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 Oggetto del messaggio: Plastica nei mari e animali.
MessaggioInviato: 07/04/2011, 14:06 
Plastica nei mari e animali. Gli scienziati svelano storie vere da film dell’orrore
http://www.blogeko.it


I rifiuti di plastica che riempiono i mari di tutto il mondo sono uno dei temi ambientali emergenti. Gli scienziati ne hanno parlato pochi giorni fa a Honolulu alla Quinta conferenza internazionale sui detriti mariti.

Si è conclusa con una serie di generiche quanto benintenzionate e importanti raccomandazioni (non particolarmente nuove, peraltro) ma è stata un’occasione in cui gli scienziati hanno raccontato storie da film dell’orrore – storie vere – a proposito dell’impatto accertato che la plastica ha sulle creature del mare.

Il background è, o dovrebbe essere, ben noto: la plastica è immarcescibile e praticamente eterna; quando viene abbandonata in giro prima o poi viene trascinata dalla pioggia verso un fiume che la trasporta in mare; le onde e il sole la frammentano ma non la distruggono; è particolarmente concentrata in luoghi detti “vortici dei rifiuti”, dove il mare sembra un minestrone di immondizia, ma ce n’è moltissima dappertutto, Mediterraneo e paradisiache spiagge tropicali comprese.

La soluzione migliore è eliminare il più possibile la plastica usa e getta, tipo bottiglie e bicchieri; in subordine, l’accurato riciclaggio.

Una storia dell’orrore raccontata dagli scienziati ad Honolulu è quella della tartaruga salvata nel 2009. Sembrava che avesse problemi di digestione. Dopo che le è stato estratto un grosso pezzo di plastica dal tubo gastrointestinale, ha defecato plastica per un mese intero.

Dalle sue tormentate budella sono uscite 74 oggetti di plastica, piccoli e grandi: tutti ovviamente catalogati e documentati con rigore scientifico.

Nel Mare del Nord, almeno il 95% dei fulmari – uccelli tipo procellarie – ha plastica nello stomaco: da un solo pezzo a decine di pezzi.

Si stima che 35 tonnellate di plastica viaggino negli stomaci degli uccelli delle tempeste, parenti stretti dei fulmari, durante la loro annuale migrazione dalle coste del Nord Atlantico alle zone di riproduzione nell’Artico.

Secondo l’Unep, il programma ambientale dell’Onu, in tutto il mondo circa 270 specie sono danneggiate dal contatto o dall’ingestione di rifiuti che si trovano in mare: fra esse il 68% delle specie di tartarughe marine, il 44% delle specie di uccelli marini e il 43% delle specie di mammiferi marini.

Qui trovate le generiche raccomandazioni e i generici impegni approvati a conclusione della conferenza di Honolulu. Fra gli sponsor, marchi legati alla produzione di plastica usa e getta come la Coca Cola e l’American Chemistry Council.

Il comunicato stampa delle Nazioni Unite in occasione della conferenza di Honolulu i rifiuti nei mari minacciano gli animali, la salute umana e l’economia.

Su Mother Nature Network: http://www.mnn.com/earth-matters/animal ... -a-month-0

Su Ipsi News: http://ipsnews.net/news.asp?idnews=54997

Il sito internet della Fifth International Marine Debris Conference: http://www.5imdc.org/



http://www.blogeko.it/2011/plastica-nei ... ellorrore/



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MessaggioInviato: 24/10/2013, 19:49 
[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=_avE5tX-ny4[/BBvideo]

L'apocalisse della plastica, che produce immense isole di rifiuti che ricoprono
l'Oceano Pacifico, un mare ormai morto, distrugge anche gli uccelli marini e gli albatros.
Nel video, quello che sta accadendo su un'isola a oltre 300km da qualunque avamposto
della cosiddetta civiltà.

Per saperne di più sulle isole di plastica che ricoprono i nostri mari:
http://www.byoblu.com/post/2010/04/03/i ... stica.aspx

Per sapere come e perché l'Oceano Pacifico è morto:
http://www.byoblu.com/post/2013/10/24/un_mare-di_m.aspx



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 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 18/12/2014, 22:14 
La plastica nel Mediterraneo è aumentata di 50 volte in 3 anni!

Immagine

Cinquemila miliardi di frammenti di plastica per una massa complessiva di oltre 260.000 tonnellate sono dispersi nei mari e negli oceani di tutto il mondo. Anche se un terzo di questa enorme quantità si concentra nel Pacifico settentrionale,
i frammenti più piccoli arrivano addirittura nei mari polari e il Mediterraneo, con le sue 25.000 tonnellate, non è affatto messo bene.

È la stima di un gruppo internazionale di ricercatori, pubblicata su “PLoS ONE”, basata sull’estrapolazione di dati ottenuti da 24 spedizioni di ricerca condotte fra il 2007 e il 2013.

Di queste 269.000 tonnellate, oltre 96.000 si trovano nell’Oceano Pacifico settentrionale, che in questa triste classifica è seguito dall’Oceano Indiano (59.000 tonnellate) e dall’Atlantico settentrionale (56.000 tonnellate). Con oltre 23.000 tonnellate il Mediterraneo è il quarto della lista, un dato sconfortante se si pensa che in questo piccolo bacino c’è più materiale plastico di quello che si trova in tutto il Pacifico meridionale (21.000 tonnellate circa) e nell’Atlantico meridionale (poco meno di 13.000 tonnellate). La situazione è peggiorata esponenzialmente: nel 2011 c’erano “solo” 500 tonnellate nel Mediterraneo (50 volte meno!!)

I frammenti di maggiori dimensioni sono particolarmente abbondanti in prossimità delle coste, mentre quelli di dimensioni intermedie arrivano facilmente fino ai cosiddetti giri (grandi correnti ad andamento approssimativamente circolare) subtropicali. Particelle più minute sono state invece trovate addirittura nelle regioni più remote, come i giri subpolari.

Nel 2009 Chris Jordan ha deciso di denunciare la gravità del fenomeno realizzando un reportage fotografico molto forte che ritrae le condizioni in cui versano questi animali, sia da vivi e agonizzanti, che da morti. In particolare le foto che vedrete testimoniano lo scioccante contenuto dello stomaco di questi uccelli che – ricordiamo – vivono in uno dei santuari marini più remoti del pianeta.

Cinquemila miliardi di frammenti di plastica per una massa complessiva di oltre 260.000 tonnellate sono dispersi nei mari e negli oceani di tutto il mondo. Anche se un terzo di questa enorme quantità si concentra nel Pacifico settentrionale, i frammenti più piccoli arrivano addirittura nei mari polari e il Mediterraneo, con le sue 25.000 tonnellate, non è affatto messo bene.

È la stima di un gruppo internazionale di ricercatori, pubblicata su “PLoS ONE”, basata sull’estrapolazione di dati ottenuti da 24 spedizioni di ricerca condotte fra il 2007 e il 2013.

Immagine

Di queste 269.000 tonnellate, oltre 96.000 si trovano nell’Oceano Pacifico settentrionale, che in questa triste classifica è seguito dall’Oceano Indiano (59.000 tonnellate) e dall’Atlantico settentrionale (56.000 tonnellate). Con oltre 23.000 tonnellate il Mediterraneo è il quarto della lista, un dato sconfortante se si pensa che in questo piccolo bacino c’è più materiale plastico di quello che si trova in tutto il Pacifico meridionale (21.000 tonnellate circa) e nell’Atlantico meridionale (poco meno di 13.000 tonnellate). La situazione è peggiorata esponenzialmente:nel 2011 c’erano “solo” 500 tonnellate nel Mediterraneo (50 volte meno!!) http://www.corriere.it/scienze/energia_ ... 9415.shtml

I frammenti di maggiori dimensioni sono particolarmente abbondanti in prossimità delle coste, mentre quelli di dimensioni intermedie arrivano facilmente fino ai cosiddetti giri (grandi correnti ad andamento approssimativamente circolare) subtropicali. Particelle più minute sono state invece trovate addirittura nelle regioni più remote, come i giri subpolari.
Nel 2009 Chris Jordan ha deciso di denunciare la gravità del fenomeno realizzando un reportage fotografico molto forte che ritrae le condizioni in cui versano questi animali, sia da vivi e agonizzanti, che da morti. In particolare le foto che vedrete testimoniano lo scioccante contenuto dello stomaco di questi uccelli che – ricordiamo – vivono in uno dei santuari marini più remoti del pianeta.

video
http://vimeo.com/25563376

http://www.dionidream.com/la-plastica-n ... te-3-anni/


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 Oggetto del messaggio: Re: Plastica nei mari e animali.
MessaggioInviato: 17/12/2021, 21:04 
I microbi in tutto il mondo si stanno evolvendo per digerire la plastica

Uno studio condotto dalla Chalmers University of Technology di Göteborg, Svezia, sostiene che i microbi presenti negli oceani e nel suolo di tutto il mondo si starebbero evolvendo per “digerire” la plastica. Il fenomeno sarebbe in relazione all’esponenziale aumento dell’inquinamento e potrebbe ispirare soluzioni ecologiche agli scienziati.
La produzione di plastica negli ultimi 70 anni è passata da 2 a 380 milioni di tonnellate all'anno. Proprio questo sarebbe stato a provocare il proliferare di microbi che, mano a mano, sono andati ad adattarsi per approfittare di una tale sovrabbondanza di risorse, sostiene lo studio pubblicato sulla rivista Microbial Ecology.
La ricerca è iniziata compilando un elenco di dati relativi a 95 enzimi microbici, già noti per essere in grado di degradare la plastica e spesso presenti nei batteri nelle discariche, per poi passare all’analisi di oltre 200 milioni di campioni di DNA, prelevati da 236 diversi ambienti di diverse parti del mondo.

In conclusione del lavoro, sono stati individuati oltre 30.000 enzimi diversi, in grado di degradare 10 diversi tipi di materiali plastici.
“L'utilizzo di approcci di biologia sintetica per migliorare gli attuali processi di degradazione della plastica è di importanza cruciale, poiché i processi di degradazione della plastica naturale sono molto lenti. Ad esempio, la durata prevista di una bottiglia di polietilene tereftalato (PET) in condizioni ambientali varia da 16 a 48 anni. Inoltre, sebbene esista ancora una diversità inesplorata nelle comunità microbiche, la degradazione sinergica della plastica da parte dei microrganismi ha un grande potenziale per rivoluzionare la gestione dei rifiuti di plastica globali. A tal fine, i metodi e i dati sui nuovi enzimi che degradano la plastica presentati qui possono aiutare i ricercatori, fornendo ulteriori informazioni sulla diversità tassonomica di tali enzimi, nonché la comprensione dei meccanismi e delle fasi coinvolte nella degradazione biologica della plastica, indicando le aree con maggiore disponibilità di nuovi enzimi e fornendo una base per ulteriori applicazioni nella biodegradazione dei rifiuti di plastica industriale”, è messo in evidenza nell’abstract che presenta lo studio.
Partendo dal principio che uno stesso materiale, nel caso in esempio il PET, possa impiegare 48 come 16 anni per la degradazione, a seconda dell’ambiente in cui si trova e degli agenti microbici che lo aggrediscono, risulta chiara l’importanza dello studio specifico di quei microrganismi più capaci di digerire la plastica.
"Il prossimo passo sarebbe testare i candidati enzimatici più promettenti in laboratorio, per indagare da vicino le loro proprietà e il tasso di degradazione della plastica che possono raggiungere", ha affermato il professor Aleksey Zeleznyak, del Dipartimento di Biologia e Ingegneria Biologica dell’Università svedese. "Da lì potremmo progettare comunità microbiche con funzioni degradanti mirate per specifici tipi di polimeri".


https://it.sputniknews.com/20211216/i-m ... 15060.html


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