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zakmck ha scritto:

Vedo che nonostante le 77 pagine di discussione su Fukushima, le 14 di "Il nucleare in Italia" e le 15 di "Parliamo dell' Energia Nucleare", di fronte ad un incidente (apparentemente non grave per fortuna) alle porte di casa c'e' ancora gente che ci propina la validita' dello sfruttamento dell'energia da fissione (seppur nel breve periodo) nonostante le molteplici testimonianze riportate dimostrino che le alternative sostenibili ci sono e in molti casi sono gia' una realta'.
E invece no. Si continua ad insistere in questa direzione.


Nucleare: l’ora di uscirne

17 settembre 2011 14:47

http://informarexresistere.fr/2011/09/1 ... i-uscirne/

Dopo il recente incidente, peraltro minore, alla centrale nucleare di Marcoule in Francia, è il caso di chiedersi se i paesi nuclearisti d’Europa non debbano pianificare una rinuncia, graduale ma irreversibile, a questa fonte di energia. Magari sotto l’egida dell’Unione Europea. Il vento sembra essere cambiato in maniera stabile e paesi come la Germania, la Svizzera e l’Italia hanno già imboccato la strada delle fonti sicure, autoctone e pulite.
di Marzio Galeotti* (fonte: Lavoce.info http://www.lavoce.info/articoli/pagina1002559.html)

Un provvedimento che si proponesse di combattere l’inquinamento dell’aria mediante la sostituzione immediata dell’intero parco di vetture vecchie ancora circolanti sarebbe certamente improponibile. Ma una misura come l’Ecopass milanese è riuscita a orientare le scelte di chi aveva deciso di cambiare il proprio mezzo a favore di quelle a metano, Gpl, ibride e comunque più efficienti. Un provvedimento che mirasse a ridurre i consumi energetici del settore civile attraverso l’abbattimento di tutte le vecchie abitazioni non sarebbe naturalmente perseguibile. Ma una politica come la certificazione energetica degli edifici è efficace nell’improntare la costruzione dei nuovi alloggi verso una maggiore efficienza energetica. È la differenza tra lo stock – l’esistente – e il flusso – il nuovo, l’aggiuntivo.

Un processo graduale, ma irreversibile

Pur con tutti i distinguo necessari, una riflessione di questo tipo si impone anche per gli impianti che producono energia (elettrica) in Europa. L’incidente di qualche giorno fa a Marcoule in Francia, non lontano dal nostro confine, induce a domandarsi se non sia giunto il momento per l’Unione Europea e per i suoi Stati membri di dare inizio a un graduale, ma irreversibile, processo di uscita generale dal nucleare.

Gli accadimenti degli ultimi mesi hanno probabilmente cambiato in modo permanente l’atteggiamento della pubblica opinione dei paesi industrializzati verso il nucleare e progressivamente anche quello dei loro governanti. All’indifferenza e al disinteresse dei più, si sono lentamente sostituite attitudini che vanno dalla mera consapevolezza dei rischi di questa fonte di energia al misurato timore, fino a una distinta paura. Se è vero che le convinzioni delle posizioni estreme pro e contro il nucleare non sono probabilmente mutate, innegabile è il fatto che le classi politiche e i governanti dei paesi occidentali stanno cambiando, in misura diversa beninteso, opinione. Da questo punto di vista, la vera notizia relativa a Marcoule non è l’incidente all’impianto di riconversione dei rifiuti nucleari, quanto la dichiarazione di Martine Aubry, possibile candidata all’Eliseo, riportata due giorni fa dal Corriere della Sera: per l’esponente di spicco dei socialisti d’Oltralpe si deve uscire “progressivamente sì, ma senza indugi” dal nucleare. Una dichiarazione non proprio da poco per un politico francese di livello.

Fenomeni climatici e reattori

Vi sono due fatti fondamentali che determinano il crescente cambiamento di convinzioni sul nucleare, che ribalta quello che si affermò negli anni Sessanta e che fino a tutti gli anni Ottanta ha prodotto risultati, cioè nuovi reattori nucleari e nuove tecnologie costruttive. Il primo è rappresentato dal fatto che il mondo sta scoprendo come gli impianti nucleari, i cui incidenti passati e futuri agitano l’immaginario collettivo, siano potenzialmente soggetti ai fenomeni climatici estremi. I lettori più attempati non ricordano di avere sentito in passato notizie allarmanti sulla sicurezza delle centrali nucleari per lo scoppio di un grande incendio, o per l’arrivo di un uragano o per il verificarsi di un terremoto o maremoto. In questo inizio di ventunesimo secolo abbiamo invece visto cosa può succedere a una centrale nucleare se uno tsunami invade le coste del paese su cui sorge. Abbiamo sentito esprimere preoccupazione per i reattori che si trovano su un ampio territorio russo interessato da una vastissimo incendio. E abbiamo ascoltato i media americani raccontare non solo la paura di New York per il passaggio dell’uragano Irene, ma anche la notizia che la centrale nucleare di Oyster Creek in New Jersey è stata chiusa per prudenza. Non si tratta di fenomeni climatici causati dal riscaldamento globale, anche se questo pare avere un ruolo nella loro maggior frequenza e accresciuta intensità.

Centrali sempre più vecchie

Il secondo fatto fondamentale è il progressivo invecchiamento delle centrali che le rende per forza di cose più vulnerabili agli incidenti. Marcoule come Fukushima si inquadrano in tale contesto: gli impianti non sono più pericolosi, soprattutto se manutenzione e vigilanza sono condotte con tutti i crismi, ma l’età crescente accresce la probabilità di malfunzionamenti e incidenti. Il problema riguarda naturalmente i paesi che per primi hanno ospitato impianti nucleari, come Stati Uniti, Europa e Giappone. La durata media della vita di un reattore è stimata dall’Agenzia internazionale dell’energia tra i 40 e i 50 anni. L’età media dei 435 reattori nucleari attualmente in attività nel mondo è di 25 anni, mentre nell’Europa occidentale il 75 per cento è nell’ultima metà del ciclo di vita. In particolare, il 65 per cento dei reattori europei ha un’età tra 21 e 30 anni, mentre un ulteriore 20 per cento opera da oltre trenta anni. L’esplosione all’impianto di Marcoule – che ospita la più vecchia centrale francese del 1955, quella che ha determinato l’entrata dei cugini transalpini nel club delle potenze nucleari – ha fatto tornare alto l’allarme sugli impianti nucleari in Europa.

I risultati degli stress test, disposti dall’Unione europea dopo la catastrofe di Fukushima sui 196 reattori dei Paesi membri e degli Stati confinanti, non saranno definitivi prima di giugno 2012. Nel frattempo, sono cresciute le proteste degli ambientalisti per le centrali meno sicure del continente. Dei tredici impianti a circa 200 chilometri dall’Italia, a preoccupare sono soprattutto quello di Fessenheim, in Alsazia, la più vecchia delle strutture francesi costruita sulla faglia del Reno, e il reattore di Krsko, in Slovenia, teatro negli ultimi anni di numerosi guasti e incidenti. Più distanti, ma altrettanto pericolose, sono la centrale di Kozloduy in Bulgaria, della quale l’Unione Europea ha chiesto da anni la chiusura, e il complesso di Metsamor, ribattezzato la “Chernobyl d’Armenia”, con gli identici, antidiluviani reattori di fabbricazione sovietica.

E mentre restiamo in attesa di azioni concrete prima che succeda qualcosa di grave, le scelte di uscita dal nucleare di Germania e Svizzera e l’esito del referendum italiano suggeriscono un orientamento che anche gli altri paesi europei potrebbero fare proprio, magari all’interno di una generale riflessione europea. Quella della graduale sostituzione degli impianti nucleari, a partire dai più vecchi e pericolosi, con le nuove fonti che si vanno prepotentemente affermando, stando ai dati degli ultimissimi anni, sarebbe una strategia non solo ragionevole ma ormai storicamente inevitabile. Si accelererebbe così il raggiungimento della grid parity, l’uguale convenienza economica con altre fonti di origine fossile, si accrescerebbe l’indipendenza energetica e la riduzione delle emissioni.

Un’operazione del genere non si può realizzare concretamente nel giro di una notte né nel giro di anni, ma l’espressione ufficiale di tale orientamento sarebbe un grandissimo risultato politico per l’Europa. E ancora una volta, in questo ambito, sarebbe in anticipo sugli altri grandi paesi e se possibile in anticipo sul prossimo eventuale incidente.

* E’ professore ordinario di Economia dell’ambiente e dell’energia presso la Facoltà di scienze politiche dell’Università degli studi di Milano. Dopo la laurea in Discipline economiche e sociali presso l’Università Bocconi di Milano ha conseguito il dottorato in economia (Ph.D.) presso la New York University di New York. E’ direttore di ricerca presso il Centro di ricerca sull’economia e politica dell’energia e dell’ambiente (Iefe) dell’Università Luigi Bocconi. E’ stato Expert Reviewer del terzo e del quarto rapporto sui cambiamenti climatici dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc), gruppo di lavoro III sulla mitigazione e membro della delegazione italiana alla 9a sessione dell’Ipcc Working Group III (Mitigation) (30 aprile – 3 maggio 2007) e alla 26a sessione dell’Ipcc (4 maggio 2007) a Bangkok, Tailandia. E’ stato coordinatore del programma di ricerca in modellistica e politica dei cambiamenti climatici della Fondazione Eni Enrico Mattei. Ha pubblicato estesamente in riviste scientifiche nelle aree della scienza economica, dell’economia delle ambiente e dell’energia.


Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/09 ... ne/157872/



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MessaggioInviato: 05/10/2011, 13:35 
Francia, contrordine nucleare: l'incidente di Marcoule livello 1 Ines, 500 volte più radioattivo


L'Italia è davvero uno strano Paese, quando il 12 settembre scoppiò un forno nell'impianto nucleare di Marcoule, causando la morte di un operaio e il ferimento di altri 4, nei media serpeggiò il panico per un incidente avvenuto così vicino alle nostre frontiere, ma sono bastate le rassicurazioni di Centraco-Edf e della lobby nucleare francese per far mettere subito in sodffitta notizia e preoccupazioni.

Invece il 29 settembre un ignorato comunicato dell'Autorité de sûreté nucléaire française (Asn) ha rivelato che l'incidente "innocuo" e senza emissione di radioattività che ci era stato raccontato è stato classificato a livelli 1 della scala Ines e che tutti i lavori di ripristino del forno e dell'impianto nucleare dovranno essere sottoposti ad autorizzazioni preliminari.

Infatti, le verifiche dell'Asn hanno rivelato che il forno di fusione al momento dell'incidente conteneva un carico di circa 4 tonnellate di metallo con circa 30 megabecquerel (MBq) e non 63 kilobecquerel (kBq) come avevano dichiarato i gestori dell'impianto e l'An sottolinea che «Se questo valore resta basso, l'Asn ha però chiesto al gestore spiegazioni sulla ragione di questa sottovalutazione. Il locale nel quale si trova il forno è stato parzialmente danneggiato. Tuttavia, l'edificio dell'unità di fusione all'interno del quale si trova il locale del forno non è stato danneggiato. Il locale del forno è stato messo sotto sequestro dal Procuratore della Repubblica per l'inchiesta giudiziaria e non è accessibile».

L'Asn dice che nessuna azione di protezione della popolazione e dell'ambiente è necessaria ma aggiunge che «Se gli impegni strettamente radiologici di questo evento sono limitati, l'Asn considera tuttavia che si tratti di un incidente industriale grave a causa delle sue conseguenze umane. L'applicazione dei criteri relativi alla scala Ines, portano a classificare l'evento a livello 1 su questa scala a causa della debole attività radiologica del forno di fusione». Quell'attività radiologica della quale tutti avevano negato l'esistenza e che invece esiste in un impianto che contiene anche numerosi depositi di grandi quantità di rifiuti radioattivi e di movimentazione del combustibile Mox, plutonio.

La rivelazione ha fatto letteralmente imbufalire associazioni come Sortir du nucléaire che spiega: «secondo tutte le evidenze, l'esplosione sarebbe probabilmente legata ad un'interazione accidentale tra l'acqua di raffreddamento e il metallo del forno, probabilmente dovuta ad un'usura. Questo feniomeno avrebbe provocato una reazione violenta che avrebbe soffiato fuori dal forno del metallo radioattivo in fusione a 1600° C nel momento in cui un lavoratore era impegnato a rompere una crosta di metallo, provocando così la sua morte. Le porte della sala sarebbero state spazzate via dall'esplosione. Si tratta di un fenomeno ben conosciuto in metallurgia, è quindi davvero curioso vederlo avvenire in un sito stimato come altamente sicuro. Usura delle attrezzature o errore umano? In tutti i casi la stessa Asn aveva stabilito numerosi incidenti sul sito della Centraco in questi ultimi tempi e constatato che da qualche anno c'erano già "delle lacune nella cultura di sicurezza».

La questione in Italia è stata ripresa dalla Rete nazionale antinucleare (Rna) che ricorda che il 30 settembre la Commission de Recherche et d'Information Indépendantes sur la Radioactivité (Criirad) ha denunciato la sottovalutazione del rischio da parte dell'azienda e la connivenza, da parte degli esperti ufficiali. Rna sottolinea che «Il 23 settembre scorso il Criirad ha interpellato le autorità incaricate alla protezione dalle radiazioni e sicurezza nucleare, le Autorità di Sicurezza Nucleare, i Ministeri della salute, industria ed ecologia. Ha denunciato la segretezza degli elementi chiave del caso e la pubblicazione da parte dell'Irsn di un dato sorprendentemente basso (63 000 Bq) per l'attività di quattro tonnellate di rifiuti metallici presenti nel forno al momento dell'esplosione.

Il CRIIRAD ritene che la valutazione sia «assolutamente incompatible» con il valore di 8,5 Sv/h che sarebbe stato riscontrato sul corpo della vittima dell'esplosione, José Marin. Le informazioni sulle dosi vengono da una fonte indipendente, il Criirad pertanto è rimasto senza risposte e chiede chiarimenti».

Il 28 settembre, il Criirad è venuto a conoscenza, attraverso il sito web di Dauphine Libere, delle dichiarazioni del Procuratore della Repubblica incaricato alle indagini, Robert Gelli, che confermavano l'entità delle dosi riscontrate. «Pertanto il Criirad - spiega Rna - ha inviato ieri al Procuratore della Repubblica una lettera ufficiale sottolineando l'impossibilità di misurare un tasso di dose così elevato, se la contaminazione proviene da "rifiuti metallici leggermente contaminati" come sostengono l'ente gestore e l'Irsn e chiedendo che l'indagine preveda la realizzazione di una mappatura delle dosi analizzate in laboratorio al fine di stabilire l'effettiva attività di 4 tonnellate di rifiuti radioattivi».

Il Criirad ha poi letto il comunicato dell'Asn che riportiamo all'inizio dell'articolo che parla esplicitamente di un'attività di 30 MBq e non 63 kBq, e sottolinea che «Questa nuova valutazione è 476 volte superiore a quella che è stata diffusa sin dal 12 settembre».

Secondo i ricercatori indipendenti francesi «Queste informazioni sollevano delle domande molto pesanti: 1. Sarebbe stata pubblicata questa rivalutazione se il CRIIRAD non avesse interpellato ufficialmente, tramite lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, le varie autorità il 23 settembre? 2. Come è possibile che l'esperto di Stato, l'Istituto per la Protezione Radiologica e la Sicurezza Nucleare, che era presente nel sito e che non ha nulla in comune con quelli del CRIIRAD, abbia ripreso appieno la valutazione dell'operatore senza alcun sospetto? La cifra di 63 kBq è stata pubblicata il 12 settembre dall' IRSN senza alcuna correzione successiva. 3. Quale credibilità offrono, per l'auto-monitoraggio del gestore, i dispositivi di controllo essenziali per l'installazione di Centraco? Da 63 kBq a 30 MBq, la differenza non è del 10 o 20%, ma quasi 500 volte!

Ed è altamente improbabile che si tratti di una combinazione sfortunata di circostanze che l'esplosione sulla singola partita di rifiuti sia sottovalutata da parte del gestore. Ricordiamo che il Criirad aveva studiato il piano per creare una istallazione a Centraco e una delle principali critiche mosse era il fatto specificamente incentrato sulla inaffidabilità del sistema di controllo dell'attività dei rifiuti. Diviene pertanto lecito chiedersi se la Centraco non stia funzionando in completa violazione delle regole che la governano come la violazione di limiti di emissione per gli inquinanti radioattivi e sostanze chimiche in atmosfera e nel Rodano. Se le emissioni effettive sono 10 volte o 100 volte come riportato nei comunicati. In ogni caso, l'operazione determinerà se la sottovalutazione dell'attività dei rifiuti è un'azione intenzionale dell'operatore o una mancanza di controllo dei materiali radioattivi utilizzati».

Qualunque sia la spiegazione, la scoperta è molto preoccupante e il Criirad ha deciso quindi di presentare un ricorso in tribunale che sarà probabilmente confermato col prossimo Consiglio di amministrazione dell'associazione, previsto per il 14 ottobre.



http://www.greenreport.it/_new/index.ph ... t&id=12600



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MessaggioInviato: 05/10/2011, 14:00 
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Blissenobiarella ha scritto:

Francia, contrordine nucleare: l'incidente di Marcoule livello 1 Ines, 500 volte più radioattivo




... ecco. Appunto. [:(!]


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Mavà? Maddài? Mannò!

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http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 81869.html



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Aspettiamo la smentita pure per il Belgio o evitiamo da subito di comprare tulipani? [;)]



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MessaggioInviato: 06/10/2011, 10:10 
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Solotecnico ha scritto:

Aspettiamo la smentita pure per il Belgio o evitiamo da subito di comprare tulipani? [;)]



[:261]

evitiamo da subito di comprare tulipani!

[:246]


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