12/12/2010, 13:51
Blissenobiarella ha scritto:
La crisi della democrazia in Italia: la corruzione
http://www.italiainformazioni.com/giorn ... uzione.htm
E’ impressionante la dabbenaggine di noi italiani. Ci facciamo rubare con la massima naturalezza 50-60 miliardi di Euro, ben 1.000 euro a testa, mentre non riusciamo ad arrivare a fine mese, a pagare il mutuo e ad evitare l’emigrazione dei nostri figli.
Paga sempre pantalone: sono 50 i miliardi che partono dal Nord
giovedì 13 Maggio 2010
http://www.informapordenone.it/articolo.cfm?titolo=Paga-sempre-pantalone-sono-50-i-miliardi-che-partono-dal-Nord&id=30408&canale=31
Lombardia, Veneto e Piemonte versano allo Stato molto più di quanto ricevono. In debito Sud e regioni a Statuto speciale. Formigoni: "E' un'ingiustizia intollerabile, va corretta dalle nuove riforme". Lo studio della Cgia di Mestre è riferito agli ultimi dati disponibili
Oltre cinquanta miliardi di euro all’anno: questa la cifra che il Nord devolve, a titolo di «solidarietà», al resto del Paese. Che sale a oltre 56 miliardi, se al «triangolo» Piemonte, Lombardia e Veneto aggiungiamo anche l’Emilia Romagna. È il risultato di uno studio curato dalla Cgia di Mestre, che si riferisce al 2007 (ultimo dato disponibile). Non solo: «La sorpresa che emerge da questa analisi non è tanto quella appena descritta - spiega il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi - quanto il fatto che a beneficiare dei flussi finanziari tra Stato e Regioni non sono solo i territori del Sud, ma anche alcune importanti realtà del Centro Nord e in particolar modo quelle a Statuto speciale», leggi Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta.
12/12/2010, 23:42
12/12/2010, 23:45
13/12/2010, 11:03
[color=blue]Il palazzo degli incredibili
http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=8195&ID_sezione=&sezione=
LUCA RICOLFI
C’è qualcosa di surreale nel dibattito di questi mesi in Italia. Se provate a fare una statistica delle parole più ripetute da giornali e televisioni troverete che sono parole come Berlusconi, Fini, Bocchino, Fli, fiducia, sfiducia, maggioranza, voto. Da mesi l’Italia è appesa a un malsano sentimento di sospensione, di incertezza, di attesa. Prima l’attesa per il discorso di Fini a Mirabello (5 settembre), poi quella per il discorso di Berlusconi in parlamento (voto di fiducia del 29 settembre), poi quella per il discorso di Fini a Bastia Umbra (7 novembre), infine quella per il discorso che Berlusconi terrà domani, seguito dal doppio voto di fiducia (al Senato) e di sfiducia (alla Camera). In mezzo le esternazioni di Bersani, di Casini, di Bocchino, le decine e decine di interviste dei leader minori, per non parlare delle penose conferenze stampa dei parlamentari in procinto di cambiare bandiera.
E tutto questo per che cosa? Per un voto che, comunque vada, servirà solo a decidere una manche della partita a tennis che Berlusconi e Fini da due anni stanno giocando sulla pelle di tutti noi. Vista dall’esterno, ad esempio da un qualsiasi Paese europeo, è una situazione ridicola, per non dire tragica.
Mentre il mondo vive una delle più drammatiche crisi dei rapporti internazionali dai tempi della caduta del Muro di Berlino, mentre le economie avanzate si trovano di fronte a rischi immensi (da una stagnazione di anni, fino al crollo dell’euro e del dollaro), mentre gli esperti si dividono sulle migliori terapie da adottare, noi - e dicendo noi parlo innanzitutto dell’informazione - perdiamo ancora del tempo e dell’attenzione a interpretare una frase di Bocchino, a decodificare una battuta di Bossi, a indovinare le intenzioni di un parlamentare «corteggiato» (per non dire altro). Un doppio provincialismo attanaglia il discorso pubblico: siamo provinciali perché parliamo sempre e solo dell’Italia, ma siamo provinciali anche perché, con gli immensi problemi economico-sociali che l’Italia ha di fronte, con le enormi difficoltà che ci attendono, permettiamo al nostro ceto politico di baloccarsi nei suoi giochi di palazzo, nelle sue vanità, nelle sue miserevoli rivalità personali, senza mai metterlo di fronte alle sue responsabilità vere. Che non sono di salvare un governo, o di costituirne uno nuovo, ma di offrire soluzioni credibili. Possibilmente più credibili di quelle che l’attuale governo ha fornito fin qui. A me non pare che i protagonisti dell’attuale tempesta in un bicchier d’acqua parlamentare lo stiano facendo. Non mi pare che siano minimamente credibili.
Non è credibile Berlusconi, che si è permesso il lusso di governare mediocremente in una situazione che avrebbe richiesto ben altre priorità (quanto tempo è stato dissipato sui problemi giudiziari del premier?) e ben altro coraggio (come si può pensare di combattere gli sprechi con i tagli lineari?).
Non è credibile Fini, la cui giusta battaglia per una destra moderna (e normale) è compromessa dai modi in cui viene combattuta e dai soggetti che la conducono. Agli osservatori non accecati dalla passione politica è fin troppo evidente che la scoperta dei limiti del berlusconismo è tardiva, strumentale e insincera. E ancor più evidente è la scorrettezza di combattere una rancorosa guerra politico-personale dalla posizione di presidente della Camera, una scorrettezza istituzionale che le opposizioni non stigmatizzano solo perché, in questa fase, fa loro gioco.
Ma non è credibile, purtroppo, neppure Bersani. Il quale ha perfettamente ragione quando dice che, con i mercati finanziari in agguato, con gli enormi problemi del nostro debito pubblico, non possiamo permetterci di andare alle urne ora. Ma dimentica di aggiungere che, altrettanto se non più pericolosa per la stabilità dell’economia, è la prospettiva su cui l’opposizione di sinistra mostra di giocare le sue carte: quella dell’apertura di una «fase nuova», una stagione di negoziati e manovre politiche il cui sbocco sembra essere un governo degli sconfitti alle ultime elezioni, pudicamente battezzato «governo di responsabilità istituzionale».
Non sono fra quanti assumono che siamo ormai fuori dal regime parlamentare, e che quindi la caduta di un governo implichi automaticamente il ritorno alle urne. Su questo la penso come Giovanni Sartori: la flessibilità dei regimi parlamentari, in virtù della quale, caduta una maggioranza, si può tentare di costituirne un’altra, non è un difetto ma semmai un pregio di tali regimi. Però est modus in rebus. Un conto è ritoccare una maggioranza, un conto è capovolgerla. E, anche ammesso che si voglia e si possa varare un governo degli sconfitti, il punto essenziale è uno solo: un governo per fare cosa?
E’ qui che l’opposizione rivela tutta la sua inconsistenza. Non solo perché è divisa persino sulla legge elettorale (l’unico suo vero cavallo di battaglia), ma perché nessuno ha finora prodotto risposte convincenti alle domande fondamentali. Ad esempio: sulla politica economico-sociale seguireste le idee di Ichino o quelle di Vendola? Quelle dell’ala riformista del Pd o quelle della Cgil? Ancora più sacrifici per ridurre le tasse sui produttori, o più spesa per salvare l’università, la ricerca, la cultura? Un federalismo più responsabile o più solidale? E soprattutto, visto che la torta non cresce più, dove trovare i quattrini di cui c’è bisogno?
Né basta rispondere con le solite formule: riduzione dei costi della politica, contrasto all’evasione fiscale, lotta alle rendite. Su quei versanti le risorse ulteriori che si possono reperire in tempi brevi sono molto scarse (costi della politica), o sono già contabilizzate fin troppo ottimisticamente nella manovra finanziaria (evasione fiscale), o sono armi a doppio taglio (che ne sarebbe delle aste sui titoli di Stato se, in questo frangente, l’Italia decidesse di tassarli di più?). Sono convinto anch’io che ci voglia una nuova agenda economica, e che il prudente attendismo di Tremonti non basti più. Ma il punto è che chiunque aspiri a guidare una nuova politica economica e sociale non può cavarsela con formule propagandistiche. Perché il primo problema di qualsiasi governo europeo in questa fase non è di convincere i propri cittadini, ma di convincere anche i mercati. La mia impressione è che molti critici di Tremonti semplicemente non si rendano conto degli ordini di grandezza in gioco: mentre si discute di alcune centinaia di milioni in più o in meno a qualche ente locale o ministero o istituzione, non ci si rende conto che un aumento anche di un solo punto del costo del nostro debito pubblico ci può presentare, di colpo, un conto da 18 miliardi di euro all’anno, una somma pari ad una Finanziaria e 50-100 volte superiore alle cifre di cui con tanto accanimento si parla e si negozia in questa stagione di tagli.
Per questo la vacuità dell’opposizione è un problema per l’Italia. Se cacciare Berlusconi, o «aprire una nuova fase», bastasse per avviarci a una soluzione dei nostri problemi, non troveremmo nulla di preoccupante nella deriva identitaria del Pd, nel tentativo di Bersani di «scaldare i cuori» più e meglio di Nichi Vendola. Ma purtroppo non è così. Il rischio non è che Berlusconi resti in sella, visto che al suo disarcionamento stanno già lavorando il tempo, la (non infinita) pazienza degli italiani, nonché la sua attitudine ad «autoribaltarsi», come causticamente ha fatto notare Bersani. Il rischio vero è che, nel momento in cui Berlusconi sarà costretto a farsi da parte, non ci sia nessuno abbastanza credibile, e abbastanza ferrato, da saper portare la nave dell’Italia al riparo dalla tempesta che l’attende.[/color]
13/12/2010, 11:09
vimana131 ha scritto:
La crisi economica ha mandato in crisi lo stato cardiovascolare degli italiani
Il cuore degli italiani sta drammaticamente cedendo ai duri colpi della crisi economica. Si entra nel tunnel della depressione che peggiora, giorno dopo giorno, lo stato cardiovascolare in un malato o lo puo' innescare in un soggetto sano.
“È il volto amaro, fino a oggi sottovalutato, della crisi”, ha detto il presidente Sic, Paolo Marino, “Particolarmente a rischio l'esercito delle partite Iva, molto presente specie nel nord d'Italia, quelle persone che improvvisamente vedono venir meno il loro volume di affari”, prosegue Marino, presentando alla stampa il 71esimo Congresso della Società italiana di cardiologia, in programma a Roma fino a lunedì.
Rischiano ripercussioni cardiache tutti i soggetti che sono vittime della crisi, nessuno escluso, ma in particolare i manager, “che vivono una situazione estremamente stressante non solo per le sorti della propria azienda, ma anche, o soprattutto, per quella dei dipendenti. È un momento di grande sofferenza”, afferma Marino, “quello in cui devono comunicare ai dipendenti che è giunto il momento di arrendersi alla crisi”.
È un disegno preoccupante quello che gli esperti dichiarano di verificare nella loro quotidianità proprio in un momento in cui si registrava un calo della mortalità per le malattie cardiovascolari per merito della prevenzione.
“È il mondo che si ripete”, continua il presidente Sic, “le cicliche crisi economiche ci hanno insegnato, fin dal 1929, che la paura del domani aumenta e può essere causa di rischi cardiovascolari”.
La realtà di oggi può darcene conferma.
C'è da aggiungere -sottolineano i medici- che per colpa della crisi si taglia nettamente la spesa per la palestra, si perde la voglia di passeggiare e per soffocare l'ansia lo stress spinge a mangiare disordinatamente. E il cuore ne risente.
Fonte
http://www.ecplanet.com/node/1997
13/12/2010, 12:56
13/12/2010, 14:26
Blissenobiarella ha scritto:
"Evasione fiscale a +10,1%". L'Italia maglia nera nella Ue
ROMA - Con un'evasione fiscale in crescita del 10,1%, nei primi 11 mesi del 2010, l'Italia si conferma al primo posto in Europa, con il 54,5% del reddito imponibile evaso.
13/12/2010, 20:52
Blissenobiarella ha scritto:
"Evasione fiscale a +10,1%". L'Italia maglia nera nella Ue.
14/12/2010, 23:31
15/12/2010, 17:07
20/12/2010, 13:54
21/12/2010, 14:15
21/12/2010, 18:53
27/12/2010, 14:37
28/12/2010, 15:59