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Stati di coscienza


Che cos'è la coscienza?
di Bruno Severi

Per meglio chiarire questa domanda presento alcune riflessioni del Prof. Emilio Servadio. "Ci sono varie definizioni a seconda del punto di riferimento che assumiamo. È l'avvertire la presenza di qualche cosa allo spirito" ci dice un dizionario enciclopedico. È un'istanza sensoriale, discriminativa di qualità psichiche" ci suggerisce un manuale di psicologia dinamica. È il correlato soggettivo di certe attività encefaliche" ci propone un testo di neurologia. In verità, essere coscienti di qualche cosa è un esperienza che tutti conosciamo, ma di cui non è possibile dare una definizione riduttiva. Possiamo ammettere l'esistenza di un inconscio o di un preconscio, ossia di atti psichici non coscienti: ma non possiamo pensarli o menzionarli o descriverli se non in termini di coscienza. Nei fenomeni di percezione extrasensoriale molto si svolge probabilmente a livelli non coscienti, ma noi ne possiamo parlare solo al momento in cui la coscienza ce li rivela. Altrimenti rimarranno per sempre fuori, appunto, dalla nostra coscienza.
Ma per coscienza normale che cosa dobbiamo intendere? Per un occidentale non troppo nevrotico o pazzo, essa è lo stato psichico in cui ci troviamo abitualmente quando siamo svegli. Essa, inoltre, nel corso della giornata, può subire sensibili oscillazioni di intensità pur rimanendo sempre una coscienza di veglia. Sappiamo che presso certe popolazioni primitive la possibilità di sperimentare stati diversi di coscienza (come ad esempio essere posseduti da un dio o da uno spirito) è considerata del tutto normale, mentre appare abnorme la nostra posizione al riguardo. Questo era opportuno ricordarlo perché non si prenda come ottimale quello stato di coscienza a noi più noto e consueto".

Lo spettro delle potenzialità umane
Dal momento della nascita ogni uomo trova davanti a sé una gamma vastissima di potenzialità da sviluppare. Ad esempio, la capacità di poter correre i 100 m. in 10 sec. di imparare la matematica e le lingue straniere e probabilmente anche quella di usare certe facoltà psi. Tuttavia, ogni individuo nel corso della sua esistenza svilupperà solo una piccola frazione di ciò che potenzialmente è in grado di fare. Ciò dipende dal fatto di essere nato entro una certa cultura, in un determinato periodo storico, in un posto piuttosto che in un altro, di avere determinati genitori, insegnanti ed amici, ed anche da una vasta serie di fattori casuali.

All'interno di ogni contesto umano si forma un atteggiamento comune secondo il quale è bene sviluppare certe potenzialità e soffocarne invece altre. Un bambino in età scolare avrà già prefissate, entro certi limiti, molte delle sue future mete e aspettative. Chi diverge da questi binari, tacitamente riconosciuti da tutti come invalicabili, verrà emarginato, condannato o curato come un pazzo. Anche le potenzialità della nostra coscienza sono numerosissime, ma soltanto alcune di esse sono favorite ed impiegate, mentre di tante altre non ne fa uso o perché sono inibite, o perché non si sa della loro esistenza, o perché si sono atrofizzate per il disuso. Alcune di esse però sono solo latenti ed aspettano gli stimoli appropriati per emergere (Tart).


Definizione degli Stati Alterati di Coscienza
Si usano diversi sinonimi per indicare gli stati alterati di coscienza (ASC, dall'inglese "Altered States of Consciousness"). Alcuni preferiscono parlare di stati modificati di coscienza perché il termine alterati può dare l'impressione che si tratti di stati patologici. Altri studiosi suggeriscono di parlare di altri stati o di stati attentivi interni. Poiché la definizione più impiegata è quella di stati alterati di coscienza (d'ora in poi ASC) senza implicare, con questo termine, necessariamente alcuna patologia, a questa definizione mi atterrò nella presente trattazione. Anzi, cercherò di evitare di parlare di quelle situazioni che sono chiaramente o prevalentemente patologiche.

Tutti gli ASC hanno avuto un ruolo fondamentale nell'influenzare la nascita e l'affermarsi di movimenti religiosi, filosofici e culturali. Il sogno e tutte quelle esperienze un po' misteriose come l'estasi, la trance, l'ipnosi, l'uso di sostanze psicotrope, etc., sono conosciuti in tutte le epoche e in tutte le parti del mondo come porta d'accesso verso dimensioni diverse dall'ordinario. Uno ASC per una certa persona è quello in cui essa sente chiaramente uno spostamento qualitativo nel modo di funzionare della sua mente. Ci si accorge che essa opera diversamente dal solito. "In una visione generale della psiche si possono considerare gli ASC come momenti comportamentali dell'attività mentale di tipo temporaneo, non stabili, più o meno volontari. Il tutto senza dovere necessariamente implicare il concetto di patologia. Anzi, taluni ASC sembrano esprimere momenti di massima armonia" (Marabini).

È possibile che una persona che sia in uno ASC possa fare scaturire particolari capacità che non sono presenti nel suo normale stato di coscienza. Ad esempio, un sensitivo potrebbe essere in grado di usare certe facoltà paranormali entrando in un particolare ASC ed usarle in qualche modo, cosa che non riuscirebbe a produrre in condizioni normali.

Caratteristiche e mezzi d'induzione
Sebbene gli ASC abbiano tutti molti punti in comune, le loro caratteristiche possono variare a seconda della presenza di vari fattori (Ludwig):

- background culturale
- motivazioni ed attese personali
- particolare procedura adottata
- ambiente, etc..

Tra le caratteristiche che più frequentemente vediamo essere comuni ai diversi ASC ricordiamo:

- alterazione nel modo di pensare
- alterazione del senso del tempo
- perdita di controllo
- diverso modo di apparire delle emozioni
- diversa percezione del proprio corpo
- distorsioni percettive (sinestesia, etc.)
- modificazione del significato delle cose
- senso dell'ineffabile
- ipersuggestionabilità


Gli ASC possono essere provocati da una grande varietà di agenti e di tecniche che interferiscono con il normale flusso degli stimoli sensoriali, con la normale reazione motoria, con il normale stato emotivo e con la normale organizzazione dei processi cognitivi. Le principali modalità di induzione degli ASC sono ( Ludwig):

- Riduzione della stimolazione esterocettiva e/o dell'attività motoria
- Aumento della stimolazione esterocettiva e/o dell'attività motoria e/o dell'emozione
- Aumentato stato di allerta o di coinvolgimento mentale
- Diminuita allerta o rilassamento delle facoltà critiche
- Presenza di fattori somatopsicologici


Alcuni esempi. Si è parlato, all'inizio, del nostro normale stato di veglia. A questo si oppone il sonno, il secondo più comune stato di coscienza caratterizzato da vari correlati neurofisiologici tra cui la comparsa nell'EEG, all'inizio, delle cosiddette onde alfa e poi, nel sonno profondo, delle onde delta. Tutti ormai sanno del sonno REM e del suo rapporto con i sogni. Ciò che interessa particolarmente menzionare è che, contrariamente a quanto prima si pensava, anche negli stati di sonno profondo e senza sogni, esiste una sia pur limitata attività psichica, e pertanto di coscienza. Ma parlare del sonno e dei sogni ci porterebbe molto lontano perché troppo bisognerebbe dire e per questo rimando all'articolo del Dr. Marabini sui Quaderni di Parapsicologia (marzo 1996).

Accenniamo pertanto agli stati di coscienza lievemente alterata che precedono, o seguono il sonno: sono le fasi di sonno ipnagogico e sonno ipnopompico. In entrambi si osserva un rapidissimo alternarsi di immagini, parole, frasi, melodie, di un caleidoscopio di percezioni con una apparente vita autonoma, e sono possibili eccezionali illuminazioni creative o fenomeni paranormali. In definitiva, si riesce a parlare con l'inconscio. Le voci parlano forte o piano, a volte anche in lingua straniera o in un idioma non comprensibile, sempre però a grandissima velocità. In genere la loro velocità, come anche quella delle visioni, non ci permette di poterle ricordare, tuttavia è possibile esercitarsi ad osservare con maggiore attenzione e a trattenere nella memoria questi fuggevoli fenomeni. Lo studioso Van Dusen afferma: "Altre vite sono componenti inconsce della nostra vita. Per ora basti dire che le esperienze che si compiono in questo stato fanno pensare alla presenza di spiriti che agiscono in noi a livello di sensazioni interiori molto profonde".

I sogni lucidi. Avere un sogno lucido significa vivere attivamente all'interno del mondo del sogno, avendo la consapevolezza di sognare e avendo un certo grado di controllo volontario sul corso successivo del sogno. Esso si manifesta di preferenza nel primo sonno o prima del risveglio. Nel sogno lucido si possono fare cose che nella vita reale sono impossibili, come volare o passare attraverso i muri o incontrare esseri che sembrano avere tutte le caratteristiche di entità spiritiche. In questo contesto si possono forse spiegare i fenomeni di bilocazione o di viaggio in astrale. L'Ing. Guido Gardini afferma: "Gli sciamani da sempre hanno praticato il sogno lucido per visitare luoghi lontani e comunicare mentalmente". Il mondo del sogno lucido è un laboratorio interno dove è possibile programmare esperimenti, soluzioni di problemi, costruzioni non ancora tentate. Ci sono varie tecniche per indurre e manipolare i sogni lucidi a nostro piacimento. Chi si è allenato in questa tecnica del sogno lucido giura che i risultati sono entusiasmanti. Si tratta di controllare un proprio stato di coscienza alterato facendone un uso consapevole e, magari, finalizzato.

Nell'ipnosi si provano particolari fenomeni, come percezioni illusorie, amnesie, ipermnesie, e soprattutto uno stato di notevole suggestionabilità rispetto a ciò che viene detto o indicato dall'ipnotizzatore. Secondo certe vedute psicoanalitiche, nell'ipnosi si ha una regressione a stati di dipendenza e di subordinazione di tipo infantile, dovuti a un pronunciato transfert dell'ipnotizzato sulla figura dell'ipnotista. L'ipnosi differisce, anche dal punto di vista neurofisiologico, dal sonno (diverso EEG) e si presta favorevolmente all'induzione di fenomeni extrasensoriali. Può essere auto o etero-indotta.

La creatività. La creatività si accompagna ad uno ASC che sembra invece dipendere da qualità innate di alcune persone. Essa consta in uno modo di vedere, pensare, o agire con il mondo che non solo è nuovo, ma anche migliore di quelli a noi soliti. Quando questi processi inconsci sono creativi possono portare a soluzione difficilissimi problemi che una persona in stato di veglia non riuscirebbe a risolvere. La creazione artistica e letteraria spesso si esprime attraverso intuizioni, visioni ed esperienze che si sviluppano in uno stato modificato di coscienza, oltre che nel sonno e nel sogno. In ogni modo, sembra necessario possedere in modo innato una notevole capacità immaginativa. Anche famosi scienziati hanno fatto notevoli scoperte in uno di questi stati.

La trance da possessione o medianica. Traggo da "Il libro di Ruth" di M. Schatzman una fedele descrizione di questo tipo di trance. Quando un medium si prepara ad una seduta con un cliente, in genere comincia con il chiudere gli occhi standosene tranquillo sulla sua sedia. Poco dopo comincia a respirare profondamente, a russare leggermente e a dimenarsi, e in generale a comportarsi come una persona addormentata in un sonno profondo ma agitato e turbata da un sogno alquanto angoscioso. Nel giro di pochi minuti, di norma, diventa più calmo e spesso si sente una specie di bisbiglio continuo, come se stesse parlando con se stesso. Poco dopo comincia a parlare in modo udibile, spesso con una voce e una forma diversi, e a volte anche con un vocabolario differente da quelli che sono caratteristici della sua normale conversazione da sveglio. Manifestamente la personalità normale del medium ha smesso di controllare i suoi organi vocali, e una nuova personalità ne ha assunto il controllo. La nuova personalità può portare avanti una conversazione di un'ora e anche più con il cliente. Alla fine dice che deve andare e dà l' arrivederci. Il processo con cui la seduta era iniziata viene allora ripetuto in ordine inverso. In qualche minuto, dopo una certa dose di contorcimenti, di gemiti e di bisbigli, gli occhi sono di nuovo aperti e il medium riassume la sua voce e i suoi modi normali. In genere ignora ciò che è accaduto durante la seduta, come una persona che ha parlato nel sonno ignora quello che ha fatto e detto. Da uno studio di Nelson (1970), durante lo stato di trance 9 medium su 12 mostrarono all'EEG alterazioni focali del lobo temporale del cervello. Tali alterazioni, di solito, sono comuni negli attacchi epilettici e nella schizofrenia, ma questo non implica che i medium ne siano affetti.

La meditazione. Per svolgere le nostre normali attività quotidiane abbiamo bisogno di un costante e determinato corredo di stimoli sensoriali. Se veniamo privati di questa soglia minima percettiva, allora possiamo fare esperienza di ASC. È come se la mente creasse la sua realtà nel momento in cui la realtà esterna viene esclusa. Gli asceti, e coloro che si vengono a trovare, volontariamente e non, per un certo tempo in condizioni di basso livello di stimolazione sensoriale, possono sperimentare il processo della meditazione.

La meditazione è il tentativo di sospendere temporaneamente l'attività concettuale, di escludere ogni elaborazione delle varie informazioni che arrivano al cervello, di evadere dal mondo esterno. Il risultato di questo processo è che quando ritorniamo al nostro stato normale vediamo le cose in modo diverso, rinnovato rispetto a prima .

La maggior parte delle tecniche meditative comporta una stimolazione monotona favorita da una posizione fissa e da un pensiero reiterato (su una parola o un mantra, un'immagine visiva, la concentrazione sul proprio respiro, etc.). Lo stato meditativo può essere raggiunto anche assumendo un atteggiamento passivo e recettivo, cercando di svuotare la mente da ogni pensiero. Qualunque cosa accada, non bisogna lasciarsi coinvolgere da niente ma occorre mantenere un atteggiamento distaccato e lontano. Si entra così in uno stato di attenzione conscia non legata ad alcun pensiero che ci porta a vedere ciò che succede fuori da noi come se fossimo solo degli spettatori distanti. Con entrambe le tecniche si ottiene, dopo un certo allenamento, un isolamento sensoriale che può indurre visioni allucinatorie o una percezione del nostro corpo del tutto anomala.. Al punto estremo viene a mancare la distinzione tra io e non io Perdita del senso di identità). Questa situazione può comportare una identificazione con l'oggetto della meditazione o un senso di fusione con l'universo o un senso di assorbimento in Dio. Si può anche fare l'esperienza dell'OBE. Anche altre pratiche diverse dalla meditazione sembrano a volte indurre gli stessi effetti.

Estasi mistica ed estasi chimica. Lo psichiatra Abraham Maslow condusse uno studio su individui che avevano avuto esperienze mistiche che lui indicò come "peak experiences" (esperienze di picco). Nella psichiatria tradizionale le esperienze mistiche di ogni genere sono solitamente trattate nel contesto di una psicopatologia grave. Nel suo studio, Maslow dimostrò che le persone che avevano avuto "peak experiences" di solito ne traevano vantaggio e dimostravano una netta tendenza ad autorealizzarsi. Esse erano in grado di affrontare le avversità in modo molto più creativo e costruttivo, si mostravano maggiormente distaccati dagli aspetti più materiali della vita (guadagno, carriera, gelosie, invidie) e più aperti verso i valori fondamentali. Anche la morte perdeva buona parte della sua carica di paura. Egli suggerì che tali esperienze potevano essere supernormali, invece che anormali, e su queste considerazioni gettò le basi di una nuova psicologia (la psicologia transpersonale).

Tra i fattori che possono indurre l'esperienza mistica importanti sono:

- le droghe
- il digiuno
- la febbre elevata
- l'eccitazione
- la fatica
- l'alterazione della respirazione
- intense emozioni, etc..
- Si producono anche quando il normale stato di attenzione conscia viene sostituito da:

sogno ad occhi aperti


- fantasticherie
- meditazione
- sonnolenza
- sogni onirici
- preghiera intensa


Differenze con la trance da possessione (Rouget G.)
ESTASI TRANCE

immobilità movimento
silenzio rumore
solitudine compresenza
senza crisi con crisi
privazione sensoriale sovrastimolazione sensoriale
ricordo amnesia
allucinazione assenza di allucinazione


Nell'estasi si sperimenta un rapporto molto intimo e nuovo con l'universo (estasi cosmica), o con Dio (estasi mistica). Si sente che tutte le cose sono tra loro collegate, si scoprono nuovi significati nel mondo attorno a noi. Perdono valore i fatti che fino a quel momento ci erano sembrati importanti. Si prova un estremo senso di euforia e di gioia incontenibile sino a farci piangere copiosamente. Spesso sparisce la paura della morte. Si percepisce il mondo come attraverso nuovi organi di senso. I colori, i suoni, etc, sembrano più vividi e penetranti, con nuove caratteristiche mai prima sperimentate.

Nel corso delle loro pratiche ascetiche, i cultori dello yoga possono sospendere i battiti del loro cuore, contrastare la peristalsi intestinale ed altri movimenti involontari, e ridurre quasi a zero il loro metabolismo, sino a giungere a stati comatosi. Anche gli stati mistici, in passato considerati come espressione di grave patologia mentale, iniziarono ad essere guardati con occhio più benevolo dagli uomini di scienza.

Le sostanze come l'LSD, la psilocibina e la mescalina sono chiamate in America psicolitiche (che liberano la mente) e, in Europa, psichedeliche (che aprono o dilatano la mente). Esse non sono narcotici, sedativi o stimolanti, ma hanno l'unico effetto sulla psiche umana di renderla consapevole di forme di coscienza e di contenuti che di solito sono nascosti o inconsci.

Secondo lo psichiatra cecoslovacco S. Grof, i contenuti dei viaggi psichedelici da droghe (in particolare da LSD) sono di 4 tipi:

1. estetici, costituiti in genere da visioni di tipo geometrico o paesaggistico;
2. biografici, in quanto ci riportano alla coscienza avvenimenti, spesso angosciosi e dimenticati, del nostro passato;
3. perinatali, che ci ripropongono in forma simbolica le fasi e i traumi della nostra nascita;
4. transpersonali, che sono quelli a contenuto più ricco e sconvolgente perché sembrano portarci in una nuova dimensione esistenziale.


Ricordiamo, però, che gli esiti di queste esperienze psichedeliche non sono mai costanti e prevedibili, ma risentono moltissimo dei condizionamenti psicologici, culturali e ambientali a cui è sottoposto il soggetto che assume la droga. Gli effetti sperimentati dipenderanno pertanto da:

- la sua cultura di base
- la sua personalità
- le sue aspettative
- la sua vulnerabilità fisiologica verso quella determinata droga
- le sue precedenti esperienze
- la sua disponibilità a lasciarsi andare
- come è stata predisposta la seduta
- con chi, etc.


Come già ricordato, le sostanze psichedeliche ci possono portare nei meandri più nascosti della nostra mente e del nostro inconscio. E quello che laggiù incontreremo potrà essere di celestiale bellezza o popolato di terrifichi mostri, e tutto questo dipenderà in gran parte da noi.

Considerazioni psicofisiologiche
Lo psichiatra americano Roland Fischer, in uno splendido articolo comparso sulla rivista Science nel 1971 dal titolo: "A Cartography of the Ecstatic and Meditative States", collega gli stati di coscienza a livelli di attivazione del sistema parasimpatico ed ortosimpatico. L'elemento determinante per il passaggio da uno stato di coscienza all'altro è espresso dalla velocità di elaborazione del cervello. In altri termini, cambiare la velocità di lavoro del cervello significa cambiare stato di coscienza. Per cui, come lo stato ordinario di coscienza è rappresentato da un equilibrio ottimale tra le informazioni che il cervello riceve e quelle che elabora, così, se tale equilibrio viene a mancare, ecco che si possono manifestare stati non ordinari di coscienza. Se la velocità di elaborazione aumenta, lo stato coscienziale si colloca lungo un continuum percezione-allucinazione che comprende: lo stato di veglia normale; lo stato di creatività; l'ansia; uno stato schizofrenico acuto simile a quello patologico senza essere per niente patologico; la catatonia (quando tutto il sistema si blocca); l'estasi mistica. L'estasi, nello schema di Fischer, è lo stato di massima velocità di lavoro del cervello. In questo stato la coscienza non riceve più dati sensoriali dall'esterno per cui, non avendo più alcun materiale in arrivo, essa può analizzare, in un certo senso, se stessa. Se invece la velocità di elaborazione diminuisce, la gamma degli stati di coscienza si sposta verso un continuum di percezione-meditazione comprendente: lo stato di veglia rilassata; lo stato di rilassamento profondo intenzionale e, dopo un ampio intervallo, i vari gradi della meditazione sino al Satori del buddhismo Zen e al Samadhi dello Yoga. Questa parte della mappa comprende importanti aspetti della religiosità orientale. Entrambi i percorsi sono caratterizzati da una graduale interiorizzazione, passando da una dimensione fisica (immagini sensoriali in ingresso) ad una mentale o interiore. Dalla rilevazione dei parametri fisiologici e biochimici si può dire in quale stato si trovi il soggetto in esame o, almeno, su quale dei due percorsi indicati da Fischer esso sia localizzato. Dallo schema che compare nell'articolo di Fischer, si vede come i due percorsi, partendo dal medesimo punto che è lo stato di veglia, si dividano per seguire due direzioni diametralmente opposte. Alla fine di ciascun percorso, si arriva comunque alla stessa meta dove ognuno di noi può, se si realizzano certe condizioni, venire a contatto con il proprio Sé.

ASC e ESP
Gli ASC rappresentano un importantissimo campo di interesse per i parapsicologi perché molti dei cosiddetti casi spontanei suggeriscono che i fenomeni paranormali possano operare in modo efficace quando il soggetto si trova in uno di tali stati. A quanto pare, l'ESP è un processo inconscio e le impressioni che in un primo momento riceviamo inconsciamente devono farsi strada verso la coscienza e ciò avviene principalmente sotto forma di presagi, sogni, visioni e perfino di allucinazioni. Queste sono le modalità più importanti di cui si serve l'inconscio per portare i suoi contenuti alla mente e ciò avviene particolarmente con l'ipnosi, il sogno e l'isolamento dei sensi. Infatti, solo dopo aver chiuso fuori il mondo esterno e il suo costante assalto ai nostri sensi (Ganzfeld), ci accorgiamo della presenza di messaggi ESP. Le sostanze stupefacenti sono state usate a questo scopo da secoli. In particolare, le sostanze psichedeliche ci avvolgono in visioni ed emozioni che sgorgano molto in profondo. È veramente possibile che gli allucinogeni potenzino l'ESP? Diversi resoconti di esploratori e di studiosi presso popoli primitivi e numerosi risultati sperimentali farebbero pensare di sì, ma tale rapporto è ancora insufficientemente studiato.

Significato degli ASC
Da alcuni gli ASC sono considerati come l'ultima spiaggia per molte e diverse forme dell'espressività e dell'esperienza umana, siano esse forme di adattamento che di disadattamento. In alcuni casi la regressione psicologica riscontrata risulterà dannosa per l'individuo e la società, mentre in altri casi la stessa regressione sarà al servizio dell'Io e servirà all'uomo per trascendere i limiti della logica e del formalismo, o per esprimere necessità e desideri repressi in una maniera socialmente riconosciuta e costruttiva. Con la dizione forme di disadattamento si intende tutta la gamma dei comportamenti psiconeurotici e psicopatici (Ludwig).
Fonte:http://www.coscienza.org/_ArticoloDB1.asp?ID=840


Ultima modifica di Angel_ il 18/09/2014, 09:07, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 03/09/2017, 12:42 
Cita:
Gli scienziati sostengono che la Teoria Quantistica dimostra che la coscienza dopo la morte si sposta in un altro Universo
Un libro intitolato "Il biocentrismo: come la vita e la coscienza sono le chiavi per comprendere la natura dell'Universo" ha suscitato interesse in Internet, perché contiene l'affermazione che la vita non finisce quando il corpo muore, e che invece può durare per sempre. L'autore di questa pubblicazione, lo scienziato Dr. Robert Lanza, che è stato votato come il terzo più importante scienziato vivo dal New York Times, non ha dubbi che ciò sia possibile.

Oltre il tempo e lo spazio
Lanza è un esperto di medicina rigenerativa e direttore scientifico della Advanced Cell Technology Company . All'inizio è diventato conosciuto per la sua vasta ricerca sulle cellule staminali, e famoso per diversi esperimenti di successo sulla clonazione di specie animali in via di estinzione .
Ma non molto tempo fa, lo scienziato si e' lasciato coinvolgere con la fisica, la meccanica quantistica e astrofisica . Questa miscela esplosiva ha dato vita a una nuova teoria del Biocentrismo, che il professore va predicando da allora. Il Biocentrismo insegna che la vita e la coscienza sono fondamentali per l'universo. E ' la coscienza che crea l'universo materiale, non il contrario .
Lanza puntualizza che la struttura dell'universo stesso, nonché le leggi, le forze e le costanti dell'universo, sembrano essere messe a punto per la vita, e come questo implichi che 'intelligenza esisteva prima alla materia. Egli sostiene inoltre che spazio e tempo non sono oggetti o cose, ma piuttosto strumenti della nostra comprensione innata (animale). Lanza dice che noi portiamo lo spazio e il tempo in giro con noi "come le tartarughe con gusci", nel senso che quando il guscio si stacca (spazio e tempo), noi esistiamo ancora.
La teoria implica che la morte della coscienza semplicemente non esiste. Quest'ultima esiste solo come pensiero perché le persone si identificano con il loro corpo. Essi credono, prima o poi, che morendo
il corpo pure la loro coscienza scompaia. Se il corpo genera coscienza, allora la coscienza muore quando il corpo muore. Ma se il corpo riceve la coscienza nello stesso modo in cui un decoder riceve i segnali satellitare, poi, naturalmente, la coscienza non finisce con la morte del veicolo fisico. In realtà, la coscienza esiste al di fuori dei vincoli di tempo e spazio . È in grado di essere ovunque: nel corpo umano e fuori di essa. In altre parole , esso è non- locale nello stesso senso che gli oggetti quantici non sono locali.
Lanza ritiene inoltre che universi multipli possano esistere simultaneamente . In un universo, il corpo può essere morto. E in un altro continua ad esistere, assorbendo la coscienza che e' migrata in questo universo. Ciò significa che una persona morta, anche se passa attraverso lo stesso tunnel, non finisce all'inferno o in paradiso, ma in un mondo simile da lui o da lei già una volta abitato, ma questa volta vivo. E così via, all'infinito . E' quasi come effetto matryoshka postmortem cosmico.


Mondi multipli
Questa teoria instilla-speranza, ma allo stesso tempo estremamente controversa di Lanza ha molti sostenitori inconsapevoli, non solo comuni mortali che vogliono vivere per sempre, ma anche alcuni noti scienziati . Questi sono i fisici e astrofisici che tendono a concordare con l'esistenza di mondi paralleli e che suggeriscono la possibilità di universi multipli. Multiverso (multi - universo) è il cosiddetto concetto scientifico, che essi difendono . Essi credono che non esistano leggi fisiche che vietino l'esistenza di mondi paralleli.
Il primo era uno scrittore di fantascienza HG Wells che lo ha proclamato nel 1895 nel suo racconto "The Door in the Wall". E dopo 62 anni, questa idea è stata sviluppata dal Dr. Hugh Everett nella sua tesi di laurea presso l'Università di Princeton. In sostanza, questi sostiene che in ogni momento l'universo si divide in innumerevoli casi simili. E l'esatto momento successivo, questi universi " neonati ", si suddividono in un modo simile. In alcuni di questi mondi si potrebbe stare nel presente a leggere questo articolo in un universo e guardare la TV in un altro.
I fattori scatenanti di questi multiplyingworlds (universi che si moltiplicano) sono le nostre stesse azioni, spiega Everett. Se facciamo alcune scelte, subito un universo si divide in due differenti versioni di risultati.

Nel 1980, Andrei Linde, scienziato dell'Istituto del Lebedev della fisica, ha sviluppato la teoria di universi multipli. Egli è ora professore alla Stanford University. Linde ha spiegato: Lo spazio è costituito da molte sfere di gonfiaggio, che danno origine a sfere simili, e queste, a loro volta, producono sfere in numero ancora maggiore, e così via all'infinito . Nell'universo, queste sono distanziate. Non sono consapevoli della reciproca esistenza. Ma esse rappresentano parti di uno stesso universo fisico.
Il fatto che il nostro universo non è solo è supportato da dati ricevuti dal telescopio spaziale Planck. Utilizzando i dati, gli scienziati hanno creato la mappa più accurata dello fondo di nanoonde, la cosiddetta radiazione fossile cosmica di fondo, che è rimasto dall'inizio del nostro universo. Hanno anche scoperto che l'universo ha un sacco di recessi oscuri rappresentati da alcuni buchi e lacune.
Il fisico teorico Laura Mersini - Houghton presso l'Università della Carolina del Nord sostiene assieme ai suoi colleghi: esistono le anomalie del fondo di nanoonde a causa del fatto che il nostro universo è influenzato da altri universi esistenti nelle vicinanze. E buchi e le lacune sono un risultato diretto di attacchi contro di noi da universi limitrofi.

Anima
Quindi, vi e' abbondanza di luoghi o di altri universi dove la nostra anima potrebbe migrare dopo la morte, secondo la teoria del neo-biocentrismo. Ma esiste l'anima? C'è qualche teoria scientifica della coscienza, che potrebbe ospitare una simile affermazione? Secondo il dottor Stuart Hameroff, un'esperienza di premorte accade quando l'informazione quantistica che abita il sistema nervoso lascia il corpo e si disperde nell'universo. Contrariamente a interpretazioni materialistiche della coscienza, il dottor Hameroff offre una spiegazione alternativa di coscienza che può forse fare appello sia alla mente scientifica razionale che intuizioni personali.
La coscienza risiede, secondo Stuart e anche il fisico britannico Sir Roger Penrose, nei microtubuli delle cellule cerebrali, che sono i luoghi primari di elaborazione quantistica. Dopo la morte, questa informazione viene rilasciata dal corpo, il che significa che la vostra coscienza va con esso.
Essi hanno sostenuto che la nostra esperienza della coscienza è il risultato di effetti di gravità quantistica in questi microtubuli, una teoria che hanno definito la Riduzione Obiettiva Orchestrata (Orch - OR) .
La coscienza, o almeno proto-coscienza è teorizzata da loro essere una proprietà fondamentale dell'universo, presente anche al primo momento dell'universo durante il Big Bang. "In una tale schematica esperienza proto-cosciente sta la proprietà fondamentale della realtà fisica alo stesso tempo accessibile a un processo quantistico associato con l'attività cerebrale".
Le nostre anime sono infatti costruite dal tessuto stesso dell'universo - e possono essere esistite fin dall'inizio dei tempi. I nostri cervelli sono solo ricevitori e amplificatori della proto-coscienza che è intrinseca al tessuto dello spazio-tempo. Così, c'è davvero una parte della vostra coscienza che è non materiale e che vivrà dopo la morte del corpo fisico ?
Dr Hameroff ha detto al Science Channel Attraverso il documentario Wormhole: "Diciamo che il cuore smette di battere, il sangue smette di scorrere, i microtubuli perdono il loro stato quantico . L'informazione quantistica all'interno dei microtubuli non viene distrutta, non può essere distrutta, si distribuisce e si dissipa nell'universo generale. Robert Lanza potrebbe aggiungere che non solo esiste nell'universo, esiste forse in un altro universo .

Se il paziente è resuscitato, rianimato, questa informazione quantistica può andare indietro nel microtubuli e il paziente dice: "Ho avuto un'esperienza vicina alla morte".
E aggiunge: "Se non tornano in vita, e il paziente muore, è possibile che questa informazione quantistica può continuare a esistere al di fuori del corpo, forse a tempo indeterminato, come anima".
Questa interpretazione della coscienza quantistica spiega le cose come esperienze di premorte, proiezione astrale, esperienze fuori del corpo, e anche la reincarnazione senza bisogno di ricorrere a ideologia religiosa. L'energia della vostra coscienza potenzialmente viene riciclata in un corpo diverso a un certo punto, e nel frattempo esiste al di fuori del corpo fisico a un altro livello di realtà, e forse in un altro universo.

Fonte: http://xposethereal.com
Tradotto da noi per A.M.A. (articolo apparso sul blog il 12.01.2014)
Fonte http://www.accademiametafisica.org/it/home/37-altri-insegnamenti/133-gli-scienziati-sostengono-che-la-teoria-quantistica-dimostra-che-la-coscienza-dopo-la-morte-si-sposta-in-un-altro-universo



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 Oggetto del messaggio: Re: Universi paralleli
MessaggioInviato: 09/03/2018, 18:20 
Cita:
La Fisica verso l'incredibile
Multiverso: ipotesi e scoperte

Multiverso, un nome che affascina, attrae, meraviglia: la Fisica moderna, attraverso studi documentati, sta sempre più suffragando l'idea che il nostro è solo uno degli infiniti universi possibili. E che noi stessi potremmo vivere nello stesso istante vite parallele

Nella precedente parte di questo articolo abbiamo gettato delle basi importanti per comprendere che i “tempi sovrapposti” sono qualcosa di più rispetto ad una supposizione. E che tutto questo ha ben precise basi scientifiche.
Sempre più, la fisica moderna si sta connotando non come qualcosa che studia quello che vediamo, ma che rivela quello che non vediamo. Quindi, qualcosa che non indaga sul visibile, ma che svela l'invisibile. Esattamente come l'arte. Per questo, la scienza moderna si sta evidenziando sempre più come una sorta di fenomeno artistico, dove lo scienziato è essenzialmente guidato da un forte senso estetico, un senso del bello.
Detto questo, penso sia interessante riprendere da dove mi ero fermato, vale a dire dall'esempio delle armoniche musicali. Una nota risuona e noi udiamo un solo suono. In realtà, di suoni ce ne sono molti, che sono quelli che daranno la qualità del suono stesso, e ci diranno ad esempio se quel suono è emesso da un flauto, da un violoncello, oppure è cantato. Tutto questo deriva dalla componente invisibile del suono.
Questo ci riporta immediatamente al tema degli universi sovrapposti. Che qui potrebbero essere visti come vari suoni, che noi non udiamo ma che ci sono e danno colore al suono attuale. Se proviamo a togliere queste armoniche, infatti, il suono diviene spento, incolore, non sicuramente in grado di generare emozione. Tutto ciò, forse, applicato al tema che stiamo trattando, potrebbe dirci che questi universi non sono poi separati, ma in qualche modo interagiscono tra di loro.

Quando tutte le realtà collassano in una
Per comprendere questo, è importante dare uno sguardo a quello che la fisica ha detto e dice attualmente sul tema. Come facevo notare nella precedente parte di questo studio, infatti, l'argomento è ben lungi dall'essere una mera speculazione: piuttosto, esso ha un solido fondamento scientifico, soprattutto di tipo matematico. Il viaggio che ci apprestiamo ora a fare lo dimostrerà in maniera inequivocabile. E, mai come in questo momento, le equazioni prenderanno forma e voce, parlando davvero di noi e di quello che siamo. Parlavo, nella precedente sezione dell'articolo, di come la meccanica quantistica aiuti a delineare una realtà, almeno microscopica, molto diversa da quella che possiamo toccare nella quotidianità. Una realtà in cui più eventi possono coesistere in maniera sovrapposta e simultanea.
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I fisici Werner Heinsberg e Niels Bohr.

Questo già apre al discorso di universi sovrapposti. Tuttavia, nella citata “interpretazione di Copenaghen”, Niels Bohr e Werner Heisenberg stabilirono che, una volta compiuta un'osservazione e una misura, tutte queste realtà sovrapposte “collassano” in una. Questo escluderebbe, quindi, l'esistenza di mondi sovrapposti, che esisterebbero soltanto nel momento precedente all'osservazione: dopo di essa, questi mondi collasserebbero in uno. Infatti, come dicevo, dopo l'osservazione (o misurazione), il pacchetto di onde diviene una sola onda piana.

Tante ipotesi per tanti mondi
Per poter avere una formulazione diversa occorrerà attendere alcuni decenni, tre per l'esattezza. Fino al momento in cui Hugh Everett III (1930-1982), nel 1957, presentò la sua tesi di dottorato, dal titolo suggestivo di: The many world interpretation of Quantum Mechanics (l'interpretazione a molti mondi della meccanica quantistica).
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Il gatto di Schrödinger.

Il lavoro, nelle sue pagine, offre una modifica abbastanza sostanziale dell'interpretazione di Copenaghen, che non viene, però, negata del tutto.
Nel lavoro che propone, Everett accetta elementi come quelli del gatto di Schrödinger e di conseguenza l'idea di realtà sovrapposte. Argomenta, però sul collasso della funzione d'onda, uno dei cardini dell'interpretazione di Copenaghen. Il fisico, nel suo lavoro, parte da un presupposto importante: l'equazione di Schrödinger, uno dei cardini della fisica moderna, e della quale ho parlato nella precedente sezione del mio studio, propone una variazione continua dello stato quantico di una particella. Il collasso della funzione d'onda, per contro, è un qualcosa di discontinuo, che quindi genererebbe una discontinuità. Di conseguenza, non si concilia con l'equazione di Schrödinger.
Everett, di conseguenza, afferma che il collasso, che distruggerebbe il pacchetto d'onde iniziale, che vede le realtà come sovrapposte, non è possibile. L'unico modo che qui viene evidenziato, perché il cambiamento di stato quantico rimanga continuo, è che l'osservazione faccia passare da uno stato di eventi sovrapposti, ad un altro stato di eventi sovrapposti.
Questi nuovi eventi, però, non saranno più parte di questo universo, bensì andranno a generare altrettanti universi paralleli, tanti quanti sono i possibili risultati dell'osservazione (o misurazione).

In pratica, se prima vi erano una serie di stati sovrapposti, dopo l'osservazione si viene a generare una sorta di “bivio”, nel quale gli eventi si realizzano simultaneamente.
Everett spiega tutto questo in un lavoro di cerca 140 pagine, dove il linguaggio è decisamente matematico, e quindi è accessibile, di fatto, solo agli specialisti di settore. Tuttavia, è suggestivo vedere come, grazie a queste equazioni, emerga, in maniera oggettiva, un dato che appare come incredibile.
Nell'interpretazione di Everett, tuttavia, il bivio, causato da un'osservazione, genera universi puramente paralleli. Vale a dire, universi che non possono interagire tra di loro.

Multiverso e computazione quantistica

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Il fisico USA Hugh Everett.

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Il fisico inglese David Deutsch.

L'argomento verrà ripreso da altri studiosi, che forniranno modelli differenti, e a volte ancora più suggestivi. Interessante, a tal proposito, citare il lavoro di David Deutsch (1953). Il fisico, docente presso l'università di Oxford, in Inghilterra, è uno dei massimi esperti mondiali di teoria della computazione. La cosa curiosa della sua proposta è che il fisico parte dal funzionamento degli elaboratori elettronici per elaborare una teoria sul multiverso. Deutsch ne parla dettagliatamente in un suo lavoro dell'aprile 2001, The Structure of the Multiverse (la struttura del multiverso). In questo scritto, che sfiora il momento presente (in fondo, nell'evoluzione della fisica, 15 anni sono un istante), Deutsch parte dalla cosiddetta “computazione quantistica”, dove, quindi, più elaborazione avvengono in parallelo, per mostrare che esistono stati che non sono esprimibili in termini di combinazioni degli stati di partenza, anche considerando la loro evoluzione nel tempo.
Tutto ciò, spiegato in questo modo, appare piuttosto sibillino, almeno per un non addetto ai lavori. Quindi, è il caso di fornire qualche spiegazione. La meccanica quantistica ha un principio fondamentale, che si definisce “principio di sovrapposizione”.
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Vale a dire che, se un certo elemento esiste in due diversi stati quantici, esiste anche in una loro combinazione. Applicato al caso che stiamo considerando, ci dice che le combinazioni di tutte le possibili computazioni quantistiche sono sempre possibili computazioni e possibili stati del sistema considerato.
Quello che Deutsch fa notare è che esistono combinazioni che non appartengono al sistema. E anche che esistono combinazioni che, in qualche modo, “portano fuori” dal sistema di partenza. È come se, combinando degli oggetti di una certa struttura, ottenessimo qualcosa che non appartiene più alla struttura di partenza (matematicamente si potrebbe forse dire che il sistema non è chiuso rispetto a tutte le possibili combinazioni).
Da qui, il fisico deduce l'esistenza di una struttura di multiverso. Una struttura che, a differenza di quella proposta da Everett, ha sì universi paralleli, ma che possono, in qualche modo, interagire tra di loro. Con quelle che verranno definite “particelle ombra”.
Il risultato a cui giunge Deutsch apre interessanti considerazioni e riflessioni. Infatti, se questo viene esteso alla realtà tangibile, non solo potremmo dedurre che ci sono “copie” di noi stessi in altri universi paralleli, ma che, addirittura, queste copie possono interagire.
Potremmo, in questo, andare ad affermare che eventuali problematiche legate alla psiche potrebbero derivare da interferenze con altri “noi stessi” di universi paralleli a quello attuale. Qui, però, mi fermo, questo discorso ci porterebbe davvero molto, forse troppo lontano. È già stato accennato in un mio lavoro, in due parti, sulla supersimmetria, e qui trova la sua massima espressione, in qualcosa che è perfettamente dimostrabile da un punto di vista matematico.

Scenari incredibili... La teoria delle stringhe
Ma i modelli di multiverso possono andare ancora “oltre”. Il secolo attuale, infatti, è ricco di studi sull'argomento. Studi che stanno aprendo scenari sempre più incredibili.
La prima domanda che è lecito porsi, in questo senso, è se queste strutture occupino spazi e tempi diversi tra di loro. Non potremmo pensare che, invece, siano qui, in questo spazio-tempo, semplicemente con percezioni differenti? Se la risposta a questa domanda fosse affermativa, potremmo dedurre che molte realtà possano coesistere in questo spazio-tempo.
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La risposta a tutto questo giunge dalla teoria delle stringhe. Ho già trattato l'argomento nel corso del mio lavoro sulla supersimmetria. Riprendendo i punti fondamentali di questa teoria, essa vede tutta la materia generata da vibrazioni di oggetti unidimensionali, detti “stringhe”, che vibrano sino a 26 dimensioni. Più stringhe si raggruppano a formare una membrana. Ogni membrana costituisce un universo. Quello che contraddistingue le varie membrane, quindi, è solo la frequenza di vibrazione. Quindi, queste possono occupare, simultaneamente, lo stesso spazio-tempo, semplicemente a frequenza differente.
È sorprendente, in tal senso, l'accordo con il mondo spirituale, e con quanto viene qui detto su questo argomento. Infatti, se questa teoria descrive la realtà, ciò potrebbe significare che esistono mondi in cui i pianeti che qui sono disabitati sono invece abitati. Ad esempio, Marte di un universo parallelo potrebbe essere vivo e vitale, abitato da persone simili a noi, e pullulante di costruzioni, magari completamente diverse dalle nostre.

La teoria delle membrane e dell'universo a bolle
La teoria delle membrane è stata elaborata dal fisico Edward Witten (1951), docente presso l'Università di Princeton, negli Stati Uniti. Witten chiamò questa teoria “Teoria M”, lasciando la M non specificata, e avvolta in una sorta di aura di mistero (che inizia sempre con la m, anche in inglese!). Solo più tardi, nel 2013, Witten rivelò alla giornalista scientifica Amanda Gefter che la M stava per “membrana”. Witten si è occupato di questo in diversi studi. Uno di questi, piuttosto divulgativo, di sole otto pagine, è: Adventures in Physics and Math (Avventure nella matematica e nella fisica) e anche in: Can scientists’ “theory of everything” really explain all the weirdness the universe displays? (Può la “teoria del tutto”, espressa dagli scienziati, spiegare davvero tutte le stranezze che l'universo ci pone davanti?).
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In qualche modo collegata a questa teoria vi è quella detta dell'”universo a bolle”. In base a questa teoria, tutti i possibili universi deriverebbero dalla schiuma quantica di un universo genitore. Questa schiuma è data dal ribollire di un universo, causato dalle fluttuazioni di energia. Quando queste fluttuazioni sono superiori ad una certa soglia, dall'universo genitore si stacca una bolla che, espandendosi, darà origina ad un nuovo universo. Di questo si è occupato il fisico russo Andrej Linde (1948), ora docente a Stanford, negli Stati Uniti.
Linde parla di questo nel suo studio: Inflation in Supergravity and String Theory: A Brief History of the Multiverse (Inflazione nella supergravità e nella teoria delle stringhe: una breve storia del multiverso). In questo scritto, piuttosto matematico (anche se la matematica utilizzata non è poi di livello così inaccessibile), Linde propone un modello che prende le mosse dalla “teoria dell'universo inflazionario”, proposta dal fisico Alan Guth (1947), docente al Massachusetts Institute of Technology (MIT). In base a questa teoria, l'universo, nei primi istanti di vita, avrebbe subito una fortissima espansione, sotto l'effetto di una forza, detta “inflatone”. Questa espansione avrebbe permesso un'espansione tale da portare le dimensioni dell'universo, da miliardi di volte inferiori a quelle di un protone, a quelle di un pallone da calcio. Non a caso, in inglese la parola inflaton significa “gonfiaggio”. Questa spinta potrebbe essere stata causata da quella “gravità negativa”, che è data dalla cosiddetta “energia oscura”, che rappresenterebbe circa il 68% dell'energia dell'universo.

Il nostro universo è matrice di altri?
Torniamo ora all'esempio fatto nella precedente parte di questo studio, citato anche in questa. Vale a dire, l'esempio relativo alle varie armoniche della musica. Vale a dire quella componente che, della musica, non si vede, ma che fornisce colore alla musica stessa. Questo, riportato al caso del multiverso, ci fa pensare a possibili influenze che l'esistenza di universi sovrapposti, o simultanei, potrebbe avere avuto sulla nascita del nostro.

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Il fisico olandese Tom Gehrels.

Se ne è occupato il fisico olandese Tom Gehrels (1925-2011), in un suo studio dal titolo: The Multiverse and the origin of our Universe (il Multiverso e l'origine del nostro Universo), pubblicato il 6 luglio 2007 presso l'Università dell'Arizona. Qui, Gehrels parte dalla relazione, esposta dal fisico indiano Subrahmanyan Chandrasekhar (1910-1995), che mette in relazione la massa di strutture nell'universo con costanti note, quali quella di Planck, la costante cosmologica e la massa del protone. La massa, qui, è dipendente da un numero, detto α, che varia a seconda del corpo considerato, quindi a seconda che ci si stia occupando di una stella, di una galassia o di altro ancora.
Mediante il suo modello, Gehrels riesce a spiegare la materia oscura, ma anche l'esistenza di un multiverso. La dispensa, in inglese, è di sole 16 pagine e non è particolarmente impegnativa, almeno per chi abbia qualche nozione di fisica.
Abbiamo, quindi, diversi modelli di universo, che appaiono anche abbastanza differenti tra di loro. La domanda che ci poniamo ora, credo lecita è: questi modelli possono essere, in qualche modo, combinati tra di loro? Vale a dire, questi modelli possono coesistere?

I modelli proposti dai fisici possono coesistere?
La risposta ci arriva da Max Tegmark (1967), fisico svedese, ora docente presso il citato MIT. Tegmark, noto per il suo libro: L'Universo Matematico, si è occupato a fondo di questo argomento. Una sua pubblicazione dove ne parla in dettaglio è Parallel Universes. In questo studio, pubblicato presso il MIT il 23 gennaio 2003, il fisico divide, per così dire, tutti i possibili universi sovrapposti in quattro livelli, che raggruppano le possibilità viste in precedenza, e ne aggiungono di nuove.

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Il fisico svedese Max Tegmark.

Il primo livello di cui Tegmark si occupa è quello degli universi che si trovano al di là del cosiddetto “orizzonte cosmico”. Per capire che cos'è, pensiamo all'universo generato dal big bang. Questo universo, anche se in espansione, è finito. Quindi, cosa c'è al di là? Al di là potrebbero esserci altri possibili universi! L'esistenza di questa classe di universi richiede, tuttavia, il fatto che l'universo sia infinito. Questo potrebbe essere provato dal cosiddetto “rumore di fondo” (o radiazione di fondo) data dal big bang, e dall'omogeneità dell'universo.
Il secondo livello è quello dell'universo a bolle, di cui parlavo prima, e proposto da Andrej Linde. Questo livello, avendo alla base solo un modello matematico, non ha ovviamente evidenza empirica. Inoltre, occorre ammettere l'inflazione caotica, di cui si parlava prima, per poterlo accettare. In compenso, la precisione e l'accuratezza con cui sono formulate le equazioni (ricordiamo che la matematica è un vero “sesto senso”) ci potrebbe permettere di accettare questo modello.
Il terzo livello è quello che Tegmark definisce “i molti mondi della fisica quantistica”. Qui trovano posto tutti quegli universi che prendono forma dalle possibili scelte, di cui parlava anche Everett nel suo modello. E, sempre in questa classe, come nella successiva, che vedremo a breve, possono trovare posto anche i modelli di multiverso derivanti da stringhe e membrane. Le prove a suffragio di questo livello di universi sono date dal fatto che la fisica quantistica è una teoria che ha già diverse prove empiriche, e ha un importante e molto preciso substrato matematico.
Il quarto livello proposto è il più astratto. Tegmark lo classifica come “altre strutture matematiche”. Qui possono trovare posto tutte quelle strutture matematiche che danno origine a universi. Qui non c'è alcuna prova empirica, ovviamente. E quindi occorre accettare che l'evidenza matematica equivale a quella fisica, vale a dire che ciò che esiste a livello matematico esiste anche a livello fisico.

La nostra vera dimensione è il multiverso?
Anche se i fisici sperimentali potrebbero storcere il naso, io sono in accordo con questa idea. Lo stesso Tegmark cita Platone, per il quale tutto quanto esiste nel mondo fisico è una copia imperfetta di qualcosa d'altro. I modelli matematici, seppur non corrispondenti all'intuizione più elevata, sono comunque molto più attendibili, secondo questa ottica, di quelli empirici. Quindi, non solo esprimono la realtà fisica, ma esprimono una realtà superiore a quella tangibile, di cui quella tangibile è solo un modello imperfetto.

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Stephen Hawking con il naturalista David Attenborough.

Lo stesso Tegmark, poi, a suffragio di questo modello, cita la risposta di John Archibald Wheeler (1911-2008) ad una domanda di Stephen Hawking (1942). Questa risuona più o meno come una nuova domanda: “Perché le equazioni sono queste, e non altre”.
Concludendo: potremo mai toccare con mano il multiverso? Forse lo stiamo già facendo. E lo abbiamo sott'occhio, ad esempio, in fenomeni quali le arti figurative. Qui, tutte le infinite possibili scelte prendono forma in un istante, attraverso tempi sovrapposti.
Ne parlo anche nel mio romanzo Bivi Esistenziali, dove il protagonista si trova a poter “saltare” tra universi sovrapposti, grazie all'arte e alla musica. Il problema è che, nel nostro mondo, l'elemento tempo è sempre presente. Dalla nostra osservazione esso prende forma. E con quello occorre fare i conti. Quel tempo che qui scorre in maniera lineare. Tuttavia, come dicevo nella precedente puntata, esiste una “dimensione assoluta” dove non c'è né spazio né tempo e dove tutto è qui ed ora.
Forse, la nostra vera dimensione è quella. Forse, noi veniamo da quella dimensione, e, in qualche modo, siamo “caduti” qui, nello spazio e nel tempo. La matematica e la fisica sono cammini di riscoperta, che ci permettono di intuire, e dimostrare in maniera oggettiva, l'esistenza di questa dimensione dell'oltre, dove tutto è sovrapposto, dove tutto è qui ed ora. Questa dimensione, dove tutto va a coincidere, è quella dove torneremo. E allora tutto, universi compresi, diverrà uno, e la separazione sarà, finalmente, annullata.
Lì, tutto lo studio effettuato dalla matematica e dalla fisica troverà il suo compimento, e la sua piena manifestazione.

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 Oggetto del messaggio: Re: Universi paralleli
MessaggioInviato: 13/03/2018, 22:48 
io non mi stupisco affatto che prima vi arrivi LA fantascienza, esattamente come lo scrittore Clark che invento' il concetto di satellite negli anni 50 nei suoi romanzi di fantascienza, questo perche LA nostra realta' che i media ci proiettano e' spesso fantasia come il mito dello spazio.



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 Oggetto del messaggio: Re: Universi paralleli
MessaggioInviato: 16/05/2018, 23:55 
Cita:
Universi paralleli abitabili?

Un nuovo studio ipotizza la presenza di forme di vita nelle cosiddette ‘dimensioni parallele’ alla base della teoria del multiverso.
I risultati su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society

Giulia Bonelli 14 maggio 2018

E se il nostro universo non fosse l’unico esistente? Questa ipotesi è stata formulata da tempo, ed è nota come teoria del multiverso. Sostenuta da diversi fisici, tra cui Stephen Hawking, afferma che fuori dal nostro spazio-tempo potrebbero esserci diverse dimensioni parallele, che darebbero vita appunto a universi multipli. Ora un nuovo studio condotto dall’Università di Durham in Gran Bretagna e dall’Università di Sydney in Australia porta all’estremo la teoria del multiverso: non solo i cosmi paralleli al nostro esistono, ma potrebbero persino ospitare la vita. Questa la sintesi dei risultati che emergono dall’articolo appena pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.

Secondo gli scienziati, la chiave di tutto sarebbe nell’energia oscura, la forza misteriosa responsabile dell’accelerazione dell’universo. Le attuali teorie dell’origine del cosmo predicono molta più energia oscura di quanto effettivamente emerge dai calcoli sperimentali. Che fine ha fatto dunque l’energia mancante? La teoria del multiverso nasce proprio per spiegare questo scarto della componente ‘oscura’ del cosmo: la quantità mancante sarebbe distribuita negli altri universi paralleli al nostro. Ora, in questo quadro la ‘dimora cosmica’ in cui viviamo risulterebbe particolarmente fortunata, dal momento che contiene la giusta dose di energia oscura per permettere l’evoluzione della vita; le altre dimensioni sarebbero invece alquanto inospitali.

Il nuovo studio ribalta invece questo approccio: grazie a una serie di simulazioni, i ricercatori hanno dimostrato che il nostro universo avrebbe potuto ospitare le vita anche con una quantità di energia oscura diversa da quella calcolata. In altri termini, le condizioni che hanno portato alla nascita delle prime forme viventi sulla Terra non sarebbero poi così straordinarie: al contrario, è possibile che si siano verificate anche in altre dimensioni. Da qui l’ipotesi per cui la vita potrebbe esistere anche in altri luoghi spazio-temporali del multiverso.

Le simulazioni sono state prodotte nell’ambito del progetto Eagle (Evolution and Assembly of GaLaxies and their Environments), uno degli strumenti che riproduce più fedelmente l’evoluzione del cosmo. “Il nostro studio – commenta Jaime Salcido dell’Università di Durham, prima firma dell’articolo – mostra che anche se nel nostro universo ci fosse molta più energia oscura, o molta meno, questo avrebbe solo un minimo effetto sulla formazione di stelle e pianeti. Lo stesso potrebbe dunque avvenire attraverso il multiverso.”
Fonte



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 Oggetto del messaggio: Re: Universi paralleli
MessaggioInviato: 29/08/2018, 23:00 
Cita:
Trovata la prima prova di un Universo parallelo?


Un recente studio su un’anomalia spaziale che aveva lasciato perplessi gli scienziati per anni, potrebbe aver dato qualche indicazione su una effettiva esistenza di un universo parallelo, e potrebbe dunque provare la validità della “Teoria del Multiverso”.



Misurando la radiazione cosmica di fondo in tutto l’Universo, anni fa gli scienziati sono rimasti molto sorpresi davanti a un’anomalia spaziale molto particolare: una “macchia fredda” a circa 1,8 miliardi di anni luce di distanza, la cui temperatura era di circa 0,00015 gradi centigradi minore dei suoi dintorni.



Inizialmente, gli astronomi hanno spiegato la singolarità invocando la quantità di materia contenuta in questa regione; un’area con circa 10 mila galassie in meno, rispetto ad analoghe sezioni dello spazio con essa confrontabili.

Il “supervuoto”


Ora però, secondo un’indagine sulle galassie, recentemente pubblicata sulla rivista della Royal Astronomical Society, il Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, quella del “supervuoto” (così è stata chiamata la macchia fredda) potrebbe non essere la spiegazione giusta: quello che si pensa è che le galassie del supervuoto siano raggruppate intorno a vuoti più piccoli che popolano la macchia fredda in modo simile a “bolle”.


Questi piccoli vuoti, tuttavia, non riescono ancora a spiegare completamente le differenze osservate. Per legare le differenze di temperature ai vuoti più piccoli, i ricercatori sostengono che sarebbe necessario introdurre un modello cosmologico non standard. Inoltre, sarebbero possibili ulteriori spiegazioni, per le origini della macchia, tra cui una esotica: “la macchia fredda potrebbe essere stata generata da una collisione tra il nostro universo e un’altra ‘bolla di universo’ “, dichiara Tom Shanks, della Durham University, tra gli autori dello studio “se ulteriori studi della radiazione cosmica di fondo confermeranno questa ipotesi, allora la macchia fredda potrebbe essere considerata come la prima prova del multiverso e potrebbero esistere miliardi di universi come il nostro“.

Il multiverso


La teoria del multiverso contempla la possibilità che il nostro Universo esiste in una sua “bolla”, in contemporanea con altri universi paralleli che esistono ognuno nella propria bolla. Attualmente, si tratta solo di una speculazione teorica ma, a detta degli scienziati, la macchia fredda potrebbe fornire i primi indizi concreti che il multiverso potrebbe essere qualcosa in più di una mera ipotesi.
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 Oggetto del messaggio: Re: Universi paralleli
MessaggioInviato: 31/08/2018, 14:50 
basterebbe studiarsi bene l'esperimento Filadelfia, dove sembra che i volontari sono stati spediti in dimensoni parallele abitate da mostriciattoli alieni [:291]



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 Oggetto del messaggio: Re: Universi paralleli
MessaggioInviato: 01/09/2018, 13:27 
Si, sicuramente gli studi di cosmologia si basano sull'analisi di leggende metropolitane, quale modo migliore per scoprire il funzionamento della materia!



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 Oggetto del messaggio: Re: Universi paralleli
MessaggioInviato: 16/02/2019, 18:43 
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L'origine 'fondamentale' del tempo

10 settembre 2015 Corrado Ruscica

Mettiamo nel giusto ordine le seguenti frasi: un uomo muore, più tardi si sposa e finalmente nasce. Grazie al nostro senso della percezione del tempo, si tratta di un gioco da ragazzi: “la morte segue sempre la nascita” e non accade mai il contrario. Tuttavia, ad un livello più fondamentale, il problema sull’origine del tempo rimane ancora un mistero.

“È uno dei problemi più profondi della scienza di frontiera”, spiega Nima Arkani-Hamed, un fisico teorico dell’Institute of Advanced Studies (IAS) a Princeton. “Che cos’è il tempo? Da dove proviene? Non è nemmeno chiaro se queste parole abbiano, o meno, un senso. A stento riusciamo a pensare a un mondo, o alla stessa fisica, senza tempo”. Confusi da ciò che implicherebbe l’assenza stessa del tempo, c’è però una sempre più crescente evidenza che al livello più fondamentale della realtà il tempo sia davvero una mera illusione. Cosa ancora più strana è il fatto che alcuni test di laboratorio, realizzati con il laser, e certi progressi nell’ambito della teoria delle stringhe, quel quadro matematico secondo cui le particelle sono composte da stringhe vibranti di energia, portino indipendentemente all’idea che in definitiva il tempo non esiste.
Nella concezione di Einstein, lo spazio e il tempo sono interconnessi tra loro. Essi formano un’unica entità a 4 dimensioni. Spazio e tempo non sono più assoluti ma sono relativi al sistema di riferimento dell’osservatore.
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Più di un secolo fa, la nostra idea di tempo e spazio era molto meno complicata. I fisici seguivano il moto degli oggetti rispetto ad un sistema di riferimento fisso, indicato dalle tre dimensioni spaziali, e segnavano la loro velocità sulla base di un singolo orologio, una sorta di “cronometro di dio” che essi credevano misurasse il tempo allo stesso modo, non importa il luogo in cui ci si trova nel cosmo. Ben presto, però, agli inizi del XX secolo, questa idea venne ribaltata da due rivoluzioni scientifiche. Con la prima rivoluzione, la teoria della relatività mise insieme lo spazio e il tempo in un sistema “elastico” quadridimensionale. Questo nuovo concetto, che Einstein chiamò “continuo spaziotemporale”, sosteneva che tale sistema poteva “piegarsi” attorno ad oggetti massivi creando una curvatura del “tessuto” dello spaziotempo.
Lo spaziotempo quadridimensionale della relatività generale può essere rappresentato dal cosiddetto ‘tessuto di Eddington’, una sorta di lenzuolo di gomma, dove la presenza di un corpo dotato di massa ne determina la deformazione geometrica in quella regione. Nel caso di un buco nero, la distorsione dello spaziotempo diventa estrema e in questo caso si forma una specie di ‘pozzo gravitazionale’, circoscritto da una linea di non ritorno, detta orizzonte degli eventi, al di là della quale la gravità è talmente intensa che niente può sfuggire, nemmeno la luce.
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In questo modo, gli oggetti più piccoli possono rotolare lungo seguendo linee curve verso gli oggetti di massa più grande, grazie alla loro maggiore attrazione gravitazionale. In questa nuova teoria dell’Universo, il tempo non era più a lungo uno “spettatore immutabile” bensì una vera e propria dimensione interconnessa con lo spazio. Anziché essere quella dimensione non ambigua da prendersi come riferimento assoluto, ora il tempo diventava relativo. Dunque, la teoria della relatività di Einstein mostrò che gli orologi avrebbero segnato il tempo con un ritmo diverso in funzione del loro moto nello spazio e della posizione rispetto agli oggetti più massivi, che li attraggono a causa dell’azione esercitata dalla gravità.
La relatività generale descrive uno spaziotempo continuo, liscio senza alcuna irregolarità. Se consideriamo scale piccolissime, dell’ordine delle dimensioni atomiche, ci accorgiamo che esistono una serie di fluttuazioni quantistiche, dovute alla creazione spontanea di coppie particella/antiparticella, che danno allo spaziotempo una forma alquanto spigolosa e irregolare.
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La seconda rivoluzione, invece, che introdusse una nuova visione del tempo fu la meccanica quantistica, la fisica che descrive il mondo degli atomi. La teoria dei quanti suggerì ben presto che su scale molto piccole, la realtà diventava alquanto strana e bizzarra. Ad esempio, due particelle possono diventare “correlate” (via entanglement quantistico) in modo tale che esse agiscono in tandem. In altre parole, un esperimento che viene eseguito su una particella influenzerà immediatamente l’altra, non importa quanto esse siano distanti. Dunque, le particelle distanti “comunicano istantaneamente”, un fatto che apparentemente viola non solo la regola in base alla quale nulla può viaggiare più veloce della luce ma anche lo stesso concetto di tempo.
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Il vero “problema del tempo”, così come è diventato poi noto, emerse negli anni ’60 quando i fisici tentarono di conciliare la meccanica quantistica, che governa le leggi fisiche del microcosmo, e la relatività generale, la teoria del macrocosmo. La ricerca di una “teoria del tutto”, che permetta di descrivere le leggi fisiche degli oggetti su tutte le scale, era già in atto. Una delle ipotesi più famose, sebbene controverse, emerse da due fisici del New Jersey: John Wheeler della Princeton University e Bryce DeWitt dell’IAS. Wheeler e DeWitt cercarono di descrivere l’intero Universo con la meccanica quantistica, cioè tentarono di applicare leggi della fisica del microcosmo ai pianeti, alle stelle, alle galassie e alle strutture cosmiche. “Molti fisici si domandarono se il loro approccio funzionasse, dato che non c’era stata alcuna evidenza che suggeriva il contrario”, dice Marco Genovese, un fisico quantistico presso l’ Istituto Nazionale di Ricerca Metrologica (INRIM) a Torino. Tuttavia, sembrava ragionevole almeno provare ad unificare la matematica delle due teorie per vedere che cosa accade. Quando i due fisici provarono a combinare le equazioni di Einstein con quelle della meccanica quantistica, essi si trovarono di fronte ad una sorpresa: i due insiemi di leggi fisiche mostravano indipendentemente il tempo come una variabile rispetto alla quale evolvevano gli eventi. Ma quando le due teorie erano combinate per produrne una, la variabile del tempo veniva letteralmente cancellata dalle equazioni matematiche. Gli scienziati avevano derivato una nuova equazione che descriveva come si comportava l’Universo e non c’era più una quantità nella loro formulazione matematica che potesse essere utilizzata per indicare lo scorrere del tempo. “L’equazione di Wheeler-DeWitt dice che l’Universo è stazionario e nulla evolve nel tempo”, fa notare Genovese. “Ma, naturalmente, tutti noi percepiamo lo scorrere del tempo”. Questa conclusione fu chiaramente errata. Ad ogni modo, i fisici non trovarono niente di sbagliato nel percorso matematico che era stato intrapreso da Wheeler e DeWitt. Per prima cosa, sembrava che essi avevano erroneamente ritenuto che l’intero cosmo potesse essere descritto in termini delle leggi del mondo dei quanti. Ma ci fu un’altra possibilità intrigante, proposta negli anni ’80 da Don Page ora all’University of Alberta, in Canada e da William Wooters del Williams College a Williamstown, nel Massachusetts. Page e Wooters decisero di applicare questo concetto dibattuto assumendo che l’intero Universo potesse essere trattato come una sorta di “oggetto quantistico gigantesco” soggetto cioè alle stesse leggi fisiche delle particelle subatomiche. Essi immaginarono di suddividere il cosmo in due “sezioni”. Dato che in questo modello dovevano prevalere le leggi della fisica quantistica, queste due sezioni sarebbero state “correlate” via entanglement. Di fatto, gli scienziati hanno trovato che due particelle connesse mediante entanglement quantistico possono avere valori uguali ma opposti: ad esempio, se una particella ruota in senso orario, l’altra ruoterà in senso anti-orario così che le loro proprietà si cancellano quando vengono sommate. Page e Wooters affermarono che allo stesso modo ogni sezione del loro cosmo poteva evolvere indipendentemente, ma dato che tali sezioni erano correlate dall’entanglement quantistico, qualsiasi cambiamento che accadeva in una sezione sarebbe stato controbilanciato nell’altra sezione. Ad un osservatore all’interno di una delle due sezioni il tempo appariva trascorrere, ma ad un osservatore esterno l’intero cosmo sarebbe apparso statico. Mentre Page e Wooters avevano proposto un quadro teorico, basato appunto sull’entanglement quantistico, sembrava che non ci fosse alcun modo di confermare o smentire la loro idea sul fatto che il loro cosmo sarebbe apparso stazionario a qualcuno che vi entrasse dall’esterno.

Nel 2013, Genovese e colleghi realizzarono un esperimento per verificare se, almeno in laboratorio, fosse possibile creare un modello di universo in miniatura costituito da due particelle di luce (fotoni) generate da un laser. Lo scopo dell’esperimento era quello di provare che è possibile creare una situazione in cui un sistema quantistico appare immutabile quando viene osservato dall’esterno, mentre quando viene analizzato dall’interno sembra evolvere. Per realizzare l’esperimento, Genovese e colleghi dovevano monitorare la polarizzazione dei fotoni, che indica la direzione lungo la quale essi oscillano. Se una particella polarizzata viene fatta ruotare con una velocità costante, allora la sua posizione può essere utilizzata in qualsiasi momento per segnare gli intervalli di tempo, un po’ come la lancetta dei secondi di un orologio. I ricercatori hanno così “correlato” i due fotoni in modo tale che le loro polarizzazioni seguano due tratti opposti: ad esempio, se la polarizzazione di una particella viene misurata in direzione “su e giù” quella dell’altra vibra nella direzione “destra a sinistra”. Dunque, per mettere in moto i loro fotoni “indicatori del tempo”, i ricercatori hanno fatto passare le due particelle attraverso delle piastre di quarzo in modo da causare la rotazione della loro polarizzazione. È stato osservato che la rotazione della polarizzazione è correlata col tempo trascorso all’interno delle piastre di quarzo, il che dà una misura del passaggio del tempo. I fisici hanno ripetuto diverse volte l’esperimento, fermandosi in ogni test in un momento diverso per misurare la polarizzazione di uno dei due fotoni. “Nel momento in cui misuriamo il primo ‘fotone-orologio’ diventiamo ‘correlati’ con la particella”, dice Genovese. “Ciò significa che siamo divenuti parte di quell’universo e possiamo monitorare l’evoluzione del secondo fotone rispetto al nostro fotone-orologio”. Armati di questa capacità, il team ha poi confermato che un fotone sembra modificarsi quando viene misurato rispetto al suo partner, allo stesso modo con cui Page e Wooters ritenevano che una parte del loro universo potesse essere osservata evolvere se misurata rispetto all’altra sezione del cosmo. Ad ogni modo, Genovese deve ancora confermare la seconda parte della sua ipotesi: in altre parole, che quando l’intero sistema correlato mediante entanglement quantistico viene osservato nel suo insieme, e dall’esterno, esso appare statico. In questa parte dell’esperimento, il team ha assunto la posizione di una sorta di “super osservatore” che sta al di fuori dell’universo. Questo osservatore esterno non sarà mai in grado di osservare il singolo stato dei due fotoni perché facendo così diventerebbe correlato con loro e perciò sarebbe un osservatore interno. Invece, l’osservatore può misurare lo stato congiunto dei due fotoni. Il team ha eseguito il test molte volte, fermando l’esperimento in punti differenti e osservando i due fotoni come un sistema unico per cui è stato possibile misurare la polarizzazione totale. In ogni test, i ricercatori si sono accertati che i due fotoni correlati per via dell’entanglement quantistico fossero polarizzati in modo eguale ma opposto. Non importa quanto tempo trascorreva perchè i due fotoni si trovavano sempre esattamente in una sorta di “abbraccio quantistico”. Insomma, quel mini-universo appariva statico e completamente immutabile per un osservatore esterno. Perciò, il cosiddetto “problema del tempo”, scoperto da Wheeler e DeWitt, può essere risolto se si assume che il tempo sia una sorta di “artefatto” creato dall’entanglement quantistico.

Nel corso degli ultimi decenni, un certo favore a supporto della natura illusoria del tempo è emerso dalla teoria delle stringhe, formulata negli anni ’60 per spiegare l’interazione nucleare forte che lega le particelle elementari all’interno dei nucleoni e degli atomi. Man mano che essa veniva studiata sempre più in dettaglio, i fisici proposero l’idea secondo cui le particelle subatomiche fossero in definitiva composte da minuscole stringhe vibranti di energia. Questo nuovo modo di percepire i mattoni fondamentali della natura ebbe una serie di conseguenze importanti. Si trovò, infatti, che la teoria delle stringhe poteva essere alquanto utile per quelli che come Wheeler e DeWitt avevano tentato di unificare le leggi della meccanica quantistica con quelle della relatività generale. Questa unificazione si rendeva necessaria per spiegare come appariva l’Universo subito dopo il Big Bang, quando cioè tutta la materia era compressa in un volume infinitamente piccolo. Non solo, ma una teoria unificata avrebbe inoltre permesso di rivelare ciò che accade nei buchi neri. Prima della scoperta della teoria delle stringhe, i fisici si trovarono di fronte ad enormi problemi quando tentavano di combinare le equazioni della relatività generale con quelle della meccanica quantistica. La matematica risultante da questo processo di combinazione suggeriva che punti infinitamente piccoli nello spazio che ci circonda avrebbero contenuto quantità infinitamente grandi di energia: in altre parole, ciò significava che siamo circondati da buchi neri da ogni direzione, il che non è vero. La teoria delle stringhe superò questo problema assumendo che nulla può essere più piccolo delle dimensioni di una stringa, implicando che le equazioni della teoria non si sarebbero mai preoccupate di quelle regioni dello spazio che sarebbero state più piccole di questo limite fondamentale, eliminando così la matematica complessa e le sue predizioni di energie infinite o di altre situazioni impossibili. Con la teoria delle stringhe, sembrò che la fisica del microcosmo e del macrocosmo potevano coesistere davvero, almeno una volta che la teoria delle stringhe venne affinata. Inoltre, il problema della dimensione della stringa sollevò nuove domande sulla natura dello spazio e, a sua volta, del tempo. Questo perché la teoria afferma che nessun esperimento, non importa quanto esso sia elaborato, sarà mai in grado di mostrarci ciò che accade su scale di lunghezza più piccole della dimensione della stringa. “Ciò che succede su scale di lunghezza molto piccole è un concetto mal posto”, spiega il teorico delle stringhe Nathan Seiberg dell’IAS. “Forse lo spazio esiste ancora, ma non possiamo misurarlo, oppure molto probabilmente non c’è assolutamente niente che possiamo misurare”. Questo vuol dire semplicemente che lo spazio potrebbe non esistere al di sotto di un certo limite. Poiché Einstein ha già dimostrato con la sua teoria che il tempo è proprio un’altra dimensione, come lo spazio, allora “se lo spazio diventa ambiguo, anche il tempo deve essere altrettanto ambiguo”, dice Seiberg. “La gente spesso chiede: ‘Che cosa accadde prima del Big Bang?’ Ma ciò che vediamo è che nel momento in cui ebbe inizio l’Universo, la nozione di tempo cessa di esistere”. Quando si ha a che fare con gli “ingredienti cosmici”, l’entanglement quantistico diventa più fondamentale dello spazio e del tempo. “Questo tipo di ambiguità diede ai teorici delle stringhe il primo sentore sul fatto che il tempo potrebbe non esistere ad un livello fondamentale”, nota Seiberg. La nostra esperienza del tempo potrebbe essere costruita a partire dai mattoni fondamentali, un po’ come la temperatura che emerge dal moto collettivo degli atomi. Un singolo atomo non ha una temperatura. Il concetto di caldo o freddo ha solamente significato quando si misura la velocità media di un grande numero di atomi: particelle che si muovono velocemente hanno una temperatura più elevata e viceversa. Allo stesso modo, potrebbero esistere dei “granelli fondamentali” che insieme generano la nostra esperienza di tempo. Che cosa poi siano quei “granelli” è una domanda che non ha ancora una risposta.
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All’interno del modello di ‘universo-zuppiera’ di Juan Maldacena, stringhe e buchi neri sone governati dalla gravità, mentre sulla superficie le particelle subatomiche ordinarie interagiscono attraverso le leggi della meccanica quantistica. Si tratta di un esempio concreto di olografia che suggerisce come tutta l’informazione contenuta all’interno di una certa regione della ‘zuppiera’ è in realtà presente sul suo bordo. Credit: CERN

Cosa ancora più strana è che alcuni recenti progressi nell’ambito della teoria delle stringhe suggeriscono che i “semi cosmici” da cui ha origine il tempo sono, per così dire, “seminati” nelle parti più estreme della realtà. Questa idea fonda le sue radici in uno strano modello che descrive un ipotetico universo formulato verso la fine degli anni ’90 dal fisico teorico Juan Maldacena dell’IAS, all’epoca alla Harvard University dove studiava le relazioni matematiche che avrebbero permesso di conciliare la meccanica quantistica con la relatività generale. Egli allora decise che questa conciliazione tra le due teorie era possibile se si utilizzavano le stringhe. Il cosmo immaginario di Maldacena ha la forma di una “zuppiera” le cui pareti sono infinitamente distanti. All’interno di questa “zuppiera-universo”, egli considera stringhe e buchi neri il cui comportamento è governato dalla gravità, mentre sulla superficie esistono le particelle subatomiche ordinarie che interagiscono attraverso le leggi della meccanica quantistica. Sebbene la “zuppiera-universo” di Maldacena non appare molto simile al nostro Universo, il suo modello lo aiutò a visualizzare come le leggi più profonde della natura potevano essere in qualche modo correlate. In questo modello, la relatività generale “vive” nell’immenso spazio tridimensionale all’interno della “zuppiera-universo” mentre la meccanica quantistica governa il comportamento delle particelle che si muovono sulla superficie bidimensionale. L’intuizione di Maldacena fu quella di considerare che i due insiemi di leggi fisiche fossero in qualche modo equivalenti, dove gli eventi di natura gravitazionale all’interno della “zuppiera-universo” corrispondessero ai processi quantistici sulla sua superficie, come una sorta di ombra proiettata sulle pareti della zuppiera. Utilizzando questo modello matematico, Maldacena trovò che per ogni processo quantistico che si ha sulla superficie del suo “universo-zuppiera” si ha un evento equivalente al suo interno. Alcuni modelli teorici sviluppati da Maldacena e da altri teorici indicano che le particelle correlate per entanglement quantistico sulla superficie della “zuppiera-universo” possono “comunicare” le loro azioni attraverso tunnel o “wormholes” nelle regioni più interne di questo particolare “universo-zuppiera”. Tutto ciò suggerisce che sia proprio l’entanglement quantistico a rappresentare quel processo cosmico fondamentale che genera le proprietà emergenti dello spazio e del tempo.
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Mark Van Raamsdonk immagina che l’entanglement crei lo spaziotempo in maniera graduale. Nella parte più esterna della figura, le singole particelle (puntini) diventano correlate le une con le altre. Queste coppie di particelle correlate diventano poi correlate a loro volta con altre coppie. Man mano che più particelle diventano correlate, emerge la struttura tridimensionale dello spaziotempo (al centro). Credit: Olena Shmahalo/Quanta Magazine

Inoltre, l’idea che lo spazio e il tempo siano creati dall’entanglement quantistico è stata indipendentemente esplorata dal teorico delle stringhe Mark van Raamsdonk dell’University of British Columbia in Canada, che ha studiato lo stesso modello a zuppiera di Maldacena. Il modello matematico proposto da van Raamsdonk suggerisce che nel momento in cui l’entanglement quantistico sulle particelle inizia gradualmente a esaurirsi sulla superficie della “zuppiera-universo”, anche il tessuto dello spaziotempo all’interno della “zuppiera-universo” inizia a disintegrarsi. Ciò implica che l’entanglement quantistico gioca in qualche modo un ruolo importante nel connettere insieme lo spazio e il tempo, senza il quale il tessuto stesso dello spaziotempo non potrebbe esistere. Il modello di Maldacena fornisce un supporto maggiore al fatto che l’entanglement quantistico è più fondamentale dello spazio e del tempo quando si ha a che fare con gli “ingredienti cosmici”. Dunque, la conclusione è che non solo il tempo non esiste al livello più fondamentale della realtà ma è la fisica moderna a suggerire che il tempo è una mera illusione. “La mia intuizione è che occorrerà più di una riformulazione della fisica quantistica, servirà una vera e propria svolta. Dunque, solo il tempo ci dirà quale sarà la vera rivoluzione”, conclude Seiberg.
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MessaggioInviato: 16/02/2019, 19:02 
Angel_ ha scritto:
Cita:
Angel_ ha scritto:

"A questo punto sorge un dubbio: potremmo noi, secondo le leggi della fisica quantistica, essere contemporaneamente in questo ed in un altro universo? Forse sì."

"Allora gli addotti vivono davvero una doppia vita in un Universo parallelo?"

Frasi tratte da questo interessante articolo:
http://www.strangedays.it/aliendream/di ... llele.html

Nuovo link funzionante dell'articolo sopra riportato...

http://www.strangedays.it/AlienieAbduct ... llele.html


Gli articoli vanno sempre copiati per intero...rimediamo...

Cita:
LE DIMENSIONI PARALLELE
di PABLO AYO

Da parecchi anni alcuni studiosi e ricercatori scientifici sostengono teorie che si riallacciano alla possibile esistenza di un Universo iperdimensionale. Anche per quanto riguarda l'Ufologia, esperti di riconosciuta levatura – ad esempio lo psichiatra di Harvard John Mack e l'astrofisico Jacques Vallée – hanno singolarmente affrontato il tema delle dimensioni parallele sulla scorta delle ricerche in un campo tanto controverso quale affascinante, quello delle Abductions. Altri ancora sostengono che, benchè l'origine extradimensionale degli alieni non sia certa, di sicuro essi sono capaci di viaggiare dimensionalmente, vale a dire che alcune razze definite ET provengano da diversi piani della realtà, piuttosto che da galassie lontane. Troppi, infatti, i casi in cui gli ET sembrano manifestarsi nelle case degli addotti come d'incanto, denotando l'apparente capacità di attraversare, a mo' di fantasmiche manifestazioni – porte e finestre chiuse, o persino mura di cemento, per poi dileguarsi tranquillamente in compagnia del soggetto prelevato, alla medesima maniera.

Inoltre, gli involucri, o macchine, che noi definiamo UFO, sembrano poter apparire e svanire di colpo, quasi attraversando portali dimensionali, appartenendo dunque a strani mondi, o realtà parallele, con prerogative e leggi fisiche diverse da quelle a noi note. Se pellicole e libri di fantascienza ci hanno abituato a questa terminologia, difficile chiarire si tratti solo di fantasie. Eppure, volendo “fotografare” l'idea di dimensione parallela, ci si accorge che non si tratta di fantasie, ma che tutto si basa su concreti postulati scientifici, che si esplicano nell'ambito della fisica quantistica. la nostra tangibilità fisica è solo apparente: se le valenze che legano i nostri atomi cambiassero frequenza, forse potremmo anche attraversare oggetti solidi, come un tronco di legno. Gli studi sui campi elettromagnetici di Maxwell, risalenti alla fine del 1800 (Maxwell per primo definì la luce una radiazione elettromagnetica), furono elaborati da Max Planck agli inizi del 1900. Planck elaborò per primo la teoria dei quanti, ossia particelle elementari la cui presenza spiegava il comportamento anomalo dei campi elettromagnetici, soprattutto in relazione all'emissione discontinua di energia. Per Planck l'emissione di radiazioni non era un fenomeno continuo (il che avrebbe implicato una emissione praticamente infinita di energia), ma avveniva per piccole quantità o quantum di energia.

Einstein poi, nel 1905, perfezionò questa teoria, suggerendo la natura corpuscolare dei quanti (quanti di luce o fotoni) e asserì che ogni volta che un fotone viene assorbito o emesso da un atomo, la sua energia varia della corrispondente quantità. Durante studi effettuati in tempi più recenti, si notò il comportamento estremamente irregolare dei quanti. Negli atomi presi in esame si studiò un movimento apparentemente incomprensibile degli elettroni, che invece di eseguire un'orbita corretta attorno al nucleo sembravano svanire da un punto e riapparire in un altro. Tali apparizioni e sparizioni degli elettroni vennero chiamate salti quantici, perché la particella di energia sembrava letteralmente saltare attorno al nucleo dell'atomo, senza una logica precisa.
Mentre i seguaci delle teorie di Bohr conclusero che il comportamento irrazionale del quanto fosse dovuto ad una totale inattendibilità degli strumenti di rilevazione usati o dello stesso osservatore (che forse interferiva nella normale attività di una particella subatomica, secondo il concetto di caduta della funzione d'onda), altri luminari (tra cui Bryce De Witt, dell'università della North Carolina) giunsero a nuove, sconcertanti conclusioni. Secondo loro, infatti, il quanto non saltava da una parte all'altra dell'orbita, bensì svaniva temporaneamente da questo piano della realtà, per poi riapparirvi. Insomma, gli scienziati oggi più all'avanguardia – tra cui Jack Sarfatti e Fred Alan Wolf – hanno concluso che l'unico modo di spiegare il bizzarro comportamento del quanto fosse una nuova teoria scientifica basata sulla funzione d'onda quantica: la teoria dei mondi paralleli. La funzione d'onda non è un'onda di energia, ma di probabilità: è la descrizione della probabile posizione di un oggetto nello spazio. La nostra particella di energia o quanto, saltando da una parte all'altra, occupava ogni posizione possibile in ogni universo possibile, l'onda era dunque la somma di tutte le possibilità. In pratica, secondo la fisica quantistica, se un evento ha mille modi per avvenire, avvengono tutti e mille, sviluppandosi in mille universi diversi. Poi, per il principio di autocoerenza dell'Universo, le infinite possibilità diventano nuovamente una, o perlomeno noi percepiamo un solo Universo stabile, anche se la verità è tutt'altra. Cerchiamo di capire in maniera più semplice il concetto di dimensione parallela, immaginando di avere di fronte a noi una radio: possiamo sintonizzarci su diverse bande di frequenza e ad ogni banda corrisponderà una stazione radio differente, come quando si cambia canale alla TV.

Questo sarebbe paragonabile a muoversi nello spazio materiale, da un posto all'altro. Tutti i posti che visiterete saranno su quella stessa frequenza, o piano della realtà. Ora immaginate di muovere la manopola della vostra radio e di sintonizzarla per esempio su AM. Improvvisamente avrete a disposizione decine di nuove stazioni radio. In teoria, i mondi paralleli dovrebbero essere strutturati così, condividendo lo stesso spazio-tempo del nostro mondo, proprio come le onde radio FM e AM viaggiano insieme nell'etere. Quello che cambia è la frequenza. Nell'Universo ogni cosa è composta da atomi, persino l'aria. Nelle illustrazioni scientifiche vediamo gli atomi legati tra loro da alcune asticelle dritte; si tratta solo di una rappresentazione simbolica, in realtà non c'è nulla di fisico e tangibile che lega assieme gli atomi. Quei legami sono la rappresentazione di forze o valenze, ossia di energie di vario genere che legano assieme gli atomi; un po' come fa la gravità tra i pianeti. Quindi si tratta di energie, che vibrano ad una certa frequenza. Immaginiamo che l'energia che lega assieme gli atomi di tutti gli oggetti che abbiamo intorno abbia una frequenza che vada ad esempio da 0 a 100. Questo sarebbe il nostro mondo. E se ne esistesse un altro, con persone, animali ed oggetti esistenti tra 101 e 200 cicli vibrazionali? O tra 3000 e 4000? Avremmo diverse realtà che condividono lo stesso spazio. L'idea potrebbe essere confermata in primis dalla nostra vista, infatti la struttura ottica umana non acquisisce tutta la gamma dello spettro, ma solo le vibrazioni (anche la luce è una vibrazione!) che vanno dall'infrarosso all'ultravioletto.

Sappiamo che c'è dell'altro, ma non siamo attrezzati sensorialmente per percepirlo. Appare subito evidente che anche gli oggetti che a noi paiono solidi ed inattaccabili lo sono solo in apparenza. Poggiamo la nostra mano su un tavolo: gli atomi della nostra mano e quelli che compongono il tavolo sono talmente larghi tra loro che si dovrebbero sfiorare, facendo scivolare la mano attraverso il tavolo. Saremmo tutti una specie di fantasmi, dunque; con il disappunto che chi ha visto il film Ghost può immaginare. Ciò che lo impedisce sono proprio quei legami o valenze, che stanno tra atomo e atomo. Delle energie, dunque, ci danno l'impressione di essere solidi. E naturalmente questa energia, come qualsiasi tipo di energia, ha una sua vibrazione o frequenza. Ma cosa accadrebbe se cambiassimo (tramite una concentrazione particolare o qualche avanzata tecnologia) la frequenza della nostra energia atomica? Abbiamo ipotizzato che nel nostro mondo tutto vibra in uno spettro da 0 a 100, immaginiamo allora di portare l'energia interatomica del nostro corpo a 101 cicli, ossia fuori spettro. Le energie del tavolo e della mano non si troverebbero più sulla stesso piano della realtà, sarebbero fuori scala e l'energia della nostra mano inizierebbe a sfuggire alle leggi del nostro Continuum. A questo punto la mano attraverserebbe il tavolo.

Forse è proprio così che alcuni alieni riescono ad attraversare tranquillamente pareti e porte chiuse. Possiamo stabilire, in via del tutto teorica, che tra una dimensione X (la nostra) ed una Y (quella aliena) ci sia una dimensione cuscinetto o limbo. Possiamo ipotizzare dunque l'esistenza di tre zone: la dimensione terrestre o X, il cui ciclo di vibrazioni varia da 0 a 100, il limbo o Z, che va da 101 a 200, e la dimensione aliena o Y, che va da 201 a 300. Questo perché se non ci fosse una dimensione cuscinetto Z tra quelle X e Y, appena usciti fuori scala, ci ritroveremmo immediatamente in un altro mondo, con altre città e paesaggi alieni. Il fatto che molti rapiti provino la sensazione di attraversare le pareti e di sfuggire alle leggi fisiche del nostro Continuum, pur vedendo attorno a sé le proprie mura domestiche e i paesaggi noti, suggerisce la presenza di una dimensione Z o limbo, nella quale si sfugge tanto alle leggi fisiche dell'una che dell'altra dimensione. È concepibile che nella gamma vibratoria Z ci sia un passaggio graduale tra un piano dell'esistenza all'altro, vale a dire che esistendo la dimensione Z tra i 101 e i 200 cicli, qualora oltrepassassimo la zona media (ossia i 150 cicli), inizieremmo ad osservare i contorni del Continuum alieno Y, sempre più tangibile e reale mentre ci avviciniamo ai confini del limbo stesso, verso i 201 cicli vibratori. Diverse persone addotte dagli ET sostengono di vivere una vera e propria seconda vita in fase onirica, in uno strano mondo alieno ricco di siti, occupazioni e talvolta addirittura di affetti specifici che ritornano, notte dopo notte.

E se tutto questo non fosse un sogno? Ritorniamo per un attimo a considerare il quanto. Se davvero il quanto salta in un'altra dimensione, lo fa così velocemente (alla velocità della luce), da essere qua e là quasi istantaneamente. Intendiamo dire che il lasso di tempo in cui si assenta e torna è impercettibile per i nostri sensi e noi ce ne rendiamo conto solo perché si materializza in un luogo diverso da quello di partenza, dandoci l'impressione che abbia compiuto un salto. Ora immaginiamo che anche gli atomi che compongono il nostro corpo siano soggetti a salti quantici. È come se noi vedessimo una persona stare vicino ad una finestra, per poi vederla un secondo dopo accanto alla porta. Penseremmo che si sia mossa in maniera velocissima dalla finestra alla porta, cioè che abbia compiuto un salto quantico.

Ma se la persona in questione si fosse rimaterializzata esattamente accanto alla finestra, non avremmo notato nulla. A questo punto sorge un dubbio: potremmo noi, secondo le leggi della fisica quantistica, essere contemporaneamente in questo ed in un altro universo? Forse sì. Prendiamo ad esempio una scena del film Superman. È un classico: Superman entra in una porta girevole come Clark Kent e ne fuoriesce in istante dopo come Superman, così velocemente da essere difficilmente visibile. Ora poniamo che all'interno dell'edificio in questione (mettiamo una banca), vi sia Superman che, muovendosi veloce come la luce, entra ed esce continuamente dall'edificio tramite la porta girevole, fermandosi un istante nel centro della banca quando sta dentro e sul marciapiede una volta fuori. Facendo questo alla velocità della luce, noi avremmo l'illusione ottica di vedere due Superman, uno sul marciapiede e uno nella banca.

Il nostro occhio non potrebbe percepire il salto quantico, se Superman riapparisse (moltissime volte al secondo) sempre nello stesso punto. In teoria ciò potrebbe succedere ad un essere umano, se sottoposto ad una frequenza vibratoria oscillante tra le due dimensioni. Si ritroverebbe a vivere contemporaneamente in due dimensioni diverse, facendo cose differenti e forse sviluppando con gli anni caratteristiche psicologiche disuguali. Questo però causerebbe alla struttura cellulare umana uno stress quantico dai risultati rovinosi, che teoricamente potrebbe sfociare in combustione spontanea o schizofrenia mentale. E se tale bilocazione dimensionale avvenisse quando il corpo umano è in stato di massimo riposo mentale e fisico; ossia in stato di sonno? Si ridurrebbero i rischi di stress quantico, soprattutto perché il fenomeno sarebbe isolato nell'arco di poche ore e mentalmente il soggetto avrebbe la possibilità di concentrarsi su una vita dimensionale alla volta.

Allora gli addotti vivono davvero una doppia vita in un Universo parallelo? Il fisico Fred Alan Wolf, parlando degli universi paralleli e della fisica quantistica, così si espresse: “Benchè questa teoria porti ad una bizzarra concezione del mondo, tuttavia è ancora la più soddisfacente che sia stata mai elaborata”. E probabilmente è vero.
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