Carne da macello: Londra, luglio 2005 lunedì 24 luglio 2006, 22:11 Il più fedele alleato di Bush. Lo stato più difeso e sicuro del mondo. Non ci fu nulla da fare. Un attentato studiato nei minimi dettagli per mesi, così come avvenne per quello in territorio spagnolo. Esplosivo potentissimo, organizzazione meticolosa, forte impatto dal punto di vista simbolico. Infatti, a meno della mancata attivazione nei tempi stabiliti di uno dei quattro zainetti imbottiti d’esplosivo, le deflagrazioni sono avvenute in punti che, se visualizzati su una cartina stradale, individuano chiaramente una croce. Dal punto di raccolta iniziale, il crocevia di King’s Cross, la mattina del 7 luglio gli attentatori prendono quattro strade diverse, verso i quattro punti cardinali. Come a dire: possiamo scatenare la fine del mondo in ogni angolo della terra. E quasi all’unisono, i quattro scatenano un inferno di morte e distruzione.
ANCORA STRATEGIE FALLIMENTARI Non solo Stati Uniti ed il fedele alleato Blair hanno finora sbagliato tutto come ampiamente dimostrato finora. Insistono. Continuano imperterriti ad intraprendere strade senza uscita. Cercano contatti con le persone sbagliate. Scendono a patti con chi non sa, non può e soprattutto non vuole favorirli in alcun modo (senza contare che non ne avrebbe comunque il potere né probabilmente le capacità). Ecco l’inizio di un articolo pubblicato poco prima degli attentati di Londra su Il Messaggero, per la precisione il 28 giugno 2005, pagina 13. Già il titolo da sé la dice lunga: “E’ vero, abbiamo trattato”. Blair conferma le rivelazioni sui colloqui con i ribelli iracheni.
LONDRA – Nuova conferma delle trattative aperte dagli Stati Uniti con gli insorti iracheni. Viene dal premier britannico Tony Blair il quale ha ribadito come funzionari inglesi, americani e iracheni abbiano avuto colloqui con gruppi in Iraq che appoggiano la violenza per cercare di inserirli nel processo di pace, ma non con estremisti tipo il capo locale di al-Qaeda, Abu Musab al-Zarqawi. Parlando all’indomani delle dichiarazione di americani e iracheni su colloqui con leader tribali, religiosi e altri gruppi legati alla rivolta sunnita, Blair ha sottolineato che tale scelta non compromette la posizione di Londra sul terrorismo e ne ha difeso la correttezza. “È nostro compito politicamente spingere più gente possibile all’interno del processo politico, quindi è un impegno non solo del governo iracheno ma anche degli americani, di noi stessi e di tutti”, ha detto, precisando che nei colloqui sono coinvolti sunniti. A una domanda su dichiarazioni del segretario alla difesa USA Donald Rumsfeld, secondo cui le violenze potrebbero andare avanti per dieci anni o più, Blair, che ha incontrato a Londra il premier iracheno Ibrhaim al Jafaari ha detto di non sapere quanto dureranno ma che a suo parere “è l’anno prossimo che è assolutamente decisivo”. E anche ieri il segretario alla Difesa USA, Rumsfeld, ha continuato a commentare la guerra in corso. “Le battute d’arresto in Iraq sono inevitabili”, ha detto in un briefing al Pentagono. Accanto a lui il generale George Casey, comandante delle truppe americane in Iraq, ha dichiarato che “gli iracheni stanno facendo progressi ogni giorno”, verso la democrazia e per la sconfitta dell’insurrezione. A riprova, il generale Casey cita il fatto che gli insorti “hanno perso la loro roccaforte di Falluja e non sono stati capaci di dotarsi di un’altra” […]
In questo mare di ottusa propaganda statunitense, degna della peggiore scuola di recitazione per attori falliti, la stessa pagina prosegue, cambiando decisamente strada, con un articolo sulla vedova dell’eroe Nicola Calipari, riassunto da un titolo che non lascia scampo a false interpretazioni: “Onorate Nicola con la verità”. Cara Signora Maria, dato quanto detto finora e quanto fatto dagli attuali massacratori della giustizia mondiale, Bush e Blair in testa, temo che la Sua preghiera non riceverà la meritata attenzione. Spero comunque di sbagliarmi. Concludo facendo notare a chi non lo avesse già fatto che dopo circa una settimana dalle trattative di Bush e Blair coi ribelli, sono esplose le bombe di Londra.
NUOVA SCONFITTA Nonostante le eccezionali misure di sicurezza dall’inizio del conflitto; nonostante il preavviso dei comunicati dei mesi precedenti; nonostante le normative eccezionali antiterrorismo emanate a causa del fortissimo stato di allerta, con tanto di poteri speciali assegnati anche alle comuni (e non abbastanza addestrate) forze di polizia. Nonostante tutto ciò non si riesce ad impedire un secondo tentativo di attentato, sempre a Londra, questa volta giovedì 21 luglio, quando quattro ordigni, pur inesplosi, scatenano comunque il panico, con conseguente concessione alle forze di polizia della licenza di uccidere. L’inadeguatezza di tali misure si rende drammaticamente evidente qualche ora più tardi, il 22 dello stesso mese di luglio 2005. Un elettricista di origine brasiliana, trasferitosi a Londra da tre anni, con lavoro e regolare permesso di soggiorno, viene seguito fin dall’uscio di casa da una ventina di ipereccitate spie da weekend, che lo vedono indossare indumenti da loro ritenuti troppo “pesanti” per il periodo. Un po’ a causa dei suoi lineamenti non del tutto ariani, chiedo scusa, anglosassoni, un po’ perché indossava un cappotto (magari in Brasile fa più caldo che a Londra?), intimidito dall’altolà dei coscienziosi tutori dell’ordine, inciampa e cade; fatto sta che un millisecondo dopo, senza neanche dargli la possibilità di parlare, gli traforano il cranio con cinque colpi di pistola a bruciapelo. La verità si scoprirà solo qualche ora più tardi, con buona pace del governo brasiliano che ancora attende scuse plausibili. Lo zaino conteneva effetti personali. E gli abiti indossati erano del tutto simili a quelli di chiunque altro, dunque la storia del pesante impermeabile che avrebbe generato i sospetti iniziali era una balla. Ecco come la promulgazione di leggi speciali in grado di limitare le libertà interne e scatenare il far-west (concetto tradizionalmente caro ai colonialisti britannici) in pieno 2005, fa si che vinca di nuovo al-Qaeda, con l’unico risultato di aver aggiunto altro sangue innocente a quello già drammaticamente versato. Ma ora voglio sottolineare un altro aspetto sul quale è giusto riflettere abbondantemente: una delle contromosse adottate per aumentare la sicurezza britannica è stata quella di rafforzare pesantemente la guardia alle frontiere, ragionando con le vecchie categorie mentali del tipo non si facciano entrare i terroristi; nulla di più inutile e fuorviante: tutti e quattro gli attentatori avevano passaporto britannico.
ALTRO SANGUE ITALIANO Impossibile per un italiano non ricordare una vittima del 7 luglio, una bella ragazza romana trasferitasi a Londra e fidanzata con un ragazzo musulmano, col quale avrebbe dovuto sposarsi proprio l’11 settembre 2005. Chissà, magari avevano deciso di scegliere quella data simbolica per dimostrare che la vita è l’unica alternativa alla morte e se così fosse io non potrei che essere vicino ad una scelta dal forte valore simbolico, ma questa volta positiva e dunque, l’unica possibile. Il sogno fu infranto da quel terribile atto di guerra, mentre preoccupata per un ritardo di un quarto d’ora circa voleva recuperare il più possibile, dedita al lavoro com’era. Ricordo le strazianti immagini del suo fidanzato che vagava giorno e notte per gli ospedali londinesi alla ricerca della sua amata e il padre di lei che arrivò di corsa a Londra nella speranza di trovare la figlia ancora viva da qualche parte. La speranza scemava al passare delle ore ed ancora una volta la ferma decisione del presidente Bush di portare il suo conflitto al di fuori del territorio degli Stati Uniti trascinò tanta gente a vivere un tragico funerale. Ricordate? Non c’è altro che conti oltre gli interessi degli Stati Uniti. Anche per questo, grazie Bush; grazie Blair.
CONGETTURE DA BAR Mi è capitato di assistere ad alcune conversazioni circa gli attentati di Londra, chiacchiere tra gente comune. Quella che più mi ha colpito senza dubbio alcuno riguardava il secondo attentato, quello fallito del 21 luglio. Riporto qui brevemente le considerazioni emerse in quell’occasione davvero particolare. Il panciuto signore faceva notare al cameriere di chiare origini nordafricane che al-Qaeda non è certo l’insieme di un branco di improvvisati incapaci. Insomma, è stata capace di colpire al cuore l’America, la più grande potenza militare; ha sincronizzato le esplosioni di Madrid con cura difficile da prevedere; ha ucciso poco meno di cento persone nel cuore della City londinese; com’è possibile che contemporaneamente tutte e quattro le bombe del secondo attentato non esplodano? Capisco che ne possa andare a vuoto una, forse due, anche se è francamente improbabile; ma che non ne esploda neanche una, beh questo è un fatto che non concorda con la precisione e la strategia molto più che accurata che al-Qaeda ha sempre dimostrato, purtroppo per gli alleati di Bush. “E allora?”, chiede il cameriere; “allora per me si tratta di un tentativo di infiltrare una talpa tra i terroristi, cercando di accreditarla ai loro occhi, magari pubblicando le foto dei quattro ed arrestandone poi solo tre, per tentare di confondere e convincere i terroristi attraverso i media che di quel quarto pseudo attentatore si possono fidare. Probabilmente hanno utilizzato l’esplosivo sequestrato dentro quell’automobile ritrovata il 12 luglio da Scotland Yard, vicino al luogo degli attentati, ricordi?”. Però. Devo dire che il popolo italiano di capacità di proiezione ne ha da vendere. Ecco da chi ho preso…
LE OPINIONI NEL MONDO Tra tutte le sintesi e le analisi che io abbia letto o sentito circa gli avvenimenti di Londra sono certo che la più onesta, sintetica, esaustiva ed attenta sia sicuramente identificabile nell’intervento pubblicato in Italia su Repubblica del 23 luglio 2005, a firma dello scrittore anglo-pakistano Hanif Kureishi. Lo riporto di seguito, così come pubblicato.
Il mito della “guerra virtuale” si è infranto. Blair, come Bush, aveva finora coltivato l’illusione della possibilità di guerre moderne, virtuali, guerre senza vittime, almeno senza vittime visibili. Coloro che morivano erano molto lontano da noi, erano iracheni. Inoltre, Blair, come Bush, è stato sempre molto discreto riguardo ai soldati britannici morti in azione: i funerali dei soldati non sono stati mai pubblici. Con le bombe del 7 luglio è esploso anche questo mito di una guerra senza vittime e senza cadaveri: la guerra è arrivata a Londra. Blair ha invaso l’Afghanistan e successivamente l’Iraq – ha davvero creduto che ciò sarebbe rimasto senza conseguenze? Dopo aver vinto nuovamente le elezioni, e poi anche i Giochi Olimpici, Blair ha probabilmente pensato in un certo senso di aver finito con la guerra dell’Iraq, convincendosi di aver ritrovato la propria immagine. Queste esplosioni sono qui per ricordargli che tutte le guerre sono un affare sporco. Ecco la lezione sulla quale deve ancora riflettere. In questi ultimi giorni, c’è stata la tendenza a stigmatizzare la comunità musulmana con l’espressione “Londonistan”, ma sono convinto che la grande maggioranza dei cittadini britannici non abbia sentimenti negativi nei confronti dei musulmani, che sia ben consapevole invece che si tratta di azioni perpetrate dagli estremisti che la guerra in Iraq ha prodotto. Non si può invadere impunemente un paese e uccidere 200.000 suoi abitanti senza provocare la minima conseguenza. Tutti coloro con cui ho parlato in questi giorni a Londra condividono questo assunto logico. Ho vissuto gli anni ’70 e ’80 durante i quali qui l’Ira faceva saltare tutto per aria: lo stesso nesso logico sussisteva tra le bombe in Inghilterra e la guerra in corso in Irlanda. Sarebbe stupido considerare questi attentati dei semplici atti insensati o l’opera di pazzi, si tratta di una risposta alla guerra in Iraq, una guerra alla quale la grande maggioranza della popolazione britannica si è opposta e Tony Blair deve riconoscerlo. Subito dopo gli attentati, è stato espresso un sentimento di solidarietà nazionale che corrisponde a ciò che ciascun cittadino ha provato, è normale, ma con il passare del tempo, le persone cominceranno a riflettere su cosa ha provocato l’irrompere della guerra nel nostro paese.
Questo intervento, dal mio punto di vista null’altro che una perfetta analisi obiettiva e sintetica della realtà, è stato pubblicato con un titolo, anch’esso meritorio di aggettivi altrettanto entusiasti da parte del sottoscritto: Una risposta a Blair e alla sua guerra. Allora non sono solo. L’avete notato anche voi, vero? La SUA guerra. Questa si che è una crociata per la quale vale la pena lottare: contro Bush il burattinaio criminale, contro Blair l’elegante superficiale, contro quelli come Aznar il distruttore (dell’Europa) e contro Berlusconi, i cui fili, peraltro ben visibili a molti, sono mossi oltreoceano.
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