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 Oggetto del messaggio: Orione e lo Zed
MessaggioInviato: 29/03/2013, 11:23 
Piero Magaletti, nel suo libro "Custodi dell'Immortalità" propone una ardita teoria partendo dalla classificazione del tutto anomala delle stelle della Cintura di Orione fatta nel lontano 1603 da J.Bayer, uno dei padri dell'astronomia moderna che prevedeva l'assegnazione di una lettera dell'alfabeto greco ad ogni stella appartenente a una determinata costellazione partendo da alfa.

Per Orione questa regola non è stata rispettata, e le lettere assegnate alle stelle della cintura vanno a comporre la parola ZED.

Quanto segue è stato tratto dal seguente sito:

http://www.spaziofatato.net/recmagaletti.htm

Non tutti gli studiosi sono convinti che le Piramidi di Giza siano edifici funebri; secondo R. Bauval, sono parte di un progetto unitario che riproduce sulla Terra la Cintura di Orione; secondo l’italiano M. Pincherle, Cheope cela al suo interno un pilastro di granito alto 60 metri, lo Zed. Queste ipotesi, mai prese in considerazione dagli egittologi, trovano in questo libro una conferma straordinaria.

Perché le tre piramidi riprodurrebbero la Cintura di Orione? Perché i tre sarcofagi sono collocati ad altezze diverse? E la costellazione di Orione riproduce davvero una figura maschile?

Sono solo alcune delle domande che trovano risposta nel libro di Pietro Magaletti, un appassionante viaggio tra i misteri dell’Antico Egitto che, unendo archeologia, astronomia, filologia, linguistica, mitologia e simbolismo esoterico, rivela l’autentico scopo delle tre piramidi: garantire l’immortalità all’anima del sovrano.

Il sospetto che la Piana di Giza nascondesse dell’altro è vivo ormai da decenni; ciò che mancava è la spiegazione definitiva di cosa avvenisse. Nel 1603, l’Uranometria di J. Bayer, uno dei padri dell’astronomia moderna, assegnava a ogni stella una lettera dell’alfabeto greco; le tre lettere delle stelle della Cintura di Orione formano il nome Z E D: un richiamo esplicito al pilastro che secondo Mario Pincherle è custodito nella piramide di Cheope.

L’esatta etimologia di Piramide e di Medjedu, il nome egizio di Cheope, è per entrambi “dimora del membro maschile”; lo Zed è quindi il membro di Osiride e il suo scopo era condurre l’anima del faraone nel grembo della costellazione di Orione, che non raffigura un uomo, ma la dea Iside.
La prova che le piramidi costituissero tre livelli di un percorso iniziatico di passaggio dalla morte alla vita deriva dall’osservazione dell’altezza crescente delle tre camere che contengono i sarcofagi, da Micerino a Cheope.

E non è tutto.
L’inizio del rito necessitava di un sacrificio umano, quello del faraone; la complessa cerimonia era scandita da due importanti fenomeni astrali; la sua conclusione suggellava la rinascita del re defunto nelle sembianze di una stella in cielo e l’incoronazione del nuovo Horus sulla Terra.
Qualcuno, nei secoli, è sempre stato a conoscenza di questo segreto e ne ha nascosto le prove nei luoghi più impensabili: atlanti stellari, monumenti, dipinti... Ora, per la per la prima volta, questo libro svela e commenta questi messaggi e ricostruisce dettagliatamente i passaggi della Cerimonia della Rinascita. La divulgazione di questa scoperta, frutto di 15 anni di lavoro, cambierà per sempre il nostro modo di intendere l’Antico Egitto e i suoi misteri.



Un estratto del libro: Le nebulose di Orione
Orione, il fiero gigante che domina il firmamento, sembra aver subito, nel corso dei millenni, una radicale distorsione della propria natura originaria: tutto lascia intendere che non si tratti affatto di un personaggio maschile. Il sospetto che possa riprodurre un soggetto femminile è alimentato da numerosi indizi: Paul Kunitzsch, esperto di fama mondiale di nomenclatura stellare, notò che gli Arabi si riferivano ad Orione con attributi femminili; l’analisi dei nomi delle stelle che la delimitano forniscono una prova ulteriore: Betelgeuse, che deriva dall’arabo Yad al-Jawz#257;, significa spalla, ascella o mano (Yad) di colei che sta al centro (al-Jawz#257; è un termine inequivocabilmente femminile); Bellatrix, la cui traduzione è la Guerriera, deriva dall’arabo Al Najid ed è anche conosciuta col nome di Amazzone.

Ma la caratteristica più rilevante è la presenza nel suo perimetro delle nebulose più grandi e spettacolari finora scoperte: raggruppate in una immensa formazione che oggi chiamiamo Spada di Orione, la M42 (Grande Nebulosa di Orione), la M43 (Nebulosa De Mairan), la NGC 1977 e la B33 (nota anche come Testa di Cavallo) si trovano poco al di sotto di Alnitak o Z Orionis, la più orientale delle tre stelle della Cintura, e sono così grandi da essere visibili ad occhio nudo anche nei centri abitati penalizzati da un forte inquinamento luminoso.

Le nebulose sono considerate i grembi materni dell’universo, vere e proprie fucine cosmiche in grado di generare un numero infinito di stelle (è stato stimato che la sola M42 contenga materia sufficiente a dar vita a ben 10.000 stelle identiche al sole, da Stella per stella. Guida turistica all’universo, di Piero Bianucci, Giunti Editore, pag. 222). La soluzione dell’enigma è finalmente vicina: l’identificazione della costellazione di Orione con un essere di sesso maschile ha impedito un’interpretazione logica del legame tra terra e cielo che le piramidi esprimono.

Dobbiamo invece accettare una conclusione rivoluzionaria: dopo millenni di fraintendimenti, abbiamo dimostrato che la costellazione più grande e nota del cielo rappresenta una figura femminile; non un dio, non un cacciatore, ma la madre delle stelle… La trasmissione dell’anima del faraone nel cielo attraverso lo Zed di Cheope è senza dubbio la simulazione metaforica dell’atto del concepimento e il personaggio che, secondo il mito, riceve il seme maschile attraverso un fallo artificiale è Iside.

Ricapitolando: secondo gli antichi Egizi, il cielo è un’entità femminile; gli Arabi si riferivano a Orione e le sue stelle con una terminologia tutta femminile; all’interno della costellazione di Orione ci sono delle nebulose, gli uteri del cosmo; lo Zed nella Piramide di Cheope rappresenta il fallo artificiale di Osiride; le tre piramidi e in particolare lo Zed hanno rivelato una manifesta relazione con le tre stelle della Cintura di Orione.
Ormai non vi sono più dubbi: la costellazione di Orione è la dea Iside.



Pietro Magaletti ha 33 anni, è laureato in filosofia, ha 4 titoli post laurea, due borse di studio in altrettanti master di II livello. Ha lavorato facendo il fotografo e l'autore di recensioni. Ha lavorato in Tv come segretario di produzione e ha fatto la comparsa in alcune fiction della sua zona.
Suona la chitarra, scrivendo da sé le sue canzoni; scrive anche poesie.
Il suo regista preferito è Tarantino, il suo gruppo sono i Nine Inch Nails, il personaggio preferito è Mohammed Ali, i suoi maestri Mario Pincherle e suo padre.

Il suo sito è http://www.custodidellimmortalita.it

Vorrei approfondire la questione sia di Orione che dello Zed (o forse meglio Djed) attraverso il vostro contributo. Che ne dite? [;)]



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MessaggioInviato: 29/03/2013, 11:29 
Djed e Ankh: Egitto, aldilà, Osiride e geroglifici misteriosi; Djed e Ankh come archetipi: Djed/Osiride e Ankh/vita

Si tratta del primo di due oggetti misteriosi (l'altro è l'ankh, che indica la vita) raffigurati con geroglifici ai quali si è dato solo il valore fonetico e indicativo. In realtà non si sa ancora che cosa fossero, anche se nelle raffigurazioni egizie sono onnipresenti.

Benché siano stati azzardati alcuni improbabili significati: "colonna vertebrale di Osiride" (!?), "albero sul quale si depositò il sarcofago contenente il corpo di Osiride "... e qualcun altro del genere, in verità si tratta solo di congetture; però la ricorrente è Osiride.

Osiride è il Dio della resurrezione, e il Faraone (che in vita è l'incarnazione di Horus, il divino falco) dopo la parentesi terrena si trasforma in Osiride .

Osiride si identifica anche con la Costellazione di Orione, e le tre stelle della "Cintura di Orione" rispecchiano perpendicolarmente sulle tre piramidi di Giza la posizione che avevano nel cielo (fig. 19) al tempo della loro costruzione, e rilevabile conoscendo il fenomeno della "Precessione degli Equinozi"(una data ricorrente: 10.400 a.C.: una coincidenza?). Ricordiamo inoltre che l'Egitto era "lo specchio del cielo": la via Lattea al posto del Nilo e le stelle al posto delle piramidi ! Quasi che dal basso si potesse scrutare il cielo (con strumenti adeguati) per riproporre la stessa cosa sulla terra , e magari dall'alto si potesse provare un po' di nostalgia di casa , guardando giù! Come in cielo, così in terra!

Osiride è lo sposo di Iside, identificata con Sirio, la stella della vita stessa... e infatti il calendario egizio iniziava con la levata iliaca di Sirio, fondamentale perché in relazione con l'inondazione del Nilo, da cui dipendeva il raccolto e quindi la sopravvivenza del popolo. Inoltre, gli antichi Egizi sapevano che Sirio è una stella binaria (oggi lo sappiamo bene anche noi: si tratta di Sirio A e Sirio B), e anche che la seconda è visibile solo ogni 72 anni (un altro numero familiare: per garantire al defunto di poter vivere di nuovo, l'imbalsamazione doveva durare 72 giorni). Anche una piccola tribù dell'Africa conosce questa stella binaria: nessuno dei dogon è in grado tuttavia di spiegare perché da migliaia di anni vengano tramandate (verbalmente) queste informazioni relative al "luogo di provenienza dei loro antenati". Una cosa è certa: o gli antichi avevano un'ultra-vista ed erano dei grandi osservatori... e quindi erano in possesso di nozioni astronomiche che noi abbiamo appreso solo da poco grazie a sofisticati strumenti, oppure ne avevano anche loro (anche se non ne stati rinvenuti, questo non significa affatto che non ce ne fossero). A meno che non possedessero il retaggio di una razza superiore.

Ma torniamo al dunque: il "pilastro DJED"

Visto che il faraone è Osiride /Orione, e che la sua sposa è Iside/Sirio, e che dopo la morte il re si prepara a diventare come Osiride (cioè andare su Orione)... bisognava trovare il modo di tramandare la tecnica per raggiungere il cielo . E se lo Djed fosse un alimentatore atomico (vista anche la sua forma)? Se fosse una accumulatore di energia sconosciuta necessaria per attraversare lo spazio-tempo ? Se per proteggerlo e salvaguardarlo fosse stata progettata una sovrastruttura gigantesca e praticamente indistruttibile (la piramide) in grado di focalizzare la curiosità mondiale in modo tale, che - al momento giusto - qualcuno sarebbe stato in grado di capire come accedevi?

E l'ANHK?

Una chiave, un passe-partout, un archetipo, un oggetto rituale, o l'anello mancante? Spesso, nei testi geroglifici, anhk è vicino al simbolo mer (piramide), e a volte anche a djed. Ora, essendo mer la forma imperativa del verbo dare, la traduzione è dà vita! e se c'è anche djed: dà vita e stabilità! Però sappiamo che gli Egizi non tralasciavano mai di usare la dualità: e dunque, se il Sommo Sacerdote avesse voluto anche criptare un messaggio nel testo? Se si trattasse di un GRANDE oggetto, ancora nascosto all'interno - proprio sopra lo Djed - e non ancora rinvenuto? Un oggetto così potente che possono maneggiarlo solo gli dèi...

Questa intrigante raffigurazione sembra proprio un'allegoria della funzione della torre (due strane "alette" laterali la rendono simile a un razzo, quasi a suggerire l'origine extraterrestre, dunque divina). Si direbbe che Ra sia mantenuto in vita dall' Ankh con l'Energia accumulata e controllata nello Djed (stabilità). Dopo un processo "miracoloso" (le due figure inginocchiate con le mani alzate) l'Energia verrebbe incanalata verso l'alto, per essere trasformata e convogliata da tecnici specializzati (i babbuini, simboli di Thot, dio delle scienze e dell'illuminazione), che lavorano nella parte alta della piramide, dove si trova RA (che raggiungono percorrendo corridoi in salita). Sopra a RA c'è ancora roccia...

Nell'insieme, tutta la scena sembra uno spaccato della Grande Piramide di Giza; osservando la raffigurazione, si intuisce che è stata costruita (in varie fasi successive) per garantire alla torre la sua funzionalità segreta . Evidentemente, i suoi costruttori conoscevano tecniche tutt'ora ignote, se dominavano la forza di gravità e comunicavano con i loro mondi . Sapevano come attraversare lo spazio - in senso lato - in un lampo , usando propulsori a energia sconosciuta (forse quella che producevano nella Grande Piramide). Da tempo gli archeologi si chiedono come sia stata costruita la Grande Piramide di Giza, e per rispondere a questa domanda hanno ipotizzato solo rampe, slitte, tronchi... eccetera.

Per le riproduzioni fatte costruire dai re dinastici, può essere stato anche così; ma come sono state realizzate, perché e da chi ... quelle originali (prima di tutte quella "di Cheope", che divenne nei millenni il modello di tutte le successive (compresa quella a gradoni di Djoser/Zoser a Saqqara)? A questa domanda bisognerebbe trovare risposta, ma purtroppo, continuando a rifiutare l'ipotesi che si tratti dell'opera di costruttori vissuti millenni prima di Cheope, le ricerche ufficiali avranno sempre la stessa direzione a vicolo cieco.

A questa apparente ingenuità scientifica, il governo egiziano risponde "liquidando" Rudolf Gatembrick, padre del Progetto Upuaut e primo esploratore del condotto meridionale della "Camera della Regina"[1]. Nel passato aveva fatto lo stesso con l'equipe francese dell'Operazione Cheope (1985), che aveva scoperto la sabbia "musicale" [2] forando una parete della Camera della Regina e, due anni dopo, anche con una spedizione giapponese che aveva scoperto a sua volta un’ulteriore cavità dalla quale fuoriusciva la medesima sabbia (la caratteristica di questo tipo di rena sottilissima è la composizione: quarzo al 99%, nulla a che vedere con il disgregato calcareo sabbioso di Giza e di Saqqara)

Col pretesto che le perforazioni non erano state regolarmente autorizzate, i “buchi” (cioè la prova dell’esistenza di un’intercapedine letteralmente piena di sabbia musicale - inesistente a Giza -, che era fuoriuscita durante le trapanazioni) eseguiti peraltro proprio nella stessa parete della Camera della Regina dove c’è il famoso condotto esplorato dal mini-robot UPUAUT… sono stati frettolosamente richiusi con la malta, in modo da insabbiare (nel vero senso della parola) indizi che potrebbero portare qualche fisico e qualche egittologo indipendente a investigare sulla presenza di quell’imbottitura di quarzo, proprio intorno alla Torre Djed nascosta nella Piramide (definita di Cheope... ma che per me è semplicemente la Grande Piramide, perché mi rifiuto di chiamarla come vorrebbero coloro le cui idee non condivido affatto).

Ciò che appare intrigante è il fatto che la cosiddetta "Camera della Regina" sia interdetta ai turisti da un sacco di tempo, e che il Progetto Upuaut (che sarebbe più onesto chiamare "Progetto Gatembrick) prosegua tuttavia in sordina sotto la regia del Consiglio supremo egiziano per le antichità* e con comparse diverse: al di là della stessa parete, un'equipe incaricata dal segretario generale*Zahi Hawass continua a cercare, con tecnologie del tutto simili a quelle precedenti! Sulle ricerche e sulle scoperte TOP SECRET.

Secondo una credenza, nella Grande Piramide (oltre a una trentina di camere zeppe di tesori, di "pietre" dai mille poteri , da cupole in vetro che non si rompe , e altre meraviglie) c'è una "mummia-non morta " che aspetta di essere risvegliata . Sembra che, quando verrà rinvenuta, sapremo come farla rivivere . Conosceremo anche la storia del nostro pianeta e la vera storia della genesi umana.

Chissà cosa s'intende per "mummia non-morta "? Io un'idea ce l'avrei... e penso che qualcuno voglia trovarla per primo, per distruggerla.

Un'altra leggenda prevede che gli uomini conosceranno la Verità quando "la montagna si spaccherà rivelando il suo contenuto". Anche in questo caso ne ho una... e penso di non sbagliarmi.

http://www.misteria.org/index_file/copi ... /dajed.htm


Ultima modifica di Atlanticus81 il 29/03/2013, 11:30, modificato 1 volta in totale.


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Io ho una mia idea sull'ANHK magari banale... Parto dal presupposto che se oggi qualcuno di noi si facesse delle foto con in mano un cellulare (un apparecchio tecnologico) o ci rappresentassero con il suddetto oggetto in mano, e tali rappresentazioni venissero trovate tra 3\4\5\6 mila anni da una intelligenza che presuppone che ciò che è DIETRO di loro nella storia è per forza meno evoluto che significato darebbero a questo oggetto che compare così spesso tra le mani di questa gente riemersa dal passato? Gli verrebbe data una connotazione religiosa? rituale? Probabilmente si -_-


Secondo me l'ANHK era uno aggeggio tecnologico riservato alla casta sacerdotale (coloro i quali si occupavano delle esigenze delle "divinità) magari uno strumento di comunicazione o una sorta di chiave per accedere ad aree riservate... Insomma uno strumento e nono una allegoria o una rappresentazione puramente simbolica.



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Molto probabile Max! [;)]



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Tratto da un articolo di Armando Mei e Nico Moretto

Zed: il Potere della Piramide

Immagine

Lo Zed è, per definizione, l’elemento più misterioso della Grande Piramide di Giza. Perfettamente integrato nelle simmetrie del monumento, esso è situato nel cuore della Piramide che gli Egittologi attribuiscono al Faraone Cheope. Quale funzione abbia mai potuto avere non è stato definitivamente chiarito. Eppure, le teorie sono numerose e ciascuna di esse sembra possedere una buona dose di attendibilità. Tuttavia, come spesso accade in queste occasioni, l’ipotesi “Ufficiale” appare la meno accreditata. Gli Egittologi, infatti, considerando la particolarità dell’architettura, hanno destinato lo Zed (almeno quello inserito nella struttura della Grande Piramide) ad una finalità meramente ingegneristica: le sue “camere”, infatti, avrebbero dovuto avere una funzione di “scarico” per smaltire il peso dei blocchi superiori alla cosiddetta Camera del Re, così da evitarne il collasso strutturale. Un’analisi che è stata smontata pezzo per pezzo, con argomenti significativamente esaustivi, dagli studiosi Indipendenti.
Tuttavia, se lo Zed della Grande Piramide non ha una “funzione strutturale”, così come proposta dagli Accademici, a cosa serviva? Perché gli antichi costruttori hanno faticato tanto per sistemare questo elemento nella complessa costruzione di Giza?

Scienza e Teologia

Riteniamo che per comprendere i simbolismi ed i “meccanismi” racchiusi nella Grande Piramide è necessario procedere ad un’analisi parallela delle due tesi dominanti, quelle convenzionalmente associate ad una funzione meramente “Teologico-rituale” e quelle “Tecnico-scientifiche” che collegano il monumento alle tecnologie ed alle scienze più emancipate.

La metodologia si applica per comprendere la genesi delle due tipologie proposte che - pur essendo perfettamente esaustive ed efficaci a spiegare gli ermetismi racchiusi nella Grande Piramide - si propongono, oggettivamente, nella loro indipendenza e diversità temporale! A nostro parere, la natura Tecnico-scientifica dello Zed - ad esempio - nasce contestualmente agli obiettivi dei Costruttori, mentre “l’ipotesi Teologico-rituale” ne è una conseguente valutazione interpretativa, laddove - secondo gli ambienti ufficiali - non è possibile conciliare Scienza Tecnologica ed Epoca delle Piramidi. Pertanto, pur nella sostanziale validità delle due “correnti di pensiero”, va attribuita - a nostro giudizio - una netta preminenza alle tesi Indipendenti. Quelle Accademiche, infatti, sono eccessivamente condizionate dall’obbligo di una ricostruzione storica che rispetti le ipotesi, attualmente dominanti, sul processo evolutivo della nostra specie e sull’evoluzione tecnico-scientifiche dell’Epoca Dinastica, sottovalutando – e spesso stroncando a priori – sia le stesse peculiarità tecnico-scientifiche oggettivamente racchiuse nel monumento, sia la possibilità che la storia remota abbia potuto seguire una dinamica completamente diversa da quanto finora proposto.

Il Neolitico

Se i primi miti che narrano dello Zed sono legati al Neolitico, la struttura di cui ci accingiamo a parlare è di molto anteriore al culto di Osiride. Ne consegue che è completamente estranea all’Egitto dinastico. Le prime tracce dello Zed, dunque, sono legate alla pietra ed alla cultura del grano, la pianta fondamentale per la vita di tutti i popoli, sia per coloro che abitarono per primi il pianeta, sia per noi contemporanei. Se l’obbiettivo primario dei nostri antenati fu la sopravvivenza, le speranze della nostra specie furono ben riposte nel prezioso vegetale. La scoperta di tutti i suoi derivati ha contribuito alla nostra emancipazione in modo autorevole.

E’ per logica conseguenza che il Capo-clan ne fece il proprio scettro del comando, in quanto il grano indicava il simbolo della vita (i granai pieni tennero lontane le carestie). Se il leader sceglie il simbolo più importante, che cosa c’è di più considerevole del grano o del mais per una società che basa il proprio divenire sull’agricoltura? Dalle Americhe all’Eurasia tali miti sono presenti, attraverso una simbologia similare, come in una cultura comune.

L’Antica Colonna Vertebrale

Un’altra lettura lega lo Zed ad una colonna vertebrale, alla cui sommità – la parte orizzontale - sono raffigurate delle vertebre. Infatti l’etimologia di Zed deriva dalla radice verbale “Essere stabile”. Tale provenienza apre scenari di ricerca interessanti. Una colonna vertebrale indica lo stare in piedi correttamente. Quindi potrebbe essere il simbolo che indica una specie che opera in modo eretto, al contrario di un’altra che non possiede tale postura. E’ l’apparizione dei Sapiens sulla Terra? Potrebbe essere così se pensiamo che, pur tra gli onesti sforzi dei paleontologi, a tutt’oggi la scienza non è riuscita ancora a risolvere il vecchio arcano dell’anello di congiunzione.

Un significato Tecnologico

E’ la nostra Teoria. Noi riteniamo che lo Zed possa avere un senso se analizzato da un punto di vista tecnico-scientifico. Le aree archeologiche più misteriose del pianeta, Teotihuacàn – Giza – Yonaguni, sono centri ad elevata intensità elettromagnetica a bassa frequenza. Questo significa che i monumenti erano stati costruiti per sfruttare l’intensità di questa risorsa naturale generata dalla rotazione della Terra intorno al proprio asse? Se così fosse, la struttura Zed si inserisce, in maniera straordinaria, in questa funzione tecnologica. E’ dimostrato, ad esempio, che la Grande Piramide è al centro di un’area a forte densità elettromagnetica. Analizziamo brevemente l’ipotetica dinamica. Le onde elettromagnetiche, provenienti dal centro del nostro Pianeta e generate dal suo moto rotatorio, giungono nella cosiddetta Camera del Re in uno stato di caos, attraverso l’enorme Condotto Guida - Grande Galleria. Da lì, tramite la cosiddetta Anticamera, affluiscono all’interno della Camera del Re.

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Il passaggio tra i due ambienti è caratterizzato da un’improvvisa riduzione delle altezze: dai nove metri della Grande Galleria al metro della porta d’accesso alla Camera del Re! Gli Egittologi attribuiscono questa anomalia ad un mero simbolismo rituale: coloro i quali accedono alla Camera funebre devono assumere un atteggiamento riverente, per rispettare la regalità ed il sonno eterno del defunto.

In realtà, ci sarebbe un’altra spiegazione, più scientifica: le onde elettromagnetiche, nel passaggio tra il Condotto Guida - Grande Galleria e l’Anticamera subiscono un aumento dell’intensità, una specie di potenziamento di energia. Concentrate nella Camera del Re, ed in perenne stato di caos, le onde affluiscono - attraverso le intercapedini che lo separano dal resto della struttura piramidale - nello Zed. Qui avviene un processo fisico fondamentale: il flusso caotico di onde elettromagnetiche che attraversa gli equidistanti “slabs” dello Zed si ordina determinando l’altezza dell’onda o della frequenza!

Le onde elettromagnetiche così ordinate e in bassa frequenza - attraverso l’ultima lastra a tre cerniere - affluiscono nel Condotto Guida di Collegamento (secondo noi esistente ma non ancora scoperto) e poi verso il Pyramidion.

Se consideriamo che il Pyramidion - secondo i resoconti antichi - non era in pietra ma in oro ci troviamo in presenza di un altro dato determinante. L’oro, infatti, è il metallo che favorisce la perfezione delle trasmissioni riducendo le interferenze naturali o… artificiali.
Insomma, il Condotto Guida che collega lo Zed al vertice della Piramide ha la funzione tecnica di trasferire le onde elettromagnetiche modulate in ampiezza verso il Pyramidion e poi verso l’esterno del monumento. La funzione dello Zed, quindi, è quella di determinare l’ampiezza della frequenza dell’onda elettromagnetica!

Nelle raffigurazioni, lo Zed ha una duplice struttura. Un tronco verticale che, secondo il mito, rappresenta l’energia che circola liberamente, mentre le sue parti orizzontali la fissano. Quindi il tronco ne favorisce l’ingresso, mentre i piani verticali la rendono stabile, regolandone l’ordine e la potenza, liberandola dalla circolazione caotica d’accesso.

Questa scienza è sapientemente celata nell’ermetismo degli Antichi Testi Egizi, in attesa di essere riscoperta.

Il Libro dei Morti, lo Zed ed i segni di un’antica scienza

“Nella piramide di Cheope uno Zed gigantesco conferisce al Faraone l’immortalità e gli permette l’ingresso nel mondo dell’aldilà”. Questo concetto trova la sua origine nel Capitolo Primo del Libro dei Morti, allorquando Thoth (generalmente associato alla conoscenza) cita: “Io sono Djed figlio di Djed concepito e nato da Djedu”. Il testo ermetico va interpretato nel seguente modo: “Io, in quanto vivente, sono energia, e sono nato dalla fonte di Energia che è nel luogo dello Zed” (ovvero nella Grande Piramide).

L’enorme energia dello Zed, sapientemente immagazzinata dalla macchina e regolata ad arte, permetteva a chi l’aveva costruita di andare e venire dai luoghi citati come aldilà, cioè diversi da quelli in cui risiedeva lo stesso Zed. E ci sembra strano e riduttivo l’utilizzo di una macchina così complessa e potente, per il solo scopo di spostarsi nell’ambito di zone limitrofe alla Colonna di Osiride. Anzi, la stessa complessità della struttura, che utilizzava energia allo stato puro, fu costruita per impieghi di gran lunga più importanti. Se diamo retta ai miti ed alla tradizione, lo “Zed conferisce al Faraone l’immortalità.” Se partiamo dal presupposto, così come accennato all’inizio, che la Colonna è antecedente all’antico Egitto e che è addirittura presente nel nostro neolitico, in cui rappresenta la cultura del grano, dobbiamo affidare la sua costruzione ad una civiltà progredita scientificamente ed antecedente al neolitico stesso! Se guardiamo alla cultura dei simboli, essi divengono tali soltanto dopo gran trascorrere del tempo, per radicarsi autorevolmente nelle menti dell’uomo. Ne consegue che lo stesso neolitico è postumo allo Zed!

A nostro parere, è giunto il momento di operare una profonda revisione della storia delle nostre origini. Questa civiltà sconosciuta, così come ipotizza l’eminente e riconosciuto scienziato americano Lloyd Knutson, realizzò il Progetto-Zed allo scopo di “raggiungere l’immortalità temporale”. Potrebbe rappresentarne una prova la complessa struttura della Grande Piramide di Giza e quella del Sole di Teotihuacàn. Riteniamo, quindi, che dopo aver scelto i luoghi idonei all’installazione delle potenti macchine, questa misteriosa civiltà ne abbia operato le costruzioni. Dopo un’accurata indagine, siamo portati a credere che i siti primordiali in cui eressero le enormi strutture sono quelli della piana di Giza, dell’altopiano del Messico e quelli oramai sommersi al largo del mar del Giappone intimamente correlati con l’elettromagnetismo terrestre.

Il sito di Teotihuacàn

Abbiamo citato la piramide di Teotihuacàn per una ragione ben precisa. E’ una delle strutture più antiche delle Mesoameriche. Fu scoperta dagli Aztechi quando questi ultimi invasero il suo territorio. Impressionati da ciò che narrava la tradizione orale di quei luoghi, i fieri guerrieri della Valle del Messico non solo non occuparono il suo territorio, ma gli diedero il nome che conosciamo, che in lingua nahuatl suona come La dimora degli Dèi o Il luogo dove gli uomini diventano Dèi (un impressionante richiamo al Libro dei Morti degli Antichi Egizi).Cortès, durante la ritirata della Noche triste (il 7 di luglio del 1520 d.C.), si imbatté nel sito descritto.

Immagine

Soltanto al chiarore delle prime luci dell’alba si accorse di aver raggiunto un luogo ove erano presenti piramidi. Infatti, le strutture, erano completamente occultate da strati di terra, tanto da apparire come delle montagnole. Le piramidi e gli altri Templi presenti a Teotihuacàn furono ridati alla meraviglia degli uomini soltanto nel 1941. Furono liberati, unitamente al terreno che li aveva avvolti, da uno spesso strato di mica muscovite. Gli studiosi si chiesero “a cosa potessero servire queste coperture effettuate con un materiale le cui principali caratteristiche sono quelle di essere un ottimo isolante termico ed elettrico!?” Cosa dovevano isolare? Più di recente (1971) sono state scoperte le misteriose camere e i pozzi in essa contenuti. Sono evidenti le similitudini sia culturali che tecnico-scientifiche tra i due siti e, guarda caso, entrambi i miti inerenti la loro costruzione sono legati agli Dèi e si perdono nella notte dei tempi.

Il mistero delle Equidistanze

Esiste un ulteriore vincolo, finora sottovalutato, tra i siti archeologici citati. Se tracciamo una linea retta su di una carta geografica, facendola partire da Teotihuacàn, passando per Giza, raggiungiamo - incredibilmente - il punto al largo delle isole nipponiche ove sono posti gli antichi sistemi piramidali. Vogliamo inoltre porre l’attenzione sulle distanze tra i siti stessi: Teotihuacan-Giza, Giza-Mar del Giappone, Mar del Giappone-Teotihuacàn, risultano egualmente distanti gli uni dagli altri. Si evince l’evidente volontà degli antichi costruttori di erigere gli edifici secondo un complesso progetto unitario. Ricordiamo che per la corretta trasmissione di onde elettromagnetiche a bassa frequenza l’equidistanza è una caratteristica fondamentale.

Dalla “Dimora dei Saggi”

“I maestri muratori avevano lavorato non poco a smontare e rimontare le enormi lastre di granito…”. Nel Capitolo Primo del Libro dei Morti riteniamo significativamente plausibile il riferimento ermetico al concetto di costruzione o ricostruzione di un’opera tanto grande (nell’accezione più ampia del termine) quanto sacra (anche in questo caso nell’accezione più ampia del termine, senza limitare la locuzione ai rituali simbolici officiati durante le “sacre cerimonie”) nella citazione: “Io sono il Maestro dell’Opera che pone la sacra arca sul proprio supporto”.

L’espressione “sacra arca sul proprio supporto” sembra chiaramente descrivere il lavoro svolto dai Maestri Muratori nella costruzione di una Colonna al cui apice è stata sistemata un’arca (chiaramente, a nostro parere, la costruzione della Colonna Zed). E’ contestualizzabile la teoria dell’ingegnere italiano Mario Pincherle, secondo il quale lo Zed era stato costruito in Mesopotamia e poi trasportato nelle terre del Nilo per essere custodito nella Grande Piramide.

Si tentò la costruzione di uno Zed più potente, inserito in una struttura triangolare intimamente correlato alla geometria sacra, per potenziarne la funzione? Una macchina di proporzioni enormi che poteva sfruttare ed immagazzinare quanta più energia possibile, per far fronte ai futuri bisogni di una popolazione in aumento? Tale “mostro” aveva bisogno di una struttura idonea alla sua preservazione ed al suo funzionamento. E niente ci sembra più adatto delle enormi piramidi. L’immane progetto giustifica la mole dei monumenti e la complessità della loro struttura. Una progetto che deve necessariamente avere una funzione straordinaria. Ma quale?

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La “Dimora dei Saggi” suggerisce: “Era l’indispensabile fonte energetica per attivare la magica porta tra i mondi…”. Il Libro dei Morti sembra confermare questa interpretazione. Infatti, la cosmologia ermetica egizia sembra essere un ottimo strumento per celare gli archetipi degli iniziati alle scienze più sofisticate. La seguente citazione sembra riassumere il sistema di comunicazione tra due luoghi attraverso un sistema sul quale stiamo alacremente lavorando: “O conduttori delle anime eccellenti nella dimora di Osiride, conducete l’anima di Osiride insieme a Voi, nella dimora di Osiride […] che io possa seguire Horo nel Ro-stau (Duat) e Osiride in Djedu”. E’ l’ennesimo riferimento al sacro “Luogo dello Zed” che ci lascia intuire l’esistenza di un sistema tecnico-scientifico nascosto tra le righe di formule rituali e vocative. I conduttori sono nel luogo di Osiride nello Djedu (Giza) e sono loro che attivano i ponti “comunicativi” verso il Ro-Stau, quest’ultimo deve inteso come specifico punto di riferimento celeste oppure come alternativo punto geografico terrestre? Nel Libro dei Morti si fa chiaro riferimento alla “Grande nell’Abisso del Mare” (dominata da un dio conosciuto in Egitto con il nome di Atum) splendente di radianza come il Duplice Leone. Non è straordinario il riferimento alla Piramide “immersa negli abissi” (Yonaguni?) splendente come quella dei “Due Leoni” (Giza)?.

La Caduta degli Dèi

Gli antichi testi richiamano il misterioso Potere dell’Energia! “Quando la Torre rovinò a terra…nel tempo della caduta degli Dèi…”. Il Capitolo XVII del Libro dei Morti sembra chiarire un dato incontrovertibile: dietro le formule rituali si nascondo episodi di rilevanza storica inequivocabili. Sono tramandate nelle forme orali e giungono dopo millenni alle discendenti popolazioni ridotte allo stato semiprimitivo dalle catastrofi planetarie geologicamente accertate tra il 25.000 e l’8.000 a.C.. Esse vengono raccontate con straordinaria semplicità utilizzando concetti elementari ma estremamente efficaci: “Sono [le gocce di] sangue sgorgate dal phallus di Ra dopo che si mutilò da se stesso… E’ il giorno del combattimento tra Horo e Set… ed è Thoth che ha messo in ordine tutto ciò con le sue proprie dita”.

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La rivolta dei Sebau (uomini di Set ed una volta seguaci di Ra), raggiunge il proprio apice quando viene mutilata la Colonna di Ra (volontaria o provocata?). In questa intensa visione della storia due eventi si celano: la rivolta contro Ra il quale si “mutila” di una parte del proprio seguito e la distruzione del sistema della Colonna (Zed). I “Signori di verità e giustizia, divine potenze che siete dietro a Osiride, che portate la distruzione alle menzogne…” inviano Thoth, il semidio, l’essere umano iniziato dagli “dèi”, a realizzare, con la propria arte, il nuovo ordine sociale che non potrà mai più essere tecnico-scientifico. E’ così che “I Signori di Giustizia e Verità sono Thoth…”

Il Libro narra di rovina e distruzione. Ma come è stato possibile, ci chiediamo, che una civiltà così progredita abbia potuto perdere o rovinare le opere grandiose che aveva costruito? Ci rifacciamo alla solita ricerca a largo raggio. Comuni a gran parte della cultura terrestre, narrato nella tradizione di quasi tutti i popoli che abitano il pianeta, troviamo le ataviche catastrofi geologiche.

Il Diluvio ed altri flagelli

Potremmo continuare il nostro lavoro col parlare del “Diluvio Universale”, per assecondare l’ordine culturale dell’indagine, arricchendola di contenuti storici a noi vicini. Ma il lettore è certamente a conoscenza degli sconvolgimenti planetari, di eguale portata, avvenuti tra 50.000 e 45.000 anni fa. Così come l’evento su cui c’è grande concordanza tra gli studiosi: l’effetto catastrofico, verificatosi tra il 30.000 ed il 26.500 a.C., che determinò lo spostamento delle masse continentali con conseguenti maremoti e terremoti, che causarono l’inabissamento delle terre emerse tra il continente africano e quello americano. Ci sono tracce che legano tali avvenimenti alla distruzione repentina di una civiltà progredita (Atlantide?). A nostro parere, il richiamo al Diluvio o ai cataclismi antecedenti può essere intimamente collegato lo Zed, pur nella correttezza della ricerca di processi geologici che testimoniano le tragedie avvenute nelle epoche citate.

La Torre crollata

La Torre è lo Zed che crolla. Pensiamo per un attimo al collasso del “mostro”, alla sua energia liberata ed ora svincolata dalle lastre di granito che le imponevano un ordine assoluto. Se in Ucraina come in altri luoghi, le centrali nucleari provocarono disastri circoscritti, la massa energetica dello Zed concorse, in modo determinante, al cambiamento geofisico e climatico del nostro pianeta? Siamo davanti ad uno dei disastri citati precedentemente? La Torre crolla e gli Dèi cadono, sono citazioni concomitanti, fu una tragedia voluta, programmata in tutti i suoi dettagli? Tutto ciò è possibile, in quanto la Tradizione fa riferimento ad una Potenza superiore che decide, ancora una volta, di punire i disobbedienti. E’ come la triste “soluzione finale” di più recente memoria.

“Quando la Torre rovinò in terra si interruppe ogni comunicazione con il “Duat”. I segni della drammatica battaglia tra due opponenti sono chiaramente descritti, sempre nel Capitolo XVII del Libro dei Morti, allorquando Ra – associato al gatto, felino di straordinaria intelligenza e furbizia – dice: “Io sono questo gran gatto che si trova al lago dell’alveo di Persea in On quella notte della battaglia in cui fu compiuta la sconfitta dei Sebau e quel giorno dello sterminio degli avversari del Signore dell’Universo… E riguardo alla notte della battaglia è quando arrivarono all’oriente del cielo e vi fu battaglia in cielo e sulla terra sino ai suoi estremi confini.” Da questo epico confronto tra forze contrapposte, volutamente celato nell’ermetica cosmologia religiosa, che coinvolge il cielo e la terra fino ai suoi estremi confini, si interrompe la funzione della Colonna Zed. “Ed è Thoth che, sollevando la capigliatura, apporta vita, salute e forza, senza interruzione per il suo possessore”. Quale straordinaria metafora per sostenere come, alla fine della tenzone, Thoth si libera del proprio “cimiero” per ritornare alla sua naturale funzione di “Maestro Istruttore” delle popolazioni sopravvissute fino alla fine del proprio tempo. Nel Capitolo XVII, ancora, si legge: “In quella notte di festa del Lavorare la Terra (in Djedu) con il sangue che rende giustificato Osiride contro i suoi avversari… Ed allorché arrivano gli alleati di Set, essi fanno le loro trasformazioni in animali e poi li uccidono alla presenza di questi dèi sino a che sgorga il loro sangue…”.

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Si conclude così, con l’annientamento fisico delle genti di Set, la battaglia per la conquista del Potere dell’Energia. Set e le sue genti hanno tentato di conquistare la Colonna Zed, poi mutilata (o bloccata nelle sue funzioni), ora hanno perso la battaglia e, davanti agli dèi vincitori, i Grandi Giudici indossano i loro elmi così da sembrare animali (emblematiche le raffigurazioni degli dèi egizi con teste di animali) per uccidere (fino a che sgorga il loro sangue…) i nemici. Nello stesso capitolo, si evince chiaramente il motivo della battaglia: “Le erezioni delle aste di Horo è la frase di Set ai suoi seguaci: si alzino qui i pilastri”… Nel Capitolo XIX, si cita: “La notte della battaglia e della sconfitta dei malvagi, innanzi ai Grandi Giudici di Abydos, la notte in cui Osiride è reso giustificato contro i suoi avversari… innanzi ai Grandi Giudici che sono in Djedu, la notte dell’erezione dello Djed, in Djedu”, è il momento in cui viene ricostruita la Colonna Zed, la cui funzione energetica è persa o sospesa per sempre, nella terra dello Djedu (Giza).

La conquista del Potere dell’Energia ci spinge inevitabilmente verso due ipotesi. La prima è legata alla ricerca di una ipotetica “soluzione finale” di cui parlavamo in precedenza e di cui gli antichi testi, come descritto, ne tramandano testimonianza. Ma sembra altrettanto interessante pensare che un solo Zed (quello del Mar del Giappone governato dal dio conosciuto in Egitto con il nome di Atum?), sia sfuggito di mano a chi lo governava ed abbia liberato tutta l’immane energia di cui era depositario. Il cataclisma che ne derivò, lo proiettò irreparabilmente sott’acqua (la “Grande nell’Abisso del Mare”, come cita il Libro dei Morti). Ed a niente valse disattivare le altre strutture continentali: la tragedia era compiuta. Un errore, quindi, che tutto distrusse, cancellando tutte le forme di quella civiltà di alto livello tecnologico. Chi si salvò, si trovò senza mezzi e materiali e dovette cominciare daccapo. In più, fu costretto ad adattarsi ad una nuova condizione senza l’ausilio della macchina. E, nel tempo, conobbe la propria involuzione.

Il Segreto

“I Sacerdoti delle scuole di vita riuscirono a preservare la conoscenza dello Zed. Lo scrissero nei libri di Thoth, tramandandolo nel segreto dei templi”. Lo Zed ha conservato le proprie caratteristiche solo nella tradizione orale. Gli dèi hanno trasferito le nozioni tecnico-scientifiche all’iniziato Thoth il quale ultimo le ha celate in forma ermetica nel proprio libro. Ma chi erano i custodi dei segreti più reconditi? e dove erano concentrate le scuole ermetiche? E’ un interrogativo che ha sempre affascinato i ricercatori. Dove è possibile trovare i libri della conoscenza, dove si trovavano i Sacerdoti delle scuole di Vita? Il Capitolo XVII chiarisce un ulteriore enigma: “Riguardo all’anima di mezzo ai suoi gemelli è l’anima di Ra insieme all’anima di Osiride, l’anima di Shu con l’anima di Tefnut: sono anime che si trovano in Djedu”. La perpendicolare che taglia il triangolo in due, è lo Zed che taglia la Piramide in due. Lo Zed è l’anima di centro.

Ed in esso si riconoscono Ra (il Signore) e Osiride (l’Uomo). E’ la colonna vertebrale di Osiride (e di Ra) che è elemento di equilibrio. E’ nel luogo dello Zed che i Grandi Uomini Iniziati, ricordati dalle popolazioni semiprimitive dell’Antico Egitto come dèi (ovvero come custodi della saggezza, della scienza e del potere su ogni cosa), che custodivano tutto il loro sapere. Riteniamo a questo proposito che i libri di Thoth non siano altro che le scienze racchiuse nelle proporzioni dei monumenti di Djedu (Giza). Il racconto, dunque, fa riferimento ai Sacerdoti delle scuole di vita, ma siamo già nel periodo dell’antico Egitto faraonico. Ci troviamo catapultati decine di migliaia di anni dopo il disastro narrato. Il segreto rimase tale, assumendo soltanto un grande significato esoterico, in quanto i suoi depositari non avevano né mezzi, né materiali, né competenze tecnico-scientifiche per riutilizzare la macchina.

L’Uomo nel Divino

“Lo Zed, orientato secondo l’asse del mondo dovrà ristabilire il patto d’alleanza con la preesistenza, per la trasmutazione dell’uomo nel suo archetipo divino”. L’orientamento dello Zed segue il divenire delle cose. Esso sintetizza le dinamiche astronomiche, allorquando lo Zed è associato all’Albero, simbolo dell’asse terrestre nelle mitologie ermetiche antiche (ci riferiamo al Mulino di Amleto di Hertha von Deschend e Giorgio de Santillana). Nel caso specifico, invece, il Capitolo XVII del Libro dei Morti propone l’ermetico: “Osiride entra in Djedu e ha ivi trovato l’anima di Ra: le due anime si abbracciano reciprocamente divenendo due anime gemelle”.

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Lo Zed conferisce a chi utilizza la propria energia di essere tutt’uno con gli dèi che lo hanno utilizzato nelle epoche remote. E’ un tecnicismo per descrivere il potere della conoscenza che conferisce all’uomo un potere divino… La riscoperta delle sue funzioni restituirebbe il Potere dell’Energia all’uomo conferendogli i poteri propri degli uomini-dèi descritti nel Libro dei Morti. Sarebbe il nuovo “patto d’alleanza con la preesistenza”. Riconoscere l’esistenza di una civiltà antecedente alla nostra preistoria, che impose il proprio dominio sul Pianeta e irrimediabilmente travolta da tragici eventi è un fatto confermato dagli Antichi Testi. Tutto questo potrebbe farci ritrovare la nostra antica natura, che è ancestrale, che portò la nostra specie a dominare su tutte le cose del pianeta e che, nel perfetto equilibrio di una nuova era, ci porterebbe a riconoscere e riconquistare il nostro archetipo divino.

Conclusioni

Abbiamo ripercorso millenni e millenni della nostra storia, operando un arduo scavo nella memoria facendo riferimento alle Tradizioni di gran parte dei popoli della Terra. Ne abbiamo letto gli Antichi Simboli della Scienza Sacra, attraverso cui abbiamo cercato di chiarire gli avvenimenti che fissarono le simbologie stesse. Ma era doveroso agire secondo tali metodologie, perché la ricerca sullo Zed doveva essere assecondata in tal modo. Essa non rappresenta una pur importante esposizione di carattere archeologico, ma travalica i confini della Storia stessa, presentando ai contemporanei tutta la sua prepotente dimensione attuale. Dagli Antichi Libri ci perviene un’evidente cultura della scienza e della fisica in particolare. Quando ci troviamo in presenza di elementi caratterizzanti come quelli contenuti nella Grande Piramide, è notevole il sospetto che i fenomeni scientifici osservati in tempi moderni siano stati già “scoperti” in epoche remote. Attraverso l’analisi dei Testi, abbiamo voluto sintetizzare la nostra ipotesi sulla funzione dello Zed associato all’elettromagnetismo a bassa frequenza. Essa introduce l’ennesimo dibattito sulle peculiarità scientifiche dell’antico sistema piramidale e della civiltà che l’ha progettato.

Il fenomeno descritto, infatti, dimostra chiaramente che i costruttori delle Piramidi avevano le cognizioni giuste per poter discutere di onde elettromagnetiche, di onde radio, di modulazione di frequenza, di interferenze e di punti scatteratori. Ciò che stupisce, è che i costruttori di Giza avevano compreso che le onde elettromagnetiche a bassa frequenza – comprese tra i 3 ed i 30 Hz – potevano essere utilizzate per lo studio del campo magnetico terrestre, proprio come accade in epoca contemporanea con l’utilizzo delle Extremely Low Frequency. Giova ricordare, a conferma di quanto finora esposto, che le onde rilevate all’interno del monumento di Giza viaggiano su una frequenza compresa tra i parametri appena indicati!

Per la precisione, intorno ai 16 Hz! Un altro dato estremamente interessante, si propone nella “lunghezza d'onda ampia” che può propagarsi per riflessione ionosferica a distanze intercontinentali nel rigoroso rispetto dell’equidistanza. Questa caratteristica sembra sicuramente importante, se associata ad un'epoca in cui non esistevano gli attuali strumenti per le telecomunicazioni. Chi ha progettato e costruito le antiche Piramidi, specificamente quelle del trittico Teotihacan-Giza-Yonaguni, ha voluto espressamente sintetizzare le conoscenze di una civiltà estremamente evoluta.

Che segni di vita ci possono arrivare da un passato tanto lontano?

Guardate cosa scrive Shakespeare ne “La Tempesta”. Ci avverte che “Il passato è soltanto un prologo”. Il prologo della nostra vita alla quale tutto ciò che la precede ci appartiene come parte indistruttibile dell’esistenza. Lo Zed appartiene a noi, così come noi stessi siamo i suoi costruttori. La sua storia è la nostra storia. E il ricordo che riusciamo a decifrarne è, in sostanza, il ricordo di noi stessi.

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(Ricordate quello che avevo postato riguardo la "Grande Piramide e lo "Zed": http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ ... hichpage=7



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LO DJED, LA MISTERIOSA TORRE DEL TEMPO di Pier Giorgio Lepori
Cenni storici sull’enigma ingegneristico della Grande Piramide

Chi fu dunque il costruttore della Grande Piramide? O i costruttori… Un’antica leggenda identifica addirittura l’architetto con Adamo il cui nome sarebbe inciso sul coperchio del sarcofago contenuto nella Stanza del Re; ma coperchio alcuno esistette in quella stanza e tantomeno a copertura della misteriosa ‘vasca’ posta all’interno.

Studiare il testo di Mario Pincherle ‘La Grande Piramide e lo Djed’ (Macro Edizioni) vuol dire imbattersi in affermazioni profondamente eterodosse; come ad esempio la certezza di una tradizione assai recente che vuole la piana di el Gizah come parte di una necropoli, la Menfita, e le piramidi come tombe.

In particolare la Grande Piramide è stata realizzata secondo i princìpi di una geometria ermetica, dunque ‘sacra’, esplicazione di un’armonia di proporzioni tra il monumento e il pianeta Terra; tra il monumento e il cosmo: questa tradizione architettonica affonda le sue radici nell’antichissima cultura accadica.

Riferimenti al monumento come costruzione dall’utilizzo e significato decisamente diversi da quelli funebri li troviamo in Talete, il filosofo che per primo ne misurò l’altezza comparando l’ombra meridiana della Grande Piramide con la propria; sicuramente i dettagli più approfonditi in epoca storica li abbiamo grazie ad Erodoto che visitò Rostau nel 440 a. C. contemplandone perfino le lastre calcaree ancora intatte che facevano somigliare le piramidi a stelle in terra tanto era il bagliore solare riverberato.

A lungo si è dissertato sulle tecniche di costruzione inerenti il complesso di el Gizah; troppo a lungo l’ortodossìa ha approfittato dell’equivoco ingeneratosi tra struttura calcarea esterna e struttura granitica interna: l’osservazione di Pincherle è illuminante ed è il primo problema affrontato nel testo: infatti, in merito alla realizzazione ingegneristica della Grande Piramide, la confusione tra i massi generalmente misuranti 1 mt3 con massa attestata intorno alle 2/3 tons medie e i megaliti granitici interni (del peso anche di 55 tons e misure di 5 mt/8mt cad.) ha dato il via alla diatriba sulla costruzione impossibile del monumento mentre era possibilissimo pur considerandolo una vera meraviglia tecnologica per un popolo ed un periodo addirittura all’oscuro della ruota: il vero problema risiedeva nell’innalzamento e posizionamento dei blocchi megalitici interni poiché i ‘mattoni’ esterni erano assai più facilmente innalzabili e posizionabili anche con tecnologie ‘preistoriche’.

Il secondo Capitolo del testo di Pincherle è consigliabile leggerlo direttamente: descrive minuziosamente il meccanismo con cui gli Egizi della IV Dinastia innalzarono i megaliti granitici all’interno della Grande Piramide; è semplicemente geniale. Del resto Pincherle è un ingegnere, ha gli occhi allenati alle visioni costruttive e l’udito altrettanto, tanto da aver interpretato, non senza controversie, la sibillina descrizione erodotea dei ‘legni corti’ (interesse suscitato addirittura in Zahi Hawass con una lettera autografa del luglio 1977) completa di ritrovamenti archeologici relativi alla ‘slitta’ con cui le lastre di granito sarebbero state trasportate a 60 mt d’altezza circa nel cuore dell’Orizzonte di Khufu (1973). L’interpretazione è rivoluzionaria poiché stabilisce che la camera sotterranea della Regina, presunta, altro non sarebbe se non un vano di carica idrica con cui ‘i legni corti’, riempiendosi d’acqua, si dilatano sospingendosi l’un l’altro e spostando la slitta nella Grande Galleria ridimensionata a ‘culatta del gun’ in cui i legni corti grazie al meccanismo precedente innalzavano la slitta con i suoi carichi preziosi fino al punto di posa in opera.

Ma è lo stesso autore a dirci che l’enigma ingegneristico della Grande Piramide, oltre ad avere la sua soluzione nei ‘legni corti’, è nulla rispetto all’ipotetico ‘perché’ della sua edificazione; e rispetto alla recente tradizione tombale, in antichità praticamente nessuno la considerava un sepolcro: il califfo al-Mamoun che fu il primo ad entrare ricordò antiche leggende che favoleggiavano della Grande Piramide come scrigno in cui era protetta la pietra filosofale; gli arabi traducendo l’Almagesto di Tolomeo appresero come ivi erano conservate le antiche mappe del cielo e della terra; e in fondo non avevano tutti i torti: probabilmente non si dovevano cercare testi, manoscritti o carte vere e proprie bensì indagare la struttura del monumento per svelarne i segreti racchiusi nella sua geometria.
Nel 1196 un certo Melik Al-Zaziz ingaggiò più di un migliaio di uomini per smontare la piramide di Menkaura mattone su mattone; fortunatamente la terza piramide fu più resistente del previsto; dunque costui rinunciò alla scellerata impresa.

Ma la svolta avvenne con il fisico-matematico Greaves (1638) il quale, esplorando la Grande Piramide, ne intuì l’unità di misura sacra, misteriosa sottesa a tutto il monumento e che doveva mettere il colosso in armonia con il cosmo e con Gaia; detta unità esisteva ma la identificò il più metodico Harvey confrontando gli studi di Newton e Kircher: l’unità di misura riguardava il ‘cubito’; ma la stranezza risiedeva nel fatto che la Grande Piramide fu realizzata utilizzando due unità: il cubito per la struttura esterna e il ‘cubito sacro’ (12 cm di differenza ca. rispetto al precedente) per la misteriosa struttura granitica interna. Era nata la ‘piramidografia’. Con l’arrivo di Napoleone, gli scienziati al seguito della spedizione, Jomard e il Col. Coutelle, giungono alle conclusioni a cui in precedenza approdarono gli antichi: la Camera del Re non è una tomba; il 17 agosto 1799 Napoleone espresse il desiderio di dormire nella Camera di granito; ne uscì sconvolto e pur sul punto di svelarne il perché prima di morire serbò al contrario il suo segreto per sempre.

Cos’è dunque la Camera del Re? E perché fu realizzata con materiali preziosi e lavorati in maniera raffinatissima? E perché esistono altre camere, cosiddette ‘di scarico’ oltre il soffitto della stanza? La prima la scoprì Davison ma il sospetto di altre ‘camere di scarico’ ulteriori fu chiarito con la scoperta di Caviglia di quella che è passata alla storia come Camera di Wellington; per aprirsi un varco di accesso egli utilizzò addirittura l’esplosivo; forse danneggiando per sempre la struttura preposta a un ‘qualcosa’ di estremamente terribile e mirabile…

Su cosa basa l’affermazione perentoria, Mario Pincherle, che il granito interno alla Grande Piramide sia lo Djed, ovvero la Torre di Osiride o la Torre che governa lo spazio e il tempo? Gli scopritori delle ulteriori camere osservarono che molti dei blocchi granitici erano numerati; il presupposto per una classificazione di questo tipo è quello di smontare, trasportare e rimontare la struttura; furono trovati anche alcuni geroglifici tra cui un cartiglio riconosciuto come ‘Sufu’, facilmente assimilabile a ‘Khufu’ al fine di addormentare, tranquillizzare l’opinione pubblica in merito; raramente però si riporta l’altra frase trovata nella IV camera, ovvero che i blocchi furono tagliati ‘con scalpelli di luce divina…’. L’ipotesi di Taylor, allora direttore del London Observer, convince Pincherle ulteriormente sullo Djed: egli affermò che la Grande Piramide era assimilabile all’Arca del Diluvio ma non finalizzata a salvare vita animale o umana bensì delle antichissime ed eccezionali conoscenze divenute in seguito arcani iniziatici; quando nel 1859 egli scrisse un libro su codesto argomento il Positivismo si faceva strada tra le filosofie umane e pertanto testi in tal senso si persero nel razionalismo più sfrenato. L’ortodossia fece un’altra illustre vittima nell’800: l’astronomo Piazzi-Smith che, riesumando il libro di Taylor, per primo stabilì le connessioni tra i condotti della Camera reale e le costellazioni sacre agli Egizi (Ursa Minor e Draconis); identificò i rapporti matematici aurei alla base della costruzione del sarcofago ubicato nel centro della camera, ossia l’esatta corrispondenza tra la tara e il netto della misteriosa vasca.

La spina nel fianco ortodosso arrivò con Flinders-Petrie il quale dimostrò che la sezione granitica era stata realizzata con i multipli del cubito sacro (avvalorando le tesi di Newton) oltre alle considerazioni sull’oggettivo abisso edile e materiale tra la Grande Piramide e lo strano oggetto ivi contenuto. Piazzi-Smith ebbe anche l’intuizione dell’orologio cosmico, ovvero il fenomeno della Precessione, avvalorata da un’osservazione dell’astronomo Biot il quale notò nel 1853 che durante il giorno dell’equinozio di primavera, a mezzogiorno, l’ombra spariva completamente dalla parete nord del monumento e il sole si trovava esattamente in equilibrio sul vertice. Ma un imprinting fortissimo all’ipotesi dello Djed arrivò dallo scienziato inglese Catsworth; costui studiando gli appunti del Piazzi-Smith identificò la piramide di Saqqara come un’immensa meridiana; ma al fine di poter localizzare i 365 segmenti d’ombra bisognava ipotizzare l’esistenza, in passato, di una torre posta sul proprio vertice.

Le conclusioni cui giunge Pincherle, tuttavia, vanno ben oltre considerazioni di tipo archeologico o puramente storico. Lo Djed è infatti un monumento sacro e la sua ragion d’essere è inscritta in una sacralità ben più antica degli Egizi appartenuti alla IV Dinastia; la sua storia parte da molto lontano e forse, addirittura, è alla base del viaggio di Abramo da Ur di Caldea.

La sacralità dello Djed

Pincherle ratifica 7 conclusioni su cui costruire ciò che davvero per egli desta interesse nello Djed e che, paradossalmente, non è il metodo costruttivo che liquida con un perentorio ‘non mi interessava più…’1

1)la Grande Piramide non è una tomba
2)Khufu non vi fu mai sepolto
3)Il sarcofago non ha mai contenuto Khufu
4)La piramide è un ‘tetto’
5)La torre è antidiluviana
6)La torre fu smontata e rimontata
7)Non vi è contatto tra torre e piramide

Lo Djed è una torre alta oltre 60 mt, ha una sezione rettangolare di 10 mt x 5 mt e presenta, oltre la Camera del Re, 4 camere sovrastanti erroneamente definite ‘di scarico’ come visto in precedenza; la sua base misura approssimativamente 9,5 mt x 18 mt ed è speculare alla sommità della piramide di Djoser a Saqqara; stranamente contraddittorie le misure del vertice, rettangolare, in rapporto alla pianta quadrata del monumento di Saqqara: che fosse un’antica ziqqurat? Le costruzioni piramidali e i monumenti mesopotamici furono da sempre in strettissimo rapporto; questo rapporto affondava le radici in una civiltà sottesa a quelle della fertile mezzaluna e dell’Egitto stesso: l’impero accadico. Da questo istante il ‘viaggio’ di Pincherle diventa ostico sotto profili fideistici ed estremamente di frontiera sotto quelli eterodossi. L’etimologia del nome della Grande Piramide è di origine accadica: ‘aqqat khufu’ oltre ad ‘Orizzonte di Khufu’ significa esattamente ‘mangiatoia di Khufu’; ancora più sconvolgente il termine ‘kufu’, in lingue orientali e in aramaico, ha come significato ‘pietra’: ne deriva quindi un’interpretazione rivoluzionaria basata sulla traduzione letterale di ‘sarcofago di pietra’.

Come precedentemente accennato, il monumento fu realizzato con il cubito sacro – 53 cm – a fronte del cubito ebraico di 44,4 cm; il cubito sacro era alla base di molte antiche realizzazioni come ad esempio l’Arca dell’Alleanza di Mosè o le stanze del Sancta Sanctorum del tempio di Salomone. Gli Accadi erano definiti ‘il popolo dei figli di Dio’ e non sfugge l’incredibile viaggio di Abramo che da Ur in Caldea scende in Palestina per approdare in Egitto: la sua meta, misteriosamente, la Grande Piramide. Pincherle affonda l’acceleratore e s’imbatte nel mitologico re accadico, Sargon, che fu trovato bambino sulle rive dell’Eufrate all’interno di una ‘mangiatoia di pietra’, o ‘sarcofago di pietra’ alle prime luci dell’alba ‘quando le stelle del mattino ancora cantavano in coro’; allora, a guisa di un puzzle molto intricato, alcuni tasselli vengono scoperti nel libro dell’Esodo riguardanti l’Arca dell’Alleanza:

‘costruitevi un’arca che abbia lunghezza 2 cubiti e mezzo e altezza parimenti 1 cubito e mezzo…’
‘e la farete non piena ma cava e vuota dentro…’

Riferimenti inquietanti al libro di Giobbe:

‘dove eri tu quando ho posto i pilastri della terra? Chi ha portato la pietra squadrata quando gli astri del mattino cantavano in coro le mie lodi e i figli di Dio levavano voci di gioia?’

Un passo di Erodoto, libro II, 128 recita:

‘per 106 anni dall’epoca di Cheope gli Egizi conobbero la sventura… l’avversione a Cheope e Chefren è così grande da non nominarli e chiamano le Piramidi Filitide, nome del pastore che ivi governa le greggi…’

Gli Egizi frustavano le piramidi e la sfinge in giorni prestabiliti; il popolo degli Accadi era un popolo dedito alla pastorizia e dalla Bibbia si apprende il disprezzo Egizio per i pastori. Pincherle nota una somiglianza incredibile riguardo ai due simboli di Vita Egizio ed accadico: praticamente identici con l’unica differenza che l’ankh, la croce Egizia, è sormontata da un ovale; quella accadica da un cerchio; l’osservazione nacque durante una visita dell’autore al Louvre ma non solo: lo Djed è spesso ‘antropomorfizzato’ grazie a due braccia che spuntano dalla parte alta sui lati opposti; queste rappresentavano le braccia di Osiride che sosteneva i due regni di cielo e terra. Anche nella Camera del Re vi sono due ‘braccia’: i condotti stellari che partono dalle pareti in asse nord-sud; dunque, secondo Pincherle, la Grande Piramide era l’involucro del misterioso Ate-men-Anki, letteralmente ‘l’ancoraggio del Cielo alla Terra’.

Il confronto con l’archeologo Birot, esperto linguista e conoscitore della scrittura accadica, rivelò che il termine ‘Sar’ era rappresentato da un sarcofago su cui si levavano due spighe e che il nome ‘Ur’ significava ‘dolmen poggiato su due pietre’, esattamente come lo Djed su 5 ripiani ed era posto al vertice degli ziqqurat come osservatorio astronomico e altare divino.
Dunque, volendo ricapitolare:

a)lo Djed rappresenta il ritorno di Osiride
b)presenta 4 dolmen sovrapposti
c)e due ‘braccia’ che identificano i condotti verso le stelle
d)e al suo interno ha una ‘mangiatoia’

E’ il momento di riprendere in mano il Libro dei Morti, la ‘Bibbia’ Egizia, scritto nel III millennio a.C. esattamente sotto il faraone Menkaura; il suo vero titolo è Per-Em-Ra letteralmente ‘uscita verso la luce’. Si tratta di un testo che esprime verità appartenenti ad un perduto mondo monoteista in cui Osiride l’Uomo-Dio è il centro dell’universo, addirittura il pegno di vita eterna; egli è colui che insegna le arti e l’agricoltura, l’idraulica, l’astronomia, l’architettura e per tutta risposta viene fatto a pezzi, 14 in tutto; ma i pezzi fecero germogliare ‘piante di grano e vigne’ dalle quali produrre pane e vino; coloro, i seguaci, che mangiavano di quel pane e vino compivano un vero e proprio rito eucaristico ante litteram.

Osiride nei riti antichi era denominato anche ‘On’; la stessa invocazione per Sargon, ‘On Sarrukin’. Pincherle ipotizza che Asar e Ausar (Sargon e Osiride) siano la stessa persona:

-entrambi i re sono buoni e amati dai sudditi
-entrambi elargiscono conoscenze e benefici creativi
-entrambi muoiono di morte violenta
-in entrambi i re il sarcofago è simboleggiato da grano e vite
-entrambi hanno la barba, lunghe sopracciglia
-entrambi vengono fatti a pezzi
-entrambi sono simboleggiati dallo scettro dei due regni
-entrambi presentano ‘un cofano nudo in pietra’
-entrambi hanno ali alla base del capo

i simboli alati riguardano anche:

-il cherubino ebraico
-il cherubino cristiano
-il karabù accadico

dove i fonemi ‘karabù – cherubi-no’ hanno una stessa origine etimologica.

E’ qui che Pincherle determina l’asse logico Djed – Osiride – Sargon, sottolineando l’origine accadica del monumento ma soprattutto ponendo una inquietante domanda sulla nascita di Sargon perfettamente speculare al racconto della nascita di un’altra immensa personalità, il Cristo: Sargon è infatti annunciato da un allineamento planetario e viene trovato dagli Accadi, di mattina, quando le stelle cantano tutte in coro, in una mangiatoia; ed una stella era fissa al punto di settentrione ma per la Precessione quella ‘polare’ oggi non è più al suo posto; dovremo attendere gli anni rimanenti dei 26000 inerenti il ciclo del moto apparente celeste per riavere quell’allineamento comunque visto da un punto fermo le cui caratteristiche architettoniche s’intersecano con l’architettura celeste: lo Djed. Questa costruzione serba in sé un segreto incredibile: essa altro non sarebbe se non un ‘rilevatore’ delle discese ritmiche di dio in terra, un orologio cosmico testimone di una lunghissima e ancestrale tradizione monoteista dove i 4 dolmen della torre segnano i 4 grandi periodi dell’umanità; tranne per un unico Djed, raffigurazione risalente al periodo tolemaico (conservato al Louvre) dove i dolmen sono 5; l’umanità è dunque entrata nel suo V periodo, ricominciando il ciclo ‘post Christum natum’?

Pincherle aggiunge 2 conclusioni alle 7 precedenti:

-lo Djed è un orologio cosmico perché il suo orientamento assieme all’orientamento dei due condotti stellari determina un preciso punto spazio-temporale su scala universale
-come i poli terrestri sono legati a fenomeni elettromagnetici, così lo Djed è legato a fenomeni misteriosi che l’autore definisce ‘onda vitale’; la nostra bussola funziona con il nord magnetico; quella degli Accadi su energie sconosciute a noi; la parallasse di queste energie avrebbe permesso la geolocalizzazione di qualsiasi punto sul pianeta, atta alla realizzazione di carte perfette antichissime; oltre il nord, lo Djed..

Ma allora perché nascondere lo Djed nella Grande Piramide? Pincherle affronta l’argomento partendo da lontano, dal viaggio di Abramo da Ur fino in Egitto con destinazione il monumento stesso. Al contrario di quanto si afferma Abramo non era un pastore: era cittadino di una metropoli opulenta e culturalmente avanzatissima. Insistevano infatti scuole di astronomia, idraulica, medicina, matematica, astrologia e via discorrendo. All’epoca di Abramo lo ziqqurat di Ur già presentava una storia ultramillenaria, antecedente all’epoca delle stesse piramidi. Un’altra osservazione in rottura con i canoni ortodossi della figura di Abramo è che egli descrive Nàcor come città natale e terra di origine paterna: ma Nàcor era una città accadica e non caldea; l’ipotesi è che Abramo, fautore di un monoteismo sulla via del tramonto nella corrotta Ur, lascia la sua terra per trovare un terreno più fertile lì dove il monoteismo era già affermato e lo Djed ne era il monumento principe, originario di un’antica terra accadica: l’Egitto delle Piramidi di Rostau. Forse vide la ‘mangiatoia’ di Sargon sull’Eufrate? Di sicuro la splendida statua oggi conservata nel museo di Baghdad. Sicuramente l’ingresso alla Grande Piramide era un suo obiettivo fortissimo: è nota la storia biblica di aver dato in sposa al faraone la propria spacciandola per sorella scatenando l’ira del sovrano una volta scoperto l’inganno e la relativa fuga. Tutti i Patriarchi ebbero a che fare con la piramide di Khufu, come se il richiamo del dio unico fosse racchiuso nell’altare di granito ivi contenuto; questo legame attirava gli ‘Archisti’, ovvero coloro che avevano a che fare con l’Arca dell’Alleanza e non lesinavano sugli stratagemmi pur di entrare nel monumento (magistrale quello di Giuseppe che ne richiese l’uso come magazzino, silos per il grano). Il tempo trascorre e si arriva alla nascita del Cristo; il Messia è subito sotto posto sotto la pressione del tiranno Erode; dunque un angelo avverte la Sacra Famiglia che parte e si rifugia, come se non bastasse, in Egitto.

Pincherle racconta un aneddoto di vita riferendosi ad una particolare chiesa di rito cristiano copto ubicata ad Abu Sarga. È la cosiddetta ‘Chiesa del Rifugio, luogo in cui trovò asilo la Sacra Famiglia: ci si accede tramite un cancello e si passa attraverso un orto botanico pieno di balsamine; questi alberi innamorarono la regina Cleopatra che li volle assolutamente nel proprio territorio; somiglianti a vitigni, è l’unico punto d’Egitto in cui esistono, l’origine è palestinese. Ci vollero dei giardinieri ebrei per questo lavoro; Pincherle ci dice che erano veramente ‘troppi’ i giardinieri che si trasferirono in quella zona; troppi per l’orto ma giusti per rimuovere i detriti dall’ingresso della Grande Piramide. Trent’anni dopo Madre e Figlio trovarono rifugio proprio lì in una zona decisamente adiacente all’involucro dello Djed; Abu Sarga è infatti situata in prossimità della piramide di Khufu, troppo ‘aritmetica’ per essere una semplice coincidenza. Vicino al fonte battesimale esagonale, si apre un pozzo molto profondo. Probabilmente un passaggio segreto verso il cuore del monumento…

Un fantasma si aggira nel deserto di Rostau: quello di Cheope-Khufu; secondo Pincherle il monumento più famoso sul pianeta è attribuito ad un faraone inesistente; quali le prove di questo ‘parricidio’? Cheope, ovvero Khufu, è citato in alcune liste regali e nei geroglifici di mastabe appartenenti a dignitari di corte; ma di lui, tranne una assai sospetta statuetta in alabastro - scialba, inespressiva e in pessima conservazione – non rimane nulla, nemmeno i tratti somatici.

Tranne, naturalmente, una montagna artificiale in calcare…

Il grande sacerdote Manetone ci lascia una lista in cui sembra che Khufu sia denominato Sotis, fonema decisamente cogente al nome del padre Soris. La definizione ‘Orizzonte di Khufu’, dedotta dai termini ‘akett kufu’, è un’interpretazione arbitraria poiché il termine ‘orizzonte’ è espresso nel fonema ‘xut’; mentre il termine ‘kuf’, radice etimologica del termine ‘kufu’, porta significato ‘protezione’, ‘involucro’ o più semplicemente ‘sarcofago’; i geroglifici presenti nelle ‘camere di scarico’ riportano il termine ‘knum Kufu’ ossia ‘protetto da knum’.

Manetone però prosegue nella descrizione e ci racconta che ‘Sotis’ o ‘Sufis’ era un faraone così saggio da aver scritto un libro contenente tutti i segreti dell’universo. Dopodichè sarebbe asceso al cielo in apoteosi con tutto il corpo; è inquietante tanto come il termine ‘sufis’ ci richiama al ‘sufismo’ che significa ‘saggezza’ ed è alla base dell’esoterismo musulmano. Ma anche Enoch al termine dei suoi scritti sarebbe asceso in gloria nei cieli; è superfluo ribadire Chi ci ricorda tutto ciò.

L’ennesima leggenda sullo Djed racconta che esso è l’estrema dimora di Osiride, il suo cenotafio, vuoto, poiché egli salì in cielo in apoteosi, corpo e spirito. Abbiamo a disposizione la Stele di Palermo che a differenza di Manetone risale ad epoche adiacenti realmente alla V Dinastia; le informazioni ci sono confermate da un altro assai famoso documento ovvero il Papiro di Torino; le affermazioni di Manetone provengono purtroppo da redazioni posteriori poiché la sua opera, insieme a circa 2 milioni di opere antidiluviane, fu distrutta nel rogo di Alessandria, l’eccidio culturale della Biblioteca ad opera degli arabi ma anche dei cristiani. A proposito di calendari necessita l’approfondimento di un tema: il calendario Egizio, basato su di un fenomeno che fece dell’Egitto ‘il dono del Nilo’. I suoi antichi abitanti dividevano l’anno in tre stagioni:

-akt ‘il tempo dell’inondazione’
-feret ‘il tempo della semina’
-kemu ‘il tempo della raccolta e della trasformazione’

il termine ‘kemu’, con radice comune ad ‘al-kemia’ di origine araba (alchimia), riporta al nostro più comune ‘chimica’ dove il significato è decisamente cogente ai termini principiali.
E così si scopre che il capodanno Egizio coincideva con il primo giorno d’inondazione e tutto ciò, da buoni astronomi-astrologi, gli Egizi osservarono essere un evento coincidente con il sorgere di una stella in particolare che essi chiamarono ‘Sotis’ o ‘Sefedet’ ossia Sirio, l’Iside del pantheon Egizio sposa-sorella di Osiride. Le stagioni erano formate da 4 mesi ognuna composta da 120 giorni per un totale annuo di 360 giorni.

Ma accadde qualcosa di terribile e l’asse terrestre si inclinò; il ritmo dell’equinozio primaverile cumulava ritardi esponenziali anche aggiungendo i 5 giorni del calendario odierno; il pianeta, divenuto una trottola impazzita, sfalsava l’anno secondo ciò che sarebbe stata la Precessione; ci volle tempo per capire che il ciclo coincidente tra il sorgere eliaco di Sotis-Sirio e la piena del Nilo valeva 1460 anni; questo veniva definito ‘periodo sotiaco’ per ovvi motivi. Un ritmo sul quale è possibile calcolare e stabilire date coincidenti precise; non è un mistero che il prossimo allineamento avverrà nel 3050 d.C.

Ed ecco le contraddizioni peraltro tutte ortodosse:

-adozione del calendario sotiaco con Djoser, III Dinastia, regnando con la collaborazione dell’immenso sacerdote Imhotep
-a cavallo del 2772 a.C., sempre secondo la visione di altri ortodossi, il periodo cadrebbe nell’epoca di Cheope-Khufu, ovvero l’epoca delle Piramidi
-eppure è la stessa assise a mettere in dubbio il periodo per la discrepanza tra Djoser e la IV Dinastia e pertanto (causa la famosa e antonomastica ‘lacuna storica’) arrivare a discutere l’esistenza stessa di Cheope-Khufu considerandolo forse solo un simbolo.

Conclusioni

La funzione dello Djed sembra dunque incentrarsi sempre di più sul ‘perché’ della sua realizzazione e conservazione in un bunker strutturato e non tanto sul ‘come’; il ‘perché’ tenta di spiegare, ad esempio, l’apparente impossibilità di realizzare il sarcofago della Camera del Re, il quale – percosso – sembra risuonasse come una campana e mantenesse lo stesso peso sia pieno d’acqua che vuoto; ad oggi quest’opera mirabile è l’unica soluzione fisica ad un problema matematico detto ‘duplicazione del cubo’: la tara è infatti perfettamente equivalente al lordo. E tutto ciò a causa della conservazione di un cadavere? Lo Djed è l’arma di Osiride, simbolo di resurrezione e vita eterna; si legge nel Per-em-Ra, XIX capitolo:

‘in verità io non sono morto; in verità io vivo nello Djed’

Nello stesso testo si narra di un’antichissima cerimonia, antecedente alle Piramidi, in cui si celebrava un rituale misterioso ovvero il ‘Raddrizzamento dello Djed’; contemporaneamente gli arcieri scagliavano quattro frecce nelle traiettorie dei punti cardinali considerati come i Pilastri dell’Universo. I costruttori delle Piramidi riscoprirono il monumento che era denominato persino la Torre di Adamo; troppo clamore e tecnologia per un semplice obelisco più squadrato degli altri. Allora cos’è lo Djed?

La risposta è insita in una domanda estremamente correlata e intimamente connessa: qual è l’origine della Prima Civiltà? Ossia: chi o cosa è l’uomo? Il Pilastro di Osiride, in quest’ottica, sembra essere l’atto di nascita dell’Uomo; la carta d’identità di Adamo. Lo Djed come trait-d’union tra Cielo e Terra, collante delle dimensioni macro-micro cosmo; dunque la ricerca non è del tutto esterna, prevede una profonda introspezione.

Pincherle per primo osa chiedersi ‘chi è l’Uomo’ e soprattutto se esista o meno un Atemenanki, ovvero un ponte tra Uomo Mondo e Mondo e Cosmo. Infatti l’affermazione introduce ad una ‘trinità’ umana e al mistero del termine ‘cosmo’ il cui significato è ‘vittoria sullo spazio e il tempo’; noi siamo duplicità però, anima-corpo; il numero ‘tre’ come possiamo concepirlo? L'interpretazione di Pincherle è davvero antichissima, affonda le sue radici in un platonismo che fu utilizzato anche nei cenacoli esoterici: corpo-anima è un binomio diverso da Nous, ovvero Spirito – parte eccelsa del Pensiero, che si trova in una condizione di superiorità esistenziale rispetto ai precedenti. E utilizza ‘sensi’ diversi di percezione. Nel passaggio tra l’era della materia e quella dello Spirito concepito da Pincherle, il ‘sesto senso’, chiamato ‘forza tenebrosa’, ‘drago nero’ o ‘mostro che marcia all’indietro’ nell’antichità, getta nuova luce sul perché dello Djed: i Profeti erano coloro che sapevano far marciare all’indietro il tempo’; nella ricerca dello Spirito da parte dell’umanità che trapassa dal periodo precedente all’Era del cambiamento, lo Djed rappresenta il mezzo con cui in precedenza l’uomo era in grado di superare le barriere dello spazio-tempo e quindi di superare se stesso. Il Viginiana Bairava Tantra, antichissimo testo Sudra, significa appunto: ‘tecnica per oltrepassare la coscienza’.

Un altro testo ben più adiacente alla geografia dello Djed è il Sefèr Isirè o Libro di Adamo che afferma l’uomo come essere immerso nello spazio e nel tempo ma anche nella Vita. I sensi percepiscono la Terra cosmica e il Fuoco cosmico (spazio e tempo); è impossibilitato a concepire l’Anti-tempo, ovvero l’Acqua cosmica, il controllo sull’andamento del tempo. Il testo continua affermando che solo al raggiungimento di questa consapevolezza l’uomo arriverà all’Aria cosmica e vincerà i confini spazio-temporali, trovandosi vittorioso al di fuori di essi. Non è un caso che lo Djed, in tempi remoti, rappresentasse proprio questo ovvero la vittoria dell’eternità sul transeunte.

Qualora considerassimo l’energia prodotta dallo Djed come Acqua cosmica rappresentata nel Sefèr Isirè, Pincherle afferma che del binomio energetico maschio-femmina lo Djed è rappresentazione dell’energia femminile, riflusso temporale complementare all’avanzamento temporale; l’unione delle due forze genera eternità.

Gli aspetti escatologici riguardanti l’incredibile storia dello Djed prendono il sopravvento su quelli storico-archeologici. Lo Djed diviene la Torre dei Miracoli citata in un dei libri di Enoch che rappresenta il punto di unione dei confini terreni e cosmici, i famosi pilastri dell’universo. La torre diviene caratteristica di Vita e la vita è un compendio continuo di ‘dualità’. Gli Egizi chiamavano quest’aspetto ‘due cuori’: l‘uomo era corpo fisico e Ka, ovvero il doppio eterico degli occultisti; dopodiché vi era Ba ossia il corpo astrale e infine Ku cioè lo spirito che veniva denominato Sahu nella sua parte più elevata, ovvero la trasfigurazione di Osiride nel Duat: Orione.

Queste dualità prendevano le mosse dall’osservazione del comportamento cardiaco con i suoi movimenti di espansione e contrazione, ovvero diastolico e sistolico, il respiro (in aramaico ‘ruah’, il ‘soffio’). Dunque questo pulsare rappresentava il funzionamento stesso della vita che gli antichi Egizi chiamavano Fati, espansione; e Ib contrazione. Ciò rappresenta il tempo e l’anti-tempo, il doppio pulsare e fluire verso il passato e verso il futuro. Nel Sefer Isirè il cuore, il mondo e il cosmo hanno pulsazioni inversamente proporzionali tra loro passando da quelle rapide umane fino al pulsare fermo del cosmo; quando l’uomo raggiungerà la coscienza cosmica allora sarà in grado di gestire il tempo. Ciò sarà possibile acquisendo uno spirito profetico poiché la visione profetica è una visione di presente assoluto. Ecco dunque cos’è lo Djed per Pincherle tenendo ferme le parole degli antichissimi testi:

una ‘macchina’ in grado di passare dal tempo all’anti-tempo.

Se gli uomini saranno in grado di riconoscere il movimento sistolico e non solo diastolico del proprio cuore-apparato di vita allora sapranno divenire padroni del tempo e si libereranno dalla morte.
Dunque lo Djed, colonna vertebrale dell’uomo-dio vivente, Osiride, il bar-enasch degli ebrei (Figlio dell’Uomo) è l’albero della Vita Eterna così difeso da Dio nell’Eden, così ricercato dall’eroe Gilgamesh nella sua epopea di vita.

http://www.archeomisterica.com/recensio ... epori.html



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MessaggioInviato: 31/01/2014, 16:06 
Tratto da un post letto su facebook

NEPPURE UN GEROGLIFICO è stato trovato nelle 3 piramidi di Giza.

Nonostante fosse sigillata non è stato trovato un solo elemento al suo interno e tanto meno la mummia del Re.

Gli egittologi danno la colpa ai ladri di tombe che l'avrebbero ripulita, ma come abbiamo gia' detto era sigillata quanto fu aperta per la prima volta, inoltre sarebbe l'unico caso tra le centinaia di tombe trafugate in cui non è stato lasciato nulla, non un solo elemento facente parte del corredo. Le operazioni del furto erano particolarmente difficili e ovviamente tutto quello che non aveva un valore veniva lasciato dentro la tomba, inutile portarsi dietro del peso inutilmente, cosi' le giare venivano rotte, i contenitori spaccati, e persino i sarcofagi, per cercare preziosi sui corpi delle mummie. Spesso c'erano tavoli o sgabelli su cui erano appoggiati gli ori, ma qui non ce n'è traccia.

Fatto piu' importante di tutti è che sui muri non c'è neppure un disegno, nessun geroglifico e questa è una cosa inconcepibile, perche' se la piramide era una tomba sarebbe stato impensabile non accompagnare la salma del faraone con le formule magiche necessarie per permettere l'ascensione dell'anima.

Le tre piramidi probabilmente non erano tombe ma avevano un'altro significato e con molta probabilita' sono molto piu' vecchie dell'eta' che gli e' stata attribuita dato che sembra una forzatura il modo in cui sono state attribuite a Cheope, Kefren e Micerino e non esistono documenti che certificano i suddetti faraoni come commissionari di tali opere.

Ma allora chi le ha costruite veramente?

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MessaggioInviato: 02/02/2014, 04:10 
Ho appena un capitolo del libro IMPRONTE DEGLI DEI che parla proprio di questo. ATLANTICUS se lo hai letto parecchio tempo fa ti suggerisco di riprenderlo non c'è un solo capitolo in cui non si parli di qualcosa inerente alle ricerche che fai tu. Non posso fare a meno di pensare: CAVOLO se lo leggesse Atlanticus, una pagina si ed una no ^_^

L'ipotesi dei ladri di tombe è una scemenza; cito:

Cita:

Graham Hancock - Impronte Degli dei

In quelle tomba, secondo tradizioni antichissime, i costruttori avevano lasciato <<strumenti di ferro ed armi che non arrugginivano, e vetro che si piegava senza rompersi e strane formule magiche>>
Ma Mamun (Califfo Al-Ma'mum governatore mussulmano del cairo del IX sec. A.C. il primo a penetrare la camera del re) ed i suoi uomini non trovarono nulla [...].
La camera della regina si mostro sorprendentemente vuota, nient'altro che un vano geometrico austero. E, fatto ancora più sorprendente, anche la camera del RE offrì ben poco di interessante. Il suo unico mobilio era costituito da un enorme catafalco appena grande a sufficienza per contenere il corpo di un uomo.
[...]
Esattamente perchè, come e quando la grande piramide fu svuotata del suo contenuto? Era successo 500 anni dopo la morte di Cheope, come suggerivano (E SU QUALI BASI LO SUGGERIVANO aggiungo io??????????) gli egittologi? O, come è più verosimile che sia, leprove cominciavano a far pensare che le camere interne della piramide erano vuote da sempre?
Infondo nessuno aveva raggiunto la parte superiore del corridoio ascendente prima di Ma'mun ed i suoi uomini. Ed era anche certo che nessuno aveva tagliato i TAPPI DI GRANITO che bloccavano l'accesso a quel corridoio.
Il buon senso escludeva la possibilità di qualsiasi intrusione precedente, a meno che non ci fosse un'altra entrata.
[...]
Un'altra entrata c'era [...] l'ingresso si apriva su uno stretto pozzo, lungo circa 50 metri, che saliva quasi in verticale nella roccia fresca e poi per più di 20 corsi completi di blocchi internidi calcare della GRAN DE PIRAMIDE per unirsi al principale sistema interno di corridoi ai piedi della galleria.
[...]
L'unica cosa chiara è che (il pozzo) fu progettato all'epoca della costruzione della piramide enon il frutto di una intrusione dei predatori di tombe impegnati a scavare gallerie. [...] Rimane da accertare se qualche predatore di tombe possa aver scoperto l'accesso nascosto al pozzo e lo abbia utilizzato per trafugare i tesori. Non si può escludere una possibilità del genere. Tuttavia , da un esame delle documentazioni storiche emergono ben pochi elementi che l'avallino.
E' verosimile che un pozzo stretto ed intasato come quello sia servito da passaggio praticabile per trafugare i beni del più grande faraone della IV dinastia?
Anche se non fosse stato soffocato ed ostruito da detriti e sigillato all'estremità inferiore (come' era), non poteva essere utilizzato per portare fuori più di una minima parte dei tesori di una tipica tomba reale. Il pozzo ha un diametro di 90 cm e presenta diversi tratti verticali. [...]


Ad ogni modo io più leggo e più mi convinco che le piramidi avessero a che fare con l'acqua. Ci sono chiuse, paratoie lo stesso corridoio ascendente sembra una sezione mista formata dal corridoio stesso, laicissimo ed impraticabile a piedi senza appigli (che originariamente non 'erano), con al centro una sezione di 60 cm più profonda...

La struttura stessa non sembra fatta per l'uomo ma per svolgere una qualche funzione specifica, l'assenza di iscrizioni e la mancanza di decorazioni di quelle che dovrebbero essere LE OPERE MAGNE di un faraone il quale avrebbe dovuto scrivere il suon nome ovunque, mi sembra troppo evidente per essere trascurata.

Una precisione troppo sistematica, sono state usate soluzioni complessissime ed in alcuni casi impossibili da spiegare con l'archeologia classica come il posizionamento di enormi blocchi con precisione millimetrica. Perché tanta precisione per fare la tomba di un re, una fissazione così ampia per la geometrica, angoli precisissimi, soluzioni ingegneristiche tanto complesse per poi non scriverci nemmeno il nome del faraone stesso? Dai non facciamoci prendere per deficienti -__-

Un enorme centrale elettrica per separare l'idrogeno dall'acqua? Mah
Mi aspetterei in questo caso il ritrovamento di almeno un pezzettino di anacronistica plastica, un qualcosa di minimamente tecnologico, invece IL NULLA ASSOLUTO, il che è ancora più strano ed inquietante. Quante decine di migliaia di anni sono passati?

Non è stata trovata MAI alcuna traccia nemmeno dei PRESUNTI trapani diamantati (che avrebbero dovuto esercitare una pressione di 2 tonnellate per scavare il sarcofago di diorite nè le sottilissime E inconcepibilmente dure pietre usate per graffittare la diorite con una precisione INDUSTRIALE. Il gli strumenti usati per costruire vasi di diorite con l'imbocco sottile e la pancia svasatissima e ce ne sono centinaia, quasi come se fosse un oggetto comunissimo seppur complessissimo e prodotto in serie. Come cavolo facevano? Non c'è alcun modo per farlo, almeno che sia noto.

Ma dico io questa gente non è curiosa di scoprire la verità o di CAPIRE? E pure è gente che lo fa per passione e dedica la vita a queste cose, come possono accettare, GLI ARCHEOLOGI e nello specifico gli egittologi la massa di scemenze dogmatiche che ci sono sull'egitto?

Addirittura si mette in dubbio l'osservazione di geologi che senza ombra di dubbio affermano che sulla sfinge (ed altri monumenti) c'è inconfutabilmente traccia di massiccia erosione da acqua (e lo si vede anche con occhio da profano a dire il vero -_-) solo perchè ciò mette in crisi l'IDEOLOGIA corrente.

Quando si arriva a negare in maniera così palese l'evidenza, mostrata tra l'altro da esponenti della SCIENZA UFFICIALE, allora vuol dire che si è in malafede e si nasconde qualcosa.

IO più approfondisco e più mi assale un senso di sconforto ma soprattutto rabbia e nervosismo. Ultimamente spesso i miei amici mi stuzzicano su questi temi per intavolare una discussione ma evito, perchè ho notato che se parlo di queste cose MI FACCIO NERVOSO perchè ci sono ovvietà talmente solari che doverne parlare come si si parlasse dello Yeti come di qualcosa di strano e particolare è davvero assurdo.


Ultima modifica di MaxpoweR il 02/02/2014, 04:27, modificato 1 volta in totale.


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Io sono stato in Egitto ed ho visitato il sito.Non sono un archeologo,ma la presunta precisione degli antichi egizi potrebbe risultare forzata.Gli spigoli della grande piramide visti dall'alto non sono allineati.Gli interni sembrano molto grezzi nella lavorazione.La posa in opera non sembrerebbe così accurata.Straordinario certamente il luogo e la magia ad esso ricondotto:immaginare il cantiere di lavoro risulta difficile,ma risulta egualmente difficile pensare a zed "accumulatori di energia" ed impensabili allineamenti astrali.Una ventina di anni fa,l'ingegnere Croci,studiò il sito ed il luogo.Arrivò a conclusioni interessanti,molto diverse dagli autori di libri dai titoli roboanti.



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le conclusioni possono essere di qualunque tipo ma nessuna sarà valida se non spiega come sia possibile sollevare e posizionare blocchi di 60\70 tonnellate ad altezze di 50\60 metri se non di più. La seconda coaa è spiegare come sia stato possibile posizionarne altri con estrema perizia all'interno della piramide stessa in corso d'opera in spazi angusti dove non potevano certo lavorare contemporaneamente decine di persone. Poi dovrebbero cominciare a delucidarci un pò sulla logistica, perchè se è vero che hanno posizionato diversi blocchi al minuto per 30 anni senza mai sbagliare e mantenendo standard ingegneristici da epoca industriale. Una deviazione dello 0,015% rispetto all'allineamento nord sud è abbastanza strambo ad esempio come standard da imporsi visto che anche un errore dell'1-2% non verrebbe certo notato ad occhio nudo, come stramba è l'austerità degli interni se si pensa che VENGONO DEFINITI come gli interni di quella che è la tomba di un faraone grandissimo il quale non si è premurato di scrivere il suo nome in nessun punto, nè di scrivere alcunchè a dire il vero...



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Concordo sull'idea della difficile comprensione dell'immenso cantiere.Io stesso non riuscivo a collocarlo ed immaginarlo.Gli antichi egizi,evidentemente,possedevano abilità insospettabili nell'ingegneria.Purtroppo,invece,non ci sono tracce di macchinari "fuori tempo".Gli attrezzi sono ben noti e catalogati.Il presunto allineamento con astri risulta essere forzato:se poi vogliamo trovare numeri "celesti" nella grande piramide,facciamo pure.



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MessaggioInviato: 15/10/2014, 18:23 
LA MACCHINA DELLA RESURREZIONE
La Grande Piramide e lo Zed: spina dorsale di Osiride o albero della vita?


Lo Zed è, per definizione, l’elemento più misterioso della Grande Piramide di Giza. Perfettamente integrato nelle simmetrie del monumento, esso è situato nel cuore della piramide che gli egittologi attribuiscono artificiosamente al faraone Cheope. Quale funzione abbia mai potuto avere non è stato definitivamente chiarito.

Eppure, le teorie sono numerose e ciascuna di esse sembra possedere una buona dose di attendibilità. Tuttavia, come spesso accade in queste occasioni, l’ipotesi “ufficiale” appare la meno accreditata.

Gli egittologi, infatti, considerando la particolarità dell’architettura, hanno destinato lo Zed ad una finalità meramente ingegneristica: le sue “camere”, infatti, avrebbero dovuto avere una funzione di “scarico” per smaltire il peso dei blocchi superiori alla cosiddetta Camera del Re, così da evitarne il collasso strutturale.

Un’analisi che è stata smontata pezzo per pezzo, con argomenti significativamente esaustivi, dagli studiosi indipendenti, soprattutto considerando che non vi è ‘contatto’ tra la struttura in granito dello Zed e il resto della piramide come vedremo in seguito e come ha dimostrato l’Ing.Pincherle nel corso dei suoi approfonditi studi in merito.

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Lo Zed è una torre di granito interrotta da 5 livelli che spesso viene raffigurata in molti dipinti egizi, composta da quattro ampie camere, una delle quali era la camera dei Re, con in mezzo una vasca di granito definita erroneamente “sarcofago”, ricavata da un un unico blocco di granito intagliato in modo assolutamente perfetto, talmente tale che alcuni antichi testi egizi raccontano che questa vasca, "fu tagliata da una luce divina", il che ci ricorda le applicazioni di quello Shamir di cui abbiamo tante volte parlato nel corso delle nostre ricerche.

Gli antichi egizi hanno descritto questa torre ricorrendo alla simbologia geroglifica della loro religione; spesso abbinato al simbolo dell’Ankh, lo Zed (o Djed) veniva associato alla figura di Osiride quale rappresentazione della sua spina dorsale. La comprensione della simbologia dello Zed e dell’Ankh all’interno del misticismo e dell’esoterismo egizio ci tornerà molto utile alla fine dell’articolo, specificatamente per i loro significati legati al ciclo vita-morte-resurrezione che permeava la religione egizia principalmente in riferimento al viaggio ultraterreno del faraone, appunto reincarnazione di Osiride.

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Osiride era un antico dio del grano. I suoi seguaci lo identificarono con una divinità pastorale di nome Anzti o Anedjti e si insediarono in tempi predinastici nella sua città nel Delta. Il loro simbolo di culto era appunto il pilastro djed, il cui significato non è ancora del tutto chiarito. Forse rappresentava un albero a cui furono tolti i rami, forse un cedro della Siria o del Libano che i seguaci di Osiride portarono dalla loro patria e per il quale chiamarono la loro città Djedu. Più tardi questo nome fu cambiato in Pa-Uzir, da User, il nome egizio di Osiride, e per i greci diventò Busiris.

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Il culto di Osiride si diffuse presto in molte regioni dell'Egitto. Egli diventò un dio della terra, della vegetazione e dell'agricoltura. Anche il legame del dio con i riti funebri provenne dai tempi antichi, visto che già durante la V dinastia egli aveva assorbito i dei funerari di Abydos (come Khenti-Amentiu) ed i faraoni defunti vennero identificati con lui. Questo aspetto funerario raggiunse una tale importanza, da elevare Osiride a dio supremo dell'Egitto. Nel concetto religioso dei primi tempi, la mitologia inseriva Osiride fra le divinità dell'enneade ermopolitana. Non fu difficile, vedere in questo dio della vegetazione un figlio di Geb, dio della terra e divinità dell'enneade che prima dei faraoni aveva regnato sull'Egitto. La dea Nut venne considerata sua madre e come fratelli ebbe Iside, Seth e Neftis.

Secondo il mito gli uomini in quei tempi remoti erano ancora dei barbari. Osiride gli insegnò il giusto modo di comportarsi, come coltivare la terra, la costruzione delle case e come venerare le divinità. Inoltre stabiliva per loro delle leggi. Nell’insegnamento Osiride ebbe l'aiuto del suo scriba Thot che creò l'arte e la scienza e diede un nome alle cose. Il governo di Osiride si basava sulla forza di persuasione e non sulla violenza.

Dopo la civilizzazione dell'Egitto, Osiride decise di portare i suoi insegnamenti anche al mondo circostante, usando gli stessi metodi.

Un comportamento, quello di Osiride, che noi del Progetto Atlanticus identifichiamo come equivalente a quello del Player B, spesso associato a Enki, Viracocha e anche a quegli Angeli Caduti, definiti come Vigilanti nel libro di Enoch, citato non a caso, in quanto strettamente correlato come vedremo con il tema dello Zed.

L'antico Libro di Enoch, un libro sacro che fu ritrovato nelle Grotte di Qumram, in Israele, racconta che il pilastro "Zed” è in realtà molto più antico della Grande Piramide, che oggi lo ospita, e che fu trasportato inizialmente da un luogo non meglio definito della Mesopotamia con un carro trainato da 600 buoi ed in seguito posto sulla cima della piramide di Saqqara prima di essere definitivamente smontato e nascosto all’interno della Grande Piramide di Giza.

La Piramide di Saqqara (o di Zoser) come forse quasi tutti sanno è una piramide a gradoni, la più antica delle piramidi egizie, sulla cui superficie dell’ultimo gradone è stata riscontrata dall’ingegnere e grande studioso Mario Pincherle una importante presenza di diorite. La diorite è un materiale molto duro il cui uso sul tetto della piramide avrebbe avuto poco senso in realtà, se non quello di sostenere un enorme peso. Sempre Pincherle evidenzia poi che la base in diorite della cima dell'antica piramide di Saqqara è proprio compatibile con le misure della base ed il peso del pilastro "Zed".

Ciò confermerebbe quanto descritto nel Libro di Enoch relativamente al trasporto dello Zed dalla mesopotamia, forse da Babilonia, fino a Saqqara. E’ possibile allora pensare che la storia dello Zed sia correlata anche alla costruzione della mitica torre di Babele, una torre, costruita per ergersi verso il cielo fino a “raggiungere” metaforicamente dio e sfidarlo.

Forse l’obiettivo poteva addirittura essere quello di muovere guerra contro gli dei tentando di uscire dalla tradizionale interpretazione monoteistica del testo aderendo maggiormente a una idea evemerista della figura del ‘divino’.

Un racconto biblico quello della torre di Babele che, come molti altri, presenta un importante parallelo in un poema sumerico più antico, “Enmerkar e il signore di Aratta” in cui si narra del conflitto, probabilmente reale, che aveva contrapposto le città di Uruk e appunto di Aratta, intorno al 3000 a.C.

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L’utilizzo della diorite nella costruzione della piramide di Saqqara e la titanica edificazione della torre di Babele di cui purtroppo poco sappiamo, non può che farci tornare alla memoria un altro luogo dove sono stati trovati incredibili blocchi di diorite e andesite sapientemente lavorati da mani che ragionevolmente erano in possesso di tecnologie a noi sconosciute.

Stiamo parlando di Puma Punku e dei suoi incredibili blocchi intagliati di cui abbiamo già fatto menzione in nostri precedenti articoli. Puma Punku è in grado di suscitare nel visitatore profondi interrogativi su chi abbia popolato questa regione e su chi e come abbia edificato le incredibili opere presenti sull’altipiano a pochi chilometri dal lago Titicaca, anch’esso carico di misteri. Chiunque abbia avuto la fortuna di visitare questo luogo è rimasto imbarazzato dinanzi alla peculiare lavorazione e forma dei blocchi di pietra disseminati nell’area. Le leggende locali ci indicano essere Tiwanaku un tempio, costruito in un antico passato dagli uomini del posto per commemorare l’arrivo degli dei del cielo nella vicina Puma Punku.

Il tempio principale del Puma Punku, affacciato su di una vasca cerimoniale o piazza sprofondata, perfettamente levigata, è una delle costruzioni in pietra più grandi del nuovo mondo, in cui a blocchi di pietra di 440 tonnellate ne seguono altri più piccoli, di 200, 100, e via via fino a quelli di 80 e 40 tonnellate.

Il Puma Punku colpisce per la dimensione dei blocchi, ma colpisce anche per la raffinatezza della decorazione scultorea. Ovunque giacciono sparsi al suolo parti di quelli che furono portali, finestre, nicchie o semplici blocchi di pietra. In nessun luogo del nuovo mondo, e probabilmente neppure del vecchio, si trova traccia di una lavorazione della pietra tanto precisa e raffinata. Come in un gigantesco gioco a incastri, ogni blocco era progettato per incastrarsi perfettamente con quelli adiacenti tramite un complesso sistema di indentature, incavi e morsetti metallici. Dai pochi frammenti rimasti, sembra che anche il tetto di questi straordinari edifici fosse costituito di enormi lastre di pietra.

Il rebus di Puma Punku sta tutto nella precisione millimetrica dei suoi blocchi di pietra, specialmente quelli a forma di H. Sono tutti della stessa grandezza come fossero stati prodotti in serie con una sorta di stampo, hanno linee perfette, scanalature levigate, fori di estrema precisione e, come gli altri blocchi, sembrano fatti per essere assemblati a incastro, al fine di creare megalitiche muraglie e insolite costruzioni.

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Molti ingegneri sono rimasti stupiti e ammirati da cotanta perfezione millimetrica, che sarebbe difficile da ottenere anche al giorno d’oggi con i moderni mezzi in nostro possesso. Questi enormi blocchi sono infatti composti di diorite, una pietra vulcanica dura quasi come il diamante, la stessa ritrovata sopra la piramide di Saqqara.

A questo punto possiamo quasi immaginare Puma Punku come il cantiere ‘edile’ in cui venivano prodotti i blocchi necessari all’edificazione delle opere antidiluviane come appunto potevano essere lo Zed o la Torre di Babele, sempre che i due non siano in realtà la medesima cosa.

Se questo fosse vero potremmo allora identificare due momenti diversi nella edificazione dello Zed e in quello della Grande Piramide ed effettivamente è interessante osservare come il pilastro in granito non sia congiunto con alcun punto della piramide, ma altresì separato da una intercapedine vuota che separa nettamente i blocchi di granito facenti capo alla misteriosa torre Zed dai blocchi di calcare che invece caratterizzano la struttura della Grande Piramide. Proprio come se la Piramide gli fosse stata costruita intorno!

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All'interno della Camera del Re, che viene a trovarsi sotto cinque enormi blocchi di granito, equivalenti ai piani alti dello Zed, è stato rinvenuto quello che viene ritenuto dall’archeologia tradizionale il sarcofago di Cheope, in granito rosso, un materiale ancora oggi dificilissimo da lavorare che, per le sue dimensioni e caratteristiche, ha fatto sorgere il dubbio in diversi ricercatori alternativi che potesse essere in realtà il contentore dell'Arca dell'Alleanza, visto che nessun corpo vi è mai stato ritrovato all’interno e neppure quello sfarzoso corredo funerario che le sepolture egizie ci hanno abituato a vedere.

Esattamente come viene descritto nella Bibbia nel libro dell’Esodo dove leggiamo:

Cita:
"Faranno un'Arca in legno di acacia: avrà due cubiti e mezzo di lunghezza, un cubito e mezzo di larghezza e un cubito e mezzo di altezza. La rivestirai d'oro puro: dentro e fuori la rivestirai. Farai sopra di essa un bordo d'oro tutto attorno. Fonderai per essa quattro anelli d'oro e li fisserai ai suoi piedi: due anelli su di un lato e due anelli sull'altro lato. Farai delle stanghe di legno di acacia e le rivestirai d'oro. Introdurrai le stanghe negli anelli sui due lati dell'Arca per trasportare l'Arca su di esse. Le stanghe dovranno rimanere negli anelli dell'Arca: non verranno ritirate di lì. Nell'Arca collocherai la Testimonianza che io ti darò."


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In questo contesto appare logico riflettere sulla figura del protagonista dell’Esodo ebraico dall’Egitto. Intorno al 1300 a.C. Akhenaton, passato alla storia come “il faraone ribelle”, contrappone un culto monoteista a quello politeista in vigore in tutto l’Egitto, forse continuando l’opera intrapresa da suo padre Amenophis III; fonda una nuova capitale ad Amarna, a circa 200 km a sud del Cairo; il popolo resta però in maggioranza fedele agli antichi dei. Seguaci di Akhenaton e del nuovo ed unico dio Aton saranno una esigua minoranza della popolazione egizia, alcune razze tipicamente africane e la quasi totalità degli hyksos, i discendenti delle tribù semite che intorno al XVII secolo a.C. avevano invaso il nord dell’Egitto dominandolo per due dinastie, prima di essere definitivamente sottomessi.

Dopo circa diciassette anni di governo Akhenaton scompare nel nulla e la restaurazione politeista si accanisce contro di lui con una accurata damnatio memoriae: quasi tutti i segni visibili del suo passaggio – iscrizioni, sculture, documenti – vengono distrutti; la stessa città di Amarna è rasa al suolo.

Secondo recenti ipotesi un’insurrezione della popolazione, guidata dal clero tebano, costrinse il faraone eretico ad abbandonare l’Egitto per stabilirsi in Palestina con tutti i suoi seguaci; a conferma di ciò esiste una lettera nella quale il governatore di Gerusalemme fa esplicito riferimento al divieto di abbandonare le terre dell’esilio. Inoltre va ricordata la forte somiglianza del Sal104, che canta la gloria di Dio nel creato, con l’Inno al Sole di Akhenaton, il faraone che nel XIV secolo a.C. introdusse il culto monoteistico del dio Aton.

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La presunta relazione tra il culto di Aton e Mosè potrebbe spiegarsi in due modi, mentre il caso che gli ebrei in Egitto seguissero tale culto è da escludere essendo all’epoca ancora fortemente politeisti: la cattività babilonese che avrebbe sancito la superiorità del culto di Yahweh sugli altri avviene soltanto nel VI sec. a.C.

Il periodo dell'Esilio fu di importanza fondamentale per la religione ebraica e di conseguenza per le religioni che ad essa si ispirano, come il cristianesimo e l'Islam. Privati del culto del Tempio, ormai distrutto, i sacerdoti giudei e gli intellettuali deportati assieme ad essi elaborarono una versione della loro religione (meno legata al rituale del culto e maggiormente legata ai valori interiori e spirituali) molto innovativa, tale da permetterle di sopravvivere alla catastrofe ed anzi da uscirne rafforzata. Al punto da riuscire ad imporsi come "vera" interpretazione del culto di YHWH non solo agli "am ha'aretz" di Giuda, ma addirittura ai fedeli di YHWH di Samaria, che arrivarono ad adottare come canonica la redazione del Pentateuco elaborata durante e dopo l'Esilio.

Nella realtà storica e archeologica, invece, s'individua una serie di innovazioni importantissime, che caratterizzarono da quel momento in poi il giudaismo.

Il definitivo trionfo del monoteismo più intransigente e l'eliminazione definitiva di tutte le altre divinità del pantheon cananeo. Se la religione pre-esilica era stata fondamentalmente enoteista (riconosceva l'esistenza di altri dèi, ma riteneva lecito per Israele esclusivamente il culto di YHWH) quella post-esilica è intransigentemente monoteistica: YHWH è l'unica divinità esistente, è lui a muovere la Storia, al punto che anche un sovrano persiano può essere emissario della sua volontà, al punto da essere definito "Messia".

Concordanze storiche non meglio precisate fanno ritenere che dietro la figlia di faraone che adottò Mosè si celasse una nobildonna iniziata al culto di Aton, forse la regina Ankhesenamon, figlia di Akhenaton finita dopo varie vicissitudini in sposa ad Haremhab. L’ipotesi più certa diventa a questo punto che Mosè sia stato un cortigiano di Akhenaton, e dunque fu certamente seguace del culto di Aton; questa ipotesi è suffragata dalla data di nascita di Mosè secondo la tradizione il 7 Adar 2368 (corrispondente agli anni tra il 1391-1386 a.C.) che lo fa un contemporaneo del faraone Akhetaton vissuto nel XIV sec a.C.

Il collegamento tra il faraone ribelle ed esiliato col suo probabile sacerdote, il Mosè biblico dell’esodo ebraico, appare estremamente logica; sono infatti facilmente rintracciabili le numerose analogie storiche, circostanziali e cronologiche tra i due personaggi. Lo stesso nome di Mosè sembra di origine egiziana ed il mito della sua infanzia – salvato dalle acque ed educato alla corte dei faraoni, in perfetta analogia col precedente mito del sumero Sargon – appare come il tentativo di mascherare una realtà che non deve essere divulgata.

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Le motivazioni del perché tale storia non doveva essere divulgata tra le altre cose potrebbero avere motivazioni socio-politiche dirompenti.
Ma per capirlo dobbiamo arrivare al 1923, anno dell’apertura della tomba di Tutankhamon da parte di Lord Carnarvon e Howard Carter i quali avevano in realtà, già violato in segreto la tomba circa tre mesi prima dell’apertura ufficiale, trafugando una moltitudine di oggetti preziosi e suppellettili. Ad un primo rapido inventario tra gli oggetti “ufficialmente” ritrovati nella tomba sono presenti anche alcuni papiri dei quali si fa cenno nella corrispondenza privata dei due, in lettere inviate ad amici e colleghi.

Peccato che poco tempo dopo i suddetti papiri risultano inesistenti e cancellati dai successivi inventari. Interrogato in proposito, Carter dichiarerà trattarsi di un clamoroso errore: alcuni rotoli di lino presenti nella tomba erano stati sprovvedutamente scambiati per papiri.

Tale versione appare poco credibile, trattandosi di egittologi esperti. Carter, in particolare, ha alle spalle una lunghissima carriera, ma nessuno solleva obiezioni. Accade però che in un secondo momento le autorità egiziane prospettano la possibilità di togliere a Carter la concessione per continuare gli scavi. Questi allora si reca al consolato britannico e minaccia, nel caso in cui non gli fosse stata rinnovata la concessione, di svelare al mondo intero il contenuto dei famosi papiri¸”…fornendo il vero resoconto…dell’esodo degli ebrei dall’Egitto”

E’ pertanto perfettamente lecito, date tali premesse, supporre che la divulgazione del contenuto dei papiri avrebbe ottenuto effetti indesiderati a livello politico; ed è altrettanto lecito ipotizzare che i papiri narrassero la storia di Akhenaton e dell’esodo suo e dei suoi seguaci verso la Palestina.

Ricordando che era solo di pochi anni prima la famigerata Dichiarazione Balfour (il primo riconoscimento ufficiale delle aspirazioni sioniste in merito alla spartizione dell’Impero Ottomano, costituito da una lettera, scritta dall’allora ministro degli esteri inglese Arthur Balfour a Lord Rotschild – principale rappresentante della comunità ebraica inglese e referente del movimento sionista – con la quale il governo britannico affermava di guardare con favore alla creazione di un focolare ebraico in Palestina), si comprende come un documento che nella sostanza minava alla base i miti fondatori del movimento sionista – in particolare relativamente ad una presunta omogeneità razziale ed alla volontà di far ritorno alle terre dei propri presunti avi – avrebbe avuto nell’opinione pubblica mondiale un impatto dirompente, delegittimando definitivamente il movimento sionista stesso, che aveva già intrapreso a tappe forzate e con tutti i mezzi disponibili – non escluso il terrorismo – la colonizzazione della Palestina.

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Indirettamente questa vicenda rappresenta a mio avviso una conferma del fatto che il cosiddetto sarcofago di Cheope contenesse in realtà quell’incredibile manufatto rappresentato dall’Arca dell’Alleanza di biblica memoria trafugata da Mosè, sacerdote egiziano legato al culto di Aton, e pertanto in possesso di incredibili conoscenze esoteriche e tecnologiche. Quelle stesse conoscenze che gli consentirono quei prodigi per i quali ancora oggi è ricordato.

Arca dell’Alleanza il cui scopo e funzionamento doveva pertanto essere correlato alla torre Zed, oggetto del presente studio di ricerca, per motivi che ancora oggi ignoriamo, ma che, rifacendoci a quanto si diceva qualche pagina addietro, potrebbero essere legati al desiderio dell’Uomo di ‘raggiungere’ Dio, qualsiasi cosa significhi questo, descritto nel mito della Torre di Babele.

Come sostenuto da Robert Bauval in un suo recente convegno quando osserviamo la Grande Piramide è come se osservassimo una grande “macchina” che non sappiamo utilizzare e a cui forse manca l’energia per poter funzionare. Esattamente come un computer che diventa un pezzo di plastica se gli viene sottratta la corrente e la CPU, così lo Zed, contenuto in essa, potrebbe essere oggi soltanto un incredibile manufatto, retaggio di un tempo antidiluviano, di cui non sapremo mai nè il suo utilizzo, nè il suo funzionamento.

Nè il perché, aggiungo io, a un certo punto venne deciso da qualcuno, qualcuno che rimane ignoto, di provvedere al suo smantellamento da Saqqara per nasconderlo, o proteggerlo, all’interno della Grande Piramide.

Ancora una volta è il Libro di Enoch, e più specificatamente il decimo capitolo del secondo libro, ad aiutarci.

In esso leggiamo infatti che vi è scritto:

[/quote]"... Allora il Signore, Altissimo santo e Immenso, mandò Uriele a Noè e gli disse: <<Parlagli a nome Mio, digli che si tenga nascosto, rivelagli che un terribile cataclisma si sta avvicinando. Tutta la Terra verrà spazzata da un diluvio che distruggerà tutto ciò che vive in essa. Avvertilo in che modo egli potrà scampare e come il suo seme potrà essere preservato per tutte le generazioni future del mondo>>. Poi il Signore disse a Raffaele: <<Prendi Azazel, il caprone nero, colui che procede alla rovescia nel tempo e legalo mani e piedi. Nascondilo nell'oscurità. Nascondilo nel vuoto e oscuro antro. Imprigionalo là dentro, così le immense pietre di granito, (ognuna delle quale avrà un lato ruvido e scabro), lo chiuderanno in uno spazio oscuro, entro il quale dovrà stare per lunghissimo tempo, lontano dalla luce, che non illuminerà il suo volto e il suo segreto>>, ..."[/quote]

Azazel, ricordiamolo, è uno degli angeli caduti che hanno insegnato agli uomini prediluviani le arti e i mestieri, ovvero tecnologie e saperi esoterici proprie della più alta gerarchia anunnaka e che per questo motivo sono equiparabili ai nostri Player B secondo la chiave di lettura presentata dal Progetto Atlanticus. Il caprone nero inoltre sembra un riferimento alla figura del Bafometto, adorato dai Templari proprio come simbolo di conoscenza.

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E’ possibile pertanto che lo Zed sia stato smantellato proprio poco prima dell’arrivo del Diluvio e ricostruito all’interno della Grande Piramide al fine di imprigionare “Azazel”, il caprone nero, o meglio il suo sapere, al fine di evitare che l’Umanità devastata dal grande cataclisma e quindi presumibilmente tornata allo stato di barbarie, non potesse usufruire del grande potere rappresentato da questi.

Il sapere posseduto dagli “Antichi Dei” e che i Player B (Osiride, Enki, i Vigilanti o Angeli Caduti di cui Azazel faceva parte) volevano condividere con i Sapiens. Un potere di cui invece il Player A, e forse non a torto, temeva lo sconsiderato utilizzo da parte dell’Uomo post-diluviano. Un potere, un sapere, un dono che forse possiamo provare a intuire se proviamo a collegare tutti i tasselli del mosaico che questa vicenda ci offre.

Perché è mia convinzione che ciò di cui stiamo parlando quando parliamo dello Zed sia quello stesso dono che ci fu negato all’alba dei tempi, quando fummo cacciati dal giardino dell’Eden: il frutto dell’albero della vita. Ovvero la vita eterna attraverso la trasfigurazione! Un dono che Azazel voleva condividere con la razza del Sapiens, assumendosi il rischio più grande: quello di essere scacciato anch’egli dalla schiera ‘celeste’.

Potremmo avere pertanto identificato i componenti necessari per il funzionamento della più strabiliante macchina che l’umanità possa mai conoscere: la macchina della trasfigurazione! Quella trasfigurazione raggiungibile anche attraverso un percorso più spirituale, così come manifestato dagli insegnamenti alchemico-gnostici che permisero al Cristo la trasfigurazione in corpo di luce sul monte Tabor.

Una macchina che per funzionare necessità di:

- Lo Zed (hardware)
- L’Arca dell’Alleanza (energia)
- L’Ankh (CPU)

seguendo la metafora suggerita da Bauval.

Il primo elemento l’abbiamo trovato all’interno della grande piramide. Il secondo componente è stato ritrovato, ma è andato smarrito, oppure gelosamente custodito ancora una volta dal Player A. Il terzo, per quel che ne sappiamo non è ancora stato trovato.

Come possiamo affermare questo? Partendo proprio dal significato simbolico che gli antichi egizi attribuivano allo Zed e all’Ankh.

Nella religione degli antichi Egizi, lo Zed (o Djed = "stabilità", "presenza") è la rappresentazione della spina dorsale del dio Osiride, re dell'Oltretomba. Per gli Egizi, la spina dorsale era sede del fluido vitale e inoltre Osiride è il Dio della resurrezione, e il Faraone, che durante la vita terrena rappresenta l'incarnazione di Horus, il divino falco, dopo l’esperienza materiale torna a trasformarsi in Osiride.
Osiride si identifica anche con la Costellazione di Orione, e le tre stelle della "Cintura di Orione" rispecchiano perpendicolarmente sulle tre piramidi di Giza la posizione che avevano nel cielo al tempo della loro costruzione, e rilevabile conoscendo il fenomeno della "Precessione degli Equinozi".

Ricordiamo inoltre che l'Egitto era "lo specchio del cielo": la via Lattea al posto del Nilo e le stelle al posto delle piramidi! Quasi che dal basso si potesse scrutare il cielo per riproporre la stessa cosa sulla terra. L’ermetico concetto del “Come in cielo, così in terra” e dell’infinitamente grande nell’infinitamente piccolo nella ricerca del ritorno all’Uno.

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Osiride è lo sposo di Iside, identificata con Sirio, la stella della vita stessa. Visto che il faraone è Osiride /Orione, e che la sua sposa è Iside/Sirio, e che dopo la morte il re si prepara a diventare come Osiride possiamo osservare un continuo balletto tra Faraone=Osiride, Uomo=Dio, e come questo sia di fatto l’allegoria di un continuo ciclo di reincarnazioni “vita->morte->nuova vita” del faraone in una continuità coscienziale che consente lui di fatto quella stessa immortalità propria degli dei.

I Faraoni in questo processo sono pertanto diverse rappresentazioni corporali del medesimo soggetto che compie un continuo viaggio tra aldiquà e aldilà, tra piano materiale e piano metafisico. Sapere e potere gestire questo processo, anche attraverso un meccanismo artificiale come potrebbe essere lo Zed, garantiva l’immortalità per colui che ne poteva usufruire, e di conseguenza, un enorme potere sul resto degli uomini.

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Ecco perché possiamo intendere la Grande Piramide come una macchina per la resurrezione, uno stargate verso il mondo metafisico: una macchina in grado di fornire all’Uomo quel dono che gli fu negato in Eden. Ovvero il segreto per diventare immortali a livello di coscienza, ovvero nell’anima e non nel corpo, e ‘raggiungere’ così il rango di divinità. Esattamente come poteva essere, probabilmente, l’obiettivo degli autori della Torre di Babele, di ieri e di oggi.
Un rischio che gli “Antichi Dei” non potevano e non possono permettersi.

Fonti:
http://spazioinwind.libero.it/popoli_an ... qqara.html
http://haeresis.weebly.com/lo-zed.html
http://www.strangedays.it/MisterinelPas ... amide.html
http://www.infopal.it/mose-ed-akhenaton ... ie-in-una/
http://it.wikipedia.org/wiki/Esilio_babilonese
http://ufoplanet.ufoforum.it/headlines/ ... LO_ID=9683
http://www.ufoforum.it/topic.asp?TOPIC_ID=14674
http://www.misteria.org/index_file/copi ... /dajed.htm

Ricordiamo il sito dell'autore
http://progettoatlanticus.net

E il podcast collegato
http://atlanticast.com



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MessaggioInviato: 15/10/2014, 19:19 
La "torre" era semplicemente un AMPLIFICATORE dell'energia raccolta ad 1/3 d'altezza dellla struttura pirmidale: dalla lingua greca pyramis (#960;#965;#961;#945;#956;#943;#962;) che significa letteralmente "della forma del fuoco" (da pyr-, "fuoco"); ma può essere intepretato, a mio parere, come ... "messa a fuoco"! [;)]

http://www.ufoforum.it/topic.asp?TO...&whichpage=7 [^]



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MessaggioInviato: 15/10/2014, 22:30 
Cita:
una vasca di granito definita erroneamente “sarcofago”, ricavata da un un unico blocco di granito intagliato in modo assolutamente perfetto, talmente tale che alcuni antichi testi egizi raccontano che questa vasca, "fu tagliata da una luce divina", il che ci ricorda le applicazioni di quello Shamir di cui abbiamo tante volte parlato nel corso delle nostre ricerche.


piccolo dettaglio di colore: il volume interno della vasca è pari al volume della parte esterna :)

O per meglio dire il volume della parte di pietra "mancante" è uguale al volume della pietra effettivamente presente ^_^

Cita:
<<Prendi Azazel, il caprone nero, colui che procede alla rovescia nel tempo e legalo mani e piedi.


Cosa può significare "colui che procede alla rovescia nel tempo"? VPoteva viaggiare indietro nel tempo? O_o

Cita:
Una macchina che per funzionare necessità di:

- Lo Zed (hardware)
- L’Arca dell’Alleanza (energia)
- L’Ankh (CPU)

seguendo la metafora suggerita da Bauval.



Oppure;

- Lo Zed (hardware)
- L’Arca dell’Alleanza (energia)
- L’Ankh (utilizzatore finale)

Se l'Ankh, come penso, fosse ne più nè meno un oggetto tecnologico come potrebbe essere un cellulare oggi questo aveva bisogno magari di energia fornita Wireless (come il buon Tesla voleva insegnarci a fare) mediante la piramide che magari attraverso lo Zed mandava in un qualche tipo di risonanza l'energia dell'arca o usava l'energia dell'arca per produrre idrogeno col quale sprigionare delle microonde.

Ci sono diversi studi che spiegherebbero come si possa assimilare la grande piramide ad un enorme edificio industriale; la presenza di "canali" e paratoie lascia pensare che l'acqua (quindi l'idrogeno) potessero avere un ruolo importante al suo interno; ma la cosa da notare è anche l'assoluta austerità degli interni, cosa che ci si aspetterebbe in un edificio industriale in cui non c'è bisogno di orpelli ed abbellimenti, invece che in quella che viene definita come la TOMBA DI UN FARAONE il cui popolo amava scarabocchiare ovunque.

Cita:

Nella religione degli antichi Egizi, lo Zed (o Djed = "stabilità", "presenza") è la rappresentazione della spina dorsale del dio Osiride, re dell'Oltretomba.


Per un popolo tecnologico la presenza continua di elettricità è anche sinonimo di stabilità, anzi la dipendenza dall'elettricità fa diventare quest'ultima elemento NECESSARIO alla stabilità della suddetta società, proprio come per noi del resto no?

Cita:
Per gli Egizi, la spina dorsale era sede del fluido vitale


così come per noi l'elettricità è il fleido vitale della nostra società tecnologica.


Tutto ciò non esclude, anzi rende ancora più plausibile questa seconda considerazione:

Cita:
I Faraoni in questo processo sono pertanto diverse rappresentazioni corporali del medesimo soggetto che compie un continuo viaggio tra aldiquà e aldilà, tra piano materiale e piano metafisico. Sapere e potere gestire questo processo, anche attraverso un meccanismo artificiale come potrebbe essere lo Zed, garantiva l’immortalità per colui che ne poteva usufruire, e di conseguenza, un enorme potere sul resto degli uomini.


Un pò come nel film Stargate, in cui "l'alieno" ha un macchinario col quale RIGENERA i corpi che usa per rendere la sua esistenza praticamente immortale, parassitando di fatto di volta in volta un umano diverso e riparando dall'invecchiamento quindi l'involucro usato. Anche per questo ci vuole energia :)


A me tutto questo non fa che confermare un visione "dadi sangue e bulloni" di queste entità, più che di esseri metafisici che si incarnano in esseri biologici.


Ultima modifica di MaxpoweR il 15/10/2014, 23:13, modificato 1 volta in totale.


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la prima religione nasce quando la prima scimmia, guardando il sole, dice all'altra scimmia: "LUI mi ha detto che TU devi dare A ME la tua banana. (cit.)
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