tutta l'area di 20 km di diametro è una enorme caldera vulcanica. Se pensi che eruzioni, al confronto piccole, come quella del Tambora ad esempio hanno causato sconvolgimenti climatici globali
Cita:
L'anno senza estate, conosciuto anche come l'anno della povertà e Eighteen hundred and froze to death (1800 e si moriva di freddo nei paesi di lingua inglese), fu il 1816, anno durante il quale gravi anomalie al clima estivo distrussero i raccolti nell'Europa settentrionale, negli stati americani del nord-est e nel Canada orientale[1]. Lo storico John D. Post lo ha battezzato "l'ultima grande crisi di sopravvivenza nel mondo occidentale".
Oggi si ritiene che le aberrazioni climatiche furono causate dall'eruzione vulcanica del Tambora, nell'isola di Sumbawa dell'attuale Indonesia (allora Indie orientali olandesi), avvenuta dal 5 al 15 aprile 1815, eruzione che immise grandi quantità di cenere vulcanica negli strati superiori dell'atmosfera. Il vulcano Soufrière nell'isola di Saint Vincent nei Caraibi nel 1812, e il monte Mayon nelle Filippine nel 1814, avevano già eruttato abbondanti polveri e gas pesanti nell'atmosfera. Come è comune a seguito di grandi eruzioni vulcaniche, la temperatura globale si abbassò poiché la luce solare faticava ad attraversare l'atmosfera. Tali fenomeni si sovrapposero ad un periodo in cui si verificò il minimo di Dalton, durante il quale si ritiene che il Sole abbia emanato meno energia. In quel periodo, inoltre, era ancora in corso la cosiddetta piccola era glaciale, periodo di raffreddamento generale del pianeta che, dal medioevo, si protrasse fino al 1850.
Cita:
L'eruzione del Tambora del 1815 fu l'eruzione vulcanica più potente mai registrata in epoca storica, con VEI pari a 7.
Il monte Tambora si trova sull'isola di Sumbawa nell'odierna Indonesia, allora facente parte delle Indie orientali olandesi.[1] Sebbene l'eruzione avesse raggiunto un violento climax il 10 aprile 1815,[2] nel corso dei successivi sei mesi, fino a tre anni dopo, ci fu un incremento di vapore e avvennero piccole eruzioni freatiche. La cenere proveniente dalla colonna eruttiva si disperse in tutto il mondo e abbassò le temperature globali, facendo del 1816 il cosiddetto "anno senza estate".[3] Questo breve periodo di cambiamenti climatici significativi innescò fenomeni meteorologici estremi e scarso raccolto in molte aree del mondo. Numerosi forzanti radiativi coincisero e interagirono in modo tanto sistematico che non si era mai osservato dopo nessun'altra grande eruzione vulcanica dall'inizio dell'Età della pietra.
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L'eruzione del 1815 è stata, a detta dei vulcanologi, una delle più potenti, almeno dalla fine dell'ultima Era glaciale; l'emissione di ceneri fu, quantitativamente, circa 100 volte superiore a quella dell'eruzione, pur rilevante, del monte Sant'Elena del 1980, e fu maggiore anche di quella della formidabile eruzione del Krakatoa del 1883.
Le stime sulla quantità di materiale eruttato variano considerevolmente: dagli improbabili 1000 km³ ai probabili 100–175 km³, con ~25 km³ di ignimbrite piroclastica. Il tasso di flusso di massa è compreso in un range tra 5×105 - e 8×106 m³/s. Il volume del cono sommitale andato perduto doveva essere pari ad almeno 30 km³.[4][9][10] La densità delle ceneri cadute a Makassar era di 636 kg/m³.[11] L'eruzione ha immesso nella stratosfera 60-80 milioni di tonnellate di anidride solforosa, ovvero 3-4 volte la quantità della medesima dell'eruzione del Pinatubo nel 1991, che pure è stata la più grande eruzione del XX secolo. Nella statosfera la sostanza si ossida e forma acido solforico, il quale si condensa formando piccole goccioline di aerosol di solfato. Questo oscura la luce solare ed è la causa primaria del sconvolgimento climatico su scala globale che seguì negli anni successivi. La circolazione tropicale favorisce ulteriormente la sua diffusione su scala planetaria.[12] La camera magmatica è stata svuotata provocando il collasso del cono simmetrico del vulcano, alto fino a 4300 m; ne resta una caldera immensa di 6–7 km di diametro e 1300–1400 m di profondità; la sua altezza minima è di ~2300 m sul lato sud-orientale, quella massima di ~2850 m su quello orientale; ne consegue che il vulcano ha perso la bellezza di ben 1300–2000 m d'altezza sul livello del mare. Con questi incredibili numeri, l'eruzione del 1815 è una delle poche VEI-7 avvenute a memoria d'uomo.
Le esplosioni terminarono il 15 luglio, ma emissioni di vapore e nubi di cenere vennero osservate fino al 23 agosto. Fiamme e forti scosse di assestamento, invece, furono testimoniate ad agosto 1819, quattro anni dopo l'evento principale, e se ne possono considerare come delle propaggini finali.
La vegetazione dell'isola di Sumbawa è stata interamente distrutta da cenere, colate piroclastiche; alberi sradicati sono stati trasportati con forza nelle acque formando zattere fino a 5 km di diametro.[4] Una zattera di pomice è stata rinvenuta nell'Oceano Indiano, vicino a Calcutta, tra l'1 e il 3 ottobre 1815.
Cita:
L'eruzione ha provocato il collasso della sommità lasciando una gigantesca caldera tra i 6–7 km di diametro, 1300–1400 m circa di profondità e l'altezza massima di 2850 m s.l.m.
puoi immagianre cosa può provocare l'eruzione (anche non esplosiva) di una caldera tanto grossa.