10/03/2011, 11:47
10/03/2011, 12:22
10/03/2011, 13:50
http://www3.lastampa.it/economia/sezioni/articolo/lstp/392521/
[color=blue]Italia e Francia fanno il test all’euroregione
Intorno alle Alpi un’area di scambi più ricca della Svizzera
MARCO ALFIERI
MILANO
Una macro area da 17 milioni di abitanti, un milione e mezzo di imprese, 500 miliardi di Pil di cui 9,5 spesi per l’innovazione e 8 mila strutture alberghiere. Se usassimo la graduatoria sugli stati della Banca mondiale, l’aggregato si collocherebbe al 17#730; posto assoluto per ricchezza davanti a Paesi come Turchia, Belgio, Svezia, Polonia e Svizzera.
Il punto è che il territorio stretto tra le Alpi e il Mediterraneo (AlpMed) non è uno stato classico ma qualcosa di più originale, una Euroregione che accorpa le aree transfrontaliere di Francia e Italia: Piemonte, Liguria, Valle D’Aosta, Rhône-Alpes e Provenza-Costa Azzurra (Paca). AlpMed è un territorio variegato che ogni giorno, sottotraccia, scava il vincolismo novecentesco dello Stato-nazione, scambiandosi merci, idee, beni e turisti molto più di quanto facciano con altre regioni italiane o francesi. Per qualcuno è l’europeismo del futuro: l’integrazione per macroregioni omogenee.
Anche se con quote in riduzione, causa globalizzazione (nel 1970 il Piemonte faceva il 25% dell’export italiano verso la Francia), la vicinanza geografica continua a giocare un ruolo: Parigi resta il primo mercato per le esportazioni delle 3 regioni italiane dell’AlpMed (pari al 16% del totale nazionale). Automotive e meccanica dall’Italia alla Francia; prodotti chimici e metallurgia dalla Francia all’Italia. Per un flusso di export complessivo che supera gli 11 miliardi di euro l’anno.
Sui legami storici si potrebbero scrivere paginate. Dai Savoia tra Chambéry e Torino alla storia dell’industria dei fiori che nasce a Ospedaletti il 3 maggio 1874 da una rudimentale joint venture tra Luigi Bessi, che ogni giorno va al mercato per acquistare fiori dall’ortolano, e il commerciante parigino Julien, che sverna tra Sanremo e Nizza. Da quel giorno la Julien & Bessi spedirà nella capitale francese 2 ceste quotidiane di violette di Taggia e di rose del Poggio. E’ la prima azienda floreale del mondo.
E ancora. Dall’interscambio del Piemonte sulla via della seta con Lione (un terzo dell’attivo commerciale post Unità d’Italia verrà per molti anni dall’export di seta grezza), all’avventura francese di Casa Agnelli (negli Anni 60 Parigi è il secondo mercato di Fiat), culminata nel tentativo, bocciato dal nazionalismo economico del generale De Gaulle, di prendersi Citroën per fare un grande polo italo-francese. Il resto è cronaca. La Costa Azzurra invasa ogni estate dai piemontesi, non senza battute salaci dei francesi - «con le seconde case vi siete praticamente ripresi Nizza...»- e più in generale l’interscambio turistico: 649.300 italiani sbarcati nel 2009 in Rhône-Alpes e Paca (il 13% dell’incoming straniero) e 408.321 francesi in Piemonte, Liguria e Val D’Aosta (19%). Eppure non si era mai avuto contezza statistica dei legami transfrontalieri. Il rapporto «Colloque franco-italien» che verrà presentato oggi comincia finalmente a colmare la lacuna, ragionando sulla scala AlpMed, l’Euroregione nata nel gennaio 2008. In Piemonte, ad esempio, sono localizzate oltre 100 imprese francesi che impiegano complessivamente 17.000 addetti. Ci sono multinazionali storiche come Michelin, l’Oréal e Saint-Gobain insieme a controllate più recenti come Akka Italia, Dassault Systémes e Alstom Ferroviaria. Così come in Rhô ne-Alpes e Paca ci sono 470 stabilimenti tricolore, per 15 mila addetti.
Passando per i 12 poli d’innovazione piemontesi mutuati dall’esperienza francese dei «Pôles de compétitivité»: 7 Park già collaborano con i loro omologhi transalpini sulle filiere dell’energia rinnovabile, l’agroalimentare, il biomedicale, l’edilizia sostenibile e le biotecnologie. Tutto bene dunque? Non proprio. Per il rapporto gli scambi crescono ma le istituzioni sono molto più indietro dell’economia. Mauro Oggero, ad di Foca costruzioni di Villarbasse, dice che «per noi il mercato francese è uno sbocco più naturale che andare nel Sud Italia». Ma ci sono «difficoltà nel tradurre l’eurocodice e c’è poco interfaccia bancaria tra le due sponde delle Alpi».
Una riserva condivisa dal francese Philippe Chapalain, ad di Go Concept, società di consulenza: «Insediarsi in Piemonte è l’ideale per la sua posizione baricentrica e perché si pescano buoni manager». Anche se «manca uno statuto economico transfrontaliero che fissi alcune regole uguali per tutta l’Euroregione». Insomma se l’interscambio cresce, lo spontaneismo non basta più. Ora serve la politica per guidare i processi.[/color]
10/03/2011, 18:58
rmnd ha scritto:
10/03/2011, 21:23
DarthEnoch ha scritto:[
@Bleffort: quell'inno è orribile! XD
10/03/2011, 21:30
bleffort ha scritto:DarthEnoch ha scritto:[
@Bleffort: quell'inno è orribile! XD
L'Inno anche se l'ho postato io,non riesco a vederlo!.
A poi se è orribile,lo potremmo rifare,""più bello e più gioioso che pria"".
(risentendolo non è così male)
Come sarebbe se facessimo un sondaggio sull'Inno da adottare?.
In lingua Siciliana deve essere.
10/03/2011, 22:20
DarthEnoch ha scritto:bleffort ha scritto:DarthEnoch ha scritto:
[quote][
@Bleffort: quell'inno è orribile! XD
L'Inno anche se l'ho postato io,non riesco a vederlo!.
A poi se è orribile,lo potremmo rifare,""più bello e più gioioso che pria"".
(risentendolo non è così male)
Come sarebbe se facessimo un sondaggio sull'Inno da adottare?.
In lingua Siciliana deve essere.
Ma l'inno di cosa?? xD occupiamoci di cose che esistono per ora..
10/03/2011, 22:29
bleffort ha scritto:DarthEnoch ha scritto:bleffort ha scritto:
[quote]DarthEnoch ha scritto:
[quote][
@Bleffort: quell'inno è orribile! XD
L'Inno anche se l'ho postato io,non riesco a vederlo!.
A poi se è orribile,lo potremmo rifare,""più bello e più gioioso che pria"".
(risentendolo non è così male)
Come sarebbe se facessimo un sondaggio sull'Inno da adottare?.
In lingua Siciliana deve essere.
Ma l'inno di cosa?? xD occupiamoci di cose che esistono per ora..
11/03/2011, 06:45
rmnd ha scritto:
Grazie all'unità d'Italia e a una secolare classe politica di matrice meridionale ecco il grande contributo del meridione al nord.
Dna: "Enorme potere della ndrangheta. ha colonizzato tutta la Lombardia"
http://www.libero-news.it/news/686339/Dna___Enorme_potere_della__ndrangheta__ha_colonizzato_tutta_la_Lombardia_.html
[color=blue]«Pulce»: piccoli gangster a Quarto Oggiaro
di Giorgio Sturlese Tosi
«A scuola non ci voglio andare e nella vita non voglio fare niente». Lo diceva alla fine di febbraio, mentre smontava la targhetta di un motorino quasi certamente rubato nel cortile della sua casa popolare di Quarto Oggiaro, a Milano: tre stanze sporche da dividere in sette. Stava per compiere 13 anni e il regalo se lo sarebbe fatto da solo, rubandolo. «Pulce» aveva accettato di malavoglia di parlare con il cronista di Panorama. Felpa rossa, sigaretta in bocca e cappuccio in testa per non farsi riprendere in volto, come un vero criminale, aspettava nervoso che i suoi complici gli portassero un’altra targa da montare sullo scooter. Gracile, minuto, ma con lo sguardo torvo e sospettoso acceso su un ovale di bambino incorniciato dai corti capelli castani, Pulce è il capo della banda di Quarto Oggiaro arrestato martedì 1° marzo: il più giovane «bandito» di un quartiere per decenni culla della malavita più dura, in bilico tra un passato di degrado e un futuro di rappacificazione sempre a portata di mano ma mai raggiunto.
Cacciato da scuola in prima media, trascurato dalla madre pregiudicata e dal padre carcerato, Pulce era già evaso da una comunità per il recupero dei minorenni, dove era entrato ad appena 11 anni. Nessuno si occupava di lui, ma in tanti gli davano la caccia: due stazioni dei carabinieri, la polizia locale e il dirigente del commissariato di zona, il vicequestore Angelo De Simone. Gli agenti per mesi lo hanno pedinato, lo hanno osservato crescere, hanno controllato chi fossero i suoi amici, mostrando la sua foto a decine di vittime di rapine. Ma Pulce cresceva solo, insieme alla sua banda (la sua vera famiglia) di cui era il capo, nonostante fosse il più giovane. Il grado se l’era guadagnato sul campo.
Racconta il poliziotto che con amarezza è andato a prenderlo a casa che quel bambino dalla faccia d’angelo ha comandato e guidato almeno 11 assalti a donne, ragazzi e coetanei. Innumerevoli i colpi per i quali è sospettato. Rapine violente, messe a segno alla stazione di Quarto Oggiaro o nel centro commerciale Metropoli, gigantesco simulacro di città luminosa in un quartiere altrimenti sempre spento. Secondo gli inquirenti era Pulce a scegliere le vittime, a dare il segnale, a scatenare la violenza. Lui che prendeva a testate, calci e pugni ragazzi ben più grossi di lui, sopraffatti dalla sua furia. E quando le botte non bastavano, era sempre Pulce il primo a estrarre il coltello. O la pistola, forse giocattolo, forse no.
Nella stanza dove dormiva, a casa sua, sotto la branda che la notte viene stesa al posto del tavolo da pranzo, gli agenti hanno trovato 16 cellulari rubati, coltelli, due pistole e un mitra finti. Nel suo, di cellulare, c’erano i video che lo ritraggono in posa con le armi, come un gangster anni Trenta, o mentre impennava il motorino. Atteggiamenti preoccupanti che coincidono con una valutazione psichiatrica di qualche anno fa: depressione, ipercinecità, violenza. Per questo stavolta non l’hanno portato nella solita comunità, ma in un centro terapeutico con esperti neuropsichiatri.
Pulce era cresciuto all’ombra dei clan Tatone e Carvelli, monopolisti del traffico e dello spaccio di droga. Suo fratello, allora appena dodicenne, e i suoi amici venivano impiegati come «cavallini»: consegnavano le dosi ai tossici, perché la loro età li metteva al riparo dalle denunce.
Poi la polizia ha sgominato i clan ed è venuta a mancare la fonte di reddito per decine di ragazzi. Che si sono messi in proprio, dedicandosi alle rapine e seminando il panico nel quartiere: ignorato dagli assistenti sociali, dagli educatori e persino dagli istituti scolastici, che facevano volentieri a meno di quegli alunni che scagliavano i tavoli addosso agli insegnanti.
In questo deserto istituzionale solo gli sbirri, come qui molti chiamano i poliziotti, non hanno fatto finta di niente. E dopo avere arrestato i veri boss hanno dovuto occuparsi dei loro eredi. Ragazzini e adolescenti che sentono fortissimo il legame di appartenenza al gruppo, tanto che anche quando finiscono al carcere minorile Beccaria si riuniscono come gocce di mercurio e spadroneggiano persino sui più violenti maghrebini.
Il loro verbo lo hanno inciso sulle pareti delle celle di sicurezza del commissariato, dove periodicamente passano una giornata: «Lo Stato manca, la mafia canta, in tutta Milano è Quarto Oggiaro che comanda».
«I miei amici fanno soldi spacciando pippotti (dosi di cocaina, ndr)» ha detto Pulce a Panorama, prima di essere fermato. «Che male c’è?». La madre era un fiume di parole in piena. Ha traversato molte tempeste e non ha più speranze. Raccontava, mentre con i capelli scarmigliati serviva ai figli la cotoletta alla milanese, che nessuno l’ha mai aiutata, nonostante un marito in carcere, una figlia grande pregiudicata e un altro figlio già evaso da una comunità di recupero per minorenni. «Non ci stavo bene» spiegava il quindicenne, bello, duro e minuto pure lui «e un giorno, semplicemente, me ne sono andato». Lui, il fratello maggiore, è anche il solo che Pulce ascoltava. Ma non ne avvertiva la responsabilità: «La vita è sua» diceva prima dell’arresto «quando sbatterà la testa capirà cosa è meglio per lui». Il 1° marzo gli agenti di Quarto Oggiaro sono andati a prendere pure lui, destinazione Beccaria.
Così Pulce, bambino troppo grande, ha già preso in mano la sua vita. Per giorni, in febbraio, Panorama aveva chiesto ai servizi sociali di lui, ma nessuno sembrava essere consapevole della sua situazione. Solo lo sbirro lo conosceva bene, ma non poteva che fare il suo mestiere.
La polizia ogni giorno censisce i membri delle baby gang, tenta di avviarli verso le parrocchie che s’impegnano per togliere i ragazzi dalla strada, segnalano i casi più gravi agli assistenti sociali del comune. Tanti minorenni in difficoltà, come Pulce, che hanno anche rispetto verso Gianmario Monza: prete di frontiera, vero missionario in patria, il solo a tentare di offrire un’alternativa ai giovani. Ma a «don Giamma» un sedicenne ha spiegato: «Io, spacciando, porto a casa 3 mila euro al mese. Quei soldi servono anche ai miei genitori. Finché non mi prendono, ne vale la pena». Una filosofia che a Quarto Oggiaro fa molta presa. E che Pulce sembra avere deciso di seguire. Finché non ci ha sbattuto la testa. Pulce ha scalciato, ha dato di matto, ha offeso gli assistenti sociali e all’ispettore ha urlato: «Tanto ti aspetto fuori e t’ammazzo col kalashnikov». Poi, al momento di entrare in comunità, è tornato bambino. E ha chiesto di essere riportato dai genitori.
* redazione
* Giovedì 10 Marzo 2011[/color]
http://blog.panorama.it/italia/2011/03/10/%C2%ABpulce%C2%BB-piccoli-gangster-a-quarto-oggiaro/
11/03/2011, 10:56
11/03/2011, 11:35
11/03/2011, 12:00
17/03/2011, 11:45
[color=blue]Fratelli d’Italia, Unita e Mafiosa?
http://www.legnostorto.com/index.php?option=com_content&task=view&id=31558
Ora si festeggia l’Unità d’Italia: evviva evviva.
Cosa che ha suscitato polemiche per via di alcuni mugugni leghisti, sottolineati da quella Sinistra che fino a ieri se uno canticchiava l’Inno di Mameli, come ha fatto il Benigni a Sanremo, proprio il Benigni e i suoi compari comunisti lo avrebbero indicato al pubblico ludibrio come fascista.
Non male come esempio di opportunismo: altro che quello imputato a Scilipoti.
Da tempo, e cioè da quando questo Governo ha cominciato a combattere le Mafie, strano caso spuntano “eroici” denunciatori del fenomeno, come quel bravo ragazzo di Saviano, che ci informano di come le Mafie si siano espanse al Nord d’Italia e d’Europa: ‘Ndrangheta in primis.
Ma va?
Da decenni i leghisti, e non solo loro, denunciano la demenzialità di provvedimenti presi fin dagli anni Sessanta, e forse da prima, come quello del “soggiorno obbligato”, per cui gente mafiosa veniva “esportata” nel centro-nord del Paese, con la pia illusione che tolta dal proprio alveo geo-culturale, si integrasse nel sano tessuto sociale di quelle contrade. Dimenticando il fatto che in un cestino è la mela marcia che tende a contagiare la altre.
Ma la demenzialità di chi ha ideato tal provvedimento, sta nel fatto di non aver pensato una cosa che sarebbe stata evidente anche ad un bimbo del giardino d’infanzia: e cioè che essendo anche allora (ma lo sapevano?) a disposizione di tutti telefoni e telegrafi, i mafiosi trapiantati al centro-nord, potessero comodamente dare e ricevere ordini alla e dalla propria “casa madre”, in Sicilia o in Calabria, anche da cabine ed esercizi pubblici.
E allora la moda delle intercettazioni non era così diffusa come oggidì.
Oggi, da come la mettono i superficiali dell’informazione, passa il concetto che “la Mafia sta al Nord”. Tanto che pare che tale fenomeno sia storicamente da ascriversi anche tradizioni socioculturali padane e/o centroappenniniche. Portando ad esempio il recente scioglimento del Comune di Bordighera per infiltrazioni mafiose.
Tale politica dell’informazione compie pertanto una perniciosissima opera di disinformazione, innanzitutto a fini politici, in primis per delegittimare le istanze leghiste del Federalismo Fiscale.
Perché in fondo siam tutti mafiosi.
Per fermare quel Federalismo che, dicevo, guarda caso, contribuirà più di tutto il resto a salvaguardare la tanto strombazzata “Unità” del Belpaese.
Costringendo le Regioni del Sud malate, come se non bastassero le Mafie, di assistenzialismo, afflitte da sperperanti consuetudini ed altri accidenti di cui pur scriveva Tucidide, come la poca coesione sociale all’insegna dell’ognun per se e gli Dèi per tutti, a mettersi, come si dice a Milano, un’elica nel c… e a darsi veramente da fare.
Il bisognino, si sa, fa trottar la vecchia.
Posso testimoniare: all’epoca del Referendum sulla Devoluzione (do you remember?), udii politici di sinistra, in Sicilia, arringare gruppi di picciotti, prospettando il pericolo che altrimenti non sarebbero più arrivati i “piccioli”.
Quando pertanto si odono pistolinate inenarrabili, in tal senso, nelle trasmissioni televisive, sarebbe il caso che qualcuno chiedesse al savianello di turno (che è come il Tavernello del pensiero politically correct), come mai dalle masse di Veneti, ad esempio, che emigrarono, per fuggire la miseria, in Brasile e in Argentina, per non dire di quelle che arrivarono nelle paludi maremmane o in quelle pontine per dissodarle, non vennero mai fuori degli Al Toffolin o dei Lucky Preganziol. Tant’è che della biblica emigrazione veneta, quasi nessuno si ricorda e mai si parla.
Tremonti, ad Annozero, è stato molto chiaro: senza la Regioni meridionali, l’Italia starebbe alla pari con i tassi di sviluppo tedeschi.
Quindi la strepitosa lotta alle Mafie che il governo dello Sbaciucchiafemmine di Arcore (pure lui in odor di Mafia, secondo gli Ingroia e i Travaglio), sta conducendo con un successo mai visto prima (alla faccia del vetero comunista Bersani e di quel folkloristico di Di Pietro), e l’applicazione di un ferreo Federalismo Fiscale (per carità, supportato al più presto da quello politico che prevede un Senato delle Regioni), oltre che la Riforma della Gelmini, (che sta andando a regime) e quella ora così osteggiata della Giustizia, saranno il vero collante che terrà unito in futuro il Belpaese.
I bastoni tra le ruote messi con sfiducie varie e con delegittimazioni becere, dalla premiata ditta Bersani&Di Pietro&Fini&Casini, beceristicamente supportata dal giornale dei Poteri Forti, il cui editore è tessera numero uno del Pd, Repubblica, a questo Governo per fini meramente di giochi di Palazzo antiberlusconiani (e ti pareva), la dicono lunga, malgrado la loro roboante retorica sul Tricolore, sul loro effettivo senso di responsabilità nei confronti di questa Nazione.
Buona Festa a tutti.[/color]
17/03/2011, 12:06