Cita:
Ufologo 555 ha scritto: Ancora co' 'sta terra usurpata! Sono i palestinesi che non vogliono Israele!(e furono cacciati dai giordani ...)
Ma è veramente inutile parlare con i giovani a volte ...
![Compiaciuto [8)]](./images/smilies/UF/icon_smile_shy.gif)
ma cosa ti inventi? terra usurpata grazie ai tuoi amici inglesi e all'olocausto creato ad hoc.
La popolazione ebraica, ridottasi a circa 10.000 unità all'inizio del XIX secolo, ricominciò ad aumentare alla fine dell'Ottocento. Fu in quel periodo che si sviluppò il sionismo, movimento nazionale che auspicava la creazione di un'entità politica ebraica in Palestina e che ebbe da allora prima in Theodor Herzl e poi in David Ben Gurion i suoi promotori.
Alla fine della prima guerra mondiale, la Società delle Nazioni trasferisce la Palestina sotto il controllo dell'Impero britannico, togliendola all'Impero Ottomano. I britannici, con la Dichiarazione Balfour, si erano fatti promotori della costituzione di una patria (national home) ebraica in Palestina. Gli arabi si ribelleranno a più riprese, con i moti palestinesi del 1920 e con i moti in Palestina del 1929.
Ciononostante, a seguito della massiccia immigrazione di popolazioni ebraiche provenienti in gran parte dall'Europa orientale, organizzata per lo più dal movimento sionista, la popolazione ebraica nella regione che poi sarebbe divenuta Israele, passò dalle circa 80.000 unità registrate nel 1918 a 175.000 nel 1931 e a 400.000 nel 1936.
A tale movimento migratorio, a partire dal 1935 e sino al 1939, si oppose, anche con la violenza, la maggioranza araba della popolazione locale, dando vita a quella che fu poi definita come Grande rivolta araba (1935-1939): un'esplosione di violenza e terrore tesa sia a rivendicare l'indipendenza dal mandato britannico e la creazione di uno Stato indipendente palestinese, sia la fine dell'immigrazione ebraica e l'espulsione dei nuovi arrivati. Vari movimenti sionisti, dotati di bracci militari clandestini, frattanto, e sin dalla metà degli anni trenta, passarono ad operare attivamente per la creazione dello Stato d'Israele, operando violenze (a volte con caratteri terroristici) contro gli Arabi di Palestina e le istituzioni britanniche, provocando a loro volta centinaia di morti e feriti. Nel marzo 1939, alla fine della rivolta, secondo fonti britanniche, si contavano tra i caduti circa 5.000 arabi, 400 ebrei e 200 britannici, a cui andavano ad aggiungersi diverse centinaia di feriti da entrambe le parti.
Per porre fine alla grande rivolta, nel 1939 l'amministrazione britannica pose forti limitazioni all'immigrazione e alla vendita di terreni a ebrei e respinse le navi cariche di immigranti ebrei in arrivo, purtroppo proprio alla vigilia della Shoah. L'avvento del Nazismo e la tragedia della Shoah portarono a un ulteriore flusso migratorio di ebrei provenienti da diverse nazioni europee incoraggiati anche da Ben Gurion che vedeva nell'immigrazione e nell'aumento della popolazione l'unico mezzo per Israele di affermarsi.
Storia dello Stato di Israele [modifica]
Nascita dello stato [modifica]
Nel 1947 l'Assemblea delle Nazioni Unite (che allora contava 52 Paesi membri), dopo sei mesi di lavoro da parte dell'UNSCOP (United Nations Special Committee on Palestine), il 29 novembre approvò la Risoluzione dell'Assemblea Generale n. 181[12], con 33 voti a favore, 13 contro e 10 astenuti, che prevedeva la creazione di uno Stato ebraico e di uno Stato arabo in Palestina, con la città e la zona di Gerusalemme sotto l'amministrazione diretta dell'ONU. Secondo il piano, lo stato ebraico avrebbe compreso tre sezioni principali, collegate da incroci extraterritoriali; lo stato arabo avrebbe avuto anche un'enclave a Giaffa.
Nella sua relazione l'UNSCOP[13] si pose il problema di come accontentare entrambe le fazioni, giungendo alla conclusione che soddisfare le pur motivate richieste di entrambi era "manifestamente impossibile", ma che era anche "indifendibile" accettare di appoggiare solo una delle due posizioni. Nel decidere su come spartire il territorio considerò, per evitare possibili rappresaglie da parte della popolazione araba, la necessità di radunare tutte le zone dove i coloni ebrei erano presenti in numero significativo (seppur spesso in minoranza[14]) nel futuro territorio ebraico.
La Gran Bretagna, che negli anni trenta durante la Grande Rivolta Araba aveva già tentato diverse volte senza successo di spartire il territorio tra la popolazione araba preesistente e i coloni ebrei in forte aumento, si astenne nella votazione e rifiutò apertamente di seguire le raccomandazioni del piano, che riteneva si sarebbe rivelato inaccettabile per entrambe le parti, e ben presto annunciò che avrebbe terminato comunque il proprio mandato il 15 maggio 1948.
Le reazioni alla risoluzione dell'ONU furono diversificate: la maggior parte degli ebrei, rappresentati ufficialmente dall'Agenzia Ebraica, l'accettarono, pur lamentando la non continuità territoriale tra le varie aree assegnate allo stato ebraico. Gruppi più estremisti, come l'Irgun e la Banda Stern, la rifiutarono, essendo contrari alla presenza di uno stato arabo in quella che consideravano "la Grande Israele" nonché al controllo internazionale di Gerusalemme.
Tra la popolazione araba la proposta fu rifiutata, con diverse motivazioni: alcuni negavano totalmente la possibilità della creazione di uno stato ebraico; altri criticavano la spartizione del territorio che ritenevano avrebbe chiuso i territori assegnati alla popolazione araba (oltre al fatto che lo stato arabo non avrebbe avuto sbocchi sul Mar Rosso né sulla principale risorsa idrica della zona, il Mar di Galilea); altri ancora erano contrari perché agli ebrei, che allora costituivano una minoranza (un terzo della popolazione totale che possedeva solo il 7% del territorio), fosse assegnata la maggioranza (56%, ma con molte zone desertiche) del territorio (anche se la commissione dell'ONU aveva preso quella decisione anche in virtù della prevedibile immigrazione di massa dall'Europa dei reduci delle persecuzioni della Germania nazista); gli stati arabi infine proposero la creazione di uno Stato unico federato, con due governi.
Tra il dicembre del 1947 e la prima metà di maggio del 1948 vi furono cruente azioni di guerra civile da ambo le parti. Il piano Dalet (o "Piano D") dell'Haganah, messo a punto tra l'autunno del 1947 e i primi mesi del 1948, aveva come scopo la difesa e il controllo del territorio neonato stato israeliano e degli insediamenti ebraici a rischio posti al di là del confine di questo. Il piano, seppur ufficialmente solo difensivo, prevedeva comunque, tra le altre cose, la possibilità di occupare "basi nemiche" poste oltre il confine (per evitare che venissero impiegate per organizzare infiltrazioni all'interno del territorio) e prevedeva la distruzione dei villaggi palestinesi ("setting fire to, blowing up, and planting mines in the debris" ovvero "dar fuoco, distruggere e minare le rovine") espellendone gli abitanti oltre confine, ove la popolazione fosse stata "difficile da controllare"[15], situazione che ha portato diversi storici a considerare il piano stesso indirettamente responsabile di massacri e azioni violente contro la popolazione palestinese (seppur non presenti nè giustificate esplicitamente dal piano), in una specie di tentativo di pulizia etnica[16]. L'impatto emotivo sull'opinione pubblica del massacro di Deir Yassin, avvenuto il 9 aprile ad opera di membri dell'Irgun e della Banda Stern ed all'insaputa dell'Haganah, fu una delle cause principali della fuga degli abitanti nei mesi seguenti.
Il 14 maggio del 1948 venne dichiarata unilateralmente la nascita dello Stato di Israele, un giorno prima che l'ONU stessa, come previsto, ne sancisse la creazione.
Il 15 maggio, le truppe britanniche si ritirarono definitivamente dai territori del Mandato.