Ufologo 555 ha scritto: Mortadella, la prima in tv: Prodi e l'effetto sonnifero
Romano parla a La7 di economia: è dura restare svegli. Poi il professore svela la ricetta: "Stop evasione e criminalità"
Immagine:
14,63 KBLa prima di Romano Prodi in tv? Tutto come previsto: il suo esordio a La7 è stato soporifero, una lotta (persa) contro il Mago Sabbiolino. La tentazione del sonno, per la maggior parte degli ascoltatori, è stata irresistibile. Con l'incarico di farci capire quale sia "il mondo che verrà", il Mortadellone costringe il pubblico al famigerato stuzzicadente per reggere la palpebra. Il buon Romano torna sul piccolo schermo e balla da solo. Si diverte lui e lui soltanto.
A rendere ancor più inquietante la lectio dell'ex leader della sinistra ci si è messo anche il contesto: la sua università di Bologna, anzi l'aula magna da cui a ritmo di tartaruga dispesnava perle economiche sulla situazione del sistema mondo e di quell'euro che Prodi volle con irresistibile pervicacia. Non potevano poi mancare battute sulla situazione del nostro Paese - ricordiamo che solo pochi giorni fa il Professore ci illuminò con la sua soluzione: "Vanno bene tutti quelli che non sono Berlusconi" -, mentre poi spaziava dai problemi demografici, a quelli energetici e fino a quelli alimenatri: la fame nel mondo.
Prodi gongola in video, intervistato dalla conduttrice e circondato da tre studenti o presunti tali, indaffarati a prender nota di quel che dice. A un certo punto il rumore monotono dell'eloquio del Professore viene squarciato dal lancio di un video. Il pubblico televisivo si divide: metà tira un respiro di sollievo, perché finalmente sale il ritmo del polpettone catodico, l'altra metà invece trasale sul divano (e si spera che lo stecchino reggi-occhio non si finito dritto dritto nel bulbo per il gesto impulsivo).
Ovviamente, ci sono anche i contenuti. Sorprese? Ahimè zero. Il fu leader della armata Brancaleone di sinistra ripete quello che ha sempre detto. "L'euro resisterà". "La Grecia pure. Forse". "La situazione è difficile, ma il deficit dei Paesi di eurolandia è quattro punti inferiore a quello americano". "Non si può avere una moneta comune senza una politca comune". Quatto quatto, il professore, a un certo punto si lancia in digressioni storiche relative all'800: sui divani scene di isteria collettiva, tra capelli strappati e thermos di caffè bevuti con eccessiva fretta.
L'odissea del temerario telespettatore che non può resistere all'impulso di sorbirsi il tele-predicozzo di Prodi è quasi giunta al termine. Mancano pochi minuti. Una manciata di secondi. Ma ecco spunta come l'alligatore dalla palude il ricettone per l'Italia (tanto per capirsi, lunedì il Wall Street Journal accusò Prodi di aver taroccato i conti dello Stato per entrare nell'euro, come fece la Grecia). "Serve ricerca, sviluppo, scuola, innovazione, industria. Non servono evasione fiscale e criminalità organizzata". Prodi ha scoperto il segreto di Pulcinella. Momenti di gioia collettiva nell'aula magna dell'ateneo di Bologna. Non per il ricettone. La trasmissione è terminata. Buonanotte, per chi ancora non si fosse addormentato.
http://www.libero-news.it/news/842916/M ... ifero.htmlDopo la dormita insieme al ristretto pubblico, infine svegliammo e "quindi uscimmo a riveder le stelle ..."!
Azz....!,per voi il giornale Libero è il Vangelo!,proverò a postare qualcosa che si contrappone,non trovando niente di meglio,posterò servizi del giornale L'Unità:
Un buco da venti miliardi
La concitata estate dei provvedimenti di politica economica del governo ha portato a un risultato paradossale: la legge delega di riforma fiscale, pensata come strumento per rilanciare la politica della maggioranza, è diventata lo strumento per reperire i 20 miliardi che ancora mancano per raggiungere l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 2013.
Venti miliardi che, è bene sottolinearlo, contano per più di un terzo dell’intera manovra costruita con i decreti di luglio e agosto.
La forte contraddizione che si è venuta a creare fra l’obiettivo di uno sgravio fiscale e quello del pareggio di bilancio è stata sottolineata con assoluta chiarezza nell’audizione ieri della Corte dei Conti, nella figura del suo presidente, alla Commissione Finanze della Camera.
La Corte sottolinea, in particolare, come i mezzi di copertura che erano stati originariamente pensati per finanziare la riduzione delle imposte sui fattori produttivi, e da cui ora dovrebbero scaturire anche i 20 miliardi che mancano all’appello, siano «incerti, limitati e talora superati dagli eventi». Sono superati, in tutto o in parte, perché già utilizzati a copertura delle manovre di luglio e agosto, sia la revisione della tassazione delle attività finanziarie, sia il recupero dell’evasione, ipotecato, da qui al 2013, per ben 35,4 miliardi. Anche all’aumento dell’Iva, pure previsto dalla delega, si è già fatto ricorso, con l’incremento dal 20 al 21% dell’aliquota ordinaria. E se è vero che non si possono escludere ulteriori interventi su questa imposta, che potrebbero interessare ad esempio le aliquote agevolate, è anche vero che, ci ricorda la Corte, essi avrebbero importanti effetti distributivi: l’onere ricadrebbe prevalentemente sulle fasce più basse di reddito, creerebbero tensioni inflazionistiche e potrebbero frenare i consumi.
La principale fonte di copertura è individuata dal disegno di legge delega nel riordino della spesa sociale, previsto in un’apposita sezione riservata alla “riforma assistenziale”. Suonerebbe già un po’ azzardato pensare di poter risparmiare sulla spesa in campo sociale, in cui le statistiche di Eurostat ci pongono agli ultimissimi posti in Europa. Suona però sicuramente paradossale pensare di fare saltare fuori una fetta considerevole dei 20 miliardi richiesti dalle due deleghe, in aggiunta al finanziamento di uno sgravio fiscale, da una spesa che nel suo complesso vale poco più di 60 miliardi.
L’asso nella manica è allora rappresentato dal taglio alle agevolazioni fiscali. Si tratta di un provvedimento cui si ricorrerà comunque, secondo quanto previsto nei decreti estivi, in modo automatico, con tagli lineari fino al 20%, nel caso la delega non venisse approvata.
Come ho argomentato più ampiamente nella mia audizione alla Commissione Finanze della Camera (disponibile sul sito
http://www.nens.it) il combinato disposto delle due riforme, fiscale e assistenziale, impedisce di fatto di utilizzare, all’interno del disegno di legge delega, il taglio alle agevolazioni come fonte di finanziamento. Queste agevolazioni (specie quelle in campo sociale) interessano infatti prevalentemente la disciplina Irpef, ma nella disciplina Irpef, secondo la riforma proposta dalla delega, varrebbe una clausola di salvaguardia (nessuno dovrebbe pagare nel nuovo regime più Irpef di quanto ne pagava nel vecchio), che impedirebbe di fatto che tagli alle agevolazioni possano tradursi in un maggior gettito.
Se però la delega non verrà esercitata entro il settembre dell’anno prossimo, i tagli lineari partiranno automaticamente. Con quali effetti ce lo dice ancora una volta la Corte dei Conti: si colpirebbero indifferentemente agevolazioni vere e proprie e trattamenti preferenziali che sono parti strutturali del prelievo, fra cui, ad esempio le detrazioni per carichi familiari, «che rappresentano una tutela minima dei nuclei familiari più deboli» e le detrazioni per lavoro dipendente che «suppliscono al mancato riconoscimento delle spese per la produzione del reddito». Nel complesso, i tagli lineari si concentrerebbero sui contribuenti che si collocano nelle classi di reddito meno elevate.
Anche dall’analisi tecnica e misurata condotta dalla Corte emerge quindi un quadro desolante della politica economica impostata dal governo: alla manovra mancano 20 miliardi, è illusorio pensare di trovarli con l’attuazione della delega fiscale-assistenziale, ma il ricorso alternativo ai tagli lineari delle “agevolazioni” sarebbe profondamente iniquo.
11 ottobre 2011
"Maria Cecilia Guerra"