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Veniamo al cuore del problema: i grandi imprenditori preferiscono o investire i capitali in titoli del mercato finanziario o in impianti delocalizzati nei paesi in cui la forza lavoro costa meno. Le piccole e medie imprese sono strangolate dalla tenaglia fra costo del denaro bancario e pressione fiscale.
I giovani, che pure vorrebbero dar vita a qualche impresa, non ricevono né sostegno pubblico né credito bancario a condizioni decenti. Infine, il taglio della spesa pubblica (per quanto ragionevolmente necessario) implica anche una riduzione della committenza pubblica sul mercato. Magari non direttamente proporzionale ai tagli operati, ma comunque una riduzione ci sarà.
Morale: in queste condizioni andiamo in fallimento senza nessun dubbio. E’ ovvio che la base occupazionale si contrarrà ulteriormente, quindi diminuirà ancora il monte salari da spendere, quindi caleranno i consumi, il che metterà fuori mercato un altro pezzo di imprese, dunque l’occupazione si ridurrà ancora e così via, in un giro a spirale verso il fallimento. Anche dello stato, intendiamoci, perché se la tendenza è questa inevitabilmente caleranno le entrate dello Stato il che renderà sempre meno credibile la restituzione del capitale assorbito dai titoli pubblici e, quindi, crescerà la pressione degli interessi e cosi via. Ovviamente sono possibili accorgimenti, deviazioni, rettifiche, modi per prendere tempo ma la tendenza di fondo resta questa.
Allora che si fa? Lasciamo da parte, per ora, il problema della riduzione della pressione fiscale e concentriamoci sul come finanziare il rilancio occupazionale. Valutiamo l’idea dell’auto imprenditorialità (o impresa autogestita). Si tratta di questo: immaginiamo il caso in cui un imprenditore decida di chiudere un’azienda o un suo reparto (magari per impegnare il capitale ricavato in una speculazione finanziaria o per delocalizzare la produzione in un paese asiatico), ma i lavoratori ritengono che ci siano i margini di mercato per resistere.
In questo caso, si potrebbe, per legge, riconoscere ai lavoratori una sorta di golden share nell’acquisto dell’azienda e subentrare nella proprietà. Si porrebbe il problema di come finanziare l’acquisto e le strade potrebbero essere due (eventualmente in combinazione fra loro): o utilizzare un fondo di resistenza alimentato dagli accantonamenti Tfr o organizzata ad hoc dai sindacati (che si spera ricomincino a fare qualcosa), oppure con l’ingresso dello Stato come socio temporaneo, che acquista un pacchetto di azioni poi gradualmente ricomperato dal collettivo dei lavoratori nel tempo.
E lo Stato dove trova il denaro? Se ci fosse ancora la moneta nazionale non ci sarebbero problemi: emettendo moneta (ecco una buona ragione per pensare ad uscire dall’Euro, pur se con la dovuta gradualità), ma nella situazione in cui siamo potremmo tentare altre due strade. La prima, preferibile, è quella di utilizzare allo scopo la Cassa depositi e Prestiti (i conti postali, per intenderci) che nel frattempo andrebbe sottratta alla voracità delle banche cui la vorrebbero consegnare. L’altra strada è quella di usare i beni demaniali ed azionari destinati alle privatizzazioni non per fare questa solenne sciocchezza, ma come garanzia alla base di specifici titoli da emettere per sostenere l’auto impresa.
Ovviamente, occorrerebbe evitare pasticci clientelari per cui si vanno a finanziare cose che non hanno prospettive economiche serie e destinate a chiudere dopo aver sperperato un altro po’ di denaro pubblico. Dunque è bene studiare le opportune garanzie di controllo sula fattibilità economica dei progetti.
Ovviamente, lo stesso metodo potrebbe essere applicato anche all’imprenditoria giovanile ed, anzi, questo appare particolarmente indicato per una generazione che non sembra amare molto il lavoro dipendente. Il punto è questo: la grande proprietà non ha bandiera nazionale e tende a non mettere radici, mentre la piccola impresa ed, ovviamente, quella posseduta da quanti ci lavorano, al contrario tende a radicarsi sul territorio. Anche per questo il graduale passaggio di parti significative di manifattura nelle mani dei lavoratori è una premessa necessaria di una ripresa occupazionale, soprattutto nel settore manifatturiero.
http://www.aldogiannuli.it/2013/01/come ... torialita/
25/08/2013, 21:43
25/08/2013, 23:06
Pazzesco.....tutti i paesi d'Europa adottano questo sistema....solo noi no....e la Grecia che per puro caso è in bancarotta....non sarebbe certo la soluzione alla crisi ma almeno permetterebbe a quei disperati che ogni giorno si suicidano di vedere un barlume di speranza....ricordiamoci che la vita umana e il preservarla è alla base della nostra società....al debito pubblico pensiamo dopo...se questo può salvare anche solo una persona dall'orlo del baratro. Perché sono meglio 1000 persone con 450 euro al mese che 500 persone con 1500 euro e una persona che si suicida dalla disperazione....SEMPRE E COMUNQUEAtlanticus81 ha scritto:
Un approfondimento sul Reddito di Cittadinanza, un elemento che io introdurrei in un ipotetico documento programmatico di Rinascita Sociale Globale.
Segue un elenco di paesi dove è in vigore una forma di reddito di cittadinanza.
Belgio
In Belgio è chiamato minimax, è un diritto individuale, garantisce un reddito minimo di circa 650 euro a chi non dispone di risorse sufficienti per vivere. Ne può usufruire chiunque, anche chi ha appena smesso di ricevere il sussidio di disoccupazione.
Lussemburgo
In Lussemburgo, il revenue minimum guaranti, è definito legge universale, un riconoscimento individuale "fino al raggiungimento di una migliore condizione personale". L'importo è di 1.100 euro mensili.
Austria
In Austria c'è la sozialhilfe, un minimo garantito che viene aggiunto al sostegno per il cibo, il riscaldamento, l'elettricità e l'affitto per la casa.
Norvegia
In Norvegia c'è lo Stønad til livsopphold, letteralmente "reddito di esistenza", erogato a titolo individuale senza condizione di età, con un importo mensile di oltre 500 euro e la copertura delle spese d'alloggio ed elettricità.
Olanda
In Olanda si chiama Beinstand, è un diritto individuale e si accompagna al sostegno all'affitto, ai trasporti per gli studenti, all'accesso alla cultura. Sempre in Olanda c'è il Wik, un reddito di 500 euro destinato agli artisti per "permettergli di avere tempo di fare arte".
Germania
In Germania esiste l'Arbeitslosengeld II, rilasciato a tutti coloro, di età compresa tra i 16 e i 65 anni, che non hanno un lavoro o appartegono a fasce di basso reddito. Si tratta di una rendita mensile di 345€, che di per sé non è elevata, ma si integra alle coperture dei costi di affitto e riscaldamento. Questa rendita inoltre è illimitata nel tempo e viene garantita non solo ai cittadini tedeschi, ma anche agli stranieri con regolare permesso di soggiorno!
Inghilterra
In Gran Bretagna, paese precursore per quel che riguarda il sostegno al reddito, sono garantiti diversi interventi che permettono ai meno abbienti di poter avere un tenore di vita discreto. L'Income Based Jobseeker's Allowance è una rendita individuale illimitata nel tempo,
che varia dai 300 ai 500€, rilasciata sempre a titolo individuale a partire dai 18 anni di età a tutti coloro i cui risparmi non raggiungono i 12775€.
Francia
Il Revenu Minimum d'Insertion o Rmi è stato adottato dal 1988 (ma si pensi che non è tra i primi, Gran Bretgna e Germania ci avevano già pensato negli anni '70), si ottiene dai 25 anni in su e consiste in un'integrazione al redditto di circa 425€ se si è single, 638,10€ se si è in coppia (e si sottolinei coppia, intesa in maniera laica), 765,72€ se la coppia ha un figlio, 893,34€ se ne ha due, più 170€ per ogni altro
figlio.
Già nel 1992 l'Unione Europea aveva invitato gli stati membri ad adeguarsi a chi aveva già introdotto il reddito di base tra le proprie politiche di welfare e la raccomandazione 92/411 di fatto impegnava gli stati ad adottare misure di garanzia di reddito. A questi inviti aderirono Portogallo e Spagna, che con Zapatero formulò una sua proprosta di reddito minimo, mentre restano totalmente inadempienti soltanto Grecia ed Italia!
Il tema del reddito garantito, minimo, di base, di cittadinanza è una delle centralità del dibattito internazionale. Non ultimo, il presidente boliviano Evo Morales, lo pone come una delle riforme cardine, tanto che stà istituendo una legge che garantisce un minimo vitale a tutte le persone sopra i 60 anni.
Consiglio anche la lettura di questi articoli
- “Il reddito minimo garantito. Tutto quello che non si è detto” di G. Perazzoli
- “Dal welfare all'alternativa possibile” di S. Gobetti consultabili sul sito http://www.bin-italia.org
- “Reddito universale e nuovo welfare tra Italia ed Europa” di M. Algeri consultabile sul sito http://www.womenews.net
Detto questo, come definireste voi il miglior modello di "Reddito di Cittadinanza" in un paese come l'Italia?
28/08/2013, 17:43
Traverso ha scritto:
ricordiamoci che la vita umana e il preservarla è alla base della nostra società....al debito pubblico pensiamo dopo...
28/08/2013, 17:51
Atlanticus81 ha scritto:Traverso ha scritto:
ricordiamoci che la vita umana e il preservarla è alla base della nostra società....al debito pubblico pensiamo dopo...
Se vogliamo una "Rinascita Sociale" dobbiamo prima di tutto dire BASTA a questo stato di cose.
08/09/2013, 19:19
08/09/2013, 21:54