19/06/2013, 10:16
19/06/2013, 12:01
19/06/2013, 12:27
Thethirdeye ha scritto:"Parigi potrebbe bruciare questa estate"
Ah beh... mica dormono come noi i francesi....
19/06/2013, 13:16
Atlanticus81 ha scritto:
La mia paura è che senza una coordinazione di intenti e un progetto a medio-termine preciso e organizzato le rivolte popolari che pure rappresentano uno scossone vengano represse con maggiore violenza di quella che abbiamo potuto assistere negli ultimi mesi
19/06/2013, 20:10
Atlanticus81 ha scritto:Thethirdeye ha scritto:"Parigi potrebbe bruciare questa estate"
Ah beh... mica dormono come noi i francesi....
La mia paura è che senza una coordinazione di intenti e un progetto a medio-termine preciso e organizzato le rivolte popolari che pure rappresentano uno scossone vengano represse con maggiore violenza di quella che abbiamo potuto assistere negli ultimi mesi finendo in niente e facendo uscire il "Sistema" più forte e coeso di prima.
Come il Sistema ha realizzato un "Progetto Europa" così bisognerebbe che i popoli creassero un "Progetto Anti-Europa" o meglio un "Progetto Neo-Europa"
20/06/2013, 18:27
21/06/2013, 11:22
21/06/2013, 22:12
22/06/2013, 03:45
Deckard ha scritto:
Mi sa che la vicenda si complica...![]()
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Ho letto il sottostante articolo di M. Blondet, che consiglio a tutti per capire COSA ci attende... Purtroppo non posso linkarlo interamente perchè è disponibile solo per gli abbonamenti.
Dentro il superstato, a nostra insaputa
http://www.effedieffe.com/index.php?opt ... aid=256784
Se l’orgoglio francese non avesse opposto la sua «eccezione culturale» nell’ultimo negoziato Usa-Europa sulla liberalizzazione degli scambi, sarebbe stato taciuto completamente – e noi non ce ne saremmo nemmeno accorti – un ulteriore passo in avanti del progetto mondialista più grosso, decisivo ed occulto: il Mercato comune Transatlantico, in gergo orwelliano Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP). Ossia la creazione degli Stati Uniti Useuropa, con l’inglobamento del nostro continente nel sistema giudiziario, brevettuale, poliziesco americano, compresa l’estrema liberalizzazione finanziaria vigente in Usa.
…
(L’articolo è disponibile solo per gli abbonamenti attivi)
Cmnq, riguardo il nacsente TTIP si trova altro in rete e in chiaro:
L'Associazione Transatlantica, un passo verso la moneta unica e il governo mondiale
http://www.asianews.it/notizie-it/L%27A ... 27173.html
Voluta da Obama e da un gruppo di lavoro Usa-Ue, dovrebbe porre nuove regole, favorendo la globalizzazione delle imprese. Ma i benefici economici sono molto piccoli. A meno che non ci si attende un azzeramento di dollaro, euro, Federal Reserve, Banca Centrale Europea.
Milano (AsiaNews) - I comuni cittadini europei ed americani dovrebbero iniziare a porsi qualche domanda sul reale significato e contenuto del concetto di sovranità popolare; il resto del mondo - ed in particolare i Paesi asiatici - deve interrogarsi su quali effetti produrranno sui propri sistemi economici gli orientamenti strategici che stanno venendo alla luce. Quali orientamenti? Quelli per arrivare ad una moneta unica mondiale e ad un governo mondiale, accelerando il passo. È quanto sembrano proporre all'unisono il presidente americano Barack Obama e i funzionari (non eletti) dell'Unione Europea che nei giorni scorsi hanno lanciato l'idea di forgiare una nuova forma di Associazione Transatlantica, la TTIP (l'acronimo inglese di Transatlantic Trade and Investment Partnership).
Il 12 di questo mese, lo ha affermato Obama nel suo discorso annuale al parlamento americano; il giorno precedente, lo aveva auspicato lo HLWG (United States-European Union High Level Working Group on Jobs and Growth). Tale "gruppo di lavoro" congiunto tra Usa ed Unione europea, molto poco noto, ma di così "alto livello" - come indica il nome stesso del comitato - deve avere coperture politiche elevate perché i suoi suggerimenti vengano immediatamente ripresi nella massima istanza costituzionale americana: c'è evidentemente un progetto politico ben delineato di cui i cittadini delle maggiori e più antiche democrazie parlamentari del mondo non ne erano al corrente ed i cui confini e finalità non sono ancor'ora ben chiari. Le ragioni ufficiali sono chiarite dalla stessa premessa del documento congiunto redatto dal suddetto "gruppo di lavoro" [1]: insieme Usa e Ue costituiscono circa il 50 % del Pil mondiale e generano il 30 % degli scambi commerciali del pianeta.
Che cosa renderebbe necessaria questa nuova Associazione Transatlantica? Secondo quanto afferma il documento stesso le motivazioni sarebbero le seguenti:
1) espandere la reciproca apertura dei mercati;
2) eliminare le barriere non tariffarie "oltre il confine";
3) significativamente ridurre le differenze di leggi e regolamenti che disciplinano i vari settori;
4) sviluppare la cooperazione nel fissare nuove regole e principi comuni, imponendo discipline anche alle imprese di proprietà statale combattendo il localismo economico e favorendo invece la globalizzazione delle imprese anche di minori dimensioni medie e piccole.
Si tratta di un progetto a dir poco ambizioso: di fatto significa ridurre drasticamente le competenze dei parlamenti eletti. Stabilire, infatti, "regole e principi comuni", significa sovrapporre un ulteriore livello legislativo. Ai mille vincoli e condizionamenti sovrannazionali già ora esistenti - emanati da organismi non eletti, quali la Commissione Europea, le Nazioni Unite, l'organizzazione Mondiale del Commercio ecc. - verrebbero dunque ad aggiungersi quelli derivanti dai nuovi comitati di coordinamento e di controllo dell'Alleanza Transatlantica. Le prerogative parlamentari in materie economiche - nei sistemi democratici il cuore del mandato rappresentativo - verrebbero a quel punto completamente svuotate.
A fronte di una così grave limitazione della democrazia e delle prerogative dei parlamenti eletti ci sarebbe da attendersi almeno dei significativi benefici economici. Viceversa, in un documento della Commissione Europea [2] (disponibile solo in inglese) si afferma che il beneficio netto (molto aleatorio e tutto da dimostrare nel concreto) sarebbe dello 0,5% del Pil - e di poco meno per gli Usa. Di fatto si tratta di un'inezia e sarebbe facile elencare altre iniziative che potrebbero fornire maggiori prospettive di crescita economica sperata. Difficile è, perciò, credere che l'obbiettivo di chi ha messo in cantiere il progetto dell'Alleanza Transatlantica sia davvero quello di promuovere lo sviluppo economico. Più verosimile è in realtà che questo progetto di mercato comune transatlantico sia finalizzato al lancio di una moneta comune euro-americana in sostituzione del dollaro e dell'euro. Un blocco economico euro-americano avrebbe infatti bisogno di un sistema di cambi fissi o rischierebbe di sfaldarsi immediatamente. Da un cambio fisso euro-dollaro ad una moneta unica e ad un'unica banca centrale euro-americana il passo è davvero breve. Per farlo occorre, però, sbarazzarsi dell'esistente: il dollaro, l'euro, la Federal Reserve, la Banca Centrale Europea. Per ora il tutto potrebbe sembrare fantascienza o meglio fanta-economia. Ma il collasso di questo sistema è ormai di fatto già nei numeri e ci si può persino spingere a pronosticare un periodo, connesso ad una nuova stagione di crolli della borsa [3], a partire probabilmente da questa primavera. Lo stesso vale per le sue banche centrali, la Federal Reserve e la Banca Centrale Europea: il bilancio di entrambe è ormai talmente pieno di titoli "tossici" (diciamolo chiaramente una volta tanto: crediti inesigibili) che una loro sopravvivenza come entità indipendenti è praticamente davvero poco probabile.
Da tutto ciò se ne può dedurre quali siano davvero le motivazioni dell'Alleanza Transatlantica: un progetto di fusione monetaria e delle banche centrali. Sembra quasi di assistere al lancio di un progetto di fusione tra due società quotate in borsa e d'altra parte essendo entrambe - BCE e Fed - delle entità private, davvero è un po' come se lo fosse. Inoltre sono entrambe nello stesso settore d'affari, entrambe hanno conseguito un potere sovrano, il diritto di emettere moneta avente valore, in regime di monopolio.
Ad AsiaNews, sin dal 2007 [4] abbiamo riferito (e più volte ci siamo tornati) sui progetti di introdurre una nuova valuta per giungere poi a una moneta mondiale. Tutto lascia supporre che siamo ormai prossimi al "lancio". Fortunati - ci permettiamo di commentare - quei Paesi che sapranno sottrarsi al furto della loro indipendenza e sovranità nazionale: in Europa, i disastri della centralizzazione monetaria ed economica sono sotto gli occhi di tutti.
23/06/2013, 19:14
23/06/2013, 20:20
23/06/2013, 23:49
Ufologo 555 ha scritto:
Comunque sia, andasse in pezzi 'st'euro!
24/06/2013, 01:12
'Italia sfiancata dall'Europa'
Intervista all'economista Maurizio Guandalini g
di Francesco Chyurlia
Il dibattito, dai toni accesi, sulla coesione europea e sulla capacità dei singoli stati di ritrovare la strada della crescita mantenendo saldi i principi della costruzione comunitaria, non accenna a placarsi. E la crisi economica non ha fatto che acuire le lacune strutturali dell’Eurozona. Da destra e da sinistra, in Italia, piovono critiche sui limiti di un processo che, dopo la costruzione della moneta unica, necessita per la sua legittimazione di un sistema fiscale europeo, di un’unione politica europea, per poi concludersi con la nascita degli Stati Uniti d’Europa.
La più recente boutade in merito è stata quella del leader del PdL, Silvio Berlusconi, il quale ha sostenuto che per risanare il Paese, bisognerebbe sforare il più gravoso degli impegni europei, vale a dire il tetto del 3% tra deficit e Pil. Per l’economista Maurizio Guandalini, editorialista, analista finanziario indipendente, “l’uscita di Berlusconi contro l’Europa è legittima. Il problema è che proprio lui, nel 2011 ha firmato dalla notte al giorno il fiscal compact, uno dei provvedimenti più duri imposti da Bruxelles, praticamente l’austerità a tutto tondo”.
Esiste una via d’uscita che salvi l’euro e permetta agli Stati membri di non venir triturati dalla crisi economica?
“Sì, il problema è di leadership: andare in Europa e alzare la voce è un nostro diritto. Siamo stati troppo genuflessi, zitti, esecutori pedissequi di dettami che hanno ridotto allo stremo il nostro paese, mentre altri stati hanno avuto dilazioni a sforare, la Francia ad esempio, senza drammi o leziosi ditini alzati. Dobbiamo rivendicare la nostra autorità che purtroppo fino ad ora è un fantasma: abbiamo preferito legittimarci agli occhi di funzionari e mandanti teutonici, ricevendo anche delle sberle spesso sopra le righe, ai limiti del buongusto. Attenti che le elezioni europee sono alle porte, nel 2014 e le forze politiche si stanno posizionando per una campagna elettorale che avrà toni fortemente antieuropea, antiburocrati, antibanche”.
Ma c’è un’alternativa costruttiva?
“Una cosa è palese: questa Europa, ci ha stufato. Come ci hanno stancato gli appelli liturgici che va cambiata, della serie ‘c’è l’Europa dell’economia e non quella politica’. E fino a quando ce lo diranno? Fino all’ultimo respiro? Attenti che a tirare troppo la corda si rompe. L’Europa dei vertici equivale all’annuncio gracchiante, a basso volume, delle stazioni ferroviarie. Non incide, non si sente. Routine pura e dura. Non si possono seppellire e imbalsamare delle generazioni, in vita, con vincoli di qua, vincoli di là, con continue prove di sana e robusta costituzione, salvo poi accorgersi, ad esempio, che le ricette bolse e fatiscenti del Fondo Monetario (qualcuno ricorda i disastri fatti negli ex paesi comunisti dell’Est?) in Grecia hanno fatto più danni che bene. Morale: ci becchiamo anni di austerità, pontificata, per poi, alla fine della corsa, portarci a casa un ‘scusate, ci siamo sbagliati’”.
Così però non si rischia di uscire dall’Europa e di non poter più tornare alla vecchia sovranità nazionale...
“Il timore è che cresca il sentimento anti-europeo: ma quel sentimento c’è già. Bisogna muoversi, ora. Per evitare, poi, strappi dai risvolti drammatici. Perché è inutile negarlo, siamo oltre la disputa euro sì, euro no: ma Europa sì, o Europa no. C’era più Europa-Europa con Mitterand e Kohl. Un lustro fa. E, in Italia, i partiti si stanno posizionando su questo terreno. Grillo, collegato ai movimenti degli altri paesi europei (in Spagna c’è stata una manifestazione partecipata contro l’austerità), punterà sui puri e duri contro i banchieri; Berlusconi, sofferente dei suoi destini giudiziari, comunque non rinuncerà ad un campagna anti, dimenticando che il vice presidente della Commissione europea è roba sua e che si trova, a Strasburgo, accucciato tra i popolari della Merkel. Il Pd? Nella mossa Bersani-Epifani di ritornare ai primordi post elettorali, Pd-Sel con l’aggancio dei grillini dissidenti, si cela la strategia, propria dei socialisti europei, mirata a cambiare le carte di un Europa che, così come è messa, sta finendo”.
Che ruolo avranno in questo confronto interno i G8, i G20?
“La discussione sull’Europa, su quello che fa, su come viene governata non è una discussione a sé. Il medesimo discorso vale per i vari vertici come il G8 o il G20: cosa contano? Cosa decidono? E poi via via la riflessione cade sugli organismi internazionali. Lo dico con franchezza e decisione: non credo alle ricette fantasmagoriche per rimetterci in sesto ‘pontificate’ dai vari G8. La stessa diffidenza ce l’ho verso le agenzie di rating, le banche d’affari, che predicano ricette dal futuro roseo, degli organismi internazionali, che dopo il tonfo americano del 2008 Obama ci aveva promesso di cambiare in una notte”.
Questo discorso vale anche per il Fondo monetario o la Banca mondiale?
“Il Fondo Monetario Internazionale dispensatore di ricette, sempre quelle, in tutto il mondo è un carrozzone delle previsioni del giorno dopo con soluzioni fotocopia per tutti paesi in crisi. Hanno ridotto la Grecia in macerie, avevano previsto un aumento del Pil nel 2012, invece è sceso del 6%, con recessione e disoccupazione ai massimi. Ricordo il Fondo dispensatore delle sue pozioni magiche nei paesi dell’Est che lasciavano il comunismo: privatizzazioni di massa delle aziende e la gente alla fame. Dei capolavori di cesello mai sanzionati. Con delle leadership a capo di questi organismi internazionali con discusse capacità, diciamo che il merito è troppo legato al padrinato politico del capo bastone di turno (vedi le genuflesse suppliche della Lagarde verso Sakozy). So che c’è il rischio di cadere nel vortice della retorica ma non di ricette salvifiche dobbiamo parlare e nemmeno di riforme ma di cambio dei modelli economici. Il boom non è mai per sempre: lo sa il Brasile che dopo uno sviluppo straordinario ora traballa. Ecco, mi preoccupano più le manifestazioni di piazza di un paese indicato tra le teste di ponte dello sviluppo mondiale che il refettorio irlandese del G8”.
Maurizio Guandalini, editorialista, analista finanziario indipendente, ha insegnato all’Alta Scuola di Economia dell’Università Cattolica, è nella Fondazione Istud, la più antica business school privata italiana dove è chairman di eventi internazionali. E’ stretto collaboratore del prof. Victor Uckmar, il più importante esperto di diritto tributario italiano e internazionale, con il quale ha scritto decine di libri, in particolare le diverse edizioni del Global Business. Guandalini ha curato diverse edizioni di libri stranieri, in particolare del guru dell’economia Kenichi Ohmae.
24/06/2013, 15:26
24/06/2013, 16:06