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Stellare
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MessaggioInviato: 15/10/2013, 15:12 
Speriamo mai.



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MessaggioInviato: 15/10/2013, 16:15 
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AgenteSegreto000 ha scritto:

Ufologo ma che sei stipendiato da berlusca che lo difendi sempre e comunque? sembra che hai una fede verso berlusca come se fosse gesù cristo...
Ci sono alcuni berlusconiani che pensano che sia Dio in terra... ma fatemi il piacere di guardare la realtà...



Ed io ... "cito" te! [:D]
vedi, siccome è sempre attaccato da tutti ... almeno uno ... [;)]
Poi non condivido l'odio verso quest'uomo, tanto meno il modo ossessivo di tacchinarlo fino al processo farsa!
Ti sembra poco?
(Ah, a proposito, io, di Dio, ne ho Uno solo!) [:D]



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MessaggioInviato: 15/10/2013, 16:34 
Intanto ... [;)]


"STUOINO DEL PD"
Il Fazio strapagato massacrato da Grillo
"Ci vediamo a Sanremo"

Ha vinto Brunetta: maxi stipendio, esposto contro il conduttore alla Corte dei Conti



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http://www.liberoquotidiano.it/index.jsp

Il "bello", è che 'sto tizio, a parte quello reso pubblico, haun contratto praticamente SEGRETO con la RAI! [:142]

(Ecco perché anche R. Zero cantava .."viva la Rai ...!") [:o)]
Lasciando perdere poi ... Beningi ... [:o)]



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MessaggioInviato: 15/10/2013, 16:42 
Bè ufò io ho sempre pensato da anni e anni che i conduttori di Talk Show in rai sono solo "conduttori del PD" superstipendiati [8D] chi mi conosce personalmente lo sa...

Ha fatto bene Grillo a ricordare questo "problemino della Rai" nel suo Blog e nell'intervista a Ballarò (mai andata in onda per intero) eh eh i nodi vengono al pettine alla rai?


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MessaggioInviato: 15/10/2013, 16:43 
Speriamo ...[;)]



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MessaggioInviato: 15/10/2013, 17:35 
http://tv.ilfattoquotidiano.it/2013/10/ ... re/249167/


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MessaggioInviato: 15/10/2013, 19:18 
Sì; l'ho sentita ieri in diretta ... Poverina!
Se comandassi io ...
Tutti i pensionati dovrebbero avere la stessa pensione, una volta fuori dal lavoro; quello che hai fatto, hai fatto! Ora sei come tutti gli altri vecchi!Pensione dignitosa: 2 mila euro al mese e zitti! [^]



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MessaggioInviato: 16/10/2013, 14:43 
Cita:
Ufologo 555 ha scritto:

Sì; l'ho sentita ieri in diretta ... Poverina!
Se comandassi io ...
Tutti i pensionati dovrebbero avere la stessa pensione, una volta fuori dal lavoro; quello che hai fatto, hai fatto! Ora sei come tutti gli altri vecchi!Pensione dignitosa: 2 mila euro al mese e zitti! [^]
[:264]


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MessaggioInviato: 18/10/2013, 16:43 
Analisi CGIA: "Sarebbe una vera e propria beffa se fossimo costretti a rimpiangere l'Imu".

ROMA (WSI) - Se le indiscrezioni apparse in questi giorni troveranno conferma nel testo ufficiale della Legge di Stabilità, la Tasi (la nuova tassa sugli immobili) colpirà le abitazioni principali più modeste. Lo sostiene l`Ufficio studi della CGIA, che ha preso in esame alcune tipologie abitative come le A2 (civili), le A3 (tipo economico) e le A4 (tipo popolare).

Più precisamente, la Tasi sulle abitazioni popolari sarà più cara rispetto all'Imu sulla prima casa pagata nel 2012; più in generale, la nuova tassa rischia di penalizzare i proprietari che maggiormente beneficiavano dell'abbattimento dell'IMU grazie alla detrazione base (200 euro) e quella ulteriore di 50 euro per ogni figlio residente.

"In attesa di poter consultare il testo ufficiale della legge di Stabilità - dichiara il segretario Giuseppe Bortolussi - dall'analisi delle bozze pare di capire che la Tasi gravante sulle abitazioni più modeste potrebbe essere più onerosa dell'Imu. Se questa situazione dovesse trovare conferma dalla versione ufficiale del provvedimento, chiediamo alla politica di intervenire per correggere il tiro. Sarebbe una vera e propria beffa se fossimo costretti a rimpiangere l'Imu".

Le abitazioni di minor pregio sono le più diffuse: le categorie catastali A3 (tipo economico) e A4 (tipo popolare), ad esempio, costituiscono il 53% del totale del patrimonio abitativo nazionale che conta circa 33 milioni di immobili.

Da un punto di vista metodologico, la CGIA sottolinea che per il calcolo dell'IMU è stata utilizzata l'aliquota del 4,44 per mille che corrisponde a quella media nazionale applicata nel 2012.

Inoltre, ai fini del calcolo dell'IMU, sono state considerate varie ipotesi a seconda della presenza di figli conviventi, in quanto la vecchia normativa sulle prime case riconosceva, come abbiamo sottolineato in precedenza, un'ulteriore detrazione (oltre a quella base di 200 euro) di 50 euro per ogni figlio residente.

Per il calcolo della TASI, invece, sono state fatte quattro ipotesi (aliquota all'1, all'1,5, al 2 e al 2,5 per mille), alla luce del fatto che le Amministrazioni comunali (sulla base delle anticipazioni pubblicate sul sito internet del Governo) avrebbero la facoltà di poter elevare l'aliquota sulla rendita catastale sino ad un valore massimo del 2,5 per mille.

Dai calcoli fatti dalla Cgia di Mestre, emerge che per una abitazione di tipo popolare, la Tasi dovrebbe essere in ogni caso più onerosa della vecchia Imu. Come mai? Per il semplice motivo che la detrazione base di 200 euro era sempre superiore all'importo dell'Imu potenzialmente dovuta. Secondo un stima della CGIA le abitazioni A4 sono circa il 17% del totale.

Anche per le prime case di tipo economico (A3), la Tasi dovrebbe avere un impatto economico quasi sempre superiore rispetto all'Imu 2012. Solo nei casi in cui il Comune applicasse un'aliquota Tasi inferiore all'1,5 per mille e i proprietari non abbiano dei figli, la nuova imposta sarebbe vantaggiosa: diversamente, in tutti le altre situazioni, la nuova Tasi sarà più cara dell'IMU 2012. La CGIA ricorda che questa categoria catastale annovera oltre il 36% delle unità abitative totali.

Nel terzo caso, per le abitazioni di tipo civile A2, di maggior pregio rispetto alle due tipologie precedentemente considerate, la Tasi dovrebbe essere più conveniente dell`Imu nei casi in cui non vi siano figli. Diversamente, il vantaggio rispetto alla vecchia imposta municipale si riduce progressivamente all`aumentare delle aliquote Tasi e al crescere del numero di figli. Sul totale delle abitazioni questa categoria incide per il 35% circa. (TMNEWS)

http://www.wallstreetitalia.com/article ... i-imu.aspx

come di consueto le chiacchere del governo dicono una cosa,ma i fatti e' che a pagare saranno sempre i soliti..................[:(!]


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MessaggioInviato: 19/10/2013, 11:25 
Con l’Italia, l’Europa è matrigna. Tutte le fregature che ci sta rifilando (oltre a Lampedusa)



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Contraffazione, tracciabilità dei prodotti agricoli, la battaglia su aranciate, limonate e latte. Indovinate invece qual è il paese che riesce a bocciare i regolamenti europei rimangiandosi la parola? Esatto


Per il grosso dell’opinione pubblica italiana l’indifferenza dei paesi dell’Unione Europea nei riguardi delle ondate di profughi sulle coste di Lampedusa e della Sicilia è stata un’amara sorpresa. Quanti sapevano che il regolamento di Dublino, ritoccato a giugno, prevede di fatto che sia esclusivamente il paese di approdo a farsi carico della registrazione e dell’accoglienza dei richiedenti asilo? Sembra fatto apposta per scaricare sui paesi mediterranei l’onere di un fenomeno che dovrebbe riguardare tutta l’Europa: gran parte dei richiedenti asilo ha parenti e familiari in paesi diversi da quelli di approdo, e lì cercherà comunque di arrivare; per loro l’Italia è solo un punto di transito.

Invece molte categorie economiche di italiani sono consapevoli, allo stesso modo di quella categoria geografica che sono i lampedusani, che l’Europa sa essere matrigna col Belpaese quando ci sono di mezzo gli interessi di paesi più forti e/o più ricchi. La solidarietà europea è un bello slogan che raramente coincide con la realtà. Non si tratta solo del fatto che quando l’Italia sfora il tetto del 3 per cento nel rapporto deficit/Pil parte la procedura d’infrazione, mentre quando lo sforano la Germania o la Francia o la Spagna sotto assistenza europea per salvare le sue banche (e quindi quelle tedesche e francesi che ci hanno investito) si decidono deroghe e la procedura non parte.
Ci dicono: con l’Italia tocca essere più severi a causa dell’alto debito pubblico in rapporto al Pil, che fa temere il default e quindi mette in pericolo la stabilità dell’euro. Ma poi tutte le decisioni di buon senso che permetterebbero all’Italia di valorizzare i suoi vantaggi comparativi in vari settori economici – e quindi, tra l’altro, ridurre i suoi debiti – vengono bocciate o congelate perché non sono nell’interesse di altri paesi europei, quasi sempre del Nord.

Lampedusa, nuovi sbarchi di immigratiL’ultimo, poco noto esempio riguarda la lotta contro la contraffazione. Si tratta di un fenomeno di portata mondiale che concerne settori di merci che vanno dall’abbigliamento ai prodotti farmaceutici, dall’alimentare all’arredamento, dall’oreficeria ai giocattoli, eccetera. Da sempre l’Italia, paese ad economia agricola di alta qualità e manifatturiera di pregio, si batte per la tracciabilità di tutti questi prodotti, cioè per le indicazioni di origine e provenienza. Da sempre si trova contro i paesi del Nord Europa, Germania in testa, che in nome della libera concorrenza e della parità di accesso al mercato bloccano o ritardano tutte le direttive europee che, tutelando la qualità dei prodotti e quindi dei consumatori, favorirebbero le merci italiane. L’ultimo caso riguarda la proposta di Regolamento per la sicurezza dei prodotti destinati ai consumatori formulato dalla Commissione europea e già approvato dalla commissione Commercio internazionale del Parlamento europeo. All’articolo 7 il regolamento istituisce la denominazione d’origine geografica per tutti i manufatti di provenienza extracomunitaria destinati ai consumatori.

Il 5 settembre i direttori generali dei ministeri del Commercio, dell’Agricoltura e di altre materie affini di 12 paesi dell’Unione hanno scritto una lettera alla presidenza lituana di turno per far conoscere la loro contrarietà alla nuova normativa, che sarebbe «una misura sproporzionata che non offre nessun valore aggiunto alla sicurezza dei prodotti». I paesi in questione sono Austria, Belgio, Danimarca, Estonia, Germania, Irlanda, Lettonia, Olanda, Regno Unito, Repubblica Ceca, Slovacchia e Svezia. E la disposizione in questione è talmente inutile e stravagante che è adottata, in tutto o in gran parte, dai principali competitori dell’Europa: Stati Uniti, Canada, Messico e Cina. Vale a dire che questi paesi permettono alle merci europee di entrare sul loro territorio solo se debitamente etichettate con la denominazione di origine, mentre i loro prodotti accedono liberamente ai nostri mercati senza nessuna indicazione. La lettera fa temere che il Consiglio europeo boccerà il regolamento, come già in passato.

europa-bandieraConflitti di interessi
L’introduzione della denominazione di origine, infatti, non è una battaglia cominciata ieri. Spiega Cristiana Muscardini, europarlamentare del gruppo dei Conservatori e Riformisti europei e vicepresidente della commissione per il Commercio internazionale del Parlamento europeo: «All’inizio dell’attuale legislatura, nel 2009, la Commissione europea ha presentato un regolamento per la denominazione di origine; di esso io sono stata relatore nella commissione Commercio internazionale del Parlamento. Il regolamento è stato votato e approvato in seduta plenaria dal Parlamento nell’ottobre 2010, dopodiché il Consiglio avrebbe dovuto iniziare la discussione per trovare un accordo. Invece il Consiglio, per l’opposizione della Germania e dei paesi del Nord, non ha mai voluto dare seguito al voto, e alla fine la Commissione ha ritirato il testo. A questo punto il commissario all’Industria Antonio Tajani ha presentato un nuovo regolamento per la sicurezza dei prodotti. In questo regolamento all’articolo 7 si riprende la denominazione di origine come marchio necessario per permettere ai consumatori di conoscere la provenienza di ciò che acquistano: è fondamentale per avere quel minimo di garanzia che deve esistere in un mercato libero tra imprese europee e imprese non europee. Questo articolo è stato affidato alla commissione Commercio internazionale e anche stavolta io sono stata il relatore. A settembre è stato approvato a larga maggioranza in commissione e adesso passerà alla commissione Commercio interno. Dopodiché si pone il problema: portarlo in aula subito e cercare l’accordo con il Consiglio oppure cercare un accordo prima e votarlo in aula prima della fine della legislatura? L’opposizione dei paesi del Nord c’è ancora, come si evince dalla lettera che hanno scritto alla presidenza di turno. Se i governi chiederanno lo stralcio dell’articolo 7, il regolamento per la sicurezza dei prodotti risulterà inficiato in uno dei suoi contenuti qualificanti».

La filosofia dei paesi del Nord non è difficile da comprendere: loro non producono scarpe, abbigliamento, mobili di qualità, eccetera. Li importano, magari contraffatti e a buon mercato, dai paesi asiatici, verso i quali esportano macchinari e prodotti ad alta tecnologia: perché mettere in crisi questo schema di scambi commerciali con la Cina con un regolamento che conviene a paesi manifatturieri come l’Italia? Che questa sia la filosofia dei nordici si può intuire anche da un altro dettaglio: lo sdoganamento di un container di merci extracomunitarie richiede, in un porto italiano come Genova, una settimana e anche più. Ma al porto di Anversa basta un’ora. Disorganizzazione italiana contro efficienza fiamminga? Solo in parte: in Italia Guardia di finanza e autorità portuali controllano accuratamente la natura delle merci, nei porti del Nord questa non è considerata una priorità.

Le dispute su olio e latte
Nel campo dei prodotti alimentari, invece, qualche successo l’Italia lo ha registrato, ma a prezzo di interminabili prove di forza. La vicenda dell’olio d’oliva è istruttiva. Oggi siamo arrivati al punto che la Commissione europea ha deciso di fare propri contenuti qualificanti della cosiddetta “legge salvaolio” in vigore in Italia dal 1° febbraio di quest’anno, che stabilisce che la denominazione d’origine dell’olio d’oliva sia scritta in caratteri più grandi di quelli attuali e sia collocata in una posizione maggiormente visibile sull’etichetta. Ma in passato, fra il 1998 e il 2008, per ben tre volte la Commissione ha aperto procedure di infrazione contro l’Italia che approvava leggi che prevedevano l’indicazione di origine obbligatoria sulle etichette dell’olio di oliva. L’Europa insisteva che doveva restare facoltativa.
I commissari per l’Agricoltura dell’epoca, prima l’austriaco Franz Fischler e poi la danese Mariann Fischer Boel, furono inflessibili. Il portavoce di quest’ultima nel 2008 spiegò: «In tutti i paesi europei esistono sistemi di etichettatura volontaria. Riteniamo illegale l’imposizione di un sistema obbligatorio». Da notare che i paesi danneggiati direttamente nei loro interessi commerciali dalla normativa italiana erano Grecia e Spagna (e Tunisia), ma la terzietà dei commissari nordici si nutriva dell’idea che il vantaggio del consumatore è quello di pagare il meno possibile, e non di poter valutare la qualità.

Altre battaglie in campo alimentare iniziate dall’Italia sono per ora coronate da sconfitte. Invano abbiamo cercato di innalzare il quantitativo minimo di frutta nelle bevande analcoliche come le aranciate e le limonate. Attualmente è fissato a livello europeo al 12 per cento del contenuto totale. L’Italia propone di portarlo al 20. Non sia mai: il mese scorso, per la seconda volta in due anni, Bruxelles ha fatto sapere che proprio non se ne parla. In nome della libera circolazione delle merci e del principio di non discriminazione si continuerà a fare l’aranciata senza arance. Pardon: con un 12 per cento di arance. Peccato, perché la nuova norma avrebbe permesso verosimilmente di aumentare la vendita di arance siciliane di 200 milioni di chili.

Stessa storia con il latte. Per due volte, nel 2009 e nel 2012, l’Italia ha cercato di ottenere l’introduzione dell’indicazione di origine sulle etichette del latte a lunga conservazione, Uht, pastorizzato microfiltrato e pastorizzato ad alta temperatura. Per due volte l’Europa ha risposto di no, l’ultima volta nel settembre scorso con provvedimento firmato dal commissario alla Salute Tonio Borg (maltese) sulla Gazzetta ufficiale. Pare che i consumatori siano abbastanza difesi anche senza indicazione di origine sull’etichetta.

E Berlino detta legge
C’è invece un paese che riesce a bloccare da solo i regolamenti europei, rimangiandosi quello che ha concordato e firmato insieme a tutti gli altri, quando si accorge che la cosa va contro i suoi interessi nazionali. Si chiama Germania. L’esempio più clamoroso e noto resta quello dell’Unione bancaria, che i tedeschi hanno finto di accettare nel Consiglio europeo del giugno 2012. Da quel momento hanno fatto di tutto per ritardarla e depotenziarla. Nel dicembre dell’anno scorso hanno ottenuto che il Meccanismo unico di sorveglianza dell’Unione bancaria non si sarebbe occupato delle banche mutualistiche e delle casse di risparmio. Poi nel maggio scorso, quando si attendeva che il Consiglio europeo previsto a giugno desse il via libera al Meccanismo unico di risoluzione che avrebbe affrontato collettivamente le crisi bancarie che si fossero presentate in un paese, il solito ministro delle Finanze Wolfgang Schaüble è intervenuto sul Financial Times (che quest’anno è diventato la gazzetta ufficiale delle decisioni tedesche sulle questioni economiche dell’Unione) per spiegare che la messa in funzione di un’istanza centrale dotata del potere di smantellare banche europee insolventi necessita di una riforma dei trattati europei.
Una robetta che prenderebbe 10-15 anni facilmente. I tedeschi insistono a giustificarsi dicendo che la loro preoccupazione è che non si vada, in una forma o in un’altra, verso una mutualizzazione dei debiti europei o dei fallimenti bancari europei. La verità è che non vogliono interferenze europee sulla Commerzbank in crisi, detenuta al 25 per cento dallo Stato federale, e sulle Landesbanken, strumento principale del clientelismo politico tedesco.

L’ultima ciliegina tedesca sulla torta europea è il blocco dell’approvazione della normativa che imporrebbe alle case produttrici di autoveicoli di costruire modelli che non emettono più di 95 grammi di Co2 al chilomentro a far data dal 2020. Parlamento e Consiglio europeo avevano trovato un accordo nel giugno scorso, ma dopo di allora i tedeschi si sono rimangiati gli impegni e per tre volte – l’ultima il 7 ottobre – hanno impedito che la normativa andasse al voto in parlamento. Le ragioni del ripensamento di Berlino sono presto dette: Daimler e Mercedes non sembrano essere in grado di adattare le loro cilindrate al limite fissato senza onerosi costi aggiuntivi. Il giorno che l’Italia riuscirà a bloccare una normativa ecologica europea per difendere gli interessi della Fiat potremo dire di essere tornati a giocare un ruolo da protagonisti a Bruxelles. Prima di allora, qualsiasi professione di europeismo meriterà il riso.



http://www.tempi.it/con-italia-europa-e ... mJO41O9Jlc



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MessaggioInviato: 19/10/2013, 14:16 
Ragazzi... qualcuno chiama le cose con il loro nome... [:D]

Squinzi, con status quo non si esce dalla crisi
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche ... 23673.html



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"…stanno uscendo allo scoperto ora, amano annunciare cosa stanno per fare, adorano la paura che esso può creare. E’ come la bassa modulazione nel ruggito di una tigre che paralizza la vittima prima del colpo. Inoltre, la paura nei cuori delle masse risuona come un dolce inno per il loro signore". (Capire la propaganda, R. Winfield)

"Onesto è colui che cambia il proprio pensiero per accordarlo alla verità. Disonesto è colui che cambia la verità per accordarla al proprio pensiero". Proverbio Arabo

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MessaggioInviato: 19/10/2013, 16:25 
Appunto: sic stantibus rebus .... [;)] [8D]



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MessaggioInviato: 19/10/2013, 16:48 
Mentre, con piena faccia di tolla .... [:o)]



DOPO LO SCANDALO TRANS LA RAI PREMIA MARRAZZO

Piero torna in tv a condurre



Immagine:
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Ecco il suo programma
L'ex governatore del Lazio pronto a tornare sul piccolo schermo: "Farò il mio lavoro. In Rai si guadagna bene"!

http://www.liberoquotidiano.it/index.jsp


[:o)] [:o)] [:o)] [:o)] [:o)] [:o)] [:o)] [:o)] [:o)]

Se nvece di andare a trans, "procurare" morti, e con l'auto blu, fosse andatto a donne (come il berlusca) ... mammmamia! Dibattiti a non finire, esilio! Puttaniere, rubasoldi ...
Com'è VARIA la vita! [:246]

Compagni, siete senza ritegno!
(Qualcuno ce ne sarà a leggere qui ... cosa dite?) [8D]



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Quando te vedo, me drogo e .... m'arrazzo! [:246]



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domenica 20 ottobre 2013

“Dell'Italia non rimarrà nulla” Parola degli economisti inglesi

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Nel giro di 10 anni del nostro Paese non rimarrà più nulla. O quasi. E' la conclusione catastrofica cui giunge nella sua analisi il professore Roberto Orsi della London School of Economics and Political Science (LSE). Che cosa ci sta portando alla dissoluzione e all'irrilevanza economica? Una classe politica miope che non sa fare altro che aumentare le tasse in nome della stabilità. Monti ha fatto così. E Letta sta seguendo l'esempio. Il tutto unito a una "terribile gestione finanziaria, infrastrutture inadeguate, corruzione onnipresente, burocrazia inefficiente, il sistema di giustizia più lento e inaffidabile d’Europa".

L'ANALISI DI ORSI

“Gli storici del futuro probabilmente guarderanno all’Italia come un caso perfetto di un Paese che è riuscito a passare da una condizione di nazione prospera e leader industriale in soli vent’anni in una condizione di desertificazione economica, di incapacità di gestione demografica, di rampate terzomondializzazione, di caduta verticale della produzione culturale e di un completo caos politico istituzionale. Lo scenario di un serio crollo delle finanze dello Stato italiano sta crescendo, con i ricavi dalla tassazione diretta diminuiti del 7% in luglio, un rapporto deficit/Pil maggiore del 3% e un debito pubblico ben al di sopra del 130%. Peggiorerà.

Il governo sa perfettamente che la situazione è insostenibile, ma per il momento è in grado soltanto di ricorrere ad un aumento estremamente miope dell’IVA (un incredibile 22%!), che deprime ulteriormente i consumi, e a vacui proclami circa la necessità di spostare il carico fiscale dal lavoro e dalle imprese alle rendite finanziarie. Le probabilità che questo accada sono essenzialmente trascurabili. Per tutta l’estate, i leader politici italiani e la stampa mainstream hanno martellato la popolazione con messaggi di una ripresa imminente. In effetti, non è impossibile per un’economia che ha perso circa l’8 % del suo PIL avere uno o più trimestri in territorio positivo. Chiamare un (forse)+0,3% di aumento annuo “ripresa” è una distorsione semantica, considerando il disastro economico degli ultimi cinque anni. Più corretto sarebbe parlare di una transizione da una grave recessione a una sorta di stagnazione.

Il 15% del settore manifatturiero in Italia, prima della crisi il più grande in Europa dopo la Germania, è stato distrutto e circa 32.000 aziende sono scomparse. Questo dato da solo dimostra l’immensa quantità di danni irreparabili che il Paese subisce. Questa situazione ha le sue radici nella cultura politica enormemente degradata dell’élite del Paese, che, negli ultimi decenni, ha negoziato e firmato numerosi accordi e trattati internazionali, senza mai considerare il reale interesse economico del Paese e senza alcuna pianificazione significativa del futuro della nazione. L’Italia non avrebbe potuto affrontare l’ultima ondata di globalizzazione in condizioni peggiori.

La leadership del Paese non ha mai riconosciuto che l’apertura indiscriminata di prodotti industriali a basso costo dell’Asia avrebbe distrutto industrie una volta leader in Italia negli stessi settori. Ha firmato i trattati sull’Euro promettendo ai partner europei riforme mai attuate, ma impegnandosi in politiche di austerità. Ha firmato il regolamento di Dublino sui confini dell’UE sapendo perfettamente che l’Italia non è neanche lontanamente in grado (come dimostra il continuo afflusso di immigrati clandestini a Lampedusa e gli inevitabili incidenti mortali) di pattugliare e proteggere i suoi confini. Di conseguenza , l’Italia si è rinchiusa in una rete di strutture giuridiche che rendono la scomparsa completa della nazione certa.

L’Italia ha attualmente il livello di tassazione sulle imprese più alto dell’UE e uno dei più alti al mondo. Questo insieme a un mix fatale di terribile gestione finanziaria, infrastrutture inadeguate, corruzione onnipresente, burocrazia inefficiente, il sistema di giustizia più lento e inaffidabile d’Europa, sta spingendo tutti gli imprenditori fuori dal Paese. Non solo verso destinazioni che offrono lavoratori a basso costo, come in Oriente o in Asia meridionale: un grande flusso di aziende italiane si riversa nella vicina Svizzera e in Austria dove, nonostante i costi relativamente elevati di lavoro, le aziende troveranno un vero e proprio Stato a collaborare con loro, anziché a sabotarli. A un recente evento organizzato dalla città svizzera di Chiasso per illustrare le opportunità di investimento nel Canton Ticino hanno partecipato ben 250 imprenditori italiani.

La scomparsa dell’Italia in quanto nazione industriale si riflette anche nel livello senza precedenti di fuga di cervelli con decine di migliaia di giovani ricercatori, scienziati, tecnici che emigrano in Germania, Francia, Gran Bretagna, Scandinavia, così come in Nord America e Asia orientale. Coloro che producono valore, insieme alla maggior parte delle persone istruite è in partenza, pensa di andar via, o vorrebbe emigrare. L’Italia è diventato un luogo di saccheggio demografico per gli altri Paesi più organizzati che hanno l’opportunità di attrarre facilmente lavoratori altamente, addestrati a spese dello Stato italiano, offrendo loro prospettive economiche ragionevoli che non potranno mai avere in Italia.

*BRPAGE*

L’Italia è entrata in un periodo di anomalia costituzionale. Perché i politici di partito hanno portato il Paese ad un quasi – collasso nel 2011, un evento che avrebbe avuto gravi conseguenze a livello globale. Il Paese è stato essenzialmente governato da tecnocrati provenienti dall’ufficio del Presidente Repubblica, i burocrati di diversi ministeri chiave e la Banca d’Italia. Il loro compito è quello di garantire la stabilità in Italia nei confronti dell’UE e dei mercati finanziari a qualsiasi costo. Questo è stato finora raggiunto emarginando sia i partiti politici sia il Parlamento a livelli senza precedenti, e con un interventismo onnipresente e costituzionalmente discutibile del Presidente della Repubblica, che ha esteso i suoi poteri ben oltre i confini dell’ordine repubblicano. L’interventismo del Presidente è particolarmente evidente nella creazione del governo Monti e del governo Letta, che sono entrambi espressione diretta del Quirinale.

L’illusione ormai diffusa, che molti italiani coltivano, è credere che il Presidente, la Banca d’Italia e la burocrazia sappiano come salvare il Paese. Saranno amaramente delusi. L’attuale leadership non ha la capacità, e forse neppure l’intenzione, di salvare il Paese dalla rovina. Sarebbe facile sostenere che Monti ha aggravato la già grave recessione. Letta sta seguendo esattamente lo stesso percorso: tutto deve essere sacrificato in nome della stabilità. I tecnocrati condividono le stesse origini culturali dei partiti politici e, in simbiosi con loro, sono riusciti ad elevarsi alle loro posizioni attuali: è quindi inutile pensare che otterranno risultati migliori, dal momento che non sono neppure in grado di avere una visione a lungo termine per il Paese. Sono in realtà i garanti della scomparsa dell’Italia.

In conclusione, la rapidità del declino è davvero mozzafiato. Continuando su questa strada, in meno di una generazione non rimarrà nulla dell’Italia nazione industriale moderna. Entro un altro decennio, o giù di lì, intere regioni, come la Sardegna o Liguria, saranno così demograficamente compromesse che non potranno mai più recuperare.

I fondatori dello Stato italiano 152 anni fa avevano combattuto, addirittura fino alla morte, per portare l’Italia a quella posizione centrale di potenza culturale ed economica all’interno del mondo occidentale, che il Paese aveva occupato solo nel tardo Medio Evo e nel Rinascimento. Quel progetto ora è fallito, insieme con l’idea di avere una qualche ambizione politica significativa e il messianico (inutile) intento universalista di salvare il mondo, anche a spese della propria comunità. A meno di un miracolo, possono volerci secoli per ricostruire l’Italia.”

http://m.libero.it

[align=right]Source: L'obbedienza e' la piu' subdol...arola degli economisti inglesi [/align]



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