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Le piante sono provviste di memoria. Sono in grado di imparare dai diversi stimoli e ricordare. Registrano informazioni, le loro foglie si chiudono e si schiudono a seconda delle dinamiche che ruotano attorno.
Lo dimostra una ricerca condotta presso il Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale - Linv dell'Università di Firenze, in collaborazione con l'University of Western Australia.
Oggetto di osservazione è stata tra tutte la Mimosa pudica, che gli esperti hanno sottoposto a stimoli di varia natura. La sua caratteristica è formidabile: la Mimosa pudica, infatti, è capace di chiudere le sue foglioline o afflosciare i suoi rametti se sfiorata (da qui il nome "pudica").
"La sua reazione immediata e visibile ci ha permesso di studiare le risposte a vari tipi di sollecitazioni, sia pericolose, come il contatto con un insetto, che inoffensive", ha spiegato Stefano Mancuso, associato di Arboricoltura generale e coltivazioni arboree del Dipartimento di Scienze delle produzioni agroalimentari e dell'ambiente dell'università di Firenze.
L'esperimento. "Abbiamo addestrato le piante a ignorare uno stimolo non pericoloso, la caduta del vaso in cui sono coltivate da un'altezza di 15 centimetri, ripetendo l'esperienza. Dopo alcune ripetizioni - ha spiegato Mancuso - le piante di mimosa non hanno più chiuso le foglie, risparmiando tra l'altro energia".
Le piante sono state poi allevate in due gruppi separati, con disponibilità di luce diverse, e i ricercatori hanno verificato che quelle coltivate a livelli luminosi inferiori, e quindi con meno energia, apprendono più in fretta di quelle che ne hanno di più. Come se non volessero sprecare risorse. La cosa sorprendente è che le piante hanno mantenuto la memoria delle esperienze per oltre 40 giorni.
"Dobbiamo ancora capire come e dove i vegetali conservino queste informazioni e come facciano a richiamarle quando è necessario. Per farlo applicheremo ad altri tipi di piante, in particolare quelle carnivore, le tecniche utilizzate per studiare il comportamento degli animali", conclude Stefano Mancuso.
Che le piante posseggano empatia e sensibilità è ormai cosa accertata. Risentono dell'ambiente circostante e delle cure ad esse rivolte, risentono persino dei cambiamenti climatici e sono particolarmente reattive al tatto. Sanno sopravvivere insomma, ma cosa trarre da questa ulteriore ricerca? Conoscenze così approfondite del mondo vegetale e di tutti i suoi "umori", per esempio, potrebbero essere impiegate per migliorare la resa delle colture senza ricorrere a sostanze chimiche, "insegnando" alle piante stesse a riconoscere gli insetti pericolosi e quelli amici o a reagire da sole all'attacco di malattie fungine o virali.
E' il futuro dell'agroalimentare?

fonte: http://www.greenme.it/informarsi/natura ... -ricordano



Mi viene il magone a pensare a quante stronzate insegnano nelle scuole -_-



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MessaggioInviato: 25/08/2014, 01:34 
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VITA SEGRETA DELLE PIANTE: ANNUSANO, COMUNICANO, SONO ALTRUISTE E CANTANO PURE!

Le piante sono capaci di percepire il pericolo e di sapere esattamente cosa “fare” per evitare i predatori.

Non molto tempo fa, un gruppo di scienziati ha scoperto che esse sono in grado di ascoltare, di vedere, annusare e di possedere la capacità di apprendere, ricordare, e comunicare.

Inoltre, non solo a loro non piace il frastuono prodotto dalle attività umane, ma fatto ancor più sorprendente, le piante sono anche in grado di fare musica e di cantare!

Insomma, i ricercatori hanno scoperto che la biologia umana e quella vegetale sono molto più vicine di quanto non si sia mai compreso e l’analisi di queste somiglianze potrebbe avere ricadute benefiche nello studio delle basi biologiche di malattie come il cancro.



L’altruismo delle piante
In un esperimento condotto da alcuni ricercatori dell’Università del Colorado, si è dimostrato che le piante, tra le numerose caratteristiche, sono anche anche altruiste.

Gli studiosi hanno esaminato dei semi di mais fecondato, ognuno dei quali conteneva due “fratelli” (un embrione e un pò di tessuto cellulare noto come “endosperma”, che alimenta l’embrione durante la sua crescita).

Nello studio sono state messe a confronto la crescita e il comportamento di embrioni e di endosperma di semi che condividono gli stessi genitori, e il comportamento di embrioni e di endosperma che avevano la stessa madre, ma padri geneticamente differenti.

“I risultati hanno indicato che il gruppo di embrioni con gli stessi genitori presentavano una maggiore quantità di endosperma, rispetto agli embrioni con la stessa madre, ma con un padre diverso”, spiega la professoressa Pamela Diggle del dipartimento di biologia evolutiva.

“Abbiamo scoperto che l’endosperma del gruppo di embrioni che non condivide lo stesso sembra essere meno cooperativo, presentandosi in quantità minore rispetto all’altro gruppo”. A quanto pare, l’endosperma è più propenso a sacrificarsi per gli individui di una stessa famiglia.

“Una delle leggi fondamentali della natura è che se per essere altruisti, bisogna rinunciare ai vostri parenti più stretti. L’altruismo si evolve solo se il benefattore è un parente stretto del beneficiario. Quando l’endosperma dà tutto il suo cibo per l’embrione e poi muore, esprime la più alta forma di altruismo”, conclude la Diggle.

Un esperimento simile fu pubblicato già due anni fa sull’American Journal of Botany, riportato in un resoconto del blog Biosproject: Earth. Guillermo Murphy e Susan Dudley hanno scoperto che la pianta Impatiens pallida, conosciuta con il nome comune di gamba di vetro, vegetale erbaceo delle foreste orientali del Nord America, riconosce i suoi simili e modifica il suo comportamento in relazione al grado di parentela delle piante che gli crescono accanto.

Dudley e Murphy hanno selezionato semi di Impatiens pallida e li hanno piantati in vasi diversi, ognuno dei quali poteva accogliere semi delle piante della stessa famiglia o di piante geneticamente lontane, in seguito hanno manipolato la radiazione luminosa e la sua intensità per vedere se la strategia per catturare più luce dipendesse dal grado di parentela degli individui vicini.

I ricercatori hanno constatato differenti risposte da parte dell’Impatiens a seconda che la pianta era cresciuta con i parenti o con piante estranee. Per la precisione i due biologi hanno scoperto che le piante “consanguinee” che si venivano a trovare insieme nei vasi, modificavano la loro morfologia modellando la crescita dei rami in modo da non fare ombra alle piante vicine.

Il rumore ha un effetto negativo sulle piante
Un numero crescente di ricerche dimostrano che gli uccelli e gli altri animali modificare il proprio comportamento in risposta al frastuono prodotto dalle attività umane, come il rumore del traffico o quello prodotto dalle fabbriche. Ma, a quanto pare, il fenomeno non riguarda soltanto gli animali.

Uno studio pubblicato su Proceedings of the Royal Society B. nello scorso marzo del 2012 ha dimostrato che il rumore prodotto dall’uomo può avere effetti a catena anche sulle piante.

A soffrirne di più, secondo quanto spiegato da Clinton Francis del National Science Foundation (NSF) National Evolutionary Synthesis Center, sarebbero gli alberi, con conseguenze che potrebbero durare per decenni, anche dopo che la fonte del rumore sia scomparsa.

In ricerche precedenti, Francis e colleghi hanno scoperto che alcuni animali impollinatori aumentano il numero di visite alle piante posizionate vicino a siti particolarmente numerosi, mentre disertano le altre. Perchè. Potrebbe essere un effetto del frastuono?

Per scoprirlo, i ricercatori hanno condotto una serie di osservazioni tra il 2007 e il 2010 nel Bureau of Wildlife Management Area Land Rattlesnake Canyon nel nord-ovest del New Mexico.

La regione è sede di migliaia di pozzi di gas naturale, su molti dei quali sono montati dei compressori rumorosi per l’estrazione del gas e il trasporto attraverso i gasdotti. Il ruggito dei compressori è prodotto senza sosta, notte e giorno per tutto l’anno.

Uno dei vantaggi del sito è che permette ai ricercatori di studiare l’effetto del rumore sulla fauna e sulla flora selvatica senza i fattori di condizionamento di altre zone rumorose, quali le città o le strade, dove l’inquinamento atmosferico, fotoelettrico e chimico può alterare i risultati delle osservazioni.

Il team ha scoperto che alcune specie di uccelli, in particolare il colibrì, visitavano i siti rumorosi fino a cinque volte più frequentemente rispetto ai luoghi silenziosi.

Pare che il colibrì scelga luoghi rumorosi per proteggere i suoi piccoli dai predatori, spaventati dal frastuono martellante. Frequentando più spesso queste piante, tende ad aumentare anche l’impollinazione, traducendosi in una maggiore produzione di sementi.

Per alcune piante potrebbe sembrare una buona notizia, ma per altre si tratta di un effetto negativo. In una seconda serie di osservazioni presso lo stesso sito, i ricercatori hanno cercato di capire quale effetto possa avere il rumore sui semi prodotti dagli alberi, prendendo a campione il Piñon, un pino molto diffuso nella zona.

Si è scoperto che i tra i numerosi animali che si nutrono dei pinoli del pino, tra cui scoiattoli, uccelli, conigli e altri roditori, solo due specie hanno preferito mangiare i semi degli alberi posizionati vicino alle fonti di rumore: i topi e l’Aphelocoma californica, conosciuta anche come Ghiandaia americana.

I pinoli divorati dai topi non sopravvivono al passaggio attraverso l’intestino dell’animale, spiega Francis Clinton, sfavorendo la riproduzione della pianta. La Ghiandaia, invece, raccolgono centinaia di migliaia di semi, per poi nasconderli nel terreno e mangiarli nel corso dell’anno.

In questo modo, i semi non riescono a germogliare e quindi lo svantaggio per queste piante è particolarmente evidente. I ricercatori, infatti, hanno valutato che la presenza di pini era quattro volte superiore nelle aree silenziose, rispetto a quelle vicine alle fonti di rumore.

“La crescita del Piñon è molto lenta, per questo il cambiamento è passato inosservato per anni. Meno alberi di questa specie significa meno habitat disponibile per le centinaia di specie che dipendono dalla loro sopravvivenza”, conclude amaro Francis.



Un fenomeno straordinario: il Canto Delle Piante
Uno dei fenomeni più affascinanti delle piante, e forse il più sorprendente, è la loro capacità di cantare e comporre musica! E l’ascolto delle loro composizioni e davvero rilassante.

Alcuni ricercatori della Federazione di Damanhur, una comunità etico-spirituale situata a Vidracco in Piemonte, sin dal 1975 stanno compiendo una serie di osservazioni sulle piante, al fine di comprendere le loro capacità uniche.

Grazie all’ausilio di alcuni dispositivi che hanno creato per registrare la reattività delle piante nel loro ambiente naturale, i ricercatori hanno scoperto che le piante sono in grado di apprendere e di comunicare tra loro.

Applicando un semplice principio della fisica, i ricercatori hanno utilizzato una variante del ponte di Wheatstone, un circuito elettrico utilizzato per misurare la resistenza elettrica tra i due poli di un circuito a ponte.

Il dispositivo è stato utilizzato per misurare le differenze elettriche tra le foglie e le radici della pianta. Tali misure, poi, vengono tradotte in una serie di effetti, tra cui musica, accensione di luci, movimento e molti altri. Come tengono a precisare i ricercatori, le piante non corrono alcun pericolo, in quanto si utilizzano correnti di intensità molto bassa.

Secondo i ricercatori di Damanhur, ogni creatura vivente, animale o vegetale, produce una variazione di potenziale elettrico, a seconda delle emozioni che sperimenta.

Pare che le piante registrino le variazioni più significative quando avvertono l’avvicinarsi della persona che si prende cura di loro, quando vengono bagnate, quando gli si parla e durante la diffusione di musica. La reazione fisiologica della pianta viene poi espressa attraverso le apparecchiature elettroniche ideati dai ricercatori.





http://www.nexusedizioni.it/it/CT/vita- ... -pure-4557


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MessaggioInviato: 25/08/2014, 22:16 
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Hannah ha scritto:

Scusa Aztlan ma se non ci nutriamo di carne e non ci nutriamo nemmeno di piante, mi dici come sopravviviamo?



Infatti non ho detto questo... dobbiamo nutrirci di entrambi, è la nostra natura.

E' la dura legge della vita, tutto ciò che vive si nutre di altra vita, non c'è nulla di male, è la natura.



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Per quanto possa essere buia la notte sulla Terra, il sole sorgerà quando è l' ora, e c' è sempre la luce delle stelle per illuminarci nel cammino.

Non spaventiamoci per quando le tenebre caleranno, perchè il momento più buio è sempre prima dell' alba.

Noi siamo al tramonto, la notte è ancora tutta davanti, ma alla fine il sole sorgerà anche stavolta. Quello che cambia, è quello che i suoi raggi illumineranno. Facciamo che domani sotto il Sole ci sia un mondo migliore.
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MessaggioInviato: 25/08/2014, 23:47 
vai a farlo capire a certi fanatici -_-



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MessaggioInviato: 26/08/2014, 01:23 
Ma che lo capiscano o meno loro per me è indifferente,

credo fermamente nel principio che il corpo di ognuno gli appartiene (è il suo strumento) e ci fa quello che vuole, farsi del male pure finchè non ne fa agli altri.

Si impara soprattutto dagli errori e gli errori si fanno sulla propria pelle.


Quello che non tollero è che pretendano di imporre il loro modo di vedere anche agli altri come se fossero investiti di autorità divina.



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Noi siamo al tramonto, la notte è ancora tutta davanti, ma alla fine il sole sorgerà anche stavolta. Quello che cambia, è quello che i suoi raggi illumineranno. Facciamo che domani sotto il Sole ci sia un mondo migliore.
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MessaggioInviato: 26/08/2014, 16:39 
Cita:
Aztlan ha scritto:

Ma che lo capiscano o meno loro per me è indifferente,

credo fermamente nel principio che il corpo di ognuno gli appartiene (è il suo strumento) e ci fa quello che vuole, farsi del male pure finchè non ne fa agli altri.

Si impara soprattutto dagli errori e gli errori si fanno sulla propria pelle.


Quello che non tollero è che pretendano di imporre il loro modo di vedere anche agli altri come se fossero investiti di autorità divina.


E' giustissimo pensare che col proprio corpo ognuno ci fa quello che vuole e che si impara sulla propria pelle, ma ciò non ci da l'autorizzazione a fare col corpo degli "altri animali" ciò che si vuole in quanto questi proprio come noi hanno la pelle! [:p]
Che le piante abbiano i mezzi per sopravvivere, di difesa e per prolificare, mi pare il minimo, nel senso che se non li avessero non si sarebbero sviluppate affatto, posseggono vari tipi di cellule sensoriali deputate alle varie funzioni, nessuno mette in dubbio questo, ma si tratta solo di cellule e non di apparati complessi, un po' come le nostre cellule cardiache che pulsano indipendentemente dalla nostra volontà...
Gli animali che mangiano frutti e piante ne aiutano la diffusione attraverso le feci.
Questo non vuole essere proselitismo in favore al vegetarianismo, è solo una mia personale presa di coscienza e non mi permetterei mai di voler inculcare ad altri quello che la mia coscienza mi suggerisce, tanto è vero che cucino carne a mio marito che non è vegetariano, anche se a volte ho sca.zzi con la coscienza ... uhmm non so se diventare obiettrice in tal senso [8] [:)]


Ultima modifica di shighella il 26/08/2014, 16:42, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 26/08/2014, 20:11 
Cita:
Aztlan ha scritto:
Quello che non tollero è che pretendano di imporre il loro modo di vedere anche agli altri come se fossero investiti di autorità divina.


Intendevo proprio questo! :)



Comunque le piante sono consapevoli dell'ambiente circostante, lo sanno modificare e sanno manipolare gli altri esseri vivendi per asservirli ai propri bisogni; secondo me non conta il COME ma conta SAPERLO fare, e se questi esseri sanno farlo diversamente da noi non vuol dire che siano meno abili di noi, ma semplicemente diversamente abili ^_^

A quanto pare le piante sono in grado anche di leggere nel pensiero; ho visto diversi esperimenti, in cui collegando alle piante il classico poligrafo (macchina della verità) che misura la variazione della conduttività elettrica se non erro, capitavano fenomeni strani.

Ad esempio posto un soggetto davanti ad una pianta con intenzioni "neutre" il poligrafo rimaneva fermo.

Colpendo con violenza le foglie della pianta il poligrafo iniziava a schizzare impazzito.

Addirittura immaginando di colpire la pianta o addirittura immaginando di incendiarla la pianta reagiva facendo schizzare il poligrafo...

Boh io inizio a pensare che siano una specie talmente diversa da noi da non averne mai compreso a pieno le sue doti e che anche le piante andrebbero elevate allo status di esseri viventi a tutti gli effetti e non in quella sorta di limbo tra i viventi e le pietre tendente alle pietre ^_^


Ultima modifica di MaxpoweR il 26/08/2014, 20:17, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 26/08/2014, 22:58 
Cita:
non in quella sorta di limbo tra i viventi e le pietre tendente alle pietre ^_^



cari amici, e chi l'ha detto che le pietre non sono viventi [:D]



http://mondomisteri.altervista.org/blog/pietre-viventi/

ciao
mauro



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MessaggioInviato: 06/10/2014, 01:29 
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Le piante sono degli esseri viventi

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Potrà sembrare assurdo, ma piante ed esseri umani si somigliano più di quanto potessimo immaginare. Diversi studi eseguiti nel corso degli ultimi anni hanno dimostrato che le piante possiedono una serie di caratteristiche sorprendenti e che, per certi aspetti, alcuni loro comportamenti sono simili ai nostri.

Le piante sono capaci di percepire il pericolo e di sapere esattamente cosa “fare” per evitare i predatori.

Non molto tempo fa, un gruppo di scienziati ha scoperto che esse sono in grado di ascoltare, di vedere, annusare e di possedere la capacità di apprendere, ricordare, e comunicare.

Inoltre, non solo a loro non piace il frastuono prodotto dalle attività umane, ma fatto ancor più sorprendente, le piante sono anche in grado di fare musica e di cantare!

Insomma, i ricercatori hanno scoperto che la biologia umana e quella vegetale sono molto più vicine di quanto non si sia mai compreso e l’analisi di queste somiglianze potrebbe avere ricadute benefiche nello studio delle basi biologiche di malattie come il cancro.

L’altruismo delle piante

In un esperimento condotto da alcuni ricercatori dell’Università del Colorado, si è dimostrato che le piante, tra le numerose caratteristiche, sono anche anche altruiste.

Gli studiosi hanno esaminato dei semi di mais fecondato, ognuno dei quali conteneva due “fratelli” (un embrione e un pò di tessuto cellulare noto come “endosperma”, che alimenta l’embrione durante la sua crescita).

Nello studio sono state messe a confronto la crescita e il comportamento di embrioni e di endosperma di semi che condividono gli stessi genitori, e il comportamento di embrioni e di endosperma che avevano la stessa madre, ma padri geneticamente differenti.

“I risultati hanno indicato che il gruppo di embrioni con gli stessi genitori presentavano una maggiore quantità di endosperma, rispetto agli embrioni con la stessa madre, ma con un padre diverso”, spiega la professoressa Pamela Diggle del dipartimento di biologia evolutiva.

“Abbiamo scoperto che l’endosperma del gruppo di embrioni che non condivide lo stesso sembra essere meno cooperativo, presentandosi in quantità minore rispetto all’altro gruppo”. A quanto pare, l’endosperma è più propenso a sacrificarsi per gli individui di una stessa famiglia.

“Una delle leggi fondamentali della natura è che se per essere altruisti, bisogna rinunciare ai vostri parenti più stretti. L’altruismo si evolve solo se il benefattore è un parente stretto del beneficiario. Quando l’endosperma dà tutto il suo cibo per l’embrione e poi muore, esprime la più alta forma di altruismo”, conclude la Diggle.

Un esperimento simile fu pubblicato già due anni fa sull’American Journal of Botany, riportato in un resoconto del blog Biosproject: Earth. Guillermo Murphy e Susan Dudley hanno scoperto che la pianta Impatiens pallida, conosciuta con il nome comune di gamba di vetro, vegetale erbaceo delle foreste orientali del Nord America, riconosce i suoi simili e modifica il suo comportamento in relazione al grado di parentela delle piante che gli crescono accanto.

Dudley e Murphy hanno selezionato semi di Impatiens pallida e li hanno piantati in vasi diversi, ognuno dei quali poteva accogliere semi delle piante della stessa famiglia o di piante geneticamente lontane, in seguito hanno manipolato la radiazione luminosa e la sua intensità per vedere se la strategia per catturare più luce dipendesse dal grado di parentela degli individui vicini.

I ricercatori hanno constatato differenti risposte da parte dell’Impatiens a seconda che la pianta era cresciuta con i parenti o con piante estranee. Per la precisione i due biologi hanno scoperto che le piante “consanguinee” che si venivano a trovare insieme nei vasi, modificavano la loro morfologia modellando la crescita dei rami in modo da non fare ombra alle piante vicine.

Il rumore ha un effetto negativo sulle piante

Un numero crescente di ricerche dimostrano che gli uccelli e gli altri animali modificare il proprio comportamento in risposta al frastuono prodotto dalle attività umane, come il rumore del traffico o quello prodotto dalle fabbriche. Ma, a quanto pare, il fenomeno non riguarda soltanto gli animali.

Uno studio pubblicato su Proceedings of the Royal Society B. nello scorso marzo del 2012 ha dimostrato che il rumore prodotto dall’uomo può avere effetti a catena anche sulle piante.

A soffrirne di più, secondo quanto spiegato da Clinton Francis del National Science Foundation (NSF) National Evolutionary Synthesis Center, sarebbero gli alberi, con conseguenze che potrebbero durare per decenni, anche dopo che la fonte del rumore sia scomparsa.

In ricerche precedenti, Francis e colleghi hanno scoperto che alcuni animali impollinatori aumentano il numero di visite alle piante posizionate vicino a siti particolarmente numerosi, mentre disertano le altre. Perchè. Potrebbe essere un effetto del frastuono?

Per scoprirlo, i ricercatori hanno condotto una serie di osservazioni tra il 2007 e il 2010 nel Bureau of Wildlife Management Area Land Rattlesnake Canyon nel nord-ovest del New Mexico.

La regione è sede di migliaia di pozzi di gas naturale, su molti dei quali sono montati dei compressori rumorosi per l’estrazione del gas e il trasporto attraverso i gasdotti. Il ruggito dei compressori è prodotto senza sosta, notte e giorno per tutto l’anno.

Uno dei vantaggi del sito è che permette ai ricercatori di studiare l’effetto del rumore sulla fauna e sulla flora selvatica senza i fattori di condizionamento di altre zone rumorose, quali le città o le strade, dove l’inquinamento atmosferico, fotoelettrico e chimico può alterare i risultati delle osservazioni.

Il team ha scoperto che alcune specie di uccelli, in particolare il colibrì, visitavano i siti rumorosi fino a cinque volte più frequentemente rispetto ai luoghi silenziosi.

Pare che il colibrì scelga luoghi rumorosi per proteggere i suoi piccoli dai predatori, spaventati dal frastuono martellante. Frequentando più spesso queste piante, tende ad aumentare anche l’impollinazione, traducendosi in una maggiore produzione di sementi.

Per alcune piante potrebbe sembrare una buona notizia, ma per altre si tratta di un effetto negativo. In una seconda serie di osservazioni presso lo stesso sito, i ricercatori hanno cercato di capire quale effetto possa avere il rumore sui semi prodotti dagli alberi, prendendo a campione il Piñon, un pino molto diffuso nella zona.

Si è scoperto che i tra i numerosi animali che si nutrono dei pinoli del pino, tra cui scoiattoli, uccelli, conigli e altri roditori, solo due specie hanno preferito mangiare i semi degli alberi posizionati vicino alle fonti di rumore: i topi e l’Aphelocoma californica, conosciuta anche come Ghiandaia americana.

I pinoli divorati dai topi non sopravvivono al passaggio attraverso l’intestino dell’animale, spiega Francis Clinton, sfavorendo la riproduzione della pianta. La Ghiandaia, invece, raccolgono centinaia di migliaia di semi, per poi nasconderli nel terreno e mangiarli nel corso dell’anno.

In questo modo, i semi non riescono a germogliare e quindi lo svantaggio per queste piante è particolarmente evidente. I ricercatori, infatti, hanno valutato che la presenza di pini era quattro volte superiore nelle aree silenziose, rispetto a quelle vicine alle fonti di rumore.

“La crescita del Piñon è molto lenta, per questo il cambiamento è passato inosservato per anni. Meno alberi di questa specie significa meno habitat disponibile per le centinaia di specie che dipendono dalla loro sopravvivenza”, conclude amaro Francis.

Un fenomeno straordinario: il Canto Delle Piante

Uno dei fenomeni più affascinanti delle piante, e forse il più sorprendente, è la loro capacità di cantare e comporre musica! E l’ascolto delle loro composizioni e davvero rilassante.

Alcuni ricercatori della Federazione di Damanhur, una comunità etico-spirituale situata a Vidracco in Piemonte, sin dal 1975 stanno compiendo una serie di osservazioni sulle piante, al fine di comprendere le loro capacità uniche.

Grazie all’ausilio di alcuni dispositivi che hanno creato per registrare la reattività delle piante nel loro ambiente naturale, i ricercatori hanno scoperto che le piante sono in grado di apprendere e di comunicare tra loro.

Applicando un semplice principio della fisica, i ricercatori hanno utilizzato una variante del ponte di Wheatstone, un circuito elettrico utilizzato per misurare la resistenza elettrica tra i due poli di un circuito a ponte.

Il dispositivo è stato utilizzato per misurare le differenze elettriche tra le foglie e le radici della pianta. Tali misure, poi, vengono tradotte in una serie di effetti, tra cui musica, accensione di luci, movimento e molti altri. Come tengono a precisare i ricercatori, le piante non corrono alcun pericolo, in quanto si utilizzano correnti di intensità molto bassa.

Secondo i ricercatori di Damanhur, ogni creatura vivente, animale o vegetale, produce una variazione di potenziale elettrico, a seconda delle emozioni che sperimenta.

Pare che le piante registrino le variazioni più significative quando avvertono l’avvicinarsi della persona che si prende cura di loro, quando vengono bagnate, quando gli si parla e durante la diffusione di musica. La reazione fisiologica della pianta viene poi espressa attraverso le apparecchiature elettroniche ideati dai ricercatori.

L’applicazione più suggestiva è stata quella di tradurre tali variazioni in note musicali. Gli esperimenti hanno dimostrato che le piante sembrano apprezzare molto di imparare ad utilizzare scale musicali e anche di produrre musica per conto proprio, grazie all’utilizzo di un sintetizzatore.

Anche se non esistono altre ricerche scientifiche condotte su questo argomento, non si può negare che l’ascolto di questa musica “vegetale” sia una gioia per l’anima.


http://www.ecplanet.com/node/4396


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 Oggetto del messaggio: Re: Cleve Backster e le piante
MessaggioInviato: 06/07/2019, 15:25 
Cita:

Le piante sono sensibili ma non pensano, per convenienza


Davvero le piante hanno una coscienza e sono in grado di provare dolore o emozioni, come sostengono i neurobiologi vegetali? Secondo un gruppo di eminenti esperti, tra cui Lincoln Taiz dell’Università della California – Santa Cruz, l’ipotesi è quantomeno azzardata e figlia di un’errata visione che tende a antropomorfizzare le piante, facendo venire meno l’obiettività del ricercatore. Gli organismi vegetali, infatti, non avrebbero i requisiti tecnici (strutture biologiche abbastanza complesse) per lo sviluppo di un’autoconsapevolezza, né ne avrebbero bisogno.

Nell’articolo, appena pubblicato sulle pagine di Trends in Plant Science, Taiz e altri colleghi hanno utilizzato la ricerca di Todd Feinberg e Jon Mallatt sull’evoluzione della coscienza negli animali per spiegare i motivi per cui a loro avviso parlare di una neurobiologia della piante non è appropriato.

Nel loro lavoro Feinberg e Mallatt hanno svolto studi comprativi tra cervelli di animali semplici e complessi ricavando requisiti generali per poter affermare se un essere vivente sia dotato di coscienza, concludendone che nel regno animale solo i vertebrati, gli artropodi (come i ragni e i granchi) e i cefalopodi (per esempio i polpi) possiedono una struttura cerebrale abbastanza complessa. E se nemmeno tutti gli animali hanno una coscienza – commenta Taiz – possiamo essere abbastanza sicuri che le piante non ce l’abbiano, dal momento che non possiedono nemmeno neuroni.

L’idea che le piante possano pensare, apprendere e fare scelte intenzionali è stata sostenuta dai (sedicenti) neurobiologi vegetali sulla base di alcune evidenze scientifiche che mostrano l’adattamento e la memoria delle piante. Uno degli esempi più famosi è quello di Mimosa pudica, le cui foglie si arricciano non appena vengono toccate, ma se lo stimolo non arreca danno alla pianta e viene ripetuto uguale per diverse volte le foglie smettono di ritrarsi. E siccome al mutare dello stimolo (cioè se invece di toccare la pianta la scuotiamo, per esempio) il meccanismo difensivo ricompare, questo per i neurobiologi vegetali è una dimostrazione di apprendimento, di scelta.

Non è così per Taiz e per i suoi colleghi, che in questi esperimenti vedono invece gli esiti di un adattamento sensoriale, che non implica l’apprendimento. È sbagliato, dicono gli esperti, sostenere un parallelismo tra i segnali elettrici trasmessi dalle piante e le segnalazioni nervose degli animali. È vero che le piante utilizzano i segnali elettrici per regolare la distribuzione degli ioni a livello delle membrane cellulari (per questo le foglie si arricciano, perché il movimento degli ioni sposta l’acqua e le cellule cambiano forma) e per inviare messaggi a distanza (per innescare per esempio risposte difensive nel resto della pianta quando una foglia viene attaccata), ma queste non sono scelte: sono reazioni a uno stimolo codificate nel Dna del vegetale, affinate di generazione in generazione per azione della selezione naturale.

“Quello che abbiamo visto – conclude Taiz – è che le piante e gli animali hanno sviluppato strategie di vita e di sopravvivenza molto diverse: il cervello è un organo molto costoso [in termini evolutivi e energetici, ndr], e per le piante avere un sistema nervoso altamente sviluppato non porta davvero nessun vantaggio”.

E per quanto molti vorrebbero che la neurobiologia vegetale comparisse nei libri di testo, ancora troppe domande rimangono senza risposta. Finora, insomma, le prove dell’esistenza di una conoscenza delle piante non sono convincenti.





https://www.galileonet.it/le-piante-son ... nvenienza/


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 Oggetto del messaggio: Re: Cleve Backster e le piante
MessaggioInviato: 05/04/2023, 23:43 
Anche le piante parlano, emettono ultrasuoni | VIDEO
Secondo uno studio le piante emettono suoni e 'parlano' soprattutto quando si trovano in condizioni di stress

Dai cactus al pomodoro, dal tabacco all’ortica, anche le piante parlano e lo fanno emettendo ultrasuoni. Per la prima volta, ricercatori dell’Università israeliana di Tel Aviv hanno risolto un’antica controversia scientifica registrando i suoni emessi dalle piante. Simili allo scoppiettio del popcorn e impercettibili all’orecchio umano, sono probabilmente udibili da diversi animali, come pipistrelli, topi e insetti. Lo studio, pubblicato sulla rivista Cell, indica inoltre che le piante ‘parlano’ soprattutto quando si trovano in condizioni di stress. Un’informazione che, grazie ad appositi sensori, potrebbe essere sfruttata dagli esseri umani, ad esempio per sapere quando le colture necessitano di essere innaffiate.

I ricercatori, coordinati da Lilach Hadany e Yossi Yovel, hanno collocato le piante in un luogo silenzioso e isolato, posizionando microfoni per ultrasuoni a circa dieci centimetri da ogni esemplare. Sono state utilizzate soprattutto piante di pomodoro e di tabacco, oltre a quelle di grano, mais, cactus e ortiche.
Le registrazioni dei suoni

Le registrazioni hanno rivelato i suoni emessi a frequenze comprese tra 40 e 80 kilohertz. Per fare un confronto, la frequenza massima rilevata da un essere umano adulto arriva ai 16 kilohertz. Le piante non stressate emettevano circa un suono all’ora, mentre quelle disidratate o ferite emettevano dozzine di suoni ogni ora. Le registrazioni raccolte sono state poi analizzate da algoritmi di Intelligenza Artificiale (AI) appositamente sviluppati, che hanno imparato a distinguere tra diverse piante e diversi tipi di suoni, arrivando a identificare la pianta e a determinare il tipo e il livello di stress.

Inoltre, gli algoritmi sono riusciti a identificare il ‘linguaggio’ delle piante anche in una serra caratterizzata da molto rumore di fondo. “A quanto pare, un idilliaco campo di fiori – commenta Hadany –può essere un luogo molto rumoroso , ma non riusciamo a sentirlo”.


https://www.meteoweb.eu/2023/04/piante- ... 001224035/


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