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MessaggioInviato: 13/02/2023, 10:32 
Mimmo Macaluso racconta la storia del saccheggio dei beni archeologici sommersi nel Canale di Sicilia con un sommergibile nucleare

A distanza di un quarto di secolo si cerca ancora di fare piena luce su un grave episodio di saccheggio di beni archeologici sommersi, avvenuto nel Canale di Sicilia nell’estate del 1997, nel tratto compreso tra la Sicilia e la Tunisia, quasi di fronte le coste agrigentine e trapanesi, ad opera dell’oceanografo Robert Ballard che, a bordo di un sommergibile nucleare della Marina degli Stati Uniti d’America, l’NR 1, portò alla sottrazione di tanti reperti di inestimabile valore archeologico e storico, prelevati da navi affondate nei secoli e trasferiti negli Usa.

Se n’è tornato a parlare in questi ultimi mesi in occasione di convegni del club per l’Unesco ad Agrigento, della presentazione a Castelvetrano del libro che ricorda il compianto assessore regionale ai Beni Culturali Sebastiano Tusa, della pubblicazione di un libro dell’archeologa della Soprintendenza di Agrigento Domenica Gullì e delle relazioni e denunce presentate in un paio di decenni dall’ispettore onorario dei Beni Culturali della Regione Siciliana Domenico Macaluso.

Sulla vicenda c’è stato un lungo “silenzio diplomatico”, nonostante se ne sia parlato a livello nazionale ed internazionale con servizi giornalistici, sulle tv, con interventi diplomatici delle ambasciate d’Italia e di Usa, in convegni internazionali.

La notizia delle operazioni statunintitensi di ricerca, lungo la rotta mediterranea Roma-Cartagine, era stata lanciata dalla stampa Usa già nel 1995. A denunciare l’increscioso episodio fu Domenico Macaluso, riberese, chirurgo di professione, studioso, ricercatore e subacqueo che in seguito alla scoperta di significativi siti e reperti archeologici, era stato nominato ispettore onorario dei Beni Culturali della Regione Siciliana.

“Il 19 luglio 1997 – racconta Macaluso – il Tg1 della Rai annunciava che sul format di Linea Blu sarebbero state mostrate in esclusiva immagini subacquee del Canale di Sicilia, riprese da un sommergibile nucleare americano, ma le immagini spettacolari in realtà erano sconvolgenti. Un sofisticato braccio meccanico di un robot, stravolgendo ogni riferimento stratigrafico e contro ogni più elementare linea guida per effettuare uno scavo archeologico sottomarino, prelevava reperti dal sito di un antico naufragio, per deporle in un cesto metallico, come in un supermercato.”

Macaluso denunciò l’accaduto, la violazione della Convenzione Internazionale sul diritto del Mare di Montego Bay, all’assessore ai Beni Culturali della Regione Siciliana, al Tribunale Internazionale del Mare di Amburgo e fece pervenire all’allora deputato nazionale Antonino Mangiacavallo una dettagliata relazione sull’accaduto. Il deputato riberese investì della questione il Parlamento Italiano, che, tramite il ministro degli Esteri Lamberto Dini, chiese chiarimenti sulla deplorevole vicenda agli Stati Uniti. Mangiacavallo presentò un progetto di legge per la tutela del patrimonio archeologico sommerso.

La Procura delle Repubblica di Sciacca aprì un’inchiesta per violazione delle acque territoriali italiane, in quanto nei giorni in cui Ballard era nel Canale di Sicilia, molti testimoni videro in prossimità delle spiagge di Porto Palo di Menfi, la torretta di un sommergile in emersione di colore rosso, come quella del NR-1. L’azione forte e determinata contro l’aggressione al patrimonio storico e archeologico andò oltre. Nell’autunno del 1997 Mimmo Macaluso, intervenuto ad un forum internazionale, riuscì a fare firmare ad oltre 120 archeologi, personalità politiche e diplomatici, una risoluzione di condanna, presentata all’Unesco. La stampa americana criticò l’operato di Ballard. Il risultato della protesta fu straordinario: gli Stati Uniti, annullarono un’analoga operazione di recupero di materiale archeologico prevista per il 1998, non concedendo all’oceanografo Ballard l’uso del sommergibile nucleare NR-1.



L’increscioso episodio, definito “imperialismo archeologico”, ebbe uno straordinario risvolto: quello di far prendere coscienza della necessità di tutelare il patrimonio sommerso. L’archeologo Sebastiano Tusa, che perse la vita nel tragico incidente aereo in Etiopia il 10 marzo 2019, realizzò la prima Soprintendenza del Mare della Regione a Palermo, mentre a livello internazionale, una serie di conferenze dopo quella di Malta, portò nel 2001 alla stesura del Convenzione Unesco di Parigi, per la tutela del patrimonio culturale che giace nel mare. Sulla restituzione dei 115 reperti trafugati negli Usa non è stata avviata alcuna rogatoria internazionale. Non si conosce il valore degli oggetti perché Roberto Ballard in una conferenza stampa a Washigton l’1 agosto 1997 mostrò soltanto le immagini dei relitti saccheggiati.

Di recente, il Club per l’Unesco di Agrigento ha organizzato il convegno sulla “Tutela e valorizzazione dei contesti archeologici subacquei” con relatore l’ispettore Macaluso e con la presentazione del libro dell’archeologa Domenica Gullì della Soprintendenza ai BB.CC.AA. dal titolo “Tra terra e acqua” nel quale, lo stesso ricercatore ha pubblicato l’articolo dal titolo “Le imprese di Robert Ballard nel Mediterraneo”. Vi hanno partecipato: Paolo Licata, Domenica Gullì, Rino La Mendola Giuseppe Mazzotta.

La tutela del patrimonio archeologico sottomarino da poco è stata pure oggetto di una conferenza a Castelvetrano nella quale si è parlato di archeologia subacquea nel corso della presentazione del libro “Sebastiano Tusa, l’Uomo, lo Studioso, l’Archeologo” pubblicato della Angelo Mazzotta Editore. Lo studioso e storico riberese ha ricordato Sebastiano Tusa e la razzia dei beni archeologici compiuti da Ballard. Presenti: Vito Zarzana, Nicola Catania, Maika Giacalone, Caterina Salvo, Antonino Scaduto.

L’ultima novità in merito alla razzia dei reperti nel Canale di Sicilia la scopre sempre Macaluso che individua come Robert Ballard sia tornato nel 2003 ancora a “prelevare” nel Mediterraneo. “Se da un lato sono contento dei provvedimenti intrapresi dalle istituzioni, dopo le denunce presentate – conclude Macaluso – sono amareggiato dal fatto che, a seguito degli accordi di Parigi del 2001, Ballard non solo non ha restituito i 115 oggetti prelevati in precedenza e non sia stata aperta una rogatoria internazionale, ma nel 2003, cinque anni dopo, è tornato nell’area marina del Banco Skerki e, con il Rover Jason, è stato protagonista di un ulteriore prelievo di reperti archeologici come si evince da una pubblicazione che impunemente mostra le foto a colori e relative didascalie degli oggetti. Auspico che le forze militari navali che presidiano il Canale di Sicilia possano essere utilizzate anche per la tutela del patrimonio archeologico che non è una proprietà privata, ma appartiene all’umanità intera”.
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