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Abbiamo chiesto a Giuseppe Novelli, professore di genetica medica all’Università di Roma Tor Vergata, che ha fatto da consulente agli investigatori nel caso della tredicenne di Brembate, di ricostruire le tappe di questa lunga indagine e spiegare come si è arrivati all’identificazione del presunto colpevole grazie alla genetica.
Professor Novelli, qual è stato il passo iniziale, nel caso di Yara?
Si è partiti, come in tutti i casi, dalla repertazione del Dna. Sono state individuate le tracce biologiche sul corpo della vittima. In questo caso si trattava di minuscole macchioline di sangue sulle mutandine della ragazzina. La prima cosa da fare, in questi casi, è confrontare il Dna di queste tracce biologiche con quello delle persone che sono state in contatto con la vittima, familiari e amici, per escludere che si tratti di contatti accidentali.
Se, come nel caso di Yara, il Dna trovato non coincide con quello di nessuno dei contatti e neppure con quello di possibili sospetti, per esempio i frequentatori della palestra in cui la bimba si allenava, si può fare un passo ulteriore: procedere con i prelievi a tappeto su un’intera popolazione. Questo è quanto è stato fatto nella speranza di individuare il proprietario del Dna ritrovato sul corpo di Yara, definito Ignoto 1.
Che cosa è successo a questo punto?
Dalle analisi del Dna di migliaia di persone non è mai emersa una compatibilità totale, ma solo parziale, vale a dire una forte somiglianza. È a questo punto che siamo intervenuti noi come consulenti.
La nostra indicazione è stata di guardare nella famiglia della persona che è risultata avere un Dna molto somigliante ma non identico a quello delle tracce sul corpo di Yara. Anche tra i familiari di questa persona, in un nucleo che comprendeva due figli, oltre alla madre, nessuno è risultato compatibile al 100 per cento.
Il padre (Giuseppe Guerinoni, l’autista di autobus di Gorno, ndr) era morto, quindi era per forza escluso. Dalla marca da bollo su una vecchia patente dell’uomo è stato estratto il Dna, e si è visto che la compatibilità era molto forte. In pratica il segnale andava aumentando.
I calcoli biostatistici, che consentono di stabilire il grado di parentela, ci hanno fatto ipotizzare che l’uomo dovesse essere il padre di Ignoto1. Il che significava che l’uomo doveva avere un figlio illegittimo, non dichiarato e vivente. Per noi era una probabilità superiore al 99 per cento, ma per la prima volta il Dna ci diceva di andare a cercare in una direzione che nessuno pensava ci fosse, sembrava una pista strana, improbabile.
Dopodiché, per essere sicuri che la strada fosse quella buona, è stato deciso di riesumare il cadavere di Guerinoni. Le analisi hanno confermato che il Dna era lo stesso della marca da bollo sulla patente.
Quindi?
A questo punto c’era da trovare il figlio illegittimo. Sono stati analizzati i profili di oltre settecento donne che, in base alle testimonianze, potevano avere avuto un contatto con l’autista.
Lo scopo era trovare la componente materna del Dna per confrontarla con quella del campione. Sono state individuate alcune possibili sospette e per una di esse si è visto che il Dna combaciava, cioè doveva essere la madre di Ignoto1.
A questo punto gli inquirenti hanno identificato il figlio della donna e, con un controllo con l’etilometro fatto nei giorni scorsi, è stata ricavata la sua saliva e quindi il Dna. Da questa esame è risultata la compatibilità totale tra il Dna di Ignoto1 e quello di Massimo Giuseppe Bossetti, la persona fermata.
Qual è la conclusione?
Quello che possiamo concludere è che il signore fermato è il proprietario del campione biologico trovato sul corpo di Yara. Dovrà spiegare agli inquirenti che cosa ci faceva il suo sangue sul corpo della bambina.
Quanto sono sicure queste analisi? Esiste un margine di errore?
Il Dna non sbaglia. Ci può essere un problema quando si trovano tracce miste, o confuse o contaminate. In queste situazioni il calcolo probabilistico può lasciare qualche dubbio, ma non è il caso di Yara.
Fonte:http://scienza.panorama.it/Yara-ecco-come-la-genetica-ha-risolto-il-caso