Time zone: Europe/Rome [ ora legale ]




Apri un nuovo argomento Rispondi all’argomento  [ 229 messaggi ]  Vai alla pagina Precedente  1 ... 12, 13, 14, 15, 16  Prossimo
Autore Messaggio

Bannato
Bannato

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 5539
Iscritto il: 11/09/2009, 10:39
Località:
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 15/02/2013, 15:02 
Cita:
Thethirdeye ha scritto:

Cita:
rmnd ha scritto:

Magistratura Imbecille
Cita:

http://www.asianews.it/notizie-it/L%E2%80%99India-congela-Finmeccanica,-ma-apre-(forse)-agli-elicotteri-francesi-27154.html

L’India congela Finmeccanica, ma apre (forse) agli elicotteri francesi
Le accuse di corruzione internazionale al gruppo italiano potrebbero favorire la Francia, che da anni tenta un accordo per 197 elicotteri. Intanto, il presidente francese Hollande è in India per tentare di vendere 126 jet militari.


A quando una legge che limiti la discrezionalità della magistratura.
A quando una legge che impedisca alla magistratura di mettere becco in questioni che devono restare segrete quando sono in gioco gli interessi e la sicurezza nazionale?


A quando una presa di coscienza circa il fatto che questo attacco ai "gioielli di famiglia"
non è altro che un complotto messo in atto dalla finanaza internazionale a danno dell'Italia?


ma no. non è il caso di scomodare complotti internazionali.
Qui vedo solo mania di protagonismo e carrierismo facile di certi magistrati irresponsabili.



_________________
[^]The best quote ever (2013 Nonsense Award Winner):
«Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Early in the morning!»
© Anonymous/The Irish Rovers
http://tuttiicriminidegliimmigrati.com/
Top
 Profilo  
 

Essere Interdimensionale
Essere Interdimensionale

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 8132
Iscritto il: 24/01/2011, 14:04
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 15/02/2013, 15:06 
Cita:
rmnd ha scritto:
ma no. non è il caso di scomodare complotti internazionali.
Qui vedo solo mania di protagonismo e carrierismo facile di certi magistrati irresponsabili.


Ovviamente tutto e' possibile, ma credo che una visitina nell'ufficio di un procuratore potrebbe illuminarci molto sul metodo di lavoro utilizzato e sulla obbligatorieta' dell'azione penale. [8D]



_________________
"Se riesci a mantenere la calma quando tutti intorno a te hanno perso la testa, forse non hai afferrato bene la situazione" - Jean Kerr

"People willing to trade their freedom for temporary security deserve neither and will lose both" - Benjamin Franklin
"Chi e' disposto a dar via le proprie liberta' fondamentali per comprarsi briciole di temporanea sicurezza non otterra' né la liberta' ne' la sicurezza ma le perdera' entrambe" - Benjamin Franklin

"Soltanto chi non ha approfondito nulla può avere delle convinzioni" - Emil Cioran

"Quanto piu' una persona e' intelligente, tanto meno diffida dell'assurdo" - Joseph Conrad

"Guardati dalla maggioranza. Se tante persone seguono qualcosa, potrebbe essere una prova sufficiente che è una cosa sbagliata. La verità accade agli individui, non alle masse." – Osho

Immagine
Top
 Profilo  
 

Bannato
Bannato

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 5539
Iscritto il: 11/09/2009, 10:39
Località:
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 15/02/2013, 15:10 
Cita:
zakmck ha scritto:

Cita:
rmnd ha scritto:
A quando una legge che limiti la discrezionalità della magistratura.
A quando una legge che impedisca alla magistratura di mettere becco in questioni che devono restare segrete quando sono in gioco gli interessi e la sicurezza nazionale?


Chissa' rmnd, forse bisognerebbe chiedersi chi fornisce certi elementi alla magistratura.[8]

Forse da noi sono i servizi che non funzionano a dovere.



eh si potrebbe anche..e certi magistrati irresponsabili con la scusa dell'obbligatorietà dell'azione penale, invece di chiudere un occhio ci si buttano a pesce.

Per questo urge una legge che limiti lo spazio di azione della magistratura.



_________________
[^]The best quote ever (2013 Nonsense Award Winner):
«Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Early in the morning!»
© Anonymous/The Irish Rovers
http://tuttiicriminidegliimmigrati.com/
Top
 Profilo  
 

Essere Interdimensionale
Essere Interdimensionale

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 8132
Iscritto il: 24/01/2011, 14:04
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 15/02/2013, 15:33 
Cita:
rmnd ha scritto:

Cita:
zakmck ha scritto:

Cita:
rmnd ha scritto:
A quando una legge che limiti la discrezionalità della magistratura.
A quando una legge che impedisca alla magistratura di mettere becco in questioni che devono restare segrete quando sono in gioco gli interessi e la sicurezza nazionale?


Chissa' rmnd, forse bisognerebbe chiedersi chi fornisce certi elementi alla magistratura.[8]

Forse da noi sono i servizi che non funzionano a dovere.


eh si potrebbe anche..e certi magistrati irresponsabili con la scusa dell'obbligatorietà dell'azione penale, invece di chiudere un occhio ci si buttano a pesce.

Per questo urge una legge che limiti lo spazio di azione della magistratura.


Nella realta' sulla scrivania di ogni sostituto, ogni mattina si trova una pila alta un paio di spanne di nuove notizie di reato (molte anche in forma anonima). Il magistrato, esamina questa pila e seleziona (si potrebbe dire in "in base all'esperienza e al suo naso" ?) quelle che ragionevolmente sembrano essere le meglio documentate e con la maggiore probabilita' di successo (per la procura) e avvia il procedimento. Le altre languiranno in attesa e, nella quasi totalita', si beccheranno un non luogo a procedere a causa della cronica carenza di organico.

In ogni caso il magistrato non si puo' inventare una notizia di reato e in questo contesto assomiglia piu' ad un "passa carte".

Questo quindi e' l'esercizio dell'obbligatorieta' dell'azione penale, che di fatto in Italia e' solo virtuale (appunto per via della carenza di organico).

Assumendo necessariamente la buona fede del magistrato, bisogna quindi chiedersi: chi fornisce e documenta le notizie di reato?



_________________
"Se riesci a mantenere la calma quando tutti intorno a te hanno perso la testa, forse non hai afferrato bene la situazione" - Jean Kerr

"People willing to trade their freedom for temporary security deserve neither and will lose both" - Benjamin Franklin
"Chi e' disposto a dar via le proprie liberta' fondamentali per comprarsi briciole di temporanea sicurezza non otterra' né la liberta' ne' la sicurezza ma le perdera' entrambe" - Benjamin Franklin

"Soltanto chi non ha approfondito nulla può avere delle convinzioni" - Emil Cioran

"Quanto piu' una persona e' intelligente, tanto meno diffida dell'assurdo" - Joseph Conrad

"Guardati dalla maggioranza. Se tante persone seguono qualcosa, potrebbe essere una prova sufficiente che è una cosa sbagliata. La verità accade agli individui, non alle masse." – Osho

Immagine
Top
 Profilo  
 

Galattico
Galattico

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 41080
Iscritto il: 22/06/2006, 23:58
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 15/02/2013, 18:24 
Cita:
rmnd ha scritto:

Cita:
Thethirdeye ha scritto:

Cita:
rmnd ha scritto:

A quando una legge che limiti la discrezionalità della magistratura.
A quando una legge che impedisca alla magistratura di mettere becco in questioni che devono restare segrete quando sono in gioco gli interessi e la sicurezza nazionale?


A quando una presa di coscienza circa il fatto che questo attacco ai "gioielli di famiglia"
non è altro che un complotto messo in atto dalla finanaza internazionale a danno dell'Italia?


ma no. non è il caso di scomodare complotti internazionali.
Qui vedo solo mania di protagonismo e carrierismo facile di certi magistrati irresponsabili.


Sì sì... continuiamo a vedere il dito invece che la Luna....

http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=231984
http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=232203
http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=235866
http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=241021
http://www.ufoforum.it/topic.asp?whichp ... _ID=247188

Stanno svendendo l'Italia, come da copione, e....
a noi, ci dicono che dobbiamo prendercela con la magistratura...... [|)]



_________________
"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

UfoPlanet Informazione Ufologica - Ufoforum Channel Video
thethirdeye@ufoforum.it
Top
 Profilo  
 

Bannato
Bannato

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 5539
Iscritto il: 11/09/2009, 10:39
Località:
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 06/08/2013, 12:57 
x fortuna esiste qualcuno con ancora del sale in zucca


http://www.corriere.it/editoriali/13_agosto_06/la-riforma-piu-difficile-angelo-panebianco_8847e070-fe5b-11e2-9e44-1a79176af940.shtml


Cita:
[color=blue]La riforma più difficile

Così come non c'è mai stata nessuna Seconda Repubblica, la condanna di Berlusconi non farà nascere la Terza. La Repubblica è una soltanto, sempre la stessa. Che cambino o meno uomini, partiti o leggi elettorali. Ed essendo la stessa, le sue tare e i suoi conflitti di fondo si perpetuano. Così è per lo squilibrio di potenza fra magistratura e politica, uno squilibrio che secondo molti, compreso lo scomparso presidente della Repubblica Francesco Cossiga, risale a molto tempo prima delle inchieste di Mani Pulite di venti anni fa.

Al momento, apparentemente, tutto è come al solito: con Berlusconi e la destra contrapposti alla magistratura e la sinistra abbracciata ai magistrati. Gli uni reagiscono a quella che ritengono una orchestrata persecuzione. Gli altri si aggrappano alla magistratura, un po' per antiberlusconismo, un po' perché una parte dei loro elettori considera i magistrati (i pubblici ministeri soprattutto) delle semi-divinità o giù di lì, e un po' perché sperano in trattamenti «più comprensivi» di quelli riservati alla destra.

Ma lo squilibrio di potenza c'è (anche i magistrati più seri lo riconoscono) e, insieme alla grande inefficienza del nostro sistema di giustizia, richiederebbe correttivi. Una seria riforma della giustizia, del resto, l'ha chiesta anche il presidente della Repubblica, di sicuro non sospettabile di interessi partigiani.

Ma la domanda è: può un potere debole e diviso imporre una «riforma» a un potere molto più forte (e molto più unito) contro la volontà di quest'ultimo? Frugando in tutta la storia umana non se ne troverà un solo esempio.

La magistratura è l'unico «potere forte» oggi esistente in questo Paese e lo è perché tutti gli altri poteri, a cominciare da quello politico, sono deboli. Non permetterà mai al potere debole, al potere politico, di riformarla. Certo, si potranno forse fare - ma solo se i magistrati acconsentiranno - interventi volti ad introdurre un po' più di efficienza: sarebbe già tanto, per esempio, ridurre i tempi delle cause civili. Ma non ci sarà nessuna «riforma della giustizia» se per tale si intende una azione che tocchi i nodi di fondo: separazione delle carriere, trasformazione del pubblico ministero da superpoliziotto in semplice avvocato dell'accusa, revisione delle prerogative e dei meccanismi di funzionamento del Csm, cambiamento dei criteri di reclutamento e promozione dei magistrati, riforma dell'istituto dell'obbligatorietà dell'azione penale, eccetera. La classe politica, in tanti anni, non è riuscita nemmeno a varare una decente legge per impedire la diffusione pilotata delle intercettazioni. Altro che «riforma della giustizia».

Il problema va aggredito da un'altra prospettiva. C'è un solo modo per porre rimedio allo squilibrio di potenza: rafforzare la politica. Ci si concentri su provvedimenti che possano ridare, col tempo, forza e legittimità al potere politico: una seria riforma costituzionale che renda più efficace l'azione dei governi, un radicale cambiamento delle modalità di finanziamento dei partiti, una drastica contrazione dell'area delle rendite politiche, delle rendite controllate e distribuite dai politici nazionali e locali (vera causa, al di là della demagogia, degli altissimi costi della politica).

Ci si concentri, insomma, su alcune cause certe della debolezza, e della mancanza di credibilità, che affliggono il potere politico. Solo così sarà possibile avviare un processo che porti ad annullare lo squilibrio di potenza. Anche se ci vorranno anni per riuscirci.

Al momento, dunque, non si può fare nulla in materia di giustizia? Qualcosa forse sì, ma richiede lungimiranza (perché i frutti si vedrebbero solo dopo molto tempo). Si affronti il problema là dove tutto è cominciato: si rivoluzionino i corsi di studio in giurisprudenza (e pazienza se i professori di diritto strilleranno). Si incida sulle competenze, e sulle connesse «mentalità», di coloro che andranno a fare i magistrati (ma anche gli amministratori pubblici). Si iniettino dosi massicce di «sapere empirico» in quei corsi. Si riequilibri il formalismo giuridico con competenze economiche e statistiche, e con solide conoscenze (non solo giuridiche) delle macchine amministrative e giudiziarie degli altri Paesi occidentali. Si addestrino i futuri funzionari, magistrati e amministratori, a fare i conti con la complessità della realtà. È ormai inaccettabile, ad esempio, che un magistrato, o un amministratore, possano intervenire su delicate questioni finanziarie o industriali senza conoscenze approfondite di finanza o di economia industriale. È inaccettabile che gli interventi amministrativi o giudiziari siano fatti da persone non addestrate a valutare l'impatto sociale ed economico delle norme e delle loro applicazioni. Il diritto è uno strumento di regolazione sociale troppo importante per lasciarlo nelle mani di giuristi puri.

Lo squilibrio di potenza permarrà a lungo. La politica, per venirne a capo, deve ispirarsi a una antica tradizione militare cinese. Le serve una «strategia indiretta». Sono sconsigliati gli attacchi frontali.

6 agosto 2013 | 7:50
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Angelo Panebianco[/color]



_________________
[^]The best quote ever (2013 Nonsense Award Winner):
«Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Early in the morning!»
© Anonymous/The Irish Rovers
http://tuttiicriminidegliimmigrati.com/
Top
 Profilo  
 

Galattico
Galattico

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 41080
Iscritto il: 22/06/2006, 23:58
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 06/08/2013, 13:49 
Cita:
rmnd ha scritto:

x fortuna esiste qualcuno con ancora del sale in zucca


http://www.corriere.it/editoriali/13_agosto_06/la-riforma-piu-difficile-angelo-panebianco_8847e070-fe5b-11e2-9e44-1a79176af940.shtml


Cita:
[navy]La riforma più difficile

Così come non c'è mai stata nessuna Seconda Repubblica, la condanna di Berlusconi non farà nascere la Terza. La Repubblica è una soltanto, sempre la stessa. Che cambino o meno uomini, partiti o leggi elettorali. Ed essendo la stessa, le sue tare e i suoi conflitti di fondo si perpetuano. Così è per lo squilibrio di potenza fra magistratura e politica, uno squilibrio che secondo molti, compreso lo scomparso presidente della Repubblica Francesco Cossiga, risale a molto tempo prima delle inchieste di Mani Pulite di venti anni fa.

Al momento, apparentemente, tutto è come al solito: con Berlusconi e la destra contrapposti alla magistratura e la sinistra abbracciata ai magistrati. Gli uni reagiscono a quella che ritengono una orchestrata persecuzione. Gli altri si aggrappano alla magistratura, un po' per antiberlusconismo, un po' perché una parte dei loro elettori considera i magistrati (i pubblici ministeri soprattutto) delle semi-divinità o giù di lì, e un po' perché sperano in trattamenti «più comprensivi» di quelli riservati alla destra.

Ma lo squilibrio di potenza c'è (anche i magistrati più seri lo riconoscono) e, insieme alla grande inefficienza del nostro sistema di giustizia, richiederebbe correttivi. Una seria riforma della giustizia, del resto, l'ha chiesta anche il presidente della Repubblica, di sicuro non sospettabile di interessi partigiani.

Ma la domanda è: può un potere debole e diviso imporre una «riforma» a un potere molto più forte (e molto più unito) contro la volontà di quest'ultimo? Frugando in tutta la storia umana non se ne troverà un solo esempio.

La magistratura è l'unico «potere forte» oggi esistente in questo Paese e lo è perché tutti gli altri poteri, a cominciare da quello politico, sono deboli.



Ahahahha.. questa è bella.... [8D]
(Mi sono fermato al neretto.....)



_________________
"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

UfoPlanet Informazione Ufologica - Ufoforum Channel Video
thethirdeye@ufoforum.it
Top
 Profilo  
 

Bannato
Bannato

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 5539
Iscritto il: 11/09/2009, 10:39
Località:
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 29/08/2013, 09:56 
http://www.ilfoglio.it/soloqui/19555

Cita:
Il golpe legale e quelle necessarie larghe intese contro la vecchia magistratura politicizzata
[color=blue]Perché pacificazione

Da Mani pulite in poi. Storia del patto scellerato (e inconfessabile) tra la politica, le procure e i giornali che i politici di oggi fingono ancora di non vedere

L’obbligatorietà dell’azione penale genera mostri; il più colossale, e vergognoso, dei quali – che ha, di fatto, trasformato la nostra Repubblica in una Repubblichetta delle banane nelle mani di caudilli in toga – è la distinzione, che una parte della magistratura fa, quando apre un fascicolo su qualcuno, fra “chi non sapeva”, che è ontologicamente non colpevole (innocente in se stesso), e chi “non poteva non sapere”, che è teoricamente colpevole (per deduzione accusatoria). E’ con la (legittima) autonomia e indipendenza di cui giustamente gode – ma anche, diciamolo, con discrezionalità e arbitrarietà spesso extra legem e contro ogni senso comune – di propendere per l’una o per l’altra delle due interpretazioni che essa tiene sotto permanente ricatto chiunque ed esercita il suo dominio sul paese. La politica, a sua volta, per viltà e quieto vivere, ha abdicato alle proprie funzioni.

D’altra parte, non saremmo il paese che siamo se la parte della magistratura politicamente radicale e impegnata non godesse di certe complicità fra gli stessi soggetti ricattabili. Diciamola, allora, tutta. Tangentopoli e Mani pulite non sono state (solo) l’auspicabile lavacro di un paese allora devastato dalla diffusa corruzione, ma (anche, e soprattutto), al riparo della legalità, un golpe, il sovvertimento di ogni ordine costituzionale, legale e politico razionale. Il “controllo di legalità”, che qualcuno, adesso, vorrebbe addirittura assegnare alla magistratura inquirente, è il modo col quale ogni regime illiberale tiene sotto il proprio tallone la propria popolazione e sovrintende ad ogni zona grigia nei comportamenti regolati dalla moralità individuale e da principi etici universalmente riconosciuti nei paesi di più matura democrazia liberale. Il controllo di legalità sarebbe l’ultimo passo verso il totalitarismo di un cammino già da tempo in corso.

Come ha scritto Guido Carli, un ex presidente della Confindustria (!), nelle sue memorie, il mondo degli affari aveva compensato l’ingresso dell’Italia nella Comunità europea, e l’apertura del suo mercato alla concorrenza esterna, con la complicità col mondo della politica e la diffusione della corruzione; di fatto, le tangenti avevano cancellato il mercato interno e ogni possibilità di corretta concorrenza. Con Tangentopoli e Mani pulite, la magistratura aveva cercato di fare piazza pulita del malcostume imperante ma – per le ambizioni politiche, o la vanità, di alcuni dei suoi stessi esponenti – ne era stata, a sua volta, coinvolta e politicamente inquinata. Non c’era alcun uomo d’affari che, per la natura stessa delle sue attività, non avesse qualcosa da nascondere al principio di legalità. Chiunque, perciò, avrebbe potuto finire nella rete di Mani pulite e potrebbe ancora cadere sotto la mannaia del “non poteva non sapere”. Dipendeva (dipende) unicamente dall’obbligatorietà dell’azione penale e dal conseguente incontrollato potere discrezionale, leggi arbitrarietà, di cui la magistratura disponeva e dispone. Né ne era esente alcun partito politico, come avrebbe detto Bettino Craxi in un memorabile discorso alla Camera nel 1993. Ma nessuno gli aveva dato retta; Dc e Pci avevano pensato di potersene tenere fuori e di guadagnarci persino in reputazione e voti; Craxi sarebbe morto in esilio, cui l’aveva condannato l’accusa, peraltro da lui stesso confessata in Parlamento (!), che “non poteva non sapere”; il Partito socialista, con tutti gli altri, era stato spazzato via a vantaggio di uno solo, il Pci, che avrebbe cambiato nome per la bisogna e per opportunismo, ma non avrebbe mai vinto le elezioni, né riflettuto su se stesso e la propria storia.

Nacque, così, tacitamente una sorta di pactum sceleris fra il mondo dell’informazione – di proprietà di quello degli affari non sempre esente da qualche peccato, piccolo o grande che fosse – e la parte della magistratura interessata a sovvertire gli equilibri politici esistenti e a portare al governo il Partito comunista che ne era rimasto fuori per i suoi rapporti con l’Unione sovietica dalla quale aveva ricevuto sostegno finanziario, peraltro senza che a nessun magistrato fosse mai venuto neppure in mente di aprire un relativo fascicolo sul caso. “Voi – dissero i media a magistrati ormai più interessati a cogliere e a mettere a frutto la portata sovvertitrice dell’alleanza che veniva loro proposta e ad accrescere il proprio potere che ad amministrare la giustizia – tenete fuori da Mani pulite i nostri editori e noi vi aiutiamo a mettere le mani, e a far fuori, i loro concorrenti e ad attribuire tutta la responsabilità della corruzione alla politica; fidatevi, sosterremo la vostra azione”. Fu ciò che puntualmente avvenne.
Dietro la parvenza di un’informazione “civile”, e legalitaria, si consumò la condanna dello stato di diritto, si realizzò la trasformazione dell’Italia in un paese nelle mani di una magistratura inquirente e di un sistema informativo che ignoravano l’Habeas corpus e istruivano processi e comminavano condanne sulle pagine dei giornali prima che a farlo fossero i tribunali. I giornalisti che si occupavano di vicende giudiziarie diventarono il megafono delle procure e, dalla santificazione di un uomo ambiguo come Antonio Di Pietro, acquistarono, a loro volta, un potere di pressione nei confronti dei loro stessi direttori. La cui permanenza al proprio posto, da quel momento, sarebbe dipesa dal grado del loro rispetto del pactum sceleris e dallo spazio dato a scandali e ruberie senza, però, che se ne spiegassero le ragioni intrinseche alla estensione dei poteri pubblici, come, in realtà, era. Spuntarono i direttori di professione, uomini d’ordine – che passavano, indipendentemente dalla loro linea politica, da una testata all’altra, come i questori passano da una città all’altra col compito di evitare disordini – per i quali la linea editoriale era quella fissata dal pactum sceleris.

Il giornalismo entrò in coma e, poco per volta, morì per carenza di pensiero; forse, per la natura dei rapporti di produzione capitalistici, direbbe Marx, non era mai stato libero e indipendente come qualche anima candida aveva preteso fosse; ma, almeno, fino a quel momento, aveva conservato una accettabile funzione informatrice e, in se stessa, liberatoria e una parvenza di dignità rispetto a quello dei paesi di socialismo reale. Di questo ha via via assunto la funzione, invece di darle, di nascondere ai lettori le informazioni e le idee non gradite al regime, mantenendoli in uno stato di permanente ignoranza e soggezione. Ad esso sta progressivamente assomigliando sempre più, senza che nessuno, né editori, né giornalisti mostri di accorgersene e di preoccuparsi. E, poi, si dice – senza aggiungere a quali, ad evitare anche solo di alludere al pactum sceleris – che gli italiani sarebbero incapaci di mantenere fede ai patti.


di Piero Ostellino

© - FOGLIO QUOTIDIANO[/color]



_________________
[^]The best quote ever (2013 Nonsense Award Winner):
«Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Early in the morning!»
© Anonymous/The Irish Rovers
http://tuttiicriminidegliimmigrati.com/
Top
 Profilo  
 

Bannato
Bannato

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 5539
Iscritto il: 11/09/2009, 10:39
Località:
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 30/08/2013, 10:33 
http://www.paologuzzanti.it/?p=2041

Cita:
..............Mi ha però particolarmente colpito quel che Berlusconi ha detto a proposito della magistratura. La sua tesi è che il problema non è tanto quello di un’entità astratta (potere? ordine?) come la magistratura, ma di quella specifica parte dei magistrati che fa capo alla corrente politica chiamata Magistratura democratica.

Così, mentre ascoltavo mi è venuto un flash: rivedevo me stesso negli anni Sessanta e Settanta, quando ero psiuppino (da Psiup, Partito socialista di unità proletaria) cioè parecchio più a sinistra del Pci, e cominciai a seguire le vicende e le parole dei primi magistrati di sinistra – chi ricorda più i «pretori d’assalto»? – i loro congressi, le pubblicazioni, i dibattiti.
Non ne mancavo uno e li trovavo straordinari: vi si diceva, su una vasta scala di tonalità, che in Italia c’è un deficit di democrazia che sarebbe stato colmato soltanto quando la sinistra, allora comunista, sarebbe andata al potere.

I magistrati di quella corrente che diventò «Emmedì» (Magistratura democratica, appunto) non facevano mistero della loro missione politica mentre indossavano la toga e dicevano tutti più o meno così: «Noi, in quanto operatori della giustizia, dobbiamo fare tutto quanto in nostro potere per bloccare qualsiasi persona o partito che possa ostacolare l’avanzata della sinistra». A me, allora che avevo quarant’anni meno di oggi, sembravano propositi meravigliosi, rivoluzionari e «in linea» con la nostra linea di allora.
Non ce ne fregava assolutamente niente – politicamente parlando – di che cosa fosse vero e che cosa fosse falso, di chi fosse buono e di chi fosse cattivo, purché la linea andasse avanti. Eravamo tutti, allora, «sdraiati sulla linea». Non avevamo, noi giovani rivoluzionari e i giovani magistrati di allora, nulla di liberale: la parola «libertà» la trovavamo utile per le lapidi e le canzoni partigiane che cantavamo a squarciagola, perché venivamo da una scuola di pensiero – comune a tutti i comunisti, ma anche a tutti i fascisti e nazionalsocialisti del secolo scorso – secondo cui l’unica cosa che importa è la presa del potere, possibilmente per vie legali e democratiche (ma senza rinunciare ad altre opzioni che la Storia nella sua generosità può metterti a disposizione) sapendo che questa presa del potere, come ogni parto difficile, ha bisogno di bravi ginecologi, talvolta del forcipe e anche della lama del bisturi.
«La rivoluzione non è un pranzo di gala» disse Lenin a Bertrand Russell orripilato per le esecuzioni di massa a Mosca, e neanche la giustizia deve essere tanto ossessionata dalle buone maniere, o semplicemente dall’idea «borghese» del giudice terzo, indipendente, sereno, che appende con il cappotto anche le sue idee sull’attaccapanni.

Qualcosa di analogo avveniva in psichiatria. Ero molto amico di Franco Basaglia, padre della psichiatria democratica, che quando era a Roma veniva spesso a prendere un caffè da me. Basaglia mi spiegava con entusiasmo rivoluzionario che non esiste la malattia mentale, ma soltanto la malattia generata dalla classe borghese che con le sue contraddizioni e violenze crea la malattia, schizofrenia e paranoia. Dunque, mi diceva, il disturbo andava trattato come una questione politica: «Non si tratta soltanto di chiudere i manicomi – chiariva – ma di far esplodere il nucleo sorgente della borghesia stessa, ovvero la famiglia borghese». Ne seguì una legge di riforma psichiatrica che ha seguito quelle direttive: i manicomi sono stati chiusi, ma la sofferenza psichiatrica è stata spostata sulla famiglia incriminata con il bel risultato di far accatastare negli anni più di diecimila morti per violenze psichiatriche, come documentò l’indimenticato psicanalista liberale e libertario Luigi De Marchi in un convegno che promovemmo insieme in Senato anni orsono.

È sintomatico come due cardini regolatori della stabilità sociale come la psichiatria e la giustizia siano stati mossi dallo stesso impulso ideologico e negli stessi anni. E che da allora seguitino a diffondere le conseguenze di quella distorsione ideologica.
Ma torniamo alla chiacchierata con Berlusconi. Quando mi ha riportato alla memoria storica di Emmedì per averne letto – mi ha detto – centinaia di documenti antichi e recentissimi – mi sono suonati parecchi campanelli. Ho ricordato che quando io stesso mi sentivo dalla loro parte mi rendevo conto che non avessero come primo scopo l’esercizio di una giustizia indipendente, tale da garantire ogni cittadino a prescindere dalle sue idee.......



........Spesso si leggono delle espressioni sarcastiche sulla questione delle «toghe rosse», come se si trattasse di una tipica panzana berlusconiana, del tutto inventata. Penso che siano sarcasmi difensivi. Penso anche – calendario e fatti alla mano – che la magistratura avesse fin dal 1980, almeno, tutti gli elementi per scatenare una campagna moralizzatrice sulle ruberie della politica, sulla commistione tra affari e politica, come io documentai con la storica e fortunata intervista a Franco Evangelisti passata alla storia delle cronache come «A’ Fra’ che te serve».

La risposta della magistratura fu il silenzio di tomba. Il sistema di approvvigionamento dei partiti, Pci in testa, andava allora benissimo anche a quella parte della magistratura democratica che soltanto quando partì la parola d’ordine di decapitare la prima Repubblica, scattò gridando allo scandalo, alla necessità di fare pulizia, di castigare e demolire. Prima, neanche un fiato.

L’operazione Mani pulite annunciò con le trombe e i tamburi la scoperta dell’acqua calda, annunciando che i partiti prendevano il pizzo dagli imprenditori e il Pci, in barba al codice penale e alla Costituzione, lo prendeva dall’Urss. Anzi, il reato commesso dal Pci, che importava capitali in nero su cui non pagava una lira di tasse – a proposito di evasione fiscale! – veniva usato come alibi: poiché i comunisti prendono soldi dai russi, noi per pareggiare il conto li andiamo a prelevare dalle tasche degli imprenditori.

La magistratura inquirente usò senza risparmio la detenzione preventiva come forma di tortura che condusse molti al suicidio (penso a Gabriele Cagliari che si ficca in testa un sacchetto di plastica e muore in cella e a Raul Gardini che si ficca una pallottola nella tempia dopo essersi fatto una lunga doccia purificatrice) e tutte le suggestioni mediatiche che indussero gli italiani a credere davvero che la corruzione a favore dei partiti fosse nata con il Psi di Craxi e con la Dc di Andreotti e Forlani.

Mentre la memoria mi riportava a quei vecchi fatti – ma come mai il libro The Italian Guillotine di Peter Burnett e Luca Mantovano non è stato mai tradotto in italiano? – Berlusconi sosteneva che è veramente un caso straordinario in Italia che un uomo sia condannato a una pena detentiva per una supposta evasione fiscale per una cifra ancora sottoposta a vari ricorsi.

E riflettevo: è vero. Ditemi voi, dica qualcuno più informato di me, quanti imprenditori, evasori, uomini politici e no, sono finiti in galera per evasione. La memoria non mi soccorre. La Guardia di finanza ha appena accertato che 5mila evasori totali, ora identificati, hanno sottratto al fisco ben 17 miliardi di euro «a spese dei contribuenti onesti». Non ricordo di aver letto che una processione di cellulari li abbia trasferiti in galera. Eppure, 17 miliardi sottratti sono più del doppio dei miliardi di ricchezza che le aziende di Berlusconi hanno versato nelle casse dello Stato. Ma Berlusconi è stato condannato alla galera per una supposta evasione dell’1,2 per cento delle sue imposte. Bah, sarà tutto vero, ma non c’è qualcosa che non quadra?...



_________________
[^]The best quote ever (2013 Nonsense Award Winner):
«Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Early in the morning!»
© Anonymous/The Irish Rovers
http://tuttiicriminidegliimmigrati.com/
Top
 Profilo  
 

Bannato
Bannato

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 5539
Iscritto il: 11/09/2009, 10:39
Località:
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 14/09/2013, 09:20 
E non si tiri fuori la solita tesi strampalata del complottismo dei potentati stranieri e la svendita dell'Italia. Il complottismo è il solito porto sicuro per affrontare in modo infantile i problemi(quindi non affrontandoli), incolpando sempre qualcun altro dei nostri errori.

Qui è solo miopia, inettitudine, smania di protagonismo di certi impiegatucci statali (magistrati e affini) che ricoprono ruoli a loro non consoni, grazie a concorsi e graduatorie non meritocratiche, spinte e raccomandazioni. Impiegatucci che applicano senza cervello il codice senza chiedersi quali conseguenze possano comportare le loro bravate estemporanee.

Cita:

14 settembre 2013
Elefanti tra le porcellane, i giudici spaccano la manifattura

Le conseguenze indesiderate dei provvedimenti giudiziari affossano Ilva e imbrigliano la Fiat. La politica insegue

Le conseguenze indesiderate dei provvedimenti giudiziari, sequestri preventivi e sentenze, a carico delle industrie cardine del comparto manifatturiero italiano, l’Ilva e la Fiat, rischiano ora di comportare risvolti drammatici per l’economia nazionale, già depressa da una recessione pluriennale. L’incapacità del potere politico nel contestare, ove possibile, un potere giudiziario incurante dei riflessi negativi del suo operato genera così l’urgenza, invocata da più parti, di un intervento pubblico a sostegno della forza lavoro e delle attività industriali.

La travagliata vicenda giudiziaria dell’Ilva ha varcato i confini pugliesi e l’obiettivo della magistratura non pare più (solo) quello di tutelare salute e ambiente. Piuttosto sembra prevalere il desiderio di rivalsa nei confronti della proprietà dell’acciaieria, la bistrattata famiglia Riva. Martedì scorso, i Riva hanno deciso di chiudere sette stabilimenti del nord Italia e due società di logistica facenti parte della holding Riva Forni Elettrici. Ai 1.400 dipendenti “in libertà” sono stati assicurati dal governo gli ammortizzatori sociali, ma viene minacciata la sussistenza di centinaia di imprese a valle della catena produttiva che acquistano i prodotti siderurgici lavorati dalla aziende del gruppo. La scelta – considerata “neutrale” per l’Ilva – scaturisce dall’impossibilità di garantire la continuità aziendale a seguito del sequestro preventivo disposto dalla magistratura che ha intaccato una parte del patrimonio immobiliare e delle disponibilità liquide dei Riva. Il provvedimento verrà impugnato. Questo era comunque un epilogo atteso: il patron dell’Ilva, Emilio Riva, meditava di abdicare dalla guida dell’impero industriale, rilevato dall’Iri negli anni Ottanta, già un anno fa, quando finì agli arresti insieme al figlio con l’accusa di “disastro ambientale”, una delle fattispecie meno regolate del nostro codice. Allora pochi sostenevano la teoria dell’accanimento giudiziario. Lo fa da tempo la lobby della siderurgia Federacciai, legata a una più timida “casa madre” Confindustria che ora, dopo la drammatica accelerazione, condivide e difende questa tesi sul quotidiano di scuderia, il Sole 24 Ore (“Cari giudici, sapete come funziona un’impresa?”, s’intitolava un caustico corsivo di ieri). L’annuncio ha spiazzato il governo: il ministro dello Sviluppo economico, Flavio Zanonato, incontrerà i sindacati e il presidente di Riva Forni Elettrici ed ex presidente Ilva, Bruno Ferrante. Il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, ha lasciato aperta la possibilità della cassa integrazione. Il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano (Pd), ha chiesto all’esecutivo di non escludere il commissariamento dell’intero gruppo. E’ l’ennesima rincorsa della politica per raccogliere i cocci rotti dalle azioni incaute della magistratura, almeno a giudicare da come sono andate le cose finora. Nel luglio 2012 una parte dell’Ilva e alcuni materiali prodotti, dal valore miliardario, vengono sequestrati dal giudice per le indagini preliminari di Taranto, Patrizia Todisco, che considera il primo impianto siderurgico europeo una fonte d’inquinamento, di malattie sul territorio pugliese: la fabbrica deve essere riconvertita per inquinare meno grazie alle più moderne tecnologie. Il governo di Mario Monti interviene a dicembre, quando si teme un collasso dell’attività – che già procedeva a singhiozzo – attraverso il decreto “salva Ilva” per garantire sia la continuità aziendale sia la bonifica ambientale. La magistratura si è inutilmente opposta a quella che riteneva un’interferenza politica nella giustizia davanti alla Corte costituzionale: nell’aprile scorso la Corte sentenzia che non c’è nessuna incostituzionalità nel decreto “salva Ilva”; il risanamento può iniziare in base alle direttive dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia), usando tecnologie (assorbimento fumi, sistemi di aerazione, monitoraggio) che i competitor europei di Ilva dovranno introdurre solo nel 2016 (il processo è oggi in via d’attuazione con 8 prescrizioni completate e 10 in corso). Viene in seguito concesso il dissequestro dei prodotti finiti che, dopo mesi esposti alle intemperie, hanno perso valore. Il 24 maggio 2013 il tribunale di Taranto dispone il sequestro preventivo di 8,1 miliardi di euro ai danni della Riva Fire, un’altra holding dei Riva che sono accusati di avere nascosto al fisco i proventi illecitamente ottenuti dalla produzione dell’acciaio; la somma coprirebbe quello che la magistratura ritiene essere il costo delle migliorie mai apportate agli impianti e che dovrebbe in parte servire a completare l’Aia e la bonifica che costano circa 1,5-1,8 miliardi (sono comunque soldi sequestrati – non confiscati – e non sono immediatamente disponibili). Appena arrivato a Palazzo Chigi, Enrico Letta affronta come primo dossier quello dell’Ilva: col fondato timore che l’aggressione alle casse dei Riva congeli l’attività Ilva, il premier commissaria l’impianto per decreto etichettandolo come “strategico” e vi pone a capo, tra le polemiche, l’ex ad di Ilva, Enrico Bondi. L’impianto viene così “protetto” dalle ingerenze giudiziarie, ma così non è stato per le altre imprese dei Riva, come si è visto. Due giorni fa, come ha sintetizzato ieri Paolo Bricco sul Sole 24 Ore, l’ultima svolta: “Il sequestro preventivo penale di cespiti quali gli stabilimenti produttivi e il blocco dei conti hanno quindi colpito attività produttive che, in punta di diritto, non c’entrano nulla con l’acciaieria di Taranto”. Vittime collaterali, insomma. Anche il capo della prima azienda manifatturiera italiana, l’ad di Fiat, Sergio Marchionne, dichiarò che “l’Italia non è un paese per industriali”, dopo che la Corte costituzionale aveva bocciato l’articolo dello Statuto dei lavoratori su cui si reggevano i contratti aziendali del Lingotto. Senza certezze, Fiat ha minacciato di lasciare il paese, salvo poi promettere un miliardo d’investimenti a Mirafiori. Tuttora però la politica, sempre costretta a inseguire corti decisamente creative, non ha legiferato sulla rappresentanza sindacale.

© - FOGLIO QUOTIDIANO

di Alberto Brambilla – @Al_Brambilla





_________________
[^]The best quote ever (2013 Nonsense Award Winner):
«Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Early in the morning!»
© Anonymous/The Irish Rovers
http://tuttiicriminidegliimmigrati.com/
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 14885
Iscritto il: 26/12/2009, 12:30
Località: ravenna
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 16/09/2013, 13:13 
Ilda Boccassini: «Alcune indagini sono servite ad altro»

Il giudice del tribunale di Milano Ilda Boccassini, 64 anni, molto celebre per diverse indagini sulla criminalità organizzata e ultimamente per rappresentare la pubblica accusa durante il cosiddetto “processo Ruby” in cui è imputato Berlusconi, ha partecipato venerdì alla presentazione di un libro di Lionello Mancini, “L’onere della toga”. Durante la presentazione, Boccassini – che ha spesso avuto scontri con i colleghi magistrati anche celebri – ha detto:


Ci sono dei magistrati che forse hanno utilizzato il proprio lavoro per altro.

E poco dopo:


In questi vent’anni lo sbaglio di noi magistrati è di non aver mai fatto un’autocritica o una riflessione.

Ha poi parlato dei pericoli, per i magistrati, di agire in base al “consenso sociale”, ricordando le differenze tra Palermo e Milano nel corso degli anni Novanta:


Durante Tangentopoli stavo in Sicilia. Noi vivevamo in hotel “bunkerizzati”, con i sacchi di sabbia, intorno era guerra. E quando arrivavo a Milano, per salutare i colleghi, vedevo le manifestazioni in loro favore, “Forza Mani Pulite”.

http://www.ilpost.it/2013/09/14/ilda-bo ... ad-altro/#


Ultima modifica di ubatuba il 16/09/2013, 13:13, modificato 1 volta in totale.

Top
 Profilo  
 

Bannato
Bannato

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 5539
Iscritto il: 11/09/2009, 10:39
Località:
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 19/09/2013, 14:03 
Cita:
ubatuba ha scritto:

Ilda Boccassini: «Alcune indagini sono servite ad altro»

Il giudice del tribunale di Milano Ilda Boccassini, 64 anni, molto celebre per diverse indagini sulla criminalità organizzata e ultimamente per rappresentare la pubblica accusa durante il cosiddetto “processo Ruby” in cui è imputato Berlusconi, ha partecipato venerdì alla presentazione di un libro di Lionello Mancini, “L’onere della toga”. Durante la presentazione, Boccassini – che ha spesso avuto scontri con i colleghi magistrati anche celebri – ha detto:


Ci sono dei magistrati che forse hanno utilizzato il proprio lavoro per altro.

E poco dopo:


In questi vent’anni lo sbaglio di noi magistrati è di non aver mai fatto un’autocritica o una riflessione.

Ha poi parlato dei pericoli, per i magistrati, di agire in base al “consenso sociale”, ricordando le differenze tra Palermo e Milano nel corso degli anni Novanta:


Durante Tangentopoli stavo in Sicilia. Noi vivevamo in hotel “bunkerizzati”, con i sacchi di sabbia, intorno era guerra. E quando arrivavo a Milano, per salutare i colleghi, vedevo le manifestazioni in loro favore, “Forza Mani Pulite”.

http://www.ilpost.it/2013/09/14/ilda-bo ... ad-altro/#


la parruccona rossa ha davvero la faccia come il culo [:(]



_________________
[^]The best quote ever (2013 Nonsense Award Winner):
«Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Early in the morning!»
© Anonymous/The Irish Rovers
http://tuttiicriminidegliimmigrati.com/
Top
 Profilo  
 

Galattico
Galattico

Avatar utente

Nonno sapienteNonno sapiente

Non connesso


Messaggi: 49592
Iscritto il: 27/12/2007, 11:23
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 19/09/2013, 14:09 
Immagine:
Immagine
52,77 KB



_________________
Immagine Operatore Radar Difesa Aerea (1962 - 1996)
U.F.O. "Astronavi da altri Mondi?" - (Opinioni personali e avvenimenti accaduti nel passato): viewtopic.php?p=363955#p363955
Nient'altro che una CONSTATAZIONE di fatti e Cose che sembrano avvenire nei nostri cieli; IRRIPRODUCIBILI, per ora, dalla nostra attuale civiltà.
Top
 Profilo  
 

Bannato
Bannato

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 5539
Iscritto il: 11/09/2009, 10:39
Località:
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 19/09/2013, 14:16 
http://www.affaritaliani.it/cronache/trasferita-la-pm-digeronimo190913.html?refresh_ce

Cita:
[color=blue]Parla la pm Digeronimo ([color=red]*): "Io isolata, in magistratura comandano le correnti"
Giovedì, 19 settembre 2013 - 10:30:00[/color]

di Lorenzo Lamperti

twitter@LorenzoLamperti

"Comandano gli apparati. Per fare carriera sai che devi far parte di una corrente e questo ha creato quella che chiamo un'oligarchia di magistrati". Desirèe Digeronimo, il pm della Sanitopoli pugliese appena trasferita da Bari a Roma, racconta la sua vicenda e propone una riforma del sistema giudiziario in una lunga intervista ad Affaritaliani.it. “Il trasferimento è stato solo l’ultimo atto di un progressivo isolamento all’interno della procura di Bari”. Il tutto dopo l’inchiesta sull’ex senatore Pd Tedesco e la segnalazione dei rapporti tra Vendola e Susanna De Felice, il gup che doveva decidere sul rinvio a giudizio del governatore della Puglia. “Persone legate a un gruppo di potere mi hanno delegittimata. Non dovevo essere credibile così non sarebbero state credibili le mie indagini”. Nel 2009 Vendola la attaccò con una dura lettera pubblica: “Chi di dovere avrebbe dovuto dare uno stop e tutelarmi, ma non è successo”. Sui pm in politica: “Il problema non è chi fa politica spogliandosi della toga ma chi la fa indossandola. Candidarmi a sindaco di Bari? Per la mia città io ci sarò sempre".

Come mai ha deciso di chiedere il trasferimento da Bari a Roma?
Il trasferimento è stato solo l’ultimo atto di un cammino progressivo di isolamento all’interno del mio ufficio che io imputo all’azione di personaggi collegati a un gruppo di potere finalizzata alla mia delegittimazione professionale e personale. Non dovevo essere credibile così non sarebbero state credibili le indagini che conducevo. Quando la calunnia si è trasferita dai corridoi alle sedi istituzionali e da là alla diffusione mediatica non ho potuto più limitarmi a resistere ma ho dovuto agire a mia tutela. Il trasferimento è stato un atto consequenziale di rispetto nei confronti dell’istituzione Procura, non potevo trascinare l’ufficio in una strumentale campagna giornalistica di veleni e corvi così come è stata definita. Ho preferito pormi il problema del prestigio di una istituzione assumendomene la responsabilità. Certo, con rammarico devo constatare che chi in tale vicenda aveva il dovere di porsi a tutela di tale prestigio già da molti anni ha mancato, ma io faccio il magistrato. Non potevo non tenerne conto, nemmeno di fronte alle omissioni.

Nell’inchiesta sulla sanità pugliese il nome dell’ex senatore Tedesco fu inizialmente depennato da alcuni suoi colleghi dalle utenze da intercettare. Com’è possibile che sia accaduto?
Sono questioni di cui non intendo parlare, ci sono sedi competenti in cui è giusto e spero siano affrontate. Certo, se quelle erano le carte nel 2007 la mia indagine iniziata nel 2008 non avrebbe dovuto stupire.

Nell’agosto del 2009 lei ha subìto un duro attacco da parte di Vendola, che scrisse una lettera pubblica contro di lei. Crede che la vicenda sia stata poco sottolineata?
Credo che la vicenda avrebbe dovuto comportare immediate conseguenze a tutela della giurisdizione da parte di chi era tenuto a farlo. Uno stop duro e fermo a quella deriva avrebbe cambiato il corso delle cose e non avrebbe consentito quello che io penso sia avvenuto in questi anni, ovvero una costante e dannosa perdita di prestigio dell’ufficio di procura di Bari. Ma del senno di poi, come si dice, sono piene le fosse.

Si è data una spiegazione su come sia avvenuta la pubblicazione della sua nota riservata sulla vicenda Vendola-De Felice?
Ho fatto una denuncia, qualsiasi spiegazione possa dare sarebbe solo un’opinione personale indimostrabile visto che il relativo procedimento è stato archiviato. Certo chi l’ha data in mano a un giornalista non aveva a cuore le istituzioni, la giustizia e l’equilibrio delicatissimo che è alla base del rapporto di fiducia tra cittadini e istituzioni. Il mito narra che aperto il vaso di Pandora uscì tutto tranne la speranza ma alla fine fuggì anche quella. Io vivo anche di speranza, spero che un giorno arrivi la verità, la risposta a tante domande e soprattutto la giustizia.

Ilda Boccassini ha detto che alcuni pm svolgono certe inchieste “per altri scopi” rispetto alla giustizia usando magari la magistratura come trampolino di lancio. E’ d’accordo?
La magistratura ormai è un mondo variegato: non siamo tutti uguali, non siamo tutti idealmente motivati nello stesso modo. Credo che le storie siano personali e che vadano giudicate dai fatti, dalle circostanze concrete in cui accade che si arrivi a certe scelte. In genere le indagini serie, fatta salva l’alea del giudizio che prevede un contraddittorio tra accusa e difesa, approdano a processi e condanne… già questo esclude un pregiudizio di strumentalità. Il problema vero non è chi fa politica spogliandosi della toga ma chi la fa indossando la toga. La magistratura non è scevra da simili fenomeni anche se non la immagino come attività organizzata e sistemica di supporto politico a questa o quella parte.

Pensa che il sistema delle correnti interne alla magistratura andrebbe rivisto? Non rende troppo simile la magistratura alla politica?
Il nostro sistema giudiziario necessita di una radicale riforma. Una riforma che restituisca efficienza e credibilità alla giustizia e questo passa non solo da cambiamenti strutturali e innesti di risorse nel servizio giustizia ma anche da una rivoluzione in termini culturali del sistema di rappresentatività dei magistrati all’interno del suo organo di autogoverno. Il nostro sistema giudiziario è specchio del Paese, siamo affetti dalla stessa patologia che affligge l’intera struttura burocratica amministrativa. Il meccanismo dello spoil system ormai è regola: nel bene e nel male comandano gli apparati, vince chi si pone all’interno e a tutela degli apparati. Vince cioè la logica dell’appartenenza. Il tutto avviene all’interno delle correnti. In una situazione come questa avere agganciato al merito e non all’anzianità il criterio per l’attribuzione di incarichi e direttivi, che pure in astratto è cosa sacrosanta, aumenta la discrezionalità di chi decide e diventa facile strumento di derive patologiche del sistema. Oggi sai che per fare carriera, per essere tutelato, per non subire ingiustizie, ma anche per difenderti dalla giusta assunzione di responsabilità nell’esercizio delle tue funzioni, devi fare parte di una corrente, ovviamente una corrente forte capace di sedersi al tavolo della “trattativa” con le altre correnti. In questo meccanismo diventa difficile sottrarsi alla logica dell’appartenenza. Questo sistema ha portato alla nascita di quella che io chiamo un’oligarchia di magistrati che percorrono come cursus honorum i vari steps all’interno dell’Anm e del Csm per fare carriera. La deriva patologica di questo sistema non fa bene all’autonomia e all’indipendenza della magistratura perché aumenta il rischio di una “politicizzazione” di certi meccanismi di autogoverno ma soprattutto non fa bene al servizio giustizia che noi abbiamo il dovere di assicurare ai cittadini. Le correnti da luoghi di discussione e crescita culturale e giuridica si sono trasformati in luoghi di potere.

Serve una riforma della giustizia?
Questo sistema va immediatamente bloccato, occorre ridare ossigeno alla magistratura esattamente come occorre ridare ossigeno al sistema politico e partitico di questo paese. Questo non può essere rimesso a una sorta di presa di autocoscienza del singolo, serve una classe dirigente politica capace di fare le giuste riforme con onestà intellettuale e per il bene della comunità dei cittadini. Io non voglio rinunciare al criterio del merito per la valutazione dei magistrati perché il criterio dell’anzianità ha forti limiti in termini di efficienza del sistema. Un buon criterio per l’individuazione dei magistrati da delegare all’autogoverno potrebbe essere il sorteggio dei rappresentati togati del Csm: un sorteggio temperato, per esempio all’interno di una rosa di persone candidabili scelte secondo criteri oggettivi predeterminati. Questo indebolirebbe molto il sistema di potere delle correnti. Alla facile obiezione che abbiamo diritto di sceglierci i nostri rappresentanti perché non siamo tutti uguali rispondo che il cittadino non ha diritto di scegliersi il suo giudice: esiste il principio del giudice naturale. Ecco, bisognerebbe studiare una forma di consigliere togato del Csm scelto secondo gli stessi valori che sono alla base del principio del giudice naturale. Tuttavia di fronte all’incapacità di tutta la politica di procedere a una seria riforma della giustizia mi domando se la nostra classe dirigente abbia veramente a cuore la salvaguardia dell’autonomia e della indipendenza della magistratura. Una magistratura controllabile è tranquillizzante, ma chi non ha la lungimiranza di capire che è giunto il momento delle giuste riforme deve sapere che una magistratura controllata ha anche un forte potere di ricatto.

La sua vicenda sembra suggerire che fare il magistrato sia come agire un po’ in un campo minato. Possibile che chi tocca alcune inchieste venga isolato e messo da parte anche dai suoi stessi colleghi?
Oggi chi tocca alcuni fili muore. Fa parte della degenerazione del sistema di cui ho parlato. Un simile sistema può trasformarsi in una maionese impazzita e non è affatto detto che a “morire” siano sempre gli stessi. Occorre fermare questa deriva ancorata solo a forme di esercizio del potere, la giustizia deve tornare a essere sempre e in tutte le sue forme un servizio a tutela del cittadino, libero da qualsiasi tipo di condizionamento. La vera democrazia di un Paese nasce da questo fondamentale presupposto.

Da Berlusconi all’Ilva, si sprecano i casi di scontro più o meno aperto tra politica e giustizia. Come si può sanare questa “guerra”?
Il conflitto tra politica e giustizia si può risolvere solo intraprendendo il cammino, difficile ma necessario, che ho descritto prima. Un cammino che può essere intrapreso però solo da chi ha le mani libere per decidere: per cambiare abbiamo bisogno di una classe dirigente non ricattabile né ricattatoria.

Che cosa ne pensa dei referendum sulla giustizia?
Ho firmato i referendum, ciò non significa che approvi tutto quello che viene proposto. Ho sempre sostenuto, per esempio, che il miglior pm è quello che ha fatto il giudice, ma di fronte all’immobilismo stagnante che ha consentito questa deriva patologica è necessario uno choc, una scossa che provenga dalla base. Non abbiamo più tempo da perdere: per il nostro bene di cittadini occorre rimuovere l’immobilismo della politica con proposte forti. Del resto, con le necessarie garanzie a salvaguardia dell’esercizio imparziale delle funzioni requirenti, siamo pronti anche alla separazione delle carriere. Ricostruire in termini di autonomia e indipendenza reciproca il rapporto tra pubblici ministeri e giudici non può che fare bene alla giustizia intesa come servizio.

Da pugliese pensa che sull’Ilva politica e magistratura abbiano la coscienza pulita?
Il caso dell’Ilva è emblematico del ruolo di supplenza assunto dalla giustizia rispetto al silenzio e all’inerzia delle istituzioni deputate a decidere e a controllare che ci sia la giusta coniugazione tra interesse pubblico e privato. Quando si giunge a questo punto è già troppo tardi: qualsiasi azione si intraprenda non sarà mai possibile che nel conflitto tra diritti, in questo caso tra lavoro e salute, ci sia un contemperamento che garantisca il giusto equilibrio. Ci sarà sempre un diritto soccombente. Nella vicenda Ilva si è arrivati al punto di non ritorno e le responsabilità sono diffuse, ma le maggiori responsabilità sono quelle politiche perché la magistratura una volta imboccata la strada ha un percorso obbligato.

Da Ingroia a De Magistris ci sono stati alcuni casi “sfortunati” di pm in politica. Pensa che questo passaggio di ruolo sia legittimo?
Candidarsi è un diritto, ci sono motivazioni complesse che portano un magistrato a farlo, solo che spesso rimangono confinate all’interno della propria coscienza. Nella gamma dei magistrati candidati in politica a mio avviso ci sono motivazioni nobili e meno nobili, dai crediti acquisiti che vengono saldati dagli apparati di potere alla mera ambizione personale. Ma la motivazione può essere più profonda, può derivare dalla presa di consapevolezza dei limiti del sistema giudiziario, della sua patologia. Tale presa di coscienza nasce spesso da un’esperienza personale che mette in crisi il proprio sistema valoriale e innesca un processo di allontanamento. E’ come un grande amore tradito, quello che fa più male, ma anche quello che per autodifesa vuoi rimuovere dal cuore. In questo caso scegliere di candidarsi unisce la voglia di cambiare il nostro sistema paese alla necessità di continuare a credere in quegli stessi ideali che ti hanno fatto amare la toga e alla consapevolezza che per affermarli occorre andare all’esterno. Giustizia ed equità passano dal cambiamento delle regole e le regole le cambia la politica. In fondo in questi casi ti candidi perché credi ancora in qualche cosa e pensi di poterla realizzare, perché non ti vuoi rassegnare alla logica che il mondo deve andare per forza così. Tuttavia, credo he se è un diritto candidarsi e poterlo fare senza perdere un posto di lavoro, è anche un dovere del magistrato e un diritto dei cittadini avere la garanzia sostanziale e formale di una magistratura terza e imparziale. Occorrerebbe quindi regolamentare la materia facendo sì che un magistrato che affronti un impegno politico possa tornare a svolgere le sue funzioni in altri settori della pubblica amministrazione, in ruoli diversi da quelli giurisdizionali. Ci sono tanti posti riservati ai magistrati nella pubblica amministrazione… non sarebbe difficile farlo.

Gira la voce che lei si candiderà a sindaco di Bari. È una voce che corrisponde a realtà?
Ho lavorato 15 anni al servizio della mia città producendo risultati importanti e tangibili. Risultati che sono e saranno alla base della prosecuzione di questo lavoro da parte dei colleghi che dopo di me prenderanno in mano la situazione del controllo di legalità e della repressione del fenomeno criminale mafioso nella città di Bari. Quando hai svolto con tale intensità il tuo ruolo è difficile non pensare in termini di appartenenza alla tua comunità, è difficile rinunciare a occuparsi delle persone che hai cercato di proteggere, di difendere rendendo giustizia. È come una relazione d’amore, in questo caso per di più interrotta per mano di altri. Ecco, non smetterò mai di amare la mia comunità e di nutrire lo stesso sentimento di protezione, di ricerca della giustizia e dell’equità, della costruzione di un tessuto sociale fondato su valori positivi di comunione e solidarietà. Quando ti misuri con un sentimento e non con le parole tutto il resto viene da sé. Per la mia città io ci sarò sempre con la stessa determinazione di fare qualcosa di buono per il bene di tutti. Il resto chissà, io credo nel destino delle cose che accadono…
[/color]


Cita:
*
Desirèe Digeronimo, 48 anni, è stata a lungo sostituto procuratore della Dda di Bari, la sua città. Numerose le sue inchieste sulla camorra barese, alla quale ha inferto duri colpi. Indagando sui rapporti tra politica locale e criminalità organizzata scoperchia il sistema ruotante intorno all’assessore regionale della Puglia alla Sanità, l’ex senatore Pd Alberto Tedesco. Digeronimo e il collega Francesco Bretone, informati dei rapporti di amicizia dei rapporti di amicizia tra la sorella di Nichi Vendola e il gup Susanna De Felice, si rivolgono agli organi competenti ma la loro lettera spedita in via riservata ai capi degli uffici della Procura di Bari e della Procura generale presso la Corte d’appello finisce sui giornali. De Felice ha poi prosciolto Vendola (a pochi giorni dalle elezioni dello scorso febbraio Panorama ha pubblicato la foto dove i due pranzavano insieme ad altre persone). Il Csm ha aperto un procedimento (per fatto incolpevole) per valutare il trasferimento di Digeronimo per incompatibilità ambientale. Procedimento poi chiuso dopo che il 26 luglio 2013 il Csm ha deliberato il trasferimento a Roma, come da Digeronimo richiesto.




_________________
[^]The best quote ever (2013 Nonsense Award Winner):
«Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Way hay and up she rises, Early in the morning!»
© Anonymous/The Irish Rovers
http://tuttiicriminidegliimmigrati.com/
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 14885
Iscritto il: 26/12/2009, 12:30
Località: ravenna
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 25/09/2013, 16:44 
Ue apre infrazione contro l'Italia
su responsabilità civile dei giudici
Per non aver rispettato la sentenza della Corte di giustizia del 2011 sui limiti alla responsabilità dei giudici nell'applicazione del diritto europeo

Bruxelles, 25 settembre 2013 - La Commissione Ue ha deciso oggi di aprire una procedura d’infrazione contro l’Italia per i limiti posti alla responsabilità civile dei giudici nell’applicazione del diritto europeo. L’iniziativa nasce dal mancato rispetto della condanna decretata per lo stesso motivo dalla Corte di giustizia Ue nel novembre 2011.

http://qn.quotidiano.net/economia/2013/ ... dici.shtml


Top
 Profilo  
 
Visualizza ultimi messaggi:  Ordina per  
Apri un nuovo argomento Rispondi all’argomento  [ 229 messaggi ]  Vai alla pagina Precedente  1 ... 12, 13, 14, 15, 16  Prossimo

Time zone: Europe/Rome [ ora legale ]


Non puoi aprire nuovi argomenti
Non puoi rispondere negli argomenti
Non puoi modificare i tuoi messaggi
Non puoi cancellare i tuoi messaggi
Non puoi inviare allegati

Cerca per:
Vai a:  
cron
Oggi è 07/06/2025, 20:32
© 2015 UfoPlanet di Ufoforum.it, © RMcGirr83.org