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23/08/2010, 12:42

mik.300 ha scritto:

bossi al nord..
si vuole mettere in proprio..


http://www.corriere.it/politica/10_agos ... aabe.shtml
MILANO - «Bisogna andare al voto comunque». Umberto Bossi non lascia spazio ad alternative: dopo lo strappo dei finiani, e le continue tensioni nella maggioranza, il Senatur torna a evocare il ricorso alle urne.


mi sa che berlusca
finisce come mussolini
tra hitler e stalin..
fatto a pezzi..


http://www.repubblica.it/politica/2010/ ... e-6442734/
Perché il Cavaliere teme le urne

di ILVO DIAMANTI
NON è una novità, il protagonismo di Bossi. Esibito anche in passato, quando la Lega contava molto meno. Tuttavia, Bossi (e, di riflesso, la Lega) raramente è apparso così determinato. Senza preoccuparsi di nulla e nessuno. Nei confronti di Fini e dei suoiOggi, infatti, è lui a dettare i tempi e i temi della crisi. amici: "Bisogna cacciarli. Fini è invidioso e rancoroso". Il dialogo è tempo sprecato: "Meglio andare a votare subito".

Cioè: "A fine novembre, al massimo ai primi di dicembre". Lo ha ripetuto più volte, negli ultimi giorni. D'altronde, non c'è spazio per altre maggioranze, oltre a questa. Di fronte a governi tecnici il Nord insorgerebbe. È già campagna elettorale. E Bossi non perde occasione per riproporre i temi dell'agenda leghista. In primo luogo, il "mitico" federalismo. Poi, la sicurezza (i soliti immigrati, il cui numero e la cui pericolosità sociale salgono e calano a comando. Magari a tele-comando. Secondo l'urgenza politica del centrodestra). Poi il Sud. Dove, secondo Bossi, Fini - il nemico di Tremonti - "vuole sprecare i soldi dello Stato".

Il protagonismo di Bossi ha reso lo stesso Berlusconi quasi un comprimario. Un partner livido e imbarazzato. Mosso da istinti e interessi personali più che da ragioni politiche - non diciamo "pubbliche". Accecato dal risentimento verso Fini, il traditore. Deciso a fargliela pagare, a sputtanarlo. Quel moralista immorale che pretende di dar lezioni di pubblica morale.

Così Berlusconi, spinto dall'alleato e dall'istinto, ha imboccato la strada che porta a nuove elezioni. Che sembrano, francamente, inevitabili. Lo ha ripetuto ieri lo stesso premier. Nonostante i 5 punti posti a Fini e ai suoi fedeli, come condizioni non negoziabili. Tuttavia, non comprendiamo i motivi per cui Berlusconi e il Pdl debbano augurarsi nuove elezioni, al più presto. Anzi, nell'attuale situazione, vediamo 5 buone ragioni per cui Berlusconi, secondo noi, dovrebbe semmai temere il voto. E lavorare, almeno, per allontanarne la data.
Ultima modifica di mik.300 il 23/08/2010, 12:42, modificato 1 volta in totale.

24/08/2010, 15:19

Questo è moooolto interessante [}:)]


Unicredit, Umberto sfida Gheddafi
Sulle banche vacilla l'asse Lega-Berlusconi
Lunedì l'arrivo del Colonnello a Roma. Il Cavaliere chiamato a risolvere il corto circuito tra le Fondazioni, sempre più occupate dai leghisti, e gli obblighi di amicizia con Tripoli. I libici ostacolano l'occupazione padana degli istituti di credito
di ALBERTO STATERA

Unicredit, Umberto sfida Gheddafi Sulle banche vacilla l'asse Lega-Berlusconi

ROMA - La tenda beduina è lì pronta per essere piantata come l'anno scorso a Villa Pamphili, tra i prati e la palazzina dell'Algardi, per ospitare Gheddafi, che lunedì prossimo sarà a Roma a celebrare con Berlusconi il secondo anniversario del cosiddetto "Trattato di Bengasi". Nessuno sa quale bislacco spettacolo il Colonnello ci metterà in scena stavolta con il Cavaliere, tra magnifiche femmine body-guard, cerimoniali stravolti, "buche" a cariche istituzionali, come quella che nel giugno 2009 diede al presidente della Camera Gianfranco Fini, e incidenti diplomatici vari.

Quel che è certo è che, pur seduto su 100 miliardi di petrodollari, il dittatore di Tripoli troverà un clima politico ben diverso nei suoi confronti rispetto a quello di un anno fa. Il suo amico e socio Berlusconi non solo è sotto l'assedio dei ribelli finiani, ma vive ormai nell'incubo del tradimento della filiera Tremonti-Bossi che, nell'insidiarne la leadership, ha inserito ai primi posti del cahier de doleances anche la scalata libica che ha portato nei giorni scorsi Gheddafi a rafforzare il suo ruolo di grande azionista di Unicredit, il colosso bancario che i padani progettano di mettere alla soma designando i loro proconsoli, attraverso gli enti locali, nei vertici delle fondazioni bancarie. Le fondazioni, quella specie di Frankenstein, secondo la definizione che ne diede Giuliano Amato. Metterci i propri uomini di partito è più o meno quel che capitava ai tempi della Democrazia cristiana e delle banche pubbliche. Una pratica che, oggi come allora, non può che andare sotto il nome di lottizzazione.

Bossi l'aveva detto già lo scorso aprile, confermando una strategia che risale addirittura al congresso di Assago del 2003: "Devono cacciare i soldi, ci prenderemo le banche del nord".

L'altra sera poi al Berghem Fest, mentre si consumava l'ira berlusconiana contro i tradimenti dichiarati e quelli carsici in preparazione tra via XX Settembre, sede del ministero dell'Economia, e Via Bellerio, sede milanese della Lega, in uno dei soliti comizi sincopati che mandano in visibilio il suo popolo, Bossi tornava sull'ossessione creditizia, che gli è valsa ieri da parte di Pier Ferdinando Casini la qualifica di "trafficante di banche e di quote latte". Sapete che vuol dire avere o non avere le banche, ha chiesto il senatùr agli astanti?

Lui ha rivelato di saperlo bene. Ha dichiarato che la Popolare di Milano è già sua: "Con loro - ha raccontato al popolo padano - faremo la galleria del Gottardo. Sta seguendo il progetto uno che abbiamo messo lì noi, Ponzini, Ponzoni, o come si chiama? Sì, sì, Ponzellini" (NdR roba da matti, eh? [8)]). Si da il caso che Massimo Ponzellini, ex scudiero di Romano Prodi all'Iri, sia anche presidente di Impregilo, che ha forse interesse per il Gottardo, ma probabilmente assai di più per l'autostrada costiera della Libia, un appalto miliardario. Per la serie dei conflitti d'interesse tra banchieri e imprenditori di opere pubbliche. Vallo a spiegare al popolo padano, che deve interpretare le parole sincopate del leader, il cui succo è, riassumendo: fondazioni bancarie a noi, fuori gli arabi, giù le mani di Gheddafi da Unicredit.

Sull'ordine di scuderia del leader è tutto un fiorire di dichiarazioni scolpite dai suoi, da Luca Zaia, governatore Veneto, a Flavio Tosi, sindaco di Verona, famoso per accompagnare al guinzaglio nella campagne elettorali "el leon che magna el teròn" (NdR ROTFL, fino persino a Roberto Ciambetti, assessore veneto al Bilancio, il quale, dopo aver consultato i libri di storia, ci ha informato che Napoleone Bonaparte proclamò: "Il denaro non ha madrepatria e i finanzieri non hanno patriottismo né decenza, il loro unico obiettivo è il profitto".

Guarda un po'. Chissà che prima o poi scoprano anche Lenin e i soldi delle banche per fare la rivoluzione.
Come conferma la rivelazione di Ciambetti, va da sé che normalmente pecunia non olet. Ma quella di Tripoli olet assai nel cotè bossiano, soprattutto se annacqua le partecipazioni delle fondazioni nelle grandi banche, dove la Lega, con scientifica precisione lottizzatoria di stampo democristiano, sta cercando di collocare i suoi fedeli nei consigli generali. Quello di Cariverona si rinnova in ottobre. Ma l'ex ministro berlusconian - bossiano di un attimo fuggente, l'ex prete Aldo Brancher, cui la poltrona ministeriale serviva solo per evitare un processo, è già sceso dai monti delle vacanze per partecipare al vertice in cui venerdì prossimo, con Giancarlo Giorgetti, "ministro" bossiano al credito e alla lottizzazione bancaria, si decideranno i nomi da sottoporre, si fa per dire, al presidente Paolo Biasi. E non ci sarà dittatore nord africano che con i suoi miliardi di petrodollari e con gli affari personali intessuti con la famiglia Berlusconi, complici Tarak Ben Ammar e faccendieri vari di mezzo mondo, che fermerà la marcia padana sulle grandi banche multinazionali che vanno ricondotte al territorio, perché è qui che "devono cacciare i soldi".

Rimane da capire come si colloca in una partita politica dai contorni sfuggenti e complessi, che sul piatto ha oggi non solo quote parziali di potere ma persino il governo del paese, l'ex mister Arrogance Alessandro Profumo, il banchiere di Unicredit che andò a votare alle primarie del Pd. La trattativa con i libici per la scalata alla banca è stata segretissima, neanche i consiglieri d'amministrazione, come peraltro il governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, ne erano stati informati. L'uomo di Unicredit, come dice il vecchio soprannome, è tosto e fin qui è stato indipendente, ciò che in Italia viene interpretato come arroganza. Possibile che sia ormai pronto a far patti con tutti, persino con Cesare Geronzi, che al Banco di Roma si associò con i libici di Gheddafi già una quindicina di anni fa, e con Berlusconi, due tipi che fin qui mostrava di non aver mai potuto soffrire? E qui divergono le scuole di pensiero. Certo, nessuno si sarebbe aspettato da uno come lui che - come risulta dalle più recenti indiscrezioni estive - sarebbe andato a casa del Cavaliere accompagnato da Salvatore Ligresti, che antropologicamente è intrinseco al meno presentabile (quasi tutto) cotè berlusconiano. Ma basta questo a trasformare mister Arrogance in monsieur "Oui"? Troppo semplice. Anche se i nemici dei grandi banchieri godono oggi a vederli annaspare tra interventi al meeting di Comunione e Liberazione di Rimini, servizi fotografici posati sulla spiaggia e incredibili cerimonie estive a Cortina, "supercafonal" come le chiama, sguazzandoci, quello sciagurato cantore dell'Italia a pezzi di Roberto D'Agostino, che di Geronzi continua a fare una specie di tragica icona italica. A riprova di un paese definitivamente "sfarnasciato", come diceva una volta in pugliese stretto quel sant'uomo socialista di Rino Formica.

Tremonti intanto gode. I nemici di Corrado Passera giurano che Profumo non è come lui, che l'uomo dell'Unicredit non ha alcuna intenzione di "scendere in campo" in politica, che il capitale libico, pur tutt'altro che fresco, è una mano santa. Più o meno quel che, tra mille distinguo in quell'italiano ambiguo del qui lo dico e qui lo nego, sostiene Angelo De Mattia che in Banca d'Italia fu difensore della teoria dell'italianità di Antonio Fazio nella vicenda Antonveneta e che oggi lavora per Geronzi, presunto beduino, alle Generali.

Fini, Bocchino, Granata, Briguglio. Chissà che il fuoco d'artificio finale del berlusconismo non possa venire tra qualche giorno, non solo dai finiani, ma dal singolare cortocircuito arabo-padano tra la tenda di Villa Pamphili e lo stato maggiore beduinio di Via Bellerio, che del controllo delle banche ha fatto un suo mantra forte quasi quanto quello del federalismo inevitabilmente irrisolto.

a.statera@repubblica.it

(24 agosto 2010)

http://www.repubblica.it/politica/2010/ ... i-6467354/


LOOOOOOOOL [:o)]
Ultima modifica di eSQueL il 24/08/2010, 15:20, modificato 1 volta in totale.

27/08/2010, 14:17

Anche lui ha rinunciato al Tricolore!,non sapevo...! [:0]
http://www.laltrasicilia.org/modules.ph ... e&sid=1572

28/08/2010, 15:14

Bossi alla festa della Lega: "Il sud doveva essere solo una colonia"

Il leader del Carroccio si lancia in una rivisitazione storica "alternativa" dell'Unità d'Italia frutto solo del bisogno delle imprese del nord di vendere i propri prodotti. Su Bersani e Fini: "Bravi solo a chiacchierare e colpire con la magistratura"

Si è presentato al Museo del Tessile di Busto Arsizio attorno alle 22 di ieri, venerdì, dicendo che l'altro giorno ha schivato “che Casini entrasse nel governo – ha subito dichiarato il leader della Lega Nord Umberto Bossi – quelli (rivolto agli esponenti dell'Udc) appena entrano si mettono subito a mangiare la torta”. In cambio della rinuncia ad andare al voto, ha detto Bossi davanti alla platea della Festa della Lega bustocca, ha ottenuto che Casini “se ne stesse a casa sua e non a casa nostra”. Berlusconi rimane l'alleato fedele della Lega Nord, secondo Bossi, e a questa maggioranza non c'è alternativa “anche perchè la paura di andare al voto ce l'hanno gli altri e non noi – ha continuato il senatur – Bersani e Fini sono bravi a chiacchierare ma poi hanno paura delle urne, sono solo capaci di colpire gli avversari con la magistratura”.

Queste le prime parole del leader del Carroccio sul palco bustocco mentre subito dopo si è lanciato in una “visione alternativa” dell'unità d'Italia che farà discutere ad un anno dal 150esimo compleanno del Paese, parlando del libro “Il regno del Nord”, presentato nei giorni scorsi a Cortina d'Ampezzo, e secondo il quale Cavour era un federalista e la decisione di riunificare l'Italia è stata frutto del bisogno delle imprese del nord di avere una colonia dove vendere i propri prodotti: “ Non pensavano allora che venisse fuori un guazzabuglio di questo tipo – ha detto ancora Bossi nella sua rilettura dell'Unità d'Italia – e furono gli stessi imprenditori del nord a finanziare Garibaldi per prendere il sud”. Germania e Inghilterra mandarono i loro eserciti in India e in Africa per vendere i loro prodotti e il Piemonte decise di prendersi il sud-Italia. Alla fine, secondo Bossi, il nord pagò mille volte di più questa scelta decidendo di non trasformare il sud in una colonia vera e propria.

Rivisitazioni storiche a parte Bossi traccia un bilancio dell'avanzamento del federalismo: “Ci siamo ripresi le nostre acque – ha detto Bossi – rischiavamo che ci vendessero anche il lago Maggiore. Oggi è una grande festa delle acque, resteranno a noi”. La prima parte del federalismo fiscale era questa mentre la seconda parte è il federalismo fiscale, ancora in fase di definizione: “Abbiamo dato una tassa dello stato ai nostri comuni e gli immobili che erano dello stato – ha continuato il leader storico – stiamo finendo di preparare i decreti attuativi con Tremonti e Calderoli. Il federalismo fiscale sarà fatto dall'Irpef, principalmente, e ogni regione potrà decidere se alzarla o abbassarla e le imprese potranno spostarsi all'interno dell'Italia senza andare in Cina come voleva Prodi”.Tenere sul territorio le imprese è l'obiettivo di Bossi e della Lega diminuendo le tasse e chiudendo le porte alla Cina: “L'occasione di cui parlava Prodi era solo per alcuni suoi amici e per i cinesi, non per la nostra gente”. Poi Bossi ha annunciato lo spostamento di alcuni ministeri da Roma verso Milano e Venezia “città che hanno fatto la storia di questo paese, dove ci sono grandi lavoratori e non i mafiosi, quelli che ci sono – ha detto ancora Bossi – ce li hanno mandati col soggiorno obbligato ma Maroni li sta raddrizzando”. Prima di tuffarsi nei ricordi della sua gioventù passata a scorrazzare tra Cassano Magnago e il Ticino con alcuni aneddoti gustosi Bossi ha anche chiesto alla sua gente, circa 300 i militanti presenti ad applaudire il proprio leader, di pazientare perchè “non possiamo far saltare il banco ad un passo dalla meta – ha concluso Bossi – siamo gente seria che sa che per avere deve saper dare qualcosa”. Il riferimento è all'accordo con Berlusconi per non andare alle elezioni ma per la Lega e il Pdl la conta in parlamento si avvicina e senza l'oste (Fini) i conti non torneranno mai e anche il patto di ferro tra i due leader “che hanno i voti “, come ha detto Bossi, potrà subire una battuta d'arresto.Si è presentato al Museo del Tessile di Busto Arsizio attorno alle 22 di ieri, venerdì, dicendo che l'altro giorno ha schivato “che Casini entrasse nel governo – ha subito dichiarato il leader della Lega Nord Umberto Bossi – quelli (rivolto agli esponenti dell'Udc) appena entrano si mettono subito a mangiare la torta”. In cambio della rinuncia ad andare al voto, ha detto Bossi davanti alla platea della Festa della Lega bustocca, ha ottenuto che Casini “se ne stesse a casa sua e non a casa nostra”. Berlusconi rimane l'alleato fedele della Lega Nord, secondo Bossi, e a questa maggioranza non c'è alternativa “anche perchè la paura di andare al voto ce l'hanno gli altri e non noi – ha continuato il senatur – Bersani e Fini sono bravi a chiacchierare ma poi hanno paura delle urne, sono solo capaci di colpire gli avversari con la magistratura”. Queste le prime parole del leader del Carroccio sul palco bustocco mentre subito dopo si è lanciato in una “visione alternativa” dell'unità d'Italia che farà discutere ad un anno dal 150esimo compleanno del Paese, parlando del libro “Il regno del Nord”, presentato nei giorni scorsi a Cortina d'Ampezzo, e secondo il quale Cavour era un federalista e la decisione di riunificare l'Italia è stata frutto del bisogno delle imprese del nord di avere una colonia dove vendere i propri prodotti: “ Non pensavano allora che venisse fuori un guazzabuglio di questo tipo – ha detto ancora Bossi nella sua rilettura dell'Unità d'Italia – e furono gli stessi imprenditori del nord a finanziare Garibaldi per prendere il sud”. Germania e Inghilterra mandarono i loro eserciti in India e in Africa per vendere i loro prodotti e il Piemonte decise di prendersi il sud-Italia. Alla fine, secondo Bossi, il nord pagò mille volte di più questa scelta decidendo di non trasformare il sud in una colonia vera e propria. Rivisitazioni storiche a parte Bossi traccia un bilancio dell'avanzamento del federalismo: “Ci siamo ripresi le nostre acque – ha detto Bossi – rischiavamo che ci vendessero anche il lago Maggiore. Oggi è una grande festa delle acque, resteranno a noi”. La prima parte del federalismo fiscale era questa mentre la seconda parte è il federalismo fiscale, ancora in fase di definizione: “Abbiamo dato una tassa dello stato ai nostri comuni e gli immobili che erano dello stato – ha continuato il leader storico – stiamo finendo di preparare i decreti attuativi con Tremonti e Calderoli. Il federalismo fiscale sarà fatto dall'Irpef, principalmente, e ogni regione potrà decidere se alzarla o abbassarla e le imprese potranno spostarsi all'interno dell'Italia senza andare in Cina come voleva Prodi”.Tenere sul territorio le imprese è l'obiettivo di Bossi e della Lega diminuendo le tasse e chiudendo le porte alla Cina: “L'occasione di cui parlava Prodi era solo per alcuni suoi amici e per i cinesi, non per la nostra gente”. Poi Bossi ha annunciato lo spostamento di alcuni ministeri da Roma verso Milano e Venezia “città che hanno fatto la storia di questo paese, dove ci sono grandi lavoratori e non i mafiosi, quelli che ci sono – ha detto ancora Bossi – ce li hanno mandati col soggiorno obbligato ma Maroni li sta raddrizzando”. Prima di tuffarsi nei ricordi della sua gioventù passata a scorrazzare tra Cassano Magnago e il Ticino con alcuni aneddoti gustosi Bossi ha anche chiesto alla sua gente, circa 300 i militanti presenti ad applaudire il proprio leader, di pazientare perchè “non possiamo far saltare il banco ad un passo dalla meta – ha concluso Bossi – siamo gente seria che sa che per avere deve saper dare qualcosa”. Il riferimento è all'accordo con Berlusconi per non andare alle elezioni ma per la Lega e il Pdl la conta in parlamento si avvicina e senza l'oste (Fini) i conti non torneranno mai e anche il patto di ferro tra i due leader “che hanno i voti “, come ha detto Bossi, potrà subire una battuta d'arresto.

http://www3.varesenews.it/italia/articolo.php?id=180951


Immagine

28/08/2010, 20:09

"Giusto"! Prima della Grecia; poi di Roma; adesso di Greenwarrior ...! [:246] [:246] [:246]

29/08/2010, 10:00

Blissenobiarella ha scritto:

Bossi alla festa della Lega: "Il sud doveva essere solo una colonia"


Queste le prime parole del leader del Carroccio sul palco bustocco mentre subito dopo si è lanciato in una “visione alternativa” dell'unità d'Italia che farà discutere ad un anno dal 150esimo compleanno del Paese, parlando del libro “Il regno del Nord”, presentato nei giorni scorsi a Cortina d'Ampezzo, e secondo il quale Cavour era un federalista e la decisione di riunificare l'Italia è stata frutto del bisogno delle imprese del nord di avere una colonia dove vendere i propri prodotti: “ Non pensavano allora che venisse fuori un guazzabuglio di questo tipo – ha detto ancora Bossi nella sua rilettura dell'Unità d'Italia – e furono gli stessi imprenditori del nord a finanziare Garibaldi per prendere il sud”. Germania e Inghilterra mandarono i loro eserciti in India e in Africa per vendere i loro prodotti e il Piemonte decise di prendersi il sud-Italia. Alla fine, secondo Bossi, il nord pagò mille volte di più questa scelta decidendo di non trasformare il sud in una colonia vera e propria.



Abbiamo perso noi altro che il Nord,a quel tempo il Regno della Due Sicilie era molto più progredito del Nord,per esempio,in Italia,l'introduzione del Telegrafo avviene nel 1852,nel Regno delle Due Sicilie.

29/08/2010, 15:51

bleffort ha scritto:

Abbiamo perso noi altro che il Nord,a quel tempo il Regno della Due Sicilie era molto più progredito del Nord,per esempio,in Italia,l'introduzione del Telegrafo avviene nel 1852,nel Regno delle Due Sicilie.


Ancora? [:D]..scommetto dai siti revisionisti proSud

Una rondine non fa primavera e l'aver adottato qualche anno prima di altri il telegrafo non rende più evoluta quella nazione rispetto alle altre.

Comunque in questo caso è vero che nel regno delle due Sicilie il telegrafo venne introdotto nel 1852.

Al nord qualche anno prima,nel 1847.

[;)]
Ultima modifica di rmnd il 29/08/2010, 16:11, modificato 1 volta in totale.

29/08/2010, 16:10


[color=blue]Nord e Sud, un'unità che va ritrovata


Ernesto Galli della Loggia

Una questione domina su tutte le altre della politica italiana e in vario modo le riassume tutte: il problema dell'unità nazionale, ovvero il problema di come tenere ancora insieme il Nord e il Sud del Paese.

È chiaro, per chi sa vedere, che siamo ad uno di quei momenti in cui la politica è chiamata a fare i conti con una vera e propria svolta storica: la fine della prima Repubblica ha significato molto di più di ciò che allora ci è sembrato. Ha significato anche la fine degli equilibri economico-sociali (e della relativa ideologia) che avevano reso possibile e accompagnato la secolare industrializzazione-modernizzazione italiana. Con ciò è giunto ad un suo punto critico anche il secolare patto nazionale la cui forma, risalente al vecchio Statuto Albertino, la Costituzione del '48 aveva, sì, profondamente innovato, ma in un certo senso ripreso e confermato.

Il compito che sta ora davanti al Paese è quello di rifondare questo patto. Di rifondare l'unità italiana rinsaldando l'unione tra le due parti decisive della Penisola, il Sud e il Nord. Chi saprà farlo - è facile prevederlo - s'installerà al centro del sistema politico divenendo la forza egemone per un lungo tempo avvenire. Il partito o lo schieramento che vorrà provarci, che aspirerà al ruolo di partito nazionale, dovrà però guardarsi innanzi tutto da un pericolo mortale: quello di apparire (e/o di essere) un partito «sudista» (è il pericolo di cui invece non sembra accorgersi l'Udc, che così perde ogni credibilità «nazionale» cui pure dice tanto di aspirare, dopo che si è proclamata espressamente Partito della nazione). Incorre in tale pericolo qualunque posizione - come quella del partito di Casini, appunto - la quale, lungi dal capire il fondamento reale del «nordismo» (lo chiamo così per brevità) attribuisce invece a Bossi e alla pura e semplice esistenza della Lega l'origine dei problemi; rifiutandosi cioè di riconoscerne e soprattutto capirne la loro sostanza e portata reali. Quasi che, se non ci fossero né Bossi né la Lega, il Nord non creerebbe più fastidi e tutto andrebbe a posto.

Non è così. La protesta del Nord si fa forte dell'esistenza di problemi reali (inefficienza dell'amministrazione centrale, scarsità d'investimenti infrastrutturali, livello altissimo della fiscalità, a cui si può aggiungere la meridionalizzazione degli apparati statali): problemi che tra l'altro per una parte significativa non sono specifici del Nord, bensì generali dello Stato italiano, anche se al Nord se ne sente di più il peso. E sta proprio qui, direi, la differenza decisiva con il «sudismo», con la protesta che negli ultimi tempi il Mezzogiorno ha a sua volta mostrato di voler mettere in campo come rivalsa antinordista all'insegna del rivendicazionismo risarcitorio per il proprio mancato sviluppo.
Infatti, almeno nella sua vulgata di massa, quella del Sud si presenta come una protesta che non tiene assolutamente conto, non fa menzione neppure, di quello che pure tutti gli osservatori imparziali hanno indicato da decenni come tra i principali, o forse il principale ostacolo di qualunque possibile sviluppo del Mezzogiorno. Vale a dire la paurosa, talvolta miserabile pochezza delle classi dirigenti politiche meridionali, specie locali, protagoniste di malgoverno e di sperperi inauditi, ma che continuano a stare al loro posto perché votate dai propri elettori.


Accade così, che mentre la protesta «nordista» ha corrisposto alla nascita e all'affermazione in loco di una nuova classe politica (quella della Lega), quasi del tutto diversa dal passato e assai polemica verso di esso, comunque la si voglia giudicare; viceversa la protesta «sudista», proprio per questo suo dato di partenza di irrealtà, è disponibile ad ogni uso e già oggi viene inalberata dai più variegati spezzoni e reduci di tutte le formazioni politiche meridionali degli ultimi decenni mentre palesemente si candida a diventare il refugium peccatorum di tutti i trasformismi e gli opportunismi politici che prosperano a sud del Garigliano. In tal modo privando di ogni dignità politica e di ogni futuro le sue pur esistenti ragioni, e condannandosi a rappresentare esclusivamente l'ennesima chiacchiera da comizio.
Un partito che oggi volesse avere una funzione davvero nazionale dovrebbe dunque partire da qui. Dal capire senza esitazione le fondate ragioni del Nord e cercare di combinarle con quelle del Sud. Che ci sono, ma non sono presentabili all'opinione pubblica del Paese con qualche possibilità di successo fintanto che non le si strappa dalle mani di chi finora ha governato il Mezzogiorno, da destra e da sinistra, da Napoli a Palermo, nel modo sciagurato che sappiamo.


29 agosto 2010

http://www.corriere.it/editoriali/10_agosto_29/nord-e-sud-unita-che-varitrovata-editoriale-ernesto-galli-della-loggia_05f52236-b33b-11df-ac3b-00144f02aabe.shtml
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29/08/2010, 17:52

rmnd ha scritto:


[color=blue]Nord e Sud, un'unità che va ritrovata


Ernesto Galli della Loggia

Una questione domina su tutte le altre della politica italiana e in vario modo le riassume tutte: il problema dell'unità nazionale, ovvero il problema di come tenere ancora insieme il Nord e il Sud del Paese.

È chiaro, per chi sa vedere, che siamo ad uno di quei momenti in cui la politica è chiamata a fare i conti con una vera e propria svolta storica: la fine della prima Repubblica ha significato molto di più di ciò che allora ci è sembrato. Ha significato anche la fine degli equilibri economico-sociali (e della relativa ideologia) che avevano reso possibile e accompagnato la secolare industrializzazione-modernizzazione italiana. Con ciò è giunto ad un suo punto critico anche il secolare patto nazionale la cui forma, risalente al vecchio Statuto Albertino, la Costituzione del '48 aveva, sì, profondamente innovato, ma in un certo senso ripreso e confermato.

Il compito che sta ora davanti al Paese è quello di rifondare questo patto. Di rifondare l'unità italiana rinsaldando l'unione tra le due parti decisive della Penisola, il Sud e il Nord. Chi saprà farlo - è facile prevederlo - s'installerà al centro del sistema politico divenendo la forza egemone per un lungo tempo avvenire. Il partito o lo schieramento che vorrà provarci, che aspirerà al ruolo di partito nazionale, dovrà però guardarsi innanzi tutto da un pericolo mortale: quello di apparire (e/o di essere) un partito «sudista» (è il pericolo di cui invece non sembra accorgersi l'Udc, che così perde ogni credibilità «nazionale» cui pure dice tanto di aspirare, dopo che si è proclamata espressamente Partito della nazione). Incorre in tale pericolo qualunque posizione - come quella del partito di Casini, appunto - la quale, lungi dal capire il fondamento reale del «nordismo» (lo chiamo così per brevità) attribuisce invece a Bossi e alla pura e semplice esistenza della Lega l'origine dei problemi; rifiutandosi cioè di riconoscerne e soprattutto capirne la loro sostanza e portata reali. Quasi che, se non ci fossero né Bossi né la Lega, il Nord non creerebbe più fastidi e tutto andrebbe a posto.

Non è così. La protesta del Nord si fa forte dell'esistenza di problemi reali (inefficienza dell'amministrazione centrale, scarsità d'investimenti infrastrutturali, livello altissimo della fiscalità, a cui si può aggiungere la meridionalizzazione degli apparati statali): problemi che tra l'altro per una parte significativa non sono specifici del Nord, bensì generali dello Stato italiano, anche se al Nord se ne sente di più il peso. E sta proprio qui, direi, la differenza decisiva con il «sudismo», con la protesta che negli ultimi tempi il Mezzogiorno ha a sua volta mostrato di voler mettere in campo come rivalsa antinordista all'insegna del rivendicazionismo risarcitorio per il proprio mancato sviluppo.
Infatti, almeno nella sua vulgata di massa, quella del Sud si presenta come una protesta che non tiene assolutamente conto, non fa menzione neppure, di quello che pure tutti gli osservatori imparziali hanno indicato da decenni come tra i principali, o forse il principale ostacolo di qualunque possibile sviluppo del Mezzogiorno. Vale a dire la paurosa, talvolta miserabile pochezza delle classi dirigenti politiche meridionali, specie locali, protagoniste di malgoverno e di sperperi inauditi, ma che continuano a stare al loro posto perché votate dai propri elettori.


Accade così, che mentre la protesta «nordista» ha corrisposto alla nascita e all'affermazione in loco di una nuova classe politica (quella della Lega), quasi del tutto diversa dal passato e assai polemica verso di esso, comunque la si voglia giudicare; viceversa la protesta «sudista», proprio per questo suo dato di partenza di irrealtà, è disponibile ad ogni uso e già oggi viene inalberata dai più variegati spezzoni e reduci di tutte le formazioni politiche meridionali degli ultimi decenni mentre palesemente si candida a diventare il refugium peccatorum di tutti i trasformismi e gli opportunismi politici che prosperano a sud del Garigliano. In tal modo privando di ogni dignità politica e di ogni futuro le sue pur esistenti ragioni, e condannandosi a rappresentare esclusivamente l'ennesima chiacchiera da comizio.
Un partito che oggi volesse avere una funzione davvero nazionale dovrebbe dunque partire da qui. Dal capire senza esitazione le fondate ragioni del Nord e cercare di combinarle con quelle del Sud. Che ci sono, ma non sono presentabili all'opinione pubblica del Paese con qualche possibilità di successo fintanto che non le si strappa dalle mani di chi finora ha governato il Mezzogiorno, da destra e da sinistra, da Napoli a Palermo, nel modo sciagurato che sappiamo.


29 agosto 2010

http://www.corriere.it/editoriali/10_agosto_29/nord-e-sud-unita-che-varitrovata-editoriale-ernesto-galli-della-loggia_05f52236-b33b-11df-ac3b-00144f02aabe.shtml
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Sono d'accordo!,questa attuale classe dirigente di politici al Sud,non sono l'ideale per aprire una nuova stagione di confronto leale con il resto del Paese,anche se si dichiarano Federalisti.

05/09/2010, 12:18

Guardate quant'è carina questa.


http://freeitalianpress.wordpress.com/2 ... lla-razza/

Ignobile manifesto leghista sulla razza

Prima o poi ce lo aspettavamo ma quello che è avvenuto nel comune di Tradate va molto, ma molto oltre ogni nostra immaginazione. E’ un vero e proprio “manifesto sulla razza” qualcosa che credevamo essere morto con Hitler e Mussolini e che invece ci ritroviamo nella Padania del 2010.

I fatti: tempo fa il Comune di Tradate (Varese) istituisce il cosiddetto “bonus bebè”, 500 euro per ogni bambino nato. Lo scopo è lodevole: incentivare le nascite. Purtroppo non è tutto oro quello che luccica. Infatti andando a leggere i criteri di assegnazione si legge che il bonus è destinato solo a coppie dove ambedue i genitori sono cittadini italiani di nascita. Escluse quindi le coppie miste e quelle straniere. Lo scorso 3 giugno il Tribunale di Milano, interessato della vicenda, emette una sentenza secondo la quale “i criteri di assegnazione del bonus bebè sono discriminatori” è ordina al comune di Tradate di correggere l’ordinanza.

Furiosa la reazione del sindaco di Tradate (Lega -PDL) che con una nota diffusa a mezzo stampa dice “il comune di Tradate rivendica il criterio di assegnazione in quanto il bonus bebè non si configura come un intervento rientrante fra i servizi sociali assistenziali obbligatori ma appartiene alla categoria degli incentivi collocata in ambito concettuale e giuridico tutt’affatto diverso ed altro rispetto ai servizi sociali obbligatori”. Insomma, ribadisce che solo i bambini ariani potranno godere dell’incentivo.

Ancora più vomitevole e discriminatoria la giustificazione data nel ricorso presentato dal Comune di Tradate alla sentenza del Tribunale di Milano e che verrà discusso la prossima settimana. Secondo quanto vi si afferma il “bonus bebè” sarebbe stato istituito per “la salvaguardia del ceppo europeo”.

Insomma, per salvaguardare il “ceppo europeo”, descritto nelle foto pubblicitarie del bonus bebè presenti sul sito del comune di Tradate come biondo, occhi chiari e chiaramente nordico, la soluzione è quella di incentivare solo la nascita di bambini ariani. Il prossimo passo quale sarà? L’epurazione (o nel migliore dei casi, la deportazione) di tutti quei bambini che non corrispondono alla visione leghista di “ceppo europeo”?

Bianca B.

Immagine
Ultima modifica di eSQueL il 05/09/2010, 12:18, modificato 1 volta in totale.

05/09/2010, 12:26

eSQueL ha scritto:

Guardate quant'è carina questa.
...


http://it.wikipedia.org/wiki/Giambattista_Vico docet!
Ultima modifica di Angel_ il 05/09/2010, 12:28, modificato 1 volta in totale.

05/09/2010, 13:07

eSQueL ha scritto:

Guardate quant'è carina questa.


http://freeitalianpress.wordpress.com/2 ... lla-razza/

Ignobile manifesto leghista sulla razza





Uno dei tanti articoli inutilmente polemici ..

Mi sembra corretto assegnare il bonus solo a genitori entrambi cittadini italiani. A chi vorremmo assegnare il bonus agli stranieri?
A entrambi?..e i soldi il comune dove li prende?

può essere considerato razzista un manifesto che cita la convenzione sui diritti dell'infanzia nei seguenti punti?:

http://www.comune.tradate.va.it/allegati/923%5ECrescere%20un%20bene%20comune.pdf

[font=Arial][size=75]quattro principi fondamentali della Convenzione sono:

Principio di non discriminazione
Il principio, sancito all’art. 2, impegna gli Stati ad assicurare i diritti
ivi sanciti a tutti i minori, senza distinzione di razza, colore, sesso,
lingua, religione, opinione del bambino e dei genitori.

Il principio di superiore interesse del bambino
Il principio, sancito dall’art. 3, prevede che in ogni decisione, azione
legislativa, provvedimento giuridico, iniziativa pubblica o privata di
assistenza sociale, l’interesse superiore del bambino deve essere una
considerazione preminente.

Diritto alla vita, sopravvivenza e sviluppo
Il principio è sancito dall’art. 6 che prevede il riconoscimento da
parte degli Stati membri del diritto alla vita del bambino e l’impegno
ad assicurarne, con tutte le misure possibili, la sopravvivenza e lo sviluppo.

Ascolto delle opinioni del bambino
L’attuazione del principio comporta il dovere, per gli adulti, di ascoltare
il bambino capace di discernimento e di tenerne in adeguata
considerazione le opinioni. La Convenzione pone in relazione l’ascolto
delle opinioni del bambino al livello di maturità e alla capacità di
comprensione raggiunta in base all’età.


Le regole di assegnazione

Il Comune di Tradate ha istituito il “bonus bebè” non è un bonus sociale ma di sostegno alla natalità e di benvenuto.
Può beneficiare del bonus bebè uno dei genitori dei bambini nel caso
in cui siano rispettati i seguenti requisiti:

a) Cittadinanza italiana di entrambi i genitori;
b) Residenza di almeno uno dei genitori nel Comune di Tradate da non meno di cinque anni.

Il contributo è fissato in euro 500,00 ed è erogato ad uno dei genitori di neonati o (*)adottati definitivamente entro il primo anno di età.
Non occorre compilare nessun modulo, la comunicazione dei requisiti
necessari avviene all’Ufficio Anagrafe al momento dell’atto di registrazione del bambino. L’assegno verrà, poi, consegnato durante la “Festa del bambino” organizzata dal Comune di Tradate.


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(* : Ma nella quasi totalità dei casi, i bimbi adottati non sono stranieri e talvolta anche un po' abbronzati ? [;)])

Poi con l'argomento del topic cosa c'entra?
Ultima modifica di rmnd il 05/09/2010, 13:13, modificato 1 volta in totale.

05/09/2010, 13:58

ops ... pensavo che le questioni riguardanti la difesa del ceppo europeo c'azzeccassero con il topic. Se vede che me so' sbajato [:I]

09/09/2010, 17:34

Domenica in città la festa della Lega: «Tappezziamo Venezia di tricolori»
http://www.ilgazzettino.it/articolo.php ... ez=NORDEST


In centinaia hanno aderito al gruppo Facebook. Si ispiranoalla donna (sfrattata) che espose la bandiera davanti a Bossi

VENEZIA (8 settembre) - La signora Lucia non sarà più sola: il tricolore che da 13 anni espone fuori dalla sua finestra proprio davanti al palco dove Umberto Bossi chiude la Festa dei popoli padani domenica prossima sventolerà su centinaia di altre case di Venezia. Per dar man forte a Lucia Massarotto è nato infatti un comitato spontaneo di cittadini, che attraverso Facebook (al quale, alle 19.30 di mercoledì, hanno già aderito 350 persone) e il passaparola ha raccolto centinaia di adesioni all'iniziativa per tappezzare Venezia di bandiere tricolori quando domenica Bossi e la Lega arriveranno in laguna in occasione dell'ormai tradizionale raduno.

«Veneziani tutti italiani» è la parola d'ordine lanciata dal comitato "Bandiera italiana 12 settembre", che ha già cominciato a distribuire mille bandiere tricolori in tutti i sestieri di Venezia. All'iniziativa autofinanziata hanno aderito anche Pd, Udc, Idv, Psi, Rc, Sel, Verdi e l'Anpi, ma i partiti, per volere dei promotori, con un ruolo di seconda fila. La madrina della "risposta popolare" alla Padania della Lega è infatti una semplice cittadina veneziana come Lucia Massarotto: si chiama Annamaria Beccaris («non ho tessere di partito») e ha proposto l'idea di colorare la città di bianco, rosso e verde quando ha letto sui giornali che Lucia era stata sfrattata dalla casa di Riva degli Schiavoni e il suo balcone rischiava quindi, per la prima volta da quel lontano 1997, di restare senza bandiera italiana. "Pericolo" sventato perché la signora Lucia, ancora per quest'anno almeno, potrà lanciare la sua sfida a Bossi e al popolo padano.

«Invitiamo i veneziani a esporre la bandiera italiana per difendere la Costituzione: l'identità di un popolo, di cui la Lega si sciacqua tanto la bocca, è data dal documento fondamentale in cui tutti si riconoscono», sottolinea il portavoce del comitato Cino Casson, sollecitando i cittadini a esporre il Tricolore fin da oggi per stimolare l'emulazione.

http://www.ilgazzettino.it/articolo.php ... ez=NORDEST

18/09/2010, 16:22

Vediamo se pure questo è OT [}:)]

Mazzetta verde la trionferà


Soldi, abusi e truffe all'ombra della Lega Nord

Lega ladrona? I casi di malcostume e corruzione all’ombra del Carroccio si moltiplicano, tanto che un dirigente sempre abile ad annusare l’aria che tira, come il governatore del Veneto Luca Zaia, ha ammesso l’esistenza di una questione morale dentro la Lega. “Non possiamo permetterci di essere criticati per i nostri comportamenti amministrativi”, ha dichiarato Zaia, “noi della Lega abbiamo il dovere d’essere doppiamente puliti rispetto agli altri, perché da noi i cittadini si aspettano il massimo del rigore”.

Invece proprio dal Veneto arrivano gli ultimi casi di pulizia non proprio perfetta. Il senatore della Lega Alberto Filippi, di Vicenza, è accusato dal faccendiere Andrea Ghiotto di avere un ruolo nella maxi evasione scoperta ad Arzignano, feudo padano e distretto della concia. Una brutta storia di tasse non pagate e di controlli aggirati: le indagini, in corso, diranno se anche a suon di mazzette. A Verona, Gianluigi Soardi, presidente dell’azienda del trasporto pubblico cittadino Atv (ma anche sindaco leghista di Sommacampagna), si è dimesso dopo che la polizia giudiziaria è piombata nei suoi uffici e ha sequestrato documenti contabili da cui risulterebbero spese gonfiate e ingiustificate. Camillo Gambin, storico esponente del Carroccio ad Albaredo d’Adige (Verona), è agli arresti domiciliari per una brutta storia di falsi permessi di soggiorno rilasciati in cambio di denaro. Alessandro Costa, assessore alla sicurezza di Barbarano Vicentino, è indagato per sfruttamento della prostituzione: gestiva siti di annunci a luci rosse.

Nel vicino Friuli-Venezia Giulia, il presidente del consiglio regionale, Edouard Ballaman, si è dimesso dopo essere finito nel mirino della Corte dei conti per una settantina di viaggi in auto blu fatti più per piacere che per dovere. In passato, Ballaman aveva realizzato uno scambio di favori incrociati con l’allora sottosegretario all’Interno (e tesoriere della Lega) Maurizio Balocchi: l’uno aveva assunto la compagna dell’altro, per aggirare la legge che vieta di assumere parenti nel medesimo ufficio. Aveva anche ottenuto l’assegnazione pilotata della concessione di una sala Bingo.

In principio fu Alessandro Patelli, “il pirla”, come fu definito da Umberto Bossi: l’ex tesoriere della Lega dovette ammettere nel 1993 di aver incassato 200 milioni di lire dalla Ferruzzi, causando a Umberto Bossi una condanna per finanziamento illecito. Poi a foraggiare il Carroccio arrivò il banchiere della Popolare di Lodi Gianpiero Fiorani, che nel 2004 non solo salvò la banchetta della Lega, Credieuronord, da un fallimento clamoroso, ma finanziò generosamente il partito di Bossi con oltre 10 milioni di euro, tra fidi e finanziamenti. Con anche più d’una mazzetta, secondo quanto racconta Fiorani: una parte dei soldi consegnati dal banchiere di Lodi ad Aldo Brancher, parlamentare di Forza Italia e poi del Pdl, erano per Roberto Calderoli. “Ho consegnato a Brancher una busta con 200 mila euro… Quella sera Brancher doveva tenere un comizio a Lodi per le elezioni amministrative… Mi disse che doveva dividerla con Calderoli (poi archiviato, ndr) perché il ministro aveva bisogno di soldi per la sua attività politica”.
Non ha fatto una gran bella figura neppure Roberto Castelli, che da ministro della Giustizia, tra il 2001 e il 2006, è riuscito a meritarsi un’indagine per abuso d’ufficio per il suo piano di edilizia carceraria, affidato all’amico Giuseppe Magni; e una condanna della Corte dei Conti a rimborsare 33 mila euro, perché la consulenza era “irrazionale e illegittima”.
Aldo Fumagalli, ex sindaco di Varese, è indagato (peculato e concussione) per un giro di false cooperative. Matteo Brigandì, ex assessore al Bilancio della Regione Piemonte, è stato processato per truffa, per falsi rimborsi alle zone alluvionate. Francesco Belsito, sottosegretario alla Semplificazione, esibisce una laurea fantasma, presa forse a Malta. Monica Rizzi, assessore allo Sport della Regione Lombardia, si proclama psicologa e psicoterapeuta senza avere la laurea e senza essere iscritta agli appositi ordini professionali, tanto che la procura di Milano sta indagando per abuso di titolo.

Cattive notizie anche dall’Emilia-Romagna, zona di più recente espansione del Carroccio. Il vicesindaco di Guastalla (Reggio Emilia), Marco Lusetti, a giugno è stato accusato di irregolarità nella gestione dell’Enci (Ente nazionale per la cinofilia) di cui era commissario ad acta: aveva ordinato bonifici a se stesso con soldi dell’ente per 187 mila euro (poi non incassati). Il padre padrone della Lega emiliana, il parlamentare Angelo Alessandri, si è invece fatto pagare dal partito le multe (per un totale di 3 mila euro) per eccesso di velocità o per transito in corsie riservate. Il capogruppo del Carroccio alla Regione Emilia-Romagna, Mauro Manfredini, e altri candidati del suo partito (Mirka Cocconcelli, Marco Mambelli) rischiano invece una maximulta (fino a 103 mila euro a tasta) per non aver consegnato, come prevede la legge, un resoconto preciso delle spese elettorali. Dov’è finito il partito che inveiva contro Roma ladrona?

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/09 ... era/61530/
Ultima modifica di eSQueL il 18/09/2010, 16:23, modificato 1 volta in totale.
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