Strepitoso Travaglio, oggi sul Fatto
Proprietà percepita
di Marco Travaglio
Nell’ora della prova, è cosa buona e giusta che gli
italiani di buona volontà si stringano attorno
all’ormai ex ministro Scajola, venuto
prematuramente a mancare all’affetto dei suoi
cari. La tegola che l’ha colpito non la si augura al peggior
nemico: un impresario edile che lavora col suo governo gli
ha pagato la casa a sua insaputa. Così per scherzo, o per
sfizio, o per dispetto. Anemone aveva 900 mila euro che
gli crescevano e, non sapendo che farsene, ha pensato di
regalargli un appartamento di 180 metri quadri vista
Colosseo (il famoso “mezzanino”) senza dirgli niente. A
tradimento. Ma cribbio, son cose da farsi? Bell’amico. Per
sei anni Scajola ha abitato in una casa convinto di averla
comprata lui. Un caso di proprietà percepita. Lui,
Sciaboletta, andava in giro tutto tronfio e compiaciuto del
suo fiuto per gli affari. Appena incontrava qualcuno,
gonfiava il petto: “Ma lo sai che ho comprato 180 metri
quadri sul Colosseo per 610 mila euro? Ganzo, eh?”. Poi ha
letto i giornali e ha scoperto che qualcuno aveva aggiunto
900 mila euro per fare buon peso. Come Berlusconi:
quando gli aviotrasportavano stock di ragazze nelle sue
residenze, s’illudeva di averle conquistate tutte col suo
charme. Figurarsi la delusione quando ha scoperto che
erano escort e, dietro la porta, c’era sempre un Giampi
Tarantini che le pagava per il disturbo 1000-2000 euro,
inclusa l’indennità rischio. Dall’utilizzatore finale di
mignotte all’utilizzatore finale di case. “Se scopro chi è
stato – si è detto Scajola – gli faccio un culo così!”. Poi ha
letto che era Anemone, quello dei lavoretti a casa
Balducci, dei massaggi a Bertolaso, insomma dei Grandi
Eventi. All’improvviso la vita gli è apparsa sotto un’a l t ra
luce. Ha preso ad aggirarsi per casa sua (si fa per dire)
scrutando con occhio sospettoso qualunque oggetto lo
circondasse: quadri, elettrodomestici, mobili e
soprammobili, temendo li avesse comprati qualcun altro
alle sue spalle. Interrogava divani e poltrone: “Siete miei o
di Anemone? Parlate, perdio!”. Torchiava la lavatrice:
“Confessa, passeggiatrice, chi ti ha pagata?”. Non poteva più
fidarsi nemmeno della play station e la bistrattava a brutto
muso, come Michelangelo con la Pietà: “Perché non parli?
Sei mia o di chi sei?”. Il momento più drammatico è stato il
faccia a faccia con la cassaforte, dove il ministro tiene un
po’ di argent de poche: “Di chi saranno questi soldi?
Vuoi vedere che qualche ladro mi ci ha nascosto la
refurtiva per incastrarmi?”. Gli è pure tornata alla
mente la volta che trovò la serratura forzata e temette
una rapina, ma non mancava nulla. Per forza. I ladri,
quando passano da lui, non asportano: importano.
Lasciano sempre lì qualcosa. Per giorni e giorni, in
totale solitudine (nemmeno gli avvocati e i portaborse
potevano credere alla storia della proprietà percepita),
ha riflettuto sul da farsi e sul da dirsi, preparando
l’autodifesa. Ma gli mancavano le parole. Infatti il
primo giorno ha detto: “Non posso parlare, c’è il
segreto istruttorio”. Come se un politico accusato di
rubare potesse difendersi dicendo: “È un segreto”. Il
secondo giorno ha tuonato: “Non mi lascio intimidire”
(da 80 assegni, poi…). Ma il meglio l’ha dato ieri nella
conferenza stampa senza domande: “Un ministro non
può sospettare di abitare un’abitazione pagata, in
parte, da altri”. Aveva anche pensato di abitare
l’abitazione per la sola parte pagata da lui: un terzo di
cucina, un terzo di soggiorno, un terzo di bagno, ma il
problema era la doccia. Non restavano che le
dimissioni. Fosse vivo Feydeau, acquisterebbe i diritti
sulla storia per cavarne un vaudeville travolgente:
“Casa Scajola”. Trama: la moglie del ministro rincasa e
sorprende il marito a letto con un’altra; lui, anziché
sfoderare il classico “cara, non è come tu pensi”,
pistolinia la tipa sbalordito e sdegnato: “Signorina, che ci
fa lei nel mio letto? Ma come si permette? Non si
vergogna di infilarsi fra le mie lenzuola a mia insaputa?
Un ministro non può sospettare di abitare un letto
popolato, in parte, da altre”. E se ne va brontolando.
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