150 Anni dell'Unità d'Italia –
“Garibaldi non è stato un eroe”.
: Fanpage intervista Gustavo Rinaldi
7 marzo 201117:26pubblicato da Giovanni Carzana 71

Il 17 marzo 2011 ricorrono i 150 anni dell’Unità d’Italia. Una celebrazione che sembra essere balzata agli onori della cronaca più per le polemiche relative alle scuole e agli uffici chiusi che per il reale significato di questa data. Il 17 marzo 1861 venne proclamato infatti il Regno d’Italia e viene ricordata come la data “ufficiale” della nascita della nostra nazione.
Ci ha pensato Roberto Benigni con la sua perfomance a Sanremo a riportare la luce dei riflettori sul valore storico dell’Unità d’Italia. L’esibizione del comico toscano al Teatro Ariston, definita da alcuni uno dei momenti più alti che la Tv italiana ricordi, ha spaziato dall’Inno di Mameli alle figure principali del Risorgimento italiano (Garibaldi su tutti).
Proprio all’Eroe dei Due Mondi è dedicato il nuovo volume di Gustavo Rinaldi. Garibaldi – L’avventuriero, il massone, l’opportunista, il titolo dell’opera. Come si può facilmente intuire Rinaldi, scrittore e storico (già autore dei volumi 1799: la Repubblica dei traditori e Il Regno delle Due Sicilie: tutta la verità), analizza in chiave critica il condottiero della spedizione dei Mille.
“Sicuramente non è stato un eroe per le popolazioni duosiciliane, prima illuse e poi ingannate”, sostiene Gustavo Rinaldi; “fu lui stesso ad ammetterlo, anni dopo, nel 1868, testualmente: Gli oltraggi subite dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili…non rifarei oggi la via dell’Italia meridionale, temendo di essere preso a sassate“. Inoltre, tra i temi al centro dell’intervista, le condizioni economiche del Regno delle Due Sicilie e la Questione Meridionale.
A suo giudizio è giusto celebrare i 150 anni dell’Unità d’Italia?
“La celebrazione dell’Unità d’Italia, a distanza di 150 anni, non può prescindere dal riconoscere, ammettere che quell’unità, per quanto riguarda il Regno delle Due Sicilie, fu ottenuta contro la stragrande maggioranza degli abitanti di quel Regno. Fu una vera e propria invasione, garibaldina prima, piemontese poi; un’aggressione militare (da parte piemontese) senza alcun casus belli, senza dichiarazione di guerra, in violazione di tutti i trattati internazionali allora in vigore, calpestando il sacrosanto diritto all’autodeterminazione dei popoli attraverso lo svolgimento di un plebiscito fasullo, una vera e propria farsa, un imbroglio sotto tutti i punti di vista”.
Come descriverebbe il Risorgimento da un punto di vista storico?
“Il Congresso di Vienna del 1815, dopo la definitiva sconfitta di Napoleone Bonaparte, sancì la restaurazione degli Stati italiani quali erano prima delle invasioni francesi, con due importanti eccezioni: la Repubblica di Genova fu annessa al regno di Sardegna e quella di Venezia all’Impero asburgico, sic et simpliciter. I genovesi si ribellarono a quella forzata annessione nel 1849: Genova fu bombardata e saccheggiata. Il Lombardo-Veneto mal tollerava, ovviamente, la sia pur illuminata amministrazione asburgica: gli austriaci erano stranieri, a tutti gli effetti. Non a caso la cosidetta prima guerra d’indipendenza vide la partecipazione di tutti gli Stati italiani contro l’Impero asburgico, compreso il Regno duosiciliano. Italiani contro Austriaci. Così iniziò il Risorgimento: la cacciata dello straniero dalla penisola ne era il collante. Dopo, invece, il Regno di Sardegna, per meri interessi personali, scatenò una guerra fra italiani, quale fu l’invasione del Regno delle Due Sicilie, e non fu più Risorgimento”.
Cosa ne pensa dell’esibizione di Roberto Benigni a Sanremo, dedicata principalmente ai 150 anni dell’Unità d’Italia?
“Benigni è un grande comico. Parlare dell’unità d’Italia è cosa seria”.
Cosa è accaduto in particolare a Pontelandolfo e Casalduni durante il Risorgimento?
“Le Marzabotto delle Due Sicilie. Truppe regolari dell’esercito piemontese, da poco italiano, commisero crimini orrendi contro l’umanità. Un esempio per tutti: le stragi di Pontelandolfo e Casalduni del 1861. Il maggior responsabile di quegli eccidi, il generale Enrico Cialdini, dovrebbe essere etichettato, riconosciuto, condannato quale criminale di guerra e, invece, il suo nome campeggia ancora sulle facciate delle caserme dell’esercito italiano come se fosse stato un eroe”.
Lei ha da poco pubblicato un volume dedicato a Giuseppe Garibaldi. Come descriverebbe in estrema sintesi la figura di colui che è passato alla storia come l’Eroe dei Due Mondi?
“Avventuriero, massone, opportunista come nel titolo del mio ultimo libro. Di eroico, poco o niente, come si dimostra, a parer mio, leggendo il testo. Sicuramente non è stato un eroe per le popolazioni duosiciliane, prima illuse e poi ingannate. Fu lui stesso ad ammetterlo, anni dopo, nel 1868, testualmente: Gli oltraggi subite dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili…non rifarei oggi la via dell’Italia meridionale, temendo di essere preso a sassate. In sintesi, fu un burattino nelle mani del prestigiatore Cavour”.
Quello del Regno delle Due Sicilie era “inquadrabile” come un dominio straniero del Sud Italia?
“Il Regno delle Due Sicilie era uno Stato autonomo, indipendente, retto da una monarchia diventata autoctona ben prima del 1860. Duosiciliani erano i componenti del Governo, della Magistratura, delle Forze Armate e di Polizia, della P.A., delle Università ecc. ecc. Stranieri erano i turisti e gli imprenditori stranieri che trovavano remunerativo investire in quelle province, senza alcun incentivo statale! Stranieri anche i Reggimenti svizzeri, sciolti nel 1859, che erano solo una piccola componente dell’Esercito. Truppe mercenarie, certo, come la legione ungherese nel Regno
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