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MessaggioInviato: 05/11/2013, 12:55 
Kepler-78b: Il Misterioso Pianeta Terrestre Che Non Dovrebbe Esistere


In questi ultimi anni abbiamo scoperto pianeti di ogni tipo, dai più normali ai più assurdi! Da quelli che somigliano alla Terra a quelli che non somigliano a nulla di quello che abbiamo nel Sistema Solare, come giganti gassosi vicinissimi alle proprie stelle. Ma di tutte le stranezze scoperte fino ad ora, Kepler-78b è forse uno dei casi più memorabili. Questo mondo di lava e roccia fusa gira intorno alla propria stella ogni 8 ore e mezza, ad una distanza di neanche 1.6 milioni di km! Secondo qualsiasi teoria di formazione planetaria, non dovrebbe esistere! Ma non tanto perché è troppo vicino (che è già assurdo di suo), ma perché non può essersi formata li, e non c'è modo per cui potrebbe essersi spostata fino a li! Quindi che ci fa in quest'orbita?

"Questo pianeta è un completo mistero" ha spiegato David Latham, astronomo del Centro di Astrofisica della Harvard-Smithsonian. "Non sappiamo ne come si è formato, ne come è arrivato dov'è oggi."
"Quello che sappiamo che è non durerà per molto, e la sua vita finirà molto presto (in termini astronomici)." ha aggiunto poi Dimitar Sasselov, astronomo dello stesso centro.

Per rendere le cose ancor più incredibili, Kepler-78b è anche estremamente simile alla Terra! E' il primo esopianeta scoperto con una densità e dimensione paragonabile al nostro pianeta. Ha una massa circa 2 volte quella della Terra, ed una dimensione circa 20% maggiore, con un diametro di 14.800 km. La densità simile a quella del nostro pianeta porta a pensare che sia composto in buona parte da roccia e ferro.

Ma torniamo all'orbita del pianeta: "Quando la stella Kepler-78 è nata, era più grande di oggi, e l'orbita del pianeta sarebbe stata dentro la stella, quindi è impossibile che si sia formato qui. Data l'età della stella, è impossibile pensare che si è formato più lontano per poi migrare verso l'interno, perché sarebbe già dovuto precipitare nella stella. Attualmente, questo pianeta è un'enigma." ha spiega Sasselov.

Secondo Latham, Kepler-78b fa proprio parte di una nuova classe di pianeti diversi, identificati recentemente nei dati della sonda Kepler della NASA. Questi pianeti sono mondi con orbite che durano tutte meno di 12 ore e sono generalmente di dimensioni terrestri. Kepler-78b è il primo pianeta di questa nuova classe ad essere stato misurato e studiato in dettaglio.

Il team di astronomi che si è occupato di queste misurazioni ha usato un nuovissimo spettrografo ad altissima precisione, chiamato HARPS-North, montato sull'Osservatorio Roque de los Muchachos, sull'altopiano La Palma. Hanno coordinato poi il loro lavoro con un secondo team indipendente che ha usto lo spettrografo HIRISE montato sul Keck Observatory, alle Hawaii. Le misurazioni dei team sono perfettamente in accordo, e questo aumenta molto la fiducia nei risultati.

Secondo Latham, Kepler-78b fa proprio parte di una nuova classe di pianeti diversi, identificati recentemente nei dati della sonda Kepler della NASA. Questi pianeti sono mondi con orbite che durano tutte meno di 12 ore e sono generalmente di dimensioni terrestri. Kepler-78b è il primo pianeta di questa nuova classe ad essere stato misurato e studiato in dettaglio.

Il team di astronomi che si è occupato di queste misurazioni ha usato un nuovissimo spettrografo ad altissima precisione, chiamato HARPS-North, montato sull'Osservatorio Roque de los Muchachos, sull'altopiano La Palma. Hanno coordinato poi il loro lavoro con un secondo team indipendente che ha usto lo spettrografo HIRISE montato sul Keck Observatory, alle Hawaii. Le misurazioni dei team sono perfettamente in accordo, e questo aumenta molto la fiducia nei risultati.

In termini astronomici siamo molto fortunati ad essere riusciti a beccare ancora il pianeta intero, perché le maree causate dalla gravità della propria stella, porteranno il pianeta ad essere fatto a pezzi entro i prossimi 3 miliardi di anni.

Ma quanto è davvero eccezionale un simile pianeta? Gli astronomi si stanno chiedendo se potrebbe essere comune e se forse anche il nostro Sistema Solare ha divorato pianeti nel suo passato.
Infondo la stella Kepler-78, distante 400 anni luce da noi, è della stessa classe G del nostro Sole.

http://www.cfa.harvard.edu/news/2013-25

http://www.link2universe.net/2013-11-05 ... -esistere/

non dovrebbe esistere,secondo le ns conoscenze,ma dovremo coesistere con le incognite e le sorprese,e non dare mai nulla x scontato..[;)]


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MessaggioInviato: 06/11/2013, 05:28 
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RigelDiOrione ha scritto:


Volevo aggiungere un appunto, in generale.
Non sarebbe meglio cambiare il nome al thread, dato che si sta portando avanti un discorso exoplanets ben più articolato del semplice "3 pianeti scoperti da Kepler"?

Una roba tipo "Exoplanet News"...che fa figo e potrebbe favorire "contatti" anche esteri (avendo fortuna, interlocutori stranieri compresi!)

E' un piacere leggervi.
Alla prossima. [:)]



Te possino uba, quando l' ho proposto io non mi hai dato retta... [:D]


Cita:
ubatuba ha scritto:

non dovrebbe esistere,secondo le ns conoscenze



Invece esiste, allora le nostre conoscenze sono sbagliate... [8D]



_________________
Per quanto possa essere buia la notte sulla Terra, il sole sorgerà quando è l' ora, e c' è sempre la luce delle stelle per illuminarci nel cammino.

Non spaventiamoci per quando le tenebre caleranno, perchè il momento più buio è sempre prima dell' alba.

Noi siamo al tramonto, la notte è ancora tutta davanti, ma alla fine il sole sorgerà anche stavolta. Quello che cambia, è quello che i suoi raggi illumineranno. Facciamo che domani sotto il Sole ci sia un mondo migliore.
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MessaggioInviato: 06/11/2013, 11:57 
Cita:
Aztlan ha scritto:

Cita:
RigelDiOrione ha scritto:


Volevo aggiungere un appunto, in generale.
Non sarebbe meglio cambiare il nome al thread, dato che si sta portando avanti un discorso exoplanets ben più articolato del semplice "3 pianeti scoperti da Kepler"?

Una roba tipo "Exoplanet News"...che fa figo e potrebbe favorire "contatti" anche esteri (avendo fortuna, interlocutori stranieri compresi!)

E' un piacere leggervi.
Alla prossima. [:)]



Te possino uba, quando l' ho proposto io non mi hai dato retta... [:D]


Cita:
ubatuba ha scritto:

non dovrebbe esistere,secondo le ns conoscenze



Invece esiste, allora le nostre conoscenze sono sbagliate... [8D]


ciao aztlan,come detto non dobbiamo dare nulla x scontato.ed essere molto aperti,in quanto le ns conoscenze hanno un limite terreno,se non inferiore...

sul fatto che pure tu avevi proposto il cambio del titolo,sinceramente non lo avevo letto...e.....scusami aztlan....sai l'eta'......la bici...... [:246]

[:246]etc etc....


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MessaggioInviato: 07/11/2013, 16:13 
Cita:
ubatuba ha scritto:


ciao aztlan,come detto non dobbiamo dare nulla x scontato.ed essere molto aperti,in quanto le ns conoscenze hanno un limite terreno,se non inferiore...



Sono perfettamente d' accordo.


Cita:
ubatuba ha scritto:


sul fatto che pure tu avevi proposto il cambio del titolo,sinceramente non lo avevo letto...e.....scusami aztlan....sai l'eta'......la bici...... [:246]

[:246]etc etc....



Figurati, dicevo così per scherzo, non sono ancora così permaloso. [;)] [:D]



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MessaggioInviato: 10/11/2013, 17:33 
Kepler, forse si rinasce

Il telescopio orbitante potrebbe riprendere il suo operato sfruttando un ingegnoso sistema per mantenerlo stabile sfruttando la luce solare


Dopo che per mesi la NASA ha pianto la fine delle capacità operative della sua missione del telescopio orbitante Kepler, l'agenzia spaziale statunitense potrebbe aver trovato un piano B per continuare la caccia a nuovi pianeti, usando l'aiuto della luce del Sole. Nella primavera scorsa la NASA aveva annunciato che i giroscopi del telescopio lanciato nel 2009 si erano rotti. Un disagio prevedibile dopo quattro anni di missione. Peccato che sono proprio i giroscopi a mantenere stabile e immobile il telescopio, che altrimenti non può osservare il passaggio dei pianeti.
La nuova vita di Kepler (K2, si chiamerebbe la missione) renderebbe possibile osservare una porzione più ampia di cielo rispetto a quella finora scrutata dal vecchio Kepler, portando (si spera) a catturare una maggiore varietà di nuovi pianeti. Kepler è stato progettato per fissare intensamente un unico pezzo di cielo per anni e anni, a caccia di pianeti misurando la luminosità delle stelle attorno alle quali orbitano. Con la nuova missione si potrebbero scoprire pianeti anche più vicino alle stelle rispetto alla distanza tra il Sole e la Terra. Quando i pianeti passano davanti a quelle stelle, Kepler nota l'affievolirsi della luce delle stelle stesse.
Dopo l'imprevisto del maggio scorso (la rottura del secondo giroscopio di scorta - ne ha a bordo quattro) Kepler non può più gestire al massimo la sua rotazione, soprattutto a causa della luce solare che, cadendo su un solo lato, rende i movimenti del telescopio instabili. Come spiegano i responsabili della missione, non si può spegnere il Sole ma lo si può sfruttare. La squadra di Kepler ha ideato un modo per mantenere il telescopio immobile per un lungo periodo di tempo, impedendogli di ruotare, manovrandolo in modo da mantenere la quantità di luce solare sempre pari su entrambi i lati. "È come mantenere in equilibrio un penna su dito", ha detto Sobeck. Con questo metodo potrebbero tenerlo fisso su una porzione di cielo per almeno due o tre mesi, prima di girarlo verso un'altra porzione di cielo.
Dato che Kepler ha bisogno di vedere un pianeta almeno tre volte in modo da accertarne la scoperta, questo frequente spostamento limiterà le osservazioni: potranno essere avvistati pianeti che impiegano da 20 a 30 giorni per orbitare intorno alle loro stelle madri. Tali pianeti sarebbero più vicini alla loro stella di quanto non lo sia Mercurio, che impiega 88 giorni per girare intorno al Sole. Ma perlomeno attorno alle nane rosse, quei pianeti così vicini si troverebbero comunque all'interno della cosiddetta zona abitabile - la regione intorno alla stella in cui le temperature permettono all'acqua liquida di esistere (come sulla Terra).
Kepler ha portato a casa un bottino di 3500 possibili esopianeti. L'esistenza di alcuni di questi è confermata, altri sono ancora classificati come pianeti candidati, ma i risultati indicano una Via Lattea brulicante di mondi potenzialmente abitabili.

Fonte: MEDIA INAF
http://www.skylive.it/NotiziaAstronomic ... inasce.txt

...e' una notizia interessante,come si vede con un po di buona volonta'magari si trovano le tutte soluzioni .....[;)]


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MessaggioInviato: 14/11/2013, 10:37 
Con la scoperta di migliaia di nuovi pianeti fuori dal Sistema Solare, negli ultimi anni si è intensificata molto anche la ricerca di nuovi modi per cerare vita su questi mondi lontanissimi. Secondo un nuovo modello, quello che dovremmo cercare non è tanto un pianeta blu, come la nostra cara vecchia Terra, ma un pianeta rosa! Se si ripensa alla nostra storia, si scopre che alcuni dei primissimi microorganismi terrestri erano viola e dominavano l'ecosistema planetario. Tanto erano comuni che l'alone della loro presenza era visibile dallo spazio! Secondo alcuni ricercatori, sarebbe possibile trovare simili segni anche su altri pianeti, e sarebbero segni relativamente sicuri della presenza di vita.


Precedenti ricerche avevano mostrato come potremmo essere capaci di trovare segni infrarossi della presenza di vegetazione, grazie ai segnali rilasciati dalle piante, mentre altri sistemi darebbero la caccia a composti chimici industriali, come quelli che sulla Terra sono contenuti in cose di tutti i gironi come la lacca per capelli.

Ma perché cercare proprio vita batterica? Principalmente perché abbiamo più possibilità di trovarla. I microorganismi hanno dominato il pianeta molto prima che nascesse la vita complessa, e continueranno a dominare anche molto dopo che la vita complessa si sarà estinta. Esther Sanromà, dell'Istituto di Astrofisica delle Isole Canarie, insieme ad i suoi colleghi, hanno scritto questa ricerca chiedendosi che tipi di microbi che sono esistiti sul nostro pianeta nel passato, potrebbero essere visibili distintamente dallo spazio, e come potremmo trovare casi simili noi su altri pianeti.

Così hanno creato un modello che riproducesse la Terra primordiale, per poi considerare idealmente vari scenari possibili, come la distribuzione dei continenti, la copertura di nuvole, e se la vita microbica è dominante sulla terraferma o nell'acqua. Hanno così scoperto che la nostra chance migliore sta nei microbi viola, che fioriscono sulla terra o lungo le coste ricche di nutrienti, e producono un segnale visibile nella luce totale riflessa dal pianeta. Se invece vivono negli oceani, non sono impossibili da vedere ma l'impresa diventa molto più ardua.

"Un mondo dominato da batteri viola potrebbe mostrarci uno spettro di luce molto interessante" ha aggiunto Lisa Kaltenegger, dell'Istituto di Astronomia Max Planck, in Germania, famosa per i suoi studi di astrobiologia, anche se non coinvolta direttamente in questo studio.

Per riuscire ad avere dati di questo genere, dobbiamo però riuscire a catturare la luce riflessa direttamente dai pianeti, e questa è un'impresa molto più facile a dirsi che a farsi. Le speranze di tutti sono con il lancio del James Webb Space Telescope, nel 2018. Grazie alle sue enormi ed avanzatissime ottiche, il telescopio spaziale ad infrarossi potrebbe catturare la luce di una moltitudine di pianeti, e se siamo fortunati, anche ad una risoluzione abbastanza alta da riuscire ad intravedere simili segni. Altrimenti dovremmo aspettare la nuova generazione futura di telescopi ed osservatori.

http://arxiv.org/abs/1311.1145
http://www.link2universe.net/2013-11-13 ... terrestre/

di materiale su cui indagare e'+ che abbondante,il problema consiste nel dove nel come e cosa possa essere il pianeta in cui sia possibile una qualke forma di vita [;)]


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MessaggioInviato: 29/11/2013, 11:48 
Per identificare pianeti extrasolari che siano candidati plausibili a ospitare la vita è bene seguire criteri restrittivi nella definizione della zona abitabile di un sistema solare. A raccomandarlo è un gruppo di ricercatori della Pennsylvania State University, che sui “Proceedings of the National Academy of Sciences” analizzano il concetto in vista di future missioni spaziali per la ricerca di esopianeti, come la missione Terrestrial Planet Finders (TPF), in corso di progettazione da parte della NASA, ma non ancora finanziata, e di analoghi progetti allo studio da parte dell'ESA, l'agenzia spaziale europea.

La zona abitabile di un sistema solare è l'area al cui interno si trovano le orbite che permettono ai pianeti di mantenere l'acqua allo stato liquido. La capacità di un pianeta di conservare sulla propria superficie acqua allo stato liquido è infatti tradizionalmente considerata una delle condizioni essenziali perché possa svilupparsi la vita. In tempi recenti tuttavia, alcuni ricercatori hanno proposto di ampliare la definizione – e quindi l'ampiezza della zona da considerare abitabile – per includervi anche i pianeti aridi perché troppo vicini alla loro stella, che però potrebbero conservare acqua allo stato liquido negli strati sottostanti alla superficie.

Sulla base di queste ipotesi sono state così fornite stime estremamente ottimistiche sulla probabilità di trovare pianeti rocciosi abitabili attorno a stelle abbastanza simili al Sole, come le cosiddette nane M, le stelle piccole e relativamente fredde che appartengono alla classe spettrale più comune nell'universo conosciuto.



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Diagramma che definisce l'ampiezza delle zone abitabili in funzione del flusso di raadiazione che raggiunge in pianeta e del tipo spettrale della stella. (Cortesia J.F.Kasting et al./PNAS)Nella loro analisi, James F. Kasting e colleghi, pur non escludendo in linea di principio che possano esistere pianeti di quel tipo, osservano che per le nane M la distanza di

un pianeta dall'astro non deve essere inferiore a 0,59 unità astronomiche perché sia un candidato plausibile a ospitare la vita.

Inoltre, l'adozione di un'accezione più ampia di zona abitabile porrebbe un problema non indifferente: nell'atmosfera di un pianeta al confine di una zona abitabile così ampia potrebbero essere presenti biomarcatori diversi da quelli solitamente considerati, il cui significato sarebbe particolarmente ambiguo da interpretare. E poiché studiare eventuali depositi sotterranei d'acqua liquida in simili pianeti è virtualmente impossibile, le osservazioni dovrebbero continuare a concentrarsi sulla ricerca di acqua in superficie.

Sulla base dei dati provenienti dal Kepler Space Telescope, che ha raccolto informazioni su pianeti extrasolari in transito per quasi quattro anni, di un ricalcolo dei flussi di radiazione solare sui pianeti in base alla loro distanza dalla stella e di una valutazione ponderata delle diverse definizioni di zona abitabile proposte, i ricercatori sono giunti a stimare in 0,4-0,5 la frequenza di pianeti simili alla Terra nelle zone abitabili delle stelle nane M e delle stelle K. Ossia, per trovare quattro pianeti potenzialmente simili alla Terra, gli astronomi dovrebbero tenere sotto controllo le zone abitabili dei sistemi solari di circa dieci di queste stelle.

http://www.lescienze.it/news/2013/11/26 ... 29-11-2013


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MessaggioInviato: 01/12/2013, 17:56 
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Paragone tra il Sistema Solare (con le orbite in blu) ed il nuovo sistema scoperto, KOI-351. L'illustrazione è creata dal Centro Aerospaziale della Germania (per questo i nomi sono in tedesco). Credit: DLR

Un team di astronomi europei è riuscito a scoprire un sistema planetario incredibilmente complesso e vasto. Di solito troviamo un pianeta qui, uno la, alle volte due o persino tre, ma KOI-351 è composto da ben 7 pianeti ed è uno dei più simili al Sistema Solare mai trovati (sebbene con notevoli differenze). Il sistema KOI-351 ( KOI sta per "Kepler Object of Interest" ) era rimasto nascosto nell'enorme quantità di dati raccolti dall'osservatorio Kepler in questi ultimi 3 anni.

Questo sistema è particolarmente interessante non tanto per il numero dei pianeti e basta quanto per il modo in cui sono arrangiati: con pianeti rocciosi verso l'interno e pianeti gassosi verso l'esterno. Può sembrare scontato per noi che viviamo in un sistema simile, ma buona parte di quelli che abbiamo scoperto fino ad ora, hanno giganti gassosi in orbite molto vicine alla propria stella, e spesso non hanno neanche grandi pianeti rocciosi, o hanno pianeti simili a Nettuno al posto della Terra.

Astrofisici di tutto il mondo cercano da molto tempo un sistema così simile al nostro per mettere alla prova le teorie di formazione planetaria che abbiamo per spiegare la formazione ed evoluzione dei pianeti del nostro Sistema Solare. La scoperta di questo sistema è stata merito di un team di astronomi guidati da Juan Cabrera, del DLR (il Centro Aerospaziale della Germania). Tre dei sette pianeti orbitanti intorno alla stella KOI-351 sono stati scoperti già precedentemente ed hanno periodi orbitali di 331, 211 e 60 giorni, cioè simili a quelli di Terra, Venere e Mercurio.

I pianeti scoperti da Cabrera ed il suo team sono ancor più vicini alla stella ed hanno periodi orbitali di 7, 9, 92 e 125 giorni. Il pianeta più estero orbita a circa 150 milioni di km, cioè circa 1 Unità Astronomica (la distanza a cui orbita la Terra dal Sole). Quindi in qualche modo, l'intero sistema planetario di KOI-351 è grande quanto l'intero sistema solare più interno, entro l'orbita terrestre.

I pianeti più interni sono stati scoperti grazie alle interazioni gravitazionali continue tra i 7. Essendo così vicini, i pianeti si accelerano e rallentano a vicenda durante le loro orbite, e dopo aver scoperto i primi tre, gli astrofisici sono riusciti a calcolare più o meno dove dovrebbero essere gli altri e quanto sarebbero grandi. Successivamente hanno trovato i segnali della loro presenza nei dati di Kepler. I quattro nuovi pianeti scoperti, si trovano tutti più vicini alla loro stella rispetto a Mercurio dal nostro Sole.



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Paragone tra i vari sistemi planetari multipli trovati (incluso il nostro Sistema Solare). Credit: DLR

Il fatto che di tutti i sistemi planetari scoperti questo sia il più simile al nostro, la dice lunga su quanto sono diversi gli altri che abbiamo scoperto e quanto può variare la configurazione di un sistema planetario in generale. Siamo appena all'inizio di una vera rivoluzione nella nostra comprensione della formazione ed evoluzione dei sistemi planetari.
Ci sono diverse teorie riguardo a come potrebbe formarsi un simile sistema planetario, come la dispersione planetaria o la migrazione planetaria, ma come dicevamo, siamo ancora lontani dall'avere una possibile spiegazione.

"Non sappiamo come mai questo sistema si è formato in questo modo, ma abbiamo la sensazione che questo sarà il sistema chiave per capire la formazione planetaria in generale e la formazione del Sistema Solare in particolare." ha spiegato Cabrera.

Il team ripone molte speranze nella missione PLATO, attualmente candidata per il finanziamento completo da parte dell'ESA. Se succederà, sarà possibile esaminare molto più in dettaglio i sistemi planetari scoperti, come questo, e avere nuovi dettagli riguardo ai pianeti e la loro storia.

http://www.dlr.de/dlr/en/desktopdefault ... lery/12713

da link2universe

magari concentrando le attenzioni sul pianeta esterno che orbiterebbe + o -alla medesima distanza della terra dal sole,sarebbe cosa giusta,anke se poi e' necessario avere ulteriori notizie sulle varie condizioni di tale sistema,xo'la situazione e'alquanto simile ai pianeti interni orbitanti attorno al sole [;)].............................................


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MessaggioInviato: 04/12/2013, 14:33 
il "vecchio"ma sempre affidabile hubble,ha colpito ancora,spero che cio' sia un passo importante x la scoperta di pianeti con condizioni molto simili alla terra......pure se le condizioni di questi sono sull'estremo....
.........................................................................................................

Per la prima volta, gli astronomi hanno scoperto prove conclusive della presenza dell'acqua nelle atmosfere di ben 5 lontani pianeti in orbita intorno ad altre stelle. I due team hanno usto il Hubble Space Telescope ed hanno scoperto l'acqua nelle atmosfere di pianeti di tipo "gioviani caldi", cioè mondi grandi quanto o più di Giove, ma in orbite più strette di quella di Mercurio. "Riuscire a rilevare la presenza dell'atmosfera di un esopianeta è davvero straordinariamente difficile. Ma siamo riusciti ad ottenere un segnale davvero chiaro, e c'è dell'acqua!" ha spiegato Darke Deming, dell'Università di Maryland, alla guida di uno dei due team.

"Questo lavoro apre davvero la porta per la comparazione di quanta acqua è presente nelle atmosfere di differenti tipi di esopianeti, per esempio quelli caldi versus quelli freddi." ha spiegato Avi Mandell, scienziato planetario che ha guidato l'altro team.

I cinque pianeti sono estremamente interessanti ma anche se c'è dell'acqua, non immaginateli come bei posti dove andare a cercare forme di vita. Le temperature sono altissime e le condizioni sono davvero estreme. WASP-17b è un pianeta insolito, in un'orbita retrograda e mostra anche segni di sodio nella sua atmosfera. HD209458b è un monto più piccolo ma con enormi tempeste e oltre all'acqua contiene anche tracce di molecole organiche.
WASP-12b invece, oltre all'acqua contiene anche tanto carbonio, mentre WASP-19b è il pianeta con il periodo orbitale più corto di tutti i pianeti conosciuti! Un anno qui dura solo 0.7888399 giorni, o approssimativamente 18.932 ore. XO-1b invece è particolare perché è stato inizialmente scoperto da astronomi amatoriali!
Di tutti questi però, i segnali più forti arrivano da WASP-17b e HD209458b.

Attualmente, studiare le atmosfere degli esopianeti può essere fatto quando i pianeti passano davanti alle stelle. I ricercatori possono identificare i gas nell'atmosfera del pianeta determinando quali lunghezze d'onda della luce stellare vengono trasmesse e quali parzialmente assorbite. Il team di Deming ha impiegato una nuova tecnica, che fa uso di lunghe esposizioni, aumentando così la sensitività delle loro misurazioni.

In entrambi gli studi, gli scienziati hanno usato la grande potenza della camera WFC 3, di Hubble, per riuscire a trovare anche i più sottili segni dell'assorbimento della luce attraverso l'atmosfera dei pianeti. Le osservazioni sono state fatte in svariate lunghezze infrarosse, per determinare con assoluta certezza la presenza dell'acqua. "Questi studi, insieme alle altre osservazioni fatte da Hubble, ci mostrano che c'è un numero sorprendentemente grande di sistemi per cui il segnale dell'acqua è o attenuato o completamente assente" ha spiegato Heather Knutson, del Caltech, co-autrice della ricerca. "Questo suggerisce che le atmosfere nuvolose potrebbero essere molto comune per le atmosfere dei gioviani caldi."

http://hubblesite.org/newscenter/archiv ... 3/54/full/

http://www.link2universe.net/2013-12-04 ... sopianeti/


Ultima modifica di ubatuba il 04/12/2013, 14:34, modificato 1 volta in totale.

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Grandi notizie! Questo 2013 non smette di regalarci grandi scoperte storiche e in questo caso pare che un gruppo di scienziati ha trovato i primi indizi dell'esistenza di un'esoluna (cioè una luna esterna al sistema solare, orbitante un esopianeta, cioè un pianeta fuori dal sistema solare). Questo misterioso oggetto si troverebbe in orbita intorno ad un gigante gassoso a 1.800 anni luce da noi e avrebbe una dimensione metà di quella della Terra! Va usato il condizionale perché i dati devono ancora essere verificati in maniera indipendente, ma sembra davvero che questa è la volta buona!

Se esiste è un mondo davvero strano. Intanto perché si trova a 20 milioni di km dal suo pianeta, un grande gigante gassoso. Per darvi un idea, la Luna è in media a 384.400 km dalla Terra, e Ganimede, la luna più grande del Sistema Solare, si trova a 1.070.000 km da Giove. L'unica cosa che orbita così lontano dal suo pianeta è la piccola luna S/2003 J23, che orbita a 24.060.000 km da Giove. Ma si tratta di una roccia di appena 4 km in diametro, mentre qui si parla di una luna di dimensioni planetarie.

Per rendere le cose ancor più strane, la luna ed il pianeta sono orfani, cioè vagano nello spazio senza una stella! Anzi per l'esattezza, la luna potrebbe non essere sempre stata una luna, ma potrebbe essere stata un tempo un piccolo pianeta nel sistema in cui sono nati entrambi. Poi quando il gigante gassoso è stato espulso, uscendo ha intrappolato gravitazionalmente intorno a se anche un piccolo pianeta. Ci pensate? potreste risvegliarvi domani e vedere Giove che ci ruba e ci porta a spasso come sua luna, verso chissà dove nella Galassia.

Ma tornando seri, le esolune sono sull'agenda degli astronomi da molti anni, e c'è una vera corsa tra vari osservatori a chi riesce a trovare la prima storica prova di una luna fuori dal sistema solare. Fino ad ora è stato impossibile per via degli strumenti usati, non ancora abbastanza sensibili, ma questo oggetto è stato trovato con un metodo particolare, che usa l'intera gravità del pianeta (e della luna) come lente. La tecnica usata si chiama "gravitazional micro-lensing" e come dice il nome si tratta di un effetto che fa uso dell'azione della gravità sul tessuto dello spazio-tempo. In pratica, gli astronomi hanno osservato con estrema precisione la luce di una stella lontana, mentre questo pianeta e la sua luna sono passati davanti, tra noi e la stella. La gravità del pianeta ha piegato lo spaziotempo intorno a se ed ha così distorto momentaneamente la luce della stella. Guardando a come la luce è stata deviata, gli astronomi sono riusciti a ricostruire le caratteristiche di questo oggetto (il pianeta) e hanno scoperto delle variazioni che indicano anche la presenza di una luna massiccia.



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Il panello a sinistra mostra un'immagine nella banda-K del telescopio da 4 metri VISTA ed un zoom osservato dal Keck-2, centrato poi infine sulla stella MOA 2011-BLG-262, usata per il micro-lensing. A destra invece c'è un'immagine del Keck-2, in cui vengono mostrate le distanze rispetto ad alcune stelle vicine. Credit: ESO/Keck Observatory. D.P. Bennett et al.

Lo studio è stato presentato dall'astronomo David Bennett dell'Università di Notre Dame, in Indiana. L'evento osservato è avvenuto nel 2011 e sono stati usati alcuni dei più grandi telescopi al mondo. L'indizio sulla presenza della luna è fondato sul fatto che all'inizio hanno visto un'aumento della luce della stella di circa 70 volte, poi un calo, e poi, un'ora dopo circa, un secondo aumento. Questo suggerisce che un grande oggetto è passato davanti, ma poco dopo è passato anche un altro piccolo. Tuttavia, non è del tutto chiaro se i due oggetti sono un pianeta ed una luna, ed il team stesso ha identificato anche altri possibili scenari.

Nello scenario di base, quello ritenuto anche più probabile, gli oggetti sono relativamente vicini al nostro Sistema Solare, a circa 1.800 anni luce, e sono un pianeta con una massa 4 volte quella di Giove, con una luna circa metà della massa della Terra. Se questo fosse vero, il team potrebbe dire di aver trovato il primo esempio di una luna fuori dal Sistema Solare!
Nell'altro scenario però, la coppia di oggetti è molto più lontana da noi, e consiste in una stella molto piccola o una nana bruna, intorno a cui orbita un piccolo pianeta di massa simili a quella di Nettuno.

E' possibile che non riusciremmo a scoprire la risposta definitiva se non in un futuro in cui avremmo strumenti di molti ordini di magnitudo più potenti di quelli attuali. Il problema con l'effettuare un nuovo studio sul pianeta è che serve che passi con estrema precisione davanti ad una stella di cui sappiamo l'esatta luminosità.

In conclusione, non si può ancora scrivere la storia, ma di sicuro possiamo dire di avere tra le mani il primo esempio fondato di un candidato esopianeta con un'esoluna intorno a se.
Inoltre è anche molto affascinante pensare a quante altre cose potremmo scoprire in futuro con la tecnica del micro-lensing, man mano che i nostri strumenti diventano più potenti.

http://arxiv.org/pdf/1312.3951v1.pdf

http://www.link2universe.net/2013-12-19 ... za-stella/

un altro tassello di grande importanza si aggiunge,ora manca solo l'annuncio della presenza di esopianeta dalla similitudine terrestre [;)]


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Il grafico mostra l'analisi spettroscopica della luce di una stella mentre passa attraverso l'atmosfera di un esopianeta. I diversi picchi nello spettro corrispondono a particolari elementi chimici o composti. Credit: NASA

Conosciamo ormai più di 1.000 esopaneti, cioè pianeti fuori dal nostro Sistema Solare, e man mano che continua la caccia per altri mondi, continua anche la nostra ricerca di segni di mondi abitabili e vita! Ma per avere vita, serve una chimica adatta, e una delle cose che gli scienziati stanno cercando di determinare, e quanti di questi strani mondi che abbiamo scoperto fino ad ora, hanno gli elementi e composti chimici giusti per poter dare il via ai processi biotici come li conosciamo (qualcuno potrebbe dire che ci sono altri che non conosciamo, ma se non li conosciamo è difficile andare alla ricerca delle loro tracce, quindi la nostra opzione migliore per ora e cercare segni di quello che sappiamo riconoscere come vita). Questa ricerca è molto intrigante anche per capire com'è nata la vita qui sul nostro pianeta. Sappiamo che è partito tutto da reazioni tra complesse molecole organiche, ma i passi necessari per arrivare alla loro presenza sono ancora avvolti nel mistero.

Nuove ricerche suggeriscono però indizi riguardo alla presenza di molecole prebiotiche anche nelle atmosfere di alcuni di questi lontani pianeti, dove la polvere può fornire una piattaforma dove varie reazioni possono avvenire grazie all'energia fornita dal plasma intorno.

"Se la nascita della vita è come un puzzle, un enorme e complicatissimo puzzle, allora mi piacerebbe immagine le molecole prebiotiche come alcuni dei pezzi." ha spiegato Dr. Craig Stark, professore della St. Andrews University, che ha portato avanti questa ricerca. "Mettere insieme i pezzi permette di formare strutture biologiche più complicate, e quindi un quadro più riconoscibile. E quando tutti i pezzi sono al loro posto, il quadro che ne risulta è la vita."

Attualmente si ritiene che le molecole prebiotiche si formino intorno a piccoli granelli di ghiaccio nello spazio interstellare. Se da una parte questo potrebbe sembrarvi strano, date le condizioni nello spazio, dovete considerare il micro-cosmo che si forma intorno a questi piccoli granelli, che per quanto riguarda le reazioni chimiche di base può fornire un vero e proprio paradiso, tanto da riuscire anche a proteggere anche molecole complesse dalla radiazione nello spazio.

"Le molecole si formano sulla superficie della polvere, grazie all'assorbimento di atomi e molecole dal gas circostante" ha spiegato Stark in un'intervista a UniverseToday. "Se i giusti ingredienti per creare questi composti molecolari particolari sono disponibili, e le condizioni sono giuste, allora siamo in affari."

Quando parla delle giuste condizioni, Stark fa riferimento al secondo ingrediente necessario: l'energia. Le molecole semplici che popolano lo spazio sono già relativamente stabili, ma senza un'ulteriore energia non formeranno nuovi legami. Anche per quanto riguarda le teorie sulla nascita della vita sulla Terra c'è sempre una fonte di energia: vulcani, fulmini, impatti di asteroidi, etc.

Così, Stark ed i suoi colleghi si sono messi a studiare le atmosfere degli esopianeti dove la polvere che li copre è immersa in un plasma pieno di ioni positivi ed elettroni negativi. Qui, le interazioni elettrostatiche delle particelle di polvere nel plasma forniscono l'ambiente ad alta energia necessario per creare complessi composti prebiotici.

Nel plasma, i granelli di polvere si arricchirebbero velocemente di elettroni liberi, diventando carichi negativamente. Questo perché gli elettroni sono più leggeri, e quindi più veloci, rispetto agli ioni positivi. Una volta che i granelli di polvere sono carichi negativamente, iniziano ad attrarre un flusso di ioni positivi. Per riuscire però a testare tutto questo, gli autori hanno preso di mira un'atmosfera esemplare, che ha permesso loro di esaminare i vari processi che potrebbero trasformare il gas ionizzato in plasma, permettendo anche di determinare se il plasma potrebbe portare a reazioni abbastanza energetiche.

"Come prova del principio, abbiamo guardato alla sequenza di reazioni chimiche che ha portato alla formazione del più semplice aminoacido:la glicina." ha spiegato Stark. Tutti conosciamo gli amino-acidi perché sono la base delle proteine, peptidi ed enzimi, e quindi sono ideali molecole prebiotiche.
Il modello creato mostra che gli ioni nel plasma possono davvero essere accelerati fino ad energie abbastanza alte da permettere di attivare energie necessarie per la formazione di formaldeide, ammoniaca, cianuro di idrogeno e aminoacidi come la glicina." ha spiegato Stark. "Questo forse non sarebbe stato possibile se non ci fosse stato il plasma."

In conclusione, gli autori hanno dimostrato con successo che con modeste temperature nel plasma, c'è comunque abbastanza energia da formare molecole prebiotiche come la glicina. Temperature più alte potrebbero permettere anche reazioni più complesse e quindi molecole prebiotiche più intricate. Stark ed i suoi colleghi hanno dimostrato quindi una strada per ottenere molecole prebiotiche e quindi, potenzialmente, vita! Mentre l'origine della vita continua a rimanere un mistero per tanti aspetti, continuiamo a migliorare molto la nostra conoscenza, e, come direbbe lo stesso Stark, aggiungiamo ogni volta un nuovo pezzo del pulzzle.

http://arxiv.org/abs/1311.4408

http://www.universetoday.com/107442/pre ... mospheres/


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MessaggioInviato: 07/01/2014, 10:45 
A conferma di quanto vario è l'universo e quanto esotico può essere lo zoo di pianeti che lo abitano, un team internazionale di astronomi ha scoperto un pianeta di massa terrestre ma dalla caratteristiche simili a quelle di un gigante gassoso. KOI-34c è il più leggero pianeta mai scoperto di cui sappiamo sia la massa che la grandezza fisica. La grande sorpresa sta nel fatto che anche se ha una massa vicina a quella della Terra è 60% più grande in diametro, il che significa che è coperta da un'atmosfera gassosa estremamente vasta e spessa.

"Questo pianeta sarà anche di massa terrestre, ma non è certamente simile alla Terra" ha spiegato David Kipping, del Centro per l'Astrofisica (CfA) della Harvard-Smithsonian, che ha guidato il team che ha fatto la scoperta. "Questo dimostra che non c'è un confine netto che divide i mondi rocciosi come la Terra ed i mondi leggeri fatti di acqua e gas." Kipping ha presentato la sua scoperta durante la recente 223esima riunione della American Astronomical Society.

KOI-314c orbita intorno ad una stella nana rossa distante circa 200 anni luce da noi, e lo fa in circa 23 giorni. Il team stima una temperatura di oltre 93°C sulla sua atmosfera, quindi è tutt'altro che un mondo abitabile in alcun senso. La sua densità è di appena 30% maggiore di quella dell'acqua, e questo suggerisce che il pianeta è probabilmente avvolto da una significante atmosfera di idrogeno ed elio, spessa centinaia di km. Potrebbe aver iniziato la sua vita come un mini-Nettuno per poi perdere molta dell'atmosfera grazie alla radiazione della sua stella, così vicina.

Riuscire a pesare un pianeta così piccolo è stata una sfida non da poco. Convenzionalmente, gli astronomi misurano la massa di un esopianeta misurando le piccole variazioni nel modo in cui si muove la stella, che sono legate all'attrazione gravitazionale del pianeta. Questo metodo della velocità radiale è estremamente difficile da usare nel caso di un pianeta terrestre, ed il record precedente appartiene a Kepler-78b, che pesava 70% più della Terra.

Per pesare KOI-314c, il team si è affidato all'uso di una tecnica differente, conosciuta come TTV (transit timing variations). Questo metodo può essere usato quando più di un pianeta orbita intorno alla stessa stella. i due pianeti influenzano la stella, ma si influenzano anche tra di loro, cambiando leggermente il momento in cui arrivano a transitare davanti alla propria stella, rallentandosi o accelerandosi.

"Piuttosto che cercare una stella oscillante, cerchiamo un pianeta oscillante." spiega David Nesvorny, secondo autore e ricercatore presso il Southwest Research Institute (SwRI). "Kepler ha visto due pianeti transitare davanti alla stella stella, e li ha osservati durante svariati transiti. Misurando con precisione esattamente quando sono avvenuti i transiti, siamo riusciti a scoprire che i due pianeti sono legati in una danza orbitante molto intricata fatta di tante oscillazioni che tradiscono la loro massa."

Il secondo pianeta del sistema, KOI-314b, ha più o meno la stessa grandezza, ma è significativamente più denso, pesando fino a ben 4 volte la Terra. Orbita intorno alla sua stella ogni 13 giorni ed è in una risonanza 5:3 con il pianeta più esterno.

La tecnica dei TTV è molto giovane e risale ad appena il 2010. Questa nuova misurazione mostra però il grande potenziale che ha, particolarmente per quando si tratta di studiare pianeti di massa relativamente bassa, difficili da studiare con le tecniche tradizionali. "Stiamo portando la tecnica TTV alla maturità." ha spiegato Kipping.

Il pianeta è stato scoperto per caso da un team di scienziati mentre stavano cercando nei dati di Kepler. Curiosamente non stavano cercando pianeti ma segni di esolune (lune intorno ad esopianeti). Kipping è al capo di un progetto chiamato HEX (Hunt for Exomoons with Kepler) che analizza in dettaglio i dati ottenuti dalla sonda Kepler alla ricerca di segni di eventuali piccole lune intorno ai pianeti scoperti. E' interessante pensare che la tecnica usata per trovarli è sempre la TTV.

"Quando abbiamo notato che questo pianeta mostrava delle variazioni nel momento in cui passava davanti alla propria stella, l'impresa era chiaramente dovuta all'altro pianeta del sistema e non ad una luna. All'inizio eravamo un po' delusi perché non era una luna, ma poi abbiamo presto realizzato che si trattava di una misurazione davvero straordinaria" ha spiegato Kipping.

La ricerca sarà pubblicata sul giornale scientifico "The Astrophysical Journal".

http://www.cfa.harvard.edu/news/2014-01
http://www.link2universe.net/2014-01-07 ... terrestre/


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Esopianeta Beta Pictoris b visto attraverso il GPI (Gemini Planet Imager) dell'Osservatorio Gemini. Credit: Gemini/Christian Marois, NRC Canada

Dopo quasi un decennio di lavoro per il suo sviluppo, la costruzione ed i test, il più avanzato strumento al mondo per ottenere immagini dirette di esopianeti è finalmente entrato in funzione ed i risultati sono strepitosi! Lo strumento, chiamato "GPI" (Gemini Planet Imager), è stato costruito e ottimizzato per bloccare la luce delle stelle in modo da riprendere la pallida luce riflessa dai pianeti vicini. Oltre a questi, il GPI permette anche di osservare i dischi di gas e polvere intorno alle stelle più giovani. Una volta completato è stato montato sul Gemini South, un telescopio con uno specchio da 8 metri in diametro, che si trova in Cile.

Il pianeta fotografato è Beta Pictoris b, che orbita intorno alla stella Beta Pictoris, la seconda più brillante della Costellazione del Pittore. Il pianeta è molto ovvio nell'immagine sopra, a differenza di tante precedenti immagini simili. Beta Pictoris b è grande 60% in più di Giove, e questo aiuta sicuramente a vederla meglio, ma è distante 63 anni luce da noi.

Gli scienziati però promettono che questo è solo l'inizio. Moltissimi pianeti sono stati scoperti nell'arco degli ultimi due decenni, usando anche una varietà molto grandi di tecniche, ma abbiamo pochissime immagini dirette della luce dei pianeti e questo rende difficile effettuare analisi più approfondite riguardo alle condizioni su questi mondi, ma il GPI è stato costruito apposta per aiutarci in questo.

"La maggior parte dei pianeti che conosciamo sono stati scoperti attraverso metodi indiretti che ci dicono che dev'esserci un pianeta accanto ad una determinata stella, e al massimo ci dicono qualcosa sulla sua orbita e massa, ma non molto altro." ha spiegato Bruce Macintosh, del Lawrence Livermore National Laboratory, che ha guidato il team che ha costruito lo strumento. "Con il GPI possiamo fotografare direttamente i pianeti intorno ad altre stelle, è questo ci permetterà di comprendere la composizione atmosferica del pianeta e le sue caratteristiche."

Un'altro vantaggio non da poco di questo nuovo strumento è la sua velocità. "Anche queste primissime immagini di prova ci danno un risultati migliore di un fattore di 10 rispetto alla precedente generazione di strumenti." ha spiegato Macintosh. "In un minuto, vediamo pianeti che riuscivamo ad intravedere dopo ore precedentemente."



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Immagine di Beta Pictoris ottenuta da Hubble. Si può notare la presenza di due distinti dischi di polvere. Credit: NASA/ESA/STScl


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Immagine del disco intorno a Beta Pictoris, visto dagli occhi del VLT. Credit: ESO

Sopra potete vedere le precedenti migliori immagini di questo sistema, ottenute con Hubble ed il VLT, dell'ESO. Il GPI aggiunge tantissime nuove informazioni, e da agli astronomi molta più luce proveniente direttamente dal pianeta, in modo da effettuare analisi più fedeli riguardo alla composizione atmosferica di questo mondo.

Parlando del pianeta, Beta Pictoris b è molto giovane! Come potete vedere anche dall'immagine Hubble, l'intero sistema è ancora molto giovane ed è pieno di polvere. La stella dovrebbe avere appena 12 milioni di anni di età, mentre il pianeta ne ha meno di 10. La sua presenza è una prova concreta di come pianeti molto grandi possono formarsi molto rapidamente intorno alle stelle giovani.

"Riuscire a vedere un pianeta vicino alla propria stella dopo appena un minuto è stato molto eccitante, e ce l'abbiamo fatta già nella prima settimana di lavoro con il nuovo strumento appena montato sul telescopio!" ha aggiunto Fredrik Rantakyro, scienziato dell'osservatorio Gemini South. "Immaginate cosa saremmo in grado di fare quando perfezioneremmo le nostre tecniche per usarlo al meglio, con lunghe esposizioni."

Dopo essere riusciti a riprendere un pianeta, gli scienziati hanno usato lo strumento anche per riprendere il disco di polvere intorno ad un'altra lontana e giovane stella. Ecco l'immagine di HR4796A, a 237 anni luce da noi:



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Immagine del disco di polvere intorno alla stella HR4796A, ottenuta con il GPI dell'Osservatorio Gemini South. Credit: Gemini/Marshall Perrin, Space Telescope Science Institute

L'immagine a sinistra mostra il sistema in luce ottica che mostra sia la luce residua della stella che il disco di polvere. L'immagine a destra mostra invece solo la luce polarizzata. La luce rimasta dalla stella non è polarizzata quindi è rimossa. La luce dal bordo esterno del disco (a destra) è polarizzata in maniera più forte perché riflessa verso la Terra, e quindi ci appare più luminosa.

L'idea degli astronomi è che questo anello sia formato da asteroidi e comete che orbitano HR4796A, e forse prende la forma grazie all'interazione con pianeti ancora non rilevati, come succede per la forma degli anelli di Saturno, formati dalle sue lune pastore.

"Tutta la comunità di ricerca sugli esopianeti è molto eccitata dell'arrivo del GPI che ci spingerà in una nuova era della scoperta di altri pianeti" ha spiegato Sara Seager, fisico ed esperto di esopianeti presso il Massachusetts Institute of Technology. "Ogni tecnica per la scoperta degli esopianeti ha il suo momento di gloria. Per prima la tecnica della velocità radiale, poi la tecnica del transito, e adesso è il turno della tecnica della fotografia diretta."

Quest'anno, il team di GPI promette di fare scintille grazie ad un'indagine a tutto tondo di oltre 600 giovani stelle, per cercare di fotografare eventuali pianeti giganti intorno a loro.
"Un giorno, ci sarà uno strumento che somiglierà molto al GPI, su un telescopio spaziale. Quelle immagini e dati spettroscopici ci permetteranno di trovare i segni di un piccolo lontano punto blu, come la nostra Terra."

http://www.gemini.edu/node/12113

http://www.link2universe.net/2014-01-10 ... sopianeta/


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MessaggioInviato: 17/01/2014, 11:45 
Riuscire a scoprire lontani esopianeti non è impresa da poco, ma la difficoltà aumenta notevolmente se si cerca in un ammasso di milioni di stelle, compattate insieme. E' quasi come cercare il proverbiale ago nel pagliaio. Tuttavia, è proprio in questo che sono riusciti un gruppo di astronomi che hanno usato il cacciatore di pianeti HARPS, dell'ESO, insieme ad altri telescopi sparsi per il mondo. Le loro analisi hanno portato alla scoperta di ben 3 nuovi pianeti, ed uno di questo si trova intorno ad una stella che ha un'età e composizione molto simile a quella del nostro Sole.

Si sa ora che i pianeti in orbita intorno a stelle al di fuori dal Sistema Solare sono molto comuni. Questi esopianeti sono stati trovati intorno a stelle di una grande varietà di età e composizione chimica e sono sparsi in tutto il cielo. Ma finora solo pochissimi pianeti sono stati trovati in ammassi stellari.
Questo è particolarmente strano poiché è noto che la maggior parte delle stelle nasce negli ammassi. Gli astronomi si sono chiesti se ci fosse qualche diverso meccanismo nella formazione dei pianeti negli ammassi stellari per spiegare questa scarsità.

Anna Brucalassi (Max Planck Institute for Extraterrestrial Physics, Garching, Germania), prima autrice del nuovo lavoro, e il suo gruppo volevano saperne di più. "Nell'ammasso stellare Messier 67 le stelle hanno più o meno la stessa età e composizione del Sole. Questo lo rende un laboratorio perfetto per studiare quanti pianeti si formano in questo ambiente affollato e se si formano preferenzialmente intorno a stelle più o meno massicce."

L'equipe ha usato il cercatore di pianeti HARPS montato sul telescopio da 3,6 m dell'ESO all'Osservatorio di La Silla. Questi risultati sono stati integrati con le osservazioni di altri osservatori in tutto il mondo. Questo lavoro usa anche osservazioni dello strumento SOPHIE all'Osservatorio dell'Alta-Provenza in Francia, il telescopio svizzero Leonhard Euler da 1,2 m all'Osservatorio dell'ESO a La Silla in Cile e il telescopio Hobby Eberly in Texas, USA. Sono state seguite 88 stelle accuratamente selezionate in Messier 67 per un periodo di sei anni allo scopo di cercare i caratteristici piccoli moti delle stelle in avvicinamento o allontanamento dalla Terra che rivelano la presenza dei pianeti in orbita.
La maggior parte degli ammassi aperti si disperde dopo alcune decine di milioni di anni. Gli ammassi che si formano con un'alta densità di stelle possono rimanere insieme più a lungo. Messier 67 è un esempio di questi ammassi di lunga durata e uno dei più vecchi e meglio studiati vicino alla Terra.



ammasso si trova a circa 2500 anni luce da noi nella costellazione del Cancro e contiene circa 500 stelle. Molte di queste stelle sono più deboli di quelle che di solito si osservano nelle ricerche di esopianeti e cercare di rivelare un debole segnale dai possibili pianeti ha spinto HARPS al limite.

Sono stati scoperti tre pianeti, due in orbita a stelle simili al Sole e uno in orbita intorno a una stella gigante rossa più massiccia ed evoluta. I primi due pianeti hanno circa un terzo della massa di Giove e le loro orbite sono di sette e cinque giorni, rispettivamente. Il terzo pianeta invece impiega 122 giorni a compiere un giro intorno alla stella ospite ed è più massiccio di Giove, anche se ci sono dei limiti riguardo a queste stime. Le stime della massa dei pianeti ottenute con il metodo della velocità radiale sono limiti inferiori: se l'orbita del pianeta è molto inclinata, questo potrebbe avere una massa maggiore e creare gli stessi effetti osservati.



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Posizione nel cielo dell'ammasso stellare M67. Credit: ESO

Il primo di questi pianeti è in orbita intorno a una stella straordinaria - una di quelle più simili al Sole, un gemello solare quasi identico al Sole. È il primo gemello solare in ammasso di cui sia stato scoperto un pianeta.

Due dei tre pianeti sono "pianeti gioviani caldi" - pianeti simili a Giove in dimensione ma molto più vicini alla loro stella madre e perciò molto più caldi. Tutti e tre sono più vicini alla loro stella ospite della zona abitabile, dove potrebbe esistere acqua allo stato liquido.

"Questi nuovi risultati mostrano che i pianeti negli ammassi aperti sono comuni quasi come nelle stelle isolate - ma non sono facili da individuare", aggiunge Luca Pasquini (ESO, Garching, Germania), coautore del nuovo articolo. "I nuovi risultati sono in contrasto con lavori precedenti che non hanno trovato pianeti negli ammassi, ma è in accordo con altre osservazioni più recenti. Stiamo continuando a osservare questo ammasso per scoprire come le stelle con e senza pianeti differiscono in massa e composizione chimica."

http://www.eso.org/

http://www.link2universe.net/2014-01-15 ... llare-m67/


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MessaggioInviato: 31/01/2014, 03:42 
Possibilità di vita attorno ad Alpha Centauri B

Facciamo una valutazione preliminare sulla abitabilità dei potenziali pianeti extrasolari rocciosi intorno a Alpha Centauri B.

Usiamo diversi indici: l’indice della similarità della Terra, un modello matematico per la fotosintesi, e un modello per la produttività biologica. Considerando le atmosfere degli esopianeti similari alla attuale atmosfera della Terra, troviamo previsioni conformi sia dell’indice di similarità terrestre e sia del modello di produttività biologica.

Il modello matematico per la fotosintesi non ha chiarito il perché non venga considerata la temperatura in modo esplicito. Per il caso di Alpha Centauri B, diverse simulazioni danno 11 pianeti nella zona abitabile. Applicandole ai sopra citati, selezioniamo i cinque pianeti extrasolari più propensi alla vita fotosintetica.

Viene dimostrato che due di loro – in linea di principio – hanno migliori condizioni rispetto alla Terra per questo genere di vita.

Traduzione e adattamento a cura di Antonio De Comite tramite Google Translation.
http://ufoedintorni.wordpress.com/2014/01/27/possibilita-di-vita-attorno-ad-alpha-centauri-b/


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