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Marziano
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 Oggetto del messaggio: La Crisi Economica Globale non si ferma
MessaggioInviato: 15/12/2008, 22:54 
http://www.wallstreetitalia.com/articol ... _id=651508

LA CRISI PEGGIORA, NON SI RIESCE A TURARE LE FALLE
di *Alfonso Tuor

Nonostante i capitali e le garanzie statali, le banche stringono l’accesso al credito di imprese e famiglie. La crisi, all’inizio limitata al mercato interbancario, si è estesa al monetario, ai finanziamenti a breve e anche al mercato dei capitali.

Siamo prossimi ad una nuova fase di dirompente attività della crisi finanziaria. L’avvio di questa nuova eruzione vulcanica è dato dall’inimmaginabile rapidità e profondità della contrazione dell’economia mondiale, che ha investito in pieno anche Paesi ad alta crescita, come India e Cina, e dalla crisi del mercato dei capitali.

Quest’ultima verrà ulteriormente acuita dalla decisione del Senato americano di negare gli aiuti alle tre case automobilistiche di Detroit, che però verranno temporaneamente salvate grazie all’intervento del Tesoro. L’accelerazione dei tempi della crisi induce a ritenere che non saranno più rinviabili scelte dolorose che intaccheranno la vita di tutti noi.

La nuova miscela esplosiva di questa crisi è data dalla combinazione di una rapida e forte contrazione delle vendite delle imprese industriali e dei ricavi delle società attive nel settore dei servizi, da una parte, e dell’insostenibile aumento del costo del credito o in alcuni casi della completa chiusura dell’accesso al credito di molte società.

Questa miscela, che è una peculiarità dello scoppio di qualsiasi bolla del credito, fa sì che imprese ritenute fino a poco tempo fa sane e quindi immuni da eccessivi pericoli vengano risucchiate nel vortice della crisi. Un esempio serve a chiarire questo processo: la tedesca Daimler, che risente del crollo delle vendite di automobili, ha potuto raccogliere lo scorso primo dicembre 1 miliardo di euro per tre anni solo emettendo obbligazioni con rendimenti di 600 punti base superiori al tasso Libor, ossia ha dovuto pagare 20 volte quello che pagava nel 2005.

Questa esplosione dei costi di finanziamento non riguarda solo le case automobilistiche ed è dovuta non solo alla crescente avversione al rischio degli investitori, ma anche alle garanzie statali offerte dagli Stati europei sulle obbligazioni emesse dalle banche. Questa grave distorsione dei meccanismi di funzionamento del mercato dei capitali ha conseguenze gravissime: sul mercato dei capitali le banche, anche sull’orlo della bancarotta, hanno costi di rifinanziamento inferiori alle imprese industriali.

Un esempio può essere utile per chiarire questo punto: giovedì 4 dicembre il colosso bancario americano Citigroup, recentemente salvato da Washington e che usufruisce della garanzia statale, ha potuto raccogliere 3,75 miliardi di dollari per tre anni grazie all’emissione di obbligazioni valutate dalle società di rating con la tripla A (che sta ad indicare titoli emessi da società giudicate a minore rischio di fallimento) offrendo un rendimento inferiore al 3%.

Gli interventi statali delle ultime settimane determinano un duplice paradosso: gli aiuti alle banche non solo non hanno riaperto l’accesso delle imprese al credito e hanno contribuito a rendere più elevato il costo del finanziamento delle società industriali sul mercato dei capitali, ma stanno anche cominciando ad erodere la credibilità degli stessi titoli con cui gli Stati si finanziano.

Questo fenomeno si manifesta finora soprattutto in modo indiretto attraverso il tasso di cambio, che colpisce in particolare i Paesi indebitati con l’estero. L’esempio sotto gli occhi di tutti è la caduta del tasso di cambio della lira sterlina, che è dovuto alla crescente sfiducia sul fatto che lo Stato britannico sia in grado di attirare i capitali esteri necessari per finanziare un deficit pubblico esploso a causa degli enormi costi del salvataggio del sistema bancario inglese, del pacchetto di misure di rilancio dell’economia e della contrazione delle entrate fiscali.

In Europa i primi segnali di sfiducia nei titoli di Stato si manifestano anche in modo diretto attraverso l’aumento del differenziale dei rendimenti tra le obbligazioni dello Stato tedesco e quelle di Paesi come Grecia, Portogallo ed Italia. E proprio il timore di una crisi di fiducia nei confronti dei titoli di Stato dei Paesi con debiti pubblici considerevoli ha giustamente spinto il governo tedesco a contrastare le proposte di grandi pacchetti di rilancio economico perorate da Francia e Gran Bretagna.

Tutto ciò fa prevedere che le scelte dolorose non siano più rinviabili. I governi saranno presto costretti a prendere atto che è fallito il tentativo di salvare il sistema bancario. Gli interventi non sono riusciti a ricreare un clima di fiducia (le stesse banche continuano a non prestarsi i soldi tra loro), i buchi nascosti nelle pieghe dei bilanci delle grandi banche continuano ad allargarsi e sono destinati ad aumentare ancor più a causa della crescita delle insolvenze dovuta alla recessione.

Inoltre, nonostante i capitali e le garanzie statali, le banche stanno stringendo l’accesso al credito da parte di imprese e famiglie, e la crisi, che all’inizio era limitata al mercato interbancario, si è estesa investendo il mercato monetario, i finanziamenti a breve delle imprese e ora anche il mercato dei capitali. Si deve purtroppo constatare il fallimento delle misure finora adottate ed evitare che si distrugga la vera ricchezza di tutti i Paesi, ossia il loro tessuto industriale.

Gli Stati Uniti, che continuano ad essere l’epicentro della crisi, hanno implicitamente già riconosciuto il fallimento delle azioni finora intraprese e hanno deciso di correre il rischio del crollo del dollaro e dell’iperinflazione, stampando in grande quantità dollari per cercare di turare le falle che continuano ad aprirsi.

Questa scelta appare logica e forse anche attraente per un Paese fortemente indebitato, che teme la deflazione come un disastro dal quale non riuscirebbe più a risollevarsi. L’inflazione invece ha il potere di ridurre lo stock del debito di famiglie, imprese, Stato e Paese e quindi anche di risanare il sistema bancario statunitense.

Il sogno dei banchieri americani è proprio un grande incendio inflazionistico che bruci la carta straccia prodotta negli ultimi anni. Il sentiero imboccato dagli Stati Uniti, che oggi sembra in discesa, diventerà però una salita particolarmente ripida non appena asiatici ed arabi si dimostreranno riluttanti a finanziare le enormi spese americane. Il segnale d’allarme verrà quindi dato dal calo del dollaro.

I Paesi europei, invece, che possono vantare conti con l’estero equilibrati e buoni tassi di risparmio delle famiglie, non dovrebbero seguire la politica americana, ma quella indicata dal governo tedesco. Berlino dice sostanzialmente che la crisi sarà lunga e non bisogna bruciare subito tutte le cartucce, anche perché non è certo che i piani di rilancio producano risultati significativi.

Inoltre, sempre secondo il governo tedesco, bisogna difendere la credibilità dei titoli con cui gli Stati si finanziano, evitando di trasformare questa crisi in una devastante crisi monetaria. Questa prudenza appare condivisibile anche perché nessuno sa se c’è e quale sia la ricetta per uscire dal disastro provocato dall’oligarchia finanziaria di Wall Street e da coloro che in tutto il mondo ne hanno imitato le gesta.


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MessaggioInviato: 15/12/2008, 23:16 
Questa è veramente pesante per gli USA già in crisi:

http://www.rainews24.rai.it/notizia.asp?newsID=89499

Washington, Stati Uniti | 15 dicembre 2008
Negli Usa scarseggiano i fondi federali per pagare i sussidi di disoccupazione

Circa trenta stati federali Usa non hanno più soldi in cassa per pagare i sussidi di disoccupazione e potrebbero diventare insolventi nelle prossime settimane. Lo rivela il New York Times, citando un allarme dell'associazione nazionale delle Agenzie del lavoro. Gli stati dell'Indiana e del Michigan sono già a secco e hanno preso prestiti dal governo federale per pagare i disoccupati. Altri stati potrebbero fare presto altrettanto, oppure aumentare le tasse per far fronte ai loro impegni.

I soldi per pagare i sussidi di disoccupazione sono raccolti nei vari stati e prelevati direttamente dalle buste paga dei lavoratori, ma le aliquote variano da stato a stato. In tempi di vacche grasse i vari stati raccolgono i contributi in un fondo di garanzia, che viene poi utilizzato quando la disoccupazione aumenta. Molti stati non hanno però versato regolarmente i soldi nei fondi e quello dell'Indiana è risultato insolvente per due settimane di seguito.

I sussidi sono garantiti dal governo federale. La scorsa settimana il dipartimento al Lavoro ha fatto sapere che le richieste di sussidi di disoccupazione sono salite 573 mila unità, il massimo da 26 anni.


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MessaggioInviato: 16/12/2008, 21:14 
http://www.rainews24.rai.it/notizia.asp?newsid=89564

Roma | 16 dicembre 2008

Fed: taglia i tassi ai minimi storici, tra 0% e 0,25%

La Federal reserve bank, la banca centrale statunitense, ha deciso di abbassare nuovamente i
tassi. Il tasso sui Fed funds e' stato portato in una forchetta tra lo 0% e lo 0,25%. Lo rende noto la stessa Fed in un comunicato.

Lo ha deciso all'unanimita' il Fomc, il comitato di politica monetaria, per combattere la deflazione e la crisi globale di liquidita'.

La Fed fa poi sapere di aver tagliato di 75 punti base il tasso di sconto, portandolo allo 0,50%. La Fed rende noto poi che assumera' altre iniziative di carattere non convenzionale per stimolare i prestiti e l'attivita' economica, come l'acquisto su larga scala di titoli legati al settore immobiliare. L'istituto sta ancora valutando la possibilita' di acquistare titoli del debito pubblico.


Insomma la FED sta per "finire le cartucce" per contrastare la Crisi Economica, una volta arrivati ad un tasso dell 0% non possono fare altro
se non regalare soldi a tutti senza debito...


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MessaggioInviato: 16/12/2008, 21:55 
Cita:
AgenteSegreto000 ha scritto:

Insomma la FED sta per "finire le cartucce" per contrastare la Crisi Economica, una volta arrivati ad un tasso dell 0% non possono fare altro
se non regalare soldi a tutti senza debito...




Anche a tasso 0 chi emette la moneta ci guadagna e anche tanto.

L'inganno e' quello, la moneta e' solo carta e quello vale, circa 30 centesimi per manodopera, carta e inchiostro. Le banconote non sono convertibili in oro, quindi il valore nominale scritto sopra e' puro gioco di prestigio. Solo che gli illusionisti in questo caso sono i banchieri.

Sottratto il valore intrinseco della monete, i 30 centesimi dal valore nominale stampato sopra, il resto e' tutto guadagno per chi ha emesso la moneta, di solito a questo vanno aggiunti gli interessi, ma senza non cambia nulla. Le banche centrali private, con o senza interessi intascano cifre da capogiro, creando il nostro debito pubblico.

...E noi paghiamo. [B)]



_________________
Esistono uomini senza scrupoli che vogliono costringerci in un mondo dove tutto e' scarso. La scarsità rende potente chi possiede quel poco e schiavo chi ne necessita, questo rende possibile dare un prezzo ad una cosa che non ha valore, trasformando un diritto naturale in un bene da acquistare. (Teschio)
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MessaggioInviato: 16/12/2008, 22:01 
Già hai ragione con quella carta straccia, le banche si fanno le scorte di ORO...


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MessaggioInviato: 17/12/2008, 07:04 


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MessaggioInviato: 17/12/2008, 07:32 
Alla RAI parlano di signoraggio:

PARTE 1
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PARTE 2
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Ultima modifica di AgenteSegreto000 il 17/12/2008, 07:40, modificato 1 volta in totale.

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MessaggioInviato: 17/12/2008, 14:45 
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLi ... iew=Libero

La Cgil denuncia: «L'Inps secreta i dati della cassa integrazione»

La Cgil denuncia che l'Inps avrebbe deciso di secretare i dati sulla cassa integrazione e di girare la comunicazione dell'andamento degli ammortizzatori alla direzione generale dell'Istituto. La denuncia arriva dal segretario confederale della Cgil, Susanna Camusso, a margine della presentazione dell'annuario del lavoro 2008 al Cnel. I dati, dice Camusso, non sono più visibili sul sito dell'Istituto di previdenza, ma si assiste a una sorta di accentramento dell'informazione alla direzione generale. «Stiamo assistendo a un atteggiamento del governo - ha detto la Camusso - che nasconde la gravitá della crisi perchè questa non determini preoccupazione. Noi invece vorremmo sommessamente segnalare all'Esecutivo che la secretazione dei dati determina un allarme maggiore, non minore».

Una decisione che, se confermata, irrita il sindacato: «Giá alla fine di agosto l'Inps non ha più reso noti i dati sulla cassa integrazione, mentre a fine novembre il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, aveva reso noti alcuni dati, pubblicati poi solo dal Sole 24 Ore. Questo è un problema perché su questi dati le parti sociali hanno sempre potuto costruire una loro valutazione della situazione economica». Già nei giorni scorsi il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani aveva lanciato l'allarme. La scorsa settimana i dati sulla cassa integrazione da gennaio a novembre erano stati resi noti dall'Inps, «dopo le nostre sollecitazioni», ha detto Camusso.

La Cgil attacca anche il ministro della Funzione pubblica Renato Brunetta. «Brunetta teorizza la trasparenza e minaccia di mettere sul web anche la vita privata delle persone ed ora invece preclude l'accesso a questi dati così importanti». Brunetta risponde a stretto giro tramite il suo portavoce Vittorio Pezzuto. Il segretario confederale della Cgil Susanna Camusso «dovrebbe sapere che il ministro vigilante dell'Inps non è quello della Pubblica Amministrazione, ma quello del Lavoro». Dunque, «rispediamo al mittente le accuse strampalate e fantasiose sulla mancanza di trsasparenza del ministro Brunetta».


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MessaggioInviato: 22/01/2009, 16:00 
http://www.ilsole24ore.com/

- Microsoft, utili sotto le attese. Taglio di 5mila posti di lavoro

- Nokia, crollo degli utili. Mercato in calo del 10%

- Intel annuncia 5/6mila licenziamenti

- LG, perdite record per 489 milioni di dollari

- Usa: boom di sussidi di disoccupazione, crollo dell'edilizia residenziale


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http://www.repubblica.it/2008/06/rubric ... scita.html

Cina, frena la crescita molto più delle attese

LA FRENATA della crescita cinese si avvera ancora più brutale delle attese. Nell'ultimo trimestre del 2008, secondo i dati ufficiali resi noti oggi dalle autorità di Pechino, l'aumento del Pil è stato del 6,8%. Questo dato va messo a confronto con il +13% di aumento del Pil nel 2007, per misurare l'entità del rallentamento.

La crescita media della Repubblica Popolare per l'intero 2008 a questo punto si attesta su un +9% di aumento del Pil. Una crescita ancora soddisfacente ma solo in apparenza, perché è falsata dall'effetto-trascinamento del primo semestre 2008, quando ancora la recessione globale era ben lungi dal contagiare la Cina.

Ora il 2009 si apre su uno scenario ben più incerto, tra il calo delle esportazioni e l'aumento della disoccupazione. I leader cinesi hanno indicato più volte che una crescita al di sotto del 7% annuo può innescare pericolose tensioni sociali.

I dati cinesi oggi sono accompagnati da una raffica di altre notizie negative dalle altre economie asiatiche. In Giappone le esportazioni sono in caduta libera: meno 35% a dicembre rispetto allo stesso periodo del 2007. In Corea del Sud l'export è crollato del 12% nell'uyltimo trimestre, e secondo la Bank of Korea il Pil ha segnato in quel trimestre un arretramento pari a meno 5,6% rispetto agli ultimi tre mesi del 2007.
Sia il Giappone che la Corea del Sud hanno economie fortemente legate alle esportazioni: non possono quindi che risentire di un duro contraccolpo per il calo della domanda in Cina e negli Stati Uniti, i loro due principali mercati di sbocco.

(22 gennaio 2009)


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MessaggioInviato: 22/01/2009, 17:05 
ma non conviene continuare di qui? ... anzi fondere il presente topic con l'altro? http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ ... ichpage=28


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