16 febbraio 2007
http://www.voltairenet.org/article145295.html Conto alla rovescia
L'Iran deve tenersi pronto a bloccare un attacco nucleare
Per il generale Leonid Ivashov, ex capo di Stato Maggiore interarma della Federazione della Russia, non c’è nessun dubbio che l'amministrazione Bush stia pianificando interventi nucleari contro l'Iran e che il Pentagono sarà in grado di effettuarli nelle prossime settimane. Non c’è neppure dubbio che gli Stati Uniti non saranno dissuasi dalle altre potenze nucleari e che comporteranno solamente una risposta convenzionale. L'unica incognita risiede nell'approvazione o nell'opposizione a questo progetto da parte del Congresso degli Stati Uniti.
Léonid Ivashov *
Nell'insieme delle notizie provenienti dal Medio Oriente, un numero crescente di articoli afferma che da qui a qualche mese gli Stati Uniti condurranno degli interventi nucleari contro l'Iran. Ad esempio il Kuwaiti Arab Time, citando fonti molto informate ma anonime, riferisce che gli Stati Uniti progettano di lanciare un attacco supportato da missili e bombe sul territorio iraniano prima della fine del mese di aprile 2007. La campagna partirà dal mare e sarà appoggiata dal sistema di difesa anti-missile Patriot, in modo da risparmiare alle truppe statunitensi un'operazione terrestre e ridurre l'efficacia di una risposta proveniente da “non importa quale paese del Golfo Persico”.
“Non importa quale paese” fa essenzialmente riferimento all’Iran. La fonte che ha comunicato la notizia al giornale kuwaitiano crede che le forze statunitensi in Iraq come negli altri paesi della regione saranno protette da ogni lancio di missili iraniani dai Patriot alle frontiere.
Così, i preparativi di una nuova aggressione statunitense hanno raggiunto la loro fase di definizione. Le esecuzioni di Saddam Hussein e dei suoi più stretti collaboratori sono state parte di questi preparativi. Il loro scopo era di servire come "operazione dissimulatoria" dei tentativi degli strateghi statunitensi, volti ad esacerbare deliberatamente la situazione al tempo stesso in Iran ed in tutto il Medio Oriente.
Gli Stati Uniti hanno ordinato l'impiccagione del deposto dirigente iracheno e dei suoi collaboratori valutando realisticamente le conseguenze del gesto. Ciò dimostra che gli Stati Uniti hanno adottato irreversibilmente il piano di spartizione dell'Iraq in tre pseudo-stati: sciita, sunnita e curdo. Washington considera che una situazione di caos controllato aiuterà a dominare strategicamente l'approvvigionamento di petrolio dal Golfo Persico così come da altre vie di trasporto petrolifero strategicamente rilevanti.
L'aspetto di più importante della questione è che sarà creata una zona cruenta di conflitto senza fine nel cuore del Medio Oriente, nella quale i paesi vicini all'Iraq, segnatamente l'Iran, la Siria e la Turchia (attraverso il Kurdistan), saranno inevitabilmente coinvolti. Ciò risolverà il problema della completa destabilizzazione della regione, un compito di primaria importanza per gli Stati Uniti e particolarmente per Israele. La guerra in Iraq non è stata che un passo per una serie di tappe nel processo di destabilizzazione regionale. E’ stata solamente una fase del processo di avvicinamento di un regolamento di conti con l'Iran e con altri paesi che gli Stati Uniti intendono stigmatizzare.
Tuttavia non è agevole per gli Stati Uniti lanciarsi in un’altra campagna militare mentre l'Iraq e l'Afganistan "non sono pacificati" (gli Stati Uniti mancano delle risorse necessarie per farlo). Inoltre, le proteste contro la politica dei neoconservatori di Washington si intensificano ovunque nel mondo. A causa di tutto questo gli Stati Uniti faranno uso dell'arma nucleare contro l'Iran. Si tratterà del secondo caso di utilizzo in combattimento di armi nucleari dopo l'attacco statunitense del 1945 contro il Giappone.
I circoli militari e politici israeliani fanno apertamente dichiarazioni sulla possibilità di interventi di missili nucleari sull'Iran dall’ottobre del 2006, quando l'idea fu sostenuta da George W. Bush. Attualmente si parla di una "necessità" di interventi nucleari. Si spinge l'opinione a credere che questa eventualità non ha niente di mostruoso e che, proprio al contrario, un intervento nucleare è relativamente fattibile. Secondo loro non c'è altro mezzo per "fermare" l'Iran.
Come reagiranno le altre potenze nucleari? Per ciò che riguarda la Russia, nel migliore dei casi, il suo governo si accontenterà di condannare gli interventi, al peggio dichiarerà che "anche se gli Stati Uniti hanno fatto un errore, il paese preso di mira ha provocato egli stesso l'attacco". Come all'epoca degli interventi che ha subito la Jugoslavia.
L'Europa reagirà probabilmente dello stesso modo. E’ tuttavia possibile che le proteste della Cina e di altri paesi nei confronti gli attacchi nucleari siano più rilevanti. In ogni caso, non ci sarà rappresaglia nucleare contro le forze statunitensi - l'amministrazione Bush ne è totalmente sicura.
Le Nazioni Unite non hanno nessun peso in questo contesto geopolitico. Non avendo condannando l'attacco subito dalla Jugoslavia, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ne ha condiviso la responsabilità. Questa istituzione si accontenta di adottare delle risoluzioni che i russi ed i francesi interpretano come una rinuncia all'uso della forza, ma che gli statunitensi ed i britannici intendono come una "garanzia" delle loro aggressioni.
Quanto ad Israele, sarà certamente nel mirino degli attacchi dei missili iraniani; è allora possibile che la resistenza di Hezbollah e dei palestinesi diventi più attiva. Gli israeliani poseranno a vittime, faranno ricorso a delle provocazioni per giustificare un'aggressione, patiranno danni ragionevoli e gli Stati Uniti indignati finiranno per destabilizzare l'Iran, presentando ciò come un castigo ben meritato.
Qualcuno sembra credere che le proteste dell'opinione pubblica potranno fermare gli Stati Uniti. Non penso. Non bisogna sopravalutare l'importanza di questo fattore. Ho provato in passato, per ore, a convincere Milosevic che la Nato si preparava ad attaccare la Jugoslavia. Per molto tempo, ha rifiutato di considerarlo, ripetendomi senza tregua: "Leggete dunque la Carta dell'Onu. Per quali ragioni potrebbero fare ciò? ».
Ma l'hanno fatto. Hanno ignorato deliberatamente la legislazione internazionale, e l'hanno fatto. E quale è il risultato? Certamente, l'opinione pubblica è stata urtata ed indignata. Ma gli aggressori hanno ottenuto esattamente ciò che volevano: Milosevic è morto, la Jugoslavia è divisa e la Serbia è colonizzata; e gli ufficiali della Nato hanno stabilito il loro quartier generale negli uffici del Ministero della Difesa del paese.
La stessa cosa è avvenuta in Iraq. L'opinione pubblica è stata urtata ed indignata. Ora ciò che interessa agli Stati Uniti non è l’ampiezza dell'indignazione ma l’estensione dei redditi del loro complesso militar-industriale.
La notizia secondo la quale una seconda portaerei statunitense dovrebbe arrivare nel Golfo Persico entro la fine del mese di gennaio permette di fare un'analisi dell'evoluzione possibile del conflitto. Per attaccare l'Iran, gli Stati Uniti adopererebbero essenzialmente la forza nucleare aerea. Sarebbero utilizzati missili da crociera (lanciati da aerei, da sottomarini e da postazioni di superficie) e, eventualmente, dei missili balistici. Con ogni probabilità, i colpi nucleari sarebbero seguiti da raid aerei lanciati dalle portaerei, così come di altri tipi di attacchi.
L'Iran possiede un esercito potente e le forze US potrebbero patire delle perdite ingenti. Ciò è inaccettabile per G. W. Bush, che si trova già in posizione delicata. Ma non è necessario lanciare un attacco terrestre per distruggere le infrastrutture dell’Iran, contrastare lo sviluppo del paese, generare il panico e creare caos politico, economico e militare. È un obiettivo realizzabile accedendo al nucleare, poi con i mezzi da guerra convenzionali. Ecco l'utilità del dispiegamento della flotta di portaerei vicino alle coste iraniane.
Quali sono i mezzi di difesa dell'Iran? Sono considerevoli ma restano largamente inferiori per forza. L'Iran possiede 29 sistemi di missili antiaerei russi "Tor." Costituiscono indiscutibilmente un rafforzamento della difesa aerea iraniana. L'Iran non ha tuttavia, al momento attuale, nessuna protezione sicura contro i raid aerei. La tattica sarà quella abituale: subito, neutralizzare la difesa aerea ed i radar, poi attaccare l‘armata aerea in volo, poi le installazioni di controllo e le infrastrutture a terra, evitando i rischi.
Tra qualche settimana, vedremo mettersi in movimento la macchina dell'informazione di guerra. L'opinione pubblica è già sotto pressione. Vedremo montare una sorta di isteria anti-iraniana, di "fughe" di notizie nei media, di disinformazione, ecc.
Tutto ciò manda simultaneamente un messaggio all'opposizione "filo-occidentale" e ad una frazione dell'élite di Mahmoud Ahmadinejad affinché si preparino agli eventi a venire. Gli Stati Uniti contano sul fatto che un attacco all'Iran generi inevitabilmente il caos nel paese, per poi corrompere alcuni generali iraniani e quindi crearsi una "quinta colonna" nel paese.
Beninteso, l'Iran e l'Iraq sono dei paesi assai differenti. Tuttavia, se l'aggressore riuscisse a provocare un conflitto tra i due rami delle forze armate iraniane- il Corpo delle guardie della Rivoluzione islamica e l'esercito- il paese si ritroverebbe in una situazione critica, particolarmente nell'ipotesi che, fin all’inizio della campagna, gli Stati Uniti riuscissero a uccidere il presidente iraniano ed a portare un intervento nucleare, o un massiccio intervento convenzionale contro lo Stato Maggiore del paese.
Ad oggi, la probabilità di un attacco degli Stati Uniti contro l'Iran è estremamente elevata. Resta una questione ancora incerta: che il Congresso statunitense dia l'autorizzazione per questa guerra. Il ricorso ad una provocazione potrebbe eliminare questo ostacolo (un attacco su Israele o su bersagli statunitensi dentro le basi militari). L'ampiezza della provocazione potrebbe essere dell'ordine degli attentati del 11 settembre 2001 a New-York. Allora il Congresso dirà certamente "sì" al presidente statunitense.
* Il generale Léonid Ivashov, ex Capo di Stato Maggiore interarma della Federazione della Russia, oggi vicepresidente dell'Accademia russa di geopolitica e membro del conferenza Axis for Peace.
N.B. Questo articolo è stato redatto dal generale Leonid Ivashov prima della deposizione al Congresso del segretario della Difesa statunitense Robert Gâtes, il 6 febbraio 2007, che ha detto che Washington deve prepararsi ad un confronto militare con la Russia; e prima del discorso del presidente Vladimir V. Putin davanti alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco, il 10 febbraio 2007, che ha affermato che Mosca non lascerebbe decidere solo gli Stati Uniti della guerra o della pace [in Iran].
Traduzione dal francese Bf per
http://www.resistenze.org