In questo Forum puoi scrivere... con cognizione... quello che vuoi.
Rispondi al messaggio

Le due sinistre

17/07/2012, 18:13

Tutto nasce "ufficialmente" da questo articolo, apparso sull'Unità del 5 luglio a firma Tronti.

E' vero questa volta quello che dicono un po' tutti. Il recente vertice di Bruxelles marca indubbiamente un passaggio di fase. Se ne sono sottolineati fin qui gli effetti macroeconomici, sia a livello nazionale, sia a quello sovranazionale. L’attenzione andrebbe portata sugli effetti di quadro politico, interno. La situazione in certo modo si stabilizza. Si squadernano, davanti a noi, questi dieci mesi, di qui alle elezioni politiche. La proposta per un’alternativa a sinistra da offrire al Paese, ha questo tempo per organizzarsi. Pensare strategicamente e operare nella congiuntura misurano qui le loro necessarie compatibilità. Più d’uno i livelli: distinti,maintrecciati. L’attività parlamentare vive l’urgente bisogno di recuperare una sorta di legittimità perduta: credibilità, fiducia, efficacia, decisione. La parte a sinistra dell’emiciclo ha il compito certo di contribuire responsabilmente all’uscita dalla fase acuta della crisi economico-finanziaria,maha un compito supplementare: contenere, quanto più possibile, i danni, i disagi, a volte le ferite, che le misure da prendere infliggono al suo popolo. Qui, il dialogo quotidiano con il fondo del Paese reale e forme periodiche di vera e propria concertazione con le forze sindacali, diventano indispensabili.

Poi, c’è il terreno politico-istituzionale. La volontà di un’autoriforma di sistema va messa in campo con più coraggio. Primo, nuova legge elettorale, subito. Secondo, quel minimo di modifiche costituzionali, possibili, in questo tempo, che per esse è molto breve, senza quei macroscopici stravolgimenti, agitati più per propaganda che per reale effettualità.

La vera legislatura costituente sarà la prossima. Ed è indubbio che bisognerebbe inventarsi una sede inedita in grado di approntare una proposta finalmente complessiva. Ragionevole, mi sembra, l’idea, di grande valore simbolico, che sta circolando: una Commissione dei Settantacinque, chiamata a istruire la materia. Da precisare forse in questo modo: personalità autorevoli, non elette direttamente, ma indicate dai partiti, prese dal loro bacino di competenze, proporzionalmente alla rappresentanza conquistata nelle prossimeelezioni politiche. Al nuovo Parlamento quindi l’assunzione, la possibilità di modifica, l’approvazione della proposta. Vedo conseguenze virtuose: i partiti riprendono la loro funzione dirigente, in sintonia con la capacità di utilizzare una tecnicalità, questa volta politica, di alto livello. C’è anche qui il bisogno di fermarsi davanti a un baratro: un default istituzionale, per eccesso di domanda antipolitica.

Ma quanto detto fin qui è solo la premessa del vero discorso che voglio fare, spostando l’asse di ragionamento, che si è riaperto su alleanze, coalizioni, in Italia, per l’Europa. I gruppi parlamentari dell’attuale centro-sinistra sono perfettamente in grado di gestire al meglio quelle urgenze sociali e istituzionali, senza bisogno di consigli da mosche cocchiere. C’è invece un secondo fronte piuttosto da aprire. Lo dico in una frase, che poi va spiegata: per un centro-sinistra diverso è indispensabile una sinistra diversa. I dieci mesi vanno anche impiegati per definire una mappa di percorso che miri a delineare la forma organizzata con cui il progetto di governo della sinistra si presenta di fronte al paese. Il dopo ’89 ha consegnato alla cosiddetta seconda Repubblica - e questa ne ha fatto un motivo quasi costituente - la teoria e la pratica delle “due sinistre”. Se è vero che queste due cose - seconda Repubblica e due sinistre - stavano insieme, allora insieme cadono. Il terremoto che ha devastato l’Italietta berlusconiana ha messo a nudo anche queste rovine. Ma direi di più. È tutta la fase neoliberista del capitalismo-mondo che ha prodotto e tenuto in piedi quella teoria e quella pratica. Da un lato la radicalizzazione movimentista no-global e new-global, dall’altra le Terze Vie e il neue Mittel. Nemmenoantagonisti e riformisti, piuttosto contestatori e liberisti. Fallimentari sia lo scontro nelle piazze, sia la coalizione al governo. Due entità, infatti, imprecise, e provvisorie, non autonome, incapaci di vera autonomia, culturale e politica, sia l’una che l’altra, vittime o delle proprie parole d’ordine o dei propri atti gestionali. Chiediamoci, realisticamente, se questa separatezza, con queste conseguenze, abbia ancora senso. E chiediamoci se il popolo della sinistra è ancora disposto a sopportarla.

Due no, rispondono a queste due domande. Dunque: bisogna fare qualcosa. Il processo va aperto, senza ansie di prestazione, con rigore, con metodo, tenendo fermo l’obiettivo, nei tempi necessari. L’atto conclusivo va messo a dopo le elezioni, ma il processo le deve attraversare, perché è un momento di chiarezza, e di mobilitazione. Le vere primarie sono queste: non la scheda con questo o quel nome, ma una grande partecipazione, dal basso, al dibattito sul destino strategico della sinistra: che cos’è, che cosa è stata, che cosa deve essere, quale forma deve prendere, quali risposte, quali proposte. La fase è favorevole. La crisi paradossalmente aiuta, perché fa vedere le contraddizioni di sistema, la debolezza delle attuali classi dirigenti, la necessità, l’urgenza, di sostituirle. E spinge il vento d’Europa, che cambia direzione, dalla Francia verso di noi, ma non solo per mettere meglio a posto i conti, piuttosto per cominciare a fare i conti con i veri responsabili dello sfascio attuale delle economie, delle società, delle istituzioni, della politica.

Insomma, veniamo tutti dallo stesso spettacolo e le metafore vengono spontanee. Forse è il momento di cambiare schema di gioco. Non si può rifare la stessa partita. È cambiata, tra l’altro, la squadra avversaria. Non c’è più da metter via Berlusconi. La cosa è un po’ più seria. Dobbiamo proprio riadattarci al programma minimo? Monti al posto che fu di Prodi? Grazie, abbiamo già dato. Il nostro popolo si merita finalmente qualche cosa d’altro. È sempre solo a quello che bisogna guardare, fisso negli occhi, per capire, e per fare.


L'idea circola da sempre, ma finalmente è stata posta in maniera concreta nel momento giusto. Di sicuro avrà il suo spazio questa estate durante le varie feste, e non è detto che porti a qualcosa (dipende anche dalla legge elettorale che faranno).

Però finalmente si può dire che l'accusa è stata lanciata (l'incapacità della sinistra di rapportarsi al nuovo "mondo"), i colpevoli individuati (i neodemocratici col complesso di colpa del comunismo e i neorifondaioli col complesso di irresponsabilità governativa) e la soluzione proposta.

17/07/2012, 18:22

Gli intenti sembrano buoni, speriamo che seguano i fatti.

18/07/2012, 12:15

Vado avanti.

Questa è la risposta di Vendola

http://www.unita.it/italia/vendola-dopo ... a-1.427192

Il punto oggi è come affrontare la prossima scadenza elettorale e, soprattutto, con quale progetto. Monti fa parte dell’orizzonte dopo il 2013? Il suo essere stato un governo «eccezionale per uno stato d’eccezione», tesi che per altro non ho mai condiviso, si è trasformato in norma, rigore e regola? Lo pensa sicuramente chi ha nostalgie del quindicennio blairiano, anche dentro il Pd. All’epoca si vinceva, alcuni dicono, eppure è da allora, come ci ricorda spesso Jacques Delors, che si sono aperte le via al trionfo della destra liberista, che oggi detta l’insostenibile linea dell’austerità. La nuova sinistra non può accontentarsi di temperare gli appetiti del neoliberismo e fare da sentinella alla casta dei superfinanzieri che hanno prodotto la crisi. La nuova sinistra deve essere invasa dall’irruzione del suo popolo, che oggi accumula distanza e rancori, piuttosto che speranze e fiducia.


Intervento di Ranieri

http://cerca.unita.it/ARCHIVE/xml/24300 ... &orderby=1

Che è ancora più interessante. La sinistra non deve fermarsi ai soliti partiti PD-SEL, perchè "c'è tutto un mondo" non battuto fuori da questi che "è" sinistra e che va coinvolto e con cui ci si deve "contaminare".

"Le culture del femminismo, dell'ambientalismo, dei beni comuni, dell'associazionismo di base, del pacifismo radicale"

Credo che la sinistra che verrà dovrà avere come problema fondamentale quello di aiutare a crescere queste reti di azione diretta, senza pretendere di guidarle, sapendo che non saranno mai sue, ma sapendo al contempo che senza di esse sarà impossibile vincere e governare. Una sinistra che si proponga questo non può più essere né centralista né leaderista. Il problema non è scegliere il leader che ha la narrazione migliore, quello che la racconta meglio, ma quello di far emergere, di mettere in rete le tante narrazioni di chi non ha piegato la testa di fronte alla crisi, di chi si è impegnato a fare cultura, società, impresa nel proprio territorio e nel proprio posto di lavoro, facendo i conti da lì con la globalizzazione, e spesso trovando risposte che la politica non cerca e non trova.


Magari rischia di sbilanciarsi troppo sul movimentista, ma non è escludendo (o "fondando nuovi partiti" come si dice spesso qui) che ci si rafforza. Anche perchè, se dovessimo costituire partiti "strettamente ideologizzati" come minimo ci sono 5 tendenze nel PD, 3 in SEL, 2 nella FDS, più Verdi e PSI. La carica dei 101 partiti...

18/07/2012, 13:09

Magari fosse così davvero la sinistra... io aggiungerei la necessità di sostituire gli attuali personaggi vetusti e indifendibili: D'Alema, Bersani, Rosy Bindi, ... e quelli che secondo me con la sinistra non ci azzeccano nulla (quell'Enrico Letta troppo collegato a quello stesso mondo da cui provengono Prodi, Monti, Draghi)

Se alternativa deve essere, deve esserlo anche nelle persone. Troviamo chi si è impegnato a fare cultura, società, impresa nel proprio territorio e nel proprio posto di lavoro, facendo i conti da lì con la globalizzazione, e spesso trovando risposte che la politica non cerca e non trova

Il partito necessita di un rinnovamento TOTALE per rappresentare una NUOVA alternativa di governo con nuove idee.

Ben vengano gli articoli e le proposte in tal senso, ma solo i fatti potranno dare seguito.. e oggi purtroppo questi fatti non ci sono.

18/07/2012, 17:38

Eeh... Con un po' di pazienza recupero tutto...

20/07/2012, 19:57

http://www.unita.it/sociale/monti-deve- ... o-1.431433

La sinistra si prepara al voto, imperversa il dibattito, dalle primarie alle alleanze. Che idea si è fatta?

«Non sono interessata a schieramenti, personalismi. E neanche al dibattito se Monti deve succedere a Monti . Spero che il centrosinistra avvii una seria fase programmatica per proporre un’alternativa di governo. L’unica condizione che davvero conta è mettere le persone e i loro problemi al centro della politica e dell’azione di governo».

Qual è il limite più grave del governo?

«Si muove solo sul piano finanziario. Pensa solo a tagliare e mistifica come revisione della spesa quella che in realtà è un’altra manovra di tagli. Un conto è un intervento moralizzatore sulla spesa pubblica e potremmo dare qualche suggerimento se Monti ci ascoltasse, un altro è usare la mannaia sulla pubblica amministrazione, sulla sanità, sul trasporto locale. La spending re view determinerà migliaia di licenziamenti. Il governo ne è consapevole o se ne accorgerà a cose fatte, come nel caso della riforma delle pensioni e delle migliaia di esodati?».

Cosa teme oggi?

«Ci sono tre urgenze. Primo: non è chiaro se ci sono i finanziamenti per la cassa integrazione in deroga per il 2013, molte Regioni hanno finito i fondi. Secondo: spero di sbagliarmi ma c’è un gioco di emendamenti sulla prosecuzione della mobilità che potrebbe portare a un’ondata di licenziamenti anticipati. Terzo: il decreto della spending review ha un effetto depressivo sull’economia, ci stiamo avvitando su manovre e spread senza dare fiato alla produzione, la manovra colpisce i soliti noti, impoverisce le famiglie. Vorrei vedere un segnale di equità, di giustizia, di redistribuzione, una politica dura contro l’evasione e il sommerso».

(Susanna Camusso, CGIL, ma anche PD...)

20/07/2012, 20:11

Il PD stà facendo al corte a Maroni, fidati.....[8D]

20/07/2012, 20:17

Visto che anche lui vine dalla sinistra ...[^]

20/07/2012, 20:17

sezione 9 ha scritto:

http://www.unita.it/sociale/monti-deve- ... o-1.431433

La sinistra si prepara al voto, imperversa il dibattito, dalle primarie alle alleanze. Che idea si è fatta?

«Non sono interessata a schieramenti, personalismi. E neanche al dibattito se Monti deve succedere a Monti . Spero che il centrosinistra avvii una seria fase programmatica per proporre un’alternativa di governo. L’unica condizione che davvero conta è mettere le persone e i loro problemi al centro della politica e dell’azione di governo».

Qual è il limite più grave del governo?

«Si muove solo sul piano finanziario. Pensa solo a tagliare e mistifica come revisione della spesa quella che in realtà è un’altra manovra di tagli. Un conto è un intervento moralizzatore sulla spesa pubblica e potremmo dare qualche suggerimento se Monti ci ascoltasse, un altro è usare la mannaia sulla pubblica amministrazione, sulla sanità, sul trasporto locale. La spending re view determinerà migliaia di licenziamenti. Il governo ne è consapevole o se ne accorgerà a cose fatte, come nel caso della riforma delle pensioni e delle migliaia di esodati?».

Cosa teme oggi?

«Ci sono tre urgenze. Primo: non è chiaro se ci sono i finanziamenti per la cassa integrazione in deroga per il 2013, molte Regioni hanno finito i fondi. Secondo: spero di sbagliarmi ma c’è un gioco di emendamenti sulla prosecuzione della mobilità che potrebbe portare a un’ondata di licenziamenti anticipati. Terzo: il decreto della spending review ha un effetto depressivo sull’economia, ci stiamo avvitando su manovre e spread senza dare fiato alla produzione, la manovra colpisce i soliti noti, impoverisce le famiglie. Vorrei vedere un segnale di equità, di giustizia, di redistribuzione, una politica dura contro l’evasione e il sommerso».

(Susanna Camusso, CGIL, ma anche PD...)


Sì, ma qui torniamo a picchiare sempre sullo stesso punto... a parole sono tutti bravi, ma non è con le parole che cambi la situazione.

La Spending Review che la Camusso critica così fortemente nell'ultimo passaggio non è forse stata votata dal PD (ovvero dal suo stesso partito)?

E' questo il paradosso sezione che sembra che tu non voglia accettare: il PD non può includere "le due sinistre" - anche perchè a mio parere una delle due è tutto fuorché portatrice di valori/ideali di sinistra.

A quel punto non sarebbe più giusto spaccare il partito se al suo interno ci sono correnti che impediscono l'avvio di un reale momento programmatico alternativo?!

Tu parli di "sinistra" e di "destra", ma il fenomeno delle 'due sinistre' è osservabile anche a destra, dove forse ce ne sono anche più di 2.

Per questo io non credo più all'azione di etichettare tutto come di destra o di sinistra preferisco parlare di Pro-Sistema e Anti-Sistema. E oggi la stragrande maggioranza di persone presenti all'interno dei partiti tradizionali è palesemente Pro-Sistema. Quando invece è il momento di proporre idee e progetti Anti-Sistema (lo dici anche tu nel primo post)

Infine sarà il popolo a decidere, democraticamente e se deciderà di optare ancora per il Pro-Sistema allora significherà che noi Anti non siamo stati capaci di fare capire ai cittadini la situazione.

Penso che i motivi dei nostri scontri verbali siano proprio dovuti a questo: io vorrei vedere finalmente delle proposte concrete DIVERSE, anche a scapito dell'eventuale vittoria, ma con un enorme sforzo per conquistare la fiducia delle persone (e quindi il loro voto) - tu parti dal presupposto che prima si vince, non importa come o con chi, poi si valuta cosa fare.

Io vorrei proporre il mio programma, convincere, ottenere il voto, e infine vincere.
Ultima modifica di Atlanticus81 il 20/07/2012, 20:18, modificato 1 volta in totale.

20/07/2012, 20:18

Oddio, potrebbe anche essere. Di certo, dobbiamo ringraziare Casini, oggi, che ha regolato le ambizioni della corrente arcigay sui matrimoni omosex riportandoli sulla terra e ricompattando il partito contro il "nemico" (cioè, alleato [:D]) comune...

Ma su Maroni, piuttosto, non è che la Lega rischi la nascita di tante microleghe locali sul modello della lista Tosi? Maroni contro Bossi significa tensione continua... Tira oggi e tira domani, anche la corda della più dura canapa padana si sfilaccia...

20/07/2012, 20:25

Si stanno producendo tanti partiti ora, che vedrete ... Tutti spezzati a metà! Bell'affare.[:o)]

23/07/2012, 21:28

Atlanticus81 ha scritto:

...

Sì, ma qui torniamo a picchiare sempre sullo stesso punto... a parole sono tutti bravi, ma non è con le parole che cambi la situazione.



Appunto... Questa cosa a quale delle "due sinistre" fa riferimento?


Fassino ignora la sentenza della Consulta, tutti in piazza a Torino
Oggi il Comune mette a gara due società partecipate di servizi. Secondo il diktat della Bce. Ma la sentenza della Consulta della scorsa settimana sulla gestione dei servizi impone uno stop. Appuntamento alle 17.

Lunedì 23 luglio il Consiglio Comunale di Torino voterà la deliberazione per la messa a gara di Amiat S.p.A. e TRM S.p.A., società partecipate dal Comune che si occupano di igiene urbana, raccolta e smaltimento dei rifiuti.

Immagine

Questo atto prende le mosse dall’articolo 4 della Decreto Legge n. 138/2011, norma con cui il Governo Berlusconi aveva ripristinato l’art. 23 bis del Decreto Ronchi, abrogato con il referendum del 13 giugno 2011, che stabiliva la messa a gara, a data certa, di tutti i servizi pubblici locali.
Il quadro normativo è stato però sconvolto dalla sentenza n. 199/2012 della Corte Costituzionale che, chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell’articolo 4 su ricorso di diverse Regioni, ha per la prima volta riconosciuto l’esistenza di un vincolo referendario, ossia del divieto per il legislatore di ripristinare la normativa abrogata dalla volontà popolare secondo quanto sancito dall’art. 75 della Costituzione.

Il mutamento del contesto normativo e questa sentenza dalla portata rivoluzionaria richiedono un ripensamento della gestione dei servizi pubblici locali e, soprattutto, rendono necessaria una moratoria per i processi di messa a gara avviati sulla base di una norma che rappresentava un vulnus per la democrazia del nostro Paese.

Chiediamo dunque al sindaco Fassino e a tutto il Consiglio Comunale una moratoria della vendita delle quote di Amiat S.p.A. e Trm S.p.A. e la sospensione della votazione sulla delibera: non si può procedere ignorando quanto deciso dalla Consulta, la materia dei servizi pubblici locali ha bisogno come mai in questa fase di un ripensamento che tenga anche conto della disciplina comunitaria che, dopo la declaratoria di illegittimità della Corte Costituzionale, trova diretta applicazione. Per questo, chiediamo al consiglio comunale che sia istituito presto un tavolo tecnico che faccia il punto sulla disciplina dei servizi pubblici locali, presso cui avviare un dibattito sui modelli di gestione.

Chiediamo alle cittadine e ai cittadini di partecipare lunedì 23 luglio alle h. 17 al presidio che si terrà in Piazza Palazzo di Città, per difendere la democrazia e la volontà popolare che non può essere vanificata.

Ugo Mattei, Luciano Gallino, Livio Pepino, Giorgio Airaudo, Alessandra Algostino, Marco Revelli, Elisabetta Grande, Michele Curto, Ezio Locatelli, Alessandra Quarta, Federico Bellono (Segretario Fiom), Officine Corsare, ALBA, PRC, Adesso Ecologia.

Fonte: http://www.ilmanifesto.it/attualita/notizie/mricN/8121/

Sezione, mi auguro che la tua onestà intellettuale e la tua passione politica ti consentano di valutare con senso critico l'ennesima dimostrazione del reale comportamento dei rappresentanti più 'autorevoli' del tuo partito.

E altrettanto provare a pensare a cosa la sinistra avrebbe detto o fatto qualora fosse stata una giunta di centro-destra a tenere il medesimo comportamento.

E' questa mancanza di coerenza che ha stufato e deluso. Oltre ad aver dimostrato in alcuni casi la completa malafede delle persone coinvolte (On.Enrico Letta, il più infame di tutti)

Non fanno una cosa di quello che dicono... [:(]

24/07/2012, 12:11

C'è un enorme equivoco sia sui referendum sia sulla sentenza della Corte Costituzionale. L'idea di Berlusconi era di rendere obbligatoria la vendita dei servizi pubblici, il referendum attaccava questa idea, Berlusconi l'ha riproposta e la Consulta l'ha bocciata. Nessuno, mai (neanche la disciplina precedente, che non è stata bocciata nè da referendum nè da sentenze e che anzi "torna" a rivivere) ha negato la possibilità di vendere servizi pubblici.

L'idea mia, in generale, è che qualsiasi amministrazione deve garantire il meglio per i cittadini, e non è detto che mantenere un servizio pubblico sia "il meglio". Qua a Rovigo, per dire, abbiamo avuto, a proposito di acqua, periodi di "pubblico" con un servizio ottimo e periodi di servizio letteralmente inesistente: a metà degli anni '80 ci portavano l'acqua con le autobotti, perchè nella terra più ricca d'acqua d'Italia non c'era acqua potabile...

Il problema non è mantenere la gestione pubblica, ma consentire al pubblico il controllo della gestione. Insomma, consentire solo a precisi limiti.

- Si può vendere solo se il privato mi garantisce servizi adeguati ad un costo non superiore
- La gestione privata deve essere tenuta sotto controllo da un organismo che valuti qualità e costi dei servizi, se il privato investe per ammodernare eccetera
- Se il privato non rispetta i requisiti, il servizio deve tornare pubblico

La storia di Fassino... Dicono di vendere (gestione rifiuti, in parte, e inceneritore, all'80%) perchè hanno bisogno di soldi: per me non si dovrebbero vendere servizi pubblici per fare cassa. Certo è che la situazione dei comuni è disastrosa: sai bene che ai comuni è affidato un importante compito di assistenza sociale, e chi ha bisogno di assistenza aumenta mentre i soldi a disposizione vengono tagliati dallo Stato. Non so quale sia la situazione reale a Torino, però, se è grave come a Rovigo, fossi Sindaco alle tue accuse risponderei: "Bene, o diamo da mangiare e da vivere a chi è rimasto senza lavoro e senza casa, oppure ci teniamo l'inceneritore".

Si tratta di scelte (e non è detto che siano giuste!), ma un comune ha possibilità molto limitate: tra patto di stabilità, aumenti di tasse comunque limitati e in ogni caso che colpiscono tutti (e non solo "i più ricchi" così che, alla fine, se il comune aumenta le aliquote colpisce sempre i soliti), fondi che diminuiscono e bisogni che aumentano, l'unica è vendere patrimonio pubblico, se hai bisogno di soldi subito. E, sinceramente, vendere un palazzo di proprietà del comune o vendere un'azienda del comune non è differente.

Il punto è, se si vende, il prezzo a cui il privato compra. Su Rai5 hanno trasmesso e ritrasmesso uno stupendo documentario sull'Argentina, dove la "privatizzazione" consisteva nel vendere a un decimo del valore reale. Questo è svendere, e, tra l'altro, è pure illegale... Ma se io vendo al prezzo di mercato, e con quei soldi continuo a fornire ai cittadini i servizi essenziali, faccio uno sbaglio?

24/07/2012, 12:42

sezione 9 ha scritto:

Ma se io vendo al prezzo di mercato, e con quei soldi continuo a fornire ai cittadini i servizi essenziali, faccio uno sbaglio?


Perchè allora battersi per il referendum contro la privatizzazione dell'acqua??? Perchè opporsi alle privatizzazioni proposte durante i governi Berlusconi???

Sì, sbagli, se non interpelli prima i cittadini stessi in quanto quella proprietà, essendo proprietà pubblica, è, per definizione, NOSTRA. Per cui la cessione della proprietà pubblica dovrebbe poter avvenire solo dopo esplicita approvazione da parte dei cittadini.

E sbaglieresti anche se non accompagnassi la vendita di patrimonio pubblico con riforme, anche a livello locale, destinate a una crescita della produzione di ricchezza. Trattasi altrimenti soltanto di procrastinare il virulento problema del bilancio comunale a un periodo successivo, alla successiva legislatura. E quando avremo dismesso tutto il patrimonio pubblico cosa ti resterà da impegnare per avere i soldi necessari per pagare i servizi?

Inoltre non ho mai visto la cessione di proprietà pubblica avvenire al prezzo corrente di mercato...

Allora, in senso lato, andava bene l'ipotesi di vendere il Colosseo, la Torre di Pisa, la Fontana di Trevi, i musei e tutte le ricchezze del paese - Vendiamo anche le isole minori al miglior offerente per ridurre il debito pubblico... e poi?

Quando il debito tornerà a salire cosa ci resterà da vendere? Le donne e i bambini?

24/07/2012, 12:54

Ti cito di seguito un articolo; fu scritto il 30 settembre 2011, prima dell'arrivo di Monti.

Stato ricco di 1800 miliardi? Poco da vendere, solo 100. E molto regala

ROMA – Il ministro del Tesoro Giulio Tremonti ha annunciato in pompa magna che l’Italia possiede un patrimonio di valore pari a quello del debito pubblico che tanto ci affligge: 1800 miliardi di euro. Ma non è tutto oro quello che luccica. Non si può vendere tutto e diventare, improvvisamente e miracolosamente, un paese senza debito. Di quei 1800 miliardi conteggiati da Tremonti in realtà appena un centinaio sono veramente “spendibili”. A meno di non voler vendere il Colosseo o le Dolomiti. Per far cassa, oltre a vendere e privatizzare, bisognerebbe far rendere l’immenso patrimonio pubblico italiano. Patrimonio che, stima La Stampa, rende solo 50 miliardi l’anno, un decimo delle possibilità.

Milleottocento miliardi di debito pubblico sono troppi. Lo dicono l’Europa, la Bce e lo spiegano i mercati: occorre abbatterlo. Giulio Tremonti, da sempre scettico in tema di privatizzazioni e dismissioni, fa di necessità virtù e ha organizzato un seminario a Via XX settembre con grand commis, banchieri, ministri e capi di grandi società d’investimento. «Abbiamo aperto il grande libro del patrimonio, l’abbiamo fatto per la prima volta e abbiamo scoperto che nell’attivo del bilancio dello Stato c’è un numero uguale al passivo».

In realtà che il patrimonio dello Stato valesse approssimativamente 1.800 miliardi si sapeva dal lontano 2004, quando l’allora direttore generale del Tesoro Domenico Siniscalco, affidò ad una società di consulenza il compito di inventariare casa Italia. Più della metà di quel patrimonio – almeno novecento miliardi – sono montagne e monumenti, beni incedibili quindi. Quel che solo ora si inizia a capire, è invece l’entità del patrimonio ancora effettivamente cedibile e quello che varrebbe la pena tenere e soprattutto far fruttare.

Il direttore dell’apposito ufficio del Tesoro, Stefano Scalera, stima l’entità del patrimonio immediatamente cedibile: almeno 25 miliardi di euro di immobili, altri dieci di diritti di emissione da anidride carbonica. E poi qualcuno dei gioielli di famiglia rimasti: Rai, Enel, Finmeccanica o Ferrovie che valgono ben 44 miliardi. Le sole Poste, che gli americani si apprestano a privatizzare, valgono quattro miliardi.

Vendere è quindi una soluzione, ma più saggio sarebbe vedere questa possibilità come una parte della soluzione perché molto, moltissimo, si potrebbe recuperare mettendo mano agli sprechi che caratterizzano la gestione del nostro patrimonio e ancor di più si potrebbe ottenere se questo patrimonio fosse messo realmente a frutto. Di risparmi da fare non ne mancano, con la sola razionalizzazione di immobili e terreni il Tesoro conta di contribuire alla riduzione del debito pubblico per cinque miliardi di euro già dal 2015, dieci a partire dal 2020. Dieci miliardi sono circa lo 0,7-0,8% del prodotto interno lordo di un anno. Se nel frattempo la crescita tornasse ai livelli pre-crisi attorno all’1,5-2%, nel giro di una decina d’anni il contributo all’abbattimento del debito sarebbe significativo.

L’altra parte della soluzione, il valorizzare e mettere a frutto questo enorme patrimonio di cui, di fatto, siamo i proprietari, è tutt’altro che semplice, e richiede uno sforzo corale. Un primo, rivelatore, colpo d’occhio, emerge dall’analisi compiuta dal capoeconomista della Cassa Depositi e Prestiti Edoardo Reviglio sul mondo delle concessioni, ovvero il reddito che lo Stato e gli enti locali riescono a ricavare dal patrimonio «concesso» ai privati. Patrimonio che vale 70 miliardi di euro (50 di proprietà dello Stato, 20 delle autonomie locali) e che ha, oggi, un rendimento praticamente irrisorio: un minuscolo 0,5% l’anno. In altre parole, questa «roba» alle aziende private la regaliamo o quasi. Dalle autostrade, migliaia e migliaia di chilometri, lo Stato ricava 190 milioni l’anno, 40 dagli aeroporti, 20 dai porti. Dal demanio marittimo, cioè le spiagge, si ottengono solo 140 milioni l’anno, e 130 dal demanio minerario. Obbiettivamente pochino.

Il secondo spunto, anch’esso poco confortante, riguarda poi le società partecipate dallo Stato. Complessivamente il loro valore è di quasi 45 miliardi, di cui 17,342 per le tre società quotate (Enel, Finmeccanica e Eni). Come spiega Scalera, il portafoglio complessivo delle partecipate rende soltanto 1’1,8%, mentre le società in utile hanno un rendimento medio del 6,7%: in media la perdita di valore è del 4,9%. In altre parole le società partecipate dalla pubblica amministrazione hanno un rendimento minore rispetto a quello medio delle società private attive negli stessi settori. Una situazione legata anche all’assetto organizzativo, con una proliferazione di partecipazioni, che porta a una «distruzione di valore».

Facendo il confronto tra il rendimento delle partecipate pubbliche e quello medio delle società private nei medesimi settori, ci si accorge che le aziende del comparto della fornitura di elettricità e gas le partecipate rendono solo il 4,8%, contro il 9,5% delle società private. Nel trasporto e magazzinaggio il rendimento complessivo è del 2,5%, contro il 14,6% dei privati. E anche nel settore dell’acqua, reti fognarie e rifiuti, il rendimento è soltanto dell’1,6%, contro il 9,8% delle aziende private. Stessa situazione, infine, per quanto riguarda gli immobili. I 72 miliardi di euro di valore stimato di mercato di immobili di proprietà dello Stato centrale rendono un patetico 0,1% l’anno. D’accordo vendere i gioielli di famiglia quindi ma, restando nella metafora, anche togliere i soldi dal materasso e metterli a frutto non sarebbe una cattiva idea…

Fonte: http://www.blitzquotidiano.it/opinioni/ ... li-972289/


Perchè vendere (facendo un regalo ai poteri forti, non dimenticarlo), quando una gestione oculata delle risorse pubbliche potrebbe rendere qualche miliardo in più allo Stato OGNI ANNO?

Forse perchè vendere è più facile?
O forse Perchè posso fare un favore ai miei 'amici', meglio se di Goldman Sachs (vedi le privatizzazioni di prodiana memoria)?


Arriviamo quindi alla mia proposta e a quello che mi piacerebbe venisse fatto dalla classe politica. Perchè NESSUNO propone di sostituire TUTTI i dirigenti pubblici delle società il cui margine è inferiore alla media di settore, con una nuova classe manageriale.

Magari potremmo andare a "pescare" tra i migliori soggetti delle nostre università o da esempi già consolidati di successo, attribuendo loro obiettivi di miglioramento e sviluppo di queste società?

Alla fine quelle società sono un bene pubblico, quindi collettivo. Se io fossi il governo ci terrei a trasformarle in esempi di successo prima di venderle al miglior offerente per fare cassa. E se la persona scelta non si dimostra all'altezza... VIA!
Ultima modifica di Atlanticus81 il 24/07/2012, 13:06, modificato 1 volta in totale.
Rispondi al messaggio