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MessaggioInviato: 04/05/2013, 13:55 
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superza ha scritto:

... hanno troppe armi economiche politiche e mediatiche per poter "perdere" facilmente.



E infatti nessuno riesce ad emanciparsi e continuano a cedere ai diktat degli eurocrati

Portogallo si piega alla Troika: un’ora di lavoro in piu’, sale l’età pensionabile

Secondo il primo ministro del Portogallo, Pedro Passos Coelho, non c’è alternativa. «Non è una scelta tra austerità sì o no», – ha spiegato venerdì sera in un messaggio televisivo. «Se non rispettiamo i termini usciamo dall’euro, con conseguenze catastrofiche per tutti».

Il suo problema, a due anni dal bailout europeo che ha sostenuto le finanze portoghesi con 78 miliardi di euro (61 già consegnati), era trovare nuove voci di spesa per sostituire quelle che un mese fa la Corte costituzionale di Lisbona aveva bocciato, considerando lesivi dei diritti dei lavoratori i tagli di alcuni sussidi e indennità per pensionati e dipendenti pubblici.

Coelho doveva dunque recuperare 1,3 miliardi, e intende trovarli aumentando di un anno l’età pensionabile, che sale a 66, ma soprattutto chiedendo ai dipendenti pubblici un’ora di lavoro in più al giorno.

Nel “pacchetto” di risparmi concordato con la trojka (Commissione Ue, Bce e Fondo monetario) in cambio degli aiuti sono previste misure per 5 miliardi. Il Governo ora dovrà discutere le novità con opposizione, sindacati e industriali, ma in Parlamento ha una maggioranza che dovrebbe permettergli di andare avanti per questa strada.

http://www.imolaoggi.it/?p=49008

Ora io mi domando... ma un paese che grazie agli "aiuti" dell'Europa è riuscito a rilanciare la propria economia e fornire benessere ai propri cittadini c'è?!?

Se la risposta è no, evidentemente c'è qualcosa che non va nella ricetta. Possibile che sia così difficile da capire?!



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MessaggioInviato: 04/05/2013, 14:00 
Nigel Farage: Usciamo dell'Euro e restauriamo la dignità umana.



Un anno fa... le parole di Farage...



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 04/05/2013, 15:31 
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Thethirdeye ha scritto:

Nigel Farage: Usciamo dell'Euro e restauriamo la dignità umana.



Un anno fa... le parole di Farage...


ma ci esca lui dall'euro, che in quanto inglese neanche c'è (come valuta almeno).
Tutti hanno paura dell'euro..soprattutto quelli che vivono in paesi che utlizzano altre valute
chissà come mai...


Ultima modifica di rmnd il 04/05/2013, 15:32, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 04/05/2013, 15:47 
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rmnd ha scritto:
ma ci esca lui dall'euro

Guarda.. per come stanno le cose ora,
o ci usciamo noi, oppure ci escono tutti
contemporaneamente [:o)]

PS: un giorno ci spiegherai perchè hai tanto a cuore
tutti i progetti fallimentari del mondo intero..... eh?



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MessaggioInviato: 04/05/2013, 18:36 
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Atlanticus81 ha scritto:

Cita:
superza ha scritto:

... hanno troppe armi economiche politiche e mediatiche per poter "perdere" facilmente.



E infatti nessuno riesce ad emanciparsi e continuano a cedere ai diktat degli eurocrati

Portogallo si piega alla Troika: un’ora di lavoro in piu’, sale l’età pensionabile

Secondo il primo ministro del Portogallo, Pedro Passos Coelho, non c’è alternativa. «Non è una scelta tra austerità sì o no», – ha spiegato venerdì sera in un messaggio televisivo. «Se non rispettiamo i termini usciamo dall’euro, con conseguenze catastrofiche per tutti».

Il suo problema, a due anni dal bailout europeo che ha sostenuto le finanze portoghesi con 78 miliardi di euro (61 già consegnati), era trovare nuove voci di spesa per sostituire quelle che un mese fa la Corte costituzionale di Lisbona aveva bocciato, considerando lesivi dei diritti dei lavoratori i tagli di alcuni sussidi e indennità per pensionati e dipendenti pubblici.

Coelho doveva dunque recuperare 1,3 miliardi, e intende trovarli aumentando di un anno l’età pensionabile, che sale a 66, ma soprattutto chiedendo ai dipendenti pubblici un’ora di lavoro in più al giorno.

Nel “pacchetto” di risparmi concordato con la trojka (Commissione Ue, Bce e Fondo monetario) in cambio degli aiuti sono previste misure per 5 miliardi. Il Governo ora dovrà discutere le novità con opposizione, sindacati e industriali, ma in Parlamento ha una maggioranza che dovrebbe permettergli di andare avanti per questa strada.

http://www.imolaoggi.it/?p=49008

Ora io mi domando... ma un paese che grazie agli "aiuti" dell'Europa è riuscito a rilanciare la propria economia e fornire benessere ai propri cittadini c'è?!?

Se la risposta è no, evidentemente c'è qualcosa che non va nella ricetta. Possibile che sia così difficile da capire?!


...Inoltre Passos Coelho ha annunciato anche la decisione di licenziare o prepensionare almeno 30 mila dipendenti pubblici....in un paese in cui la disoccupazione viaggia attorno al 17%...e' un ottimo viatico..........ormai siamo noi europei a dovere emigrare in africa.....[;)]


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MessaggioInviato: 04/05/2013, 19:19 
Cita:
ubatuba ha scritto:



...Inoltre Passos Coelho ha annunciato anche la decisione di licenziare o prepensionare almeno 30 mila dipendenti pubblici....in un paese in cui la disoccupazione viaggia attorno al 17%...e' un ottimo viatico..........ormai siamo noi europei a dovere emigrare in africa..... [;)]


Caro Ubatuba, colgo l'occasione del tuo commento sull'emigrazione per cercare di capire se esiste un paese in Europa che è stato in grado di non subire la metastasi del neoliberismo.

Di sicuro nessuno tra quelli che adottato la moneta unica...

Islanda? Qualche paese dell'est? Turchia?

Insomma, c'è in Europa un posto che non è vittima del "Progetto Europa"?

[8]



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MessaggioInviato: 05/05/2013, 12:50 
L’OLANDA RINUNZIA AL SUO PIANO DI AUSTERITÀ DOPO UN BRUSCO AUMENTO DEL NUMERO DEI DISOCCUPATI. di Antonio de Martini


Questa volta, non si tratta di un paese mediterraneo né di un governo socialisteggiante, ma del migliore alleato della Cancelliera Merkel.
Il Regno dei Paesi bassi, in recessione per la seconda volta dall’inizio della crisi, visto che in pochi mesi la disoccupazione è passata dal 6% all’8,1% e i fallimenti del primo trimestre di quest’anno sono incrementati del48% rispetto all’anno precedente, ha gettato la spugna, rinunziando al programma di austerità che doveva ridurre il deficit per uno 0,8% del PIL.

Con questa scelta del primo ministro Mark Rutte a capo di un governo di coalizione composto di liberali e laburisti, il rapporto deficit/PIL che era al 4,1% , ci resterà e non potrà essere ricondotto al di sotto della fatidica soglia del 3% nemmeno nel 2014.
Il ministro delle Finanze Jeroen Dijsselbloem , laburista e a capo
dell’Eurogruppo , si trova nella insolita posizione di aver imposto l’Austerity a Cipro ( con la disoccupazione destinata a passare dal 7,9% del 2012 al 16,9% previsto per quest’anno) e di rifiutare per il suo paese la stessa medicina.

La delibera del Consiglio dei ministri del 12 Aprile, ha permesso alla popolazione di partecipare con allegria al compleanno della Regina il 30 Aprile ( la Regina compie gli anni in altra data, ma ormai convenzionalmente il compleanno del sovrano è fissato al 30 di Aprile ) dato che il piano di Austerity comprendeva una eliminazione dei vantaggi fiscali del risparmio pensionistico e perfino un contingentamento del numero dei portatori di handicap….
La contraddizione tra il fatto di essere il capo dell’ Eurogruppo e di contemporaneamente disobbedire al diktat della Commissione europea, è un problema di Dijsselbloem, o al massimo della Merkel che adesso è isolata nella sua testardaggine.
Diventa un problema nostro invece il fatto che tra paesi in crisi che hanno chiesto un prestito ( Irlanda, Portogallo, Grecia, Cipro) e paesi che stanno per chiederlo ( Slovenia) e paesi che hanno ottenuto la deroga al limite del 3% ( Francia e Spagna) e paesi che non facendo parte dell’area euro se ne fregano ( Inghilterra e Svizzera, Giappone e USA) e paesi che hanno rifiutato di pagare ( Islanda) e paesi che hanno creato un mercato parallelo a tasso fisso dei loro Bond con vendita ai privati invece che agli Hedge fund ( Belgio) , gli unici che rimangono masochisticamente tra l’incudine della regola del 3% e il martello dell’Austerity siamo noi italiani.
Grazie Mario, ci hai fatto sentire unici.

Source: L’OLANDA RINUNZIA AL SUO PIA...ni | IL CORRIERE DELLA COLLERA


Ultima modifica di Wolframio il 05/05/2013, 12:52, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 05/05/2013, 14:30 
Non so se nelle pagine pregresse è stato postato o se ne è parlato
mi preme di postare il link sotto...:
Ho segnato qualcosa ma è da leggere passo passo (la pagina intera è al link seguente, io me la sono salvata, è da stampare e diffondere...)

http://www.signoraggio.it/italia-potenz ... ecco-come/

Italia, potenza scomoda: dovevamo morire, ecco come


Il primo colpo storico contro l’Italia lo mette a segno Carlo Azeglio Ciampi, futuro presidente della Repubblica, incalzato dall’allora ministro Beniamino Andreatta, maestro di Enrico Letta e “nonno” della Grande Privatizzazione che ha smantellato l’industria statale italiana, temutissima da Germania e Francia. E’ il 1981: Andreatta propone di sganciare la Banca d’Italia dal Tesoro, e Ciampi esegue. Obiettivo: impedire alla banca centrale di continuare a finanziare lo Stato, come fanno le altre banche centrali sovrane del mondo, a cominciare da quella inglese. Il secondo colpo, quello del ko, arriva otto anno dopo, quando crolla il Muro di Berlino. La Germania si gioca la riunificazione, a spese della sopravvivenza dell’Italia come potenza industriale: ricattati dai francesi, per riconquistare l’Est i tedeschi accettano di rinunciare al marco e aderire all’euro, a patto che il nuovo assetto europeo elimini dalla scena il loro concorrente più pericoloso: noi. A Roma non mancano complici: pur di togliere il potere sovrano dalle mani della “casta” corrotta della Prima Repubblica, c’è chi è pronto a sacrificare l’Italia all’Europa “tedesca”, naturalmente all’insaputa degli italiani.

E’ la drammatica ricostruzione che Nino Galloni, già docente universitario, manager pubblico e alto dirigente di Stato, fornisce a Claudio Messora per il Nino Galloniblog “Byoblu”. All’epoca, nel fatidico 1989, Galloni era consulente del governo su invito dell’eterno Giulio Andreotti, il primo statista europeo che ebbe la prontezza di affermare di temere la riunificazione tedesca. Non era “provincialismo storico”: Andreotti era al corrente del piano contro l’Italia e tentò di opporvisi, fin che potè. Poi a Roma arrivò una telefonata del cancelliere Helmut Kohl, che si lamentò col ministro Guido Carli: qualcuno “remava contro” il piano franco-tedesco. Galloni si era appena scontrato con Mario Monti alla Bocconi e il suo gruppo aveva ricevuto pressioni da Bankitalia, dalla Fondazione Agnelli e da Confindustria. La telefonata di Kohl fu decisiva per indurre il governo a metterlo fuori gioco. «Ottenni dal ministro la verità», racconta l’ex super-consulente, ridottosi a comunicare con l’aiuto di pezzi di carta perché il ministro «temeva ci fossero dei microfoni». Sul “pizzino”, scrisse la domanda decisiva: “Ci sono state pressioni anche dalla Germania sul ministro Carli perché io smetta di fare quello che stiamo facendo?”. Eccome: «Lui mi fece di sì con la testa».

Questa, riassume Galloni, è l’origine della “inspiegabile” tragedia nazionale nella quale stiamo sprofondando. I super-poteri egemonici, prima atlantici e poi europei, hanno sempre temuto l’Italia. Lo dimostrano due episodi chiave. Il primo è l’omicidio di Enrico Mattei, stratega del boom industriale italiano grazie alla leva energetica propiziata dalla sua politica filo-araba, in competizione con le “Sette Sorelle”. E il secondo è l’eliminazione di Aldo Moro, l’uomo del compromesso storico col Pci di Berlinguer assassinato dalle “seconde Br”: non più l’organizzazione eversiva fondata da Renato Curcio ma le Br di Mario Moretti, «fortemente collegate con i servizi, con deviazioni dei servizi, con i servizi americani e israeliani». Il leader della Dc era nel mirino di killer molto più potenti dei neo-brigatisti: «Kissinger gliel’aveva giurata, aveva minacciato Moro di morte poco tempo prima». Tragico preambolo, la strana uccisione di Pier Paolo Pasolini, che nel romanzo “Petrolio” aveva denunciato i mandanti dell’omicidio Mattei, a lungo presentato come incidente aereo. Recenti inchieste collegano alla morte del fondatore dell’Eni quella del giornalista siciliano Mauro De Mauro. Probabilmente, De Mauro aveva scoperto una pista “francese”: agenti dell’ex Oas inquadrati dalla Cia nell’organizzazione terroristica “Stay Behind” (in Italia, “Gladio”) avrebbero sabotato l’aereo di Mattei con l’aiuto di manovalanza mafiosa. Poi, su tutto, a congelare la democrazia italiana avrebbe provveduto la strategia della tensione, quella delle stragi nelle piazze.

Alla fine degli anni ‘80, la vera partita dietro le quinte è la liquidazione definitiva dell’Italia come competitor strategico: Ciampi, Andreatta e De Mita, secondo Galloni, lavorano per cedere la sovranità nazionale pur di sottrarre potere alla classe politica più corrotta d’Europa. Col divorzio tra Bankitalia e Tesoro, per la prima volta il paese è in crisi finanziaria: prima, infatti, era la Banca d’Italia a fare da “prestatrice di ultima istanza” comprando titoli di Stato e, di fatto, emettendo moneta destinata all’investimento pubblico. Chiuso il rubinetto della lira, la situazione precipita: con l’impennarsi degli interessi (da pagare a quel punto ai nuovi “investitori” privati) il debito pubblico esploderà fino a superare il Pil. Non è un “problema”, ma esattamente l’obiettivo voluto: mettere in crisi lo Stato, disabilitando la sua funzione strategica di spesa pubblica a costo zero per i cittadini, a favore dell’industria e dell’occupazione. Degli investimenti pubblici da colpire, «la componente più importante era sicuramente quella riguardante le partecipazioni statali, l’energia e i trasporti, dove l’Italia stava primeggiando a livello mondiale».

Al piano anti-italiano partecipa anche la grande industria privata, a partire dalla Fiat, che di colpo smette di investire nella produzione e preferisce comprare titoli di Stato: da quando la Banca d’Italia non li acquista più, i tassi sono saliti e la finanza pubblica si trasforma in un ghiottissimo business privato. L’industria passa in secondo piano e – da lì in poi – dovrà costare il meno possibile. «In quegli anni la Confindustria era solo presa dall’idea di introdurre forme di flessibilizzazione sempre più forti, che poi avrebbero prodotto la precarizzazione». Aumentare i profitti: «Una visione poco profonda di quello che è lo sviluppo industriale». Risultato: «Perdita di valore delle imprese, perché le imprese acquistano valore se hanno prospettive di profitto». Dati che parlano da soli. E spiegano tutto: «Negli anni ’80 – racconta Galloni – feci una ricerca che dimostrava che i 50 gruppi più importanti pubblici e i 50 gruppi più importanti privati facevano la stessa politica, cioè investivano la metà dei loro profitti non in attività produttive ma nell’acquisto di titoli di Stato, per la semplice ragione che i titoli di Stato italiani rendevano tantissimo e quindi si guadagnava di più facendo investimenti finanziari invece che facendo investimenti produttivi. Questo è stato l’inizio della nostra deindustrializzazione».

Alla caduta del Muro, il potenziale italiano è già duramente compromesso dal sabotaggio della finanza pubblica, ma non tutto è perduto: il nostro paese – “promosso” nel club del G7 – era ancora in una posizione di dominio nel panorama manifatturiero internazionale. Eravamo ancora «qualcosa di grosso dal punto di vista industriale e manifatturiero», ricorda Galloni: «Bastavano alcuni interventi, bisognava riprendere degli investimenti pubblici». E invece, si corre nella direzione opposta: con le grandi privatizzazioni strategiche, negli anni ’90 «quasi scompare la nostra industria a partecipazione statale», il “motore” di sviluppo tanto temuto da tedeschi e francesi. Deindustrializzazione: «Significa che non si fanno più politiche industriali». Galloni cita Pierluigi Bersani: quando era ministro dell’industria «teorizzò che le strategie industriali non servivano». Si avvicinava la fine dell’Iri, gestita da Prodi in collaborazione col solito Andreatta e Giuliano Amato. Lo smembramento di un colosso mondiale: Finsider-Ilva, Finmeccanica, Fincantieri, Italstat, Stet e Telecom, Alfa Romeo, Alitalia, Sme (alimentare), nonché la Banca Commerciale Italiana, il Banco di Roma, il Credito Italiano.

Le banche, altro passaggio decisivo: con la fine del “Glass-Steagall Act” nasce la “banca universale”, cioè si consente alle banche di occuparsi di meno del credito all’economia reale, e le si autorizza a concentrarsi sulle attività finanziarie peculative. Denaro ricavato da denaro, con scommesse a rischio sulla perdita.
E’ il preludio al disastro planetario di oggi. In confronto, dice Galloni, i debiti pubblici sono bruscolini: nel caso delle perdite delle banche stiamo parlando di tre-quattromila trilioni. Un trilione sono mille miliardi: «Grandezze stratosferiche», pari a 6 volte il Pil mondiale. «Sono cose spaventose». La frana è cominciata nel 2001, con il crollo della new-economy digitale e la fuga della finanza che l’aveva sostenuta, puntando sul boom dell’e-commerce. Per sostenere gli investitori, le banche allora si tuffano nel mercato-truffa dei derivati: raccolgono denaro per garantire i rendimenti, ma senza copertura per gli ultimi sottoscrittori della “catena di Sant’Antonio”, tenuti buoni con la storiella della “fiducia” nell’imminente “ripresa”, sempre data per certa, ogni tre mesi, da «centri studi, economisti, osservatori, studiosi e ricercatori, tutti sui loro libri paga».
....

/... continua (nella pagina)


Ultima modifica di Zelman il 05/05/2013, 14:31, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 05/05/2013, 16:37 
Cita:
Zelman ha scritto:

Non so se nelle pagine pregresse è stato postato o se ne è parlato
mi preme di postare il link sotto...:
Ho segnato qualcosa ma è da leggere passo passo (la pagina intera è al link seguente, io me la sono salvata, è da stampare e diffondere...)

http://www.signoraggio.it/italia-potenz ... ecco-come/
[size=3][b]



Grazie mille Zelman... [;)]



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Thethirdeye ha scritto:
...
Grazie mille Zelman... [;)]

ah bene, quindi non c'era già prima per lo meno come riassunto o visione completa...
io penso che tra, MOLTI, anni la vita dei cittadini italiani di questi decinni apparirà come un tragico teatro dove quello che agiva nei retroscena...

da notare che si parla di Andreotti, il quale secondo me ha avuto imbastita tutta una campagna denigratoria e accusatoria contro la sua persona, ingiustamente, come sappiamo si tratta di manovre tipiche di chi vuole nascondere fatti enormi, basta accusare uno che era nei posti in alto, in questo caso a favore dell'Italia calpestata, e dall'inconscio pubblico, altro strumento a favore inconsapevole di chi dirige tutto l'andamento, non si toglie più... mentre era uno che avrebbe potuto essere bene l'interprete di una politica genuinamente italiana, in senso positivo intendo


Ultima modifica di Zelman il 05/05/2013, 16:53, modificato 1 volta in totale.


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L'Islanda risorge dalla crisi punendo banchieri e politici


Olafur Hauksson dà la caccia a una tipologia peculiare di banditi: i banchieri. Lo fa in quel di Reykjavik, capitale di quell'Islanda fino al 2008 nota soltanto per i geyser e per l'estate più breve di uno starnuto. Poi, d'improvviso, il virus dei mutui subprime e il crollo di Lehman Brothers arrivarono anche tra i ghiacci. E un Paese con 325mila abitanti, poco più del quartiere milanese di Quarto
Oggiaro, scoprì di dover fare i conti col fallimento di tre banche il cui valore equivaleva - fino al crac - a quasi il 1.000% del Pil. Un disastro nazionale, servito in diretta tv dal primo ministro dell'epoca, Geir Haarde, con un «Dio salvi l'Islanda».

In effetti, a oltre quattro anni da quello che sembrava un crac ineluttabile, l'isola a metà strada tra Groenlandia e Gran Bretagna è quasi salva. Quasi, perchè la crisi non è ancora al capolinea. Se i due miliardi di dollari messi a disposizione nel novembre del 2008 dal Fmi avevano garantito l'immediata sopravvivenza, per risalire la china gli islandesi hanno adottato una ricetta autoctona priva di quegli ingredienti tossici somministrati a più riprese alla Grecia, ma anche a Italia, Spagna e Portogallo, dai cuochi dell'austerity. Loro, invece, hanno subito nazionalizzato i tre maggiori istituti di credito, Kaupthing, Glitnir e Landsbanki, mettendo alla porta i top manager con bonus incorporato; poi, la cosiddetta «rivoluzione delle pentole» ha mandato a casa il governo e l'intero Parlamento. Ottenendo un altro, invidiabile, risultato: oggi l'Islanda è guidata da sole donne. Quote rosa al cubo.
Sul Paese, tuttavia, pesa da qualche anno la peggiore delle accuse: quella di «non aver onorato i debiti». Di aver cioè fatto default senza pagarne dazio. In effetti, i creditori esteri delle banche finite sotto l'ala statale non hanno ancora rivisto un centesimo. «In futuro risarciremo tutto», ha garantito il ministro Steingrímur Sigfússon. Che, qualche giorno fa, ha però incassato dalla corte dell'Efta (European free trade agreement) la decisione benevola secondo cui l'isola non deve risarcire i risparmiatori britannici e olandesi che avevano investito nei conti Icesave, una controllata di Landsbanki. È una sentenza che vale, per le casse islandesi, 2,6 miliardi. Ossigeno puro.
Non tutto è però stato risolto. Al Paese servono ancora misure di stimolo economico. E poi c'è una popolazione irritata per gli scarsi successi ottenuti nella caccia ai colpevoli del disastro finanziario. Per ora, poche le condanne inflitte: quattro anni e mezzo a due ex dirigenti della banca Byr; due anni all'allora direttore del ministero delle Finanze; un risarcimento di 3,2 milioni di euro pagato dall'ex presidente di Kaupthing. L'ex premier Geir Haarde se l'è cavata: niente carcere nè sanzioni pecuniarie pur essendo stato ritenuto colpevole di non aver informato i ministri sulle difficoltà finanziarie.
Catapultato da un paesino di pescatori alla capitale, dove guida un team con più di 100 collaboratori, il Marshall in salsa islandese Olafur Hauksson ammette di essere frustrato per i risultati raggiunti. Ma il problema, aggiunge, è che «perseguire i banchieri non è facile perchè spesso la legge non è chiara su ciò che è reato nell'alta finanza. E trovare le prove di una frode non è facile». Ma Olafur deve guardarsi anche le spalle: due suoi ex collaboratori sono indagati per aver intascato circa 200mila euro in cambio di informazioni riservate offerte all'amministratore di una società in bancarotta. È proprio vero: il denaro non dorme mai.

http://www.ilgiornale.it/news/esteri/li ... 81375.html


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Il fondatore tedesco dell’Euro chiede la fine della ‘catastrofica’ moneta
Mentre i segni di resistenza in Europa aumentano, un politico tedesco tra i padri fondatori dell'euro cambia radicalmente la sua posizione e chiede la dissoluzione della moneta unica per evitare un disastro economico e sociale
http://www.investireoggi.it/economia/il ... ca-moneta/


The Telegraph - Oskar Lafontaine, il ministro delle finanze tedesco che lanciò l’Euro, ha chiesto la fine della moneta unica per permettere la ripresa dell’Europa del sud, avvertendo che il percorso attuale sta “portando al disastro.”
“La situazione economica sta peggiorando di mese in mese, e la disoccupazione ha raggiunto un livello che mette sempre più a rischio le stesse strutture democratiche” ha detto.
“I tedeschi ancora non hanno realizzo che i paesi dell’Europa meridionale, compresa la Francia, prima o poi saranno costretti dalla miseria a combattere contro l’egemonia tedesca” ha detto, attribuendo gran parte delle responsabilità della crisi alla compressione salariale della Germania per guadagnare quote di esportazione.

CRISI EURO – La sua previsione è sembrata confermata dal ministro delle finanze francese Pierre Moscovici, che ieri ha proclamato la fine dell’austerità e il trionfo della politica francese, mettendo ancor più a rischio il rapporto già deteriorato tra Parigi e Berlino.
“L’austerità è finita. Si tratta di una svolta decisiva nella storia del progetto europeo, da quando è stato introddotto l’euro “, ha detto alla TV francese. “Stiamo vedendo la fine del dogma dell’austerità. E’ una vittoria del punto di vista francese”.
I commenti di Moscovici fanno seguito a un accordo con Bruxelles che concede a Francia e Spagna due anni in più per soddisfare l’obiettivo di disavanzo del 3pc del PIL. Il tono trionfalistico potrebbe far infuriare i sostenitori della linea dura di Berlino e confermare le paure che le concessioni porteranno ad un scivolamento verso il caos fiscale.
Il Vice Cancelliere tedesco Philipp Rösler si è scagliato contro la Commissione europea durante il fine settimana, definendola “irresponsabile” per aver messo in discussione il programma dell’austerità.
L’alleanza franco-tedesca che ha guidato la politica europea per mezzo secolo sembra in disgrazia dopo che il partito Socialista francese ha reagito contro l’”intransigenza egoista” della signora Merkel, accusandola di pensare solo ai “risparmiatori tedeschi, alla sua bilancia commerciale, e al suo futuro elettorale.”
Ma non è chiaro se il rifiuto dell’austerità dell’Europa in realtà vada molto oltre la retorica. Mr. Moscovici la scorsa settimana ha ammesso che il rinvio degli obiettivi di bilancio semplicemente evita dei tagli supplementari per coprire il mancato gettito fiscale causato dalla recessione.
La nuova politica fiscale consente agli stabilizzatori automatici di entrare in gioco, ma la Francia manterrà la rotta sull’austerità. “Non si tratta di allentare gli sforzi per tagliare le spese, semplicemente non ci sarà alcun aggiustamento ulteriore solo allo scopo di rientrare nei numeri” ha detto.
Il tedesco Mr. Lafontaine dal canto suo ha detto di aver sostenuto l’UEM, ma di non credere più nella sua sostenibilità. “Le speranze che la creazione dell’euro avrebbe portato a un comportamento economico razionale da parte di tutti sono state vane”, ha detto, aggiungendo che la politica di costringere la Spagna, il Portogallo e la Grecia ad effettuare una svalutazione interna è stata un “disastro”.

Dopo che nel 1998 si appellò a una “Europa unita” e alla “fine dello Stato-nazione”, Lafontaine fu definito dal The Sun “L’uomo più pericoloso d’Europa”. L’euro è stato lanciato il 1 gennaio 1999, con le banconote che hanno cominciato a circolare tre anni dopo. In seguito Lafontaine ha lasciato i socialdemocratici per fondare il Left Party.
Articolo originale: German euro founder calls for ‘catastrophic’ currency to be broken up


Link: http://www.investireoggi.it/economia/il ... z2SVG9i34q



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MessaggioInviato: 06/05/2013, 16:53 
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Atlanticus81 ha scritto:

Cita:
ubatuba ha scritto:



...Inoltre Passos Coelho ha annunciato anche la decisione di licenziare o prepensionare almeno 30 mila dipendenti pubblici....in un paese in cui la disoccupazione viaggia attorno al 17%...e' un ottimo viatico..........ormai siamo noi europei a dovere emigrare in africa..... [;)]


Caro Ubatuba, colgo l'occasione del tuo commento sull'emigrazione per cercare di capire se esiste un paese in Europa che è stato in grado di non subire la metastasi del neoliberismo.

Di sicuro nessuno tra quelli che adottato la moneta unica...

Islanda? Qualche paese dell'est? Turchia?

Insomma, c'è in Europa un posto che non è vittima del "Progetto Europa"?

[8]


direi la turchia,a grandi linee non si e' ancora aperta al neoliberismo,ed in effetti con la parte di cypro sotto la sua protezione,ha un pil che continua a crescere in modo quanto mai procace..... [;)]


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Cita:
Blissenobiarella ha scritto:

Il fondatore tedesco dell’Euro chiede la fine della ‘catastrofica’ moneta
Mentre i segni di resistenza in Europa aumentano, un politico tedesco tra i padri fondatori dell'euro cambia radicalmente la sua posizione e chiede la dissoluzione della moneta unica per evitare un disastro economico e sociale
http://www.investireoggi.it/economia/il ... ca-moneta/






..ma tu pensi che qualkuno di sti burocrati che ci comanda,ascolti questo grido di preoccupazione?......[:(!]


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Lo dovranno ascoltare per forza.



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