Il prof. Mauro Pesce, al lettore Andrew, che chiede una sua opinione sugli studi di Emilio Salsi e Giancarlo Tranfo, sulla storicità di Gesù Cristo, risponde lapidariamente: “pur rispettando le loro persone penso si tratti di lavori non fondati storicamente”.
Liquida in un solo rigo quello che per l’ autore del libro Giovanni il Nazireo detto “Gesù Cristo” e i suoi fratelli ha costituito il lavoro intenso e meticoloso di molti anni. Non mi sembra un metodo consono ad uno storico del cristianesimo, ad uno studioso che conosce le insidie e le incognite che pesano come macigni sulla delicatissima questione della storicità della figura di “Gesù Cristo”.
Sarebbe interessante capire cos’è storicamente fondato in un campo in cui sono state evidenziate manipolazioni, contraffazioni, menzogne, “testimonianze”, più di fede che di fatti. E’ lo stesso prof. Pesce a sollevare dubbi sulle fonti che abbondano enormemente e che da tante direzioni spingono per essere suffragate come “storiche”, anche se alla fine di storico rimane ben poco.
“Negli ultimi decenni la riflessione storiografica ha portato, se non ad una sfiducia verso i propri metodi , sicuramente ad una maggiore consapevolezza del loro funzionamento e dei loro limiti. Come è ormai pacifico, nelle sue ricostruzioni, lo storico inserisce il suo punto di vista, la sua cultura, finalità estranee ai testi e ai fenomeni osservati. Per quanto cerchi di adattare il suo bagaglio concettuale all’oggetto della ricerca, riesce di rado a sbarazzarsi del filtro personale con cui studia le cose. Se diventiamo consapevoli di questo, fino a che punto possiamo ritenere affidabile una ricostruzione storica? Esistono varie prospettive del passato, ognuna con una sua legittimità, certezze assolute ormai non ce ne sono più” (Ipotesi su Gesù di M. Pesce e C. Augias, pag.
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Se non ci sono certezze assolute, come Lei dice, non si può tranciare di netto l’ipotesi di Salsi come infondata storicamente. Sulle fonti storiche, alla domanda di Augias, Pesce risponde: “Si tratta di un complesso apparato di testi… E’ consentito valutare storicamente la figura di Gesù solo inquadrandola nella struttura culturale del tempo…
La grande sfida della ricerca storica è proprio confrontare le fonti riferendole al contesto archeologico, politico, letterario, linguistico, storico della terra d’Israele e del mondo greco-romano del I secolo”.
Esattamente la strada che ha percorso Emilio Salsi, confrontando i testi di Tacito, Giuseppe Flavio, Plinio il Giovane, Giustino, Origine, Tertulliano, i Rotoli del Mar Morto, i Vangeli canonici e quelli Apocrifi, gli Atti degli Apostoli, l’archeologia, la geografia, l’orografia e la numismatica, pervenendo a risultati sorprendenti, tra i quali:
• Tacito, storico accreditato presso l’Impero romano non poteva confondere la funzione di Prefetto con quella di Procuratore, attribuita a Ponzio Pilato negli Annales (come se uno storico moderno confondesse la figura del Presidente di Provincia con quella di Governatore di Regione). Emergono fondate ragioni di manipolazioni del principale documento di “storicità”;
• Giuseppe Flavio, in Antichità Giudaiche - Testimonium Flavianum – non conosceva Gesù come “Cristo”. Sono le affermazioni di stupore di Origine che, leggendo le opere di Flavio, non trova riscontro. A riferirlo è Eusebio di Cesarea. Si evince che anche l’altro documento “storico” sia stato manipolato successivamente.
• La città di Nazaret, secondo Luca, Marco e Matteo, corrispondeva a Gàmala ed era la città di Giuda il Galileo;
• Le Natività di Gesù, il 6 d.c. per Luca e il 6 a.c. per Matteo, sono false;
• Gli apostoli neotestamentari, compreso Paolo di Tarso, non sono mai esistiti;
• La figura di Gesù rappresenta l’idealizzazione della vita di Giovanni figlio di Giuda il Galileo, crocefisso il 36 d.c.
Le conclusioni a cui perviene Salsi hanno una loro legittimità non meno di altri studiosi, in quanto frutto di ricerche, comparazioni storiche, logica e razionalità.
Sicuramente apportano un contributo alla comprensione di una delle più intricate vicende della storia e introducono serie riflessioni sulle fonti che da tante parti venivano considerate “verità storiche”.
Per le persone di fede getteranno scompiglio e smarrimento e verranno certamente rigettate con pregiudizio. Per le persone che guardano alla storia con atteggiamento laico e razionale susciteranno vivo interesse.
Sembra opportuno chiedere un ampio dibattito fra gli specialisti del settore, un libero confronto di opinioni sul tema controverso. Quello che non serve è la censura e tanto meno il rifiuto da parte delle Istituzioni religiose o da personalità accademiche di spicco.
Domenico Contartese contartese@libero.it