19/10/2011, 10:09
[color=blue]Le leggi ci sono... basterebbe applicarle
http://www.legnostorto.com/index.php?option=com_content&task=view&id=33055
In questi giorni la politica italiana sembra abbia scoperto l'acqua calda e cioè che abbiamo un substrato culturale violento, e qualcuno si avventura anche ad ammettere che si tratta di un retaggio della sinistra terrorista degli anni '70. Cresciuto e pasciuto all'ombra della sinistra italiana: della sua scuola, dei suoi sindacati, dei suoi giornali e delle sue toghe che, di fatto, hanno stabilito uno stato di sudditanza istituzionale che sembra impossibile intaccare con metodi democratici. Anche perché ogni volta che ci si è democraticamente provato la risposta è stata sempre di piazza e violenta: rendendo evidente ed incontrovertibile che l'opposizione e i suoi sodali possono contare su una manovalanza da radunare in tempi brevi e da lanciare come teste d'ariete contro un Governo democraticamente eletto.
Non desta alcuna meraviglia che l'azione della sinistra si sia avvalsa e si avvalga di pezzi di magistratura, o meglio, di quell'accordo politico-giudiziario stipulato nel 1988 e sancito con l'approvazione della Legge Vassalli. Sono però colpito dalle dichiarazioni di esponenti di sinistra quali: Marina Sereni, Paolo Ferrero, Andrea Barbato, Pierluigi Bersani e, mirabile dictu, l'ex PM Antonio Di Pietro. il quale ultimo dopo aver, per 24 mesi filati, insultato il Governo e il Premier, denigrato l'Italia, spinto alla rivolta sociale e minacciato le Istituzioni, invoca ora i rigori della Legge!
In realtà, Governo e Opposizione dovrebbero sapere benissimo che non serve assolutamente fare nuove leggi o proseguire in sterili discussioni buone solo (com'è divenuto costume generalizzato!) ad anestetizzare le coscienze. Il problema vero, che costituisce vera emergenza democratica nazionale, è che alle leggi esistenti si deroga assai spesso con una tale libertà e disinvoltura che si è travalicato nell'arbitrio! Vorrei dire a Di Pietro che non serve rimpiangere la Legge Reale. Così come vorrei dire a Bobo Maroni che non serve comandare in servizio truppe antisommossa con la prescrizione di non intervenire. Altrimenti si fa la figura dei babbei.
In Italia abbiamo un articolo di Legge ben preciso che individua la protesta violenta: Art. 419 C.P. «Chiunque, fuori dei casi preveduti dall’art. 285, commette fatti di devastazione o di saccheggio è punito con la reclusione da otto a quindici anni. La pena è aumentata se il fatto è commesso su armi, munizioni o viveri esistenti in luogo di vendita o di deposito».
I vecchi legislatori Italiani si dimostrarono più lungimiranti ed attenti dei nostri attuali. Infatti tale articolo è di vecchia data: Regio Decreto del 19 ottobre 1930 n. 1398, pubblicato nella G.U. n. 251 del 26 ottobre 1930, ed entrato in vigore il 1° luglio del 1931. A fronte di un’anzianità quasi secolare, le sentenze rese in subiecta materia si contano sulle dita di una mano nonostante non siamo mancate le occasioni per applicarlo!
Ma tali occasioni mancate riguardavano sempre coinvolgimenti di terroristi di sinistra: a pensar male si fa peccato però ci si prende. E infatti è opinione diffusa che una grave e fondamentale responsabilità nel non perseguire questi cialtroni sia, almeno, di una parte della magistratura.
Alla politica spetta la gogna di avergli fatto varcare la soglia dei santuari della Repubblica Italiana! Vergogne e responsabilità senza eguali nella compagine democratica internazionale!
La legge esiste: correggiamo chi non l'ha mai applicata! Come dimenticare o ignorare o non applicare il seguente articolo e reclamare pubblicamente nuove leggi ? L’art. 270-bis c.p. (Associazioni con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico) punisce chi promuove, costituisce, organizza, dirige o finanzia associazioni che si propongono il compimento di atti di violenza con finalità di terrorismo o di eversione dell’ordine democratico con la reclusione da sette a quindici anni. Che cosa si vuole inasprire? Non basta? Il problema è che non si applica!
Ma c'è dell'altro! Anche qualche articolo sembra sia stato dimenticato o artatamente snobbato nonostante qualsiasi cittadino onesto si chieda come mai rivoltosi violenti, no-TAV, Black Bloc e tutta la miriade di delinquenti che ci assillano da decenni non finiscano rinchiusi.
In effetti l'articolo esiste. Eccolo qua: Per l’art. 284, II co. c.p., chi partecipa all’insurrezione armata contro i poteri dello Stato è punito con la reclusione da tre a quindici anni. Solo per tale ultima ipotesi si ha, in seno al titolo V del capo II del Codice Penale, una pena edittale minima superiore a quella prevista dall’art. 419 c.p. È come dire, cari politici contemporanei, che la Legge vede un devastatore o un saccheggiatore, nella scala gerarchica di coloro che commettono reati contro l’ordine pubblico, secondo solo a Totò Riina e, nel panorama complessivo regolato dal codice penale, commette un reato più grave di chi partecipa ad una insurrezione armata contro i poteri dello Stato o di chi si pone a capo delle Brigate Rosse o dei N.A.R..
Tutti gli altri reati collocati nella medesima parte del Codice Penale hanno pene, sia minime che massime, inferiori a quelle di cui all’art. 419 c.p. Solo che la Legge vede bene, ma chi la deve applicare sembra girarsi dall'altra parte.
Questo per sottolineare che, per quanto attiene al reato di devastazione e saccheggio, non si può assolutamente ignorare come il Legislatore abbia regolato fattispecie di eccezionale gravità, ncorché arbitrariamente ed irragionevolmente (o forse fin troppo ragionevolmente!) ignorate da chi la legge dovrebbe applicarla. La discrezionalità che il legislatore senz’altro ha, non può trascendere nell’irragionevolezza, e ciò vale sia per chi scrive la norma sia per chi è chiamato ad applicarla.
Il principio di ragionevolezza delle leggi è un corollario del principio di uguaglianza, elaborato dalla Corte Costituzionale, prendendo spunto da un analogo principio individuato dalla giurisprudenza anglosassone. Detto principio esige che le disposizioni normative contenute in atti aventi valore di legge siano adeguate o congruenti rispetto al fine perseguito dal legislatore. E, naturalmente, che essi siano adeguatamente applicate! Diversamente dovremmo parlare di complicità nella commissione di reato.
Ulteriori commenti ed approfondimenti li lascio volentieri all'On. Paniz e ai suoi colleghi, Nitto Palma in primis. Quello che interessa ai cittadini onesti e che esistono ottime leggi, che esistono eccellenti principi giuridici, ma che essi spesso vengono sistematicamente ignorati, stravolti e arbitrariamente interpretati. È ora che la politica riprenda il suo ruolo. [/color]
19/10/2011, 10:12
http://www.davidegiacalone.it/politica/non-diveniamo-ostaggi/
[color=blue]Non diveniamo ostaggi
Non cadiamo nella loro trappola, non finiamo tutti quanti ostaggi dei violenti. Sono “solo” dei criminali, degli spiantati, gente che non vale l’inchiostro dedicato loro.
L’errore è già stato commesso, consentendo loro di fermare i lavori dell’alta velocità in Val di Susa e lasciando credere che contino qualche cosa.
Vanno solo individuati, arrestati e puniti, reprimendo una rete che non è un movimento politico (anche in quel caso andrebbe represso), ma un insieme di teppisti che puntano a imporsi scassando e a realizzarsi nella violenza.
Quello fotografato nel mentre lancia un estintore dice: non sono un black bloc. Gli credo, è, più semplicemente, uno che merita la galera.
Attenti anche a non credere che si debba limitare la libertà di tutti, per poterli ingabbiare. E’ sufficiente far funzionare la giustizia e affrontare senza paura i tanti che sono pronti a dir minchionerie sul disagio sociale, l’esclusione, le loro buone ragioni e la necessità di comprenderli.
Non c’è un accidente da comprendere, questa è gente che sfascia per il gusto di sfasciare. Non servono leggi d’emergenza, semmai servono leggi ragionevoli e serie.
Prendete il caso concreto delle telecamere e delle intercettazioni telefoniche: a Londra sono strumenti di prevenzione, utilizzati dalle forze dell’ordine, in Italia sono o materia per discutere (del tutto a sproposito) di privacy, oppure roba messa nelle mani dei magistrati, che sbobinano per poi passare ai giornali.
La legge deve cambiare, ma nel senso di offrire più garanzie ai cittadini e all’ordine pubblico, prendendo esempio dagli inglesi: le intercettazioni non sono prove, ma strumenti d’indagine, non si depositano e non si pubblicano, non arrivano al magistrato (se non in casi eccezionali), ma si usano per prevenire e per raccogliere prove, con le quali, in pochi giorni, si ottiene la condanna di chi mette a ferro e fuoco le piazze.
Non lasciatevi distrarre da questi criminali, né lasciatevi traviare da chi vi suggerisce di doverli “capire”. Se siamo nei guai è perché la nostra giustizia non funziona e non è capace di condannarli alla giusta pena (non esemplare, giusta). Corriamo dei rischi perché la giustizia ha deragliato.
Rimettiamola sui binari e puniamo la teppa. Saremo più sicuri e più civili.[/color]
19/10/2011, 10:18
19/10/2011, 10:18
http://www.davidegiacalone.it/giustizia/fenomenologia-dellestintore/
[color=blue]Fenomenologia dell’estintore
L’estintore serve ad estinguere. Ufficialmente le fiamme, volendo, però, ci si può estinguere dell’altro. Mediamente pesa cinque chili scarico e tredici se pieno. Non occorre essere degli esperti in fisica per immaginare quale forza e quale peso assume un oggetto del genere se scagliato contro un bersaglio. Lanciandolo contro una vettura se ne può estinguere parte consistente, riducendola ad un rottame. Lanciandolo contro una persona si può estinguerla alla vita, o menomarla per sempre. La fenomenologia dell’estintore indica una conclusione incontrovertibile: chi lo usa per fini non ortodossi non ha in animo di segnalare la propria insoddisfazione, ha deciso di fracassare e uccidere. In qualsiasi Paese assennato chi venga beccato a brandirne uno finisce in galera. Se riesce ad usarlo ci resta a lungo. Ed è su questo, sull’assennatezza dell’Italia, che la fenomenologia dell’estintore segnala follie.
Dieci anni fa un manifestante, a Genova, si trovò esattamente in quella condizione: aveva in mano un estintore, raccolto dopo che già era stato usato per colpire una camionetta dei Carabinieri, e con quello si dirigeva verso i militari. Voleva colpirli? Dubito vollesse far vedere quant’era forzuto, tanto più che faceva caldo (era luglio), vestiva una canottiera, ma anche un passamontagna. In qualsiasi Paese assennato sarebbe finito in galera, e con lui i suoi numerosi complici. Da noi è diventato un eroe. Dalla camionetta un Carabiniere ha sparato e il potenziale assassino è morto. Non sarebbe dovuto accadere, il compito di fargliela pagare sarebbe spettato alla giustizia. Purtroppo andò così. Davanti alla giustizia ci finì il carabiniere. Lui, lo strumento della repressione. Mamma mia: la “repressione”. Perché, che altro si fa, in qualsiasi Paese assennato, se non reprimere e punire certe condotte? C’è la via italiana: s’intitola al violento una sala del Parlamento. Nel medesimo si elegge un suo genitore. Il nostro eroe, il nostro fenomeno dell’estintore, ha il suo tabernacolo, ove lo si può adorare.
Guardate le foto: dieci anni dopo la stessa scena. Guardate il carabiniere che scappa: lo avessero preso lo avrebbero bruciato e macellato. Se avesse sparato lo avrebbero processato. Se avesse ucciso ci sarebbe un martire: il mancato assassino. Guardate l’estintore odierno, guardate quello di allora. Due domande: chi sono? come se ne esce?
Non sono manifestanti, non sono movimenti politici, sono fanatici della violenza, squadracce organizzate, persone che s’esercitano in occasioni politiche o sportive, pur di affermarsi distruggendo. Chi li manovra? Si generano nel fanatismo, s’alimentano di nichilismo, prosperano nel vuoto. Posta la massa di manovra, possono poi essere utilizzati. Può accadere in modo pianificato, più facilmente e frequentemente, invece, basta lasciarli esistere. Al resto provvedono da soli. Qui sta una prima chiave, per uscirne: nessuna copertura, nessuna condivisione, nessuna pelosa comprensione, si deve poterli respingere e arrestare al solo comparire. Alcuni manifestanti, a Roma, ne hanno consegnati tre alle forze dell’ordine: bravi, grazie. Basta il casco, indossato senza moto, e si fanno scattare le manette. A New York le hanno usate per molto meno.
La repressione è giusta. Vanno spazzati via, a tutela dei manifestanti e del loro diritto a protestare (anche quando si ritiene, come ritengo, che abbiano torto). Vanno arrestati e condannati, a tutela dei cittadini. Ma la repressione non è affare di Carabinieri e Polizia, spetta alla giustizia. I “riots” londinesi sono stati arrestati, processati e condannati nel giro di pochi giorni. Negli Usa sono finiti davanti al giudice (e liberati) in giornata. Il nostro giudice quando interverrà? Si accettano scommesse, ma sull’anno. Eppure questa è l’unica via d’uscita legittima, perché solo il processo, non le foto o i questurini, divide i colpevoli dagli innocenti. Vale per qualsiasi reato, e in qualsiasi caso i tempi italiani violano i diritti di tutti: accusati, vittime e società.
Si deve tornare a parlare di giustizia. In modo strutturale, non emergenziale. Sono lustri che, inutilmente, ci si occupa di come evitare ingiustizie e politicizzazioni, posponendo la necessità far esistere la giustizia. Attenti: la fenomenologia dell’estintore può portarci ad aggravare i torti anziché far prevalere le ragioni e la ragione.[/color]
19/10/2011, 10:21
Blissenobiarella ha scritto:
Infatti...e sai perchè?
Perchè a "loro" fa comodo che questa teppaglia resi a piede libero e in attività.
Perchè fa comodo?
Perchè la mancata applicazioni di queste leggi, crea il pretesto per chiederne altre. Lo scopo è arrivare ad una legge che lasci loro campo libero contro l'attività del manifestante in genere, non solo del manifestante violento.
Tipo fideiussione per chi vuole partecipare alle manifestazioni...
E' tutto questo è dannatamente evidente. Quindi basta prenderci in giro puntando il dito a destra o a sinistra. Lo scopo è uno e anche la volontà di chi vuole raggiungere questo scopo è unica.
19/10/2011, 10:28
Blissenobiarella ha scritto:
Infatti...e sai perchè?
Perchè a "loro" fa comodo che questa teppaglia resi a piede libero e in attività.
Perchè fa comodo?
Perchè la mancata applicazioni di queste leggi, crea il pretesto per chiederne altre. Lo scopo è arrivare ad una legge che lasci loro campo libero contro l'attività del manifestante in genere, non solo del manifestante violento.
Tipo fideiussione per chi vuole partecipare alle manifestazioni...
E' tutto questo è dannatamente evidente. Quindi basta prenderci in giro puntando il dito a destra o a sinistra. Lo scopo è uno e anche la volontà di chi vuole raggiungere questo scopo è unica.
19/10/2011, 10:30
19/10/2011, 10:31
[color=blue]"Basta buonismo o ci saranno morti"
Il capo della Celere del G8 di Genova: "Questi teppisti hanno l’immunità. Vanno neutralizzati con più decisione"
È odiato più delle banche, delle multinazionali, delle politiche monetarie. I black bloc vedono nero solo a sentirlo nominare considerandolo il nemico pubblico «numero uno» del movimento mascherato: parliamo di Vincenzo Canterini, una vita nella Celere di cui è ormai un’«icona», già comandante del celebre Settimo Nucleo di Roma contro il quale l’onda nera di Genova si scontrò a ripetizione avendo ogni volta la peggio. Sotto schiaffo per i fattacci della Diaz, Canterini s’è dichiarato innocente mettendo la faccia a difesa dei suoi uomini. In attesa della pronuncia della Cassazione sulla condanna, dice la sua sulla guerriglia di Roma. «Una seconda Genova, un bis senza morti», sentenzia. «È andato tutto drammaticamente storto. Se non si cambia l’andazzo in piazza, se si insiste con questa incomprensibile strategia attendista di “contenimento” dei picchiatori, la prossima volta insieme al furgone delle forze dell’ordine vedremo bruciare anche un padre di famiglia in divisa. Garantito».
Garantito?
«Sì. Ormai questi teppisti col passamontagna non hanno più remore. Fanno quello che fanno perché coperti da una sorta di immunità: non rischiano in piazza con la polizia, non rischiano dopo la galera. Molti di loro hanno addirittura alzato le braccia al cielo quando il blindato in piazza San Giovanni bruciava senza sapere se i due carabinieri erano riusciti a scappare. C’è un salto di qualità preoccupante».
Lei li ha affrontati ovunque, per anni. Chi sono davvero i black bloc?
«Figli del disagio, e non solo. Somigliano ai casseurs francesi, provengono dalle falangi ultras più scatenate, in gran parte frequentano centri sociali e circoli anarchici noti. Le grandi manifestazioni sono il richiamo per i black essendo più facile, per loro, nascondersi nella massa. Rispetto al G8 di Genova hanno affinato ancor più le tecniche d’assalto mordi e fuggi, colpisci e scappa, agguati a elastico. Si tratta di piccoli gruppi, svelti di gambe e di braccia, continuamente riforniti di sassi, spranghe, bombe carta. Come a Genova si sono mischiati ai manifestanti pacifici per poi staccarsi dal corteo, in due o tre punti, così da calarsi sul viso sciarpe e passamontagna e rientrare dentro. E se a Genova il furgone con le armi seguiva i manifestanti, qui hanno riempito di munizioni auto e camioncini con largo anticipo, parcheggiandoli ai bordi del tracciato previsto dal corteo. C’è stata una grossa organizzazione, una regia “politica”, e la riprova è nella presenza di numerosi “avvocati del movimento” che nei cortei pacifici, chissà perché, non si fanno mai vedere».
Come si neutralizzano i black bloc?
«Il sistema è semplice, ma alla politica non piace, preoccupata com’è di evitare il rischio di possibili casini. Si preferisce lasciar fare il tiro al bersaglio per ore sulle teste di poliziotti e carabinieri costretti a star fermi dietro ai blindati perché l’ordine è di non rispondere, contenere, piuttosto che reagire al volo, con un’azione chirurgica, di pronto intervento, che impedirebbe loro di rovinare manifestazioni assolutamente pacifiche».
A parole è facile, «tecnicamente» come si fa?
«L’esperienza del 7° nucleo di Genova è irripetibile ma il modello di piccoli nuclei addestrati all’intervento rapido, che si muovono parallelamente al corteo, in strade laterali, restando invisibili allo stesso, risolverebbe ogni problema. A Genova, questo sistema, ha funzionato sempre quando ci è stata data la possibilità di intervenire al volo. L’intervento rapido, alle prime avvisaglie di scontri, frena le violenze. I Nuclei vanno attivati sentendo le comunicazioni radio o recependo le informazioni dei poliziotti sugli elicotteri, collegati ad altri nuclei da far confluire qualora l’intervento dovesse rivelarsi più complicato del previsto. E poi occorre tornare all’antico: il corteo va blindato. Tante divise in cima, e altrettante in coda. Subire in silenzio per rispondere solo in casi estremi autorizza questi scalmanati a distruggere impunemente tutto».
Tremila uomini delle forze dell’ordine e i black bloc cantano vittoria. Servono le leggi speciali?
«Non servono a niente. Occorre avere coraggio e palle, affrontare di petto la situazione senza timori, far vedere che lo Stato c’è e non perdona. Va bene la difesa delle sedi istituzionali ma il resto della città, con migliaia di poliziotti e carabinieri a disposizione, non può essere lasciata in mano ai due-tremila delinquenti antagonisti che ancora sento bonariamente chiamare “i ragazzi” dei centri sociali”».
Ma la polizia sa chi sono? Sapeva quel che poteva succedere? Cosa non ha funzionato?
«Qualcosa è andato storto, non ci sono dubbi. Ma fino a quando non si cambierà il modo di concepire l’ordine pubblico il rischio di vedere situazioni così è altissimo. I Servizi, e la Digos, avevano allertato chi di dovere. Allora mi chiedo: possibile che tutta questa gente si sia organizzata da ogni parte d’Italia senza che nessuno facesse niente per impedirlo? Possibile che non riusciamo a individuare, seguire, intercettare, gente che si muove seguendo le indicazioni e i richiami sui blog anarchici? Eppoi. Chi ha portato i mezzi con le armi deve avere una base logistica, un appoggio sicuro. E secondo voi qual è questo posto? Sono stati controllati i centri sociali?»
Basta porgere l’altra guancia, dunque?
«Sì, basta. Ovviamente la reazione, le cariche, l’intervento della Celere, è l’estrema ratio. Ma qualcosa si deve pur fare. I black bloc devono sentire il fiato sul collo. Devono capire che al primo sbaglio rischiano di grosso. Si devono mettere in testa che non solo a New York si va in galera se infrangi le regole. Nessuno lo sa ma c’è una legge che vieta a chiunque di andare ai cortei col passamontagna: ecco, cominciamo da qui. Quando si dice che la polizia deve “contenere”, sono d’accordo. Ma quando devi contenere migliaia di matti che rischiano di ucciderti, che senso ha non reagire, non intervenire in massa in soccorso di quel blindato dei carabinieri in fiamme? Scrolliamoci di dosso la sindrome di Genova. Nessun timore. I cittadini sono con la polizia».[/color]
19/10/2011, 10:35
19/10/2011, 10:42
19/10/2011, 10:44
19/10/2011, 11:01
rmnd ha scritto:Blissenobiarella ha scritto:
Infatti...e sai perchè?
Perchè a "loro" fa comodo che questa teppaglia resi a piede libero e in attività.
Perchè fa comodo?
Perchè la mancata applicazioni di queste leggi, crea il pretesto per chiederne altre. Lo scopo è arrivare ad una legge che lasci loro campo libero contro l'attività del manifestante in genere, non solo del manifestante violento.
Tipo fideiussione per chi vuole partecipare alle manifestazioni...
E' tutto questo è dannatamente evidente. Quindi basta prenderci in giro puntando il dito a destra o a sinistra. Lo scopo è uno e anche la volontà di chi vuole raggiungere questo scopo è unica.
Le leggi ci sono, ma la giustizia è troppo permissiva..non dipende solo dall'abilità degli avvocati ma anche dalla complicità di certa magistratura '68na.
19/10/2011, 11:07
Blissenobiarella ha scritto:
E' tutto questo è dannatamente evidente. Quindi basta prenderci in giro puntando il dito a destra o a sinistra. Lo scopo è uno e anche la volontà di chi vuole raggiungere questo scopo è unica.
19/10/2011, 11:12
Thethirdeye ha scritto:Blissenobiarella ha scritto:
E' tutto questo è dannatamente evidente. Quindi basta prenderci in giro puntando il dito a destra o a sinistra. Lo scopo è uno e anche la volontà di chi vuole raggiungere questo scopo è unica.
Esatto... tanto è vero che lo stesso "rigore" è stato auspicato sia da Maroni che da Di Pietro. Praticamente è una strategia bipartisan...
19/10/2011, 11:12
rmnd ha scritto: