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MessaggioInviato: 12/12/2010, 13:51 
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Blissenobiarella ha scritto:

La crisi della democrazia in Italia: la corruzione

http://www.italiainformazioni.com/giorn ... uzione.htm

E’ impressionante la dabbenaggine di noi italiani. Ci facciamo rubare con la massima naturalezza 50-60 miliardi di Euro, ben 1.000 euro a testa, mentre non riusciamo ad arrivare a fine mese, a pagare il mutuo e ad evitare l’emigrazione dei nostri figli.



Diciamo che a pagare sono i soliti fessi

Cita:
Paga sempre pantalone: sono 50 i miliardi che partono dal Nord

giovedì 13 Maggio 2010
http://www.informapordenone.it/articolo.cfm?titolo=Paga-sempre-pantalone-sono-50-i-miliardi-che-partono-dal-Nord&id=30408&canale=31

Lombardia, Veneto e Piemonte versano allo Stato molto più di quanto ricevono. In debito Sud e regioni a Statuto speciale. Formigoni: "E' un'ingiustizia intollerabile, va corretta dalle nuove riforme". Lo studio della Cgia di Mestre è riferito agli ultimi dati disponibili

Oltre cinquanta miliardi di euro all’anno: questa la cifra che il Nord devolve, a titolo di «solidarietà», al resto del Paese. Che sale a oltre 56 miliardi, se al «triangolo» Piemonte, Lombardia e Veneto aggiungiamo anche l’Emilia Romagna. È il risultato di uno studio curato dalla Cgia di Mestre, che si riferisce al 2007 (ultimo dato disponibile). Non solo: «La sorpresa che emerge da questa analisi non è tanto quella appena descritta - spiega il segretario della Cgia, Giuseppe Bortolussi - quanto il fatto che a beneficiare dei flussi finanziari tra Stato e Regioni non sono solo i territori del Sud, ma anche alcune importanti realtà del Centro Nord e in particolar modo quelle a Statuto speciale», leggi Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta.



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MessaggioInviato: 12/12/2010, 23:42 
La crisi economica ha mandato in crisi lo stato cardiovascolare degli italiani

Il cuore degli italiani sta drammaticamente cedendo ai duri colpi della crisi economica. Si entra nel tunnel della depressione che peggiora, giorno dopo giorno, lo stato cardiovascolare in un malato o lo puo' innescare in un soggetto sano.

“È il volto amaro, fino a oggi sottovalutato, della crisi”, ha detto il presidente Sic, Paolo Marino, “Particolarmente a rischio l'esercito delle partite Iva, molto presente specie nel nord d'Italia, quelle persone che improvvisamente vedono venir meno il loro volume di affari”, prosegue Marino, presentando alla stampa il 71esimo Congresso della Società italiana di cardiologia, in programma a Roma fino a lunedì.

Rischiano ripercussioni cardiache tutti i soggetti che sono vittime della crisi, nessuno escluso, ma in particolare i manager, “che vivono una situazione estremamente stressante non solo per le sorti della propria azienda, ma anche, o soprattutto, per quella dei dipendenti. È un momento di grande sofferenza”, afferma Marino, “quello in cui devono comunicare ai dipendenti che è giunto il momento di arrendersi alla crisi”.

È un disegno preoccupante quello che gli esperti dichiarano di verificare nella loro quotidianità proprio in un momento in cui si registrava un calo della mortalità per le malattie cardiovascolari per merito della prevenzione.

“È il mondo che si ripete”, continua il presidente Sic, “le cicliche crisi economiche ci hanno insegnato, fin dal 1929, che la paura del domani aumenta e può essere causa di rischi cardiovascolari”.

La realtà di oggi può darcene conferma.

C'è da aggiungere -sottolineano i medici- che per colpa della crisi si taglia nettamente la spesa per la palestra, si perde la voglia di passeggiare e per soffocare l'ansia lo stress spinge a mangiare disordinatamente. E il cuore ne risente.

Fonte
http://www.ecplanet.com/node/1997


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MessaggioInviato: 12/12/2010, 23:45 
Le regioni del Centro Sud guidano la graduatoria delle realtà territoriali più colpite
Crisi, dal 2007 consumi in calo del 5,2%. Famiglie riducono le spese per 700 euro

Roma, 11 dic. (Adnkronos) - Secondo la Cgia di Mestre, tra il 2007 e il 2010 i consumi si sono ridotti per un importo pari a 17,6 miliardi di euro. Il segretario Bortolussi: ''Dobbiamo mettere nelle condizioni le famiglie italiane di avere più soldi in tasca''. Prevista stagnazione anche nel 2011 su tutto il territorio. Natale, acquisti al palo. Il presidente di Confcommercio: ''E' l'effetto della crisi''

Roma, 11 dic. (Adnkronos) - Durante la crisi economica le famiglie italiane hanno stretto davvero la cinghia: tra il 2007 e il 2010 infatti i i consumi si sono ridotti per un importo pari a 17,6 mld di euro, al netto dell'inflazione; una contrazione media nazionale del 5,2%. La fotografia è della Cgia di Mestre.

A livello territoriale, i dati complessivi dicono che la riduzione più forte è avvenuta in Campania, con una riduzione di 2,82 mld di euro; segue la Lombardia, con 2,64 mld, mentre all'ultimo posto si trova la Sicilia, con una riduzione dei consumi di 2,01 mld di euro. Solo le famiglie dell'Abruzzo (+88,6 mln ), del Friuli Venezia Giulia (+192,1 mln) e dell'Emilia Romagna (+242,2 mln) denunciamo un aumento della spesa nei quattro anni di crisi.

Non va meglio per l'immediato futuro: la Cgia prevede nel 2011 una stagnazione della spesa distribuita su tutto il territorio.

Tra i settori più colpiti da questa riduzione dei consumi, secondo l'elaborazione della Cgia di Mestre, a registrare il calo più consistente è stato il settore dei mobili, elettrodomestici e casa (-9,3%). Seguono gli alimentari e le bevande non alcoliche (-6,2%), le bevande alcoliche (-4,9%) e i trasporti (-4,8%). In deciso aumento, nonostante le ristrettezze economiche delle famiglie italiane, sono state le spese per la casa (bollette, manutenzioni, fitti, mutui ecc..., pari a+2,9%) e soprattutto la spesa sanitaria (in particolar modo i medicinali, gli articoli sanitari e il materiale terapeutico, pari a + 4,9%).

Analizzando la contrazione in termini percentuali, la Cgia di Mestre rileva che sono le regioni del Centro Sud a guidare la graduatoria delle realtà territoriali più colpite dal taglio dei consumi. Al primo posto troviamo le Marche (-8,1%), al secondo posto la Calabria (-7,7%) e al terzo posto la Campania (-6,8%). Appena fuori dal podio il Lazio (-6,7%), l'Umbria (-6,5%) e la Puglia (-6,2%). Se, invece, si prende come parametro di riferimento la riduzione della spesa per famiglia, a livello nazionale, la contrazione media è stata pari a 706,1 euro, mentre, a livello regionale, spicca il dato della Valle d'Aosta (-1.439,9 euro), delle Marche (-1.402,5 euro) e della Calabria (-1.361,6 euro).

"La crisi economica scoppiata verso i primi mesi del 2008 - afferma Giuseppe Bortolussi, segretario della Cgia di Mestre - ha avuto delle ripercussioni gravissime sui consumi. Con un numero sempre maggiore di disoccupati, di cassaintegrati e con la forte sfiducia che ha investito tutti i consumatori, abbiamo registrato una drastica riduzione delle capacità di spesa delle famiglie italiane che continua a condizionare negativamente l'economia del Paese". "Appare evidente - aggiunge Giuseppe Bortolussi - che per far ripartire i consumi dobbiamo mettere nelle condizioni le famiglie italiane di avere più soldi in tasca. Per questo è necessario far ripartire gli investimenti pubblici nelle grandi infrastrutture e dare la possibilità anche agli Enti locali di mettere in moto quei piccoli cantieri che sono indispensabili per far creare nuovi posti di lavoro". "Infine, - conclude il segretario della Cgia di Mestre - bisogna alleggerire il carico fiscale premiando, in particolar modo, le famiglie più numerose che sono state le più colpite dalla crisi economica".

Fonte
http://www.adnkronos.com/IGN/News/Econo ... 19906.html


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MessaggioInviato: 13/12/2010, 11:03 
Cita:
[color=blue]Il palazzo degli incredibili

http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplRubriche/editoriali/gEditoriali.asp?ID_blog=25&ID_articolo=8195&ID_sezione=&sezione=
LUCA RICOLFI

C’è qualcosa di surreale nel dibattito di questi mesi in Italia. Se provate a fare una statistica delle parole più ripetute da giornali e televisioni troverete che sono parole come Berlusconi, Fini, Bocchino, Fli, fiducia, sfiducia, maggioranza, voto. Da mesi l’Italia è appesa a un malsano sentimento di sospensione, di incertezza, di attesa. Prima l’attesa per il discorso di Fini a Mirabello (5 settembre), poi quella per il discorso di Berlusconi in parlamento (voto di fiducia del 29 settembre), poi quella per il discorso di Fini a Bastia Umbra (7 novembre), infine quella per il discorso che Berlusconi terrà domani, seguito dal doppio voto di fiducia (al Senato) e di sfiducia (alla Camera). In mezzo le esternazioni di Bersani, di Casini, di Bocchino, le decine e decine di interviste dei leader minori, per non parlare delle penose conferenze stampa dei parlamentari in procinto di cambiare bandiera.

E tutto questo per che cosa? Per un voto che, comunque vada, servirà solo a decidere una manche della partita a tennis che Berlusconi e Fini da due anni stanno giocando sulla pelle di tutti noi. Vista dall’esterno, ad esempio da un qualsiasi Paese europeo, è una situazione ridicola, per non dire tragica.

Mentre il mondo vive una delle più drammatiche crisi dei rapporti internazionali dai tempi della caduta del Muro di Berlino, mentre le economie avanzate si trovano di fronte a rischi immensi (da una stagnazione di anni, fino al crollo dell’euro e del dollaro), mentre gli esperti si dividono sulle migliori terapie da adottare, noi - e dicendo noi parlo innanzitutto dell’informazione - perdiamo ancora del tempo e dell’attenzione a interpretare una frase di Bocchino, a decodificare una battuta di Bossi, a indovinare le intenzioni di un parlamentare «corteggiato» (per non dire altro). Un doppio provincialismo attanaglia il discorso pubblico: siamo provinciali perché parliamo sempre e solo dell’Italia, ma siamo provinciali anche perché, con gli immensi problemi economico-sociali che l’Italia ha di fronte, con le enormi difficoltà che ci attendono, permettiamo al nostro ceto politico di baloccarsi nei suoi giochi di palazzo, nelle sue vanità, nelle sue miserevoli rivalità personali, senza mai metterlo di fronte alle sue responsabilità vere. Che non sono di salvare un governo, o di costituirne uno nuovo, ma di offrire soluzioni credibili. Possibilmente più credibili di quelle che l’attuale governo ha fornito fin qui. A me non pare che i protagonisti dell’attuale tempesta in un bicchier d’acqua parlamentare lo stiano facendo. Non mi pare che siano minimamente credibili.

Non è credibile Berlusconi, che si è permesso il lusso di governare mediocremente in una situazione che avrebbe richiesto ben altre priorità (quanto tempo è stato dissipato sui problemi giudiziari del premier?) e ben altro coraggio (come si può pensare di combattere gli sprechi con i tagli lineari?).

Non è credibile Fini, la cui giusta battaglia per una destra moderna (e normale) è compromessa dai modi in cui viene combattuta e dai soggetti che la conducono. Agli osservatori non accecati dalla passione politica è fin troppo evidente che la scoperta dei limiti del berlusconismo è tardiva, strumentale e insincera. E ancor più evidente è la scorrettezza di combattere una rancorosa guerra politico-personale dalla posizione di presidente della Camera, una scorrettezza istituzionale che le opposizioni non stigmatizzano solo perché, in questa fase, fa loro gioco.

Ma non è credibile, purtroppo, neppure Bersani. Il quale ha perfettamente ragione quando dice che, con i mercati finanziari in agguato, con gli enormi problemi del nostro debito pubblico, non possiamo permetterci di andare alle urne ora. Ma dimentica di aggiungere che, altrettanto se non più pericolosa per la stabilità dell’economia, è la prospettiva su cui l’opposizione di sinistra mostra di giocare le sue carte: quella dell’apertura di una «fase nuova», una stagione di negoziati e manovre politiche il cui sbocco sembra essere un governo degli sconfitti alle ultime elezioni, pudicamente battezzato «governo di responsabilità istituzionale».

Non sono fra quanti assumono che siamo ormai fuori dal regime parlamentare, e che quindi la caduta di un governo implichi automaticamente il ritorno alle urne. Su questo la penso come Giovanni Sartori: la flessibilità dei regimi parlamentari, in virtù della quale, caduta una maggioranza, si può tentare di costituirne un’altra, non è un difetto ma semmai un pregio di tali regimi. Però est modus in rebus. Un conto è ritoccare una maggioranza, un conto è capovolgerla. E, anche ammesso che si voglia e si possa varare un governo degli sconfitti, il punto essenziale è uno solo: un governo per fare cosa?

E’ qui che l’opposizione rivela tutta la sua inconsistenza. Non solo perché è divisa persino sulla legge elettorale (l’unico suo vero cavallo di battaglia), ma perché nessuno ha finora prodotto risposte convincenti alle domande fondamentali. Ad esempio: sulla politica economico-sociale seguireste le idee di Ichino o quelle di Vendola? Quelle dell’ala riformista del Pd o quelle della Cgil? Ancora più sacrifici per ridurre le tasse sui produttori, o più spesa per salvare l’università, la ricerca, la cultura? Un federalismo più responsabile o più solidale? E soprattutto, visto che la torta non cresce più, dove trovare i quattrini di cui c’è bisogno?


Né basta rispondere con le solite formule: riduzione dei costi della politica, contrasto all’evasione fiscale, lotta alle rendite. Su quei versanti le risorse ulteriori che si possono reperire in tempi brevi sono molto scarse (costi della politica), o sono già contabilizzate fin troppo ottimisticamente nella manovra finanziaria (evasione fiscale), o sono armi a doppio taglio (che ne sarebbe delle aste sui titoli di Stato se, in questo frangente, l’Italia decidesse di tassarli di più?). Sono convinto anch’io che ci voglia una nuova agenda economica, e che il prudente attendismo di Tremonti non basti più. Ma il punto è che chiunque aspiri a guidare una nuova politica economica e sociale non può cavarsela con formule propagandistiche. Perché il primo problema di qualsiasi governo europeo in questa fase non è di convincere i propri cittadini, ma di convincere anche i mercati. La mia impressione è che molti critici di Tremonti semplicemente non si rendano conto degli ordini di grandezza in gioco: mentre si discute di alcune centinaia di milioni in più o in meno a qualche ente locale o ministero o istituzione, non ci si rende conto che un aumento anche di un solo punto del costo del nostro debito pubblico ci può presentare, di colpo, un conto da 18 miliardi di euro all’anno, una somma pari ad una Finanziaria e 50-100 volte superiore alle cifre di cui con tanto accanimento si parla e si negozia in questa stagione di tagli.

Per questo la vacuità dell’opposizione è un problema per l’Italia. Se cacciare Berlusconi, o «aprire una nuova fase», bastasse per avviarci a una soluzione dei nostri problemi, non troveremmo nulla di preoccupante nella deriva identitaria del Pd, nel tentativo di Bersani di «scaldare i cuori» più e meglio di Nichi Vendola. Ma purtroppo non è così. Il rischio non è che Berlusconi resti in sella, visto che al suo disarcionamento stanno già lavorando il tempo, la (non infinita) pazienza degli italiani, nonché la sua attitudine ad «autoribaltarsi», come causticamente ha fatto notare Bersani. Il rischio vero è che, nel momento in cui Berlusconi sarà costretto a farsi da parte, non ci sia nessuno abbastanza credibile, e abbastanza ferrato, da saper portare la nave dell’Italia al riparo dalla tempesta che l’attende.[/color]



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MessaggioInviato: 13/12/2010, 11:09 
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vimana131 ha scritto:

La crisi economica ha mandato in crisi lo stato cardiovascolare degli italiani

Il cuore degli italiani sta drammaticamente cedendo ai duri colpi della crisi economica. Si entra nel tunnel della depressione che peggiora, giorno dopo giorno, lo stato cardiovascolare in un malato o lo puo' innescare in un soggetto sano.

“È il volto amaro, fino a oggi sottovalutato, della crisi”, ha detto il presidente Sic, Paolo Marino, “Particolarmente a rischio l'esercito delle partite Iva, molto presente specie nel nord d'Italia, quelle persone che improvvisamente vedono venir meno il loro volume di affari”, prosegue Marino, presentando alla stampa il 71esimo Congresso della Società italiana di cardiologia, in programma a Roma fino a lunedì.

Rischiano ripercussioni cardiache tutti i soggetti che sono vittime della crisi, nessuno escluso, ma in particolare i manager, “che vivono una situazione estremamente stressante non solo per le sorti della propria azienda, ma anche, o soprattutto, per quella dei dipendenti. È un momento di grande sofferenza”, afferma Marino, “quello in cui devono comunicare ai dipendenti che è giunto il momento di arrendersi alla crisi”.

È un disegno preoccupante quello che gli esperti dichiarano di verificare nella loro quotidianità proprio in un momento in cui si registrava un calo della mortalità per le malattie cardiovascolari per merito della prevenzione.

“È il mondo che si ripete”, continua il presidente Sic, “le cicliche crisi economiche ci hanno insegnato, fin dal 1929, che la paura del domani aumenta e può essere causa di rischi cardiovascolari”.

La realtà di oggi può darcene conferma.

C'è da aggiungere -sottolineano i medici- che per colpa della crisi si taglia nettamente la spesa per la palestra, si perde la voglia di passeggiare e per soffocare l'ansia lo stress spinge a mangiare disordinatamente. E il cuore ne risente.

Fonte
http://www.ecplanet.com/node/1997



Un'analisi davvero congrua questa.... [8)]



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MessaggioInviato: 13/12/2010, 12:56 
"Evasione fiscale a +10,1%". L'Italia maglia nera nella Ue

Indagine di Krls per Contribuenti.it. Tra le aree geografiche risulta più 'onesto' il Nord Est, con un tasso del 22,9%; in testa il Nord-Ovest con il 29,4%. Nel nostro Paese sottratti all'erario 159 miliardi di euro l'anno, il 54,5% del reddito imponibile

ROMA - Con un'evasione fiscale in crescita del 10,1%, nei primi 11 mesi del 2010, l'Italia si conferma al primo posto in Europa, con il 54,5% del reddito imponibile evaso. Le imposte sottratte all'erario sono nell'ordine dei 159 miliardi di euro l'anno. E' quanto emerge da una nuova indagine effettuata da Krls Network of Business Ethics per conto di 'Contribuenti.it', il magazine dell'Associazione Contribuenti Italiani. L'indagine è stata condotta attraverso l'elaborazione di una serie di dati ministeriali, delle banche centrali, degli istituti di statistica e delle Polizie tributarie dei singoli Stati europei.

L'analisi che considerato cinque aree di evasione fiscale: l'economia sommersa, l'economia criminale, l'evasione delle società di capitali, l'evasione delle big company e quella dei lavoratori autonomi e piccole imprese. I principali evasori non si trovano nell'economia criminale, ma in quella legale, secondo i risultati dell'indagine: al primo posto ci sono gli industriali (32,8%) seguiti da bancari e assicurativi (28,3%), commercianti (11,7%), artigiani (10,9%), professionisti (8,9%) e lavoratori dipendenti (7,4%).

A livello territoriale, l'evasione è diffusa soprattutto nel Nord Ovest (29,4% del totale nazionale), seguito dal Sud (24,5%), dal Centro (23,2%) e dal Nord Est (22,9%).

http://www.repubblica.it/economia/2010/ ... -10110317/



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MessaggioInviato: 13/12/2010, 14:26 
Cita:
Blissenobiarella ha scritto:

"Evasione fiscale a +10,1%". L'Italia maglia nera nella Ue


ROMA - Con un'evasione fiscale in crescita del 10,1%, nei primi 11 mesi del 2010, l'Italia si conferma al primo posto in Europa, con il 54,5% del reddito imponibile evaso.


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Cita:
Blissenobiarella ha scritto:

"Evasione fiscale a +10,1%". L'Italia maglia nera nella Ue.


Sta tornando il boomerang dello scudo fiscale?



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Atac, conti in profondo rosso. Ma i dirigenti viaggiano in suv
Martedí 14.12.2010 10:29
Atac

di Fabio Carosi

Il Comune tira la cinghia? L'Atac non ci pensa neppure. Se al Campidoglio, infatti, lo scorso primo dicembre il sindaco Giovanni Alemanno ha tagliato le auto blu, i dirigenti dell'Atac viaggiano con fuoristrada e coupé. Chissà cosa diranno gli assessori - vicesindaco compreso – costretti a muoversi sino ad oggi in Alfa 159 e 147 e presto declassati alla Grande Punto quando, leggendo, scopriranno che qualcuno dell'allegra dirigenza Atac per spostarsi da casa al lavoro e da qui raggiungere magari i depositi, si siede ogni mattina su una Jeep Gran Cherokee, oppure su un'Audi A 4, una Volvo Station Wagon o una Bmw Coupé da 5 metri.

Nell'azienda dei trasporti romani con l'acqua alla gola e dove il nuovo amministratore delegato Maurizio Basile, a fatica riuscirà a garantire tredicesime e stipendi, il gotha del management ha colto la palla al balzo e a grido di “tanto è una società per azioni, quindi privata”, ha deciso di mettere in pratica una differenziazione del parco auto per ceto dirigenziale. I più lontani dal potere si muovono in Panda, il top come il responsabile del controllo di gestione, Vincenzo Pesce, si sposta con un suv firmato Volvo. A fargli compagnia Mr Antonio Cassano, sempre in odore di uscita da ormai diverso tempo ma protetto dagli airbag della sua Bmw coupé. La lista è lunga e comprende praticamente quella che al tempo di Gioacchino Gabbuti era la “prima linea dirigenziale” arricchita poi da Adalberto Bertucci senza che i caduti in disgrazia perdessero il privilegio.

A leggere le carte dell'appalto per le auto di servizio, c'è da ridere. Corre l'anno 2005. Pur viaggiando in Panda, lex Gabbuti negozia con i top manager dell'azienda il rinnovo delle auto di servizio al posto degli aumenti. Tradotto per chi ogni mattina aspetta l'autobus alla fermata, significa che l'incremento di retribuzione è stato sostituito dai benefit full: benzina, assicurazione e manutenzione tutto compreso. Così nei piazzali arrivano super berline e suv e solo nel 2008 l'ordine del Campidoglio di passare immediatamente ad auto più morigerate e possibilmente Made in Italy. All'Atac ci provano ma il pasticcio ormai è fatto: tornare indietro significa versare al fornitore una penale di circa 5 mila euro per ciascuna auto. Così, per risparmiare, il topo management è “costretto” a riaprire gli sportelli di Mercedes Classe B o station wagon. A seconda del profilo dirigenziale e su diretta indicazione dell'allora direttore generale Cassano che gestiva in prima persona l'assegnazione delle auto di servizio.

Insomma, visti i risultati gestionali, sarà gradevole leggere i giudizi sul lavoro dei dirigenti e capire se anche per il 2010, anno dello sballo dei conti, riceveranno il premio di produttività previsto dal contratto, insieme alla Metrebus card che consente viaggi illimitati su tutta la rete. La lista si arricchirà nei prossimi giorni con i dirigenti che, oltre all'auto, hanno anche l'autista a disposizione. Sai mai dovessero cercare pure il parcheggio.

Fonte
http://www.affaritaliani.it/roma/atac_c ... 41210.html


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Ocse/ Italia penultima su occupazione giovani,lavora solo 1 su 5
Occupazione 15-24 anni cala a 21,7%, in Ue 35,8%, area Ocse 40,2%

Roma, 15 dic. (Apcom) - La già ridotta occupazione giovanile dell'Italia è ulteriormente crollata negli ultimi dieci anni, avverte l'Ocse, tanto da risultare la seconda più bassa di tutta l'area. In Italia nel 2009 risultava occupato solo poco più di un giovane su cinque tra 15 e 24 anni, il 21,7 per cento dice l'Ocse a fronte del 35,8 per cento tra 19 paesi dell'Unione europea e il 40,2 per cento della media Ocse. Un livello più basso si registra solo in Ungheria (dove è crollata 18,1%). In Italia questa voce è calata più della media: nel 1999 l'occupazione giovanile risultava al 27,3 per cento, laddove nell'Ue a 19 era al 40,3 per cento e nell'Ocse al 44,7 per cento. I dati sono contenuti in un rapporto sulle prospettive di lavoro tra i giovani pubblicato oggi dall'ente parigino.

In Italia è anche calata la disoccupazione giovanile, dal 31,1 per cento del 1999, sempre sui giovani tra 15 e 24 anni, al 25,4 per cento del 2009, ma dato che questa flessione si registra contestualmente a un calo di occupati, più che riflettere persone che trovano un lavoro sembra derivare da abbandoni della ricerca attiva di lavoro. Statisticamente viene calcolato come "disoccupato" solo chi sia alla ricerca di un posto, altrimenti si tratta di "non attivi". Anche così comunque il rapporto tra disoccupazione giovanile e disoccupazione generale dell'Italia, pari a 3,7 volte, risulta più elevato della media Ue a 19, 2,8 volte, e dell'Ocse, 2,7 volte.

Fonte
http://notizie.virgilio.it/notizie/econ ... 65745.html


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MessaggioInviato: 20/12/2010, 13:54 
Ricchezza, Bankitalia lancia l'allarme:
la metà in mano al 10% delle famiglie


http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 94139.html



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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Vola la disoccupazione.
Tocca l'8,7%, al top dal 2004


Istat: un giovane su quattro non lavora
con punte del 36% per le donne del Sud


21 dicembre, 11:29

Immagine

Fonte:
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 46539.html

ROMA - Il tasso di disoccupazione ad ottobre é cresciuto all'8,7% dall'8,4% di settembre. Lo comunica l'Istat, aggiungendo che si tratta del valore più alto dall'inizio delle serie storiche mensili, ovvero dal gennaio 2004. L'Istat ha infatti rivisto al rialzo il precedente dato, che stimava il tasso di disoccupazione, sempre in base a dati destagionalizzati, pari all'8,6%.

DISOCCUPAZIONE TERZO TRIM. CALA A 8,3% - Il tasso di disoccupazione nel terzo trimestre del 2010 è calato all'8,3% dall'8,4% del secondo trimestre. Lo comunica l'Istat in base a dati destagionalizzati. Si tratta della prima discesa a livello congiunturale dopo sette trimestri di crescita.

DISOCCUPAZIONE GIOVANI A 24,7%, PER DONNE SUD AL 36% - Il tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) nel terzo trimestre del 2010 raggiunge il 24,7%. Lo comunica l'Istat, aggiungendo che il tasso tocca un massimo del 36% per le donne nel mezzogiorno. L'Istat spiega che il tasso di disoccupazione giovanile mostra ancora una crescita a livello tendenziale.



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MessaggioInviato: 21/12/2010, 18:53 
Santa miseria.... [:(]

COSTITUZIONE, DIRITTO AL LAVORO E SISTEMA MASSONICO
http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=141378



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MessaggioInviato: 27/12/2010, 14:37 
Montecitorio e Affittopoli: tutti i dettagli sugli sprechi

Canoni irrisori, affida­menti senza gara, contratti top secret, clausole cape­stro. Nell'occhio del ciclone il Palazzo Marini di Roma. Solo quest'anno, la Camera dei deputati spenderà più di 46 milioni di euro per far alloggiare...

Fonte:
http://www.wallstreetitalia.com/article ... ge=1059726

(WSI) –Ecco l’Affittopoli della Camera dei deputati. Gli spre­chi, i canoni irrisori, gli affida­menti senza gara, i contratti top secret, le clausole cape­stro. I dati «fantasma» su Montecitorio rivelati dal Gior­nale grazie anche alle difficili investigazioni dei radicali e del parlamentare Pdl Ame­deo Laboccetta.

Comincia­mo dai canoni stellari, dun­que. I gioielli più costosi del mercato immobiliare, è noto­rio, si trovano al centro della capitale. Ma quelli che valgo­no oro sono rintracciabili a metà strada tra piazza Colon­na (dove si affaccia Palazzo Chigi) e piazza di Spagna. Un esempio che rende l’idea? Pa­lazzo Marini.

È un grande sta­bile sulla centralissima via del Tritone. Buona parte dei suoi uffici – canone 2010 - so­no stati affittati alla Camera per oltre 13 milioni di euro (per l’esattezza 13.269.346 eu­ro). Lo spazio è ampio. Serve ad alloggiare gli uffici di 235 deputati, oltre a tre apparta­menti di rappresentanza. I locali appartengono alla società immobiliare Milano 90 di Sergio Scarpellini.

Un partner affidabile per Monte­citorio, visto che l’istituzione ha affittato dalla sua società non un solo stabile di queste dimensioni e con queste fina­lità istituzionali, bensì quat­tro. E nessuno con gara o avvi­so pubblico. Per un totale di 12mila metri quadrati. Locali ovviamente chiavi in mano, cioè ristrutturati e arredati se­condo il bisogno del locata­rio e forniti anche del perso­nale di vigilanza, del servizio mensa e di assistenza ai pia­ni.

La Camera solo quest’an­no spenderà più di 46 milioni di euro (stando ai dati del Bi­lancio di previsione 2010) per far alloggiare i suoi depu­tati in questi uffici. Forse spendere più di 3.850 euro l’anno al metro quadro (320 euro al mese) è una cifra piuttosto consistente.

A nutri­re questo sospetto sono stati alcuni parlamentari (Rita Ber­nardini dei radicali e Ame­deo Labocetta del Pdl) che hanno chiesto lumi all’Uffi­cio di presidenza. Non si so­no limitati a questo; hanno osato chiedere addirittura la rescissione di questi contrat­ti considerati troppo onerosi scontrandosi con i vertici bu­rocratici e politici della Came­ra, che solo alla fine si sono dovuti arrendere, dando pub­blicità ad atti finora mai resi pubblici.

La cosa però è più complica­ta di quanto possa apparire anche a chi conosce bene i punti meno «battuti» del Co­dice civile (dove peraltro è scritto che i contratti di affitto per locali ad uso professiona­le possono sempre essere di­sdetti da parte del locatario). La Camera ha stipulato il pri­mo dei quattro contratti nel ’97. Il cosiddetto «Marini 1» impegna le parti per un perio­do di «9 più 9» anni.

Il 21 set­tembre scorso, però, l’aula di Montecitorio, durante la let­tura, la discussione e l’appro­vazione del Bilancio di previ­sione del 2010, è riuscita a far passare la rescissione del con­tratto. Dal 2012 gli oltre 200 depu­tati che hanno l’ufficio in via del Tritone dovranno cercar­si una nuova sistemazione. Questo è stato possibile per­ché il «Marini 1» è l’unico dei quattro contratti che non pre­vede una clausola che vinco­la il locatario al rinnovo auto­matico.

Un vincolo davvero insolito. Che non è presente nemmeno nel contratto del cosiddetto «Marini 2» (immo­bile di via Poli 14/20). Infatti è in una lettera redatta e spedi­ta sei mesi dopo la firma del contratto che viene scritta ne­ro su bianco la rinuncia alla disdetta anticipata della loca­zione. Il contratto è stato re­datto nel luglio del ’98.

E il 17 dicembre il Servizio ammini­strazione della Camera dei deputati spedisce alla Mila­no 90 una lettera in cui si scri­ve tra l’altro: «La presente Amministrazione rinuncia formalmente alla facoltà di re­cesso anticipato, contrattual­mente riconosciutale a far da­ta dall’inizio del decimo an­no di rapporto ».

Non è casua­le la specifica del «decimo an­no » visto che nei contratti c’è scritto che la disdetta non è possibile fino al decimo anno (il primo del rinnovo automa­tico). La Camera dei deputati, quindi, rinuncerà agli uffici di via del Tritone ma non si libererà dei contratti che la le­gano alla Milano 90 per gli im­mobili denominati «Marini 2», «Marini 3» e «Marini 4». Contratti stipulati tra il ’98 e il 2000 e che quindi vedranno la loro validità esaurirsi non prima del 2016.

Secondo un calcolo appros­simativo (in virtù del fatto che ogni anno gli importi dei canoni variano perché sog­getti all’indicizzazione Istat), alla fine la Camera dei depu­tati avrà versato nelle casse della «Milano 90» oltre 540 milioni di euro nel corso di 23 anni. «Secondo questo calco­lo- spiega l’onorevole Laboc­­cetta, che insieme con la Ber­nardini (Pr) ha sollevato il problema dei costi di questi immobili - con la stessa cifra e per la stessa metratura è co­me se la Camera avesse acqui­stato immobili per un prezzo che oscilla tra 41.600 ai 50mi­la euro al metro quadrato».

Non proprio a prezzi di mer­cato ( che nella zona del Trito­ne come in tutto il centro sto­rico si aggirano al massimo sui 10mila euro al metro qua­dro). Insomma il locatario (in questo caso la Camera dei de­putati) non ha badato a spese e non ha nemmeno sottilizza­to su un fattore tutt’altro che secondario.

Al momento di prendere in affitto i locali del cosiddetto «Marini 1» (il già citato palazzo su via del Trito­ne) il proprietario non sareb­be stato in condizioni di con­cedere il affitto i locali per uso ufficio. La destinazione d’uso era un’altra. Insomma la Camera affitta a prezzi piut­tosto fuori mercato e non tro­va nulla da ridire sul fatto che quegli stessi locali non po­trebbero nemmeno essere af­fittati come uffici.

Al proble­ma si rimedia in sede di con­tratto. L’articolo 14 al punto 1 spiega che «la conduttrice Ca­mera dei Deputati dichiara di essere edotta dell’attuale de­stinazione d’uso delle porzio­ni immobiliari oggetto della locazione». Al punto 2 dello stesso articolo si va ben oltre.

«La Camera dei deputati - è scritto - attiverà, entro e non oltre giorni 15 dalla data della sottoscrizione apposta in cal­ce, ogni necessaria procedu­ra di legge per conseguire il cambio di destinazione d’uso delle porzioni immobi­­liari oggetto della locazione». Solitamente dovrebbe essere il proprietario a impegnarsi alla modifica della destina­zione d’uso e non l’affittua­rio. Secondo quanto ricostru­ito dal Giornale , il Municipio I non ha subito concesso il cambio di destinazione d’uso.Questo è stato poi assi­curato direttamente dagli uf­ficio del Campidoglio (il sin­daco di allora era Francesco Rutelli).



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MessaggioInviato: 28/12/2010, 15:59 
2011, l’Italia in ginocchio: fanta-diario della crisi

Fonte:
http://www.libreidee.org/2010/12/2011-l ... lla-crisi/

Scritto il 03/12/10

Gennaio: cade il governo Berlusconi. Consultazioni tra il Quirinale i partiti e le parti sociali. fallisce il primo mandato esplorativo affidato a Berlusconi. Folla di fronte a Montecitorio. Lancio di uova a Palazzo Grazioli. Il debito pubblico supera i 1900 miliardi. La Ue chiede all’Italia una manovra aggiuntiva rispetto alla Finanziaria di 30 miliardi. Febbraio: secondo mandato assegnato a Draghi. Cresce la disoccupazione alimentata dalla fine della cassa integrazione per decine di migliaia di lavoratori. La Confindustria dichiara che la crescita nel 2011 potrebbe essere pari a zero. Valutazione confermata dal Fmi e dalla Ue. Scioperi spontanei nella pubblica amministrazione.

Draghi nel suo primo discorso in Parlamento da presidente del Consiglio, dopo aver ottenuto una fiducia bipartisan, annuncia che i sacrifici sono Mario Draghiinderogabili e che l’Italia è sull’orlo del baratro economico. Marzo: calo delle entrate e nuovo balzo in avanti del debito pubblico a 1.940 miliardi di euro. Il rapporto debito/Pil supera la barriera del 120%. L’interesse riconosciuto dal Tesoro sui titoli di Stato italiani raggiunge quello spagnolo. Si ipotizza un prestito ponte all’Italia da parte della Ue e del Fmi di 200 miliardi con condizioni non negoziabili sul fronte della riduzione del debito, delle pensioni e del personale del pubblico impiego.

Aprile: disordini sociali in tutta Italia. Berlusconi non rientra da un viaggio ad Antigua. Draghi annuncia in diretta televisiva il blocco quinquennale dei titoli di Stato ai detentori italiani, ai quali verrà comunque corrisposto l’interesse. Viene allungato di due anni il periodo di congelamento degli aumenti nel settore pubblico. E’ deliberata l’abolizione delle Province e l’assorbimento del personale nelle Regioni di appartenenza e reintrodotto l’Ici per la prima casa. Maggio: flessione del 6% del gettito fiscale. La crescita zero del Pil per il 2011 potrebbe diventare negativa. Napolitano in diretta televisiva e a reti unificate esorta alla coesione sociale e alla solidarietà nazionale. Tensioni per la mancata vendita di parte dei titoli di Stato.

Giugno: si profila l’uscita dell’Italia dall’euro. Draghi avvia misure eccezionali per risanare la finanza pubblica. Prelievo del dieci per mille dai conti correnti, tetto massimo per le pensioni a 2500 euro e innalzamento dell’età pensionistica di due anni. Luglio: le banche italiane sono investite dalla bolla immobiliare. Crollo dei titoli bancari e delle società immobiliari quotati in Borsa. Fallimento di alcune società del settore. Occupazione di immobili sfitti in molte città italiane. Emergono legami insospettabili tra criminalità organizzata, politici e imprenditori nel mercato immobiliare. Draghi vara Berlusconiuna legge per scoraggiare la delocalizzazione delle imprese italiane all’estero.

Agosto: fuga di capitali dall’Italia e aumento della disoccupazione in particolare al Sud. Rivolte spontanee per beni di prima necessità in Campania e in Sicilia. Dell’Utri condannato anche in Cassazione entra in carcere. Il Pdl si scioglie spontaneamente. Inizio dell’iter parlamentare per una nuova legge elettorale. Beppe Grillo presenta in Senato la legge di iniziativa popolare: “Parlamento Pulito”. Settembre: il debito pubblico supera quota 2.000 miliardi. Piano per un taglio di un terzo dei dipendenti della Pa in cinque anni. Diminuzione dei consumi. L’Italia evita per ora l’uscita dall’Euro. Aumenta la forbice tra il rendimento dei titoli italiani e quelli tedeschi.

Ottobre: uno sciopero generale paralizza per due giorni il Paese. Contestazioni ai sindacati. Schifani lascia la carica di presidente del Senato per motivi personali. Il nuovo presidente appartiene al Pd per rafforzare il governo tecnico di unità nazionale. L’ipotesi di elezioni per il 2012 si allontana per paura di un default. Novembre: l’Italia è stremata dalla disoccupazione e dall’aumento dell’inflazione. Draghi avvia un maxi Beppe Grilloprogramma di recupero dell’evasione fiscale da 50 miliardi all’anno basato sulle proprietà effettive. Sono decurtati del 50% i finanziamenti pubblici ai partiti e del 100% ai giornali.

Dicembre: tassa patrimoniale e aumento dell’imposizione fiscale sui depositi e sui conti correnti sono l’ultimo atto del 2011 del governo. L’Italia termina l’anno con una previsione di crescita dell’uno per cento del Pil nel 2012 e una disoccupazione del 22%. Berlusconi non è mai rientrato da Antigua dove lo hanno raggiunto tra gli altri Bondi, Cicchitto, Fede, Gasparri e Letta per ragioni di incolumità personale.

(“2011, il diario della crisi”, dal blog http://www.beppegrillo.it).



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