L’intelligence israeliana ha scoperto un’operazione segreta pianificata da Hezbollah sulle alture del Golan. Un’assembramento di sciiti libanesi che coinvolge miliziani locali che sono stati dotati di armi e missili è stato intercettato sulle alture dal lato siriano. Ora il presidente Benjamin Netanyahu preme affinché gli Stati Uniti riconoscano (e supportino) la sovranità di Israele sul territorio “cuscinetto” per sventare questa nuova minaccia rivolta allo Stato ebraico.
“Hezbollah starebbe puntando al Golan siriano” secondo quello che è già stato rinominato“Golan File”, è quanto sostiene l’intelligence dell’Israel Defence Force che ha scoperto un’operazione segreta mossa da Hezbollah, che avrebbe creato una nuova milizia locale, già armata e addestrata, pronta ad usare contro Israele missili come quelli schierati in Libano.
L’operazione sarebbe avvenuta sotto la copertura del governo siriano presieduto da Bashar al-Assad, che avrebbe permesso, o non avrebbe notato, il reclutamento di centinaia di uomini che vivono nel Golan siriano, addestrati nell’impiego di missili anticarro e riforniti esplosivi, mitragliatici e altri tipi di armi leggere.
Secondo l’intelligence israeliana Hezbollah non sarebbe riuscita a trasferire armi più sofisticati a causa dei continui raid dell’aeronautica israeliana che hanno interrotto con successo le linee di rifornimento della milizia, ma le informazioni acquisite dimostrerebbero comunque la minaccia mossa da questa nuova milizia trincerata sulle alture a ridosso della cosiddetta “Bravo line” – oltre la zona demilitarizzata del Golan conquistato da Israele nel 1967 e annesso nel 1981.
Ora il premier Netanyahu spera che il presidente americano Donald Trump riconosca la sovranità di Israele durante l’incontro che si terrà a Washington alla fine di questo mese, per lanciare – probabilmente – un’operazione che sventi la minaccia o lanciare solamente un messaggio ad Hezbollah.
Il “Golan File” dimostra come siano intrecciate le attive le milizie sciite che operano in Libano, Siria, Iraq, e come a capo di questa operazione “segreta” sia il comandante Abu Hussein Sajid, comandate della prima ora di Hezbollah, particolarmente attivo sul fronte libanese poi inviato in Iraq nel 2006, dove condusse azioni di guerriglia contro le truppe americane. Catturato nel 2007 dopo un attacco che provocò la morte di cinque marines, venne rilasciato dal governo di Baghdad nel 2012 per tornare immediatamente a militare nelle fila armate di Hezbollah.
Secondo l’intelligence dell’Idf, il sospetto che fin dal 2016 sia lui il capo delle attività nel Golan è più che fondato. Con il nome di battaglia Ali Mussa Daqduq, Sajid si sarebbe mosso più volte dal suo quartiere generale a Beirut ad un’altro posto di coordinamento nella capitale siriana di Damasco. L’intelligence avrebbe informazioni secondo cui Hezbollah avrebbe inoltre esteso e stretto rapporti anche con le milizie sciite irachene, attraverso leader come Akram al-Kaabi di Harakat al-Nujaba (nella lista nera Usa) e Qais al-Khazali di Asaiib Ahl al-Haq, entrambe milizie armate islamiste che hanno minacciato apertamente Israele.
La zona cuscinetto nelle alture del Golan, prima controllate dai caschi blu e ora abbandonate dall’Onu dopo la ritirata del 2014 per evitare di cadere nelle mani dei ribelli jhiadisti, rischiano così di diventare un fronte estremamente caldo data la prossimità con i confini israeliani e il crocevia di nemici dello Stato ebraico che sembrano aver risposto ad un’adunanza.
Secondo il Netanyahu, l’unica strada è quella di riconoscere la sovranità israeliana di quest’area non più controllata dall’Onu, per impedire che i nemici di Israele possano stabilirvisi e compiere altri attacchi come avvenuto in passato. Il premier israeliano avrebbe già incassato nei giorni scorsi l’appoggio del senatore repubblicano Lindsey Graham, che intende presentare una proposta di legge al Congresso. Un primo segnale dell’apertura alle rivendicazioni israeliane sarebbe arrivato già ieri quando in un documento del dipartimento di Stato Golan e Cisgiordania sono stati per la prima volta definiti “territori controllati da Israele” e non più “occupati da Israele”.
Dopo lo spostamento dell’ambasciata americana a Gerusalemme l’amministrazione Trump potrebbe essere prossima ad un secondo importante riconoscimento per l’alleato israeliano, non privo di conseguenze per gli equilibri regionali e per gli eventuali scenari che potrebbe provocare un dispiegamento di forze dell’Idf sul Golan, se questa “milizia segreta” non accorresse all’immediata ritirata una volta appresa la decisione.
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