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MessaggioInviato: 29/08/2010, 20:01 
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Ufologo 555 ha scritto:

Ma scusa, quando sei nato? Ma lo sai cosa ci hanno "passato" e cosa ci danno per le loro Basi? Poi, se andiamo "dietro" è per avere qualche trona conto (vedi ricostruzioni ...) [;)]


Ufologo io davvero non la sò bene la storia, anche se per certe cose la pensiamo differente sò che da te si può imparare molto, se t và esponi, io ti sento :)

Ciao!


Ultima modifica di EddyCage il 29/08/2010, 20:06, modificato 1 volta in totale.


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Thethirdeye ha scritto:


Secondo me la scelta potrà sicuramente ritenersi giusta in futuro. Perchè quando verrà fuori la verità sull'11/9, gli americani dovranno chiedere scusa al mondo islamico. E Obama, che la verità la conosce sicuramente (come qualunque altro politico a quel livello), con questo gesto è come se stesse chiedendo scusa in anticipo. Mentre i repubblicani (consapevole e incosapevoli di ciò) si infervorano e sbattono i piedini per terra.... mi sbaglierò....



Lo spero (ma anche no...)
quello che mi viene da pensare è, a questo punto, analizzare la situazione.

Perchè questa uscita?
Perchp giocarsi tutto con una scelta così mpopolare?
Obama poteva benissimo stare zitto, la moschea sarebbe stata costruita lo stesso.
Perchè non decidere per far costruire una chiesa e una moschea, non sarebbe stato un segnale molto più positivo e universale?
Perchè ha optato solo per la moschea?
E' un messaggio

ma un messaggio per chi, per cosa e per quale scopo?
Forse su queste tre domande dovremmo interrogarci

e forse il messaggio potrebbe essere anche rivolto appositamente agli americani per far affondare la barca...

sinceramente non l ho capito perchè Obama abbia deciso di esporsi così...


Ultima modifica di EddyCage il 29/08/2010, 20:22, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 01/09/2010, 15:21 
Ora si capiscono un pò di cose..... [:246]




America: Murdoch e i fratelli Koch sponsor a suon
di miliardi dell'ondata para-fascista anti-Obama


Pubblicato il 30 agosto 2010

Il movimento dei Tea Party che ha eletto Sarah Palin a sua eroina e Glen Beck (Fox Tv) come portavoce e forse candidato alle presidenziali, e’ finanziato dai tre magnati americani. Obiettivo: distruggere il presidente degli Stati Uniti. In modo becero, chiassoso, incolto, volgare. Ecco i dettagli.

Fonte:
http://www.wallstreetitalia.com/article ... age=995561

I conservatori populisti, i cosiddetti pop-con che stanno dettando l’agenda politica della destra con il movimento dei Tea Party che ha eletto Sarah Palin a sua eroina e Glen Beck (anchor di Fox TV) come portavoce e forse candidato alle prossime presidenziali, hanno riempito le pagine di tutti i giornali del mondo dopo che si sono proclamati, con una gran provocazione, eredi di Martin Luther King nella manifestazione di domenica scorsa a Washington.

Quello di cui pero’ pochi sono a conoscenza e che non e’ venuto alla luce nel raduno al Washington Memorial della capitale statunitense - scrive Frank Rich, uno degli editorialisti piu' autorevoli del New York Times - e’ che dietro al Tea Party ci sono i miliardi di dollari di Rupert Murdoch e della famiglia Koch. Se il primo, re dell’impero mediatico di News Corp. (dal Times di Londra al Wall Street Journal, da Fox Tv e Sky Tv al New York Post) e’ noto a tutti, i fratelli Charles e David Koch sono ancora piu’ ricchi, anche se sconosciuti al grande pubblico: solo Bill Gates e Warren Buffett possono vantare un patrimonio piu’ grande in America. "Ma persino quelli che sventolano i cartelli di propaganda comprati con i soldi dei tre miliardari probabilmente non sanno chi sono costoro", scrive Rich.

O almeno non si sapeva nulla prima che la scorsa settimana sui Koch si accendessero le luci della ribalta, grazie al ritratto offerto da una delle migliori giornaliste investigative d'America, Jane Mayer. Il suo articolo, apparso sul New Yorker, ha fatto scalpore tra le file dell’elite liberal di Manhattan, che non sapeva che David Koch, famoso per le sue attivita’ di filantropia culturale, non e’ soltanto uno dei tanti ricchi Repubblicani conservatori, ma e’ anche il fondatore di "Americani per la Prosperita’". La fondazione, come scrive Mayer con tono eufemistico, ha lavorato a stretto contatto con il Tea Party sin dalla nascita del movimento.

I newyorchesi che associano il teatro David Koch del Lincoln Center al New York City Ballet, saranno sicuramenti colti di sorpresa nello scoprire che il ramo texano del braccio politico della Fondazione, che si nasconde per l'appunto con sotto il nome "Americani per la Prosperita’", ha consegnato il suo premio di Blogger dell’anno ad un attivista che aveva etichettato il presidente Obama "cokehead in chief", ovvero un cocainomane a capo dello Stato. Livelli di bassezza al confonto dei quali quelli della lotta interna al PDL tra berlusconiani e finiani sono minuetti al suono del violino.

L'altro sponsor principale del movimento di estrema destra e’ la FreedomWorks di Dick Armey, che ha promosso eventi a Washington nel fine settimana. Sotto il suo nome originale, "Cittadini per una sana economia", FreedomWorks ha ricevuto $12 milioni proprio dalle fondazioni della famiglia Koch. Il cerchio si chiude.

Servendosi di documenti fiscali, Mayer ha fatto una interessante scoperta: le fondazioni Koch hanno distribuito 196 milioni di dollari tra il 1998 e il 2008, gran parte dei quali per cause di matrice conservatrice e ad altre istituzioni. Tale cifra non comprende i 50 milioni dollari in lobbying spesi da Koch Industries e i 4,8 milioni dollari in contributi elettorali investiti dal suo comitato di azione politica: la cifra e’ la maggiore sborsata dai colossi dell’energia americani, piu' alta anche di quella promessa da Exxon Mobil e Chevron. Poiche’ l’attuale normativa fiscale consente donazioni anonime personali a scopo di lucro a gruppi politici, questi dati potrebbero essere certamente sottovalutati.

Sicuramente le donazioni della famiglia Koch al Tea Party sono almeno pari alle promozioni continue che l’emittente di Murdoch Fox News trasmette 24 ore su 24 e dove sia Sarah Palin che Glenn Beck, il vero idolo dei pop-con, sono presenti a libro paga. Peraltro, con candidati come questi alla prossime predidenziali, che mettono in allarme gli stessi vertici del Partito Repubblicano la cui base elettorale e' in gran maggioranza moderata, non e' escluso che Obama alla fine abbia da avvantaggiarsi. Il loro livello e' cosi' basso, anche se populista e quindi di presa sulla massa, e la Palin soprattutto e' cosi' ignorante e stupida, che sarebbe un'avversaria fantastica per un secondo mandato di Barack nel 2012 qualora l'ex governatrice dell'Alaska si candidasse alla Casa Bianca.

**************

(AGI/WSI) New York - Il 59% degli americani reputa Sarah Palin non idonea a diventare presidente degli Stati Uniti. Soltanto il 26% degli intervistati la vede con favore alla Casa Bianca. E' il risultato di un sondaggio pubblicato da Vanity Fair. Il 40% di elettori del partito Repubblicano ha risposto "no" alla domanda "Potra' l'ex governatore dell'Alaska essere un presidente efficace?". Della stessa opinione il 75% dei Democratici.



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"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 15/11/2012, 20:29 
Tutti gli Usa contro Obama: i 50 stati vogliono la secessione.

Rivolta a destra, partita dalla Louisiana, ora è estesa a tutto il Paese. Le firme complessive sono 670mila in pochi giorni. In 6 stati raccolte le firme necessarie per avere risposta dal presidente appena rieletto.



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In America c’è chi vorrebbe tornare ai tempi di Abraham Lincoln e del generale Edward Lee. Non si tratta di revisionismo storico o nostalgia dei tempi andati, in realtà è semplice delusione elettorale. L’amministrazione Obama II non piace (già) a molti, tant’è che a pochi giorni dalla rielezione del presidente democratico un folto numero di cittadini americani ha depositato petizioni per chiedere il ritiro pacifico dei loro Stati dall’Unione, in modo da creare autonomamente un proprio governo indipendente.

La prima richiesta è stata lanciata in Louisiana (il 6 novembre gli 8 «grandi elettori» del Pelican State sono andati a Romney) e in poche ore ha raccolto oltre settemila firme. C’è da dire che nel sistema statunitense una petizione, per poter essere presa in considerazione dalla Casa Bianca, deve raccoglierne almeno 25.000. Ma lo scoglio numerico non sembra essere un problema. Il Texas ha già abbattuto il muro delle 61.000 firme, obbligando quantomeno Obama a pronunciarsi sulla richiesta di secessione ufficialmente presentata dai cittadini. (Ad oggi gli stati dove si è raggiunto il numero minimo sono 6, le firme raccolte complessivamente 670mila, ndr.)

ascolta l'intervista di Radio Radicale a Claudia Osmetti

La lista degli Stati che vogliono staccarsi da Washington è lunga: oltre 30 su 50 (ma già oggi si raggiunge la quota 50, ndr). Non solo la vecchia Confederazione delle «giacche grigie», quel Sud a cui proprio Lincoln non andava a genio e già nel 1861 minacciava la secessione. In meno di 48 ore il numero degli Stati che chiedono di staccarsi dal governo federale è raddoppiato: se domenica erano «solo» 15, le petizioni secessioniste si sono sparse a macchia d’olio anche in California, New Jersey, New York, Colorado, Florida, Illinois, Michigan, Virginia, e Ohio, Stati cioè tendenzialmente democratici o che - comunque - nell’ultima tornata elettorale hanno votato per l’asinello.

Iniziative che, a prima vista, possono far sorridere. Ma il popolo della secessione, Dichiarazione di indipendenza alla mano, sembra determinato. Nella petizione della Louisiana si legge il rimando diretto alla carta di Philadelphia: è un diritto del popolo stesso sciogliere e formare un nuovo governo quando quello vigente non rispetta il consenso dei governanti. Decentramento federale e potere agli Stati, quindi, sono i punti chiave di queste petizioni che vedono nei «four more years» di Obama alla Casa Bianca un pericolo più che un’opportunità. Non a caso alcune scelte governative, come l’Obamacare o la politica di salvataggio bancario-finanziario di Wall Street, vengono considerate dai «nuovi secessionisti» letteralmente imposte dal governo centrale e poco concilianti con il X emendamento.

Certo, c’è una buona dose di folklore. Ma non è escluso che, nei prossimi anni, si possa assistere al passaggio del movimento secessionista sul piano politico. Oggi sta sicuramente prendendo piede sui social network e sui media americani. Esattamente come, qualche anno fa, iniziarono a farsi sentire altri movimenti come i «Tea Party» o «Occupy Wall Street». Forse è solo l’ennesima conferma che lo spirito pro-Obama, che tanto riempiva le piazze nel 2008, è agli sgoccioli, nonostante la rielezione. Chissà che, «un po’ per celia un po’ per non morire» l’America non sia davvero pronta alla seconda ondata secessionistica.

http://www.liberoquotidiano.it/news/est ... ione-.html



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MessaggioInviato: 16/11/2012, 11:10 
Insomma, "l'abbronzato" va a finire che mi distrugge anche l'unica nazione di riferimento che avevo ... [8)] Sta a vedere che devo "rispolverare" il libretto di ... Mao! [:o)]



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MessaggioInviato: 16/11/2012, 12:40 
che fosse un mito di facciata,era nota,tanti programmi sbandierati,e nessuno portato a termine,un presidente che non riesce mai a prendere una decisione senza tentennamenti,un presidente,che si mormora,che durante il caso bin laden,tentennava a dare l'ok all'operazione,e fu la clinton ad imporsi,e questo sarebbe il presidente che comanda quella che viene considerata il dominus del mondo,assomiglia piu' che altro a presidenti,che grz ai loro tentennamenti si sono prodotti i piu' grandi disastri dell'umanita'chamberlain e daladier.........

senza considerare il fatto di aver vinto il secondo mandato,x mancanza di avversario........[;)]


Ultima modifica di ubatuba il 16/11/2012, 12:41, modificato 1 volta in totale.

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Cita:
Ufologo 555 ha scritto:

Tutti gli Usa contro Obama: i 50 stati vogliono la secessione.


Cosa diceva John Titor? [8]



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alla fine il titor ci aveva visto lungo


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Press Obama giuramento privato ....i commenti su i forum USA sono cattivissimi

http://www.politico.com/story/2012/12/p ... ml?hp=t1_3



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MessaggioInviato: 08/12/2012, 18:08 
Cita:
Atlanticus81 ha scritto:

Cita:
Ufologo 555 ha scritto:

Tutti gli Usa contro Obama: i 50 stati vogliono la secessione.


Cosa diceva John Titor? [8]




Ma nessuno ha mai pensato che Titor potrebbe essere un illuminato pentito che ha costruito la pantomima dell ' uomo venuto dal futuro per dare indicazioni alle popolazioni mondiali sui progetti del NWO ?
Facendo il burlone non si è scoperto troppo è ha lanciato il sasso nello stagno. [:D]



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MessaggioInviato: 06/10/2013, 16:32 
Il flop di Obama Stati Uniti mai così in basso

Senza una linea politica riconoscibile, tra Siria e "shutdown" sta dimostrando tutti i suoi limiti


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Obama perde colpi, non gliene va bene una e a Washington DC circola una feroce battuta: «Se fosse stato bianco, repubblicano e figlio d'un petroliere, lo avrebbero già fatto fuori». Ma Obama è nero anche se non discende dagli schiavi importati dagli inglesi: suo padre Barack Hussein Obama era un economista keniota che venne negli Usa a studiare, mise incinta una bella ragazza bianca e se ne tornò a casa lasciando il suo bimbo nelle mani accoglienti dei nonni bianchissimi, molto wasp, protestanti e all'antica che lo allevarono come un bravo ragazzo del Midwest.

Era ed è un democratico confuso: la più autorevole rivista di politica estera del mondo, Foreign Affairs, si è per anni chiesta se Obama fosse di destra o di sinistra. O di centro. Non si capisce, non ha una linea, salvo quella di una demagogia spicciola, ma molto moderna. E se abbia un sogno, una prospettiva oppure se tiri a campare con quel che gli passa il convento dei fatti giornalieri.

Ma ha dalla sua la maggior parte degli europei, incantati dal colore della sua pelle, perché gli europei, specialmente i francesi e gli italiani, considerano molto di sinistra e molto chic un presidente americano nero, sforzandosi di trovargli qualità nascoste. Obama è comunque un uomo simpatico e alla mano, spigliato e un buon oratore che viene dal sindacato e da una scuola politica fatta degli intrallazzi di una Chicago in cui gli affari, di destra e di sinistra, fatti da democratici e da repubblicani, inclusi sindacati e polizia, sono da decenni molto opachi.

Obama ha incamerato una serie di sconfitte interne e internazionali e questo accade proprio durante il secondo mandato, quando cioè un presidente, non avendo più la preoccupazione di essere rieletto perché è alla fine della sua carriera, può fare più o meno quel che gli pare e piace. Ma fino a un certo punto, perché la democrazia americana è regolata in modo tale che il presidente sia un re pro tempore (e sua moglie una first lady fin dai tempi dell'indipendenza, affinché fosse equiparata a una regina europea) ma la borsa la tiene il Congresso, sicché non si fa nulla se Camera dei rappresentanti e il Senato non concedono i finanziamenti, le autorizzazioni e le loro auguste e schizzinose opinioni.

In questi giorni il presidente ha incassato la sconfitta dello shutdown, cioè la resa dello Stato e di tutta la sua burocrazia che di colpo non è più autorizzata a pagare gli stipendi e far funzionare la gigantesca creatura del red tape, il nastro rosso della macchina da scrivere che indica il peggio della burocrazia statale. Democratici e repubblicani non hanno trovato l'accordo ed è stato il disastro. Ieri Obama ha assicurato: «Ci sono abbastanza voti alla Camera dei rappresentanti perché lo Stato riapra oggi stesso». Ce la farà? Forse sì, prima o poi accadrà, ma il colpo alla sua immagine è stato tremendo e il presidente irato, è in ginocchio.

La sua riforma sanitaria non va avanti e anzi si arena, perché tutti gli esperimenti d'avanguardia per un servizio sanitario nazionale sono disertati dalla popolazione, specialmente quella democratica. Democratici in genere sono tutti i borghesi che fanno lavori intellettuali ma - come ho potuto constatare con i miei occhi negli ambulatori della Florida già tre anni fa - le signore ben vestite di sinistra si rifiutano di portare i loro bambini in un ambulatorio in cui non è possibile scegliersi il medico ma devi contentarti di quel che passa il turno di guardia. La riforma sanitaria di tipo europeo, ma anche di tipo canadese (molto disprezzato) è considerata unamerican, geneticamente contraria allo spirito degli Stati Uniti. L'idea dell'elettore democratico affluente è che il servizio sanitario pensato da Obama vada applicato ai soli poveri senza disturbare gli agi della classe media che recalcitra di fronte alla prospettiva di pagare maggiori tasse.

E poi la Siria. Obama - che pure aveva sostenuto la presenza militare americana in Afghanistan durante la sua prima campagna elettorale - ha imboccato la fallimentare via del sostegno a tutti i costi della cosiddetta «primavera araba» anche quando è diventato chiaro, specialmente in Egitto, che i fiori della primavera sono pieni delle spine di Al Qaida e dei jihadisti.

Ma Obama testardamente ha sostenuto l'egiziano Morsi e combattuto i generali egiziani che lo hanno deposto imponendo il ritorno allo Stato laico e di diritto in cui la giustizia non fosse amministrata attraverso la sharia. Obama però si è impuntato con la Siria. Contrario a ogni intervento in Medio Oriente, dopo aver giurato che non si sarebbe mai comportato come un repubblicano alla George W. Bush, ecco che schiera le navi da guerra davanti a Damasco accusata di aver usato il gas Sarin contro i ribelli, provocando una strage tra i civili con centinaia di donne e bambini avvelenati. E dichiara che vuole una guerra punitiva, subito.

Lo ha fatto mentre inglesi e canadesi, italiani, inglesi e francesi smettevano di caldeggiare le rosse primavere arabe grondanti di sangue e lo ha fatto così maldestramente da consegnare una vittoria politica diplomatica internazionale - la prima che si ricordi - al detestato Vladimir Putin, il quale ha imposto a Obama di rimangiarsi l'operazione militare e di farsi ingabbiare dalle maglie della politica delle Nazioni Unite dove gli Usa non contano su una maggioranza. Questa situazione ha provocato grande nervosismo al Pentagono e ha dato spazio ai repubblicani di dilagare al Senato raccogliendo i frutti del diffuso malessere in campo democratico.

Quel malessere si è trasformato nello shutdown, o lo ha favorito e drammatizzato, sicché l'effetto delle sconfitte si è ingigantito. Obama rappezza alla buona, come può, facendo altri disastri: e così rinuncia ai viaggi di Stato previsti in Asia per l'Apec (l'unione di cooperazione economica fra Asia e Pacifico) e al summit dell'Asia di sudest. Un altro colpo all'immagine internazionale degli Stati Uniti, con grande soddisfazione del venezuelano Nicolàs Maduro, successore di Chavez, e del dittatore nordcoreano Kim Jong-un, che cura la propria nevrosi promettendo un giorno sì e uno no ai suoi sudditi di bombardare gli Stati Uniti. Il prestigio internazionale degli Stati Uniti e la sua influenza come Paese leader non erano mai caduti così in basso.

http://www.ilgiornale.it/news/interni/f ... 56110.html



(C'ero arrivato prima io!) [;)]



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...ma fu un mito inventato dai sinistri che lo consideravano un icona,mentre in realta era ed e' tutto anziche'un presidente,nobel x essere afro,mai fatto una cosa di quello che aveva sostenuto nelle campagne elettorali,finita la sua presidenza verra' ricordato come il marito di chi aveva l'orto alla casa bianca,al suo confronto nocciolina carter era un genio.................................. [;)] [:D] [:)]


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Lo puoi ben dire! E, secondo me, gli hanno dato il premio Nobel per .... incoraggiamento! [:o)]



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