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Lettore75 ha scritto:I LADRI DELL'ENERGIA
Articolo di Paolo Gentili
Scarica: I ladri dell'energia«Fin dai giorni degli Illuminati di Baviera questa cospirazione mondiale per il rovesciamento della civiltà e la ricostruzione della società sulla base dello sviluppo bloccato, dell’invidia malevola e dell’impossibile eguaglianza è cresciuta costantemente». Così diceva Sir Winston Churchill già verso la metà degli anni Cinquanta, perché evidentemente, ad una vecchia volpe come lui, alcuni segni e comportamenti a livello internazionale, da parte di coloro che avevano vinto il secondo conflitto mondiale, non erano sfuggiti. Tra la fine del XIX secolo e i primi anni del XXI lo sviluppo della tecnologia umana ha conosciuto una tale dimensione e una tale velocità, che ha reso possibile raggiungere risultati e obiettivi che ci avrebbero fatto gridare al miracolo o alla stregoneria solo qualche decina di anni prima. Alla fine dell’800, per esempio, volare con macchine più pesanti dell’aria era considerata pura follia, prima che una fredda mattina di Dicembre del 1903 due appassionati ciclisti dell’Ohio compissero il “miracolo” del loro Flyer. Da allora si sono costruiti aerei sempre più grandi e sempre più veloci. Ma fu subito dopo l’avvio della Seconda Rivoluzione Industriale, e lo sfruttamento intensivo dei combustibili fossili, che risultò chiaro che chi avesse dominato le risorse energetiche e le tecnologie ad esse correlate avrebbe anche dominato il mondo. Inizialmente la battaglia tra le forze che guidano i destini del mondo si svolgeva per il controllo delle risorse planetarie di idrocarburi, del petrolio. Ne ha fatto esperienza diretta il povero Enrico Mattei, che con la sua ENI ebbe l’ardire di prendere di petto le famigerate Sette Sorelle (Esso, BP, Mobil, Royal Dutch-Shell, Texaco, Chevron, Gulf Oil). Da allora a tale guerra si è affiancata l’attività d’intelligence, disinformazione ed eliminazione silenziosa di tutte quelle scoperte e tecnologie che ci permetterebbero, in tempi brevi e con poco sforzo, di liberarci dai combustibili fossili e dai danni collaterali. Il primo grande scienziato a sperimentare sulla sua pelle un simile scenario è stato il geniale fisico serbo Nikola Tesla. Egli convinse il banchiere J.P. Morgan a finanziare i suoi studi per la realizzazione di un sistema di distribuzione dell’energia elettrica, ad accesso completamente libero, basato sulla trasmissione senza fili, per un fenomeno di risonanza terra-cielo da lui stesso scoperto, culminato con la costruzione della famosa Torre di Wardenclyffe. Tuttavia, non appena Morgan comprese che sarebbe stato impossibile guadagnarci anche un solo penny, smise di finanziare Tesla e l’attività di Wardenclyffe nel 1902 si fermò completamente. Alla morte di Tesla, il Governo degli Stati Uniti sequestrò tutta la documentazione scientifica in suo possesso, in nome di un non meglio chiarito pericolo per la Sicurezza Nazionale e di tale documentazione nessuno ha mai più saputo nulla.
Il nucleare
Oggi ci viene detto che l’unica vera alternativa alla dipendenza dai combustibili fossili è data dall’energia atomica, se non fosse che l’energia atomica di cui si parla è sbagliata: quella di fissione. Il fenomeno della fissione nucleare, ossia della rottura di un atomo pesante, di solito U-235 o Pu-239, in atomi più leggeri da parte di neutroni, con la conseguente liberazione di una grande quantità di energia, fu studiata a fondo in Italia nei primi anni ‘30 dal famoso Gruppo di Via Panisperna, capitanato da un eclettico Enrico Fermi, con collaboratori del calibro di Emilio Segrè, Edoardo Amaldi, Bruno Pontecorvo e Ettore Majorana. A seguito dell’infausta evoluzione della situazione politica, il Gruppo si sciolse e Fermi, dopo aver vinto il Premio Nobel nel 1938, riuscì ad avviare la prima Pila Atomica solo 4 anni dopo, il 2 Dicembre 1942, presso la Columbia University di Chicago. Da quel momento e per esigenze belliche, lo sviluppo della nuova Energia Nucleare divenne una questione prettamente ed esclusivamente di carattere militare. Il Progetto Manhattan, guidato da Robert J. Oppenheimer, fagocitò le migliori risorse degli Stati Uniti in termini di teste e tecnologia e alla fine, nel deserto del New Mexico, l’Evento Trinity del 16 Luglio 1945 diede l’avvio all’Era Atomica. Seguirono poi i bombardamenti nucleari di Hiroshima e Nagasaki, che portarono il Giappone alla resa e alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Little Boy, la bomba sganciata su Hiroshima, era un ordigno assai rudimentale realizzato con l’Uranio 235, recuperato da uno dei due U-Boot tedeschi, che tentarono di trasportare proprio in Giappone tutte le scorte disponibili in Germania del prezioso materiale. L’obiettivo era costruire una testata ad implosione programmata, molto più sofisticata ma anche molto più compatta, maneggiabile in sicurezza e soprattutto molto più potente, potendo usare come combustibile nucleare il Plutonio 239, anziché l’Uranio 235. Ma il Plutonio non esiste in natura e per farlo venne spesa una montagna di soldi e furono spremute decine di fisici e ingegneri per costruire il complesso di Hanford Works, nei pressi di Washington. Fu così la volta di Fat Man, la bomba di Nagasaki. Una volta finita la Guerra, si arrivò alla prima bomba a Fissione/Fusione o Termonucleare o H. La bomba H era una specie di arma definitiva: non aveva limiti teorici alla potenza sviluppabile, intrinsecamente sicura da maneggiare, venne resa abbastanza piccola da poter essere trasportata in gran quantità dai grandi bombardieri strategici o equipaggiare le testate MIRV (Multiple Independent Re-enter Veichle ) di ogni sorta di missile della famosa Triade Nucleare (Bombadieri Strategici, Sottomarini lanciamissili, Silos terrestri) Poiché la tecnologia di fusione atomica controllata non era direttamente coinvolta nello sviluppo delle nuove armi, soprattutto perchè per produrre il combustibile per le bombe erano necessari i soli Reattori a Fissione, i soldi della ricerca vennero stanziati per quelli e, alla fine, si crearono due grandi famiglie di Reattori Commerciali: i Light Water Reactor (LWR) in Occidente e i mostruosi RBMK (Reattore a Grande Potenza a Canali) in Unione Sovietica. Entrambi hanno due problemi irrisolvibili: il primo sono le scorie di produzione, attive per milioni di anni, e il secondo è il fatto che entrambe le tecnologie sono intrinsecamente molto pericolose in fase d’esercizio commerciale. Per i LWR, (Fukushima, Three Miles Island), non si è capaci di proteggere veramente il nocciolo da eventi catastrofici e non si dispone di seri piani di decommissioning, ossia nessuno sa bene cosa fare una volta che i reattori saranno spenti ed esauriti. Per gli RBMK si ignorano le procedure una volta avviato lo spegnimento (Chernobyl aveva 5 Reattori RBMK da 1000 MW l’uno). L’attuale tecnologia industriale per la produzione di energia elettrica da Fissione è, dunque, perdente: costosissima, poco sicura, pericolosa in esercizio, produce scorie di inimmaginabile tossicità, per lo smaltimento delle quali non si sa ancora cosa fare, le centrali hanno tempi di avviamento dell’ordine dei lustri e, una volta definitivamente spente, nessuno sa cosa fare di un’area altamente contaminata e di inimmaginabile riconversione. Il vero affare della Fissione è quello per le grandi compagnie energetiche tradizionali che, di solito, posseggono quote significative delle aziende che gestiscono il ciclo dell’Uranio e che hanno sparpagliato per il mondo centinaia di centrali, quelle che non hanno contribuito affatto a ridurre in maniera significativa la dipendenza totale dagli idrocarburi che loro stesse controllano..
Un’altra energia
La Fusione Termonucleare incontrollata, quella delle bombe per intenderci, riproduce per un breve istante le reazioni termonucleari che mantengono in vita il Sole, per questo i suoi effetti sono di gran lunga più devastanti della più potente delle bombe a Fissione. In essa atomi di Deuterio e Trizio, isotopi dell’Idrogeno facilmente ricavabili dall’acqua di mare, sono sottoposti a livelli di pressione e temperatura così elevati da fondersi in un elemento più pesante (He4), liberando un’enorme quantità di energia. L’idea dei fisici è stata, allora, quella di creare una macchina in grado di riprodurre in scala minore quel che avviene nelle bombe, contenere e gestire gli enormi livelli di temperatura e pressione e ricavare un reattore commerciale in grado di produrre energia pulita, a costi bassissimi, (il combustibile si ricava dall’acqua di mare), con scorie esauribili in poche decine di anni, di bassa tossicità e facilmente trattabili in sicurezza. I fisici sanno che esistono diversi sistemi e apparati che, in linea di principio, permetterebbero lo sfruttamento civile della Fusione, in particolare, quel che contraddistingue le strade percorribili è il cosiddetto Sistema di Confinamento del Plasma. Confinare il Plasma è di enorme importanza, in quanto si tratta di un fluido costituito dagli isotopi dell’Idrogeno ionizzati che, per fondersi e dar vita ad He4 ed energia, hanno bisogno di trovarsi a qualche milione di grado K. Esistono due tipi di confinamento del plasma: quello magnetico e quello inerziale. Fin dal loro inizio, le ricerche americane sulla possibilità di creare reattori a Fusione per la produzione di energia elettrica furono tenute segrete, così, quando nel 1955, nella Conferenza Internazionale per l’uso pacifico dell’energia atomica di Ginevra, i fisici russi Andrej Sakharov e Igor Tamm presentarono il loro Tokamak (Macchina a Camera Toroidale), il mondo intero rimase sbalordito. L’idea di Sakharov e Tamm appariva semplice: all’interno di questa macchina a forma di ciambella, o toro, si fa stazionare un flusso di plasma di D e Tr, mantenuto ad opportuna distanza dalle pareti della macchina da potentissimi campi magnetici. Con il tempo, grazie all’irraggiamento di microonde di opportuna frequenza e al gioco dei campi magnetici che pervadono la camera toroidale, il plasma di carburante viene riscaldato sempre di più, fino ad essere portato a un valore di temperatura e pressione al quale possa essere “acceso” e dar luogo a una reazione di Fusione nucleare. Se la macchina avesse i giusti parametri dimensionali e di funzionamento, la reazione si autososterrebbe e sarebbe in grado di produrre più energia di quanta non ne serva per far funzionare il reattore stesso. Un risultato come questo, in pratica, significherebbe che, dal giorno alla notte, l’umanità avrebbe definitivamente risolto i suoi problemi di approvvigionamento energetico e di inquinamento ambientale. Col passare del tempo però la strada per raggiungere questo obiettivo è parsa tutt’altro che agevole. Molta della Fisica del Plasma ad alta energia andava letteralmente ancora scritta, per non parlare degli enormi problemi di ordine ingegneristico che cominciavano ad affliggere le macchine Tokamak le quali, a loro volta, diventavano sempre più grandi e costose. Per realizzare ITER, la più grande macchina Tokamak del mondo, si sono dovuti consorziare UE, USA, Russia, Giappone, Cina, India e Corea del Sud, perché nessuno di loro, singolarmente, poteva sostenere i costi del progetto. Ad oggi e dopo sessant’anni di ricerca, ITER è ancora ben lontano dal raggiungere il suo obiettivo primario: dimostrare che la tecnologia Tokamak sia in grado di accendere il Plasma e mantenere una reazione di fusione nucleare in grado di auto sostenersi e produrre più energia di quanta non serva per farla funzionare.
La fusione fredda
Mentre in tutto il mondo si spendevano miliardi di dollari per il Tokamak, qualche sparuto gruppo di scienziati, con pochi soldi assegnati per le loro ricerche e senza praticamente alcuna copertura mediatica, cominciò a verificare la possibilità di utilizzare altri mezzi per raggiungere l’ignizione del Plasma. Negli anni ‘70 i Francesi impegnarono significative risorse nelle loro ricerche sul confinamento inerziale tramite raggi laser ad altissima potenza, ma dopo un po’ la strada fu abbandonata perchè, in ogni caso, l’energia utilizzata per far funzionare i laser sarebbe stata sempre maggiore di quella prodotta dalla fusione. Ma per fortuna qualcosa di imprevedibile è successo ed è qui che comincia la nostra storia, dall’Università dello Utah, il 23 Marzo 1989. Quel giorno memorabile, Martin Fleischmann e Stanley Pons, due chimici, annunciarono in una tribolata conferenza stampa di essere riusciti a ottenere una reazione termonucleare a bassa energia, grazie a una cella elettrolitica di loro invenzione. In pratica affermarono che, grazie a un nuovo tipo di confinamento del Plasma da loro scoperto, quello chimico, ottenuto grazie alle specifiche proprietà di alcune Terre Rare come il Palladio, in una cella elettrolitica dunque, con il catodo costituito da un filamento di Palladio, l’anodo di Platino e la soluzione elettrolitica costituita da D2O, acqua pesante, caricando di Deuterio il reticolo cristallino del catodo di Palladio oltre la soglia del 95% e facendo passare l’opportuna corrente continua, i due scienziati avrebbero osservato un significativo innalzamento della quantità di calore prodotta dal processo e, soprattutto, una significativa produzione di He4. Anche se tramite un processo ancora quasi completamente sconosciuto, in quella piccola cella elettrolitica si era raggiunta una reazione termonucleare tra atomi di D e Tr capace di autosostenersi e, soprattutto, di produrre una quantità di energia significativamente maggiore di quella usata per avviare la reazione stessa. Tutto questo ad un livello energetico e di complessità immensamente più basso di quello richiesto da una macchina di classe Tokamak. L’obiettivo sembrava raggiunto, Prometeo aveva finalmente strappato il fuoco agli dei ! La notizia fece subito il giro del mondo. Per un motivo che non si è mai riusciti a chiarire e contrariamente alla prassi internazionale, l’annuncio della scoperta e la conferenza stampa vennero fatti prima che i risultati della ricerca fossero pubblicati su una rivista scientifica. Quando i due scienziati li pubblicarono sul Journal of Electroanalitycal Chemistry, la comunità scientifica internazionale cominciò a storcere il naso e a ritenere la documentazione di Fleischmann e Pons incompleta e poco significativa. Nel frattempo la febbre della Fusione fredda continuò a dilagare e, in moltissimi laboratori universitari di tutto il mondo, altrettanti team di ricercatori tentarono di riprodurre l’esperimento di Fleischmann e Pons senza ottenere quasi mai risultati positivi. Ed ecco allora che Stanley Pons, il 12 Aprile 1989, presentando trionfalmente i risultati delle sue ricerche davanti alla American Chemistry Society, avanzò formalmente la richiesta al Congresso degli Stati Uniti di uno stanziamento di 25 milioni di Dollari, necessari alla prosecuzione della ricerca ed al passaggio alla fase di ingegnerizzazione del dispositivo, la cella elettrolitica, per poter rapidamente avviare la fase commerciale vera e propria. Una simile richiesta, sia per le cifre in ballo e sia, soprattutto per le sue implicazioni geopolitiche, era veramente troppo perché George H.W. Bush potesse continuare a far finta di niente.
Il futuro rubato
L’inizio della fine della fusione fredda stava per cominciare. Dopo la richiesta di Pons, Bush, 41° Presidente degli Stati Uniti d’America, nonché massone del 33° Livello e capo della Massoneria Mondiale di Rito Scozzese universalmente accettato, capo della sinistra Confraternita della Morte o Skull & Bones Association di Yale e membro dell’ancor più sinistro C.F.R. (Committee for Foreign Relations), istituisce una Commissione Presidenziale d’Inchiesta che prende subito contatto con i due chimici. Dopo qualche tempo, a causa di contrasti e incomprensioni dovute sia all’aperta ostilità della commissione verso la scoperta, sia, oggettivamente, a una reale carenza di documentazione tecnico-scientifica, dovuta alla fretta di Fleischmann e Pons di comunicare al mondo il frutto del loro lavoro, il Presidente Bush prende la decisione di richiedere un’indagine super partes al prestigioso MIT, per capire se il fenomeno osservato all’Università dello Utah qualche mese prima sia veramente una nuova forma di fusione termonucleare o altro. Mentre il MIT si attrezza per svolgere i suoi esperimenti, “magicamente” la presenza dei media sull’argomento scompare: nel giro di poco tempo TV e quotidiani smettono di puntare i riflettori su quella che, senza ombra di dubbio, dovrebbe essere ed è stata la più importante notizia del XX secolo. Cosa c’è infatti di più importante del fatto che l’uomo sia riuscito a tenere il fuoco termonucleare nelle sue mani e a dotarsi di una fonte di energia inesauribile, pulita e per tutti ? Fatto sta che non solo i media convenzionali sembravano non aver colto queste considerazioni, ma che anche le riviste di settore e scientifiche cominciavano inspiegabilmente a chiudere la porta in faccia ai due chimici che volevano spiegare e difendere le loro ragioni. Non solo, ma all’interno della comunità scientifica l’ostilità verso le ricerche sulla fusione fredda diventò aperta e dichiarata, un po’ perchè i fisici “ortodossi” temevano di perdere gli ingenti investimenti per il Tokamak, un po’ per l’invidia che sempre esiste tra gli scienziati di un certo livello, nonché per ragioni che travalicano la nostra comprensione e ci fanno pensare addirittura alla manipolazione di intere schiere di scienziati.
Opera di ridicolizzazione
Nel frattempo la situazione precipita: i Brookhaven National Laboratories e, guarda caso, l’Università di Yale affermano di non essere riusciti a riprodurre l’esperimento iniziale di Fleischmann e Pons e di non essere riusciti a ottenere né calore, né He4, né altro. Il DoE (Department of Enery) bolla il tutto come “pseudoscienza” e finalmente arriva il devastante rapporto del MIT, che dice che non solo nelle celle dei due chimici non si sarebbe verificata nessuna fusione, ma che non sarebbe proprio successo un bel niente e i risultati resi pubblici nello Utah sarebbero stati causati unicamente da errori di misura. Il fior fiore degli scienziati governativi USA raccomanda, quindi, che non si perda più tempo sull’argomento e, soprattutto, non si storni un solo dollaro per le ricerche sul Tokamak a causa di questo evento pseudoscientifico. Alla pubblicazione del Rapporto del MIT, il mondo scientifico “ostile” si fa in quattro per liquidare i due chimici, nel migliore dei casi, come due incompetenti visionari, mentre i media generalisti, dopo aver liquidato il tutto come una “bufala”, tornano rapidamente al loro certosino parlar di niente. Tuttavia i risultati di Brookhaven, Yale e soprattutto del MIT sono stati così negativi che, nella testa di più di uno scienziato, comincia a sorgere il dubbio che ci sia qualcosa di molto strano. In particolare, il responsabile della comunicazione del MIT, il Dr. Eugene Mallowe, dopo una prima fase nella quale promulga professionalmente la versione ufficiale del MIT, con il passare del tempo, e preso atto che sia i due diretti interessati che una pattuglia sempre più nutrita di fisici di ogni parte del mondo negano strenuamente che i risultati del MIT possano essere genuini, si fa venire il dubbio che anche nel rapporto del prestigioso Istituto di Boston possano esserci degli errori. Nel frattempo il Presidente Bush ha già usato il rapporto negativo del MIT per chiudere definitivamente la questione del finanziamento da 25 milioni di dollari ed essere sicuro che i fondi federali per la ricerca continuino a essere spesi per il Tokamak. La fusione fredda è praticamente morta. Ma Eugene Mallowe riesce, non senza difficoltà, a entrare in possesso del Rapporto originale del MIT, lo confronta con quello ufficiale e rimane assolutamente sbalordito: i due rapporti sono diversi! Il Rapporto Ufficiale è stato manipolato in modo da ridicolizzare la ricerca di Fleischmann e Pons e i suoi dati cambiati, così che chi lo leggesse, giungerebbe all’unica conclusione: la fusione fredda è una cantonata. Poiché è una persona onesta e leale, questa cosa sconvolge e turba profondamente Mallowe che, per prima cosa, tiene una conferenza stampa dove denuncia la truffa, si dimette da qualsiasi incarico all’interno del MIT e crea la New Energy Foundation, un’organizzazione no-profit dedita alla diffusione delle conoscenze relative alla fusione fredda. Successivamente scrive il libro “Fire from Ice”, che è stato giudicato uno dei migliori testi divulgativi sulla scoperta di Fleischmann e Pons e sulla fisica che sottende al fenomeno.
Parlare troppo nuoce alla salute
Insomma Mallowe diventa una vera seccatura per chi ha deciso che la tecnologia della Fusione Fredda debba essere già morta e sepolta; mentre gli addomesticati media internazionali non si degnano di trattare il più importante evento del XX secolo, egli continua a tenere conferenze, rilasciare interviste, scrivere articoli. Fin quando qualcuno non ritiene che il fastidio causato dal Dr. Mallowe non sia più sopportabile. E così, in una mattina del 14 maggio 2004, mentre sta sistemando un infisso della vecchia casa di famiglia alla periferia di Norwich, nel Connecticut, rimane vittima di uno strano omicidio. La polizia locale liquida la cosa come l’aggressione da parte di balordi in cerca di soldi per drogarsi e ci si potrebbe anche credere, se non fosse che quella non era area di spaccio, che i 500 $ che Mallowe aveva in tasca non erano stati toccati e che, sempre i due balordi, dopo averlo ucciso, si erano dati pena di infilargli un foglio di giornale in bocca. Ora, forse nel Connecticut a queste cose non badano, ma a noi che siamo della terra di Falcone e Borsellino un simile trattamento manda un messaggio molto chiaro: parlare troppo nuoce gravemente alla salute... Nel frattempo però altri seccatori si erano messi d’impegno per rinviare il funerale della fusione fredda. Il primo di questi seccatori fu nientedimeno che l’ENEA (Ente Nazionale per le Energie Alternative). Fin dall’annuncio del 1989 nello Utah, uno dei ricercatori che si dedicò con maggiore serietà allo studio teorico del fenomeno descritto da Fleischmann e Pons fu il fisico italiano Giuliano Preparata dell’Università di Milano. Egli riuscì a chiarire numerosi punti che le precedenti ricerche avevano lasciato in dubbio, in particolare quello che riguardava la percentuale di caricamento degli atomi di D nel Palladio. Egli dimostrò incontrovertibilmente che il fenomeno della Fusione Fredda a confinamento chimico avesse bisogno, per funzionare, di un livello soglia del D nell’anodo di Palladio e di una pressione della soluzione elettrolitica molto elevata. Questa scoperta, unita al fatto che fu dimostrato che i sistemi per eseguire le misurazioni di temperatura, produzione di He4 e neutroni si rivelarono di una complessità tale da pregiudicare le rilevazioni eseguite anche dai team più bendisposti e convinti dell’esistenza della fusione fredda, come per esempio l’ETI, spiegava come mai si fossero ottenuti tanti riscontri negativi nelle precedenti esperienze. Così, venuto a conoscenza delle ricerche di Preparata, il Premio Nobel Carlo Rubbia, nel frattempo diventato Presidente del CNR, incaricò un équipe di fisici dell’ENEA di Frascati di analizzare il fenomeno della fusione fredda e stabilire, una volta per tutte, di cosa si trattasse: se di reazioni termonucleari a bassa energia o qualcos’altro o, anche, semplicemente nulla. Il team ricevette 36 mesi di tempo e un cospicuo finanziamento di 600.000 euro. Il gruppo di fisici italiani lavorò con un impegno e a un livello di qualità tale da fugare qualunque dubbio anche nel più malizioso degli osservatori e alla fine, dopo tre anni di intenso lavoro, produsse il famoso “Rapporto Numero 41” dell’ENEA. Nel riassunto a pagina 4 di questo rapporto si legge chiaramente: «L’osservazione di una quantificabile trasmutazione di Deuterio in Elio prova univocamente che alla base del fenomeno denominato Fusione Fredda c’è un processo di natura nucleare». Il Rapporto 41 termina affermando che, al di là di ogni dubbio, quanto descritto da Fleischmann e Pons prima, e da Preparata poi, è una reazione nucleare a bassa energia, favorita unicamente da un’attività chimica. Il team di fisici raccomandò caldamente che il Rapporto 41 fosse pubblicato sulle più importanti riviste scientifiche internazionali, per poter ridare fiato alla ricerca e passare finalmente alla fase di ingegnerizzazione. Nel frattempo però Rubbia non era più alla guida del CNR, il Rapporto 41 non fu mai pubblicato e nessuno ne seppe mai più nulla.
Dal Fusore al Polywell
Nello stesso anno però, il 2002, c’è un altro colpo di scena. Un laboratorio della U.S. Navy, la marina militare degli Stati Uniti, produce e pubblica il “Technical Report 1862”, nel quale si dà conto delle ricerche sulla fusione fredda condotte dalla Navy dal 1989 al 2002 e anche in questo caso si afferma che l’eccesso di calore e la produzione di He4 riscontrate e misurate con un elevato grado di accuratezza dagli scienziati militari sono dovuti a un nuovo tipo di reazione termonucleare. I militari provarono anche a fare degli esperimenti con celle che avessero l’anodo di una lega Palladio/Boro, riscontrando, con loro stesso stupore, una positività pari al 100%. Nel 1995 l’esperimento con la lega Pd/B fu ripetuto in Giappone con la stessa percentuale di esiti positivi da un team indipendente. Ma anche questa volta non accadde niente: i giornali e le tv ignorarono completamente le notizie e gli annunci e, anche quando e dove se ne fosse parlato, saltò sempre fuori il controesperto “scettico” che non ci crede o che si mostra diffidente. Il nostro futuro di uomini liberi, liberi dalla schiavitù del petrolio, liberi dai poteri occulti che governano il mercato mondiale dell’energia a nostro sfavore, con l’unico obiettivo di accumulare più denaro e potere nelle mani di pochissimi, liberi di autodeterminarci perché potremmo disporre di tutta l’energia che ci serve per coprire gli squilibri e le ingiustizie del moderno sviluppo industriale, tutto questo ci è stato sottratto un’altra volta. È come se Prometeo, prima che riesca a raggiungere gli altri Uomini e consegnar loro il Fuoco rubato agli Dei, venga raggiunto a sua volta da un forsennato plotone di Erinni che, dopo averlo dilaniato, riportino il Fuoco nelle officine di Efesto. Ma diremo di più: non sono stati solo gli scienziati che hanno seguito le orme di Fleischmann e Pons ad arrivare vicini all’obiettivo della Fusione controllata. Addirittura negli anni ‘30 uno scienziato americano di nome Phil Farnsworth, studiando la tecnologia del tubo catodico televisivo, scoprì per caso uno sconosciuto sistema di confinamento del plasma di tipo inerziale, indotto da campi magnetici infinitamente meno potenti e complessi di quelli che dovranno essere utilizzati nei Tokamak 30 anni dopo. Lo scienziato creò lo schema di una macchina per la fusione del plasma a confinamento inerziale che si chiamava Fusore, il Fusore di Farnsworth. Questa macchina aveva diversi limiti e, negli anni ‘60, prima Hirsch e poi Bussard, due fisici che non credevano nel costosissimo sviluppo delle macchine Tokamak, si misero al lavoro per risolverli. Nonostante il loro lavoro risultasse assai promettente, le autorità scientifiche decisero di investire tutti i fondi della ricerca sui Tokamak, che allora sembravano dover raggiungere l’ignizione del plasma in pochissimo tempo. Così non solo non gli vennero assegnati fondi per proseguire gli studi, ma la loro ricerca venne definitivamente chiusa. Negli anni ‘80 e fino ad oggi, una serie di ricercatori indipendenti e autofinanziati ha proseguito lo sviluppo del Fusore di Hirsch-Farnsworth a una versione che sembra dover risolvere tutti i problemi che ancora affliggevano le versioni precedenti. Questa macchina, detta Polywell 3, ha anche il vantaggio di produrre energia elettrica direttamente dalla fusione, senza bisogno di costosissimi scambiatori di calore e turboalternatori, con una resa energetica eccezionale. Ma i fondi si sono esauriti e anche questa volta è stata la US Navy a raccogliere la sfida della ricerca sul Polywell, ma in quanto tale non è affatto interessata alla divulgazione dei propri risultati tanto da farne esplicito riferimento nelle clausole contrattuali. Per cui, se la strada del Polywell dovesse dare, come molti credono, presto i suoi frutti, noi potremmo non venirlo a mai sapere e magari il dispositivo verrebbe destinato unicamente a sostituire i pericolosi reattori navali a fissione.
Il più grande furto della storia
Questa è, in poche parole, la storia del più grande furto che sia mai stato perpetrato ai danni non di un singolo o di una semplice comunità, ma dell’umanità intera: il furto del diritto a disporre di energia infinita a basso costo per tutti. Per quanto possa sembrare assurdo e aberrante, dietro a questi fatti c’è un disegno preciso, ci sono uomini e donne che hanno un nome e un volto e che sono riusciti a distrarci dal fatto che l’obiettivo di Prometeo era stato realizzato il 23 Aprile del 1989 a Logan, nello Stato dello Utah. I migliori cervelli e scienziati di questo mondo ci hanno spiegato che questo risultato è stato raggiunto, la tecnologia funziona ed è ingegnerizzabile per scopi civili, ma questa gente ci ha manipolato così bene da farci ignorare tali voci autorevoli e da farci continuare ad ascoltare i soliti dementi, che dicono che la risposta alla fame di energia della nostra civiltà sono le centrali nucleari a fissione o il carbone pulito.
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