate con ortiche dopo essere state picchiate con qualche altro dispositivo. E anche se una serva non si fosse comportata male, avrebbe potuto comunque diventare l'intrattenimento della giornata. La mutilazione era spesso nel menu. Le ragazze venivano messe in gabbie dotate di punte interne che le trafiggevano ovunque mentre la gabbia si stringeva, provocando una morte agonizzante e sanguinosa. Tenaglie e pinze, riscaldate fino a quando non diventavano incandescenti, venivano usate per strappare pezzi di carne. I ferri ardenti marchiavano la loro tenera pelle. Erzsébet arrivò persino a perfezionare una tecnica per strappare la testa di una ragazza tirandole i lati della bocca fino a quando non si strappvano e il suo collo si spezzava in due.

Si diceva che durante queste sessioni di tortura la contessa raggiungesse l'estasi sessuale, strillando di gioia come una ragazzina per le immagini e i suoni dell'agonia delle sue vittime. Si divertiva a frustarle di fronte, solo per poter vedere il dolore e il terrore sui loro volti. A volte, per scherzare e ridere, Erzsébet spalmava di miele una ragazza e la legava a un albero, lasciandola in balia di insetti e altri animali selvatici affamati.
– Ibid.

Quando suo marito morì, Elisabeth portò le cose a un altro livello.

“Sebbene il conte avesse partecipato alle crudeltà di sua moglie, può anche aver trattenuto i suoi impulsi; quando morì all'inizio del 1600, lei peggiorò molto. Con l'aiuto della sua ex infermiera, Ilona Joo, e della strega locale Dorotta Szentes, Bathory iniziò a rapire giovani contadine per torturarle e ucciderle. Spesso mordeva pezzi di carne dalle sue vittime e una sfortunata ragazza venne persino costretta a cucinare e mangiare la propria carne. Secondo quanto riferito, Bathory credeva che il sangue umano l'avrebbe mantenuta giovane e sana".

Fin dalla giovane età, Bathory era ossessionata dal suo aspetto. Secondo quanto riferito, trascorreva ore a fissare lo specchio mentre mormorava strani incantesimi. Dopo la morte del marito, Bathory sulla quarantina divenne una madre single di otto. Ed era disposta a tutto pur di preservare il suo aspetto giovanile. Qualsiasi cosa.

“Erzsébet ora si è convinta che la tortura e la mutilazione avessero un fattore aggiuntivo e di potenziamento. Un giorno, una sfortunata serva tirò accidentalmente i capelli della contessa mentre stava facendo passare una parte delle sue trecce attraverso una retina per capelli tempestata di perle. La ragazza ricevette uno schiaffo così clamoroso che il suo naso sanguinò, schizzando sulla mano (o sul viso di Erzsébet, a seconda della fonte dell'aneddoto). Dopo essersi guardata allo specchio, Erzsébet era convinta che la sua pelle apparisse molto più giovane dove l'aveva spruzzata il sangue della vergine.
Una sedicente maga locale che si faceva chiamare Darvulia (vero nome Anna), e conosciuta come "la strega della foresta", era ormai entrata nel seguito di Erzsébet. Darvulia suggerì alla contessa che bagnarsi nel sangue delle vergini sarebbe stato benefico come una fonte di giovinezza. Così Erzsébet attirò quante più contadine possibile al castello di Csejthe, così come nelle sue altre proprietà, inclusa una casa di città a Vienna, per assicurarsi che il suo nuovo regime di bellezza, così come la sua forma preferita di intrattenimento, rimanessero ininterrotti. Secondo la storica Margaret Nicholas, Darvulia e le sue procuratrici associate (vedove anziane ben pagate per i loro servizi) vagavano per la regione dopo il tramonto in cerca di nuove vittime.
Nei castelli le ragazze venivano massacrate sistematicamente, il loro sangue raccolto in giare e secchi per il bagno rituale della cortigiana, prelevato all'ora mistica delle quattro del mattino. Se una vittima era particolarmente bella, si diceva che Ezsébet avesse assorbito il suo sangue".
– Op cit., Carol

La caduta
Sebbene le voci sugli orrori accaduti al castello fossero dilaganti, i contadini rimasero in silenzio. Tuttavia, quando Elisabetta iniziò a reclutare ragazze provenienti da famiglie nobili minori, iniziò la sua caduta.

“Elizabeth divenne sfacciata e negligente verso la fine della sua carriera da assassina. Durante il suo soggiorno a Vienna, ordinò a una rinomata corista della Chiesa di Santa Maria, Ilona Harczy, di esibirsi privatamente per lei nei suoi appartamenti in città in Augustinian Street. La ragazza non fu mai più vista e testimoni hanno affermato che Elizabeth l'avesse uccisa quando non riuscì a cantare per lei per paura o per timidezza.
– Peter Vronsky, La vera storia di Elizabeth Báthory “The Blood Countess”

Dopo molti negoziati politici che coinvolsero l'intera élite ungherese, il re d'Ungheria finalmente ordinò l'arresto di Bathory. Il suo castello fu saccheggiato durante le festività di Natale del 1610. I resoconti dell'incursione sono terrificanti.

“Quando raggiunsero il castello in una ventosa notte d'inverno, trovarono la porta d'ingresso leggermente socchiusa. Non furono accolti da un servitore, ma da un cadavere disteso sul freddo pavimento di pietra. Pallida per il salasso e parzialmente vestita per le torture, la giovane donna nell'ingresso fu solo il primo corpo che trovarono nel castello di Cachtice; altri erano mezzi morti, in attesa del loro destino nella prigione. Elisabetta, insieme ai suoi complici e servitori, sarebbe stata trovata al piano di sopra, in preda a un'orgia. Guardò tutti intorno a lei mentre venivano arrestati, ma le fu risparmiata una tale umiliazione.
- Operazione. cit. The toast

Immagine
Bathory secondo l'artista ungherese István Csók - circa 1893


Durante il processo, i resoconti di testimoni, complici e sopravvissuti inorridirono i giudici.

“La testimonianza rivelò che le ragazze rapite erano state incatenate ai muri delle segrete e ingrassate, perché la contessa credeva che questo aumentasse il sangue nei loro corpi e fosse fondamentale per la sua stregoneria al chiaro di luna. Furono anche costrette ad attività sessuali devianti con lei. Se avevano reagito con disgusto, subivano torture e forse la morte. Tuttavia, anche coloro che erano state compiacenti alla fine l'annoiarono e anche loro vennero eliminate. A volte, a seconda del capriccio della contessa, le sue ragazze preferite ricevevano il trattamento peggiore. Una era stata costretta a strapparsi un pezzo di carne dal braccio. Alcune sono state spinte in piccole gabbie piene di spuntoni.
- Operazione. Cit., Vronskij

All'interno del suo castello, le autorità trovarono un registro contenente i nomi di oltre 600 vittime. Con il proseguimento della ricerca, i corpi vennero scoperti ovunque nei locali, dalle tombe poco profonde alle camere nascoste all'interno del castello.
Nonostante le prove schiaccianti contro di lei, la Bathory fu relativamente risparmiata. Mentre i suoi complici furono torturati e prontamente giustiziati dalle autorità, la contessa non partecipò al processo e non venne giustiziata.

“C'era pressione per mantenere la sua fortuna in famiglia, così alla fine Erzsbet Bathory fu imprigionata a vita, senza alcuna condanna formale, rinchiusa in una piccola serie di stanze nel suo castello a Cahtice. Venne confinata nelle sue stanze, con gli ingressi e le finestre murate, a parte piccole fessure per cibo e aria».
– Ibid.

Dopo quattro anni di reclusione nel suo castello, morì all'età di 54 anni.

Conclusione
La storia di Elizabeth Bathory è stata quasi cancellata dalla storia. Avrebbe potuto facilmente trasformarsi in una leggenda romanzata, come molte altre storie che coinvolgono l'élite occulta. Il suo processo si tenne in segreto in una remota città slovacca nel 1611 e la sua potente famiglia sigillò immediatamente i suoi registri. Non c'erano giornali a riferirlo. Nessuna delle famiglie regnanti voleva che i cupi dettagli contro i loro parenti fossero rilasciati al pubblico scrutinio. Elizabeth non fu nemmeno autorizzata a comparire al processo. Invece dell'esecuzione pubblica, fu murata viva all'interno di uno dei suoi remoti castelli.
In molti modi, la vita e la caduta di Bathory ricordano molto un equivalente moderno: Jeffrey Epstein. Come Epstein, Bathory aveva legami con alcune delle persone più potenti del mondo. E, come Epstein, Bathory attirava le ragazze con promesse di ricchezza e prestigio. Tuttavia, come Epstein, Bathory divennne troppo sfacciata e la sua depravazione alimentò le voci in tutto il paese. I suoi incessanti rapimenti divennero fonte di preoccupazione per l'élite poiché i suoi oscuri segreti minacciavano di essere rivelati. Quindi, come Epstein, Bathory fu incarcerata fino alla morte, senza alcuna possibilità per lei di dire un'altra parola a nessun altro. Alla fine, come Epstein, tutti i suoi complici sono stati messi a tacere in un modo o nell'altro.
Circa 500 anni dopo la morte di Bathory, l'élite occulta di oggi rimane ossessionata dalle stesse orribili pratiche. Numerosi articoli su The Vigilant Citizen hanno documentato il gusto dell'élite per il depravato, l'aberrante e il vero male. I mass media di oggi sono pieni di abusi, satanismo, cannibalismo, rituali di sangue e ogni pratica degradata a cui si possa pensare. Questo è tutto da copione.
La follia dell'élite era nascosta. Ora si sta "normalizzando".

Nota del Traduttore
L'articolo non coincide necessariamente con le idee della Redazione. In particolare vi sono alcuni accostamenti piuttosto ingenui nelle fonti citate dall'articolo, come ad esempio fra l'Alchimia e il satanismo o la stregoneria. Tale ingenua identificazione riflette probabilmente il background cristiano degli autori, su elementi in cui qualunque storico serio dell'esoterismo potrebbe facilmente dissentire.
Ciononostante ci è parso interessante tradurre e riportare questo articolo perché riprende la ben nota vicenda della Bathory, e la accosta a un tema importante: la presenza di un filone magico-occulto deviato all'interno di alcune linee aristocratiche. Una storia molto simile a quella della Bathory, in un contesto non privo di elementi occultistici, è quella di Gilles De Rais, barone e Maresciallo di Francia, compagno d'armi di Giovanna D'Arco, e ispiratore della fiaba di "Barbablù". Del resto la figura archetipica del vampiro, cristallizzata nella letteratura come "Dracula", è proprio collegata ad un aristocratico: il voivoda di Valacchia Vlad III.
La fondazione di un Hellfire Club nell'Inghilterra del XVIII secolo ad opera del Duca di Warthon e poi rinnovata da un altro aristocratico, Sir Francis Dashwood, si potrebbero inserire su questa linea di argomentazione, sebbene sia difficile in questo caso discernere il reale coinvolgimento in pratiche effettive e non un mero gioco di società dei libertini inglesi.
Evidenziare le analogie, a volte molto strette, con quanto è stato esposto e collegato ai circoli pedofili di Epstein (anche qui con il coinvolgimento addirittura di un membro della famiglia reale inglese, il Principe Andrea), i gusti scenici dell'arte di Marina Abramovich e di alcune star di Hollywood, etc. non è per niente peregrino. Si può legittimamente ipotizzare una continuità all'interno di gruppi elitari di potere, alcuni dei quali effettivamente collegati con famiglie aristocratiche europee o inglesi, in altri casi invece a semplici personaggi della politica americana e del suo "Deep State".


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LA GUERRA SEGRETA CONTRO IL POPOLO SERPENTE
Articolo di Walter Kafton-Minkel
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Tra i molti avvertimenti ricevuti da Amazing Stories nei primi tempi del Mistero Shaver sui pericoli di indagare troppo a fondo sui segreti del cosmo, vi fu una lettera da parte di un certo dottor M. Doreal della Fratellanza del Tempio Bianco a Denver. Questi sosteneva di conoscere bene i regni sotterranei e metteva in guardia contro i tentativi di trovare ed esplorare le caverne dei dero: «Come il signor Shaver, ho avuto contatti personali con i dero e perfino visitato le loro caverne sotterranee. Nel mondo esterno essi sono rappresentati da un’organizzazione nota genericamente come “Fratellanza Nera”, il cui scopo è la distruzione dei buoni principi nell’uomo… Le città sotterranee sono, per la maggior parte, protette da curvature spaziotemporali, una nozione familiare agli antichi, ma appena sfiorata dalla scienza moderna… Noto che molti vorrebbero entrare in queste caverne. Per chi non ha sviluppato uno schermo protettivo sarebbe un suicidio, e chi rivelasse la loro ubicazione diventerebbe un assassino».

Dallo Shasta al Tibet
Maurice Doreal era nato con il nome di Claude Doggins, a Sulfur Springs, Oklahoma, nel 1898 (ovvero così mi è stato detto). Aveva più l’aspetto di un salumiere o di un banchiere di provincia che del guru che divenne in seguito per il suo migliaio di seguaci. Nel 1929 fondò la “Fratellanza del Tempio Bianco”, così chiamata dal nome di un gruppo di Maestri spesso evocati da Annie Besant, succeduta a H.P.B. Egli affermava che, dopo aver combattuto nella Prima guerra mondiale, si era recato in Tibet dove aveva trascorso otto anni studiando con il Dalai Lama. Doreal mise insieme una delle più grandi e complete biblioteche di testi occulti e di fantascienza – oltre trentamila volumi – ma, a quanto sembra, tutto ciò che riuscì a ricavare dai suoi studi fu una lunga serie di opuscoli ripetitivi e mal scritti, ancorché estremamente fantasiosi, su argomenti occulti scritti tra il 1940 e la sua morte nel 1963. (...). Alla fine degli anni Quaranta Doreal si convinse che nel maggio 1953 sarebbe scoppiata una guerra nucleare e riunì i suoi seguaci per costruire “Shamballa Ashrama”, una città “a prova di bomba atomica” in una valle tra i monti, cinquanta chilometri a sud-ovest di Denver. Con l’aiuto spirituale, riferirono i giornali, e grazie al fatto che le montagne circostanti contenevano depositi di piombo, Doreal e gli altri membri della Fratellanza credevano di poter “sopravvivere senza danni all’attacco atomico”. Nel febbraio 1953 il Post di Denver riportò la seguente notizia: «Doreal, il quale presiede le riunioni della setta seduto su un trono e avvolto in una pesante tunica dorata, ed è chiamato “La Voce” dai seguaci, ha dato ordine che “a nessun estraneo sia permesso di entrare nella valle, tranne che agli operai necessari per il lavoro”. … Doreal chiama il ritiro “la Shamballa Occidentale, ovvero la Shangri-Ladelle Montagne Rocciose”. La settimana scorsa ha dichiarato che il rifugio atomico è ormai completamente attrezzato e pronto per “la fine”». In un’intervista del 1946 con un giornalista del Rocky Mountain News, Doreal dichiarò: «Ho predetto la guerra atomica anni prima che si verifichi. Ho visto l’energia nucleare all’opera alcuni anni fa, quando il Dalai Lama del Tibet mi condusse nella Grande Loggia Bianca, 120 chilometri sotto l’Himalaya ». Nei suoi scritti, Doreal sosteneva di aver visitato molti dei ritiri dei Maestri. In Misteries of Mt. Shasta rivelò di essere stato prescelto per visitare “di persona” la colonia atlantidea – non lemuriana, scrisse, come si credeva comunemente –all’interno dello Shasta. Secondo il suo racconto, mentre stava tenendo una serie di conferenze sull’occultismo a Los Angeles, due dei Maestri dello Shasta gli si erano avvicinati per presentarsi. Avevano ascoltato i suoi discorsi per una settimana, spiegarono, rimanendo impressionati dalle sue conoscenze. Gli sarebbe piaciuto visitare quella sera stessa la loro sede nello Shasta? Dapprima Doreal declinò l’invito perché doveva tenere un’altra conferenza di lì a poche ore, ma i Maestri insistettero, dichiarando che sarebbero potuti tornare in tempo. Dopo aver raggiunto il Topanga Canyon (il luogo fornito per le attività paranormali nella zona di Los Angeles), parcheggiarono l’auto, salirono su un’altura e poi i Maestri tirarono fuori strane cinture e maschere di cellophane, che diedero anche a Doreal. Egli indossò la maschera e gli venne chiesto di premere certi pulsanti sulla cintura. Quando lo fece, tutti e tre si sollevarono in aria e circa quindici minuti dopo atterrarono sulle pendici dello Shasta. Qui entrarono in un piccolo edificio di pietra dissimulato nel paesaggio, che li trasportò come un vagoncino sulla cima della montagna, fermandosi su una grande roccia piatta. In realtà, si trattava di un ascensore nascosto che cominciò a scendere rapidamente fino a un punto otto chilometri all’interno del monte e molto al di sotto del livello del mare.

La città atlantidea
Usciti dall’ascensore, passarono tra due grandi pilastri fatti di oricalco, lo scintillante metallo bianco noto solo agli Atlantidei, entrarono in un secondo ascensore e scesero di altri tre chilometri. Alla fine Doreal si ritrovò in un’enorme caverna «lunga circa trenta chilometri e larga più di venti, luminosa come una giornata estiva, perché sospesa quasi al centro di essa c’era una gigantesca massa splendente di luce… Più tardi mi spiegarono che era stata ricavata mescolando i raggi del sole e della luna, eliminandone tutte le energie nocive e lasciando solo quelle benefiche». Questa luce era raccolta da tre centrali elettriche celate in superficie, che la purificavano espellendone i materiali di scarto sotto forma di raggi colorati. (...). Doreal raccontò che la città atlantidea nello Shasta era formata da bellissime case di marmo bianco circondate da giardini pieni di fiori, ortaggi e frutti, molti dei quali appartenevano a specie salvate dalla distruzione di Atlantide e non esistevano da nessun’altra parte. Gli Atlantidei sapevano come trasformare la sabbia in oro e come ottenere un vestito semplicemente disegnandolo: il disegno veniva inserito in un “proiettoscopio” e sullo schermo compariva l’indumento desiderato che, quando cadeva sul pavimento, era pronto per essere indossato. Egli concludeva la descrizione della città sotterranea ricordando ai lettori che si poteva entrare nello Shasta solo se invitati. Chiunque avesse cercato di trovare la città senza essere “preparato” poteva finire in una distorsione spaziotemporale e ritrovarsi a otto chilometri di distanza da dove avrebbe voluto essere. Tuttavia, i Maestri erano informati immediatamente se qualcuno si avvicinava nel “giusto stato di coscienza, e… potevano farlo accedere ai templi interni”. Gli Atlantidei, come gli altri gruppi di Maestri, servivano il piano cosmico di proteggerci da forze che non eravamo ancora pronti a usare. Verso la fine della sua lettera a Palmer, Doreal sottolineava: «Io so che la razza chiamata ‘dero’ dal signor Shaver esiste, anche se la conosco sotto un altro nome». Forse si riferiva a un gruppo di re-sacerdoti e nobili lemuriani che, scrisse in seguito, erano tenuti prigionieri in enormi città costruite sotto quello che oggi è l’arcipelago delle Caroline. Questi Lemuriani malvagi erano rinchiusi sotto terra e sorvegliati da una squadra speciale di 353 Atlantidei – che facevano la spola dal quartier generale nello Shastaper mezzo di un’astronave – perché avevano scoperto un’energia distruttiva assai peggiore della bomba atomica, che avrebbe potuto significare la fine della razza umana se ci fosse stata rivelata. Secondo Doreal, la prigione lemuriana era menzionata dalla Bibbia, nella Seconda Lettera di Pietro: «Gesù parlò alle anime di coloro che erano in prigione durante i tre giorni in cui il suo corpo giacque nella tomba».

Dove vivono i Maestri
La maggior parte delle persone riteneva erroneamente che il passaggio si riferisse alle anime nell’inferno. Doreal non credeva nell’inferno: «Non sono superstizioso », scrisse ad Amazing Stories, «non sono uno spiritista né credo nel sovrannaturale. So che tutto esiste in virtù di una legge precisa». Doreal era convinto che, benché la sede suprema della Grande Fratellanza Bianca si trovasse «sulla stella “Antares” nella costellazione delle Pleiadi», vi fossero in questo mondo sette «luoghi di ritiro» sotterranei per i Maestri. Sei di essi erano situati 1) nel deserto del Gobi, 2) nei Monti dell’Atlante in Nordafrica, 3) nei Territori del Nord-Ovest del Canada, 4) sotto le rovine di una città Maya nello Yucatan, 5) nei Monti Hartz in Germania, e 6) nello Shasta. Il settimo e più importante era Shamballa, ubicato nel sottosuolo di Lhasa, la capitale del Tibet. Circa 120 chilometri sotto l’Himalaya, Shamballa era protetta contro la curiosità o la malvagità di estranei da una distorsione spaziotemporale «di nona vibrazione dimensionale». In realtà era divenuta una città sotterranea proprio a causa di questa distorsione; era stata costruita sulla superficie molto tempo prima dell’esistenza dell’Himalaya, e quando le montagne avevano cominciato a innalzarsi, si erano semplicemente elevate sopra Shamballa come se questa non esistesse. Nessuna potenza umana poteva sperare di nuocerle. «Una volta», scrisse Doreal, «mi venne chiesto cosa accadrebbe se su di essa venisse sganciata una bomba. Nulla. Chiunque tentasse di farlo, si ritroverebbe altrove così rapidamente da non avere il tempo di voltarsi… Potreste schierare davanti a Shamballa grandi cannoni, carri armati ed eserciti e mandarli uno dopo l’altro in quella scintillante onda di luce che la circonda, ed essi svanirebbero. Potrebbero ritrovarsi su un altro pianeta dell’universo». Nell’intervista concessa al Rocky Mountain News nel 1946, egli descrisse Shamballa come il «centro di tutte le tradizioni, conoscenze e leggende occulte di questo mondo» e aggiunse che nella caverna che ospitava Shamballa, come in quella della colonia dello Shasta, «sospeso sopra il tempio senza un sostegno visibile, c’è un enorme globo di materiale radioattivo. Intorno a esso brilla una nube di luce opalescente che permette soltanto l’emanazione dei raggi benefici per la vita». Furono quei raggi a far conoscere a Doreal l’energia atomica. La Shamballa di Doreal, come i ritiri sotterranei della Blavatsky e di Ballard, conteneva una biblioteca di «tutto ciò che l’umanità abbia mai fatto » o avrebbe fatto. Simili a quelli mostrati da Saint-Germain a Ballard, i “libri” di questa biblio- teca consistevano in bobine di sottile nastro metallico – ciascuna «non più grande del mio dito mignolo» – alimentate da un minuscolo motore delle dimensioni di un’unghia. Premendo alcuni pulsanti, il nastro scorreva molto lentamente dietro uno schermo di cristallo, sul quale comparivano immagini del passato come un videonastro in miniatura. Premendo un altro pulsante, si aveva anche il suono o la voce, e girando lateralmente la bobina appariva un’immagine tridimensionale nello spazio da circa tre metri di distanza. Doreal scrisse che questa biblioteca costituiva l’aspetto più affascinante di una visita da lui fatta a Shamballa con il suo corpo astrale. Era curioso di conoscere gli eventi che non gli erano venuti in mente durante alcune delle sue incarnazioni precedenti, e descrisse una delle registrazioni eseguite molte centinaia di migliaia di anni prima.

Popoli di un mondo perduto
All’epoca gli attuali Poli Nord e Sud erano situati all’Equatore, attraverso due punti del quale passava l’asse terrestre. L’area occupata oggi dal Polo Nord era abitata da «una razza di semidei giganteschi che in seguito divennero noti come Figli di Dio», dei quali noi siamo i miseri miscendenti. La regione che oggi chiamiamo Antartide, invece, era la patria del Popolo Serpente, una razza vagamente umanoide con teste «simili a quelle di un grande rettile e corpi coperti di scaglie». Dal momento che le due razze erano profondamente diverse per mentalità e aspetto fisico, non avevano il minimo punto in comune. Tra esse scoppiò una guerra. I membri del Popolo Serpente possedevano poteri ipnotici che consentivano loro di apparire umani ai Figli di Dio e agli uomini con essi alleati, e spesso s’infiltravano tra loro come spie. Ma gli esseri umani escogitarono un sistema per identificare immediatamente un individuo serpente: le guardie nelle città e nelle fortificazioni chiedevano a tutti quelli che entravano di pronunciare la parola Kininigin. Doreal non spiegò cosa significasse quel termine, limitandosi a dire che «poteva essere pronunciato soltanto da corde vocali umane». In un regno lussureggiante che occupava l’area dell’attuale deserto del Gobi, tuttavia, viveva allora una razza di umani biondi e dagli occhi azzurri che aveva creato una super-arma per combattere il Popolo Serpente, così potente che neanche loro ne conoscevano bene gli effetti. Ma la puntarono verso il paese nemico e l’azionarono, scatenando una catastrofe che quasi distrusse il mondo. «La Terra s’inclinò da un lato», scrisse Doreal, «si sbilanciò e cominciò a oscillare, grandi vulcani esplosero, sorsero montagne, [e] altre masse s’inabissarono sotto le acque». Il Popolo Serpente venne spazzato via. Quelli che erano nella loro patria in Antartide morirono congelati, perché si ritrovarono improvvisamente al Polo Sud; i pochi rimasti in altre parti del pianeta finirono massacrati dai più numerosi superstiti della razza umana. I biondi abitanti del Gobi furono l’unico gruppo di umani a sopravvivere in gran numero, e la storia di Doreal delle loro successive vicende ci rende sospettosi sul vero significato della denominazione Grande Fratellanza Bianca. Egli scrisse che i più saggi di essi raggiunsero dapprima Atlantide, dove svilupparono grande conoscenza e potere. In seguito fuggirono dal continente condannato per fondare le “scuole misteriche” dell’antico Egitto. Divennero anche, raccontò, i sacerdoti dei giudei. «Nell’antichità», spiegò, «gli abitanti del Gobi erano noti come ebrei, non giudei… Gli ebrei avevano la pelle chiara, gli occhi azzurri e i capelli rossi. Così era la stirpe di David; così era Salomone; così era Mosè e così era Gesù che divenne il Cristo. Gesù non apparteneva alla razza giudaica». Nei prossimi capitoli, purtroppo, troveremo altri esempi di questa sorta di occultismo antisemitico. Il resto della popolazione rimase nel Gobi, finché «subì l’invasione di razze barbare provenienti dai paesi mongoli» e fu costretto ad abbandonare il regno per emigrare in Scandinavia, dove si trova tuttora. Doreal osservò che mentre «la maggior parte degli altri popoli del mondo sono oggi unamescolanza di molte razze», gli scandinavi costituiscono «una delle poche ancora pure». Ma egli rivelò anche l’esistenza di altre razze, con la pelle di colori mai visti, che dimorano all’interno della Terra. Una di esse era la Razza Blu, che in passato viveva in Atlantide, ma si era trasferita nel sottosuolo quando il continente aveva cominciato a inabissarsi. Da migliaia di anni, disse Doreal, essi abitano un enorme dedalo di caverne che crivella l’intero pianeta a una profondità di oltre trecento chilometri. Anche se l’atmosfera delle caverne è luminosa, i membri della Razza Blu non hanno bisogno della luce perché, come molte creature sotterranee, hanno ormai perso gli occhi fisici. Dopo essersi stabiliti sottoterra, raggiunsero un livello spirituale sufficiente a “vedere” molto meglio di noi, senza occhi. Ma quell’atmosfera è comunque utile perché è anche commestibile: Soddisfa tutte le esigenze del corpo… se soltanto la si respira.

Il Pianeta X
I membri della Razza Blu, tuttavia, non si trasferirono nel sottosuolo per vivere un’esistenza facile; a essi vennero affidati due compiti fondamentali nel piano cosmico. Uno consiste nel sorvegliare un popolo di giganti malvagi, gli Xian (menzionati in una delle lettere relative al Mistero Shaver citate nel capitolo precedente), tenuti prigionieri in un’enorme sfera di metallo sospesa in una cavità al centro della Terra. Alcuni milioni di anni fa, questi giganti erano molto simili alla popolazione terrestre, ma avevano la sfortuna di vivere su un pianeta oltre l’orbita di Plutone che Doreal chiamava “Pianeta X”. Un giorno, il Sistema Solare passò vicino a un punto dal quale «negazione, disordine e disarmonia si riversarono improvvisamente sull’universo», e il Pianeta X rimase totalmente impregnato di queste forze negative, che distorsero le menti e i corpi dei suoi pacifici abitanti. Gli Xian crebbero fisicamente fino a raggiungere una statura di oltre un chilometro e mezzo, e divennero estremamente intelligenti, astuti e distruttivi. Costruirono una flotta di astronavi, invasero la Terra e asservirono la razza umana. Fortunatamente per i nostri progenitori, anche la Terra aveva una sua razza di giganti: i “Figli di Dio”, che in seguito avrebbero combattuto il Popolo Serpente. Costoro lottarono per decenni contro gli Xian senza molte speranze di sconfiggerli, dal momento che questi ultimi non potevano essere uccisi perché avevano assorbito una tale quantità di energia negativa che la morte, la negatività suprema, non aveva effetto su di loro. Erano già “morti” più di mille volte. In un ultimo, disperato tentativo, i Figli di Dio costruirono un enorme globo del diametro di centinaia di chilometri al centro della Terra, «fatto di una materia nero-grigiastra più dura di qualunque altra si conosca sulla superficie esterna del nostro pianeta, perché è composta unicamente di neutroni ed è soggetta a una pressione così intensa che elettroni e ioni ne vengono espulsi ». Poi attirarono con l’inganno gli Xian nella sfera e ve li rinchiusero dentro. Ancor oggi i malvagi Xian sono lì, scrisse Doreal, e durante il tirocinio ogni iniziato o iniziata all’Antica Sapienza deve scendere fino a quella sfera. Da millenni i Maestri e i loro discepoli cercano di eliminare la negatività dai corpi dei giganti prigionieri, ma tutti i tentativi si sono finora dimostrati vani, e la sfera ha continuato a essere sorvegliata da una serie di razze sotterranee. Gli attuali guardiani sono i membri della Razza Blu, ma quando un altro popolo della superficie avrà raggiunto un livello spirituale sufficiente, prenderà il loro posto nel mondo delle caverne. In una digressione, Doreal osservò che in due momenti dell’anno, Halloween e l’ultima notte di aprile – nota nel folklore europeo come Notte di Valpurga –, gli Xian sono «in grado di proiettare il loro disordine e i loro pensieri e desideri disarmonici, ed è per tale ragione che gli antichi e anche i moderni hanno conferito un rilievo negativo a questi due momenti». I pensieri dei giganti imprigionati possono, in quelle notti, «influenzare le persone sensibili e tormentarle con incubi demoniaci». Tuttavia, rassicurò i suoi lettori spiegando che la prigione «è isolata dal nostro mondo. Essi non possono uscirne per raggiungervi ».

I guardiani della Terra
L’altro compito della Razza Blu è vigilare sull’equilibrio della Terra. Secondo Doreal, esiste un grande passaggio circolare che circoscrive l’interno del pianeta ed è situato approssimativamente sotto l’equatore. In esso si muove un’enorme piramide di energia “lunga 760 metri, larga 60 e alta 150”. Agendo in modo simile all’ago di una bussola in lenta rotazione, la piramide si trova sempre direttamente al di sotto della parte della superficie illuminata dal sole, nella cui direzione il suo vertice è costantemente rivolto. Nel suo percorso quotidiano attraverso il grande passaggio, la piramide convoglia l’“energia infinita o cosmica” che riceve dal sole verso tutte le aree del globo e mantiene la Terra nell’orbita corretta. Ma il grande passaggio è collegato anche a un dedalo di caverne minori e cunicoli che perforano il pianeta, e se la piramide dovesse accidentalmente entrare in uno di essi, la Terra potrebbe perdere il suo equilibrio e avvicinarsi al sole, oppure i Poli Nord e Sud potrebbero invertire le rispettive posizioni. Fu una di queste impreviste deviazioni a far inabissare Atlantide e Lemuria; pertanto, oggi la Razza Blu tiene attentamente la piramide sotto controllo. Questo popolo, avvertì Doreal, prende estremamente sul serio il suo lavoro, ed è sconsigliabile sottovalutarlo. Citò il caso di Floyd Collins, lo speleologo dilettante morto dopo essere rimasto intrappolato per settimane in una grotta calcarea del Kentucky nel 1925. Una squadra di soccorso lo tenne in vita calandogli del cibo attraverso un foro nella caverna crollata, ma non riuscì a liberarlo. Doreal raccontò che le sue prime parole, quando i soccorritori giunsero sul posto, furono: «Ho visto le cose più straordinarie che un uomo abbia mai immaginato. Ho visto cose che nessuno al mondo potrebbe concepire se non le vedesse di persona » (in realtà, ciò che disse fu ben diverso; secondo fonti più attendibili, gridò: “Aiutatemi!” o qualcosa del genere). I soccorritori gli chiesero cosa avesse visto, continuò Doreal, ma egli rifiutò di rivelarlo finché non lo avessero tratto fuori. Che aveva visto? Quella caverna, spiegò Doreal, era uno degli accessi al mondo sotterraneo abitato dalla Razza Blu. I suoi membri «non avevano alcuna intenzione di nuocergli, ma il loro segreto era inviolabile». Anche se Collins promise di non riferire ciò che aveva visto, «quando fu vicino alla superficie cambiò idea e la roccia si chiuse intorno a lui. Perché? Perché quella razza ha il controllo della roccia, dei metalli e della Terra».

La città dell'arcobaleno
I Maestri assunsero un altro aspetto in un nuovo scenario di Realtà Alternativa che venne per la prima volta rivelato al pubblico da Ray Palmer durante la voga del Mistero Shaver. Il numero del settembre 1946 di Amazing Stories conteneva quattro articoli firmati da un certo W.C. Hefferlin. Ciascuno di essi descriveva una nuova meravigliosa invenzione di cui l’autore aveva avuto notizia, secondo Palmer, «dal Tibet per mezzo della telepatia». Una di esse era un «aeroplano ad ala circolare», un incrocio tra un aereo convenzionale, una ciambella e un piatto. Un’altra era il motore GHYT – Gas HYdraulic Turbine (turbina idraulica a gas), che secondo Hefferlin precorreva di decenni quello a combustione interna; egli non spiegava, però, come funzionasse, limitandosi a presentarlo con l’accattivante frase: «Velocità, velocità e ancora VELOCITÀ!». Una terza consisteva in un metodo per utilizzare l’acqua come combustibile liberandone l’idrogeno e l’ossigeno mediante elettrolisi (purtroppo, Hefferlin trascurò di menzionare il fatto che l’elettrolisi richiede il consumo di qualche altro combustibile). L’ultima invenzione era un raggio di energia a spirale che oggi potrebbe far pensare a un laser, ma anche a una pistola a raggi da racconto di fantascienza. Veniva descritto come se chiunque con una buona conoscenza della meccanica potesse costruirlo seguendo le ambigue istruzioni di Hefferlin, ma appariva chiaro che egli non aveva mai realizzato il congegno. L’articolo terminava in un climax di esaltazione: «ENERGIA! Per l’annientamento della materia! O come elemento fondamentale per lo sviluppo di tutta l’umanità!... È vostra, ora. Che cosa ne farete? Costruirete o distruggerete? Che Dio vi aiuti!».

Il raggio di energia
Nel numero dell’ottobre 1946 di Amazing Stories, Hefferlin dichiarò di aver escogitato un sistema straordinario per eliminare i radiodisturbi, ma commise alcuni gravi errori fattuali; ad esempio, disse che l’elettricità dei fulmini è «di natura continua», mentre in realtà è ondulatoria. Palmer si mostrò scettico davanti alle sue affermazioni, lasciando intendere che nonostante «vi siano molte persone che “dicono” di ricevere insolite informazioni dal Tibet», potrebbe trattarsi di sventurati tratti in inganno dai dero con il potenziatore telepatico. Ma qualunque fosse la loro origine, gli articoli non potevano ispirare molta fiducia in chiunque li studiasse con attenzione, e a quanto sembra a Palmer non dispiaceva che qualcuno ne criticasse l’autore. A proposito di quello sui radiodisturbi, un lettore scrisse dicendo che poteva solo «raccomandare caldamente al signor Hefferlin di acquistare un buon libro sulla radio e l’elettricità, e imparare qualcosa sull’argomento prima di scrivere altri articoli… Sinceramente, non vedo come una persona di cultura media possa leggere l’articolo del signor Hefferlin senza scoppiare a ridere». Pur fornendo istruzioni specifiche per costruire l’aereo ad ala circolare, il motore GHYT o il raggio di energia, Hefferlin aveva omesso ogni volta alcuni particolari essenziali, e senza questi le istruzioni erano inutili. Quando un medico scrisse a Palmer dichiarando che sarebbe stato impossibile realizzare il raggio di energia con i dati forniti («In vita mia non ho mai letto o sentito istruzioni tanto insufficienti»), Hefferlin replicò nel numero successivo della rivista che «le istruzioni complete» non potevano essere poste nelle mani «del grande pubblico» e che «dobbiamo considerare la gravità della Situazione Internazionale ». Inoltre, dichiarò ambiguamente che gli articoli non erano «altro che una breve e schematica esposizione di cose e fatti riguardanti la Città dell’Arcobaleno». Che cos’era la “Città dell’Arcobaleno”? Palmer aggiunse del suo all’enigmatica affermazione, spiegando che «è una città dove un tempo vivevano gli Dèi (o la Razza degli Antichi) situata sotto i ghiacci del Polo [Sud], nella quale da migliaia di anni sono perfettamente conservati tutti i congegni menzionati e moltissimi altri». Propose anche di dare alla Città dell’Arcobaleno un seggio alle Nazioni Unite di recente formazione,, ma con queste facezie sia la città che William C. Hefferlin sparirono dalle pagine di Amazing Stories.

Il Manoscritto Hefferlin
Nel 1947 e 1948, tuttavia, la Borderland Sciences Research Foundation, un’associazione di Realtà Alternative con sede a Vista, in California, cominciò a pubblicare brani di un documento denominato “Manoscritto Hefferlin”, elaborato da W.C. e sua moglie Gladys nella loro casa a Livingston, in Montana. Nell’introduzione al testo, Gladys Hefferlin negò che la storia avesse qualcosa a che vedere con il Mistero Shaver: «Nella nostra corrispondenza con il signor Raymond A.Palmer, gli chiedemmo di tenere il nostro materiale separato dal Mistero Shaver… Palmer ignorò la richiesta, alterando deliberatamente le nostre affermazioni per i suoi scopi». Nel Manoscritto Hefferlin, assicurò, quei travisamenti sarebbero stati corretti, raccontando la vera storia. Nel 1927, secondo Gladys, gli Hefferlin erano una giovane coppia incline al misticismo che viveva a San Francisco, dove conobbero e divennero amici di un certo Emery, un uomo che condivideva i loro interessi. Poco dopo, però, si trasferirono perdendo ogni traccia di lui fino al 1935; mentre si trovavano a Elwood, nell’Indiana, gli Hefferlin vennero a sapere che Emery era a New York «nell’ambiente della radio». Gli scrissero, e non passò molto che i tre cominciarono a lavorare a una sorta di telefono psichico che chiamarono “Comunicazione Mentale Controllata”. Gladys Hefferlin agiva da “collegamento mentale” – una sensitiva conscia – a Elwood, mentre Emery, che era un potente medium, operava a New York. «La nostra comunicazione», scrisse Gladys, «è rapida come una normale conversazione». Riceveva i messaggi telepaticamente e li riferiva a W.C., e se questi voleva dire qualcosa a Emerynon doveva fare altro che comunicarlo alla moglie. Emery «sente tutto ciò che viene detto, se si parla a voce sufficientemente alta. Non è necessario gridare, basta articolare le parole con chiarezza. Gli arrivano perfino i rumori della strada dove abitiamo. Non c’è nulla di misterioso in questo sistema, solo un uso ben preciso della concentrazione vibratoria». Poco dopo aver stabilito con soddisfazione che i messaggi telepatici venivano ricevuti esattamente a entrambi i capi della linea, Emery cominciò a scomparire per svolgere misteriose faccende negli Stati Uniti e nel resto del mondo. Ogni tanto inviava un messaggio psichico agli Hefferlin per far sapere dove si trovasse, ma i motivi dei suoi viaggi rimanevano un enigma. Poco prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, tuttavia, rivelò loro di aver «agito per ordine» di una comunità di Maestri che viveva sotto il Tibet. La cosa era iniziata nei primi anni Trenta, quando W.C. stava sperimentando su scala ridotta alcune idee che gli erano «venute in mente» – l’aereo ad ala circolare, il raggio di energia, ecc. – ma senza riuscire a trovare un finanziatore con il capitale necessario per costruire modelli funzionanti in grandezza naturale. Respinto dal governo americano, W.C. aveva mandato una serie completa dei suoi progetti a Emery perché li mostrasse a qualsiasi potenziale sponsor gli capitasse d’incontrare.

I Tre Antichi
Mentre era in vacanza in Estremo Oriente, in qualche modo Emery conobbe e divenne amico del «Grande Lama, capo del tempio nella Valle della Pace Armoniosa… che noi chiamiamo Shangri-La». Egli mostrò i piani di W.C. al Grande Lama, che rimase talmente impressionato da condurlo nella segreta loggia sotterranea dei misteriosi Maestri dell’Umano Destino, «i Tre Antichi, Che furono, Che sono, Che saranno, Sempre». I Tre Antichi furono abbastanza perspicaci da capire che W.C. era la reincarnazione di un antico ingegnere che aveva reinventato congegni già usati in un remoto passato. Essi ordinarono immediatamente la costruzione di una flotta di 350 aerei ad ala circolare con motori GHYT alimentati da acqua come combustibile e armati con raggi di energia. Sotto la direzione dei Tre il lavoro progredì rapidamente e, quando finalmente la flotta fu pronta, venne inviata una spedizione a esplorare le desolate lande dell’Antartide in cerca di tracce della Città dell’Arcobaleno. Questa metropoli abbandonata era stata la patria dei Tre durante la loro prima incarnazione sul pianeta Terra, ed era fondamentale che venisse ripopolata e riportata alla vita, se si voleva realizzare il piano cosmico. Emery venne assegnato alla spedizione e trascorse mesi a volare sopra l’Antartide, cercando diligentemente indizi che solo gli iniziati potevano riconoscere. Nel giorno del Ringraziamento del 1942, egli inviò un esultante messaggio agli Hefferlin: la Città dell’Arcobaleno era stata trovata. Gli Hefferlin erano comprensibilmente ansiosi di saperne di più sui Tre Antichi, e a poco a poco nelle loro conversazioni telepatiche con Emery appresero la loro storia e quella segreta della razza umana. Innumerevoli milioni di anni fa, spiegò loro Emery, l’umanità aveva governato un impero di pianeti che si estendeva su un centinaio di galassie. Ma a un certo punto della loro conquista, gli umani incontrarono quello che sarebbe diventato il loro mortale nemico, il Popolo Serpente. Gli antichi lo combatterono per mille anni con alterne vicende, ma alla fine divenne chiaro che il Popolo Serpente aveva vinto. I suoi membri inseguirono gli umani di pianeta in pianeta, confinando i resti del loro Impero in pochi mondi senza importanza. Uno di questi era Marte, e il Pianeta Rosso fu una dimora ospitale per centinaia di generazioni. Ma, con il trascorrere del tempo, gli Antichi si resero conto che Marte sarebbe morto: l’ossigeno e l’acqua stavano lentamente evaporando nello spazio. Il Grande Governatore di Marte inviò una flotta di astronavi sulla Terra per verificare la possibilità di farne la loro nuova patria. La squadra di esplorazione tornò piena di lodi per il nostro pianeta, soprattutto per il continente subtropicale antartico. Pertanto, il Grande Governatore ordinò ad alcune migliaia di sudditi di partire per preparare la strada sul nuovo mondo. Essi si stabilirono nell’Antartide e vi costruirono sette grandi città, sul modello di quelle di Marte; ciascuna aveva un suo particolare colore ed era chiamata Città Verde, Azzurra o Rossa.

La città di plastica
Ma la più grande di tutte era la Città dell’Arcobaleno, così detta perché costruita interamente di plastica di tutti i colori dell’iride. Da qui la colonia fu governata dalle prime incarnazioni terrestri dei Tre Antichi: il figlio e la figlia del Grande Governatore, e il fidanzato della figlia, che era a sua volta figlio di uno dei ministri del Grande Governatore (come nella maggior parte degli scenari occultistici, tra gli antichi sapienti non esistevano cose come la democrazia). Sotto la loro guida, la colonia conobbe un’enorme prosperità. Fu l’età dell’oro dell’umanità, ma non sarebbe durata per sempre. Una grande catastrofe, probabilmente un attacco a sorpresa da parte del Popolo Serpente, colpì la Terra inclinandola sul proprio asse. Come nella storia di Doreal, ma con ruoli invertiti, il paradiso degli abitanti dell’Antartide divenne ben presto un luogo pieno di ghiaccio e inabitabile. I sopravvissuti al disastro abbandonarono le grandi città per stabilirsi nelle regioni selvagge verso nord e dopo migliaia di anni di difficoltà persero le loro conoscenze tecnologiche. I ricordi dei giorni gloriosi degli antichi divennero miti e leggende. Ma anche dopo tutto quel tempo le grandi città dell’Antartide esistevano ancora, sepolte sotto centinaia di metri di ghiaccio. La Città dell’Arcobaleno rimase abbandonata per un milione di anni. Era la sola delle sette metropoli a rimanere sempre libera dai ghiacci, perché sorgenti calde sotto di essa vi mantenevano una temperatura gradevole che si estendeva anche nella valle circostante. Racchiusa tra muri di ghiaccio alti tremila metri, la città è rimasta fino a oggi nascosta agli esploratori dell’Antartide, tranne che a Emery e ai suoi. Essi la occuparono scoprendo che consisteva di sei livelli, uno sulla superficie e cinque al di sotto di essa. Dal momento che la tecnologia degli antichi era infinitamente superiore alla nostra, tutti gli straordinari macchinari furono trovati perfettamente funzionanti come quando la città era stata costruita, due milioni e mezzo di anni fa. Quasi ogni cosa nella Città dell’Arcobaleno era fatta di plastica. W.C. scrisse che le strade che conducevano alla città «sono pavimentate di plastica». Il vestiario che Emery e i suoi colleghi trovarono appeso negli antichi armadi «è intessuto di un filo di plastica più morbido delle migliori sete moderne, più leggero e… a prova di incendio ». Tutti i gioielli erano di una plastica così dura «da tagliare e polverizzare la superficie di un diamante come se fosse normale vetro». W.C. raccontò anche che la Città dell’Arcobaleno «è piena di giardini con grandi alberi ombrosi e piante fiorite, rigogliose oltre ogni dire, i cui fiori spesso misurano circa un metro di diametro». Essi erano visitati da enormi farfalle con un’apertura alare da due metri a due metri e mezzo, e corpi che potevano «riempire un grande vassoio da tacchino… Hanno dimensioni simili a quelle di aquile adulte e sono di una bellezza indescrivibile ». Egli non parlò dei bruchi lunghi un metro e mezzo che simili farfalle implicavano, ma forse agli abitanti della città non importava di incontrare enormi larve affamate nei loro orti, perché anch’essi avevano una corporatura molto maggiore della nostra. Dopo aver esaminato gli abiti e i mobili lasciati dagli antichi, Emery stimò che fossero alti in media circa due metri e mezzo. Mentre preparavano la Città dell’Arcobaleno per il reinsediamento dei Tre Antichi e dei loro selezionati seguaci, Emery e gli altri scoprirono molti altri straordinari congegni abbandonati. Come la magica lavapiatti di Saint-Germain, «fiamme vibratorie» mantenevano gli abiti, i tappeti e le stoviglie di plastica della città eternamente puliti. Altre vibrazioni fornivano la luce solare artificiale per i giardini sotterranei. Antichi libri leggevano ad alta voce il proprio contenuto quando veniva premuto un pulsante. Tuttavia, gli antichi avevano superato se stessi nella tecnica dei trasporti. Una delle loro invenzioni più notevoli era il «portale», una stanza simile a un ripostiglio con due porte che distorcendo lo spazio mandavano persone o carichi in ogni punto del globo quando l’utente si concentrava sulla destinazione. Secondo W.C., uno dei compagni di Emery era Kilroy, «un irlandese con i capelli rossi e un bizzarro senso dell’umorismo», che fu felice di apprendere l’uso del portale, e nei momenti liberi viaggiava da un luogo all’altro in tutto il mondo, fermandosi il tempo sufficiente per scarabocchiare su un muro «Kilroy è stato qui».

Ferrovie sotterranee
Inoltre, gli esploratori scoprirono e sperimentarono un vastissimo sistema ferroviario sotterraneo. Si trattava del non plus ultra delle metropolitane, con gallerie lunghe centinaia di migliaia di chilometri che partivano dal Terminal Centrale nel sottosuolo della Città dell’Arcobaleno, diramandosi sotto tutti i continenti e gli oceani. Enormi treni del diametro di una trentina di metri avevano un tempo viaggiato al centro dei tunnel, tenuti in posizione da energia vibratoria; la loro velocità di crociera era di oltre tremila chilometri orari. La squadra di Emery esplorò alcune delle gallerie adiacenti e salì su uno degli antichi treni per una breve corsa sotto l’Antartide, ma la maggioranza del sistema di tunnel rimase inesplorato e vuoto come lo era da quando la grande catastrofe aveva colpito un milione di anni prima. C’è qualcosa nella descrizione di W.C. che stuzzica la curiosità di qualsiasi amante della fantascienza: un’antichissima rete d’immensi tunnel sotto i nostri piedi, silenziosi e con sezioni di migliaia di chilometri chiuse dietro impenetrabili porte d’acciaio, le cui entrate sono state sepolte da tempo da terremoti e smottamenti. Servendosi dei portali, Emery localizzò alcuni dei grandi subterminali del sistema sotto l’Asia, l’Africa e le Americhe, e li trovò pieni di nascondigli di armi atomiche in disuso, per lo più del tipo individuale «a raggi di energia». Gli stessi Hefferlin scoprirono il terminale di una delle linee secondarie vicino alla loro casa, «circa sessanta metri su per il versante di una montagna» a ovest di Sheridan, nel Wyoming. «Questo tunnel sembra essere stato divelto e tranciato». A opera del Popolo Serpente? «Quando avremo tempo», scrisse W.C., «useremo i portali per trovare la risposta». Ma nel 1948 i sudditi dei Tre Antichi avevano compiti più importanti da svolgere. I Tre si erano reincarnati nella nostra epoca per dare inizio a una nuova età dell’oro sulla Terra e stavano già «guidando i destini di tre quarti del mondo». Tutte le razze non bianche del pianeta, scrisse Gladys Hefferlin, «hanno già accettato la loro leadership». C’erano sette templi sparsi tra Asia, Africa e Sud America, tutti provvisti di speciali congegni vibratori, o «macchine del pensiero»; da essi i Tre Antichi trasmettevano da alcuni decenni i propri desideri alle menti del mondo non occidentale. Il messaggio era che «ogni popolo, paese, nazione deve rendersi indipendente dalle nazioni dell’Impero Europeo». In futuro, «nessun popolo sfrutterà un altro popolo, imporrà tasse onerose o lo asservirà in qualsiasi modo. E la guerra sarà abolita». Tutte le razze sarebbero state eguali. Sotto la guida dei Tre Antichi, le nazioni si uniranno in un governo mondiale sul modello degli Stati Uniti. «L’Occidente, la Razza Bianca, ne vengono informati per la prima volta» perché i Tre avevano cominciato ad agire anche per proprio conto. Chi aveva evitato che i giapponesi conquistassero l’Australia durante la guerra?, chiedeva Gladys. Chi aveva impedito a Rommel d’impadronirsi del Canale di Suez? I Tre Antichia vevano operato assiduamente dietro le quinte per assicurare la vittoria alleata. Ora, finita la guerra e con la Città dell’Arcobaleno di nuovo in attività, i tempi erano maturi per la nuova età dell’oro. I Tre stavano inviando squadriglie di aerei ad ala circolare nei cieli di ogni continente alla ricerca di altre tracce di antiche città che potessero essere riportate alla vita; nel vedere gli strani velivoli, la gente li scambiava per astronavi aliene chiamandoli «dischi volanti». Quando gli Hefferlin annunciarono l’esistenza della Città dell’Arcobaleno, furono sommersi da domande poste dalla comunità della Realtà Alternativa: dove si trova esattamente? Come posso entrare in contatto con i Tre Antichi? Posso recarmi nella Città dell’Arcobaleno a lavorare per la Nuova Era? Gladys Hefferlin avvertiva i suoi lettori che simili persone erano destinate a rimanere deluse. Solo determinati individui erano stati scelti dai Tre per andare nella Città dell’Arcobaleno, non perché fossero «degni», ma perché la loro opera era necessaria. La città non era aperta ai curiosi. «Nessuno può comprare questo privilegio », scrisse, aggiungendo: «Noi stessi, che siamo i portavoce dei nordamericani, non possiamo entrarvi. Pertanto, non possiamo promettere a nessun altro di poterlo fare».

L’Armageddon
Gli Hefferlin caddero nell’oblio all’inizio degli anni Cinquanta del secolo scorso, ma la Città dell’Arcobaleno non fu dimenticata. Nel 1960, lo scrittore-ufologo Michael Barton, noto ai suoi lettori come Michael X, pubblicò un volumetto dal titolo Rainbow City and the Inner Earth People, un curioso guazzabuglio di aperture nei Poli, Terra Cava, Manoscritto Hefferlin e Mistero Shaver. Qui veniamo a sapere che gli abitanti della Terra Interna sono un gruppo tutt’altro che omogeneo; alcuni sono Maestri, altri dero, altri ancora normali esseri umani. Ma poiché la Nuova Era sta arrivando, i Maestri – con l’aiuto dei “Guardiani”, loro amici di Venere – stanno lentamente «eliminando» dal pianeta i dero e altre creature distruttive. «I livelli sia astrale che fisico della Terra Interna», scrisse Barton, «vengono ripuliti per preparare l’avvento dell’Età dell’Oro». Maestri e Guardiani usavano la Città dell’Arcobaleno come stazione di transito entrando e uscendo dall’Apertura del Polo Sud. Barton affermava di aver appreso questi fatti in conversazioni telepatiche con alcune entità astrali tramite un congegno che chiamava “Telethot”. Per mezzo di esso, aveva preso contatto con un Maestro di nome Ramel chiedendogli informazioni sulla natura e la storia della terra interna. Ramel gli aveva detto che sul piano astrale c’era qualcuno che voleva parlargli: «Si chiama Marshall B. Gardner ». MG: Sono Marshall Gardner. Sono felice di conoscerti, Michael: I tuoi scritti m’interessano molto. Soprattutto il tuo ultimo libro che parla della Città dell’Arcobaleno e degli abitanti della Terra Interna. Come puoi probabilmente capire, sono in grado di aiutarti molto su questi argomenti. (Michael) X: Sì, grazie. È un grande piacere conoscerti. La mia prima domanda è: esistono davvero le aperture polari? MG: I Poli non sono che illusioni, come ha rivelato il mio libro. Ora vedo che vi sono più aperture nella Terra di quanto immaginassi quando ero incarnato… Una è situata al Polo Nord, non nel punto indicato dai moderni esploratori, bensì a una distanza di circa 3000 chilometri da esso. Un’altra si trova a quasi 4000 chilometri dal Polo Sud. Tali aperture non sono grandi come avevo calcolato nel mio libro, né è facile trovarle. Il popolo della Terra Interna mantiene queste entrate ben nascoste grazie alle sue progredite capacità scientifiche e tecniche. X: Esiste una Città dell’Arcobaleno? MG: C’è una città all’entrata del Polo Sud che dà accesso al Mondo Sotterraneo. È nota come Città dell’Arcobaleno perché l’effetto delle “Luci del Sud” la colora con le meravigliose tinte dell’iride. Vi fu anche un altro scrittore che mantenne vivo il ricordo della Città dell’Arcobaleno, suggerendo che la guerra tra pianeti, tra la razza umana e il Popolo Serpente continua segretamente ancor oggi. Robert Dickhoff ci informava che non era lontano il giorno in cui sarebbe stato necessario scegliere tra Marte e Venere in un Armageddon interplanetario. Alla fine sarebbe arrivato un nuovo Messia, ma per incontrarlo è necessario spostarsi in Mongolia.


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MessaggioInviato: 14/05/2022, 17:13 
IL CODICE ASTRONOMICO DI DANTE
Articolo di Simone Leoni
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L’opera massima del Sommo Poeta, Dante Alighieri, si chiamava in origine La Comedìa, divenuta poi Divina Commedia. La figura di Dante ha sempre affascinato storici e filosofi, ma anche esoteristi. Alcuni sostengono che sia appartenuto ad una società iniziatica e che il suo scritto possa contenere conoscenze che egli ha dovuto nascondere proprio al suo interno, forse per scampare all’inquisizione. Ma quali sono le conoscenze “pericolose” che l’Alighieri ha inserito nel suo poema? Cerchiamo di scoprirlo insieme alla dottoressa Chiara Dainelli, autrice del libro Il Codice Astronomico di Dante (Eremon Edizioni, 2012).

Simone Leoni: Dottoressa Dainelli, come nasce il suo interesse per la figura di Dante Alighieri?

Chiara Dainelli: «La mia passione per il Sommo Poeta nasce da bambina: sono cresciuta in un ambiente nel quale si è sempre alimentato un profondo rispetto per la Letteratura Italiana e la figura di Dante mi è sempre stata portata a modello per la sua rilevanza e il suo valore! Crescendo, l’interesse per le sue opere si è consolidato, incoraggiandomi, poi, ad analizzare tutti i 100 canti della “Comedìa”. Una vera e propria scoperta, verso dopo verso! Fino all’intuizione, come mi piace definirla, della conoscenza da parte di Dante della precessione equinoziale, che ho avuto leggendo i versi 22-27 del I Canto del Purgatorio. Da questi ha avuto origine il mio studio, portandomi alla consapevolezza che all’interno della “Divina Commedia” ci sia un’assoluta comprensione di nozioni a livello astronomico, che nel periodo medievale risulterebbero a dir poco molto improbabili!».

S.L.: Nel suo libro Il Codice Astronomico di Dante parla di un filo conduttore che lega l’astronomo Tolomeo e Dante Alighieri. Sarebbe a dire?

C.D.: «Tolomeo d’Alessandria (II sec. d.C.) è il collegamento che ha permesso all’Alighieri di avere nozione della precessione equinoziale e delle altre grandi conoscenze astronomiche che presento nel mio libro. Tolomeo fu l’autore di un Trattato di Astronomia o Sintassi Matematica, meglio conosciuto come Almagesto! All’interno di tale imponente opera non si spiega solamente la famosa teoria geocentrica, che ebbe larga fortuna durante tutto il Medioevo, ma vi sono raccolti tutti i quattordici libri a carattere matematico- astronomico, che Ipparco di Nicea redasse durante la sua vita. Ipparco di Nicea, vissuto nel II sec. a.C., nella nostra cultura greco-romana, fu lo scopritore della precessione equinoziale e tutte le sue teorie si ritrovano, perfettamente compenetrate, nei versi astronomici della Divina Commedia. Subito dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente, la cultura greco alessandrina cadde nel silenzio! Fu a causa dello scontro-incontro tra la cultura islamica orientale e la cristiana occidentale, che ritornarono sulla scena intellettuale europea grandi filosofi e matematici, quali Aristotele e appunto Tolomeo. Nella prima metà del XII sec., fra i traduttori di opere scientifiche, si pose in evidenza Gherardo da Cremona, che sotto richiesta di Federico Barbarossa divenne traduttore e divulgatore dell’Almagesto di Tolomeo. Un uomo di grande ingegno, quale fu l’Alighieri, non poteva non aver letto l’opera del grande alessandrino, infatti Gherardo da Cremona viene citato dal Sommo Poeta nel Convivio, precisamente nel II capitolo, paragrafo XIV! Ecco il filo conduttore che lega Dante Alighieri, Tolomeo di Alessandria e Ipparco di Nicea, ad un distanza temporale tra il primo e l’ultimo di quindici secoli!».

S.L.: Cosa cercava Dante nell’astronomia? Cosa ha trovato secondo lei di così importante da criptarlo in un testo poetico come la Divina Commedia?

C.D.: «L’Uomo ha sempre puntato il suo sguardo agli incommensurabili e distanti spazi siderali; qualsiasi oggetto, dalle stelle, ai pianeti, alle nebulose, del nostro Universo, ha sempre affascinato il genere umano, che ha cercato, con costanza e dedizione, di renderlo più vicino a sé, inglobandolo nelle leggi fisiche e matematiche che lo regolano! Ma Dante va oltre! Le sue conoscenze astronomiche non sono solamente mero frutto dello studio di un grande scienziato, quale lui era: esse sono mediate dalla costante ricerca di unire insieme tutte le discipline! All’interno della Comedìa non si può solamente ricercare la Letteratura, la Poesia, la Filologia, la Spiritualità, la Filosofia e la Teologia e chiuderle ognuna all’interno di paratie stagne! L’Astronomia è il collante di tutto questo e la prova è nel fatto che ogni Cantica termina con la parola “Stelle”! Nell’Astronomia Dante cerca esattamente ciò che chiede alle altre discipline: una vera e propria unità del sapere, che non può essere scisso, perché ogni facoltà ne richiama un’altra, nell’infinito dell’Universo, nella costante ricerca di Dio! Per questo la “Divina Commedia” è poderosa e monumentale, in quanto racchiude tutto lo scibile umano! Probabilmente Dante ha voluto “criptare” questo suo sapere astronomico, impossibile per l’epoca medievale, per non finire nella rete di una cultura che all’epoca si voleva povera, gretta e meschina! L’Alighieri ci ha chiesto, e continua a farlo, non soltanto di “sentirlo”, ma di “ascoltarlo”, non soltanto di “leggerlo”, ma di “capirlo”! Nel mio libro scrivo: “dal Polo Poetico si passa al Polo Fisico”!».

S.L.: Lei afferma anche che Dante ci consente di entrare a conoscenza delle sue nozioni. Di quali nozioni si parla? Possono essere legate sia all’Astronomia che all’Esoterismo?

C.D.:«L’Astronomia è una scienza molto presente all’interno della Divina Commedia: i passi a carattere astronomico, attraverso le tre Cantiche, si presentano in successione ordinata e, fondamentalmente, sono tutti volti a dimostrare che il Poeta conosceva molto bene la precessione equinoziale. L’Alighieri indica una via, in alcuni punti ancora da comprendere ma visibile, che ci indirizza su un percorso per arrivare a capire un tragitto ben delineato di conoscenze matematico-astronomiche. In tal modo, nel corso del mio studio, ho scoperto i rapporti matematico- astronomici tra la Terra e la Luna, nell’Inferno, tra la Terra e le costellazioni nel Purgatorio, fino al Paradiso, nel quale vengono presi in considerazione i pianeti del Sistema Solare e le loro influenze sul sapere, prendendo l’assetto aristotelico-tolemaico esclusivamente come una giustificazione per ordinare le varie discipline e dottrine. Per quanto riguarda ciò che qui vogliamo intendere come “Esoterismo”, non possiamo assolutamente inserire tale argomento ingabbiandolo in “nozioni”. L’opera di René Guénon, L’Esoterismo di Dante, di cui scrivo nella parte conclusiva del mio libro, ha come fine di presentare la “Comedìa” ad un livello di lettura “mistico”, che non indugia sull’aspetto della sola parola scritta, ma predispone ad una più alta forma di pensiero. Lo studio di Guénon è un breve saggio, uscito nel 1925, nel quale l’autore indica, in modo esplicito, che nella Divina Commedia appare “un senso nascosto, propriamente dottrinale, di cui il senso esteriore e apparente è solamente un velo” e che tale intima essenza “deve essere ricercata da coloro i quali sono capaci di penetrarla”. Non mi sento assolutamente di affermare che l’esoterismo si possa incanalare in determinate nozioni; questa una lettura metafisica dell’Opera Massima dell’Alighieri!».

S.L.: Se la sua risposta fosse che si parla di nozioni legate all’Astronomia, a quale scopo riportare eventi di personaggi deceduti? Dov’è il nesso?

C.D.: «L’intero impianto della Divina Commedia si basa sulle storie e gli eventi di personaggi, dai più importanti della storia, o della mitologia, fino a coloro che fanno parte delle cronache del tempo (e non solo cronache fiorentine), agli affetti più stretti del Poeta stesso (basti pensare all’episodio di Cacciaguida o a quello riguardante Brunetto Latini). In alcuni casi, e questo avviene maggiormente nella Cantica dell’Inferno, gli stessi protagonisti dei canti e i loro racconti ci introducono alle conoscenze astronomiche del Poeta, come nella straziante narrazione del Conte Ugolino nella descrizione della sua morte e dei suoi figlioletti; oppure nell’episodio di Farinata degli Uberti, attraverso le cui parole Dante profetizza il suo proprio esilio, mostrandoci la sua totale competenza del movimento lunare e luni-solare. Quindi il rapporto risulta essere molto stretto!».

S.L.: Qual era il rapporto di Dante con la cultura araba?

C.D.: «L’Alighieri provava nei confronti della cultura araba un atteggiamento di rispetto a e al contempo di serio dibattito scientifico. È indicativo che alcuni importanti filosofi, quali Avicenna e Averroè siano posti dal Sommo Poeta nel primo cerchio infernale, cioè il Limbo, precisamente nel Castello degli Spiriti Magni, insieme a Seneca, Euclide e a Tolomeo. Tale luogo simboleggia la filosofia e la sapienza umana, quindi è indubbio che Dante portasse rispetto nei confronti dei due filosofi e matematici di origine musulmana, che avevano apportato molto alla conoscenza e all’erudizione! Al contempo, però, sia all’Interno della “Comedìa”, che del “Convivio” è il Sommo Poeta per primo a confutare determinate teorie a livello fisico- astronomico riguardanti il nostro satellite, di Averroè (Ibn- Roshd). Tali ipotesi del filosofo arabo, dimostrate da Dante come fallaci, riguardano il fenomeno delle cosiddette “macchie lunari”, spiegato, con l’ausilio dell’illustrazione delle eclissi di Sole e di Luna, in maniera chiara ed esaustiva dalle labbra di Beatrice nel II canto del Paradiso e direttamente dall’Alighieri nel II capitolo, paragrafo XIII del “Convivio”. A questo punto, mi sento di esprimere che il rapporto sussistente tra Dante e la cultura araba raggiungeva un alto livello di scambio intellettuale ».

S.L.: Ci sono differenze tra lo studio astronomico dantesco e quello arabo? Se è così, quali? Ma soprattutto, come venne Dante a conoscenza del sapere astronomico arabo?

C.D.: «Gli albori dell’astronomia araba affondano le proprie radici attraverso due arterie: dal V sec. a.C., dai tempi della dinastia persiana degli Achemenidi, dominante nell’area iranica, che aveva esteso la sua sovranità anche nel nord-ovest dell’India, erano filtrate alcune teorie astronomiche babilonesi, invece durante il periodo della stirpe ellenistica dei Seleucidi (IV e III sec. a.C., che aveva governato la parte orientale dei domini di Alessandro Magno, dopo la sua morte, tra cui la zona corrispondente oggi all’attuale Pakistan), erano giunte altre conoscenze astronomiche di origine greca frammischiate alle tecniche babilonesi. Il risultato di queste trasmissioni culturali si ripercosse nell’espansione islamica dei secoli VI e VII, durante i quali vi fu il contatto diretto con la scienza astronomica ellenica e l’immediata traduzione delle opere greche, a partire dalla conquista islamica del nord Africa, specificamente con la caduta di Alessandria. Tolomeo d’Alessandria quindi, risulta sempre essere il tramite fondamentale per la scienza astronomica, sia ad Occidente che ad Oriente. Molti storici, comunque, collocano la nascita dell’astronomia araba all’epoca in cui alcuni sapienti di origine indiana, recatisi a Baghdad nel 744, portarono con loro un trattato di astronomia pratica che fu subito tradotto in arabo col titolo di “Tavole astronomiche indiane”. Fu la religione islamica a porre nell’astronomia uno svariato numero di questioni. In ogni caso, l’astronomia araba alto medievale fu in grado di apportare a quella di origine ellenica-alessandrina molte scoperte importanti che successivamente furono riprese nel nostro occidente cristiano, addirittura fino alla teoria della “trepidazione”, una tesi che poneva calcoli errati della precessione equinoziale, che però negli scritti dell’Alighieri non è assolutamente presa in considerazione! Fu sempre tramite le traduzioni in greco e latino, che arrivavano dal mondo arabo, che l’Alighieri fu a conoscenza delle scoperte musulmane, fino a confutarle, come poco detto sopra».

S.L.: Ci spieghi per quale motivo Dante inserì Maometto nel XXVIII Canto dell’Inferno.

C.D.: «Il XVIII Canto dell’Inferno ci introduce ad visione turpe e violenta: siamo nella Nona Bolgia, dove sono puniti i seminatori di scandali e scismi. Per la pena del contrappasso, come in vita i protagonisti di tali versi hanno inferto profonde ferite all’interno della società e delle comunità, nell’oltretomba sono puniti nelle loro stesse carni, feriti e dilaniati in varie parti del corpo, ridotto a brandelli di sangue. Maometto, essendo il fondatore dell’Islam, creò una profonda scissione. Musa di tale canto è l’orrore, che affonda le proprie radici nella coscienza cristiana, che vede sconvolta l’idea di integrale unità politica e religiosa, per cui Dante vagheggia con l’animo proteso ad inseguire la sua idea di pace e giustizia sicura. Da questo punto nasce la vena polemica e inquieta della rappresentazione. Maometto nell’Inferno divarica il proprio corpo, mostrando le interiora: si dischiude di fronte a Dante e Virgilio, mostra la propria colpa, il suo essere peccatore di fronte a Dio e al Cristianesimo. L’Alighieri era sicuro di doverlo condannare in questa bolgia, proprio per il fatto che con il suo operato, con la sua vita politica e religiosa, aveva creato una frattura cruenta nella società, un ostacolo grave al compimento di unità religiosa di tutti gli uomini. Se Maometto è dilaniato dal mento al bacino, dal mento alla fronte è spaccato suo genero, Alì, colui che ne sposò la figlia, Fatima, considerato il fondatore dell’Islam sciita; un’ulteriore scisma addirittura all’interno della fede musulmana. L’Alighieri, mostrando prima la figura di Maometto e successivamente quella di Alì, crea un vero e proprio passaggio di testimone tra i due protagonisti della fede musulmana! Non a caso un noto “hadith” recita: “Io (Maometto) sono la città della conoscenza e Alì ne è la porta”. I versi nei quali Dante descrive le figura di Maometto e Alì sono appena una ventina, eppure ancora oggi sono scontro di controversie e dibattiti. Solo all’inizio del XXI secolo, all’Università del Cairo viene finalmente presentata una versione completa della “Comedìa”, nella quale compaiono tali versi oggi tanto messi in discussione! L’attualità recente ha risollevato il problema: oggi si chiede di evitare lo studio della “Divina Commedia” nelle nostre scuole italiane a causa di questo passo! Sono solo venti versi del Padre della nostra Letteratura! Rispettiamo le culture di tutti, non creiamo altri scismi e scandali!».

S.L.: Dante nella Divina Commedia parla di astri e pianeti. Ciò può indurci a pensare che abbia scoperto anche il fantomatico Pianeta X, oppure no?

C.D.: «Ho analizzato molti versi a carattere astronomico durante la mia ricerca, alcuni non li ho inseriti in quanto sono ancora oggetto di studio e analisi! Nel mio approfondimento non ho trovato alcun riferimento al Pianeta X, ma alcuni passi molto interessanti, che potrebbero riferirsi a stelle giganti rosse, quali Thuban, l’astro principale della costellazione del Drago».

S.L.: A pagina 68 del suo libro riporta la struttura dell’oltretomba dantesco, dove possiamo ammirare i vari cieli che sono, se così si può dire, sotto l’influenza dei pianeti e dove c’è lo schema che dal mondo arriva fino alla candida rosa e infine a Dio. Quindi la domanda che le voglio porre è questa: Dante può aver considerato che Dio si trova in un punto determinato dello spazio con questa rappresentazione?

C.D.: «Per Dante non c’è un preciso punto dell’Universo nel quale dimorerebbe Dio stesso: per il Sommo Poeta Dio è ovunque e soprattutto in ognuno di noi! Questo si rileva dal XXXIII Canto del Paradiso, precisamente nei versi 110-136, nei quali agli occhi dell’Alighieri si presenta l’ineffabile mistero dello Trinità e della Reincarnazione: e proprio in quest’ultimo Dante vede se stesso nella figura del Figlio. Tale è l’aspetto che gli si presenta nell’inesprimibile, nel quale il Verbo divino diventa vero Uomo, pur rimanendo allo stesso tempo vero Dio».

S.L.: Pensa che il segreto di Dante sia più di natura scientifica che esoterica? Cosa vuole dire ai nostri lettori?

C.D.: «Ciò che vorrei trasmettere ai lettori è che Dante fu molto di più del Padre della nostra Letteratura Italiana! Dante Alighieri rappresenta la “summa”, non soltanto del Medioevo, ma di tutto ciò che può essere compreso nello scibile umano, quindi anche dal punto di vista scientifico ed esoterico della dottrina. Se la nostra società vuole riscoprire le proprie origini è proprio tramite lo stesso Sommo Poeta che deve passare, per attraversare un “ponte” che ci lega a lui, ancora dopo settecento anni! Oltre alla Divina Commedia, egli scrisse il Convivio, invitandoci alla “tavola” del sapere, un sapere che affonda le radici in ogni aspetto in cui ognuno di noi legge il Sommo Poeta: letterario, filosofico, teologico, spirituale, scientifico, esoterico... Ascoltiamolo!».


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MessaggioInviato: 14/05/2022, 17:19 
LA VERA MISSIONE DEL MAESTRO
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MessaggioInviato: 16/05/2022, 19:28 
AGHORA: SENZA TENEBRA
Govinda Das Aghori
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Per capire bene chi sono gli Aghori dovremmo staccarci un attimo da tutte le immagini e gli stereotipi, dai mille fraintendimenti che li riguardano e cominciare prima di tutto ad analizzare il loro percorso all'interno del tantrismo: come nasce questa corrente, cosa simboleggiano i rituali e i sadhana che li distinguono.
Cercheremo in questo incontro di approfondire tutto questo insieme a Govinda Das Aghori.

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 Oggetto del messaggio: Re: Appunti e studi multidisciplinari
MessaggioInviato: 21/05/2022, 19:52 
2012 E IL DESTINO DELL'UMANITA'
Stanislav Grof
Scarica: 2012 e il destino dell'umanità

La fine del mondo annunciata dalle profezie maya per il 2012 è da intendersi come una distruzione del mondo materiale a livello fisico oppure può essere interpretata in una chiave più positiva di morte e rinascita, di una trasformazione interiore di massa dell'umanità? A questa e altre domande Stanislav Grof si propone di rispondere, in occasione del suo intervento alla conferenza "2012 Now", tenutasi il 29 maggio 2009 a Fort Collins, in Colorado. Grof ci accompagna nel ragionamento riguardo le credenze maya sul solstizio d'inverno del 2012 circostanziando con dettagli scientifici, immagini e approfondimenti puntuali le sue considerazioni in proposito, esponendo un nuovo punto di vista propositivo e costruttivo sull'argomento.


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