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 Oggetto del messaggio: NORD-SUD:Federalismo,Secessione,tarallucci e vino?
MessaggioInviato: 20/08/2010, 01:05 
Poichè i topic dedicati alla questione federalista spesso s'intrecciano tra 'povera italia' e 'silvio', e benchè sia spesso difficile una netta distinzione su tematiche cosi interlacciate, penso comunque che un thread specifico possa far un minimo di ordine , se i mod/amm sono d'accordo.


Il Sud, il federalismo e le cattive abitudini PdL


Cita:
...Ad alcuni poteva sembrare che fosse suggestione, che si trattasse di esagerazione. Al contrario l’accusa di Bossi – “Fini e si suoi vogliono un po’ di soldi da sprecare al Sud” – conferma che, quando si tratta di indicare alla propria base il problema numero uno della frattura nel centrodestra , è proprio al Sud che ci si riferisce...

...Se rottura finale dovesse essere tra Berlusconi e Fini, come i toni sembrano sin qui continuare a indicare, allora è ovvio che a essere in condizione di avvantaggiarsi della cosa alle elezioni, presto o tardi che siano, sono proprio Bossi da una parte al Nord, e al Sud Fini e i suoi, seguaci e futuri alleati...

...Sono Berlusconi e il PdL, nelle condizioni attuali, a rimetterci di più. Bossi al Nord avrebbe buon gioco a dire agli elettori di centrodestra che è meglio votare direttamente Lega, visto che in caso contrario il federalismo vien promesso vien promesso, ma poi di fatto ancora una volta come sempre non arriva mai. Al Sud. a Fini a quel punto converrebbe far AntiLega con Lombardo e Micciché e, aggiungo, con tutte le Poli Bortone inascoltate dai colonnelli PdL, e che se sinora sembrano più vicine a Berlusconi è sol perché da quella posizione – sulla carta, la più forte – si è poi in migliori condizioni, per trattare poi al momento buono gli sviluppi più convenienti. Un PdL che non portasse a casa i premi di maggioranza in Sicilia e anche solo poco più che in Sicilia, nel resto del Mezzogiorno, con la Lega in crescita ulteriore al Nord comunque al Senato non avrebbe la maggioranza, con l’attuale legge elettorale....

...Per evitare questo rischio, meglio sarebbe stato se Berlusconi e la Pdl negli anni scorsi avessero parlato al Mezzogiorno una lingua chiara e univoca. Capace cioè di ammettere che nel Mezzogiorno in media c’è un eccesso di spesa pubblica discrezionale, e cioè acquisti stipendi e sussidi dove il rapporto tra Sud e Nord è di 125 a 100, perché la politica ha preferito moltiplicare i redditi indotti dal settore pubblico, alla ricerca di voti. Ma altresì aggiugendo che in ogni caso c’è Sud e Sud, visto che sommando tutte le componenti Puglia e Campania figurano più tra tre le creditrici che le debitrici rispetto a Calabria, Basilicata e Sicilia dove il riequilibrio è inevitabile e deve essere pure molto energico....

...In quel caso, comunque la pensiate su Fini rispetto al patto elettorale sottoscxritto due anni fa con gli elettori, il PdL può però prendersela solo con se stesso...



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MessaggioInviato: 20/08/2010, 09:16 
L'analisi mi sembra giusta.

Se non fosse per una cosa:
Bossi vuole federalismo o secessione? Perche' li non si capisce bene. Dove finisce il nord e comincia il sud?

A me sta bene il federalismo, ma chiaro e semplice, non con le regole assurde che mi sembra di aver capito che verranno messe e che metteranno in difficolta' ancor piu' il paese intero, se c'e' ancora ovviamente.

Non vedo l'ora che qualcuno risponda...



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MessaggioInviato: 20/08/2010, 17:10 
Ecco una prima risposta [:o)]

Il Pdl contro miss Padania. La Lega sbotta
“Si facciano miss Berlusca”. Alleanza a rischio

Il caso è esploso nel comune di San Donà di Piave. Il carroccio vorrebbe presentare il concorso di bellezza durante la fiera del Rosario. I pidiellini però insorgono e minacciano di far cadare la giunta
Maggioranza nei guai anche ai confini dell’Impero. Non solo Roma, dunque. Ma, in questo caso, anche a San Donà di Piave, enclave verde-Carroccio che rischia di scivolare su una singolare buccia di banana: la sfilata di Miss Padania. Sì perché l’idea del sindaco Francesca Zacariotto è quella di presentare il concorso di bellezza durante la Fiera del Rosario, sagra storica dedicata alla Madonna del calore. Insomma, il diavolo e l’acquasanta. Così, almeno, devono averla pensata quelli del Pdl che per bocca dell’assessore azzurro Olivieo Leo arrivano ad annunciare le dimissioni. Minacce che non sembrano scalfire il primo cittadino di San Donà di Piave che siede anche sulla poltrona di presidente della Provincia di Venezia.

“Io tiro dritto – ha detto la signora dal doppio incarico – . Se vogliono andare alla conta sono pronta ad andarci. Ricordo che, fra Lega e la mia lista civica, noi abbiamo 13 consiglieri e loro sette. Siamo seri per favore, con tutti i problemi veri che ci sono, mi rifiuto di discutere di un concorso di bellezza. E’ una polemica ridicola’”.

L’affaire della miss però prosegue. A soffiare sul fuoco della polemica è sempre l’assessore azzurro, con un passato in An. Insomma un bello specchio della realtà che sta vivendo oggi il nostro Paese. “E’ una festa religiosa – tuona Leo – e non può essere trasformata in qualcosa di politico”. E pur di non mischiare il sacro con il profano sono pronti alla rottura. Insomma un gioco delle parti al contrario. Non più i finiani, ma i pidiellini interpretano il ruolo dei dissidenti. “La Fiera – tuonano i berluscones – è legata al nostro territorio e la Padania è il nostro territorio”. Alla fine, però, la sindachessa, nonché, ricordiamolo, presidente della Provincia di Venezia, è sbottata. “Se non vogliono miss Padania, allora si facciano miss Berlusca”. Gli altri, però, non apprezzano la greve ironia e rilanciano: “Al prossimo consiglio comunale siamo pronti a far cadere la maggioranza”. Un ritornello che a Montecitorio conoscono bene. Ora, però, il vizietto sembra allargarsi anche in provincia.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2010/08 ... hio/51734/



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MessaggioInviato: 20/08/2010, 17:22 
E qua una seconda [:0]

Bagnasco, monito sul federalismo "Se disgrega è un disvalore"

CITTA' DEL VATICANO - Il federalismo può essere "una ricchezza" solo se "costruisce l'unità". Se invece "disgrega" o "allontana" allora è sicuramente "un disvalore". E' quando dice, in un'intervista all'Osservatore Romano, il cardinale presidente della Cei Angelo Bagnasco, rispondendo a una domanda sul progetto politico federalista che era stato propugnato nell'800 dal beato Antonio Rosmini.
"La molteplicità, in tutti i campi, è una ricchezza se costruisce l'unità - dice Bagnasco -; se invece disgrega e allontana, allora non diventa più un valore ma un disvalore". "Si vorrebbe, a tutti i livelli e in tutti gli ambiti - aggiunge il presidente dei vescovi italiani -, che le specificità delle persone, come delle culture e delle regioni, diventino una ricchezza per il bene dell'insieme, un bene che deve essere reale per tutti".

Dal cardinale giunge anche una severa critica ai media. Che trasmettono "modelli culturali dominanti che possono impoverire la fede". E anche i cattolici, osserva Bagnasco, "sono chiamati a fare i conti con la crisi dei valori, perchè certe forme culturali dominanti che si respirano attraverso i mezzi di comunicazione, attraverso modelli di comportamento, toccano e possono toccare tutti: credenti e non credenti, cattolici e non cattolici; nessuno è esente da questo clima di possibile contaminazione che potrebbe impoverire strada facendo la fede, ma soprattutto il comportamento degli stessi cristiani".

(20 agosto 2010)

http://www.repubblica.it/politica/2010/ ... e-6395606/



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MessaggioInviato: 20/08/2010, 17:59 
Il sottosuolo di Napoli è in vendita per pochi euro
La scoperta del quotidiano Terra: il Demanio deve disfarsi di ventitré cavita, ex ricoveri antiaerei. E la base d’asta è di appena un euro. Decisamente perplessi i geologi
http://napoli.virgilio.it/primopiano/so ... -euro.html


L’affascinante reticolo sotterraneo di Napoli, una città nella città, attira i turisti e appassiona gli archeologi: labirinti tufacei, storia e arte che s’intrecciano, angoli di rara bellezza spesso aperti al pubblico. Ma da oggi – incredibile ma vero – il sottosuolo della città del Vesuvio è in vendita al miglior offerente.

Già, proprio così: il Governo, per effetto del federalismo demaniale, cederà ventitré cavità, ex ricoveri antiaerei della seconda guerra mondiale. E quel che è ancora più incredibile è che la base d’asta è a portata di portafogli: si parte da appena un euro. La scoperta è del quotidiano “Terra” e porta in dote la reazione, preoccupata, dei geologi, che mettono in guardia dai rischi concreti di speculazione.

Qualcuno è già ingolosito dalla possibilità di far suo un pezzo sotterraneo della municipalità di Chiaia-Posillipo (dove si concentra la maggior parte delle cavità in vendita): l’elenco dei beni demaniali è disponibile sul sito internet dell’Agenzia del Demanio, insieme con quello di altri beni decisamente appetibili, dall’Università in corso Umberto all’Orto Botanico di via Foria.

E intanto sale la protesta dei luminari napoletani: a “Terra”, Franco Ortolani, direttore del Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio dell’Università di Napoli Federico II, mostrano tutte le sue perplessità: «Si tratta di un’operazione, così come è stata prospettata, molto pericolosa. Un’eventuale vendita dovrebbe essere riservata solo ad associazioni serie che da anni valorizzano le cavità con visite guidate e che garantiscono la manutenzione e conservazione».
http://napoli.virgilio.it/primopiano/so ... -euro.html



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MessaggioInviato: 21/08/2010, 14:02 
Un regalo alla camorra
Alessandro De Pascale
http://www.terranews.it/news/2010/08/un ... la-camorra


DENUNCIA. Massimo Sacco, capo della squadra Antirapina della questura, boccia la possibile vendita del sottosuolo di Napoli: «Troppo pericoloso, causerà problemi di ordine pubblico e controllo del territorio».
«Non riusciamo a controllare il suolo di Napoli, figuriamoci il sottosuolo privatizzato. Sarebbe troppo pericoloso. Un problema di ordine pubblico e controllo del territorio». Non usa mezzi termini Massimo Sacco, dirigente della sezione Antirapina e vice questore di Napoli. Il funzionario non ci può credere che il governo con il federalismo demaniale possa mettere in vendita il sottosuolo di Napoli. «Non si contano le volte che siamo dovuti scendere nella città sotterranea per inseguire i ladri».

Del resto quella che i giornali chiamano “Banda del buco”, in realtà è una tecnica usata a Napoli da molti gruppi di malviventi. La loro specialità è sbucare dal sottosuolo per rapinare banche e gioiellerie della città. Spesso usano basi sotterranee e ogni tanto ne compare una nuova che. «Dal sottosuolo arrivano sotto la stanza da rapinare, mettono un grande cric come quelli dei camion, tagliano il pavimento e quando devono fare il colpo lo rimuovono, così da entrare, rubare e scappare dalle gallerie», spiega Sacco.

Il primo colpo con la tecnica del buco, risale addirittura al 1989, quando i ladri rubarono anche il pallone d’oro di Maradona. Un giorno una guardia giurata di una banca trovò un rapinatore appena spuntato dal pavimento del bagno, gli sparò un colpo ferendolo. «Passammo 12 ore sottoterra a inseguire nei diversi tunnel le tracce di sangue lasciate dall’uomo - ricorda il funzionario dell’Antirapina - fino a quando non sbucammo nel retro di un negozio di alimentari della Sanità, in un quartiere distante vari isolati dal luogo del colpo».

Infatti negli anni Ottanta un gruppo di speleologi ha dimostrato che attraverso le gallerie sotterranee è possibile attraversare in lungo la città: da Posillipo fino a Ponticelli. Ma la prima vera mappatura delle immense cavità sotterranee di cui è ricca Napoli, iniziò nel 1968. A esplorarle, una giovane squadra di speleologi, guidata da Clemente Esposito, pagata 100 lire a metro quadro e 200 per ogni pozzo. Registrarono più di 100mila metri cubi di cunicoli e gallerie. In pratica un’altra città sotterranea.

Ma le viscere di Napoli nascondono molto di più rispetto a quanto scoperto finora, visto che secondo le più recenti stime è conosciuta meno della metà del sottosuolo partenopeo. Per non parlare di quello della provincia, quasi del tutto ancora ignoto. La squadra di Sacco nei pressi del cimitero delle Fontanelle, realizzato nel 1656 sotto il quartiere Sanità, dove tuttora giacciono più di 4.000 teschi appartenenti alle vittime delle epidemie di peste e colera che nei secoli hanno colpito la città, ha trovato addirittura un poligono di tiro creato dalla camorra, con tanto di parcheggio sotterraneo.

«Era una galleria lunga e stretta piena di bersagli, armi da guerra, come kalashnikov e mitragliatrici Uzi, ma custodiva anche una montagna di cocaina». I poliziotti dell’Antirapina e dell’Anticamorra sanno da tempo che parte dei tunnel sotterranei, soprattutto quelli non presenti sulle mappe del Comune, vengono da tempo usati dai camorristi per riunirsi, nascondersi, spostarsi e custodire al riparo da occhi indiscreti, armi e soldi. Altri sono pieni di rifiuti e ogni tanto il biogas della loro fermentazione esplode, si aprono delle voragini e il sottosuolo inghiotte i palazzi. «Una volta in una stanza sotterranea accesa la torcia mi resi conto che a terra c’era un tappeto di oro, diamanti e gioielli».

Ma le cavità vengono usate dai latitanti anche per nascondersi. Già nel 1999 gli agenti riuscirono a catturare il boss di Forcella, Carmine Giuliano, solo grazie alla scoperta del suo nascondiglio sotterraneo. Perché quando l’aria si faceva pesante, ‘o Lione dalla sua casa scendeva nelle viscere della terra per sfuggire alle retate. Stessa cosa per il capoclan della Sanità, Raffaele Stolder.

Nel 1991 gli uomini dell’Antidroga vuotarono come un calzino il suo appartamento ma lui si era come volatilizzato. Poco dopo gli agenti trovarono «una finta parete che si apriva con un telecomando e nascondeva una scala che portava in una galleria sotterranea», conclude il vice questore. Cavità che ora potrebbero essere vendute a partire da un euro.
http://www.terranews.it/news/2010/08/un ... la-camorra


Come al solito i nostri politici dimostrano di essere molto attenti alle problematiche dei territori Italiani, e di avere una una profonda conoscenza dell'impatto che loro decisioni possono avere nella realtà delle singole regioni...
Che dire?
Mentre tutto cambia, tutto resta uguale.



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MessaggioInviato: 21/08/2010, 14:49 
Cita:
eSQueL ha scritto:

E qua una seconda [:0]

Bagnasco, monito sul federalismo "Se disgrega è un disvalore"

CITTA' DEL VATICANO - Il federalismo può essere "una ricchezza" solo se "costruisce l'unità". Se invece "disgrega" o "allontana" allora è sicuramente "un disvalore". E' quando dice, in un'intervista all'Osservatore Romano, il cardinale presidente della Cei Angelo Bagnasco, rispondendo a una domanda sul progetto politico federalista che era stato propugnato nell'800 dal beato Antonio Rosmini.
"La molteplicità, in tutti i campi, è una ricchezza se costruisce l'unità - dice Bagnasco -; se invece disgrega e allontana, allora non diventa più un valore ma un disvalore". "Si vorrebbe, a tutti i livelli e in tutti gli ambiti - aggiunge il presidente dei vescovi italiani -, che le specificità delle persone, come delle culture e delle regioni, diventino una ricchezza per il bene dell'insieme, un bene che deve essere reale per tutti".

Dal cardinale giunge anche una severa critica ai media. Che trasmettono "modelli culturali dominanti che possono impoverire la fede". E anche i cattolici, osserva Bagnasco, "sono chiamati a fare i conti con la crisi dei valori, perchè certe forme culturali dominanti che si respirano attraverso i mezzi di comunicazione, attraverso modelli di comportamento, toccano e possono toccare tutti: credenti e non credenti, cattolici e non cattolici; nessuno è esente da questo clima di possibile contaminazione che potrebbe impoverire strada facendo la fede, ma soprattutto il comportamento degli stessi cristiani".

(20 agosto 2010)

http://www.repubblica.it/politica/2010/ ... e-6395606/


Hola !!!!! Finalmente un prete credibile. [:D]
E' la scoperta dell' acqua calda, è ovvio che qualsiasi riforma se gestita male puo portare danni.
Magari cominciamo con questo.

Il Federalismo fiscale è legge. La legge n.42 del 5 maggio 2009, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 6 maggio 2009, entrerà in vigore il 21 maggio prossimo.

Il disegno di legge n. 1117-B, collegato alla manovra finanziaria, recante delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'articolo 119 della Costituzione era stato approvato in via definitiva dal Senato con 154 voti favorevoli, 6 contrari e 87 astenuti nella seduta del 29 aprile 2009. Le dichiarazioni di voto finali hanno confermato l'ampio consenso delle forze politiche intorno ad una riforma ampiamente modificata rispetto alla stesura originaria.

Principi fondamentali del federalismo fiscale sono - da una parte - il coordinamento dei centri di spesa con i centri di prelievo, che comporterà automaticamente maggiore responsabilità da parte degli enti nel gestire le risorse. Dall'altra parte, la sostituzione della spesa storica, basata sulla continuità dei livelli di spesa raggiunti l'anno precedente, con la spesa standard.

Il federalismo fiscale per diventare operativo necessita di una serie di provvedimenti che si snodano nell'arco di 7 anni: 2 anni per l'attuazione e 5 di regime transitorio. La legge prevede innanzitutto l'istituzione di una commissione paritetica (DPCM 3 luglio 2009) propedeutica per definire i contenuti dei decreti attuativi che dovranno essere predisposti entro 2 anni dall'entrata in vigore della legge.

E' prevista anche una commissione per il coordinamento della finanza pubblica da istituire con uno di questi decreti. La commissione avrà carattere permanente e opererà in seno alla conferenza unificata.

Il finanziamento delle funzioni trasferite alle regioni, attraverso l’attuazione del federalismo fiscale, comporterà ovviamente la cancellazione dei relativi stanziamenti di spesa, comprensivi dei costi del personale e di funzionamento, nel bilancio dello Stato.

A favore delle regioni con minore capacità fiscale - così come prevede l'art.119 della Costituzione - interverrà un fondo perequativo, assegnato senza vincolo di destinazione.

Il federalismo fiscale introduce un sistema premiante nei confronti degli enti che assicurano elevata qualità dei servizi e livello di pressione fiscale inferiore alla media degli altri enti del proprio livello di governo a parità di servizi offerti. Viceversa, nei confronti degli enti meno virtuosi è previsto un sistema sanzionatorio che consiste nel divieto di fare assunzioni e di procedere a spese per attività discrezionali. Contestualmente, questi enti devono risanare il proprio bilancio anche attraverso l’alienazione di parte del patrimonio mobiliare ed immobiliare nonché l’attivazione nella misura massima dell’autonomia impositiva. Sono previsti anche meccanismi automatici sanzionatori degli organi di governo e amministrativi nel caso di mancato rispetto degli equilibri e degli obiettivi economico-finanziari assegnati alla regione e agli enti locali, con individuazione dei casi di ineleggibilità nei confronti degli amministratori responsabili degli enti locali per i quali sia stato dichiarato lo stato di dissesto finanziario.

Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Bari, Napoli e Reggio Calabria diventeranno città metropolitane, contestualmente la provincia di riferimento cessa di esistere e sono soppressi tutti i relativi organi a decorrere dall'insediamento della città metropolitana.

Roma Capitale è un ente territoriale, i cui attuali confini sono quelli del comune di Roma, e dispone di speciale autonomia, statutaria, amministrativa e finanziaria, nei limiti stabiliti dalla Costituzione.

L’attuazione del federalismo fiscale deve essere compatibile con gli impegni finanziari assunti con il patto di stabilità e crescita.




Roma - Il titolo è «un po’ ironico, un po’ serio», premette Michele Santoro. Bugia che il gran buio dello studio non basta a nascondere, perché il titolo ricalca con malizia feroce un film di successo a Cannes e nelle sale, «il Profeta»: storia dura di un giovane che fa carriera in carcere partendo come «servo» di un boss corso. Ma si sa: quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare e in campo ieri sera ad Annozero c’è un Giulio Tremonti tonico e pronto alla battuta di spirito come a quella di peso. Così provvede subito ai puntini sulle «i»: «Prevedo il futuro? Difficile, meglio cercare di far capire il presente».

Il ministro non molla la guardia un attimo: s’aspetta che Santoro le provi tutte per «mettermi in difficoltà». «Non c’è manovrina, mi dispiace deluderla», rintuzza al primo round. E affonda con il temibile gancio destro: «Lo dico soprattutto in virtù dei suoi elevati redditi...». È capace di prevenirlo (un po’ profeticamente), regala «colpi di buonsenso e intelligenza » a conduttore e ospiti della serata, in parti uguali. A cominciare dall’onnipresente Gad Lerner, la cui lunga esposizione socio-ideologica - «la sta buttando in politica», avverte il ministro- finisce polverizzata: «Sembra di stare sul lettino dello psicanalista».

Sotto il bulldozer finirà anche Marco Travaglio, che alla fine del suo sermoncino si sente investire dalla domanda «innocente » del professore, ormai a suo agio, perfido come si conviene: «Mi scusi, Santoro, ma non l’avevate licenziato? Avevo sentito di un divorzio fra voi due...». Ma se Michele batte e ribatte sul chiodo della crisi economica (replica: «Guardi che lo so che c’è la crisi, non è uno scoop, ma la nostra logica di contenimento ha funzionato e andremo avanti così»), la pietanza più piccante della puntata è il federalismo fiscale, la riforma delle riforme.

Il ministro dell’Economia, vero crocevia dei costi di attuazione, spiega senza peli sulla lingua perché «il federalismo o è fiscale o non è». E chiarisce: «Oggi siamo di fronte a un meccanismo che non sta in piedi, peggio che irresponsabile. Un sistema nel quale i poveri delle regioni ricche finanziano i ricchi delle regioni povere ».

Situazione antica, esplosa però per colpa della riforma del titolo quinto della Costituzione «voluta dal governo di sinistra, che ha regalato alle Regioni un enorme potere di spesa senza alcun dovere di presa». Errore fatale: la nostra finanza statale ne è uscita a pezzi, essendosi alimentatala possibilità,daparte degli enti locali, di spendere «in maniera dissennata», senza alcun controllo. Men chemenodaparte dei cittadini, conilvotochepunisceamministratori irresponsabili, inefficienza e spese folli. Proprio per il suo effetto «moralizzatore» Tremonti consideraessenzialeilfederalismofiscale. «Moralizzi la spesa e la rendi efficiente, sottoponendola al controllo dei cittadini, anche nel caso che, incassando poco localmente sia costretto a spendere molto ».
Il secondo effetto benefico della riforma sarà, dice il ministro, la «riduzione dell’evasione fiscale che è pari al Nord e al Sud». Difficile poter scovare la gran mole di cittadini italiani che, «in maniera illogica», dichiarano quasi nulla al fisco ma vivono alla grande. Tanto che «gli italiani sono più ricchi dell’Italia ». Comuni, Province, Regioni hanno invece tutto l’interesse a ridurre l’evasione fiscale: «Con otto milioni di partite Iva non bastano infatti solo gli uffici centrali e statali, serve anche il pilastro locale e quello dei comuni, che meglio conoscono la realtà economica».

Il Paese, aggiunge Tremonti, continua a essere «due volte diviso: un Centro-Nordche se la batte con le regioni più ricche d’Europa e un Sud che invece va indietro. Ma noi vogliamo tenerlo unito». Il ministro rintuzza le accuse sull’eventuale aumento del «gap» tra la parte povera e quella ricca del Paese e rassicura: l’avvento del federalismo fiscale «non sarà improvviso, violento, squilibrato, autoritario». E la riforma sarà attuata in «menodi dieci anni». Anzi, i primi decreti li vedremo «già entro quest’anno », e andranno a modificare anche il «patto di stabilità ».

Un meccanismo «cambiato da Prodi», non manca di ricordare Tremonti, diventando così «patto di stupidità». Le proteste di alcuni sindaci del Nord hanno mostrato «poco buonsenso: fare casino non risolve i problemi, non consiglio questo metodo». Per una volta, anche la macchina da guerra di Santoro fa cilecca.

La vera svolta sarà la definizione dei famosi "costi standard". Per garantire l’autonomia di entrate e spese a Regioni ed Enti Locali e decidere i livelli di perequazione si passerà in maniera progressiva dal criterio della spesa storica a quello del costo standard per garantire che i servizi fondamentali costino e siano erogati in maniera uniforme sul territorio nazionale. Il costo standard consentirà di determinare, per ciascun livello di governo, il fabbisogno di cui necessita un’amministrazione e quindi l’eventuale trasferimento perequativo cui avrà diritto in caso di entrate fiscali insufficienti a garantire i servizi. Ma non finisce qui.

Si punta a un calo complessivo della pressione fiscale. Con i decreti attuativi dovrà essere "garantita la determinazione periodica del limite massimo della pressione fiscale, nonché del suo riparto tra i vari livelli di governo". Il governo si è impegnato a fare in modo che con i decreti attuativi non si superi il livello massimo di pressione fiscale fissato nel Dpef e che entro i due anni successivi alla data in vigore dei Dlgs questa non superi il 42% e il 40% nei tre anni che seguono il primo periodo. Insomma, il federalismo fiscale sta per entrare nel vivo. Una manna anche per la campagna elettorale del Carroccio in vista delle Regionali.
Esso è sempre riferito ad una specifica realtà aziendale, con determinate caratteristiche funzionali, per un periodo di tempo stabilito. Il costo standard, in sede previsionale (en:Forecast), è frutto di una stima verificabile solo a posteriori e/o è determinato sulla base di congetture assunte a priori. In sede consuntiva invece c'è il costo effettivo, che è il costo analitico esatto e che puo' cambiare per molteplici motivi durante la produzione. Dal confronto (differenza) fra costo standard e costo effettivo possono emergere scostamenti più o meno significativi, che vanno sottoposti ad analisi (c.d. analisi degli scostamenti).

Perché usare il costo standard
Ci sono diversi vantaggi nell'uso del costo standard anziché il costo effettivo:

Il costo standard è base per il controllo delle performance. I risultati di unità organizzative, il costo del venduto, le prestazioni di un manager possono essere misurate in confronto con il costo standard.

Il costo standard fornisce un costo mediato a fronte di cambiamenti puntuali nel processo produttivo in materiali, modalità di assemblaggio, mano d'opera.
Per esempio in un reparto produttivo ci sono operai con differente anzianita' e le loro retribuzioni possono essere differenti. Se essi sono impegnati indifferentemente sulla medesima linea di montaggio assumo come costo orario per tutti gli operai il costo orario standard.

Il costo standard semplifica notevolmente le registrazioni e i rilevamenti per la contabilità industriale: nell'esempio precedente, non devo acquisire e tracciare il nome dell'operaio che ha realmente lavorato e calcolare il relativo costo orario in base al diverso costo aziendale del suo stipendio: assumo che il costo orario della mano d'opera sia uguale per tutti. Spesso si utilizza il costo standard perché non sarebbe economicamente conveniente rilevare i costi effettivi.

Inoltre, per valorizzare il magazzino semilavorati viene evitata la fase precedente e, nel contempo, l'esame delle fatture dei fornitori, per sapere il prezzo esatto dei grezzi e finiti di acquisto effettivamente utilizzati per realizzare il semilavorato. Tutti gli scarichi del magazzino sono valorizzati allo stesso prezzo, che viene modificato se cambia il processo produttivo o se cambiano i prezzi correnti di mercato delle materie prime.
Il semilavorato è valorizzato in base a un costo orario medio della manodopera, a una quantità media che tiene conto di un rendimento effettivo/teorico annuale dei centri di costo, e a un prezzo a media mobile degli acquistati necessari, aggiornato annualmente.

Il costo standard è riaggiornato periodicamente. Per costi stabili, può essere determinato in base ai dati consuntivati in un periodo di tempo significativo. Se ci sono delle aspettative di cambiamento dei costi, il costo standard può recepire il costo atteso nel futuro. Solitamente è calcolato in contemporanea al budget, spesso su base annuale. Dal budget il costo standard mutua una delle sue più importanti funzioni, che è quella di realizzare un certo grado di motivazione negli operatori che saranno ritenuti responsabili del raggiungimento o meno dello standard prescelto. Uno standard troppo, o troppo poco, ambizioso potrebbe dare o togliere motivazione all'impegno lavorativo, a seconda della situazione psicologica del personale che con tale standard andrà a confrontarsi: manager molto ambiziosi saranno motivati nel primo caso, demotivati nel secondo (e viceversa). Ma anche cambiamenti importanti all'interno dell'azienda o del mercato delle materie prime possono forzare aggiornamenti del costo standard più brevi di quanto previsto.

Il costo standard è solitamente usato nei budget operativi, e permette di fare analisi di scostamento del costo effettivo, analizzarne le motivazioni e mettere in pratica eventuali azioni correttive

Il costo standard è una metodologia nell’ambito dei progetti di product costing che permette di valorizzare il costo di produzione di un prodotto finito o di un suo componente, sia semilavorato che acquistato. Ogni materiale può essere un make oppure un buy. I prodotto make sono associati ad una distinta base e a un ciclo di produzione. Il costo standard utilizza una logica dell’MRP che utilizza l’anagrafica del materiale e altri due documenti associati ad ogni prodotto finito: la distinta base di produzione e il ciclo di lavorazione/montaggio in stato rilasciato. Le transazioni del calcolo costi esplodono la distinta base e calcolano il prezzo finale del prodotto in questo modo:

-per gli acquistati, che non hanno né ciclo né distinta base, il costo è pari al prezzo del fornitore, generato in automatico dal Sistema Informativo in base a un’analisi delle serie storiche , come una medie pesate degli Ordini di Acquisto del codice chiusi e di quelli ancora in scadenza, oppure imposto a mano, a partire da un’indagine di mercato e da un proprio listino prezzi delle forniture;

-per i componenti della distinta fatti in casa, viene esplosa la porzione di distinta sottostante: il costo sarà pari al prezzo degli acquistati (grezzi e finiti d’acquisto) più il costo di trasformazione, che monetizza le ore di lavorazioni e montaggi necessarie.

Il costo di trasformazione di un materiale è dato da quello per i singoli centri di costo, che è il prodotto di un parametro orario specifico del centro per il totale ore necessarie. L’azienda definisce dei Centri di Costo (CdC) con una relativa tariffa oraria che include tutti i costi diretti, ossia i costi che variano con la quantità prodotta, che sono:

- l’energia;
- il lavoro diretto (non gli impiegati e la struttura amministrativa);
- l’ammortamento annuo (o il costo di noleggio) iscritto a bilancio, di macchinari e attrezzature.
- i materiali indiretti e le ore indirette, per la manutenzione ordinaria e a guasto degli impianti.
Semplificando, un centro di costo può essere un gruppo di macchine oppure un ente organizzativo (funzione aziendale), e dipende dai processi della singola azienda. Il parametro orario applicato è aggiornato periodicamente alla luce delle variazioni di prezzo dei fattori di produzione.

Il ciclo produttivo è una sequenza di operazioni o fasi, di lavorazione o montaggio, alle quali viene assegnata una macchina (un centro di costo), un tempo di set-up e un tempo ciclo. Il tempo di attrezzaggio (set-up), necessario a preparare il macchinario prima della produzione, è ripartito per un lotto minimo o per un lotto ottimale di produzione che è indicato come proprietà anagrafica di ogni materiale. Il tempo totale di una fase è dato dalla somma di tempo ciclo e di set-up, diviso per il lotto.

Quindi, per ogni componente make:

- si calcolano le ore totali per centro di costo, come somma di set-up e tempi ciclo di tutte le operazioni che utilizzano un dato macchinario/centro di costo;
- si moltiplica per il parametro orario specifico del centro di costo, aggregando i risultati.
Il totale ore del centro di costo può essere aumentato tenendo conto del trend del momento, dell’efficienza che il centro di costo manifesta come rapporto fra le ore preventivate nei cicli e negli ordini di lavoro in corso di produzione, e quelle effettivamente impiegate per le lavorazioni.

Il costo standard non tiene conto di alcuni elementi quali:

- una percentuale di scarti, legata alla variabilità naturale del processo produttivo;
- il learning, o economia di apprendimento, che è il maggior numero di ore necessario all’avvio di una produzione, destinato a decrescere con la quantità prodotta.
Il costo totale può essere lo standard, maggiorato con dei correttivi che valorizzano questi elementi.


Il costo standard è anche uno strumento di pianificazione dei costi. Serve a valorizzare mensilmente i materiali per prodotto/commessa, mentre le ore per centro di costo sono quelli ricavabili dai cicli e dagli ordini di produzione emessi. Lo standard è il riferimento al quale dovrebbe avvicinarsi, a consuntivo, il costo di un prodotto, se il processo produttivo è a regime (cioè in condizione normali,in cui i costi sotto controllo). Se l’azienda è dotata di un sistema di rilevazione delle timbrature, il costo standard diviene un metodo di controllo del costo del lavoro.

Un sistema di rilevazione serve anche nell'officina per rilevare le ore di impegno delle macchine e degli operai diretti, legate alle righe di ordine di lavoro per realizzare un certo materiale. Prima di inziare a lavorare un ordine di produzione o libretto di lavoro, l'operatore con una pistola per codici a barre marca la propria matricola, quella della macchina che inizia ad attrezzare, e digita a sistema il numero di ordine e di riga eseguita, corrispondente a una fase del ciclo di lavorazione o di montaggio del pezzo.

A completamento del costo standard, si effettua l'analisi degli scostamenti, fra standard ed effettivo, per input e output, in termini di volume e di costo unitario. L'analisi degli scostamenti consente ad esempio di isolare le responsabilità del marketing da quelle della produzione, valutare il margine per prodotto e se al limite è realizzato in perdita.

Le ore impiegate in più di quelle previste dallo standard, ossia le ore non a ciclo, sono devianze che vanno causalizzate. Le devianze si dividono prima di tutto in quelle che dipendono dalla produzione, oggetto della misura, o dal sistema di rilevazione delle timbrature. Fra le varianze di produzione vi sono quelle imputabili al prodotto che vanno ad aumentare il prezzo al cliente finale, o caricate su commessa; e quelle spesate come costi della struttura, non imputabili al cliente, ma a inefficienze interne.

L'adozione di una contabilità a costi standard avviene in alternativa ai metodi basati sul costo storico di acquisto. Per aggiornare il costo unitario dei centri di produzione il prezzo dei materiali di acquisto, il costo standard richiede un confronto con altre imprese dello stesso settore in un dato periodo di tempo, sia per l'azienda produttrice che per i suoi fonnitori.

Una contabilità basata sul costo storico di acquisto è orientata ad osservare l'andamento dei costi nel tempo, piuttosto che fra aziende diverse.

Una metodologia a costi standard pone l'enfasi sul benchmark con le altre imprese del mercato e le best practice, introduce l'idea che il costo è un fattore variabile da ridurre se troppo si scosta dalle medie di mercato, al di là del fatto che in passato il costo storico di acquisto sia rimasto a determinati livelli.

L'esempio più esteso di utilizzo della contabilità a costi standard è rappresentato dalla pubblica amministrazione.

La contabilità a costi standard è il criterio adottato per l'assegnazione delle risorse per la spesa sanitaria e il federalismo fiscale. È pure il criterio di controllo della spesa pubblica adottato dalla Corte dei Conti.



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MessaggioInviato: 21/08/2010, 19:17 
Ma guarda un po ... Mi tocca a leggere il "fatto" e "Repubblica" tutti i giorni sul ... Forum! (Parlo da solo!) [8)]



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MessaggioInviato: 22/08/2010, 15:17 
Cita:
[color=blue]Trendsetting/ Sondaggio Swg-Affaritaliani.it: gli italiani non credono nella Padania. Ma al Nord prevale il sì alla secessione
Lunedí 28.06.2010 08:59


Secondo il 55% degli italiani la Padania è un'invenzione. Esiste, invece, per il 42%. Non sa il 3%. E' il risultato di Trendsetting, il sondaggio realizzato da Affaritaliani.it in collaborazione con Swg. Ma la maggioranza degli elettori di Centrodestra (59%) dà ragione a Umberto Bossi e alla Lega. Bocciata anche la secessione del Nord dal resto del Paese: il totale dei favorevoli raggiunge soltanto il 35% (maggioranza però tra gli elettori di Centrodestra). Decisamente contrario all'indipendenza della Padania il 46% del campione rappresentativo della popolazione italiana. Contrario il 17%. Attenzione, però, perché il 61% dei cittadini del Nord appoggia l'ipotesi estrema della secessione. Gli italiani, al contrario, approvano il federalismo, che convince ben il 58% del campione (l'80% al Nord, il 50% al Centro e il 35% al Sud).

IL COMMENTO DI SWG - "Più della metà degli italiani, vigili e attenti alle polemiche soprattutto a quelle di matrice politica, interpellata sul confronto Bossi-Fini, nega l’esistenza della Padania e sostiene trattarsi di un’invenzione. L’esistenza di questa regione riconducibile alla valle del Po, viene negata in maniera inappellabile dall’elettorato di centro sinistra, ma trova un riscontro limitato anche tra gli elettori di centro destra e più di un terzo ne contesta l’esistenza.

Diverso invece appare l’atteggiamento nei confronti del federalismo, verso il quale si dichiara favorevole quasi il 60% degli italiani. La maggior propensione si registra tra chi si dichiara simpatizzante di centro destra e tra chi risiede nelle regioni del Nord dove l’adesione tocca 8 intervistati su 10. Ancora diversa appare invece la questione secessione che raccoglie il favore di circa un terzo degli intervistati, in particolare di quelli residenti al Nord. L’unità del paese sembra difficile da spezzare e mentre si può essere d’accordo nell’applicazione del federalismo non sembra esserci spazio per intraprendere la via della secessione auspicata dalla Lega".

<font color="teal">NOTA INFORMATIVA AI SENSI DELL’ART. 2 DELLADELIBERA N. 153/02/CSP DELL’AUTORITA’ PER LE GARANZIE NELLE COMUNICAZIONI
Soggetto realizzatore: SWG Srl-Trieste
Committente e acquirente: Affaritaliani.it
Data di esecuzione: 24-25 giugno 2010
Tipo di rilevazione: sondaggio online CAWI su un campione nazionale stratificato per quote di 1400 soggetti maggiorenni (su 1900 contatti)
Il documento completo è disponibile sul sito: sondaggipoliticoelettorali.it</font id="teal">
[/color]


http://www.affaritaliani.it/politica/padania_sondaggio_swg_secessione250610.html

http://www.affaritaliani.it/static/upl/aff/affari-italiani-rel-14.pdf


Un altro sondaggio invece

Cita:
Lega/ Mannheimer (ISPO) ad Affaritaliani.it: meno del 10% dei cittadini del Nord vuole la Padania indipendente
Martedí 22.06.2010 09:56

"Soltanto il 10 per cento - o forse anche meno - dei cittadini del Nord, Emilia Romagna esclusa, è favorevole alla secessione e alla creazione della Padania come stato indipendente". Lo rivela ad Affaritaliani.it il presidente dell'ISPO Renato Mannheimer. "All'interno degli elettori della Lega, il 40% circa vuole staccarsi dal resto dell'Italia. Il sentimento secessionista è più forte in Veneto, seguono Lombardia e Piemonte".


vatti a fidare dei sondaggi


Ultima modifica di rmnd il 22/08/2010, 15:21, modificato 1 volta in totale.


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[^]The best quote ever (2013 Nonsense Award Winner):
«Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Early in the morning!»
© Anonymous/The Irish Rovers
http://tuttiicriminidegliimmigrati.com/
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MessaggioInviato: 22/08/2010, 15:29 
I sondaggi purtroppo vanno anche interpretati.
Meglio comunque fidarsi relativamente di percentuali e numeri quando vengono proposti senza un adeguata contestualizzazione...



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MessaggioInviato: 22/08/2010, 17:05 
bossi al nord..
si vuole mettere in proprio..


http://www.corriere.it/politica/10_agos ... aabe.shtml
MILANO - «Bisogna andare al voto comunque». Umberto Bossi non lascia spazio ad alternative: dopo lo strappo dei finiani, e le continue tensioni nella maggioranza, il Senatur torna a evocare il ricorso alle urne.



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https://roma.corriere.it/notizie/politi ... 0b7e.shtml
Conte ripercorre le tappe della crisi: «Vorrei ricordare che con la parlamentarizzazione della crisi la Lega ha poi formalmente ritirato la mozione di sfiducia, ha dimostrato di voler proseguire, sono stato io che ho detto “assolutamente no”perché per me quell’esperienza politica era chiusa».


http://www.lefigaro.fr/international/mi ... e-20190923
il stipule que les États membres qui souscrivent à ce dispositif de relocalisation des personnes débarquées en Italie et à Malte s’engagent pour une durée limitée à six mois - éventuellement renouvelable. Le mécanisme de répartition serait ainsi révocable à tout moment au cas où l’afflux de migrants vers les ports d’Italie et de Malte devait s’emballer.
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MessaggioInviato: 22/08/2010, 17:15 
Cita:
mik.300 ha scritto:

bossi al nord..
si vuole mettere in proprio..


http://www.corriere.it/politica/10_agos ... aabe.shtml
MILANO - «Bisogna andare al voto comunque». Umberto Bossi non lascia spazio ad alternative: dopo lo strappo dei finiani, e le continue tensioni nella maggioranza, il Senatur torna a evocare il ricorso alle urne.


E' la cosa più democratica da fare. Se non c' è più la maggioranza, la parola deve tornare alla gente.



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MessaggioInviato: 22/08/2010, 17:34 
E non in mano ai cosiddetti .."tecnici" (che poi, tecnici non sono ...), ma tutto sarebbe in mano di Napolitano; ma se fa come Scalfaro ....[8D]



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MessaggioInviato: 22/08/2010, 18:28 
Cita:
Ufologo 555 ha scritto:

E non in mano ai cosiddetti .."tecnici" (che poi, tecnici non sono ...), ma tutto sarebbe in mano di Napolitano; ma se fa come Scalfaro .... [8D]

Se continuano a trattarlo per come lo trattano, forse se fa come Scalfaro lo fa anche un pò per ripicca [8D]


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MessaggioInviato: 22/08/2010, 18:30 
l`esistenza di una maggiornaza va verificata in parlamento..

se non esiste si va al voto.
se esiste si continua la legislatura..

poi gli elettori giudicheranno..

la costituzione statuisce questo.
se non piace la cambiassero,
(2/3 parlamentari + doppia lettura
o maggioranza assoluta + doppia lettura
e referendum confermativo)

-> ma per intanto..



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https://roma.corriere.it/notizie/politi ... 0b7e.shtml
Conte ripercorre le tappe della crisi: «Vorrei ricordare che con la parlamentarizzazione della crisi la Lega ha poi formalmente ritirato la mozione di sfiducia, ha dimostrato di voler proseguire, sono stato io che ho detto “assolutamente no”perché per me quell’esperienza politica era chiusa».


http://www.lefigaro.fr/international/mi ... e-20190923
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