IO VA A FINIRE CHE PRENDO LA VALIGIA E ME NE VADO DA QUESTO STUPIDO PAESE !!!!
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(Ripreso da:
http://www.rubric.it/meltingpot/stupro- ... assazione/ )
"La decisione della Suprema Corte di Cassazione ha definito ‘facoltativo’ il carcere per lo stupro di gruppo. Commento di chi? Del costituzionalista e professore emerito di diritto costituzionale alla Sapienza di Roma, l’avvocato Alessandro Pace, che ha poi aggiunto: “Il carcere preventivo non può essere un’anticipazione della pena”.
Quindi, secondo l’eminente costituzionalista la dignità di una donna violentata, da un singolo o da un branco, viene dopo la Costituzione. Perché, come chiosa l’eminente avvocato Pace, “naturalmente la Costituzione è più importante”. Aberrante, citando le parole di Teresa Bellanova e di Alessandra Mussolini che ha aggiunto: “La Cassazione ha lanciato una bomba ad orologeria pronta ad esplodere”. Tralasciando le metafore fascio-bombarole alle quali ci ha abituato la Mussolini, non si può che essere nauseati.
Unanime lo sdegno del mondo politico italiano, a partire dall’ex Ministro Maroni che, nel febbraio 2009, all’interno del Pacchetto sicurezza aveva previsto maggior rigore nei confronti di reati di natura sessuale quali lo stalking e gli abusi di qualunque genere: “Non posso che giudicare questa sentenza come una sentenza brutta – ha tuonato Maroni –. Di più: pericolosa. Perché dopo questa sentenza si profilano due rischi, tutti e due molto gravi: che gli stupratori si sentano legittimati a compiere il reato. E che le donne abbiano paura a denunciarli, temendo le loro ripercussioni”. A far eco alle parole di Maroni anche quelle della deputata del Pdl Mara Carfagna, che ha definito la sentenza “impossibile da condividere”, e quelle della Pd Barbara Pollastrini, che l’ha etichettata come “lacerante”.
Di base resta la gravità sociale ed umana di una sentenza assurda, priva di qualsivoglia significato o ragione: una sentenza aberrante, sì, che, se possibile, relega ancor più le donne in una condizione di cittadine di serie B. Una sentenza, ancora, di fronte alla quale Il Gorilla di De André saprebbe cosa fare, rendendo pan per focaccia ai lungimiranti giudici della Corte di Cassazione!"
ANCORA:
Lo stupro di gruppo, fuori dal carcere.
Fa ribrezzo. E’ aberrante. Fa male. Offende. Offende la dignità delle donne. Offende il paese tutto. Una sentenza di ieri della Corte di Cassazione ha stabilito che in caso di stupro di gruppo la detenzione in carcere non sia obbligatoria, dando al giudice la facoltà di applicare misure alternative. Perché? Secondo la Corte la norma entrerebbe in contrasto con gli articoli 3, sull’uguaglianza davanti alla legge, 13, sulla libertà personale, e 27 sulla funzione della pena, della Costituzione.
Una sentenza sessista, che ci fa arretrare di decenni. Ricordate (no, i più giovani non li ricorderanno…) i primi processi per stupro di cui si cominciò a parlare sulla stampa e in tv (era il 1979 quando andò in onda il documentario “Processo per strupro”, che oggi forse nessuna televisione ritrasmetterebbe) negli anni 70? Ricordate lo stupro e omicidio del Circeo? Ricordate anche lo splendido Dario Fo in una delle sue interpretazioni in grammelot nella “Difesa di uno stupratore”, dove un avvocato inglese fa condannare la donna stuprata? Ricordate le infinite lotte delle donne, i cortei dell’8 marzo quando questa data non era solo mimosa, cene tra donne, spogliarelli maschili e consumismo, ma data da rivendicare e ricordare, data per pensare e manifestare? Ricordate? Bene, ora cancellate tutto. Tagliamo via quel pezzo di pellicola, ché un gruppo di giudici – maschi – ha deciso che lo stupro evidentemente possa essere considerato un reato minore. Ancor più se di gruppo (forse hanno pensato che il gruppo possa essere un’attenuante?).
Si sente il gelo dentro, fin nelle viscere, di fronte a certe sentenze. E poi una rabbia infinita. Da sempre in Italia lo stupro ha pene inferiori alla gravità del reato. Se pensiamo che era considerato un delitto contro la morale e si è dovuti arrivare al 1996 perché finalmente venisse definito “reato contro la persona”, si può comprendere bene quanto in questo Paese una visione maschilista (“vis grata puellae”: quanti avvocati se ne sono avvalsi?) abbia relegato lo stupro tra i reati minori. Ma lentamente negli anni, le battaglie delle donne erano riuscite in parte a mutare il senso comune per cui alla fin fine uno stupro non può dirsi cosa grave, che in fine dei conti forse quella donna se l’era cercata, che certamente avrà provocato, che… quante obiezioni per dire che in fin dei conti è legittimo per un maschio usare violenza, no, anzi, che violenza non è alla fin fine. Quanti anni, quante battaglie per sconfiggere tutto questo. E ora una sentenza vorrebbe ribaltare tutto questo?
Viviamo un’epoca di violenta rimessa in discussione di diritti acquisiti e sembra quasi che molti, disabituati alle lotte, non comprendano la gravità di quanto accade. La rimessa in discussione di ogni cosa. La cancellazione di leggi. Codici e codicilli che inficiano diritti costituzionali. E il pauroso arretramento culturale in cui, ignavi, siamo precipitati. Questa sentenza è figlia anche di questo clima di arretramento. E del silenzio in cui la ragione è avvolta. Abbiamo perso anche l’indignazione. E tutto sembra normale. Da oggi anche uno stupro di gruppo rientrerà tra le cose possibili, visto che i nostri legislatori ritengono il carcere non obbligatorio.
Ma cosa stiamo aspettando per reagire?
Federica Pitoni - redazionale
http://www.esserecomunisti.it/?p=39903