BOSSI E BERLUSCONI
Inviato: 01/04/2010, 13:48
Lo ritengo il nodo cruciale dell' attuale momento politico.
Per questo apro un topic dedicato.
Bossi, che all' inizio mi piaceva moltissimo , tanto che, è una cosa che ho già detto, ai tempi sono stato un convinto Leghista per quasi un anno,
si esprimeva così :
http://www.youtube.com/watch?v=vUDFaYKTCPo
http://www.youtube.com/watch?v=1vSgONXTD-o
http://www.youtube.com/watch?v=jS9e9R6Cl04
Poi, è successo qualcosa .
Indaghiamo.
DA IL FATTO QUOTIDIANO
L’ASSE PADANO DEI SOLDI
Dal salvataggio della banca padana al mistero dei 70 miliardi
Così Berlusconi si è garantito la fedeltà di Bossi
di Gianni Barbacetto
“Io sono uno dei pochi che non ha mai chiesto né una lira né un
aiuto a Berlusconi”.
Le parole dette il 20 marzo da Umberto Bossi, sul palco della
“festa dell’amore” in piazza San Giovanni a Roma, risaltano di più
oggi, dopo che la Lega è diventata l’azionista più forte del
centrodestra: il Carroccio è ormai il 31 per cento dell’alleanza, un
terzo dello schieramento. Adesso alza il prezzo, sa che può chiedere
di più.
È iniziata “la battaglia più insidiosa”, come la chiama Ignazio La
Russa: quella interna al centrodestra. Ma fino a che punto Bossi può
tirare la corda? Il patto tra Umberto e Silvio è destinato a durare? E
che tipo di patto è?
IL PATTO. Nasce nei primi mesi del 2000. Prima, la Padania, il
quotidiano della Lega, chiamava Berlusconi “il mafioso di Arcore”. E
pubblicava con grande evidenza (era l’agosto 1998) dieci domande
sull’odore dei soldi e sulle imbarazzanti relazioni siciliane del
fondatore di Forza Italia. Con il nuovo millennio, il clima cambia.
Bossi e Berlusconi siglano un patto di ferro che li porterà al trionfo
elettorale del 2001. “L’accordo potrebbe essere raggiunto in tempi
brevi. Si può dire che è stato raggiunto, in parte è già scritto”,
dichiara Bossi a Repubblica già il 27 gennaio 2000. “Ma lo avete
depositato del notaio, come scrive qualcuno?”, gli chiede
l’intervistatore.
Il leader della Lega nega: “A che cosa serve il
notaio in politica? Sono cose da matti, invenzioni fantasiose”. Eppure
la notizia dell’esistenza di un patto scritto, depositato da un
notaio, circola da subito. E arriva dall’interno della Lega. Qualcuno
favoleggia di un accordo con una parte anche finanziaria: debiti
appianati, bilanci risanati. “Cose da matti, invenzioni fantasiose”,
come dice Bossi. Qualche anno dopo, si saprà che all’esistenza di quel
patto scritto credeva anche la security Telecom guidata da Giuliano
Tavaroli, che lo ha cercato a lungo. Quando nel 2007 arrestano un
collaboratore di Tavaroli, il giornalista di Famiglia cristiana
Guglielmo Sasinini, tra i documenti che gli sequestrano ci sono anche
appunti sul presunto patto Berlusconi-Bossi: “In quel periodo
pignorata per debiti la casa di Bossi”.
E poi: “70 miliardi dati da
Berlusconi a Bossi in cambio della totale fedeltà”. “Debiti già
ripianati con 70 mld”. E ancora: “Notaio milanese?”. Segue anche il
nome “Tre-monti”, senza però alcun dettaglio né legame con il presunto
accordo. Bossi non si scompone: “Figurarsi! Una balla spazia-le .
Berlusconi è uno che non tira fuori un soldo nemmeno per pagare i
manifesti elettorali... figurarsi se tira fuori dei soldi per la
Lega!”.
L’AMICO FIORANI. Ma i soldi per la Lega qualcuno li ha tirati
fuori. E ne è restata traccia. È Gianpiero Fiorani, il banchiere della
Popolare di Lodi che nel 2005 guida gli assalti dei furbetti del
quartierino. È lui che salva la Lega arrivata a un passo dalla
bancarotta. Mai stati gran finanzieri, quelli del Carroccio. Nel 1998
una decina di leghisti di spicco, tra cui il tesoriere Maurizio
Balocchi e l’ex sottosegretario Stefano Stefani, investono in un
villaggio turistico in Croazia che si rivela un flop e finiscono
diritti dentro un’inchiesta per bancarotta fraudolenta.
Fanno peggio quando cercano di diventare banchieri.
S’inventano la Credieuronord, un piccolo istituto di credito messo
su nel 2000. Primo nome: Credinord. “Ci hanno fatto cambiare nome,
pazienza se ci è toccato mettere di mezzo l’euro, l’importante è che
sarà una grande banca”, dichiara un Bossi pieno di speranza. Poi
comincia una struggente campagna di proselitismo, che chiede ai
militanti leghisti di mettere mano al portafoglio per contribuire al
successo della nuova “banca padana”.
Vengono aperti un paio di sportelli a Milano e uno a Treviso, ma
dura poco. Fidi importanti vengono concessi, senza troppe garanzie, a
pochi clienti eccellenti, tra cui la moglie dell’ex calciatore Franco
Baresi. Finanziamenti facili sono concessi alla Bingo.net #8201; del
tesoriere della Lega Maurizio Balocchi. In breve: Credieuronord
collassa. E conquista il record di essere l’unica banca al mondo che
in soli tre anni riesce a perdere quasi per intero il capitale
sociale. Le azioni pagate 25 euro l’una alla fine dell’avventura
crollano a 2,16 euro. Bruciati oltre 10 milioni. I capi leghisti
rischiano, con la bancarotta, di rimetterci la faccia e magari anche
i patrimoni. Ma arriva il salvatore: Gianpiero Fiorani. Dieci anni
prima era stata la sua Banca popolare di Lodi a concedere alla Lega il
mutuo che aveva permesso al partito di comprare la sede di via
Bellerio a Milano. Nel 2004, con la regia del governatore di
Bankitalia Antonio Fazio, compra Credieuronord e annega i debiti della
banchetta leghista nell’accogliente pancia della Popolare di Lodi.
Erano clienti di Credieuronord, nonché leghisti convinti e sostenitori
di Bossi, anche i fratelli Angelino e Caterino Borra, grandi
collezionisti di armi, ritrovate in enormi e misteriosi capannoni in
provincia di Pavia. I Borra sono i proprietari della storica Radio
101, l’ex Radio Milano International, one-o-one: la loro emittente
precipita nel buco nero di un crac. Aggravato dal fatto che, per
tentare di far quadrare i conti, Caterino Borra e la sua compagna
Carmen Gocini, curatrice fallimentare per il Tribunale di Milano,
sottraggono 35 milioni di euro alle aziende affidate dal Tribunale a
Gocini e li riciclano in parte proprio attraverso la banca della Lega.
Brutte storie, le storie di soldi delle Lega. Del Carroccio
sappiamo quasi tutto, storia, politica, ideologia, passioni,
intemperanze... Le sue finanze restano però un oggetto in gran parte
misterioso. Su questo sfondo opaco, non è dunque così strano che
possano attecchire le leggende di patti segreti che legano per la vita
il Silvio e l’Umberto. “Cose da matti, invenzioni fantasiose”: parola
di Bossi.
zio ot
Per questo apro un topic dedicato.
Bossi, che all' inizio mi piaceva moltissimo , tanto che, è una cosa che ho già detto, ai tempi sono stato un convinto Leghista per quasi un anno,
si esprimeva così :
http://www.youtube.com/watch?v=vUDFaYKTCPo
http://www.youtube.com/watch?v=1vSgONXTD-o
http://www.youtube.com/watch?v=jS9e9R6Cl04
Poi, è successo qualcosa .
Indaghiamo.
DA IL FATTO QUOTIDIANO
L’ASSE PADANO DEI SOLDI
Dal salvataggio della banca padana al mistero dei 70 miliardi
Così Berlusconi si è garantito la fedeltà di Bossi
di Gianni Barbacetto
“Io sono uno dei pochi che non ha mai chiesto né una lira né un
aiuto a Berlusconi”.
Le parole dette il 20 marzo da Umberto Bossi, sul palco della
“festa dell’amore” in piazza San Giovanni a Roma, risaltano di più
oggi, dopo che la Lega è diventata l’azionista più forte del
centrodestra: il Carroccio è ormai il 31 per cento dell’alleanza, un
terzo dello schieramento. Adesso alza il prezzo, sa che può chiedere
di più.
È iniziata “la battaglia più insidiosa”, come la chiama Ignazio La
Russa: quella interna al centrodestra. Ma fino a che punto Bossi può
tirare la corda? Il patto tra Umberto e Silvio è destinato a durare? E
che tipo di patto è?
IL PATTO. Nasce nei primi mesi del 2000. Prima, la Padania, il
quotidiano della Lega, chiamava Berlusconi “il mafioso di Arcore”. E
pubblicava con grande evidenza (era l’agosto 1998) dieci domande
sull’odore dei soldi e sulle imbarazzanti relazioni siciliane del
fondatore di Forza Italia. Con il nuovo millennio, il clima cambia.
Bossi e Berlusconi siglano un patto di ferro che li porterà al trionfo
elettorale del 2001. “L’accordo potrebbe essere raggiunto in tempi
brevi. Si può dire che è stato raggiunto, in parte è già scritto”,
dichiara Bossi a Repubblica già il 27 gennaio 2000. “Ma lo avete
depositato del notaio, come scrive qualcuno?”, gli chiede
l’intervistatore.
Il leader della Lega nega: “A che cosa serve il
notaio in politica? Sono cose da matti, invenzioni fantasiose”. Eppure
la notizia dell’esistenza di un patto scritto, depositato da un
notaio, circola da subito. E arriva dall’interno della Lega. Qualcuno
favoleggia di un accordo con una parte anche finanziaria: debiti
appianati, bilanci risanati. “Cose da matti, invenzioni fantasiose”,
come dice Bossi. Qualche anno dopo, si saprà che all’esistenza di quel
patto scritto credeva anche la security Telecom guidata da Giuliano
Tavaroli, che lo ha cercato a lungo. Quando nel 2007 arrestano un
collaboratore di Tavaroli, il giornalista di Famiglia cristiana
Guglielmo Sasinini, tra i documenti che gli sequestrano ci sono anche
appunti sul presunto patto Berlusconi-Bossi: “In quel periodo
pignorata per debiti la casa di Bossi”.
E poi: “70 miliardi dati da
Berlusconi a Bossi in cambio della totale fedeltà”. “Debiti già
ripianati con 70 mld”. E ancora: “Notaio milanese?”. Segue anche il
nome “Tre-monti”, senza però alcun dettaglio né legame con il presunto
accordo. Bossi non si scompone: “Figurarsi! Una balla spazia-le .
Berlusconi è uno che non tira fuori un soldo nemmeno per pagare i
manifesti elettorali... figurarsi se tira fuori dei soldi per la
Lega!”.
L’AMICO FIORANI. Ma i soldi per la Lega qualcuno li ha tirati
fuori. E ne è restata traccia. È Gianpiero Fiorani, il banchiere della
Popolare di Lodi che nel 2005 guida gli assalti dei furbetti del
quartierino. È lui che salva la Lega arrivata a un passo dalla
bancarotta. Mai stati gran finanzieri, quelli del Carroccio. Nel 1998
una decina di leghisti di spicco, tra cui il tesoriere Maurizio
Balocchi e l’ex sottosegretario Stefano Stefani, investono in un
villaggio turistico in Croazia che si rivela un flop e finiscono
diritti dentro un’inchiesta per bancarotta fraudolenta.
Fanno peggio quando cercano di diventare banchieri.
S’inventano la Credieuronord, un piccolo istituto di credito messo
su nel 2000. Primo nome: Credinord. “Ci hanno fatto cambiare nome,
pazienza se ci è toccato mettere di mezzo l’euro, l’importante è che
sarà una grande banca”, dichiara un Bossi pieno di speranza. Poi
comincia una struggente campagna di proselitismo, che chiede ai
militanti leghisti di mettere mano al portafoglio per contribuire al
successo della nuova “banca padana”.
Vengono aperti un paio di sportelli a Milano e uno a Treviso, ma
dura poco. Fidi importanti vengono concessi, senza troppe garanzie, a
pochi clienti eccellenti, tra cui la moglie dell’ex calciatore Franco
Baresi. Finanziamenti facili sono concessi alla Bingo.net #8201; del
tesoriere della Lega Maurizio Balocchi. In breve: Credieuronord
collassa. E conquista il record di essere l’unica banca al mondo che
in soli tre anni riesce a perdere quasi per intero il capitale
sociale. Le azioni pagate 25 euro l’una alla fine dell’avventura
crollano a 2,16 euro. Bruciati oltre 10 milioni. I capi leghisti
rischiano, con la bancarotta, di rimetterci la faccia e magari anche
i patrimoni. Ma arriva il salvatore: Gianpiero Fiorani. Dieci anni
prima era stata la sua Banca popolare di Lodi a concedere alla Lega il
mutuo che aveva permesso al partito di comprare la sede di via
Bellerio a Milano. Nel 2004, con la regia del governatore di
Bankitalia Antonio Fazio, compra Credieuronord e annega i debiti della
banchetta leghista nell’accogliente pancia della Popolare di Lodi.
Erano clienti di Credieuronord, nonché leghisti convinti e sostenitori
di Bossi, anche i fratelli Angelino e Caterino Borra, grandi
collezionisti di armi, ritrovate in enormi e misteriosi capannoni in
provincia di Pavia. I Borra sono i proprietari della storica Radio
101, l’ex Radio Milano International, one-o-one: la loro emittente
precipita nel buco nero di un crac. Aggravato dal fatto che, per
tentare di far quadrare i conti, Caterino Borra e la sua compagna
Carmen Gocini, curatrice fallimentare per il Tribunale di Milano,
sottraggono 35 milioni di euro alle aziende affidate dal Tribunale a
Gocini e li riciclano in parte proprio attraverso la banca della Lega.
Brutte storie, le storie di soldi delle Lega. Del Carroccio
sappiamo quasi tutto, storia, politica, ideologia, passioni,
intemperanze... Le sue finanze restano però un oggetto in gran parte
misterioso. Su questo sfondo opaco, non è dunque così strano che
possano attecchire le leggende di patti segreti che legano per la vita
il Silvio e l’Umberto. “Cose da matti, invenzioni fantasiose”: parola
di Bossi.
zio ot