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 Oggetto del messaggio: Ettore Majorana
MessaggioInviato: 04/02/2010, 21:53 
Ettore Majorana - Un mistero italiano
di Luigi Troiani

Ci sono state, nella storia d’Italia, stagioni eccezionali di produzione scientifica, artistica, culturale. Quelle stagioni hanno prodotto dei campioni che il mondo ci ha invidiato e spesso rubato, offrendo gloria, condizioni migliori di lavoro, retribuzioni adeguate. Una di quelle stagioni vide all’opera, tra il 1926 e il 1938, “i ragazzi di via Panisperna”, protagonisti della “Scuola di Fisica di Roma”. Nomi come Enrico Fermi, Emilio Segrè, Bruno Pontecorvo, Edoardo Amaldi sono conosciuti in tutto il mondo: il prodotto delle loro ricerche e sperimentazioni contribuì, tra l’altro, al parto del nucleare e della bomba all’idrogeno.

In quel circolo di teste d’uovo, l’eccellenza, secondo il Nobel Enrico Fermi, che ne fu leader, appartenne di diritto a un giovanissimo collega, Ettore Majorana: “Al mondo ci sono varie categorie di scienziati; gente di secondo e terzo rango… C’è anche gente di primo rango, che arriva a scoperte di grande importanza … Ma poi ci sono i geni come Galileo e Newton. Ebbene Ettore era uno di quelli. Majorana aveva quel che nessun altro al mondo ha. Sfortunatamente gli mancava quel che è invece comune trovare negli altri uomini: il semplice buon senso”. Fu probabilmente quel deficit di rapporto con la realtà quotidiana, a generare le condizioni per il mistero che circonda tuttora la scomparsa di Majorana, avvenuta settant’anni fa.

Leonardo Sciascia, conterraneo dello scienziato, ha scritto nel libro del 1993 dedicato all’evento, che Majorana si era rifugiato in un convento siciliano, per trovare risposta agli interrogativi sul senso della vita, e sfuggire al rimorso di aver contribuito a generare l’arma nucleare. Altre ipotesi sono circolate, ma nessuna risolutiva: tra queste il suicidio con la cui dimensione lo scienziato si trastullava da tempo. Dopo il semestre di formazione in Germania del 1933 e la frequentazione a Copenaghen di Niels Bohr, rientrato a Roma, si era praticamente escluso dall’Istituto di Fisica, mandando indietro messaggi e posta con la scritta “si respinge per morte del destinatario”. La sua “stranezza”, gli alti e bassi di un temperamento che, nelle parole di Laura Fermi, “era eccessivamente timido e chiuso in sé”, non erano cessati neppure con la nomina nel 1937, con procedura straordinaria e a soli 31 anni, a professore di Fisica teorica all’Università di Napoli. Tanto che verso la fine di marzo del 1938, mentre si imbarcava da Napoli per Palermo, scriveva all’amico e collega Antonio Carelli, di aver preso “una decisione che era ormai inevitabile”, preparandolo alla sua “scomparsa” in mare. Nelle ore successive, avrebbe indirizzato a Carelli altri due messaggi, manifestando un ripensamento. E però, di lui non si trovò più traccia.

La pista dell’espatrio clandestino ha convinto chi evidenzia come il giovane Fisico, la notte della scomparsa, avesse con sé passaporto e una considerevole somma di denaro, puntando alla pista tedesca (Majorana che si mette a disposizione del nazismo), o argentina (Majorana che vuole togliersi di torno, e viene avvistato a Buenos Aires negli anni Sessanta). Si è anche detto che il Fisico fosse rintracciabile in un barbone di Sicilia, tal Tommaso Lipari, che ha finito i suoi giorni a Mazara del Vallo nel 1973.

La vicenda, anche se non assume le caratteristiche dell’intrigo, presenta gli ingredienti tipici del mistero all’italiana: la politica e le potenze straniere (Mussolini offrì una taglia perché fosse ritrovato), la famiglia (uno zio accusato di infanticidio, difeso in tribunale dal giovane Fisico), la chiesa cattolica. Fortunatamente, nel centenario della nascita, molto è stato detto e scritto sul forte contributo che il giovane Majorana ha dato al progresso della scienza.

http://diamante.uniroma3.it/hipparcos/majoranalink.htm

http://www.sdir.it/prattico.html



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MessaggioInviato: 05/02/2010, 20:21 
Ettore Majorana, la scomparsa
Epiloghi Epopeici





Premessa

Una cara amica, nel tempo delle lettere, mi riferì di essere circondata da nobili scienziati, da luminari astrusi che, farfugliando e aritmetizzando i contesti cognitivi e sociali, si aggruppavano.

Io non risposi a quel pretesto con le parole adatte e rimandai tempo per tempo la maturazione di una cronica convinzione. D’altronde il pretesto era consono solo al fatalismo, alla presa d’atto e di distanza. Che poi fosse delle scienze il dovere di dipanare anziché velare e l’obbligo di armonizzare e non troncare questo ancora era ed è un giudizio condiviso. Condiviso come il sogno di una umanizzazione prenaturale, libera, perciò, dalla legge della forza. Ma l’eguaglianza è un mistero e tutto ciò che rientra nell’esercizio del potere se non è costipato con giusto equilibrio è schiavitù.



Il 25 marzo del 1938, Majorana spariva

I tempi, ben dilatati, che ci separano da quel dì hanno consentito, a tutti i livelli, un’ampia discussione e numerose indagini. I fatti, le cui circostanze si sono man mano gonfiate del vento dell’ignoto e della brezza notturna, sono il modello classico di un giallo.

Il morto persiste nel silenzio di un convento o di un lontano espatrio, oppure sotto il flusso delle onde. La cosa certa è che la scomparsa si è risolta in dissoluzione.

Se cercate, da infaticabili trovatori, scoprirete anche i più fini, seppur talvolta discutibili, dettagli.

Ovunque ci sono notizie, indagini e prove.

Proviamo però a seguire, per una volta, un filone di inchiesta che si è arenato trent’anni fa e che appartiene alla penna geniale di Sciascia.
Per ricominciare da Sciascia dobbiamo cogliere, necessariamente, l’indicazione geometrica di un amico, che ha tentato di materializzare con i segni matematici un rischio, da quel rischio poi possiamo ripartire.


Ettore Majorana, la scomparsa

1. Stima della genialità attraverso il concetto di giudizio di valore

Consideriamo una costante, definiamo in questa circostanza costante la forza S.

Si intende per S scienza, pensata come progettualità vitale e durevole ovvero personificazione esistenziale di una professione intellettuale.

Consideriamo altresì una variabile U, ovvero uomo, che mettiamo in relazione con la contingenza storica e culturale, t , e che rappresenta il capitale umano, calcolato come apparato formativo.

Infine procedendo al raschiamento di tutto il superfluo, ci concentriamo sulla seconda variabile, posta come divisore dei termini suddetti, S; U(t-1), ovvero l’errore, che non consideriamo fisso, costante, ma in funzione della percezione di un arco temporale costruito sul senso di durevolezza e di capacità, k*r (t) detta, semplicemente, occhiata retrospettiva e che rappresenta il giudizio di valore. Questi sono i fattori che determinano il significato della genialità.

Nel senso comune genio è semplicemente colui che è la sua mansione e non colui che fa.

Quindi è genio chi impersonifica la sua professione, ovvero ne rende ragion d’essere e non ragion d’uso pratico. Questa è una definizione corretta, innegabilmente vera e al contempo sufficiente e necessaria.

Ma cos’è però la genialità e come si misura?

Scriviamo la funzione:



Dunque:

Il genio umano G è funzione di una costante S, valore intrinseco della Scienza, valore praticamente immutato e immutabile, e di una variabile U(t-1) che tende a dinamizzarsi e ad assorbire le onde culturali di determinate epoche storiche, tutto diviso k * r(t).

Al numeratore compaiono due termini, interessanti certo, ma indisponibili, poiché il giudizio di genialità è un giudizio storico, fatale, che si riverbera passivamente sul prospetto attuale ed ignora il futuro. In pratica è la stima del giudizio storico, di fatalità, a determinare i criteri di sintesi e di valutazione che adottiamo costantemente. Tale giudizio storico è legato in maniera inversa al giudizio di valore.

Il senso di genialità è determinato in toto da un giudizio di valore a posteriori, è il valore k* r(t) che determina la stima effettiva del livello di genialità di un perido determinato. Il giudizio storico, che da ora chiameremo fatale, è indicizzato ad un giudizio contemporaneo che chiamiamo k* r(t), tale giudizio però è fondamentalmente legato ad una percezione di sé strutturata su una idea di durevolezza e capacità dipendente anch’essa dall’epoca in cui il soggetto elabora il giudizio.

Di fatto la genialità dipende esclusivamente da un giudizio di valore che non viene dato dopo un’analisi delle prime due componenti dell’equazione(numeratore), bensì si origina dalla percezione temporale delle proprie capacità, che servono da misura intellettuale. Io stimo quanto so in base a quanto sapevano e sanno coloro che mi circondano, ed uso tale stima per dare un giudizio di valore attuale(implicito) e fatale(esplicito).

C’è una relazione bidirezionale tra k*r(t) e G, la formazione di k *r(t) dipende parzialmente anche da G e viceversa.

Se alla funzione sopra descritta togliamo il denominatore rimangono S e U(t-1), quindi diviene chiaro che genialità corrisponde direttamente al valore che si dà alla scienza e alla qualità della preparazione umana. Facendo un semplice esempio diremmo che ai tempi dell’Accademia di Platone il valore G(t-1) dati i dati disponibili è praticamente insignificante se paragonato ad oggi.

Di fatto il valore U(t-1), preparazione, educazione umana, calcolato come apparato capitale non rende giustizia alla verità, si rende perciò necessario inserire il valore k*r(t), che è comunque fondamentale ed effettivamente inerente al problema.

In questo modo da un’ analisi quantitativa si passa ad un’ analisi qualitativa.

Il valore di G(t-1) inserendo nella funzione la k*r(t) è perciò un giudizio meramente qualitativo che si struttura secondo una semplice relazione. La k*r(t) è fondamentale anche perché altrimenti si potrebbe erroneamente pensare che oggi, dato il valore di U(t), siamo totalmente circondati da geni imperituri.

Quindi scomponendo il denominatore di (1):





Ovvero la convinzione che si ha del passato, la quale è tendenzialmente positiva rispetto al presente.

Quindi k è un valore positivo che tende ad essere sovrastimato da retaggi culturali decadentistici.





Il valore r(t) è plasmato da un fattore culturale molto dinamico e che vede un andamento progressivo. Con r(t) intendiamo, per chiarezza, il senso di fretta e di produttività commistionato con il valore di capacità, la capacità(giudizio di valore implicito) aumenta al crescere della produttività. Il valore r(t) è la stima di sé nell’oggi che si regola sul numero dei risultati raggiunti.

Poiché è un valore molto volatile e in crescita vertiginosa si è ironicamente definito occhiata retrospettiva.



La componente k è definibile parte costante dell’errore, perciò trascurabile, mentre è r(t) che varia ed oscilla fortemente sempre più in alto.



Tornando al problema di stima del valore fatale, genialità, ricordiamo che è un valore storico esplicito, un giudizio a posteriori circoscritto ad un periodo passato, determinato ed inerente un gruppo o un singolo individuo.

La volontà di pensare al giudizio fatale come un giudizio storico è verificata anche dalla consuetudine di epocalizzare, da epochè, la contemporaneità ovvero di sospendere i giudizi espliciti di valore sul vivente, conservando quelli impliciti, r(t).

Poiché i valori del numeratore sono indisponibili a determinare il valore di G(t-1) è il denominatore che lo determina, denominatore che in sé raccoglie una componente che abbiamo definito errore costante, giudizio storico a priori, ed una seconda parte dinamica che cresce al crescere di r(t) e che contiene tutta una forma mentis pragmo-produttivistica.

Più passa il tempo più k*r(t) cresce, più k*r(t) cresce più il giudizio di valore fatale si riduce, più si riduce G(t-1) più cresce k*r(t), dato che sono legate in modo bi-direzionale e inverso.



Più penso che si stia avanzando nella scienza oggi, più riduco la stima della genialità passata, più riduco tale stima, più cresce il giudizio di valore attuale(implicito) e il giudizio fatale diviene mito a-naturale.



Le ultime due parole fissano una condizione mentale che potrebbe, se l’equazione fosse corretta, animare una nuova deriva elitaria. Il punto debole di ogni fondamentalismo, ovvero la sua forza, sta nel separare, mai nell’unire. Se iniziamo a dare giudizi di valore di tipo a-naturale, mitico, compiamo una violenza simile a quella che si attua costantemente nella divinizzazione o nella demonizzazione delle persone da un punto di vista etico. Se dividiamo in classi stagne le facoltà personali rischiamo semplicemente di legittimare un ordine gerarchico che in pratica non trova nella legittimazione legale un fondamento sufficiente.

Eppure molti sono i sintomi che mi fanno supporre che l’esercizio del potere si stia pianificando su un basamento di spocchia intellettuale nutrito dal carisma del cinismo e dell’irrequietezza, carisma che intontisce una labile stirpe di pensatori violati nell’unicità del pensiero.


Ettore Majorana, la scomparsa

2. Prove della Scomparsa di Majorana

La prova cardine che dimostra l’uso improprio dell’espressione “genio” l’ha data proprio il fisico italiano Enrico Fermi in un talking con Cocconi poco tempo dopo la scomparsa di Majorana.

Il celebre epigramma di Fermi sulla genialità fa coincidere la personalità di Majorana con quella dei grandi Galilei e Newton però con una deficienza che l’ha condotto alla dissoluzione e tale mancanza altro non è che il buon senso.

Tra i due vi era una strutturata diversità, Fermi rappresentava l’accademico geniale ed impegnato, Majorana il solitario, l’incapace al lavoro di gruppo, la mente esterna.

Cosa significa, dunque, prova cardine, per una espressione di per sé ragionevole?

Bè in quella frase, resistita al tempo, vi è una scala di valori tra soggetti immersi nella stessa sostanza, una scala che separa il merito dall’incapacità congenita.

Vi sono persone che possono ed altre che non ce la fanno, nemmeno usurando al massimo la volontà. La cosa però ha un senso se si rapporta a qualcosa di definito;

qual è il risultato che attribuisce la nomea di genio e il risultato mancato che invece condanna all’incapacità congenita?

Badate non voglio dire, assolutamente, che esista un’ eguaglianza sostanziale nel prodotto creativo umano, non sarebbe accettabile pensare che Proust sia paragonabile a uno dei tanti di oggi, ma badate che il discriminante qualitativo non è nel risultato ma nel metodo e nell’empatia.

Che la Luna abbia i crateri ci è indifferente, importante è aver puntato l’occhio attraverso una lente.



Il risultato che attribuisce l’etichetta di genio è compreso, per caso, nel numero delle pubblicazioni scientifiche? Non parliamo delle teorie che praticamente hanno una fortuna durevole il tempo di una stagione, sono le pubblicazione e le cattedre ad attribuire valore al significato di risultato?



Ovviamente no, ma oggi è proprio così.



Qual è quindi la prova regina che dimostra la dissoluzione di Majorana?



Leonardo Sciascia adduce un’indicazione convincente, dà una chiave di lettura che scavalca i balzelli cronistici e riesce a palesare una verità, che è la ragione stessa che dimostra la sostanziale ed irriducibile complessità della scienza.

Riprendiamo la definizione che, ironicamente, ho definito, comune, di genio.

Genio è colui che impersona quella che è la sua mansione.

Dimentichiamoci le parole e ammettiamo come vero il fatto che qualitativamente esistano persone che fanno e persone che sono il loro mestiere.

Sono costoro uguali? No.

Non possono essere uguali, poiché i primi, i facenti arte, conservano un destino distinto rispetto a ciò che fanno, i secondi, gli essenti arte, fondono la loro vita con la mansione intrapresa(non sono affatto pochi e rari).

Un genio è perciò, semplicemente, colui che si destina alla dissoluzione man mano che dipana i misteri della sua arte. La vita in sé, scorporata dal lavoro, si consuma con la scoperta.

Che fardello porta colui che la vita lega ad un sogno? Porta un fardello dal peso maggiore poiché le scoperte della scienza che impersona sono consumo di una vita, predestinata ad essere perciò più breve.



Sciascia suggerisce questo tormento ricordando un giovane e precoce Stendhal:



“ Prendiamo Stendhal. E’ un caso il suo di doppia precocità ritardata al possibile. Doppia perché precoci saranno pure i suoi libri. [..] di questa seconda precocità Stendhal è cosciente.

All’altra di cui ha premonizione e paura, tenta di sfuggire in tutti i modi. Perde tempo. Si finge ambizioni carrieristiche e mondane. Si nasconde. Si maschera. Rampa per plagi e pseudomini.[…]”



Di cosa parla? Quale precocità?

Sciascia si riferisce alla consapevolezza di portare dentro un qualcos’altro oltre la vita.

E Majorana, dice in un passo precedente ,questa scienza la portava dentro sé, custodita da un orrendo destino.

Definire una teoria, abbozzata nella mente o su cartoncini volanti, scriverla, chiarirla, dipanare un mistero, avvicinarsi ad una verità poteva rappresentare per Majorana il preludio alla morte.

Come l’amore, ottenuto nella sua infinita pienezza, ci consegna all’oblio, così pure questo vivere incantato assieme ad un amore infinito ed indissolubile può ,per chi completa l’opera, essere un delitto contro sé stessi.

Non si tratta, certo oramai l’effettiva scomparsa da questo mondo ce lo consente, di suicidio, ma di dissoluzione, una dissoluzione però che nel caso di Majorana rappresenta qualcosa di più, un che di epopeico.



Non finisce con lui la felice stagione dei ragazzi di via Panisperna, nemmeno l’epoca di un’Italia giovane e vitale, finisce con lui l’era della fisica classica. Un epilogo infelice, atomico, direte voi, ma non è così. La dissoluzione di Ettore Majorana, come per l’epopea omerica, segna il tramonto dell’unicità.



Ettore, che in sé possiede tutti gli attributi “Umani”, muore davanti al mito, così la scienza moderna, Ettore si dissolve e in una breccia feroce le sue membra corporee si consumano ignobilmente.

Majorana, no, forse studiando le correnti, ha lasciato che la storia si evolvesse e che la beffa atroce venisse velata da anomali moti marini, e discioltosi così nelle onde ha superato il mito.



Non è nella Bomba la fine della scienza, affatto.



Se cara Amica, per genio intendi costoro, allora sappi che sono i più umani.

Tutto ciò che converge all’Uno, alla sintesi, tutto ciò che vuole riordinare il caos dell’incomprensibile è umano.

Genio è colui che sa Integrare e Scomporre il pensiero, ma questa capacità si ottiene solo conservando un margine di libertà infinita.

Mantenendo un principio di totalità si assume su di sé la colpa, scomponendo e basta si elimina la responsabilità.

Alcuni scenziati si rifiutarono di costruire la bomba, altri la fecero.



Dimmi, chi sono i Geni?



Il Tesla italiano?


Ultima modifica di greenwarrior il 05/02/2010, 20:23, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 10/11/2010, 19:55 
Nei laboratori del Gran Sasso si da il via alla sperimentazione della teoria di Ettore Majorana.[;)]


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MessaggioInviato: 11/11/2010, 10:25 
"L'osservazione del decadimento doppio beta senza emissione di neutrini fornirebbe una misura diretta della massa del neutrino elettronico, il cui valore ha grande impatto sui modelli di evoluzione dell'universo
Nelle sale del più grande laboratorio astroparticellare del mondo, quello dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare sotto 1400 metri di roccia del Gran Sasso, è partito l'esperimento GERDA (Germanium Detector Array), progettato per cercare un decadimento spontaneo della materia estremamente raro: il doppio decadimento beta senza emissione di neutrini.

Se questo decadimento venisse osservato, ciò confermerebbe che il neutrino è una particella così strana da coincidere con la sua stessa particella di antimateria (neutrino di Majorana).

Insieme ai fotoni, i neutrini sono le particelle più diffuse nell'Universo. Tuttavia sono particelle molto elusive, poiché interagiscono solo debolmente con la materia. Alcuni modelli prevedono che i neutrini coincidano con la loro antiparticella. Se dimostrata, questa peculiare proprietà proverebbe alcuni importanti modelli di fisica delle particelle elementari, ampliando così le nostre conoscenze sulla struttura della materia.

L'esperimento GERDA vuole provare la veridicità di questi modelli cercando il rarissimo doppio decadimento beta senza emissione di neutrini; in esso, due neutroni del nucleo sono convertiti (decadono) in due protoni, due elettroni e due neutrini. I due neutrini emessi però si elidono a vicenda e quindi non emergono dal nucleo.

L'osservazione del decadimento doppio beta senza emissione di neutrini fornirebbe una misura diretta della massa del neutrino elettronico, il cui valore ha grande impatto sui modelli di evoluzione dell'universo, in particolare su quelli della formazione degli ammassi di galassie.

GERDA è una collaborazione internazionale, alla quale partecipano 15 paesi (tra cui Italia, Germania, Russia, Svizzera, Polonia e Belgio). Inizialmente l'esperimento sarà condotto con otto rivelatori della dimensione di una lattina per bibite e del peso di due chilogrammi ciascuno. Sono costituiti da monocristalli di germanio iper-puro, un semiconduttore, arricchito dell'isotopo germanio-76.

I nuclei del cristallo decadono e le particelle emesse (elettroni) nel decadimento doppio beta dei nuclei di germanio-76 rilasciano la loro energia sotto forma di "traccia" nel rivelatore. In GERDA i rivelatori sono allo stesso tempo "generatori" e rivelatori delle particelle emesse nel decadimento.

I cristalli di GERDA sono sospesi in un serbatoio (criostato) alto sei metri e largo quattro, contenente argon liquido. Il criostato è a sua volta posto al centro di una cisterna d'acqua di 10 metri di diametro e 10 di altezza, che funge da ulteriore schermo. Dopo un periodo iniziale altri rivelatori verranno messi in funzione."
da lescienze


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Majorana:cc sentiranno teste che disse di averlo visto
Procura Roma apre inchiesta su fisico scomparso nel 1938
01 aprile, 20:14


(ANSA) - ROMA, 1 APR - I carabinieri del nucleo investigativo di Roma ascolteranno il testimone che in un'intervista televisiva ha detto di aver visto Ettore Majorana, il fisico catanese nato nel 1906 e scomparso misteriosamente nel 1938, a Buenos Aires alla fine della seconda guerra mondiale. La Procura di Roma ha aperto un'inchiesta sulla scomparsa del fisico catanese. Gli accertamenti sono coordinati dal procuratore aggiunto Pierfilippo Laviani.(ANSA).

http://www.ansa.it/web/notizie/regioni/ ... 54093.html


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«È il volto di Majorana, 10 punti uguali»
Lo scienziato italiano è scomparso nel 1938 in modo misterioso durante un viaggio: adesso i magistrati romani riaprono il fascicolo.

http://www.corriere.it/cultura/11_giugno_07/sarzanini-majorana-dieci-punti-uguali_aef0de96-90f0-11e0-9c7b-81ce3178052c.shtml



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http://materialismostorico.blogspot.it/2013/04/ancora-il-caso-majorana.html

Cita:
[color=blue]Majorana ritrovato

Stefano Roncoroni, parente del fisico racconta in un libro una nuova verità Le indagini furono fermate. La sua morte, secondo un gesuita, avvenne nel 1939 “Ettore decise di sparire e la famiglia era d’accordo”

di Luca Fraioli Repubblica 2.4.13


Ettore Majorana è stato ritrovato. Inutile continuare a cercare tracce dei suoi passaggi in Germania o in Argentina. Inutile scomodare le sue presunte simpatie per il regime nazista. E si rassegnino coloro che hanno creduto di riconoscere il geniale fisico siciliano nel senza tetto di Mazara del Vallo o nel taciturno professore di Buenos Aires. Né ci fu il suicidio, un tuffo in mare dalla nave postale che lo riportava in continente da Palermo, ipotesi che indusse la polizia a perlustrare il Golfo di Napoli alla ricerca del cadavere. Tutto da rifare. Ma è da riscrivere anche la versione del ritiro in convento avanzata da Leonardo Sciascia ne La scomparsa di Majorana.
È questa la tesi dell’ultimo dell’infinita serie di libri dedicati al mistero dei misteri italiani: Ettore Majorana, lo scomparso, in libreria per Editori Internazionali Riuniti. Qual è la novità? Che a scriverlo è un parente di Ettore. Stefano Roncoroni, 73 anni, una lunga carriera di critico cinematografico e regista televisivo alle spalle, dal 1962 ha avuto accesso ai documenti familiari relativi alla scomparsa di Ettore e alle testimonianze dirette dei parenti che parteciparono alle ricerche.
Roncoroni, cominciamo dalla fine. Ettore Majorana fu ritrovato?
«Sì, intorno al marzo del 1939. Circa un anno dopo la scomparsa».
Chi lo ritrovò?
«Suo fratello maggiore Salvatore. Ma ebbe un ruolo fondamentale anche mio padre, Fausto Roncoroni».
Ci aiuti a capire la sua posizione nel complesso albero genealogico dei Majoriana.
«Mia madre ed Ettore erano cugini di primo grado. Per questo mio padre collaborò alle ricerche».
Lei come ha saputo del ritrovamento?
«Fu mio padre a dirmelo a metà degli anni Sessanta. Mi raccontò di essere stato uno degli artefici insieme a Salvatore. E Salvatore confermò. Un’altra conferma mi arrivò da Angelo Majorana, anche lui cugino di primo grado di Ettore».
Come e dove fu ritrovato?
«Nessuno di loro volle dirmi di più. Mio padre aveva promesso ai Majorana che non ne avrebbe parlato con nessuno. E all’epoca la parola data veniva rispettata, tanto che anche con me non scese nei dettagli. Né lo fecero mai gli altri membri della famiglia. C’è però una traccia di cui parlo nel libro: mio nonno materno Oliviero Savini Nicci annota nel suo diario di un improvviso viaggio in macchina nell’ottobre del 1938 di mio padre e Salvatore fino a un vallone vicino Catanzaro dove è stata segnalata la presenza di Ettore. Se già non è agevole oggi, si può immaginare quanto fosse complicato andare e tornare dalla Calabria sulle strade italiane del 1938. Dovevano avere un buon motivo per mettersi in cammino, anche se nelle carte di mio nonno quel viaggio non è definito risolutivo».
Riepiloghiamo: Ettore scompare il 25 marzo del 1938 mentre da Palermo torna verso Napoli dove lo attende una cattedra universitaria. Tutta l’Italia che conta, polizia, Vaticano, mondo accademico, si mette sulle sue tracce. Invece a trovarlo sono i familiari più stretti circa un anno dopo. Poi che succede?
«Ettore è irrevocabile nella sua decisione di sparire. Chi lo trova non riesce a convincerlo a tornare sui suoi passi. I Majorana ne prendono atto. E da quel momento fermano o depistano le indagini».
Ma questo non esclude le altre teorie sulla fuga di Majorana all’estero, in Germania o in Argentina.
«E invece le esclude. Perché sono convinto che Ettore sia morto nella tarda estate del 1939».
Come fa a dirlo?
«Lo prova la documentazione che espongo nel libro. Certo, non ci sono atti ufficiali di morte o tombe da esibire. Ma le carte parlano chiaro. Pochi giorni dopo la scomparsa di Ettore si mette in moto una macchina per le ricerche che in Italia non è mai stata allestita nemmeno per i peggiori criminali. I Majorana sono una famiglia potente e in ascesa: scienziati, professori universitari, politici, hanno entrature al ministero dell’Interno e in Vaticano. Chiedono e ottengono una mobilitazione senza precedenti. La polizia dirama bollettini di ricerca e avvisa i posti di frontiera. Il capo della polizia va di persona in un paesino del Salernitano con tanto di unità cinofile per fare un controllo. La Santa Sede setaccia tramite i suoi ordini religiosi i monasteri per sapere se Ettore ha trovato rifugio lì. Indaga anche il ministero per l’Educazione nazionale: la cattedra di Napoli è vacante e bisogna prendere una decisione. Poi, prima dell’estate del 1939, accade qualcosa che ferma tutto questo».
Cioè la macchina delle ricerche si blocca?
«Sì. La cattedra di Napoli viene riassegnata senza che la famiglia protesti. La polizia smette di diramare bollettini su Ettore Majorana e di cercarlo ai posti di frontiera. Dalla Segreteria di Stato del Vaticano parte una lettera indirizzata alla famiglia in cui, con parole consolatorie, si spiega che “non vi è più alcuna ragione per le ricerche”».
Ma questo non necessariamente significa che Ettore sia morto.
«C’è un altro documento inequivocabile. Nel settembre del 1939 il gesuita padre Caselli scrive a Salvatore. Gli comunica di accettare la donazione che la famiglia Majorana fa per istituire una borsa di studio da intitolare all’estinto Ettore. Se un gesuita nel ’39 usa il termine estinto vuol dire che non ci sono dubbi sulla sorte di Ettore: è morto entro il settembre 1939. E questo toglie di mezzo anche l’ipotesi del suicidio. Non si dedica una borsa di studio religiosa a un suicida».
Si può obiettare che la sua teoria (ritrovamento e morte) sia solo frutto di testimonianze orali non verificabili e di deduzioni basate su documenti.
«Tutta la vicenda di Ettore ruota intorno alla famiglia. I Majorana sanno come sono andate le cose sin dal 1939. Il loro silenzio non ha fatto altro che alimentare le teorie più diverse: il suicidio dalla nave, la fuga in Germania per collaborare con gli scienziati nazisti, la seconda vita in Argentina».
Perché hanno scelto il silenzio?
«Fu una decisione di Giuseppe, zio di Ettore e indiscusso capofamiglia all’epoca dei fatti. Pochi anni prima i Majorana erano stati coinvolti in un caso di cronaca nera, un infanticidio. Una macchia intollerabile per l’onore di una famiglia che il fascismo stava celebrando tra i grandi di Sicilia e che annoverava già senatori, professori universitari e presidi di facoltà. Quando il giovante talento scompare nel nulla, nonostante la brillante carriera che si apre di fronte a lui, per Giuseppe esplode un nuovo scandalo che può compromettere definitivamente il buon nome e le ambizioni di famiglia. Sceglie dunque di far calare il silenzio sulla vicenda e lo fa con un documento che detta a tutti i parenti la verità ufficiale dei Majorana. Nel mio libro parto da quel documento finora inedito, per dimostrare come invece siano andate le cose nella realtà».
Ma se lei era al corrente della “verità” fin dagli anni Sessanta, perché la racconta solo ora?
«Mio padre, Salvatore il fratello di Ettore, mio nonno Oliviero Savini Nicci erano uomini di un’altra epoca. Avevano dato la loro parola al capofamiglia Giuseppe Majorana che non sarebbe trapelato nulla. Finché sono stati in vita io ho rispettato il loro patto. Poi però ho iniziato a fare ricerche per documentare ciò che mi avevano raccontato».
Il suo libro scrive la parola fine al mistero della scomparsa di Ettore Majorana?
«No. Mi limito a riferire ciò che mi fu detto da testimoni diretti e a esibire la documentazione che conferma il loro racconto. Ma manca ancora molto per una ricostruzione completa della vicenda. Si tratta però solo di aspettare: quando il Vaticano aprirà gli archivi relativi al pontificato di Pio XII sarà fatta luce completa sul caso. E si potrebbe fare ancor prima, se i Majorana attuali, i discendenti di quel Giuseppe che scelse di far calare il sipario su Ettore, decidessero a distanza di settant’anni di rompere quel muro di silenzio».[/color]



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MessaggioInviato: 03/04/2013, 01:51 
Ma quindi lo hanno ucciso?



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MessaggioInviato: 03/04/2013, 09:27 
Cita:
MaxpoweR ha scritto:

Ma quindi lo hanno ucciso?

Secondo me si ritirò in quel convento, ecco perchè i parenti dissero a questo cugino che era stato ritrovato, senza aggiungere altro...



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MessaggioInviato: 03/04/2013, 10:15 
Cita:
MaxpoweR ha scritto:

Ma quindi lo hanno ucciso?


boh , secondo l'autore del libro (un cugino di Ettore), si. Nel '39



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MessaggioInviato: 03/04/2013, 11:06 
Intervista ad Eugenio Siragusa - 12 Aprile 2004
vista a cura di Giuliano Falciani :


Domanda)
Prima dicevi che hai ancora contatti con esseri che sono
all’interno della Terra.
Poi si parlava di Ettore Maiorana, ci puoi spiegare qualcosa?

Risposta)
Ettore Maiorana, insieme ad altri tre scienziati,
scomparsi misteriosamente dalla Terra, l’ho incontrato
a Salerno, nei pressi di un convento abbandonato.
Stavano andando in Romania a causa della rivoluzione,
per vedere che cosa stava accadendo.
Io lo vidi e gli dissi: “Ettore, posso dire a tua madre che
sei ancora vivo? Visto che sei scomparso
misteriosamente durante un viaggio da Napoli a Palermo,
dopo esserti rifiutato di collaborare al progetto di
realizzazione della bomba atomica?”.
Poi è atterrato un disco volante e sono partiti.

Domanda)
Questo è accaduto circa quaranta anni fa?

Risposta)
Esattamente

Domanda)
Hai ancora contatti con Ettore Maiorana?

Risposta)
Ho ricevuto da loro una fotografia di Giove scattata
dal satellite “Io”.
Giove ha due satelliti importanti, “Io”
ed “Europa”, ed erano tutti e due senza acqua e
senza atmosfera.
Poi è passata la cometa, uno zooide cosmico universale,
(ndr., si riferisce alla cometa Shoemaker-Levy)
che ha impattato su Giove, e misteriosamente si è
formatal’acqua e l’aria.

Ettore Maiorana sta lavorando, assieme ad altri scienziati,
su questi satelliti, per farne dei ricoveri, per
tutti coloro che verranno prelevati al momento opportuno
dalla terra, e portati temporaneamente in sosta su “Io” ed
“Europa”, fino a quando la terra non sarà pulita per ospitare
il nuovo Paradiso.

Domanda)
Quindi questi scienziati ci stanno preparando questo Regno.

Risposta)
Certo, e la Terra sarà popolata dalla qualità, e il Cielo
diventerà una luminosità d’Amore e di Pace.
Coloro che oggi lavorano al servizio di Dio o di Cristo,
possono essere chiamati,e un giorno eletti.



http://risveglio.myblog.it/media/00/01/1882318050.pdf



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è lenta ed Inesorabile. "
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 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 15/06/2014, 13:08 
Da leggere...... [;)]

Il “raggio della morte” non è una leggenda…

Articolo e video: http://www.altrainformazione.it/wp/2014 ... -leggenda/



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

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 Oggetto del messaggio: Re: Ettore Majorana
MessaggioInviato: 04/02/2015, 17:34 
Ettore Majorana, “il fisico vivo e residente in Venezuela negli anni ’50”
Immagine
È l'ipotesi della procura di Roma sul mai risolto caso del geniale fisico catanese scomparso misteriosamente nel 1938. Per gli inquirenti viveva volontariamente nella città venezuelana di Valencia

È considerato un cold case, un mistero che ha attraversato due secoli e che da oggi potrebbe avere una soluzione almeno parziale. Ettore Majorana, il geniale fisico catanese cresciuto in via Panisperna e che alcuni esperti collocano tra Newton ed Einstein, scomparso misteriosamente nel 1938, era vivo, nel periodo 1955-1959, e si trovava, volontariamente nella città venezuelana di Valencia. Questa l’ipotesi della procura di Roma che sta indagando sulla scomparsa dello scienziato.

L’indagine sulla “volatilizzazione” dello scienziato era stata riaperta nel 2011, quando i carabinieri I carabinieri del nucleo investigativo avevano sentito il testimone che in un’intervista televisiva aveva detto di aver visto Majorana a Buenos Aires alla fine della seconda guerra mondiale.

Lo scienziato sparì in occasione di un viaggio in piroscafo da Palermo a Napoli. Del caso Majorana si era parlato anche in occasione di una puntata di ”Chi l’ha visto”. In particolare, fu intervistato un italiano, emigrato in Venezuela a metà degli anni cinquanta, il quale espresse il convincimento di aver frequentato a lungo Majorana, anche se questi non gli avrebbe mai rivelato la propria identità. Quindi, nel giugno del 2011, la procura di Roma aveva deciso di riaprire il fascicolo sulla sua misteriosa sparizione, avvenuta il 25 marzo del ’38, all’età di 32 anni, dopo essersi imbarcato. A convincere i magistrati anche una foto scattata in Venezuela nel ’55, che dalle analisi effettuate dai carabinieri del Ris di Roma era risultata compatibile, in almeno dieci punti, con i tratti somatici del fisico catanese. Inoltre, l’uomo ritratto avrebbe avuto una forte somiglianza con il padre di Majorana, Fabio Massimo.

La vicenda comincia il 15 febbraio 2008, quando un uomo chiama la trasmissione di Raitre ”Chi l’ha visto”, sostenendo di aver frequentato un signore che si faceva chiamare Bini ma che in realtà era Ettore Majorana, come gli era stato detto dall’amico che glielo aveva fatto conoscere e che lo aveva incontrato anni prima in Argentina. Riluttante a farsi fotografare, lo scienziato era stato costretto a posare per uno scatto ”quasi sotto ricatto”, dice l’autore della foto, ”visto che mi aveva chiesto in prestito 150 bolivar”. Mentre scienza, cinema e letteratura s’interrogavano sul mistero di Majorana, propendendo come tesi prevalenti il suicidio o la scelta della vita conventuale, l’uomo spedì la foto in Italia alla famiglia che anni dopo l’ha ritrovata e consegnata alla procura di Roma.

Dopo aver accertato che Ettore Majorana era vivo tra il 1955 e il 1959, per la procura di Roma è stato impossibile stabilire che fine abbia fatto poi il fisico italiano. Il procuratore aggiunto Laviani sottolinea “l’inerzia degli organi diplomatici venezuelani” in merito alla richiesta di notizie circa “il possesso di una patente di guida o di titoli di proprietà di un’auto” da parte di Majorana e, in ogni caso, sottolinea che la testimonianza di Francesco Fasani, morto recentemente, appare fondata anche perché “pur privo di conoscenze di natura psichiatrica” fornisce “anche sotto il profilo caratteriale e comportamentale una ulteriore prova della identità tra il Bini ed Ettore Majorana”.

“Tanto premesso è da ritenersi che sono stati acquisiti elementi per poter escludere la sussistenza di condotte delittuose o autolesive contro la vita o contro la libertà di determinazione e movimento di Ettore Majorana, dovendosi concludere che il predetto si sia trasferito volontariamente all’estero permanendo in Venezuela almeno nel periodo tra il ’55 e il ’59” si legge nel decreto di archiviazione della procura. Le analisi e le comparazioni svolte dal Ris dei carabinieri tra una fotografia del ‘Bini-Majorana’ e quella di alcuni parenti e dello stesso padre dello scienziato Fabio “hanno portato alla perfetta sovrapponibilità dei singoli particolari anatomici tra cui naso, mento e orecchie”. “Appare dunque evidente – si legge nel decreto di archiviazione – che la testimonianza del Fasani, a quel tempo era un giovane meccanico autista, certamente privo di conoscenze di natura psichiatrica fornisce anche sotto il profilo caratteriale comportamentale una ulteriore prova dell’identità tra Bini ed Ettore Majorana, a sostegno e completamento del materiale d’indagine esaminato”.

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 Oggetto del messaggio: Re: Ettore Majorana
MessaggioInviato: 04/02/2015, 21:11 
l'ipotesi che sia fuggito spaventato dall'uso che si sarebbe potuto fare delle sue scoperte sembrerebbe quindi essere valida....



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 Oggetto del messaggio: Re: Ettore Majorana
MessaggioInviato: 04/02/2015, 22:03 
MaxpoweR ha scritto:
l'ipotesi che sia fuggito spaventato dall'uso che si sarebbe potuto fare delle sue scoperte sembrerebbe quindi essere valida....


Io ho la fissa che gli eventi di caronia siano legati ai suoi esperimenti e macchinari.

Magari nei prox giorni approfondirò questo discorso qui o nei thread su caronia



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