20/06/2011, 19:36
20/06/2011, 19:47
20/06/2011, 19:51
20/06/2011, 19:57
21/06/2011, 01:21
Sheenky ha scritto:
[i]In questo articolo di Patricia Resch, la dottoressa Berrenda Fox ci mette in evidenza i cambi cellulari e del DNA. Fox è una facilitrice olistica del centro Avalon Wellness in Mount Shasta, California. La clinica Avalon rappresenta la re-emergenza dell'ideale di guarigione come si praticava nell'originale isola di Avalon. La dottoressa ha dato prove, attraverso analisi del sangue, che in realtà hanno sviluppato nuove catene di DNA.
Fonte: http://propredict.blogspot.com/2005/01/dr-berrenda-fox-provides-evidence-of.html
It has come to our attention that you are running an article on your page for which we hold the copy right. Please remove the article about Dr. Berrenda Fox and the 12 strands of DNA she claims to have proven. After that interview was printed we discovered that she had lied to us, falsified data about tests she never conducted, and injected her subjects with testosterone without their knowledge. She was sent to jail for this and her ”clinic” was shut down.
Dawn Fazende
Patricia Resch
PS: And Yes we are aware that other people have not withdrawn the article from their sites. We believe that is because they are attached to the idea of the 12 strands of DNA we are believed to have lost but are now regaining through our efforts with spiritual practices. Some people choose to believe and propagate Fox's lies because she backs their theories. The writers of the article they are running have tried diligently to corrected themselves. We believe that the truth can stand alone and does not need this sort of falsified nonsense to back it up. Fox lied to make money off of innocent people. She lied to cash in on our beliefs about the changes the planet is making. She took advantage of us and many others. She is nothing but a con-man(woman) who could not care less about our DNA. All she cares about is her pocketbook. Please do not continue to help her cheat people. Someday a legitimate scientist will verify our evolutionary changes. Fox is not that person.
Blessings,
Dawn Fazende
Editor, Mount Shasta Magazine
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21/06/2011, 10:46
21/06/2011, 11:10
Sheenky ha scritto:
Non ho ben capito... perchè sarebbe un falso?
21/06/2011, 11:37
zakmck ha scritto:
"Dopo che l'intervista è stata pubblicata abbiamo scoperto che aveva mentito, falsificato i dati sui test che non ha mai condotto, iniettato testosterone ai suoi soggetti a loro insaputa. Per questo motivo e' stata mandata in carcere e la sua clinica è stata chiusa."
21/06/2011, 23:18
Sheenky ha scritto:
Prima dicono che non ha mai condotto test, e poi dicono che ha iniettato testosterone ai suoi pazienti? Quindi i test li ha fatti. Non è un controsenso?
22/06/2011, 10:21
25/06/2011, 14:43
21/07/2011, 16:56
Il Nobel Montagnier: "Il dna si teletrasporta da cellula a cellula"
Una ricerca dello scienziato francese dimostrerebbe che i geni viaggiano sulle onde elettromagnetiche. Ma non tutti sono d'accordo
14 gennaio 2011 di Fabio Deotto
Il 1953 è stato l’anno della scoperta della conformazione a doppia elica. Il 1968 quello degli enzimi di restrizione, capaci di tagliare il dna in particolari punti. Nel 1983 Kary Mullis ha inventato la PCR, un sistema per riprodurre velocemente copie identiche di un segmento di dna. Il 2001, poi, è stato l’anno del sequenziamento del genoma umano. Il 2011, invece, potrebbe essere l’anno della scoperta delle proprietà elettromagnetiche del dna.
In questi giorni, infatti, il premio nobel Luc Montagnier ha reso pubblici gli ultimi risultati di una ricerca potenzialmente rivoluzionaria su come il dna sarebbe in grado di “ teletrasportarsi” tramite emissioni elettromagnetiche. L’ipotesi dello scienziato francese è che i singoli filamenti di dna (e, volendo, anche i singoli geni) sono in grado di emettere onde elettromagnetiche che si propagano attraverso la formazione di nanostrutture d’acqua. Non solo, questa proprietà permetterebbe ad alcuni microorganismi di infettare cellule a distanza, con un processo che ricorda il teletrasporto.
Ma partiamo dall’inizio: la dimostrazione delle proprietà elettromagnetiche del dna.
Lo strumento utilizzato dalla squadra di ricerca consiste in un solenoide all’interno del quale viene alloggiata una provetta contenente la soluzione biologica da analizzare. Il materiale biologico viene eccitato elettromagneticamente e i segnali risultanti vengono catturati e amplificati tramite computer. I risultati registrati sono senza precedenti: le soluzioni biologiche ricavate da colture cellulari batteriche e virali emettono onde elettromagnetiche a bassissima frequenza (tra i 500 e i 3000 Hz), e i medesimi risultati vengono ottenuti analizzando il solo dna estratto dagli stessi microorganismi. Non solo, si è anche notato che le emissioni elettromagnetiche non dipendono dalla quantità di cellule utilizzate nella coltura, e che anche singoli geni sono in grado di produrre simili emissioni.
Va bene, questo significa che le singole molecole di dna, se sottoposte a eccitazione elettromagnetica, sono in grado di riemettere segnali captabili: ma come si arriva al teletrasporto di dna da una cellula all’altra? È qui che interviene l’elemento più provocatorio (e controverso) dello studio di Montagnier. I ricercatori hanno notato che le emissioni del dna provocavano cambiamenti nelle nanostrutture dell’acqua. Successivamente hanno dimostrato che queste emissioni potevano influire anche sulle nanostrutture una soluzione acquosa priva di elementi biologici. Ipotizzando che queste specifiche nanostrutture potessero fungere da impalcatura per la riproduzione della molecola emittente, hanno inserito nella provetta contenente acqua gli elementi necessari alla sintesi di dna (enzima polimerasi, nucleotidi e primer).
Quando sono andati ad analizzare il dna prodotto, hanno trovato sequenze per il 98% identiche a quelle originali.
Sostanzialmente, dunque, il dna sarebbe in grado di trasferire informazioni sulla propria struttura attraverso l’acqua, al punto da poter ricostruire la molecola in un altro ambiente acquoso. Una scoperta del genere sarebbe già sufficiente a fare scalpore, ma a Luc Montagnier non basta. Il virologo Premio Nobel arriva a ipotizzare che questa proprietà venga utilizzata dai microrganismi per infettare altre cellule. “ Dobbiamo supporre che in presenza di cellule eucariote la sintesi dei componenti del micoplasma (lipidi di membrana, ribosomi) possa essere istruita dal dna del micoplasma”, spiega Montagnier http://arxiv.org/PS_cache/arxiv/pdf/1012/1012.5166v1.pdf, “ Un’unica cellula di micoplasma è, quindi, sufficiente a generare l’infezione totale dei linfociti”.
Affermazioni come questa hanno creato non poche perplessità all’interno della comunità scientifica. Alcuni, come il chimico Derek Lowe, sostengono http://pipeline.corante.com/archives/2011/01/10/has_luc_montagnier_lost_it.php che la tesi di Montagnier non è supportata da una quantità sufficiente di dati e da prove incontrovertibili di riproducibilità.
Nel frattempo, la squadra di Montagnier sta già ipotizzando applicazioni mediche di questa scoperta, principalmente nell’ambito dello studio dell’HIV. Per saperne di più, è possibile consultare il paper http://www.unimib.it/upload/gestioneFiles/redazioneweb/eventi/montagnier.pdf fornito dall’Università di Milano Bicocca.
Fonte: http://daily.wired.it/news/scienza/teletrasporto-dna-cellule.html
22/07/2011, 00:18
Dna:Teoria sbagliata, ma buona per il business
Sta crollando la teoria centrale sulla natura del DNA. Quella da cui si è sviluppata la biotecnologia, su cui si basano la cosiddetta «mappatura del genoma», l’industria del «geneticamente modificato» e le promesse di mirabolanti farmaci e il connesso giro d’affari: 73,5 miliardi di dollari nel mondo.
Di che si tratta?
Della teoria elaborata dai primi biologi tra il 1965 e il 1973, quando scoprirono che il gene che produce l’insulina nell’uomo ha un gene corrispondente nel maiale, che produce pure insulina (per maiali).
Ciò ha dato vita a quello che si chiama «il dogma centrale della biologia molecolare»: la convinzione che - nella lunghissima catena del DNA - ogni singolo gene contiene le informazioni per produrre una singola proteina.
In tal modo, la catena del DNA viene concepita come «una collanina» di perle, in cui ogni perla (gene) ha una funzione specifica, ben determinabile, con chiari confini tra un gene e l’altro.
Di qui la conseguenza: l’idea che si possa innestare il gene insulinico del maiale nell’uomo e fargli produrre insulina per diabetici, senza effetti collaterali sconosciuti.
Oppure: inserire un gene del fegato umano nel riso, il gene di un batterio nella patata e così via, ottenendo risultati prevedibili… e commerciabili.
Adesso però, scienziati senza scopo di lucro hanno scoperto ciò che da tempo si sospettava: il genoma umano non è «una nitida collezione di geni indipendenti», né ogni sequenza di DNA è collegata ad una singola funzione. (1)
Al contrario, i geni operano stabilendo fra loro una complicatissima «rete», si influenzano a vicenda e spesso sovrappongono le loro funzioni con altri geni, in un processo «intelligente», dinamico e delicato nel controllo del processo cellulare, che coinvolge persino la meccanica quantistica.
Né il DNA né alcuno dei suoi geni sono «micro-oggetti» che possono essere separati e manipolati con effetti certi e prevedibili, ma un «tutto» che agisce in modo misterioso e ancora poco compreso.
A questa conclusione è giunto, dopo 4 anni di sperimentazioni, l’US National Human Genome Research Institute, che non è solo americano ma consorzia 35 gruppi di ricerca in 80 laboratori nel mondo.
Secondo l’Istituto, le sue scoperte «obbligano gli scienziati a ripensare le loro opinioni di lunga data su cosa è il gene e come funziona».
In pratica, il fondamento teorico della ingegneria genetica è dimostrato gravemente incompleto.
In realtà, da anni cova nella biologia molecolare una visione non-riduzionista del DNA.
Ma questa visione non ha avuto abbastanza finanziamenti, perché la teoria semplicista-meccanicista («Un gene - una proteina») si adattava meglio a ciò che viene chiamato «il gene industriale», sfruttabile, brevettabile e vendibile come farmaco o alimento.
«Il gene industriale è un gene che può essere definito, rintracciato, di cui si può provare che ha effetti uniformi, che può essere brevettato e venduto», dice Jack Heinemann, docente di biologia molecolare alla Università di Canterbury in Nuova Zelanda, nonché direttore del Centro per la Ricerca Integrata in Bio-sicurezza (biosafety).
Così, è la ricerca sul «gene industriale» che ha avuto i fondi, praticamente dalla Borsa.
Questa «scienza» ha già brevettato in USA ben 4 mila geni umani (e decine di migliaia di geni di piante, animali, batteri) dichiarando che ciascuno «codifica una specifica funzione».
È la stessa «scienza» che si è occupata di quel 5% del DNA che si «esprime» (codifica proteine), dichiarando che il restante 95% era «silente», che non serviva a niente, che era «imbottitura» o ancor peggio «spazzatura, residuo di errori evolutivi».
Ora si comincia a temere che questo DNA-spazzatura (junk-DNA) svolga funzioni silenziose ma essenziali «in rete».
E sia più importante del 5% che «si esprime».
Perché c’è da temere?
Perché l’innesto di un gene da una specie ad un’altra non svolge «una sola funzione specifica», ma agisce «olisticamente» su tutto in modi imprevedibili, e potenzialmente pericolosi per l’individuo-ospite.
Barbara Caulfield, vicepresidente di una ditta d’avanguardia nel campo, la Affymetrix, lo aveva già scritto nel 2002 in un rapporto intitolato: «Perché odiamo i geni brevettati» (Why we hate gene patents).
«Il genoma è di una complessità enorme, e la sola cosa che possiamo dire di esso con certezza è quanto abbiamo ancora da imparare dal DNA».
Per esempio: «Stiamo imparando che molte malattie non sono dovute all’azione di un singolo gene, ma a interferenze tra multipli geni. Di recente è stata decodificata la struttura genetica di una delle forme più virulente di malaria, e si è visto che coinvolge l’inter-azione di 500 geni».
«Nel nostro ambiente ci siamo sempre detti con preoccupazione che la commercializzazione della biotecnologia era prematura, essendo basata su una comprensione della genetica che sapevamo incompleta», dice il neozelandese Heinemann.
E accusa l’ufficio di biotecnologia della Food and Drugs Administration (FDA), l’ente scientifico-burocratico americano che autorizza l’uso di farmaci e di alimenti, e che dal 1992 ha dato l’approvazione al primo alimento geneticamente modificato.
«Poiché questo ufficio-patenti crede alla teoria che i geni agiscano indipendentemente l’uno dall’altro, non è cosciente degli effetti e rischi potenziali che nascono dal DNA-rete».
Anzi, per anni chi esprimeva dubbi sulla sicurezza della bio-genetica per la salute è stato deriso come non-scientifico.
Nel 2004, ad una conferenza d’alto livello sul tema, il fondatore dell’ufficio biotecnico presso il FDA, dottor Heny I. Miller, ha ancora una volta affermato: «Sia la teoria, sia l’esperienza confermano la straordinaria prevedibilità e sicurezza per la salute della tecnica di taglio dei geni e dei suoi prodotti».
Va detto che Miller è anche membro della Hoover Institution, la fondazione «culturale» che fa la più energica lobby per gli OGM e la loro innocuità.
Ora, rischia di passare alla storia (speriamo) come il ridicolo astronomo geocentrico che si rifiutava di guardare nel cannocchiale di Galileo, temendo per la sua teoria.
Ora, la teoria dice che il DNA non è una collanina, ma una rete dinamica.
E ciò rivoluziona tutto.
Decenni di ricerca, migliaia di ricercatori, miliardi di dollari sono stati dedicati ad un mito scientifico, inquadrabile a sua volta nel mito darwiniano evoluzionista e nel più generalmente ridicolo «riduzionismo» e meccanicismo scientista.
Ma almeno, l’astronomo aristotelico ridicolizzato da Galileo non era pagato per la sua teoria superata, non aveva interessi economici per affermarla.
Oggi, c’è il sospetto che il business del «genoma industriale» abbia soppresso deliberatamente i filoni di ricerca che, rischiando di smentirlo, mettevano a rischio i profitti e le promesse pubblicitarie.
Infatti, un articolo apparso nel 2004 su Nature Genetic (un importante rivista scientifica) proponeva che i ricercatori impegnati nell’industria biotecnica cominciassero a rendere pubblici i loro «segreti del mestiere», in modo che i revisori scientifici potessero esaminare davvero le loro mirabolanti promesse e gli effetti collaterali.
Ciò perché, dice Heinemann, molte ditte biotech già conducono studi genetici sulle interferenze che i loro «prodotti» subiscono dal DNA-rete.
Ma poiché non sono obbligati a dichiarare la maggior parte dei loro dati all’«ufficio-brevetti» del FDA, non lo fanno.
E così, sia i ricercatori sia i regolatori burocratici «continuano a rendersi ciechi di fronte agli effetti-rete».
È la scienza di Cretinopoli, la scienza dei ciechi volontari; dove a dettare la ricerca sono le quotazioni azionarie e la propaganda.
E che sopprime e ridicolizza le sempre più numerose esperienze sulla pericolosità delle sementi e degli alimenti geneticamente modificati.
La cosa è così importante, che Vale la pena che anche il grande pubblico ignaro capisca di cosa si stia parlando, onde cominciare - magari - a resistere ai burocrati che anche in Europa premono (pagati dalle note lobby) per gli OGM, e che ce li mettono surrettiziamente nel piatto.
Dunque, ecco un semplice catechismo:
L’ingegneria genetica è basata su una teoria superata
Ossia sulla credenza, elaborata nel 1973, che ogni gene riproduce un singolo tratto, una singola proteina.
Sbagliato è dunque il corollario: che si possa trasferire un certo tratto o proteina trasferendo un singolo gene da una specie all’altra.
I geni non sono portatori di una sola funzione
La quadriennale ricerca dell’US National Human Genome Research Institute ha provato oltre ogni dubbio che i geni del DNA agiscono «in reti in cui l’effetto di ogni gene è deciso dall’azione reciproca su questo gene di molti altri», in modo olistico non ancora ben compreso.
Il brevetto dei geni è una frode
Frode basata sul mito che ogni gene codifica una proteina o un tratto.
Su questi brevetti si basa un’industria da 74 miliardi di dollari.
Senza questi brevetti, questa industria non sopravviverebbe.
La bio-ingegneria è radicalmente imprevedibile negli effetti, e perciò non sicura per la salute La scoperta che i geni operano in reti che decidono il comportamento dei geni devasta le precedenti «valutazioni del rischio».
L’uso di sementi o cibi geneticamente modificati, fieramente imposti da entità multinazionali come la Monsanto, è dunque rischioso fino a quando la nuova teoria non consentirà una valutazione del rischio sulle nuove basi.
Si sono già verificati incidenti da «cattiva valutazione».
L’agghiacciante produzione di triptofano con l’uso di un batterio geneticamente modificato, prodotto dalla ditta giapponese Showa Denko, e che ha portato alla morte di 37 persone e all’invalidità permanente di altre 1.500, può essere un caso esemplare degli effetti del riduzionismo scientifico coniugato al business: si veda la storia al sito PRAST, «Physichians and Scientists for responsible application of Science and Technology», http://psrast.org/demsd.htm.
Articolo originale:
Denise Caruso, «Challenge to gene theory, a tougher look at Biotech», New York Times, 1 luglio 2007. Denise Caruso non è una semplice giornalista; è direttrice dell’Hybrid Vigor Institute, «an independent, not-for-profit research organization and consultancy that is dedicated to interdisciplinary and collaborative problem solving».
http://www.nytimes.com/2007/07/01/business/yourmoney/01frame.html?pagewanted=print
Traduzione in italiano di Maurizio Blondet:
Fonte: http://memoriedallinvisibile.ilcannocchiale.it/2007/07/28/dna_teoria_sbagliata_ma_buona.html
22/07/2011, 10:29
25/11/2011, 10:11