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17/11/2013, 12:30

ubatuba ha scritto:

Ufologo 555 ha scritto:

(Veramente è sempre stato scettico ... Visto quello che combinò Prrrrrodi)


si ma come presidente della commissione europea,e'ricordatissimo x le sue grandi intuizioni,come le dimesioni dei cetrioli,pomodori,ed ortaggi vari,un vero luminare............................ [;)]


L' intelligenza è genetica, come gli OGM che ci sono nel suo cervello. [:D]

17/11/2013, 12:59

venerdì 15 novembre 2013

Allarme sanitario: la Sindrome di Stoccolma ha contagiato il Mondo intero!

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15 nov 2013 - Secondo recenti studi dell’ OMS (Organizzazione Militanti Sovversivi) una strana epidemia si sta diffondendo a macchia d’ olio in tutto il pianeta, e credo ti convenga leggere attentamente questo testo, perchè molto probabilmente SEI GIA’ STATO CONTAGIATO PURE TU! Per chi come me è del tutto ignorante in materia medica, la Sindrome di Stoccolma è una condizione psicologica nella quale una persona vittima di un sequestro può manifestare sentimenti positivi (talvolta giungendo all’innamoramento) nei confronti del proprio sequestratore."http://www.blogger.com/null"

E per quanto possa sembrare incredibile questa patologia è stata riscontrata in intere masse di individui che collettivamente manifestano simili sintomi. In tutto il Mondo infatti sono state messe in atto complesse pratiche sociali ed economiche tali da non consentire ad alcun individuo di poter guadagnare da vivere senza partecipare a processi di alienazione all’ interno di fabbriche nauseabonde o dentro uffici grandi come scatole dei fiammiferi, spesso in condizioni di sicurezza non idonee, causando più di una morte.

Quello che pare insomma come l’ unico mezzo di sostentamento è a tutti gli effetti una morte a piccole dosi, e nonostante l’ innaturelezza della situazione la maggior parte degli individui continua a considerare tutto ciò come lo stato normale delle cose, come se in realtà tutto ciò non fosse l’ effetto di un processo artificiale costruito in lunghi tempi, determinando quello che possiamo considerare il più grande sequestro di massa della Storia dell’ Uomo. Per di più, agli occhi dei giovani laureati o dei nuovi sequestrati il mondo lavorativo è quello che può offrire una vera emancipazione, è quello (e il solo) all’ interno del quale un Uomo può diventare un individuo di significato, accettando così come assodato quell’ assioma campeggiante l’ ingresso di uno dei luoghi peggiori del Mondo di sempre.

“Arbeit Macht Frei”.

Che il lavoro renda liberi ormai lo credono tutti, tanto che quando troviamo qualcuno disposto a rubarci i nostri giorni in cambio di pezzi di carta lo ringraziamo e lo veneriamo, mostrando così i sintomi veri e propri della Sindrome.

La situazione sta però ultimamente degenerando. In Europa per esempio pare che interi Paesi siano stati presi in ostaggio da emissari di un noto gruppo terroristico, la cosiddetta Banda Canaglie Erudite, meglio conosciuta come BCE. I terroristi hanno inizialmente derubato e saccheggiato i cittadini di ogni avere, sottraendogli ogni tipo di bene e servizio, dopodichè hanno inviato esponenti per compiere un vero e proprio sequestro di massa, durante il quale le vittime continueranno a subire maltrattamenti di vario tipo e a perdere ulteriormente i loro averi. Tuttavia, inspiegabilmente questo atto di inaudita violenza è stato acclamato dalla moltitudine come una vera e propria salvezza, tanto da arrivare all’ estremo sintomo della Sindrome considerando il loro sequestratore come un liberatore. Altri invece giustificano l’ accaduto definendolo un normale e legittimo sequestro tecnico. Insomma, un vero caso di demenza collettiva!


Per quanto riguarda la cura, medici autorevoli quali Noam Chomsky, Slavoj Zizek e David Graeber hanno messo in luce come molti miglioramenti possano avvenire tramite la terapia di gruppo. E’ stato riscontrato infatti che grazie all’ organizzazione di movimenti, eventi largamente partecipati e con l’ aiuto del confronto reciproco la moltitudine può riuscire a realizzare un percorso di emancipazione e di maturazione nel quale grazie ad una presa di coscienza maggiore risulta poi in grado di riconoscere la drammatica situazione di sequestro nella quale sta vivendo. Altri esperti suggeriscono l’ assunzione di medicinali, quali Senso Critico Spray o Informazione Libera in pillole; tuttavia tali prodotti non vengono distribuiti nelle normali farmacie, in quanto un uso massivo potrebbe spingere il paziente in atti di boicottaggio che danneggerebbero tutte le multinazionali, incluse quelle farmaceutiche. Utili farmaci di origine erboristica si possono comunque trovare occasionalmente nelle piazze delle città, all’ interno delle Università o in qualche centro sociale, dove appunto vengono fornite indicazioni utili per reagire insieme a questo disturbo psicollettivo.

E’ dunque necessario che ognuno inizi sin da oggi ad auto-diagnosticarsi tale disturbo, la cui cura può avvenire senza l’ intervento di alcun guru o psichiatra. Si avvisa però il gentile paziente che i metodi curativi qui descritti possono provocare inaspettati stati di consapevolezza, che di effetti collaterali ne ha tanti assai.

http://www.laleva.org/noi/liberarchia/2011/12/allarme-sanitario-la-sindrome-di-stoccolma-ha-contagiato-il-mondo-intero.html
http://sapereeundovere.it/allarme-sanitario-la-sindrome-di-stoccolma-ha-contagiato-il-mondo-intero/

[align=right]Source: Lucifer: Allarme sanitario: la...ha contagiato il Mondo intero! [/align]
Ultima modifica di Wolframio il 17/11/2013, 13:00, modificato 1 volta in totale.

17/11/2013, 13:58

Qusto articolo è stupendo.... ahahaah

18/11/2013, 12:13

L'EUROPA VERSO IL FASCISMO

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http://www.vocidallastrada.com/2013/11/ ... cismo.html

Le oligarchie finanziarie si baloccano con governi compiacenti o direttamente imposti da loro. Infatti la BCE ha ormai il potere di influenzare la composizione dei governi nazionali. Questi alchimisti dello spread evocano una nuova guerra santa contro i "populismi" rei di mettere in discussione un'architettura economica costruita sopra le teste dei cittadini, un atto profondamente anti democratico. La povertà e la disoccupazione dilagano ovunque in Europa insieme a un'emigrazione incontrollata dall'Africa e dall'Est dell'area Schenghen, a cui non aderisce la Gran Bretagna che sta studiando nuove limitazioni agli ingressi e sospesa in Danimarca, ennesimo fallimento della UE.

La Grecia è stata lasciata morire dai "fratelli" europei, sacrificata sull'altare delle banche tedesche e francesi che volevano indietro la loro "libbra di carne". Questa Europa non è basata sulla solidarietà, chi sbaglia paga e paga fino in fondo. Fino alla spoliazione dei beni dello Stato, con la distruzione del tessuto sociale, dei servizi di prima necessità, come la sanità. E' quello che sta avvenendo ai greci abbandonati alla loro sorte come degli appestati. L'Europa sta diventando un lazzaretto. Chi si ammala è lasciato alla sua sorte. Che razza di Europa è questa? Assomiglia a quelle riunioni di mafiosi in cui chi sgarra viene assassinato. Solidarietà doveva essere la prima parola, il primo mattone dell'edificio europeo. Non è stato così. Non è così. I garanti dello status quo ormai insopportabili, in Italia la coppia al comando è Napolitano - Letta, continuano imperturbabili nelle loro convinzioni ignorando il mondo che gli sta crollando intorno.

Indifferenti a un mostro che si sta svegliando e che sarà difficile, quasi impossibile, rinchiudere nelle gabbie del suo passato se diventerà più forte. Per questi finti democratici, tutori dei loro interessi personali, collegati con la finanza e non con il popolo che disprezzano sta suonando la campana a martello. Purtroppo, oltre che per loro, rischia di suonare per le democrazie.

Il fascismo sta avanzando grazie a questi sciagurati in tutta Europa. Un sondaggio di ieri dà Alba Dorata primo partito in Grecia con il 26%, in Francia il Front National di Marine Le Pen è dato come primo partito dalla sua nascita con il 24%, in Norvegia ha vinto il Partito conservatore insieme all'affermazione del Partito del progresso, nel quale militò Anders Breivik, responsabile dell'uccisione di 77 persone. In Ungheria il governo di estrema destra ha stilato una lista nera di personalità che avrebbero fornito ai media stranieri informazioni contro l'immagine dell'Ungheria. Viktor Orban, il primo ministro, ha cambiato la Costituzione minando l'indipendenza della Banca centrale, l'autonomia della magistratura e dell'autorità garante della privacy e ha come obiettivo la Grande Ungheria nazionalista. Quali sono le cause della nascita dei nuovi fascismi? Chi sono i veri responsabili? Chi ha tradito la democrazia?


Fonte: Beppe Grillo

18/11/2013, 12:48

Pritchard: se resta nell’euro, nel 2014 l’Italia collassa

Scritto il 12/11/13 • nella Categoria: idee

Enrico Letta aspetta che sia la Merkel a salvare l’Italia? Be’, buonanotte. Secondo Ambrose Evans-Pritchard, l’Italia sta scherzando col fuoco: avanti di questo passo, sotto la sferza dell’euro-rigore, il nostro paese rischia il collasso già nel 2014. Il problema? L’euro, ovviamente. E il regime di Bruxelles, che taglia lo Stato imponendo sacrifici con un unico orizzonte: la catastrofe. «Quello che serve in Europa oggi è uno shock economico sul modello dell’Abenomics», dice il columnist economico del “Telegraph”, indicando come modello il Giappone di Shinzo Abe. Sovranità monetaria e deficit positivo, per risollevare l’economia. «Italia, Spagna, Grecia e Portogallo, insieme alla Francia devono smettere di fare finta di non avere un interesse in comune da tutelare». Attenzione: «Questi paesi hanno i voti necessari per forzare un cambiamento». In Francia, sarà risolutiva Marine Le Pen: magari non conquisterà l’Eliseo, ma costringerà i grandi partiti a cambiare agenda, imponendo loro di fare finalmente i conti con Bruxelles, Berlino e la Bce.

Per l’Italia, il disastro è imminente: «Senza un cambio di strategia forte», si prevede lo tsunami già nel 2014. «Il paese ha un avanzo primario del 2,5% del Pil, e ciononostante il suo debito continua ad aumentare: il dramma dell’Italia non è morale, ma dipende dalla crisi deflattiva cui è costretta per la sua partecipazione alla zona euro», dice Pritchard nell’intervista concessa ad Alessandro Bianchi e ripresa da “Come Don Chisciotte”. «La politica è fatta di scelte e di coraggio. Fino ad oggi non si è agito per impedire che si dissolvesse il consenso politico dell’euro in Germania. Ma oggi c’è una minaccia più grande. E se Berlino non dovesse accettare le nuove politiche, può anche uscire dal sistema». Fuori dall’euro, dunque. «Il ritorno di Spagna, Italia e Francia ad una valuta debole è proprio quello di cui i paesi latini hanno bisogno. Del resto, la minaccia tedesca è un bluff e i paesi dell’Europa meridionale devono smascherarlo. L’ora del confronto è arrivata». E Letta? Non pervenuto. Pritchard l’ha incontrato a Londra. «Alla mia domanda sul perché non si facesse promotore di un cartello con gli altri paesi dell’Europa in difficoltà per forzare questo cambiamento, il premier italiano mi ha risposto che secondo lui sarà Angela Merkel a mutare atteggiamento nel prossimo mandato e venire incontro alle esigenze del sud».

Per l’analista inglese, «si tratta di un approccio assolutamente deludente», perché «come anche Hollande in Francia, Letta è un fervente credente del progetto di integrazione europea e non riesce ad accettare che l’attuale situazione sia un completo disastro». Chi agita la paura dell’uscita dall’euro dice che la svalutazione produrrebbe iper-inflazione, e questo metterebbe ko la nostra industria di fronte alla concorrenza della Cina. E’ vero esattamente il contrario, dice Pritchard: Pechino ha gioco facile col super-euro proprio perché mantiene lo yuan sottovalutato. La moneta europea è il nostro vero handicap: «L’euro è un’autentica maledizione per le esportazioni, che dipendono dai prezzi e dal tasso di cambio». Da quando vige la moneta della Bce, l’Europa ha perso rilevanti quote di mercato e l’export italiano è crollato. E a chi sostiene che un’uscita disordinata dall’euro produrrebbe iper-inflazione e impennate nei prezzi, Pritchard risponde che già ora i prezzi sono fuori controllo. Eppure, continuiamo a farci del male: in Italia il rapporto debito-Pil in soli due anni è schizzato dal 120 al 133%. E’ la trappola che sta portando il paese al collasso: «Il problema da combattere oggi è la deflazione, e non l’inflazione».

Dalla stessa trappola, ricorda il giornalista del “Telegraph”, la Gran Bretagna uscì due volte – negli anni ’30 del Gold Standard e poi durante la crisi dello Sme nel ’91-92 – con lo stesso strumento: rafforzamento della sovranità monetaria e svalutazione per stimolare la ripresa. Il fantasma-inflazione? Smentito dai fatti: lo stimolo monetario ha prodotto nuova economia, senza alcun “impazzimento” dei prezzi. Per cui, «se dovesse lasciare l’euro, l’Italia dovrebbe optare per un grande stimolo monetario da parte della Banca d’Italia, una svalutazione ed una politica fiscale sotto controllo: questa combinazione garantirebbe al paese una transizione tranquilla e nessuna crisi fuori controllo». Ritorsioni da Berlino? «Niente di più falso», replica Pritchard: «Nel caso di un deprezzamento fuori controllo della lira, ad esempio, il più grande sconfitto sarebbe Berlino: le banche e le assicurazioni tedesche che hanno enormi investimenti in Italia sarebbero a rischio fallimento». Inoltre, «le industrie tedesche non potrebbero più competere con quelle italiane sui mercati globali». Quindi, la Bundesbank correrebbe ad acquisire sui mercati valutari internazionali le lire, i franchi, pesos o dracme per impedirne un crollo.

«Si tratta di un punto molto importante da comprendere: nel caso in cui uno dei paesi meridionali dovesse decidere di lasciare il sistema in modo isolato, è nell’interesse dei paesi economici del nord Europa, in primis la Germania, impedire che la sua valuta sia fuori controllo e garantire una transizione lineare. Tutte le storie di terrore su eventuali disastri che leggiamo non hanno alcuna base economica». Lo sanno bene gli economisti di Parigi che ispirano la svolta sovranista di Marine Le Pen, che a partire dalle europee 2014 potrebbe dare la scossa necessaria all’inversione di rotta. «Il programma di Le Pen è chiaro: uscita immediata dall’euro – con il Tesoro francese che proporrà un accordo con i creditori tedeschi: se questi non l’accetteranno, la Francia tornerà lo stesso al franco e le perdite principali saranno per la Germania». Poi c’è la proposta di un referendum sull’Ue sul modello inglese proposto da Cameron. Prima reazione a Bruxelles: gli inglesi sarebbero “stupidi suicidi”. «Argomentazioni ridicole», afferma Pritchard: tutti sanno che, senza Londra (più l’Olanda e la Scandinavia), l’Ue sarebbe finita, e salterebbe anche l’equilibrio tra Francia e Germania. «La decisione inglese è un enorme avviso a Bruxelles: l’integrazione è andata troppo oltre il volere popolare e le popolazioni vogliono indietro alcuni poteri».

La Costituzione europea, continua Pritchard, è stata rigettata dai referendum in Francia e in Olanda. Trattati imposti contro la volontà popolare? «Questa fase in cui si procede senza consultare i cittadini è finita. Questo tipo di arroganza è finito». Problema fondamentale: la confisca della politica economica nazionale. A imporre le tasse e i tagli alla spesa non può essere un organismo non eletto democraticamente. «Non è un caso che la guerra civile inglese sia iniziata nel 1640 quando il re ha cercato di togliere questi poteri al Parlamento o che la rivoluzione americana sia scoppiata quando questo potere è stato tolto da Londra a stati come Virginia o il Massachusetts». Quello che sta facendo Bruxelles è «pericoloso e antidemocratico». L’alibi è la salvezza dell’euro? «E’ ridicolo. La federazione deve essere subordinata ai grandi ideali che plasmano una società e non alla salvezza di una moneta. I paesi devono tornare alla realtà sociale al più presto e non devono pensare a strumenti di ingegneria finanziaria per far funzionare qualcosa che non può funzionare».

Con buona pace degli eurocrati alla Enrico Letta, l’orizzonte decisivo è quello delle europee 2014, col previsto boom degli euroscettici. «Oggi il pericolo maggiore per i paesi dell’Europa meridionale si chiama crisi deflattiva», cioè: mancanza di liquidità, tagli alla spesa, asfissia dell’economia. La recessione «potrebbe presto trasformarsi in una depressione economica, in grado di rendere fuori controllo la traiettoria debito-Pil: è un potenziale disastro». In questo contesto, per il giornalista inglese, la politica si deve porre l’obiettivo del ritorno di una serie di poteri sovrani delegati a Bruxelles. Le elezioni del maggio prossimo? «Saranno un evento potenzialmente epocale: i partiti scettici dell’attuale architettura istituzionale potrebbero essere i primi in diversi paesi – l’Ukip in Gran Bretagna, il Fronte Nazionale in Francia, il Movimento 5 Stelle in Italia, Syriza in Grecia». Parleranno i popoli: gli elettori potranno «esprimere la loro irritazione e frustrazione contro le scelte da Bruxelles». Così, «un blocco politico importante potrà distruggere questo “mito artificiale” che si è costruito: l’Ue non sarà più la stessa e sarà costretta ad essere meno ambiziosa e comprendere che molte delle sue prerogative devono tornare agli Stati nazionali». In altre parole: «I governi di Italia, Spagna e Francia devono riprendere il pieno controllo delle vite dei loro cittadini e non pensare all’allargamento all’Ucraina o alla Turchia. Si tratta dell’ultima battaglia».

Enrico Letta aspetta che sia la Merkel a salvare l’Italia? Be’, buonanotte. Secondo Ambrose Evans-Pritchard, l’Italia sta scherzando col fuoco: avanti di questo passo, sotto la sferza dell’euro-rigore, il nostro paese rischia il collasso già nel 2014. Il problema? L’euro, ovviamente, e il regime di Bruxelles, che taglia lo Stato imponendo sacrifici con un unico orizzonte: la catastrofe. «Quello che serve in Europa oggi è uno shock economico sul modello dell’Abenomics», dice il columnist economico del “Telegraph”, indicando come modello il Giappone di Shinzo Abe. Sovranità monetaria e deficit positivo, per risollevare l’economia. «Italia, Spagna, Grecia e Portogallo, insieme alla Francia devono smettere di fare finta di non avere un interesse in comune da tutelare». Attenzione: «Questi paesi hanno i voti necessari per forzare un cambiamento». In Francia, sarà risolutiva Marine Le Pen: magari non conquisterà l’Eliseo, ma costringerà i grandi partiti a cambiare agenda, imponendo loro di fare finalmente i conti con Bruxelles, Berlino e la Bce.

Per l’Italia, il disastro è imminente: «Senza un cambio di strategia forte», si prevede lo tsunami già nel 2014. «Il paese ha un avanzo primario del 2,5% del Pil, e ciononostante il suo debito continua ad aumentare: il dramma dell’Italia non è morale, ma dipende dalla crisi deflattiva cui è costretta per la sua partecipazione alla zona euro», dice Pritchard nell’intervista concessa ad Alessandro Bianchi e ripresa da “Come Don Chisciotte”. «La politica è fatta di scelte e di coraggio. Fino ad oggi non si è agito per impedire che si dissolvesse il consenso politico dell’euro in Germania. Ma oggi c’è una minaccia più grande. E se Berlino non dovesse accettare le nuove politiche, può anche uscire dal sistema». Fuori dall’euro, dunque. «Il ritorno di Spagna, Italia e Francia ad una valuta debole è proprio quello di cui i paesi latini hanno bisogno. Del resto, la minaccia tedesca è un bluff e i paesi dell’Europa meridionale devono smascherarlo. L’ora del confronto è arrivata». E Letta? Non pervenuto. Pritchard l’ha incontrato a Londra. «Alla mia domanda sul perché non si facesse promotore di un cartello con gli altri paesi dell’Europa in difficoltà per forzare questo cambiamento, il premier italiano mi ha risposto che secondo lui sarà Angela Merkel a mutare atteggiamento nel prossimo mandato e venire incontro alle esigenze del sud».

Per l’analista inglese, «si tratta di un approccio assolutamente deludente», perché «come anche Hollande in Francia, Letta è un fervente credente del progetto di integrazione europea e non riesce ad accettare che l’attuale situazione sia un completo disastro». Chi agita la paura dell’uscita dall’euro dice che la svalutazione produrrebbe iper-inflazione, e questo metterebbe ko la nostra industria di fronte alla concorrenza della Cina. E’ vero esattamente il contrario, dice Pritchard: Pechino ha gioco facile col super-euro proprio perché mantiene lo yuan sottovalutato. La moneta europea è il nostro vero handicap: «L’euro è un’autentica maledizione per le esportazioni, che dipendono dai prezzi e dal tasso di cambio». Da quando vige la moneta della Bce, l’Europa ha perso rilevanti quote di mercato e l’export italiano è crollato. E a chi sostiene che un’uscita disordinata dall’euro produrrebbe iper-inflazione e impennate nei prezzi, Pritchard risponde che già ora i prezzi sono fuori controllo. Eppure, continuiamo a farci del male: in Italia il rapporto debito-Pil in soli due anni è schizzato dal 120 al 133%. E’ la trappola che sta portando il paese al collasso: «Il problema da combattere oggi è la deflazione, e non l’inflazione».

Dalla stessa trappola, ricorda il giornalista del “Telegraph”, la Gran Bretagna uscì due volte – negli anni ’30 del Gold Standard e poi durante la crisi dello Sme nel ’91-92 – con lo stesso strumento: rafforzamento della sovranità monetaria e svalutazione per stimolare la ripresa. Il fantasma-inflazione? Smentito dai fatti: lo stimolo monetario ha prodotto nuova economia, senza alcun “impazzimento” dei prezzi. Per cui, «se dovesse lasciare l’euro, l’Italia dovrebbe optare per un grande stimolo monetario da parte della Banca d’Italia, una svalutazione ed una politica fiscale sotto controllo: questa combinazione garantirebbe al paese una transizione tranquilla e nessuna crisi fuori controllo». Ritorsioni da Berlino? «Niente di più falso», replica Pritchard: «Nel caso di un deprezzamento fuori controllo della lira, ad esempio, il più grande sconfitto sarebbe Berlino: le banche e le assicurazioni tedesche che hanno enormi investimenti in Italia sarebbero a rischio fallimento». Inoltre, «le industrie tedesche non potrebbero più competere con quelle italiane sui mercati globali». Quindi, la Bundesbank correrebbe ad acquisire sui mercati valutari internazionali le lire, i franchi, pesos o dracme per impedirne un crollo.

«Si tratta di un punto molto importante da comprendere: nel caso in cui uno dei paesi meridionali dovesse decidere di lasciare il sistema in modo isolato, è nell’interesse dei paesi economici del nord Europa, in primis la Germania, impedire che la sua valuta sia fuori controllo e garantire una transizione lineare. Tutte le storie di terrore su eventuali disastri che leggiamo non hanno alcuna base economica». Lo sanno bene gli economisti di Parigi che ispirano la svolta sovranista di Marine Le Pen, che a partire dalle europee 2014 potrebbe dare la scossa necessaria all’inversione di rotta. «Il programma di Le Pen è chiaro: uscita immediata dall’euro – con il Tesoro francese che proporrà un accordo con i creditori tedeschi: se questi non l’accetteranno, la Francia tornerà lo stesso al franco e le perdite principali saranno per la Germania». Poi c’è la proposta di un referendum sull’Ue sul modello inglese proposto da Cameron. Prima reazione a Bruxelles: gli inglesi sarebbero “stupidi suicidi”. «Argomentazioni ridicole», afferma Pritchard: tutti sanno che, senza Londra (più l’Olanda e la Scandinavia), l’Ue sarebbe finita, e salterebbe anche l’equilibrio tra Francia e Germania. «La decisione inglese è un enorme avviso a Bruxelles: l’integrazione è andata troppo oltre il volere popolare e le popolazioni vogliono indietro alcuni poteri».

La Costituzione europea, continua Pritchard, è stata rigettata dai referendum in Francia e in Olanda. Trattati imposti contro la volontà popolare? «Questa fase in cui si procede senza consultare i cittadini è finita. Questo tipo di arroganza è finito». Problema fondamentale: la confisca della politica economica nazionale. A imporre le tasse e i tagli alla spesa non può essere un organismo non eletto democraticamente. «Non è un caso che la guerra civile inglese sia iniziata nel 1640 quando il re ha cercato di togliere questi poteri al Parlamento o che la rivoluzione americana sia scoppiata quando questo potere è stato tolto da Londra a stati come Virginia o il Massachusetts». Quello che sta facendo Bruxelles è «pericoloso e antidemocratico». L’alibi è la salvezza dell’euro? «E’ ridicolo. La federazione deve essere subordinata ai grandi ideali che plasmano una società e non alla salvezza di una moneta. I paesi devono tornare alla realtà sociale al più presto e non devono pensare a strumenti di ingegneria finanziaria per far funzionare qualcosa che non può funzionare».

Con buona pace degli eurocrati alla Enrico Letta, l’orizzonte decisivo è quello delle europee 2014, col previsto boom degli euroscettici. «Oggi il pericolo maggiore per i paesi dell’Europa meridionale si chiama crisi deflattiva», cioè: mancanza di liquidità, tagli alla spesa, asfissia dell’economia. La recessione «potrebbe presto trasformarsi in una depressione economica, in grado di rendere fuori controllo la traiettoria debito-Pil: è un potenziale disastro». In questo contesto, per il giornalista inglese, la politica si deve porre l’obiettivo del ritorno di una serie di poteri sovrani delegati a Bruxelles. Le elezioni del maggio prossimo? «Saranno un evento potenzialmente epocale: i partiti scettici dell’attuale architettura istituzionale potrebbero essere i primi in diversi paesi – l’Ukip in Gran Bretagna, il Fronte Nazionale in Francia, il Movimento 5 Stelle in Italia, Syriza in Grecia». Parleranno i popoli: gli elettori potranno «esprimere la loro irritazione e frustrazione contro le scelte da Bruxelles». Così, «un blocco politico importante potrà distruggere questo “mito artificiale” che si è costruito: l’Ue non sarà più la stessa e sarà costretta ad essere meno ambiziosa e comprendere che molte delle sue prerogative devono tornare agli Stati nazionali». In altre parole: «I governi di Italia, Spagna e Francia devono riprendere il pieno controllo delle vite dei loro cittadini e non pensare all’allargamento all’Ucraina o alla Turchia. Si tratta dell’ultima battaglia».

http://www.libreidee.org/2013/11/pritch ... -collassa/

18/11/2013, 15:35

Thethirdeye ha scritto:


L'EUROPA VERSO IL FASCISMO

http://www.vocidallastrada.com/2013/11/ ... cismo.html

Le oligarchie finanziarie si baloccano con governi compiacenti o direttamente imposti da loro. Infatti la BCE ha ormai il potere di influenzare la composizione dei governi nazionali. Questi alchimisti dello spread evocano una nuova guerra santa contro i "populismi" rei di mettere in discussione un'architettura economica costruita sopra le teste dei cittadini, un atto profondamente anti democratico. La povertà e la disoccupazione dilagano ovunque in Europa insieme a un'emigrazione incontrollata dall'Africa e dall'Est dell'area Schenghen, a cui non aderisce la Gran Bretagna che sta studiando nuove limitazioni agli ingressi e sospesa in Danimarca, ennesimo fallimento della UE.

La Grecia è stata lasciata morire dai "fratelli" europei, sacrificata sull'altare delle banche tedesche e francesi che volevano indietro la loro "libbra di carne". Questa Europa non è basata sulla solidarietà, chi sbaglia paga e paga fino in fondo. Fino alla spoliazione dei beni dello Stato, con la distruzione del tessuto sociale, dei servizi di prima necessità, come la sanità. E' quello che sta avvenendo ai greci abbandonati alla loro sorte come degli appestati. L'Europa sta diventando un lazzaretto. Chi si ammala è lasciato alla sua sorte. Che razza di Europa è questa? Assomiglia a quelle riunioni di mafiosi in cui chi sgarra viene assassinato. Solidarietà doveva essere la prima parola, il primo mattone dell'edificio europeo. Non è stato così. Non è così. I garanti dello status quo ormai insopportabili, in Italia la coppia al comando è Napolitano - Letta, continuano imperturbabili nelle loro convinzioni ignorando il mondo che gli sta crollando intorno.

Indifferenti a un mostro che si sta svegliando e che sarà difficile, quasi impossibile, rinchiudere nelle gabbie del suo passato se diventerà più forte. Per questi finti democratici, tutori dei loro interessi personali, collegati con la finanza e non con il popolo che disprezzano sta suonando la campana a martello. Purtroppo, oltre che per loro, rischia di suonare per le democrazie.

Il fascismo sta avanzando grazie a questi sciagurati in tutta Europa. Un sondaggio di ieri dà Alba Dorata primo partito in Grecia con il 26%, in Francia il Front National di Marine Le Pen è dato come primo partito dalla sua nascita con il 24%, in Norvegia ha vinto il Partito conservatore insieme all'affermazione del Partito del progresso, nel quale militò Anders Breivik, responsabile dell'uccisione di 77 persone. In Ungheria il governo di estrema destra ha stilato una lista nera di personalità che avrebbero fornito ai media stranieri informazioni contro l'immagine dell'Ungheria. Viktor Orban, il primo ministro, ha cambiato la Costituzione minando l'indipendenza della Banca centrale, l'autonomia della magistratura e dell'autorità garante della privacy e ha come obiettivo la Grande Ungheria nazionalista. Quali sono le cause della nascita dei nuovi fascismi? Chi sono i veri responsabili? Chi ha tradito la democrazia?


Fonte: Beppe Grillo


Mi ha tolto le parole dalla tastiera [8D]

18/11/2013, 15:45

..orban in ungheria,dopo aver cacciato fmi e condotto una politica anti euro,ha subito un attentato,quanto mai strana la cosa,ed attualmente l'ungheria non attua le politche restrittive previste dalla troika,magari un po di merito di essere riuscito a tenere fuori l'ungheria dal disastro,sembra quanto meno plausibile..........[;)]

18/11/2013, 16:24

L'Europa "va " verso il fascismo perché stava succedendo il contrario: l'altro ... estremo! Una via di mezzo assolutamente no ...[8)]
Ognuno penserà a sé stesso ...[8D]

22/11/2013, 12:04

“Il colpo di Stato” dell’euro che ci ha fatto precipitare a terza peggiore economia del mondo


Introduzione a “Un saggio di verità sull’Europa e sull’euro” - Giuseppe Guarino, giurista e politico italiano, già Ministro delle Finanze, dell’Industria, Commercio e Artigianato e delle Partecipazioni Statali, delinea in maniera audace nel suo saggio la realtà attuale dell’Unione Europea, dell’Italia, dell’euro, soprattutto alla luce di quanto accaduto negli ultimi 15 anni a partire dall’adozione della moneta unica.
Guarino illustra con dovizia di particolari il meccanismo attraverso cui è stata illegittimamente violata la nostra sovranità monetaria e si è attuata una deviazione dal virtuoso processo di costruzione europea per intraprendere una strada differente, non più l’Europa dei popoli e delle culture, ma l’Europa della moneta e della finanza.
Nel saggio di Guarino è possibile individuare tre elementi cruciali di estremo interesse.
Il primo è l’individuazione degli atti giuridici attraverso cui si è attuato quello che Guarino definisce un autentico “colpo di Stato” che ha violato la Costituzione italiana e ha portato all’introduzione di un euro “falso”.
Guarino, infatti, spiega che con l’adozione del regolamento 1466/97 da parte dell’Unione Europea, oltre che del reg. 1055/2005 e del reg. 1175/2011 e in ultimo del Fiscal Compact, si è violato quanto sancito dal Trattato di Maastricht (TUE) nel 1992. L’obiettivo prefissato, infatti, era inizialmente quello di uno sviluppo e una crescita sostenibile da raggiungersi da parte di ciascuno Stato che “vi avrebbe provveduto nell’interesse proprio e dell’Unione, con la propria politica economica”. L’obiettivo della crescita di ogni Stato venne in seguito sovvertito e sostituito con il risultato del pareggio di bilancio imposto dal reg. 1466/97 con il quale l’Unione Europea andava contro un proprio Trattato e decideva la disciplina per la nuova moneta unica, l’euro. Per tale motivo Guarino definisce questo euro un euro “falso”, in quanto disciplinato da un regolamento e non da quanto previsto dal Trattato.
Secondo elemento di rilievo del suo saggio è l’individuazione di tutti i parametri economici che attestano il risultato di una politica monetaria ed economica fallimentare, soprattutto se si considera che “Italia, Germania, Francia, nei quattro decenni dal 1950 al 1991, risultavano nello sviluppo i primi tre Paesi democratici occidentali, salvo poi avere un tracollo nel periodo tra il 2000 e il 2010 a seguito dell’adozione dell’euro con l’Italia che figura tra gli Stati con minore sviluppo nel mondo come terza peggiore economia nel mondo, la Germania come decima peggiore economia, la Francia come quattordicesima peggiore economia.

Terzo elemento di rilievo e conclusivo del saggio è la soluzione da adottare per risolvere il problema di crisi economica e di deficit democratico che caratterizzano questa Unione Europea. Guarino spiega come sia difficile intervenire sul sistema attuale così come costituito, vista la complessità dei meccanismi e delle istituzioni coinvolte. Per far fronte a un colpo di Stato l’unica via sarebbe quella di un nuovo colpo di Stato che getti le basi per un nuovo corso dell’Europa in campo sociale, culturale, economico, monetario.
L’uscita da questo euro “falso” e l’adozione di una nuova moneta sarebbe dunque la strada da percorrere da parte di alcuni Stati dell’area del Mediterraneo che possano avere un peso tale in termini di popolazione e di economia da non subire le ripercussioni da parte di Paesi ed economie più forti nel caso di una scelta del genere. L’adozione di una nuova moneta dovrebbe avvenire con un cambio nella cui trattativa i Paesi che adotterebbero il nuovo conio dovrebbero far pesare i danni subiti dal tradimento subito da parte dell’Unione Europea, che violando gli accordi previsti dai Trattati ha alterato il regime democratico dei popoli europei portandoci alla situazione attuale.


UN SAGGIO DI “VERITÁ”

SULL’EUROPA E SULL’EURO


1.1.1999

Il COLPO DI STATO




1.1.2014

RINASCITA!?

Premessa
1.1.1999. Un oscuro colpo di Stato § 1-15
L’instaurazione di fatto di un nuovo regime.
La soppressione della democrazia § 16-30
Cosa fare? § 31-34
Come fare? § 35-38
Si conclude § 39-52


Premessa
L’Europa unita era stato già un grande ideale proposto, sin dagli anni del primo dopoguerra, da menti illuminate. Einaudi e Don Sturzo, in Italia, ad esempio. Immediatamente prima che scoppiasse la seconda guerra mondiale Lionel Robbins lo rilanciò nelle sue lezioni ginevrine. Altiero Spinelli, negli anni del confino politico, redasse il manifesto per una Federazione europea. Schumann e Monnet nel 1950, condividendo l’obiettivo federalista, ne proponevano una attuazione per gradi. Il progetto prevedeva la creazione di organismi comunitari in settori specifici. Si sarebbero affiancati l’uno all’altro fino a coprire l’intera area degli interessi comuni. Con il Trattato di Parigi venne istituita la CECA (1952). Al primo passo ne seguirono altri. Questa prima fase si concluse con la CEE. Meravigliosa costruzione il cui concorso ad uno sviluppo comune sarebbe stato considerevole. In un vertice dell’Aja del 1969 ebbe inizio una fase nuova e diversa. Volumi di liquidità facenti capo a soggetti privati, spostandosi da una moneta all’altra creavano, influenzandone i tassi di cambio, difficoltà nella gestione delle economie dei quattro maggiori Paesi europei, Francia, Germania, Italia, UK. Nel vertice dell’Aja del 1969 fu approvata una proposta formulata dal vicepresidente della Commissione europea, il francese Raymond Barre. La proposta venne trasfusa nel piano denominato Werner. L’obiettivo era di pervenire ad un regime di cambi fissi in tre tappe, fino ad arrivare alla loro determinazione, in pratica ad una moneta unica, intorno al 1990. Negli anni 1986 e 1992 vengono sottoscritti due Trattati collegati, l’AUE, Atto Unico Europeo, ed il TUE (Maastricht). Il progetto originario del TUE subì importanti modifiche nel corso delle trattative.
Molti dei principi e delle speranze alimentate in così lunghi decenni formano ancora oggetto di convincimenti diffusi.
Questo saggio è stato redatto in una doppia persuasione. La prima è che per comprendere la realtà dell’UE e dell’eurozona è necessario mettere da canto il bagaglio, pur così ricco e storicamente importante, frutto delle idee e delle discipline anteriori. E’ necessario sgombrare la mente ed esaminare senza paraocchi quanto è accaduto e sta accadendo in Europa dal 1999 in poi.
La seconda è che, per affrontare i problemi attuali dell’Europa, è necessario inquadrarli nel contesto non solo europeo, ma anche mondiale. L’Europa è componente importante del sistema economico mondiale.
Dedicatomi allo studio dei problemi europei, dopo molti passaggi, ho cominciato ad intravedere conclusioni del tutto imprevedibili. Per evitare riflessi emotivi, ho ritenuto doveroso attenermi in modo rigoroso, nell’analisi e nello svolgimento, al metodo sistemico-formale con identificazione delle forme giuridiche utilizzate, dei movimenti che ne derivavano, delle serie causali e degli effetti. Non ho fatto nomi. I giudizi hanno ad oggetto solo atti formalmente adottati.
Le riflessioni e le conclusioni non si riferiscono a singoli Paesi. Hanno a riferimento la qualifica di Paese membro senza deroga e valgono allo stesso titolo per ciascuno di tali Paesi. Vengono indicate conseguenze che la disciplina dell’eurozona produce sull’UE nel suo insieme ed anche sul sistema “mondo”.


1.1.1999

Un oscuro colpo di Stato



1. Una espressione usata anche in atti formali, compreso il molto recente c.d. Fiscal Compact (art. 1, comma 1) è quella di “Unione economica e monetaria” (UEM). L’Unione monetaria non è stata realizzata. L’Unione economica non è stata creata. Le monete circolanti con “valore legale” nell’Unione erano tredici al 1.1.1999, data del lancio. Una, l’euro, moneta comune di undici Stati. La sterlina e la peseta, “monete nazionali”. Oggi le monete sono dodici, di cui una, l’euro, moneta comune, undici, monete nazionali.
L’Unione economica non è stata creata. L’AUE ed il TUE, che sono i due Trattati ai quali ne viene attribuito il merito, si sono limitati a creare un “mercato unico”. E’ un grande spazio economico nel quale si applicano, come dominanti, i principi della libera iniziativa privata (libertà di impresa) e della più ampia apertura. Oggi la maggior parte dei rapporti economici del globo sono retti da discipline ispirate ai medesimi principi della libera iniziativa privata, quindi della libertà di impresa, in un mercato aperto. Si è costruito a livello quasi mondiale un mercato “unico”. Nessuno lo definirebbe “Unione economica”.

2. Il “mercato comune” formò oggetto precipuo dell’AUE, integrato successivamente dal TUE. Il TUE ha disciplinato oggetti nuovi, in modo particolare ha dettato una disciplina generale sull’attività economica e sui bilanci degli Stati, quindi implicitamente sulla moneta comune.

3. Alle norme che avrebbero influito sulla concretizzazione della “moneta comune” si pose mano negli ultimi mesi di discussione sul TUE. A quel punto molti capisaldi della disciplina della moneta erano stati già fissati. La moneta sarebbe stata comune non a tutti gli Stati dell’Unione, ma solo a quelli che si sarebbero assoggettati alla sua specifica disciplina. La decisione scaturì dalla indisponibilità dell’UK a rinunciare alla sua storica moneta, la sterlina. L’Unione, senza l’UK, sarebbe nata monca. Fu concessa all’UK la clausola dello “opting out”. Avrebbe potuto aderire all’euro, dimostrando di averne i requisiti, in qualsiasi momento successivo. Concessa all’UK, la clausola non poté essere negata alla Danimarca. Fu concessa di fatto, in assenza di deroga formale, alla Svezia, il primo Paese ad aderire all’UE, dopo la stipula del Trattato. L’art. 109 k) ha finito per contemplare due distinte categorie di Paesi membri, quelli ammessi all’euro, denominati senza deroga, e quelli che continuano ad avvalersi della propria moneta, denominati Paesi con deroga. L’art. 109 k) indica gli articoli del TUE che si applicano ai soli Paesisenza deroga.
Come l’UK aveva dichiarato che non avrebbe rinunciato alla sterlina, così la Germania precisò che avrebbe aderito all’Unione ed alla moneta unica solo se questa fosse risultata simile al marco. Il marco era la moneta storica della Germania, utilizzata dal BRD sin dalla sua costituzione. In attuazione di un indirizzo politico assunto sin dall’inizio il Governo federale coadiuvato dalla Bundesbank si attenne con rigore a criteri antinflazionistici per garantire duratura stabilità al valore della moneta, e conseguentemente uno sviluppo armonioso, equilibrato, continuo della economia.
L’obiettivo della stabilità della moneta comportava, nelle valutazioni di Otto Pöhl, Presidente della Bundesbank, condivise da Jacques Delors, Presidente della Commissione, e poi dai rappresentanti di tutti gli altri Paesi, che venissero fissati limiti all’indebitamento di ciascuno Stato membro nelle percentuali, rispetto al PIL, del 3% nell’indebitamento annuale, del 60% nel debito totale. Al dibattito finale presero parte attiva le delegazioni italiana e britannica.
Prima che ci si accordasse sulle caratteristiche della moneta, erano state concordate misure che avrebbero condizionato l’intera architettura del sistema. Gli Stati avrebbero partecipato all’Unione conservando il loro carattere sovrano. Avrebbero ceduto non la sovranità, ma l’esercizio della stessa, in ambiti vasti, che sarebbero stati predeterminati. Le competenze dell’Unione sarebbero state solo quelle specificamente contemplate dal Trattato. Le risorse dell’Unione sarebbero state, oltre i ricavi dei dazi esterni e di poche altre entrate, quelle trasferite all’Unione dagli Stati (definite “proprie”). Il bilancio dell’Unione sarebbe dovuto risultare ogni anno in pareggio. Ne discendeva che l’Unione non avrebbe potuto indebitarsi. Nelle materie di sua competenza, l’Unione avrebbe emesso regolamenti e direttive, con efficacia vincolante diretta negli Stati membri. Norme del TUE, integrative dell’AUE, avrebbero vietato aiuti di Stato ed evitato la formazione di posizioni dominanti nel mercato.
L’AUE aveva consacrato la libertà di movimento, oltre che delle merci, delle persone, del diritto di stabilimento ed anche dei capitali, compresi quelli a breve. L’Unione avrebbe promosso la liberalizzazione del commercio internazionale con abbattimento generalizzato dei dazi doganali. La direttiva UE, avente ad oggetto la libera circolazione dei capitali a breve, era stata adottata dalla Commissione e recepita dai Paesi membri ancora prima del completamento del disegno dell’Unione.

4. Questo è il quadro, contenente un numero elevato di punti fermi, nel quale le delegazioni si accinsero ad inserire le norme che in modo diretto o indiretto avrebbero caratterizzato la nuova moneta. La disciplina avrebbe dovuto conformarsi a quella del marco in tre aspetti fondamentali.
a) Avrebbe dovuto essere diretta all’obiettivo di promuovere una crescita rispondente alle caratteristiche fissate nell’art. 2 TUE. Una crescita cioè: “SOSTENIBILE, NON INFLAZIONISTICA E CHE RISPETTI L’AMBIENTE, UN ELEVATO GRADO DI CONVERGENZA DEI RISULTATI ECONOMICI, UN ELEVATO LIVELLO DI OCCUPAZIONE E DI PROTEZIONE SOCIALE, IL MIGLIORAMENTO DEL TENORE E DELLA QUALITA’ DELLA VITA, LA COESIONE ECONOMICA E SOCIALE E LA SOLIDARIETA’ TRA STATI MEMBRI”.
b) Il compito di provvedere allo sviluppo sarebbe spettato distintamente a ciascuno Stato, il quale vi avrebbe provveduto nell’interesse proprio e dell’Unione, con la propria politica economica (artt. 102 A, 103 TUE).
c) Agli Stati avrebbero dovuto essere attribuiti mezzi e/o strumenti necessari per il perseguimento dell’obiettivo della crescita. Qui i progettisti (gli “architetti del sistema”) dovettero constatare che la generalità dei mezzi adoperati dagli Stati esterni all’Unione europea, cioè dalla generalità dei futuri competitori, era di fatto preclusa da punti fermi non più modificabili. I quali peraltro, in dipendenza delle preclusioni introdotte, indicavano l’unica strada rimasta libera, che sarebbe stato quindi necessario percorrere, quella dell’indebitamento. Se esistono fattori valorizzabili e non si dispone di risorse da investire, il ricorso all’indebitamento è indispensabile per cogliere le occasioni favorevoli. Potrebbero non più ripetersi.
Qualora il sistema, nel suo funzionare in modo fisiologico non produca risorse, se ci si preclude ogni possibilità di cogliere occasioni produttive, è la crescita ad essere ostacolata. All’indebitamento va fatto ricorso nel rispetto della “golden rule”. L’investimento frutto dell’indebitamento deve, secondo una previsione ragionevole, produrre profitti in misura superiore al suo costo. Diversamente si avrebbe crescita del debito e del suo costo complessivo. I valori del 3% per l’indebitamento e del 60% per il debito totale, riferiti al PIL, potevano basarsi, al tempo in cui furono adottati, sulla esperienza pluridecennale di grandi economie (quella tedesca ed anche quella degli USA). Furono approvati. 3% e 60% costituivano il limite che avrebbe garantito la “stabilità” della moneta e della economia.

5. Qui si inserì la proposta della delegazione italiana, appoggiata dagli inglesi. Guido Carli, Ministro del Tesoro e capo della delegazione, la attribuisca nelle sue memorie (Cinquant’anni di storia italiana, ed. Laterza, Bari, 1993, pagg. 406 segg.) alla sua “caparbietà”. Non si potevano far dipendere le sorti di una economia dalle condizioni che sarebbero state accertate in date prefissate. Avrebbero potuto essere sconfessate dalla notte al mattino, potevano dipendere da cause eccezionali, avrebbero potuto in ipotesi costituire il frutto di dati inesatti. Furono così approvati tre emendamenti, due dei quali hanno formato oggetto degli alinea della lett. a) del n. 2, l’altro della lett. b) dell’art. 104 c). Nella sua redazione definitiva, l’art. 104 c), n. 2, ha stabilito che l’esame della conformità alla disciplina di bilancio dovesse avvenire “sulla base” di due criteri, di cui uno alle lett. a) e b) dello stesso n. 2. Ai due criteri bisogna dunque attenersi nella interpretazione ed applicazione dei valori di riferimento. Negli emendamenti accolti si fa obbligo di tenere conto della tendenza ad avvicinarsi al valore di riferimento e di eventuali cause eccezionali o temporaneeche potessero avere provocato il superamento.
Agli architetti del sistema era stato attribuito il compito di realizzare a mezzo di norme astratte una moneta corrispondente al marco, che garantisse ai Paesi membri e quindi all’Unione uno sviluppo duraturo, armonioso, sostenibile, corrispondente a quello realizzatosi in Germania negli antecedenti quaranta anni. Gli architetti si attennero al modello. Hanno assolto il compito assegnato in modo puntuale. Disegnarono un progetto la cui attuazione avrebbe potuto e dovuto garantire una crescita duratura e sostenibile. Protagonisti ne sarebbero stati gli Stati membri, vincolati all’obiettivo della crescita. Gli Stati avrebbero prodotto crescita nell’esercizio della più tipica espressione della attività politica, la politica “economica”. Gli architetti erano consapevoli che a favore della crescita, avrebbero concorso gli effetti benefici di due fattori produttivi: l’abolizione fisica delle dogane, cui gli studi preparatori avevano accreditato una influenza sulla crescita nella misura dal 2% al 6% a seconda della collocazione dello Stato, e la eliminazione dei costi di transazione tra i Paesi aderenti alla moneta comune, che a sua volta avrebbe dovuto produrre un +0.7% ad anno nella crescita.
Si aggiungeva ora il potere politico di indebitarsi sino ai limiti di cui al prot. n. 6, da interpretarsi ed applicarsi secondo i criteri vincolanti di cui all’art. 104 c) TUE. Avrebbe dovuto essere sufficiente.

6. Fin qui la disciplina formale della moneta. Il passo successivo consistette nel prevedere una fase transitoria diretta a creare condizioni di sufficiente omogeneitàtra i Paesi membri ammessi all’euro ad evitare che, avvenuto il passaggio alla terza fase, quella “a regime”, i più forti prevalessero sui più deboli. La disciplina della fase transitoria della omogeneizzazione è contenuta nel prot. n. 6. Furono assunte a riferimento le medie attinenti ai due aspetti più rilevanti (tassi di inflazione, tassi dei titoli a lungo termine) dei tre Stati migliori. Sarebbero stati consentiti divari dal modello entro margini prestabiliti (1.5 punti per il tasso di inflazione; 2 punti nel tasso di interesse a lungo termine). Anteriormente al 1° luglio 1998 si sarebbe tenuto uno scrutinio con il quale, nel rispetto di una apposita procedura, si sarebbero valutati i risultati raggiunti e sarebbero stati ammessi allo “euro” i Paesi che avessero soddisfatto le condizioni prescritte.
Lo scrutinio si tenne il 3 maggio 1998. Undici Stati superarono lo scrutinio. Il dodicesimo (la Spagna) fu inquadrato tra gli Stati con deroga. Sarebbe stato ammesso tra quelli senza deroga l’anno successivo.

7. L’espressione “colpo di Stato” viene usata quando si modifica in aspetti fondamentali il sistema costituzionale di uno Stato, con violazione delle norme costituzionali vigenti.
Il colpo di Stato viene attuato con maggiore frequenza con la forza. Nei tempi più antichi uccidendo, anche con il veleno, il sovrano.
Il 1.1.1999 un colpo di Stato è stato effettuato in danno degli Stati membri, dei loro cittadini, e dell’Unione. Il “golpe” è stato realizzato non con la forza, ma confraudolenta astuzia. L’affermazione può apparire “stupefacente”. Obiettivamente lo è. La assoluta incredulità è una reazione del tutto naturale e comprensibile.
Per la dimostrazione occorre indicare:
a) quali sono i poteri costituzionali degli Stati membri e quali gli aspetti fondamentali del diritto dell’Unione che hanno formato oggetto del “golpe”; b) con quali atti il “golpe” è stato realizzato e quali ne sono stati gli autori; c) in cosa sono consistite le astuzie fraudolente, alle quali si è fatto riferimento.

8. a1) Si risponde separatamente per gli Stati membri e per l’Unione. Il TUE non contempla alcuna procedura specifica per le sue variazioni. In quanto Trattato multilaterale di diritto internazionale, sarebbe stato un dovere dell’Unione che i suoi organi competenti lo rispettassero e lo facessero rispettare. Non avrebbero dovuto consentire che modifiche di aspetti fondamentali del sistema si producessero in assenza di un nuovo Trattato. La disciplina introdotta con fraudolenza formò invece oggetto di un regolamento previsto dal Trattato in funzione di un unico e specifico compito. Adottare indirizzi di massima al fine del coordinamento delle “politiche economiche” degli Stati membri (artt. 102 A, 103, TUE). Il diritto costituzionale degli Stati membri è stato violato perché non sono state osservate le norme costituzionali interne da osservarsi nella ratifica dei Trattati. La sovranità degli Stati membri è stata vulnerata perché è stata loro sottratta la funzione “esclusiva” da esercitarsi, singolarmente e come gruppo, di promuovere lo sviluppo dell’UE e della zona euro con le proprie “politiche economiche”. La costituzione degli Stati è stata violata perché sono stati imposti ai loro organi interni obblighi e condotte che i rispettivi ordinamenti costituzionali non contemplano.
b1) Il golpe è stato attuato a mezzo del reg. 1466/97. Per la formazione del regolamento, come si è detto, si è fatto ricorso alla procedura di cui agli artt. 103, n. 5 e 189 c) TUE che, nello stesso momento in cui è stata utilizzata, è stata anche violata perché ce se ne è avvalsi per uno scopo diverso dall’unico previsto.
La procedura di cui agli artt. 103, n. 5 e 189 c) TUE in nessun modo avrebbe potuto essere impiegata per modificare norme fondamentali del Trattato. L’essersene avvalsi configura una ipotesi non di semplice illegittimità, bensì di incompetenza assoluta. Gli atti adottati sono di conseguenza non illegittimi, manulli/inesistenti.
b2) Le persone fisiche, alle quali far risalire l’attuazione del golpe e dei mezzi fraudolenti per realizzarlo sono ignote. Non si conosce né chi ne sia stato l’ideatore, né il nome dell’estensore materiale del testo del regolamento. Una inchiesta del Parlamento europeo potrebbe ancora identificarli. La responsabilità formale del “golpe” è dei MEMBRI DELLA COMMISSIONE E DEI TITOLARI DEGLI ORGANI DELL’UNIONE E DEI GOVERNI DEI PAESI MEMBRI CHE PARTECIPARONO IN CIASCUNA DELLE FASI ALLA PROCEDURA DI FORMAZIONE DEL REG. 1466/97.
c1) Gli assetti fondamentali, modificati illegalmente dal reg. 1466/97, sono diversi per l’Unione e per gli Stati membri.
Quanto all’Unione è stato modificato, in modo radicale ed irreversibile, l’obiettivo principale, consistente (artt. 2 e 3 TUE) nel conseguimento di uno sviluppo dalle caratteristiche e secondo le modalità previste nei suddetti articoli e nell’aver abrogato, per avere regolato in modo diverso la intera materia, l’art. 104 c) TUE, contenente la disciplina dei mezzi di cui gli Stati si sarebbero potuti avvalere per l’adempimento all’obbligo di promuovere sviluppo.
Quanto agli Stati la illecita variazione consiste nell’averli privati, con l’abrogazione degli artt. 102 A, 103, 104 c) TUE, nonché di altri connessi, a mezzo di norme (quelle del reg. 1466/97) regolanti in modo diverso l’intera materia, degli unici poteri politici ad essa attribuiti in funzione alla conduzione economica dell’Unione.
c2) Il reg. 1466/97 malgrado la sua apparente innocenza, oltre a modificare la disciplina di vertice dell’Unione e degli Stati, ha inciso sul carattere fondamentale dell’Unione, in assenza del quale gli Stati non sarebbero stati legittimati a parteciparvi, quello della “democraticità”. E’ l’affermazione che tra tutte genera la massima incredulità.

9. Tutto ha origine dal sospetto di alcuni degli Stati più forti che qualcuno dei più deboli, per superare lo scrutinio, si sarebbe avvalso di dati non veritieri.
E’ ipotizzabile che a ciò si debba l’origine del reg. 1466/97. Sarebbe stato il rimedio ove effettivamente qualcuno degli Stati membri fosse riuscito a superare lo scrutinio senza averne il diritto. Il rimedio non avrebbe condotto alla guarigione. Avrebbe prodotto danni gravi. Dimostratisi poi irreversibili.
Va aggiunto che a fine 1996 gli andamenti delle economie degli Stati membri suscitavano preoccupazioni. Il rapporto debito/PIL negli Stati principali era cresciuto ad un livello e con rapidità non previsti. Il debito francese dall’iniziale 35% era passato al 58.7%, quello tedesco dal 40% al 59.8%, quello italiano dal 100.8% al 116.8%. Era stato preventivato che nella fase transitoria vi sarebbe stato un rallentamento del PIL. Ma si registrava un deterioramento superiore alle previsioni. Si dubitò della effettiva capacità delle norme a realizzare gli obiettivi assegnati, in particolare sulla effettiva corrispondenza della nuova moneta al vecchio marco. Si pensò di superare ogni incertezza, rafforzando la “stabilità”, assumendola ad oggetto di un vincolo di carattere generale.
A maggior ragione la dimostrazione della soppressione del regime democratico dovrà essere analitica e precisa nei dettagli. Riceverà conferma dagli effetti concretamente prodottisi.

10. In cosa è consistito il disegno “fraudolento” che ha portato alla approvazione del reg. 1466/97?
La procedura utilizzata non era stata mai impiegata e non avrebbe mai più potuto esserlo nella sua portata originaria in quanto con il reg. 1466/97 sono state cancellate le “politiche economiche” degli Stati che della disciplina degli artt. 102 A e 103 del TUE costituivano il presupposto.
La procedura del regolamento era iniziata nel novembre 1996. Il primo atto pubblicato è apparso sulla G.U. del 6 dicembre di quell’anno. A quel tempo l’attenzione degli Stati membri era concentrata sullo scrutinio di ammissione all’euro, che avrebbe dovuto tenersi entro il 31 dicembre 1996 (art. 109 J). Era stato poi rinviato al 1998. La nuova moneta suscitava grandi speranze. Non si prestò attenzione al reg. 1466/97. Era un atto che non incideva sullo scrutinio. Riguardava il periodo successivo. Il testo ne prevedeva l’entrata in vigore al 1° luglio 1998. Ce se ne sarebbe occupati quando fosse venuto il suo tempo, sempre che si fosse superato lo scrutinio.
Il testo del regolamento era scritto in modo rassicurante. Prometteva (art. 3, n. 1) una crescita vigorosa, sostenibile e favorevole alla creazione di posti di lavoro. A voler essere pignoli, il vigore era qualcosa di più e di diverso di quanto l’art. 2 TUE esigeva e prometteva.

11. La procedura del reg. 1466/97 si è chiusa con la deliberazione del Consiglio del 7 luglio 1997. Gli Stati partecipavano al Consiglio con un rappresentante a livello ministeriale abilitato ad impegnare il rispettivo governo (art. 146 TUE). Gli Stati se potevano essere giustificati per non avere prestato sufficiente attenzione al testo del regolamento alla data, anteriore al novembre 1996, della prima delibera del Consiglio, nel 1997 non avrebbero potuto disinteressarsi della sorte che li attendeva una volta superato lo scrutinio. Non è avvenuto. E’ lecito il sospetto che vi abbia influito la sapiente scelta delle date.
L’adozione del regolamento avvenne il 7 luglio 1997. Era il tempo in cui la Commissione avrebbe cominciato ad esaminare la documentazione presentata dagli Stati ai fini dello scrutinio. Il 25 marzo 1998 la Commissione formulò la proposta per l’ammissione di undici Stati sui dodici aspiranti. La Spagna sarebbe stata rinviata all’anno successivo. Il Consiglio, nella composizione di Capi di Stato o di governo, fece sua la proposta della Commissione. Il reg. 1466/97 fissava (art. 13) esso stesso la data della sua entrata in vigore al 1° luglio 1998. Per quale ragione se ne era richiesta l’adozione da parte degli Stati prima che venisse effettuato lo scrutinio e se ne conoscesse l’esito se il regolamento avrebbe dovuto e potuto applicarsi solo agli Stati ammessi?
“Caro Stato membro” (sembra sentire che la richiesta di adesione quasi sussurrasse), “se non firmi subito, il consenso all’ingresso nell’euro potrebbe essere problematico”. UN RICATTO FRUTTO DELLA CASUALITA’ DELLE DATE O INTENZIONALE?

12. Alla base di ogni moneta vi è sempre una disciplina giuridica. Può essere quella propria di un regime di mercato, quella di un regime di stampo collettivista, o quella di una economia mista. Queste tipologie, diverse tra loro, hanno un elemento in comune. ALLA GESTIONE DELLA MONETA E’ SEMPRE PREPOSTA UNA AUTORITA’ POLITICA FACENTE PARTE DELL’ORGANISMO DI VERTICE. Nei regimi di mercato l’autorità politica è coadiuvata dal responsabile della Banca centrale.L’euro costituisce il primo esempio di una moneta in cui, secondo la disciplina del Trattato, vertici politici, pur partecipando alla gestione della moneta, non ne avrebbero avuto la responsabilità esclusiva. Avrebbe avuto parte nella gestione e vi avrebbe esercitato un ruolo dominante, una disciplina astratta. La specificità della nuova moneta, l’euro, sarebbe stata desumibile dalla disciplina alla quale il TUE l’assoggettava.
Il 1.1.1999 è stata immessa sui mercati la moneta disciplinata dal reg. 1466/97. Se si accerterà che la disciplina del regolamento è diversa, anzi opposta rispetto a quella del TUE, bisognerà concludere che l’euro circolante dal 1.1.1999 è un’altra moneta rispetto a quella del Trattato. Questa nuova moneta usa il nome ed i simboli di quella voluta dal Trattato. La moneta disciplinata dal Trattato è l’unica “autentica”. Non essendo avvenuto il suo lancio né alla data stabilita, né in qualsiasi altra successiva, lo “euro autentico” è una moneta mai nata. Quella che usurpa il suo nome, e che è stata presentata come se fosse quella del Trattato ed in quanto tale accettata nei mercati, è una moneta falsa che, nascoste le proprie natura ed identità, si appropria di quelle dell’euro autentico.

13. La differenza tra il TUE ed il regolamento 1466/97 attiene al vincolo che nelle discipline occupa la posizione “centrale”. Il TUE fissa un obiettivo, uno sviluppo conforme al disposto dell’art. 2, il cui conseguimento è affidato alle politiche economiche di ciascuno degli Stati membri, ciascuna delle quali avrebbe dovuto tenere conto della specificità delle concrete condizioni della economia del proprio Paese. Le politiche economiche avrebbero potuto utilizzare all’occorrenza, quale strumento per realizzare l’obiettivo, l’indebitamento nei limiti consentiti dall’art. 104 c), da interpretare ed applicare in conformità ai criteri fissati negli alinea e nei commi 2 e 3 del punto 2 dell’art. 104 c).
IL REGOLAMENTO ABROGA TUTTO QUESTO. LE POLITICHE ECONOMICHE DEGLI STATI SONO CANCELLATE. E’ CANCELLATO CONSEGUENTEMENTE QUALSIASI APPORTO DEGLI STATI. Il ruolo assegnato dal TUE [art. 102 A, 103 e 104 c)] all’obiettivo dello sviluppo, che l’attività politicadegli Stati avrebbe conseguito, realizzandolo in conformità a quanto prescritto negli artt. 2 e successivi del Trattato, è cancellato. All’obiettivo dello sviluppo E’ SOSTITUITO un risultato consistente nella parità del bilancio a medio termine. Gli Stati, secondo il TUE, avrebbero conseguito l’obiettivo, valutando nella propria autonomia i limiti, le condizioni e le strutture del proprio Paese. Il grado di conseguimento sarebbe stato necessariamente diverso da Paese a Paese e per ciascun Paese di anno in anno. Il risultato che il regolamento sostituiva all’obiettivo avrebbe dovuto invece essere eguale per tutti i Paesi e in tutti gli anni per ciascun Paese. Se le strutture o le condizioni monetarie non avessero consentito di conseguire la crescita, la politica economica dello Stato ne avrebbe tenuto conto. All’opposto, nella DISCIPLINA DEL REGOLAMENTO, SE STRUTTURE O CONDIZIONI AVESSERO OSTATO ALLA REALIZZAZIONE DEL “RISULTATO” DELLA PARITA’, SI SAREBBERO DOVUTE MODIFICARE LE STRUTTURE ED INCIDERE SULLE CONDIZIONI, NON SI SAREBBE POTUTO VENIRE MENO ALL’OBBLIGO PERENTORIO DELLA PARITA’ DEL BILANCIO. Un totale capovolgimento, dunque, nel rapporto tra moneta e realtà. Secondo il TUE, se vi è contrasto, è la gestione della moneta a doversi adeguare alla realtà. Secondo il regolamento, è la realtà che deve adeguarsi alla moneta.

14. Qui potremmo anche fermarci. Ai fini della dimostrazione che al 1.1.1999 è stata immessa sui mercati una moneta diversa da quella progettata da Pöhl, Delors, Carli quanto detto è più che sufficiente. La moneta, quale disciplinata dal TUE, era stata giudicata dal suo diretto responsabile ed utilizzatore, il Presidente Pöhl, corrispondente al preesistente “marco”. Per forza logica lo “euro” oggi circolante, disciplinato da norme diverse da quelle del TUE, non può per definizione considerarsi simile al vecchio “marco”.

15. Sarebbero dovuti sorgere immediati dubbi sulla idoneità dell’euro voluto dal regolamento a produrre crescita. Il marco era stato fattore di sviluppo. Lo “euro falso” ha cancellato i poteri ed i mezzi di cui gli Stati avrebbero potuto e dovuto avvalersi per produrre sviluppo. Il regolamento non li ha sostituiti con altri poteri e mezzi. L’effetto di crescita, quale avrebbe dovuto prodursi in conseguenza naturale dell’obbligo imposto come permanente a tutti indistintamente gli Stati, era affermato in via “assiomatica”. Non trovava conferma in alcuna esperienza. Il debito pubblico dell’UK nel secolo della rivoluzione industriale e della espansione imperialistica superò quello antecedente o contemporaneo di qualsiasi altra economia. L’indebitamento USA, negli anni dal 1939 al 1945 aumentò vertiginosamente da poco più del 40% ad oltre il 100%. Furono immediatamente riassorbiti quindici milioni di disoccupati. Consentì agli USA di uscire dalla guerra quale principale potenza politica, militare, economica e scientifica nel mondo.
Se non sono reperibili esperienze storiche conformi, se non vengono addotte a sostegno argomentazioni basate su rapporti di causa ed effetto oggettivamente verificabili, la fiducia nell’obiettivo assiomatico deve restare necessariamente ed unicamente affidata ai risultati. Dal 1999 ad oggi sono trascorsi 15 anni. Un periodo che nelle attuali condizioni storiche può considerarsi un tempo lungo, più che medio.
Le risultanze statistiche sono inequivocabili. Italia, Germania, Francia, nei quattro decenni dal 1950 al 1991, con tassi medi del PIL pari rispettivamente a 4.36%, 4.05% e 3.86% (elaborazioni su dati omogeneizzati Maddison) risultavano nello sviluppo i primi tre Paesi democratici occidentali, precedendo USA (3.45%) ed UK (2.08%). Nei sei anni anteriori alla entrata in vigore del TUE (1987-1992) le medie, in conseguenza degli effetti costrittivi derivanti dall’ultima fase di attuazione del Piano Werner, risultarono rispettivamente del 2.68%, 2.05%, 2.91%. Sarebbero risultate superiori ai dati del sessennio della fase transitoria della omogeneizzazione (1.34%, 1.32%, 1.40%). Le medie complessive dei 15 anni successivi al 1.1.1999 sono state per i tre Paesi dello 0.38%, dell’1.36%, dell’1.38%. A partire dal 2000 i tre maggiori Stati membri, oltre a beneficiare della ormai consolidata disciplina della eliminazione anche fisica delle dogane, sarebbero stati avvantaggiati dalla eliminazione nell’ambito dell’area euro dei costi di transazione ed anche dall’aumento del numero dei partecipanti all’Unione (tredici in più) e distintamente all’euro (cinque in più). Ebbene, in una graduatoria insospettabile (v. Pocket World in Figures dell’Ecoomist, edizione 2013, pag. 30) degli Stati con minore sviluppo nel mondo nel decennio 2000-2010 l’Italia figura come terza peggiore economia, la Germania come decima peggiore economia, la Francia come quattordicesima peggiore economia. Ancora più significativa è la presenza di dodici Stati europei, se consideriamo anche quelli dell’Unione, tra i primi trentacinque della graduatoria dei peggiori nel mondo!
Nella analoga graduatoria del decennio antecedente (1990-2000) non figurava nessuno Stato europeo. Si deve dedurre che il fattore cruciale ampiamente responsabile della depressione europea, e specificamente dell’area euro, deve avere cominciato ad operare poco prima o poco dopo l’inizio del nuovo millennio. In astratto avrebbe potuto trattarsi tanto di un fattore interno alla UE e/o alla zona euro, quanto di un fattore a questa esterno. Un’altra statistica esclude la seconda ipotesi. La media di crescita del PIL nel mondo nel ventennio 1975/95 era stata del 2.8% (v. Rapporto sullo sviluppo umano, 1999), la popolazione totale nel 1997 era pari a 5 miliardi e 741 milioni. E’ oggi di oltre 7 miliardi. Il tasso di sviluppo è stato superiore al 4% negli anni dal 2004 al 2013. Ha superato il 5% negli anni 2006 (5.3%), 2007 (5.4%) e 2010 (5.1%). L’intero mondo si caratterizza attualmente per una crescita continua e generalizzata in tutti i continenti. La media di crescita del PIL nell’area euro nel decennio 1991-2003 è stata del 2.2%. Quella del 2013 (previsioni per l’ultimo anno) è del -2% (v. anche per il dato riferito al mercato, USA, Economic Report of the President, 2013, pag. 452).
La causa era dunque interna. Il fattore nuovo accertato nell’anno 1999 e/o nell’anno antecedente od in quello successivo, è l’immissione nei mercati dello euro “falso” disciplinato dal reg. 1466/97, a partire dal 1.1.1999. Non possono esservi dubbi. Il reg. 1466/97 è causa prima ed unica del fenomeno depressivo in corso nei singoli Paesi e nell’intera area euro dal 1.1.1999.


L’instaurazione di fatto di un nuovo regime

La soppressione della democrazia

16. Vi è un ulteriore e distinto effetto diretto del reg. 1466/97 che supera per rilievo qualsiasi altro. E’ la soppressione della “democrazia”. E’ garantita, al livello massimo, la libertà individuale. A livello normativo sono garantiti anche diritti sociali. La libertà individuale ed il godimento di diritti sociali sono tuttavia presupposti necessari, ma non sufficienti della democrazia. Un regime può qualificarsi come democratico soltanto se gli individui, formanti una unica collettività, possono tutti in condizioni di assoluta parità influire sugli indirizzi politici attinenti all’esercizio della sovranità o comunque di carattere prioritario. Nelle condizioni attuali di sviluppo, sono da considerarsi prioritari gli indirizzi economici di base.
L’influenza dei cittadini può essere esercitata in modo diretto od indiretto. Nelle grandi collettività, di norma in modo indiretto con il voto. Il voto deve essere espresso in condizioni di parità, nello stesso giorno (eccezioni sono ammesse per categorie che versino in condizioni particolari), con identiche modalità, in luoghi prestabiliti.
IL REG. 1466/97 HA SOPPRESSO L’UNICO SPAZIO DI ATTIVITA’ POLITICA SOGGETTO ALLA INFLUENZA DEI CITTADINI DEI SINGOLI STATI MEMBRI, LO SPAZIO DELLE POLITICHE ECONOMICHE A MEZZO DELLE QUALI CIASCUN PAESE MEMBRO AVREBBE POTUTO E DOVUTO CONCORRERE AL PERSEGUIMENTO DELLO SVILUPPO, NELL’INTERESSE PROPRIO E DELLA UNIONE. La competenza politica degli Stati membri, oggetto di un diritto potestativo, non è stata sostituita da altre di eguale carattere politico. In sua vece è stato previsto l’obbligo degli Stati membri di realizzare un risultato specificamente definito (il bilancio in pareggio) di carattere primario ed eguale per tutti, la cui realizzazione si risolve in obblighi e doveri individuali, soggetti a poteri di vigilanza, a controlli e a direttive, ed i cui caratteri ed obiettivi sono prescritti.
Soppresso ogni spazio di decisione politica, è scomparso anche il corrispondente spazio di espansione del principio democratico.
Le direzioni di marcia dell’Unione e degli Stati membri sono segnate. Nel settore che nelle condizioni attuali di sviluppo condiziona tutti gli altri, e che è da considerarsi quindi assolutamente prioritario, quello della economia, i “governi devono fare i compiti” ad essi assegnati. Gli istituti democratici contemplati dagli ordinamenti costituzionali di ciascun Paese non servono più. Nessuna influenza possono esercitare i partiti politici. Scioperi e serrate non producono effetti. Le manifestazioni violente provocano danni ulteriori, non scalfiscono gli indirizzi prestabiliti. Atti dimostrativi come salire su torri e sostarvi al freddo per intere notti, e persino i gesti estremi quali il suicidio per tutelare la dignità personale offesa per il non poter pagare i salari ai propri dipendenti o non poter provvedere ai bisogni della propria famiglia, sono privi di effetto.
Il mormorare, il chiacchiericcio diffuso sono liberi, ma dopo essersi affievoliti, si esauriscono. Sono efficacissimi invece per influire sui sistemi autoritari, fino a determinarne il crollo! (le barzellette!). Nel regime UE + euro sono libertà private, prive di effetti pubblici. Non si può abbattere il proprio governo se un governo, nelle materie economiche fondamentali, non esiste. Parole e gesti cadono nel vuoto.

17. La eliminazione della fascia della politica provoca un effetto ulteriore. L’assenza di un potere politico di carattere generale e la sua assenza in tutte le parti attinenti alla sovranità ed ai principi fondamentali, comporta che tutte le condotte degli organi e dei loro titolari, formino oggetto di norme, singole o integrate, che ne determinano il carattere, ne precisano l’oggetto, ne determinano il se, il come ed il quando della concretizzazione. Il sistema risulta formato da fattispecie di carattere costrittivo, aventi ad oggetto condotte dalle quali promana il movimento delle singole parti e dell’insieme dell’organismo.
Ne segue che nel momento in cui gli indirizzi ed il movimento complessivo siano stati sottratti ad ogni decisione “politica”, cioè libera, il sistema risultaautoprotetto. Il suo movimento può essere solo quello derivante dall’insieme delle condotte prestabilite. L’organismo si è robotizzato. Il più potente dei calcolatori può effettuare operazioni altrimenti impossibili. Ma perché ciò accada deve essere stato progettato a questo scopo. La macchina UE + eurozona comprende opzioni. Sono opzioni da esercitarsi entro ambiti, in condizioni e tempi, e con modalità direttamente o indirettamente predeterminate. Se sono stati commessi errori nella progettazione e se la macchina provoca danni, questi si produrranno sino a quando la macchina funzionerà. Funzionerà, continuando a produrre danni, fino a quando non imploda.

18. Ogni effetto, una volta prodottosi, si trasforma in causa di effetti. Gli effetti del reg. 1466/97, dato il loro rilievo e la lunga durata, sono alla base di distinte serie causali produttive di effetti anche autonomi a ciascun livello, che in parte si cumulano e si intrecciano.
Un primo effetto si collega alle modalità usate per pervenire all’adozione del regolamento, tutte dirette ad impedire che venisse percepita la portata delle innovazioni. Il regolamento, in vigore dal 1° luglio 1998 (v. art. 13), era destinato ad applicarsi a partire dal 1.1.1999. I programmi di stabilità avrebbero dovuto essere presentati prima del 1° marzo 1999 (art. 4). Se si voleva ottenere che non se ne diffondesse la conoscenza, il risultato è stato raggiunto al cento per cento. Ancora oggi la esistenza, la natura e gli effetti del regolamento, non sono generalmente conosciuti dai titolari degli uffici, le cui competenze nei singoli Paesi membri vi si connettono. E’ ipotizzabile che i ministri che parteciparono al Consiglio che adottò la proposta della Commissione recante la data del 18 ottobre 1996 (v. G.U. Comunità C/368/96) e che ne approvarono il testo definitivo il 7 luglio 1997, non si siano resi minimamente conto della portata del voto che esprimevano in rappresentanza dei rispettivi governi.
Prodottosi il fenomeno depressivo a partire dal 1.1.1999, nessuno ha pensato al reg. 1466/97, le cui norme, ed in seguito i principi, sono rimasti in vigore per tutto il quindicennio successivo. Non essendo nota la causa originaria e quelle prodottesi anno dopo anno in conseguenza degli effetti cumulativi, si sono verificati effetti ulteriori che sono sotto gli occhi di tutti. Economisti, tra i quali un buon numero di premi Nobel, di tutte le parti del mondo, ci bombardano con consigli e ricette. Gli esperti dell’eurozona e quelli europei fanno altrettanto. Ma non conoscendola, e non potendo risalire alla causa, una causa peraltro così singolare e imprevedibile, ci si limita ad indicare risultati che si vogliono ottenere (sono i soliti:: aumento della occupazione, sostegno alle imprese, stimolazione della domanda, diminuzione del carico fiscale, rilancio della economia, e simili). Nessuno spiega come e con quali mezzi conseguirli.
Ma responsabili ce ne devono essere. Non potendo risalire alla fonte, vengono indicati sempre gli stessi: la classe politica, gli sprechi, la spesa sanitaria, la inefficienza della pubblica amministrazione, i lacci della burocrazia, l’evasione fiscale, ecc. E poiché è il governo che dovrebbe eliminarli e non li elimina, il responsabile ultimo è sempre il governo. I governi precedenti e poi, né potrebbe essere diversamente, il governo in carica. Il governo, poveretto, fino a quando il Paese non verrà liberato dalla gabbia in cui si è rinchiuso, con reintegrazione dello stesso governo nella sua potestà politica, non può fare nulla.

19. Gli effetti prodotti da quelli antecedenti trasformatisi in cause sono parecchi. Innanzitutto una grande confusione. Si aggiunge la diversità degli effetti prodotti nei vari Stati. La Germania, cui apparteneva la moneta (il marco) alla quale l’euro avrebbe dovuto assimilarsi, essendo stata assunta a modello ai fini della omogeneizzazione, non ha ricevuto quale effetto della stabilità danni emergenti. Ne ha probabilmente subiti di maggiori come lucro cessante, che però sono meno percepibili. Tanto basta perché venga ritenuta responsabile delle misure costrittive cui altri sono stati assoggettati. Ne seguono invidie, risentimenti, persino odi. All’inverso la Germania guarda con aria di superiorità, con sospetto ed anche con disprezzo i Paesi in peggiori condizioni. I Trattati europei esaltano la coesione. Non è stata raggiunta. Probabilmente, se continuerà ad applicarsi l’attuale regime, non lo sarà mai.
Mentre pervenivano sollecitazioni da ogni parte del mondo, gli organi dell’Unione non potevano restare inerti. La crescita, quale risultato della parità del bilancio imposto con norme di applicazione generale, costituiva l’effetto di un assioma. Così è stato in medicina fino a tutto il ‘700. Non disponendo di strumenti per risalire alle cause, se si avvertivano sintomi gravi di cui non si conoscessero le cause, si ordinava il salasso. Se la prima applicazione non recava sollievo, se ne accrescevano le dosi. E così una terza ed una quarta volta. Lo stesso è accaduto per l’Europa. Poiché l’atteso sviluppo non si produceva, si deduceva che il principio della stabilità non era stato applicato con il necessario rigore. Sulla scia del primo regolamento ne è stato emanato quindi un secondo (reg. 1055/2005), poi un terzo (reg. 1175/2011), infine il Fiscal Compact. Fino a prevedere, per essere più sicuri nella applicazione delle ricette, che modifiche strutturali venissero prescritte ed imposte da organismi esterni. Un “commissariamento”!

20. Nei quindici anni trascorsi dal 1.1.1999, sono stati ratificati e sono entrati in vigore nuovi Trattati, Nizza, Amsterdam, Lisbona. I Trattati sono pieni di affermazioni enfatiche. Sono stati creati nuovi organi. Si poteva abbondare. La disciplina continuava ad essere di fatto quella del reg. 1466/97 integrata dalle modifiche successive. Dove possibile, si è cercato di rafforzarla con parole accuratamente collocate, ma sempre evitando di dare nell’occhio. In quindici anni si sono accumulati centinaia di atti, di livello normativo o applicativo, ai quali ha partecipato un considerevole numero di titolari di funzioni connesse ai problemi europei, sia nell’Unione che nei Paesi di appartenenza. Molti politici ed amministratori hanno fatto carriera. Sono stati titolari o lo sono tuttora di uffici ai quali si connettevano responsabilità massime a livello europeo o negli ordinamenti costituzionali interni. La loro presenza in ruoli connessi all’Unione e/o all’euro è rassicurante. Genera speranza e fiducia. Un ulteriore ostacolo a che si comprenda come stanno effettivamente le cose!
Ultimo ma non minore effetto derivato da questi intrecci è un “vuoto di potere”. Il vuoto viene colmato da istituzioni e da titolari che, a livello europeo e nazionale, siano posizionati in condizioni che consentano loro di avvalersene. Abbiamo così titolari di organi comunitari che impartiscono lezioni non richieste a governanti degli Stati membri. Lo stesso fanno, con autorità persino maggiore, titolari di organi di altri Paesi. In ciascun Paese organi, specie del livello più elevato, si espandono in aree contigue, a volte sinanche inferiori.
La confusione è grande, grande il rumore. Ma la macchina robotizzata dell’Europa e dell’euro continua a macinare flussi di risultati negativi, e tranquilla e indifferente, prosegue indisturbata ed inesorabile nella direzione che le è stata imposta.

21. Una osservazione conclusiva su quanto è accaduto il 1.1.1999. La dottrina distingue tra due ipotesi. La instaurazione di fatto di un nuovo governo (ossia del detentore dei poteri pubblici di vertice) e l’instaurazione di fatto di un nuovo regime.
La “democrazia” è (deve essere) il principio fondamentale del regime degli Stati aderenti all’Unione europea. La democrazia è stata soppressa nel 1999nell’eurozona e negli Stati senza deroga. In ciascuno degli Stati membri senza deroga, viene cancellato il diritto-potere di ciascuno di essi di influire sulla crescita con le proprie politiche economiche, i loro cittadini non hanno alcuna possibilità di influire sugli obblighi cui il proprio Paese, quindi essi stessi vengono assoggettati. Nell’eurozona perché non vi sono stati previsti organi politici responsabili nei confronti della totalità dei cittadini delle collettività che ne fanno parte assunti come entità unitaria. Ciò che è accaduto deve qualificarsi come “instaurazione di fatto di un nuovo regime”. Era accaduto in Francia con la “rivoluzione francese”, in Russia, nel 1917, con la rivoluzione bolscevica. Con queste differenze, che la rivoluzione francese, affermando i principi della libertà degli individui e delle imprese, sprigionò enormi energie esistenti. Quella collettivista creò vincoli che sarebbero risultati più stringenti di quelli anteriori, dei quali ci si voleva liberare. La rivoluzione francese e quella russa imposero, con la introduzione di nuovi regimi, anche la introduzione di vertici di un nuovo tipo. La rivoluzione, operata dal “falso euro”, concretizzatasi nel principio della stabilità, ha creato un regime autoreferenziale. In quello sovietico l’autoreferenzialità abbracciava larga parte della organizzazione. Ma il vertice ne era escluso. Con l’ulteriore differenza, che in quello sovietico si proclamava la conquista del potere da parte del proletariato. In quello della stabilità, manca un vertice politico e,accantonato l’obiettivo della crescita, domina, quale “dio” insondabile ed assoluto, un principio astratto che genera un movimento che inesorabilmente produce depressione e forse, alla fine, implosione.

22. Altra considerazione. Va valutata attentamente. Potrebbe sconsigliare l’applicazione tardiva della disciplina della moneta del TUE ed oggi del TFUE (Lisbona). Con l’esperienza del “poi” si può oggi affermare che la richiesta che la nuova moneta somigliasse al marco era a sua volta inficiata da un “errore”. Si era tenuto conto della stabilità interna, non di quella esterna. La collettività tedesca era fortemente coesa. Non può trascurarsi che vi vigeva da quasi un secolo un sistema di Stato sociale, il più solido ed avanzato nel mondo. Intese collaborative tra imprenditori e classe operaia esistevano tanto a livello di organismi centrali quanto in forme istituzionalizzate, all’interno delle imprese. Non si tenne conto dell’ambiente esterno. Era stato fino a quel tempo a sua volta stabile. La stabilità esterna persisteva da oltre cinquanta anni. Appariva naturale e destinata a durare. Costituiva invece il prodotto di una situazione storica peculiare, la divisione del mondo in due grandi blocchi contrapposti, quello del mondo libero, che si avvaleva del regime di mercato, e quello collettivista che raggruppava i Paesi la cui organizzazione si ispirava, in varia misura, al modello amministrativizzato dell’URSS. Anche le regolazioni tra gli Stati, nel blocco collettivista, erano in qualche misura rigide. Era la stabilità esterna a garantire la stabilità interna, obiettivo e nello stesso tempo condizione per il successo della moneta e dell’economia tedesca.
La stabilità esterna, proprio negli anni in cui vennero stipulati i due Trattati, dell’AUE e del TUE, cominciava a vacillare. Nel 1999 sarebbe mancata del tutto. Oggi le condizioni del mondo esterno sono l’opposto della stabilità.

23. Adamo Smith affermava che il duplice evento della scoperta delle Americhe e della apertura della via marittima delle Indie, costituiva la più grande rivoluzione che vi fosse mai stata a partire dall’inizio della storia del mondo. Aveva visto giusto. Eppure la rivoluzione attualmente in corso nel mondo, quale si è sviluppata negli ultimi tre decenni e poco più, distacca alla grande quella antecedente, per innovatività, ampiezza dei risultati, velocità in cui gli stessi si producono.
Cosa è accaduto nel mondo a partire dal 1982, qualche anno in più, qualche anno in meno? Tutto è partito dalla informatica. Il distretto di Silicon Valley, cui si doveva l’innovazione, aveva elaborato sulla sua base il progetto di guerre stellari. Il Ministero USA della Difesa ne intuì la importanza strategica e le potenzialità. Avrebbe restituito agli USA il primato tecnologico, assoluto alla fine del conflitto, in seguito affievolitosi.
La Presidenza USA (Reagan) sostenne la proposta. In qualche decennio nulla sarebbe stato più come prima. Si farà cenno tra poco di alcuni tra i moltissimi sviluppi. Un esame analitico e completo porterebbe troppo lontano. Ma una loro manifestazione recente non potrebbe non essere segnalata. E’ significativa. Mentre miliardi di uomini vivono e si agitano sul pianeta, un piccolo nucleo di donne e di uomini convive da anni in una stazione orbitale. Vi si trattengono per periodi definiti, sempre più lunghi. Provengono dai più diversi Paesi. La convivenza è pacifica ed ordinata. Astronavi periodicamente vi recano cosmonauti che sostituiscono quelli che hanno completato le missioni ad essi specificamente affidate. Vi trasportano viveri. I terrestri hanno creato un satellite minuscolo. Un piccolo pianeta che orbita intorno alla terra e che con la terra mantiene contatti “umani”. In ciò la sua straordinarissima novità.

24. I fattori dello sviluppo, quindi della grandiosa rivoluzione in corso, formano serie distinte. I loro effetti si sono consolidati, incrociati, integrati come sempre accade quando più fattori operano in uno stesso ambito. In questo caso il loro numero è enorme e l’ambiente è quello del “globo” nella sua interezza.
Una prima serie causale è quella delle variazioni a livello di individui singoli e delle collettività cui gli stessi danno luogo. Tutti, dovunque si trovino, possono oggi avere facile accesso a qualsiasi tipo di informazione, comprese quelle di carattere culturale, scientifico, tecnico, politico, della convivenza sociale, e così via. Tutti possono esporre le proprie opinioni su qualsiasi tema e renderle disponibili a chiunque voglia conoscerle. Tutti possono comunicare con qualsiasi mezzo da un luogo all’altro del globo in tempo reale. In qualsiasi tipo di rapporto, scientifico, di lavoro o di altro tipo, la collaborazione organizzativa e nel lavoro ed il controllo possono aversi anche tra soggetti operanti in luoghi molto distanti. Ci si può recare liberamente quasi dappertutto. Le merci vengono trasferite in grandi volumi in luoghi lontani con mezzi e tecniche velocissimi. I costumi di vita e collettivi, in dipendenza da questa ed altre trasformazioni, si sono dovunque a loro volta radicalmente modificati, in larga parte omogeneizzati. Il che incide sui consumi, quindi sulle produzioni, sui servizi. Anche sul peso dell’umanità, sui singoli territori e sul globo.

25. Una distinta serie causale concerne le istituzioni. Una parte molto attiva ha svolto e svolge una istituzione le cui origini risalgono agli anni ’60 del secolo scorso. La sua importanza è andata continuamente crescendo. E’ autonoma protagonista degli attuali processi di trasformazione. Va sotto il nome di “finanza internazionale”. E’ un sistema che opera fuori dal controllo delle banche centrali. I soggetti che la compongono non sono tutti esattamente identificati. Vi partecipano, venendo denominati come “sovrani”, “fondi” istituiti da Stati, che non perseguono fini pubblici specifici. Anche gli strumenti di cui la finanza internazionale si avvale non sono tutti identificati. Sono riconducibili, sembra, alla denominazione omnicomprensiva di “derivati”. Alla finanza internazionale vengono attribuite le più varie responsabilità. La “finalità” specifica è il profitto. Quanto realizzato viene reinvestito. Concorrono alla finanza internazionale organismi illeciti, che operano nei settori della droga, della vendita di donne, bambini, organi umani ed altro, per investire gli ingenti ricavi e anche per ripulirli. Di recente ha acquistato una certa diffusione una novità rappresentata dalla moneta elettronica. Gli emittenti ed i gestori restano sconosciuti.
La finanza internazionale ha avuto probabilmente una parte non trascurabile, che peraltro si è riusciti a celare, nella redazione della nuova disciplina dell’UE e dell’euro. In particolare per quanto riguarda i principi della libertà di impresa, della eliminazione dei poteri autoritari degli Stati nella economia, nell’apertura dei mercati, nella riduzione dei dazi doganali, ed altro.
Un ruolo decisivo la finanza internazionale ha svolto nel porre a disposizione dei mercati gli ingenti volumi di risorse necessarie per gli imponenti investimenti che venivano realizzati.
A livello istituzionale grandi novità, alcune inattese, sono state la apertura al mercato(1978) di una prima fascia costiera della Cina, cui presto altre se ne sarebbero aggiunte. Fu una decisione di Deng, il leader cinese che era riuscito a concentrare, dopo Mao, l’intero potere nelle sue mani. Preesistevano segni di risveglio. Dai primi anni del 1980, come in anni ormai lontani vi era stata la “lunga marcia” verso il potere di Mao, cominciò in Cina la “grande marcia” nella direzione della crescita. Il Paese conta ora un miliardo e più di trecento milioni di persone, si è sviluppato ad un tasso medio del 9%, passando dalle condizioni di Stato con medio sviluppo (numero 98 in una classifica risalente al 1997, Rapporto sullo sviluppo umano, 1999) a quello di seconda economia del mondo.
Nel 1990 le due Germanie si riunificavano. Nel 1991 l’URSS implose. Nel 1986 venne stipulato l’AUE, cui avrebbe fatto seguito nel 1992 il TUE. Dell’Unione europea si è già trattato, ed ancora si tratterà. Fa parte del TUE anche una norma scarsamente citata, la cui influenza sui processi di trasformazione del mondo sarebbe stata importante, forse decisiva. Ci si riferisce all’art. 110 TUE che consacra l’intendimento dell’Unione di “contribuire allo sviluppo armonico del commercio mondiale, alla graduale soppressione della restrizione degli scambi internazionali ed alla riduzione delle barriere doganali”.
Il messaggio dell’Unione fu raccolto. Nel 1994 l’Uruguay Round, la complessa trattativa nella quale si concordarono tariffe doganali uniformi per la grande parte delle merci scambiate nel commercio mondiale, giunse a conclusione. Il 1.1.1995 fu creata la World Trade Organization (WTO).

26. Abbiamo citato la disponibilità di liquidità sufficiente per volumi di investimento di qualsiasi dimensione e l’affievolimento generalizzato delle barriere doganali. Dobbiamo aggiungere la trasformazione in Stati indipendenti di anteriori componenti dell’URSS. Disponevano di grandi quantità di materiale nucleare residuato, oltre che di riserve di petrolio e di materie prime. Nello stesso tempo antecedenti colonie si trasformarono in Stati indipendenti, in Asia e in larga parte dell’Africa. Si realizzò presto che questi vasti territori possedevano enormi ricchezze, non solo di petrolio, ma anche di materie prime “rare”, la cui valorizzazione ed il conseguente elevatissimo prezzo, era frutto delle straordinarie innovazioni scientifiche. I nuovi Stati disponevano anche di vasti territori, utilizzabili per produzioni agricole di interesse di altri Paesi, in particolare la Cina. Va aggiunto che i nuovi Stati ed anche Cina ed India disponevano nell’immediato di serbatoi, che apparivano inesauribili, di mano d’opera a bassissimo costo. Si inserivano nel processo, come fattore non secondario, i ricchissimi Stati del Golfo, nei cui territori sono concentrate le maggiori risorse petrolifere. Nel passato avevano impiegato scarsamente le loro risorse in “loco”, per ragioni culturali ed anche p

22/11/2013, 12:17

E' STATO UN CRIMINE CONTRO ... L'UMANITA'! [:142]

Stipendi e pensioni .... DIMEZZATI! [:(!]

22/11/2013, 16:56

L'Ucraina volta le spalle alla Ue. Stop all'accordo di associazione

Congelate le trattative con l'Unione. Il governo annuncia la ripresa di un "dialogo attivo" con la Russia. Delusione a Bruxelles, soddisfatto il Cremlino, che non vedeva di buon occhio il trattato

Kiev, 22 Novembre 2013

Un fallimento per l'Unione Europea, un successo per Vladimir Putin. Viene letta così, dai principali commentatori, la decisione dell'Ucraina di non firmare il trattato di associazione all'Ue al vertice del 29 novembre a Vilnius. Kiev ha inoltre annunciato la ripresa di "un dialogo attivo" con la Russia e gli altri membri dell'Unione doganale e della Comunità degli Stati indipendenti (ex Urss) per rafforzare i legami commerciali ed economici. "Prendiamo atto della decisione del governo ucraino - ha commentato l'Alto rappresentante per la politica estera dell'Unione, Catherine Ashton - E' motivo di delusione non solo per l'Ue ma, crediamo, per il popolo ucraino".

I contenuti del trattato
L'accordo di associazione dell'Ucraina è un testo di 1200 pagine che avrebbe dovuto rimuovere praticamente tutti i dazi sui prodotti ucraini esportati nei paesi dell'Unione europea e consentire, secondo molti economisti, di scongiurare la crisi finanziaria in vista entro la fine dell'anno. Il negoziato era iniziato nel 2008 e includeva anche un accordo di libero scambio. L'Ucraina, in quanto paese europeo, ha il diritto di chiedere l'ammissione all'Ue, una volta completamente soddisfatti una serie di criteri. La firma a Vilnius sarebbe stata un passo in questa direzione.


Polemica a Kiev
Il premier ucraino Mykola Azarov ha dichiarato che la decisione è dovuta solo a motivi economici e non strategici. La scelta del governo ha però scatenato le ire della minoranza in Parlamento. Il leader dell'opposizione, Arseniy Yatsenyuk, ha chiesto l'impeachment del presidente, Viktor Yanukovich. "Se si rifiuta di firmare l'accordo - ha tuonato - allora non si tratta solo di alto tradimento ma ci sono le basi per il suo impeachment e per la destituzione del governo".

La soddisfazione del Cremlino
Il congelamento dell'accordo rende felice in modo particolare il Cremlino, che non vedeva affatto di buon occhio il rafforzamento dei legati tra Kiev e l'Unione Europea. Il leader russo Vladimir Putin - ha detto il suo portavoce - è soddisfatto per la decisione dell'Ucraina di tornare a sviluppare le proprie relazioni con la Russia.

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Ultima modifica di nemesis-gt il 22/11/2013, 16:56, modificato 1 volta in totale.

22/11/2013, 17:00

Siamo proprio i PIU' FESSI! [8)]
Perché non "facciamo fuori" Prrrrrrodi, così gl'intitoliamo anche una ... via? [:257] [:246]

23/11/2013, 12:02

Resta alto l’allarme suicidi: uno su due è un imprenditore

Nuovo allarme suicidi per crisi economica. Dall’inizio dell’anno si contano già 119 casi. A settembre e ad ottobre preoccupante escalation. A sostenerlo i risultati dello studio condotto da Link Lab, il Centro Studi e Ricerche Socio Economiche dell’Università Link Campus University. Dall’inizio dell’anno sale a 119 il numero delle persone che si sono tolte la vita perché schiacciate dal peso delle difficoltà che la crisi economica porta con sé. Il numero dei suicidi per ragioni economiche è tornato a salire vertiginosamente a settembre, con 13 episodi registrati, e nel mese di ottobre che conta addirittura 16 vittime. «E per novembre– dichiara Nicola Ferrigni, docente di Sociologia della Link Campus University e direttore del Centro Studi Link Lab – l’allarme resta ancora molto alto. Salgono complessivamente a 208 i suicidi registrati in Italia per motivazioni economiche dall’inizio del 2012 ad oggi. Non è possibile che vi siano cittadini e imprenditori che sempre più spesso trasformano una richiesta di aiuto in soluzioni estreme, come il suicidio, perché oppressi da debiti o perché oramai privati della speranza di trovare un’occupazione».

Un suicida su due è imprenditore. Il numero più elevato dei suicidi si registra ancora una volta tra gli imprenditori: 54 nei primi dieci mesi, il 45,4% del totale dei suicidi per motivi economici registrati in Italia dall’inizio dell’anno. «Una situazione di indebitamento o di fallimento dell’azienda, i debiti verso l’erario ma anche la negazione di finanziamenti da parte degli istituti di credito – prosegue il direttore del Centro Studi Link Lab – hanno infatti condotto ad una situazione di disperazione soprattutto gli imprenditori. Si tratta di uno scenario davvero allarmante che rappresenta le drammatiche difficoltà legate alla crisi economica in cui versa il nostro Paese e che richiede un intervento immediato da parte delle Istituzioni».

Cresce significativamente il numero dei disoccupati suicidi. Nei primi dieci mesi del 2013 sono cresciuti inoltre i casi di suicidio tra i disoccupati: si pensi che sono già 46 i suicidi tra i senza lavoro contro i 28 registrati nell’intero 2012.

La maglia nera ancora al Nord-Est con il Veneto in testa, aumento significativo nel Nord-Ovest.

Anche al Sud storica inversione di tendenza: in netto aumento il numero dei suicidi per motivi economici. Il Nord-Est si conferma l’area geografica con il numero più elevato di suicidi per ragioni economiche: se nel 2012 le regioni dell’Italia Nord orientale fanno registrare 27 casi, contro i 23 dell’Italia centrale, nei primi dieci mesi del 2013, le persone che hanno deciso di porre fine alla propria vita sono state 28 nel Nord-Est, a fronte dei 26 casi registrati al Centro. Cresce sensibilmente però il numero dei suicidi nell’area Nord-Ovest del Paese: sono infatti 25 gli episodi contro i 12 dell’intero 2012. Anche al Sud – continua Nicola Ferrigni – la situazione è decisamente preoccupante. Se si considera infatti che nel Mezzogiorno il tasso dei suicidi per crisi economica è sempre stato storicamente più basso rispetto alla media nazionale, il dato sull’incremento dei suicidi per ragioni economiche nelle regioni meridionali rispetto a solo un anno fa delinea scenari allarmistici. I suicidi, infatti, risultano raddoppiati passando dai 13 casi dell’intero 2012 a ben 25 tragici episodi nei primi dieci mesi dell’anno 2013».

Sono 15 i casi di suicidio registrati nelle Isole. L’analisi del dettaglio per regione, inoltre, rileva il primato del Veneto con 18 suicidi nei primi dieci mesi dell’anno. A seguire la Campania con 12 casi, Piemonte e Lazio con 11, Sicilia con 10, l’Emilia Romagna con 8, Toscana, Lombardia, Liguria e Puglia con 7. Chiudono l’Abruzzo con 6 episodi, la Sardegna con 5, le Marche con 4, l’Umbria con 3, il Friuli Venezia Giulia con 2 e la Calabria con un solo caso.

L’età degli autori del tragico gesto: le fasce medie le più vulnerabili. Le classi di età 45-54 anni e 55-64 anni risultano le più esposte, con 38 i casi di suicidio per ciascuna delle due fasce d’età. A seguire, il numero più elevato di suicidi si rileva tra i 35-44enni con 28 episodi. «I dati – dichiara Ferrigni, direttore del Centro Studi – sottolineano le gravi difficoltà di un segmento della popolazione, quello dai 45 ai 64 anni, che raccoglie soprattutto imprenditori e artigiani maggiormente esposti alle difficoltà e all’attuale andamento negativo del mercato. Non dimentichiamo che in questa fascia ritroviamo anche gli “esodati”, disoccupati over50 senza pensione».

Modalità prevalenti: impiccagione per i suicidi. L’analisi dei dati relativi ai primi dieci mesi del 2013 ha evidenziato come tra le modalità scelte dai suicidi prevalga l’impiccagione: sono 50 infatti gli episodi segnalati. Sono 16 invece i casi registrati tra coloro che hanno utilizzato un’arma da fuoco e 11 tra quanti sono precipitati nel vuoto. Tra le altre modalità utilizzate, la combustione e l’investimento ferroviario, l’affogamento, l’accoltellamento e l’incidente d’auto, l’avvelenamento, l’intossicazione da gas inerte, il taglio delle vene e il soffocamento.

Le motivazioni del tragico gesto. La crisi economica, intesa come mancanza di denaro o come situazione debitoria insanabile, la motivazione principale del tragico gesto e all’origine del 66,4% dei suicidi nei primi dieci mesi del 2013. Nello specifico si tratta di 79 episodi di suicidio riconducibili a tale motivazione. La perdita del posto di lavoro rappresenta la seconda causa di suicidio: 26 i casi registrati da gennaio ad ottobre di quest’anno. Numerosi inoltre coloro i quali si tolgono la vita perché non riescono a saldare i debiti verso l’erario (12 i casi registrati), mentre sono 2 i casi rilevati tra chi aveva difficoltà a riscuotere i crediti dovuti.

Tentati suicidi: in aumento rispetto al 2012. Preoccupante e significativo anche il numero dei tentati suicidi: sono infatti 59 le persone che dall’inizio del 2013 hanno provato a togliersi la vita per motivazioni riconducibili alla crisi economica, tra cui 48 uomini e 11 donne, contro i 48 casi registrati nell’intero 2012. Complessivamente dall’inizio del 2012 sale quindi a 107 il numero dei tentativi di suicidio registrati in Italia per motivazioni economiche.

Allegato – STUDIO Suicidi per crisi economica novembre 2013



Fonte: http://www.lindipendenza.com/resta-alto ... renditore/

http://www.signoraggio.it/resta-alto-la ... renditore/


....ma di tutte queste tragedie,e' mai possibile che nessuna ne debba rispondere?????????????????????????
Ultima modifica di ubatuba il 23/11/2013, 12:03, modificato 1 volta in totale.

23/11/2013, 14:45

ubatuba ha scritto:
....ma di tutte queste tragedie,e' mai possibile che nessuna ne debba rispondere?????????????????????????


Ohhh.... certo che sì, caro Uba........ [:)]

Un giorno ne risponderà Napolitano, Letta, Monti,
Berlusconi, Amato, Prodi, Draghi e compagnia cantante.....

Ne vedremo delle belle....... [:o)]

23/11/2013, 15:34

Sai da quanto sento questa frase TTE? [8)]
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