Time zone: Europe/Rome [ ora legale ]




Apri un nuovo argomento Rispondi all’argomento  [ 1879 messaggi ]  Vai alla pagina Precedente  1 ... 66, 67, 68, 69, 70, 71, 72 ... 126  Prossimo
Autore Messaggio

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 12044
Iscritto il: 05/02/2012, 12:22
Località: Milano
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 03/02/2014, 14:39 
Cita:
CRASH3 ha scritto:

In riferimento a Kiev

Molto interessante il video mandato in onda da lucignolo ieri sera, vi consiglio di guardarlo

http://www.video.mediaset.it/video/luci ... berta.html


Visto in diretta ieri sera... ed interessanti anche i commenti degli ascoltatori in sovraimpressione...

[}:)]



_________________
Nessuno è così schiavo come chi crede falsamente di essere libero. (Goethe)
Top
 Profilo  
 

Grigio
Grigio

Avatar utente

Il Il "Vespa Cosmico" del Forum

Non connesso


Messaggi: 2063
Iscritto il: 04/06/2009, 14:02
Località: Rieti ( 42.402541, 12.860562 )
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 08/02/2014, 11:26 
Cita:

dimostrazioni antigovernative incentrate sulla disoccupazione e la corruzione

Bosnia, 200 feriti nelle proteste antigoverno. Migliaia in strada


Attaccati e incendiati i palazzi governativi di Tuzla, Sarajevo e Zenica
http://www.corriere.it/esteri/14_febbra ... 9c92.shtml



_________________
«Ogni tecnologia sufficientemente avanzata è indistinguibile dalla magia.» Arthur C. Clarke
Mio profilo su Twitter
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 14885
Iscritto il: 26/12/2009, 12:30
Località: ravenna
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 08/02/2014, 12:39 
Primavera bosniaca
Bosnia, la primavera dei manifestanti. A Sarajevo proiettili di gomma sul corteo
In centinaia sono scesi in piazza nella capitale e in altre 20 città per protestare contro il governo. Nel Paese c'è un alto tasso di disoccupazione: le proteste sono le peggiori dalla fine del conflitto negli anni novanta. Disordini anche a Tuzla: almeno 90 feriti negli scontri tra manifestanti e forze dell'ordine
- See more at: http://www.rainews.it/dl/rainews/artico ... aXJvY.dpuf

dal mio punto di vista ci sono grosse possibilita'che questo stato creato in modo artificioso,accorpando diverse etnie,possa diventare una nuova polveriera,con relativi eccessi.....................


Top
 Profilo  
 

Marziano
Marziano

Non connesso


Messaggi: 1305
Iscritto il: 26/03/2009, 17:56
Località: brescia
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 21/02/2014, 18:17 
"**** the Eu": l’intercettazione di Victoria Nuland che imbarazza Washington (e fa ridere Mosca)

"**** the Eu". Tradotto: "l'Unione Europea? Che si fotta". No, a dirlo non è un qualsiasi leader di un partito anti-Bruxelles, né la Le Pen né tanto meno Salvini. Queste 'eleganti' parole, per contro, sono state pronunciate da Victoria Nuland, ambasciatore statunitense ai rapporti (evidentemente non proprio dei migliori) con l'Europa e segretario di Stato Usa aggiunto.

Andiamo con ordine: giovedì un video che cattura l'attenzione di molti inizia a circolare su Youtube. Il titolo, scritto in russo, è emblematico: "le marionette di Maidan", riferimento chiaro e cristallino alla piazza ucraina di Kiev, teatro delle proteste degli ultimi mesi. Il filmato, che dura poco più di 4 minuti ed ha come sfondo le foto della Nuland e di Geoffrey Pyatt, ambasciatore Usa in Ucraina, altro non è che un'intercettazione (un funzionario di Washington, rimasto anonimo, ha detto all'Associated Press che la registrazione sembra autentica, fatto che sarebbe anche confermato dal giro di 'scuse' che la Nuland ha già portato ad una serie di autorità europee) di una telefonata tra i due che sarebbe avvenuta alla fine di gennaio. Nodo della conversazione, com'è ovvio dal nome affibbiato al video, la situazione di Kiev.

L'ambasciatore statunitense ai rapporti con l'Ue e il suo collega della capitale ucraina, in sostanza, parlano di un eventuale piano dietro le quinte che vedrebbe il coinvolgimento dell'Onu per riportare la pace nel Paese (detto dagli Stati Uniti suona un po' come 'le ultime parole famose', vedi alla voce Afghanistan e Iraq), attraversato negli ultimi mesi da una serie di proteste contro il presidente Viktor Yanukovich, reo di aver voltato le spalle ad un accordo di associazione con l'Europa per lanciarsi, dopo alcune 'proposte che non poteva rifiutare' fatte da Putin, nell'abbraccio di Mosca. Sempre stando all'intercettazione, di questa mossa nell'ombra degli Stati Uniti la Nuland ne aveva già fatto parola con Jeffrey Feltman, sottosegretario per gli Affari politici delle Nazioni Unite che, a sua volta, avrebbe riportato l'idea di un inviato speciale a Kiev anche al vicepresidente Usa Joe Biden. Ed è a questo punto, commentando l'intervento dell'Onu, che la donna si lascia andare nel suo linguaggio 'tipicamente diplomatico': "sarebbe perfetto, aiuterebbe ad ammorbidire la situazione, e avere l'Onu rende più fluida la situazione... che si fotta l'Unione europea". E tanti saluti. L'interlocutore, l'ambasciatore Usa in Ucraina, risponde: "dobbiamo fare qualcosa per rimettere a posto le cose, perché ci puoi scommettere che se cominciano a riprendere quota, i russi faranno in modo di complicare tutto di nuovo".

Affermazione, quest'ultima, che al di la dell'eloquio della Nuland apre ad un vero e proprio ritorno della guerra fredda tra Washington e Mosca. Infatti, mentre il caso montava sempre di più e il "**** Eu" cominciava a fare il giro del mondo, la Casa Bianca si è affrettata a puntare il dito sul Cremlino - curioso che si scandalizzino per una telefonata rubata, soprattutto se viene paragonata al caso Datagate e allo spionaggio industriale degli Usa -, ritenuto colpevole di aver 'sguinzagliato' i suoi 007 per intercettare la funesta conversazione: "il fatto che il video sia stato notato e twittato per primo dal governo russo, penso la dica lunga sul ruolo della Russia in tutto questo", mentre dall'altra parte Mosca ha già accusato gli eterni rivali di voler interferire con la loro politica nel caso ucraino.

Ma al di la dei venti di conflitto sotto zero, sono altri gli aspetti che emergono dall'intercettazione. Il primo, e forse più ovvio, è quello di una nuova e mastodontica figuraccia degli Stati Uniti, di certo non paragonabile allo scandalo delle orecchie lunghe dell'Nsa ma comunque significativa, soprattutto se si considera che la dichiarata - dalla Nuland - volontà degli Usa di bypassare l'Europa per risolvere la crisi ucraina rischia di incrinare i rapporti tra Washington e Bruxelles. Il secondo, invece, è strettamente una 'tirata d'orecchi': com'è possibile, verrebbe da chiedersi, che funzionari statunitensi si arroghino il diritto - ancora una volta - di farsi portatori di una politica estera più 'giusta' di quella applicata da altri? I già citati Afghanistan e Iraq, la Siria, il Datagate (nel mirino delle spie erano finiti anche capi di stato stranieri, uno su tutti il cancelliere tedesco Angela Merkel), l'Egitto: non sono questi esempi sufficienti di una politica estera a stelle e strisce che presenta, se non delle vere e proprie storture, quantomeno alcune criticità?

È pur vero, del resto, che l'incauto commento della Nuland riflette il tipico stile Usa nel trattare crisi straniere: Washington, come abbiamo imparato in anni e anni di 'missioni di pace' - portate con il fucile in una mano e con una democrazia sghemba nell'altra -, continua ad autoproclamarsi paladina della giustizia, ritenendosi l'unica in grado di risolvere crisi e conflitti, di abbattere dittatori e instaurare il potere del popolo. Sarà per questo che nel Medio Oriente, zona tanto cara agli States, la situazione è tornata ad essere più tesa che mai.

http://it.ibtimes.com/articles/62336/20 ... xelles.htm



_________________
Non puoi chiedere all'universo di togliersi la maschera se tu non lascerai cadere la tua. (Philip Kindred Dick)
Top
 Profilo  
 

Essere Interdimensionale
Essere Interdimensionale

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 7002
Iscritto il: 10/01/2009, 13:06
Località: Barletta
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 07/03/2014, 01:25 
Cita:
Crisi, gli 007: "Rischio che disagio si traduca in proteste eclatanti"

Immagine

Roma - (Adnkronos/Ign) - Nella relazione al Parlamento sulla politica dell'informazione per la sicurezza, curata dal Dis , si segnalano i rischi legati alla crisi economica. E sui No Tav: "Pericolo di 'salti qualità' legato ad anarco-insurrezionalisti". "Estremismo 'homegrown' principale insidia per Italia, 'mujahidin' di nuova generazione si allevano su web"

Roma, 6 mar. (Adnkronos/Ign) - Proteste per la crisi economica, No Tav e islam radicale. Sono questi i fronti su cui si concentra l'intelligence nella Relazione al Parlamento sulla politica dell'informazione per la sicurezza, curata dal Dis e relativa al 2013.

Il perdurare della crisi economica, si legge nel documento, ''profila sul versante occupazionale una possibile intensificazione delle proteste nei contesti aziendali più esposti, nonchè a livello territoriale e settoriale, con possibili azioni di contestazione, anche eclatanti, intese ad ottenere la massima risonanza mediatica e ad innescare processi di solidarietà trasversale''. L'acuirsi del disagio, rilevano i Servizi di sicurezza, ''potrebbe tradursi in iniziative di protesta anche estemporanee nei confronti di rappresentanti politici, sindacali e delle istituzioni''. Per altro verso, si segnala, ''potrebbero maturare forme di insofferenza" verso gli immigrati, "nel segno di una percepita 'concorrenzialità''.

I servizi di sicurezza puntano i riflettori poi contro le frange più oltranziste della lotta alla Tav, segnalando come anche fra "la componente popolare del movimento, che intende condurre una 'resistenza' pacifica alla grande opera", "si sono talora registrate posizioni di acquiescenza ad episodi di sabotaggio''. Il ''rischio di 'salti di qualità' nella lotta all'Alta Velocità'', si legge nella Relazione, ''resta collegato soprattutto ad interventi di matrice anarco-insurrezionalista''. Di rilievo, a questo riguardo, ''l'attivismo di componenti 'movimentiste' della galassia insurrezionale, per le quali la tematica valsusina rappresenta uno dei terreni su cui si può tradurre efficacemente in prassi la lotta contro lo Stato''.

Resta poi, il pericolo di attentati di matrice islamica. ''L'eventualità di un'estemporanea attivazione di 'self starter' resta, al momento, la principale insidia per il nostro Paese'' si avverte nel documento. A differenza di quanto verificatosi tra la fine degli anni '90 e la metà degli anni 2.000, quando il supporto alla jihad riguardava soprattutto elementi interni o vicini "a formazioni terroristiche stanziate all'estero e dediti in suolo italiano ad attività logistiche, non risultano emergere sino ad ora conferme circa la presenza o attività sul territorio nazionale di persone/cellule organiche alle organizzazioni qaidiste sopra citate''. ''Appare in crescita, invece -segnalano i nostri 007 nel documento, che analizza tutti i possibili profili di minaccia- il numero di soggetti che si automotivano e autoreclutano alla causa attraverso le frequentazioni di siti" estremisti'. E' cosi' che per ''i 'mujahidin' di nuova generazione, sia originari di Paesi islamici, nati o trapiantati in Italia, sia convertiti, l'adesione a gruppi di discussione su internet, dove contribuiscono alla divulgazione dell'ideologia estremista (anche traducendo in lingua nazionale testi dottrinali e messaggi di leader qaidisti), rappresenta spesso il primo passo dell'impegno militante''.

Secondo l'intelligence italiana, "i processi di radicalizzazione che si alimentano soprattutto con la serrata propaganda qaidista circolante in rete e rivolta ai musulmani in Occidente'' delineano ''il rischio, anche per il territorio nazionale, di cruente ed estemporanee concretizzazioni del cosiddetto jihad individuale''. Nel contempo, è l'analisi dei nostri 007 in un documento approfondito e circostanziato che prende in esame i vari profili di minaccia, i fermenti jihadisti in Nord Africa, ''non permettono di escludere, in prospettiva, pericolose proiezioni della minaccia, mentre il teatro siriano, meta di aspiranti mujhaidin provenienti dall'Europa, si attesta quale potenziale centro di irradiazione per il fenomeno del 'reducismo', un jihad 'di ritorno' che veda il ridispiegamento di combattenti in Paesi occidentali per l'attuazione di progetti ostili o l'innesto di filiere radicali''.

Gli 007 italiani invitano poi a mantenere alta l'attenzione verso i soldati italiani impegnati all'estero. In Afghanistan, in particolare, dove lo scenario continua ad essere caratterizzato ''da elevata instabilità''. Ma anche in Libano, dove il conflitto siriano ''ha intensificato le endemiche frizioni connesse al ruolo di sostegno fornito dal movimento Hezbollah a Damasco, contribuendo ad enfatizzare il senso di appartenenza settaria, soprattutto tra le frange giovanili''. Per quanto riguarda invece l'area posta sotto il controllo dell'Italian Joint task Force Lebanon, ''si è evidenziato lo sforzo condiviso da diverse componenti della realta' libanese per garantire la protezione degli assetti Unifil schierati sul terreno''. In tale contesto, rimarcano gli 007, ''pur in assenza di specifici indicatori di allarme, permane il rischio di attentati terroristici contro il contingente internazionale''.

L'intelligence segnala inoltre ''il forte interesse della criminalità organizzata ad infiltrare il settore del gioco lecito. In particolare le informazioni raccolte dall'Aisi hanno dimostrato l'operatività di ramificate organizzazioni in grado di inserirsi nell'intera filiera del gioco e delle scommesse, favorendo l'accesso al settore da parte di soggetti controindicati, l'alterazione fraudolenta dei sistemi elettronici, nonchè l'utilizzo di strutture ed expertise per la gestione di paralleli circuiti delle scommesse clandestine'', si legge nella Relazione degli 007 al Parlamento.

''Con riferimento a Cosa Nostra catanese e palermitana, è emersa una fitta rete di relazioni comprendente tra l'altro: noleggiatori di slot-machine in contatti con sodalizi mafiosi, fideiussioni prestate da soggetti in stretti rapporti con esponenti della criminalità organizzata, compartecipazioni societarie riferibili a pluripregiudicati in rapporto con famiglie mafiose, cessioni di attività nei confornti di esponenti di primo piano della Sacra Corona Unita brindisina. La solidità degli assetti criminali nel settore del gioco è emersa, del resto -si legge nel documento- anche con riguardo alla realtà pugliese. Vi sono state, in proposito, evidenze attestanti l'investimento di capitali illeciti, frutto di attività estorsive e narcotraffico, nelle attività di produzione, vendita e noleggio delle slot-machine, nonchè nella gestione di sale da gioco e scommesse on-line''.

Speciale attenzione per il 'cyber-crime' e lo spionaggio digitale contro settori strategici del nostro Paese. La ''sofisticazione degli attacchi informatici'' sta ''crescendo ad un ritmo tale da pregiudicare seriamente, in caso di un attacco rilevante, la stessa stabilità e sicurezza del Paese'' sottolineano i Servizi. ''Uno dei principali motivi di allerta -condiviso nell'ambito istituzionale nonché in sede di cooperazione internazionale- rimanda alla matrice cibernetica -scrive infatti l'Intelligence- che si pone in termini di crescente pericolosità, sia per la continua evoluzione delle tecniche d'attacco sia per la sua stessa trasversalità quanto ad attori e finalità ostili''.

L'intelligence segnala anche il fenomeno dagli 'hacktivisti' italiani di Anonymous, che hanno lanciato online un attacco contro siti web governativi ed istituzionali in concomitanza con la manifestazione romana di ottobre per il diritto alla casa e contro la crisi. Un fenomeno che ''ha registrato, nel periodo novembre-dicembre 2013, un'evoluzione relativamente a: motivazione: dalla lotta per la libertà di informazione sulla rete ad offensive di più marcata ispirazione antagonista (ad es. le campagne a sostegno dei movimenti NO TAV e NO MUOS), concretizzata anche attraverso l'indirizzo delle attività ostili verso temi e personaggi di primo piano della politica e delle istituzioni italiane (operazione ''OpItaly''); incremento del potenziale offensivo: da attacchi di tipo DDoS e Web-Defacement si è passati al SQL Injection (immissione di codici in grado di estrapolare informazioni da un data base) nonché -rilevano i Servizi di sicurezza- all'impiego di worm e a tecniche di spear-phishing, finalizzate alla sottrazione di dati sensibili per la loro successiva pubblicazione on-line (cd. dataleak)''.

Gli 007 sottolineano infine i pericoli legati al calcio e agli stadi. La destra radicale, avverte la relazione del Dis, dimostra un interesse ''costante'' per le ''tifoserie politicizzate'', considerate ''un target particolarmente remunerativo per le attività di propaganda e proselitismo''.


http://www.adnkronos.com/IGN/News/Crona ... 68953.html


Top
 Profilo  
 

Galattico
Galattico

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 22377
Iscritto il: 08/07/2012, 15:33
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 07/03/2014, 02:31 
Al governo ci sono emissari europei non succederà nulla del genere, dovevamo preoccuparci se a guidare l'italia ci fosse qualcuno democraticamente eletto e magari euroscettico o eurofobico come spero accada prima o poi. Allora si che ci sarebbero stare rivolte gravi, come ci sarebbero state se Silvio avesse deciso di rimanere ad oltranza...



_________________
la prima religione nasce quando la prima scimmia, guardando il sole, dice all'altra scimmia: "LUI mi ha detto che TU devi dare A ME la tua banana. (cit.)
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 10377
Iscritto il: 01/11/2011, 19:28
Località: Astana
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 06/04/2014, 14:34 
sabato 5 aprile 2014

Trilussa aveva ragione

[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=HJmSdsimVWk[/BBvideo]

Qualcuno dice che siamo "cospirazionisti", che abbiamo la "paranoia" per le cospirazioni, eppure Trilussa, questo poeta caustico e senza peli sulla lingua, già 100 anni fa denunciava molte delle cose che vengono esposte su questo ed altri blog di controinformazione. In effetti leggendo i versi della sua poesia "ninna nanna de la guerra" (musicata da Claudio Baglioni con qualche leggero adattamento del testo originale) egli da segno di conoscere bene il mondo dei potenti e dei politicanti che poi nelle sue poesie metteva alla berlina.

La poesia è del 1914, quando i venti di guerra incombevano sull'Europa che precipitava verso la devastazione della prima guerra mondiale.

Da notare che Trilussa (nome d'arte di Carlo Alberto Salustri) fu insignito il 1° dicembre 1950 della nomina di senatore a vita, ma reagì dicendo agli amici “Hanno trovato la maniera di seppellirmi prima del tempo”. Morì appena 20 giorni dopo.

Qui sotto i versi più significativi della poesia "ninna nanna de la guerra"; in grassetto ho evidenziato quelle frasi che più di altre esprimono la stessa idea dell'autore di questo blog riguardo alla guerra ed ai potenti, "amici e parenti" che prima fanno scannar ei propri sudditi e poi fanno la pace tra sorrisi e strette di mano, non prima di avere fatto guadagnare il complesso militare-industriale (e le banche che prestano denaro per finanziare i conflitti).

Ninna nanna, pija sonno ché se dormi nun vedrai tante infamie e tanti guai che succedeno ner monno fra le spade e li fucili
de li popoli civili


Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s'ammazza
a vantaggio de la razza
o a vantaggio d'una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.

Chè quer covo d'assassini
che c'insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le Borse.

Fa la ninna, cocco bello,
finchè dura sto macello:
fa la ninna, chè domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.
So cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:

torneranno più cordiali
li rapporti personali.
E riuniti fra de loro
senza l'ombra d'un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe quer popolo cojone
risparmiato dar cannone


[align=right]Source: la scienza marcia e la menzogn...lobale: Trilussa aveva ragione [/align]



_________________
“El saòn no’l sa gnente, l’inteligente el sa poco, l’ignorante el sa tanto, el mona el sa tuto!”
Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 14885
Iscritto il: 26/12/2009, 12:30
Località: ravenna
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 27/05/2014, 17:31 
Come donchisciotte

Per gentile concessione dell'autore, pubblichiamo la nota introduttiva al suo saggio "Libia. Il naufragio dell'Europa". Il libro è acquistabile in formato Kindle su Amazon.
Perché Libia e perché naufragio dell'Europa.

Libia perché come una cattiva coscienza la vicenda di un neo colonialismo stavolta ci schiaffeggia appena al di là del mare, in regioni che – grazie anche al nuovo benessere – abbiamo cominciato a conoscere, meno aliene di decenni fa.

Libia perché con le sue risorse petrolifere accendiamo ogni giorno il motore di una società che non sa far altro che rincorrere a perdifiato quella crescita che un modello di sviluppo onnivoro ci ha imposto.


Libia perché nella primavera del 2011 – di fatto all'improvviso e ormai immersa nella pania di una crisi economica mai prima d'oggi conosciuta – l'Italia si è ritrovata ad imbarcarsi in una guerra contro il paese nordafricano che solo un anno prima gli osservatori europei avevano giudicato come uno dei più propositivi sulla scena internazionale: in marzo ed ottobre 2010 due riunioni della Lega Araba si erano svolte a Sirte. Il 13 maggio 2010 al paese nordafricano era stata assegnata la rappresentanza in seno al Consiglio dei Diritti dell'Uomo dell'ONU, il summit Europa-Africa organizzato a Tripoli in novembre aveva ricordato il ruolo centrale della Libia in questo dialogo. Il 28 dicembre 2010 Gheddafi insieme ad altre decine di capi di stato del continente nero aveva finalmente dato forma al suo più importante progetto in ambiti economico/strategici: il Fondo Monetario Africano, esponendo al mondo l'ipotesi di un modello di sviluppo alternativo all'unico noto, quello liberista ormai scardinato dalla trappola della globalizzazione forzata e dalla new-economy.

Era la versione più “matura” - ed ancor più pericolosa – di quel giovane ufficiale ribelle che all'inizio degli anni '70 aveva saputo costringere una ancora indefinita e biliosa ed eterogenea entità quale la nazione araba ad allinearsi per riconquistare coralmente una dignità, a spese delle lobby petrolifere.

Naufragio dell'Europa dal punto di vista economico perché il modello di sviluppo di cui siamo tributari sta mostrando ormai da anni le corde, perché molte delle giovani nazioni del Terzo Mondo hanno già raggiunto una maggiore maturità delle nostre, percependo che l'economia industriale sul modello europeo non è né perseguibile né auspicabile.

Naufragio dell'Italia – ed estensivamente ancora dell'Europa – sotto il profilo etico-culturale e politico perché di fatto assalendo uno stato sovrano – la Libia – all'interno dei propri confini, sull'onda di una delegittimazione dello stesso costruita a tavolino in una sorta di giornaliero puzzle di disinformazione, per di più rinnegando patti ed accordi di mutuo soccorso, legandosi a strategie sovranazionali dagli intenti più che dubbi mascherati da interventi di peacekeeping, in primo luogo ha negato uno dei principi fondanti le stesse Costituzioni (la sovranità nazionale, per l'appunto) ed in secondo ha perduto il rispetto ed ha reciso i veri e propri legami con l'altra sponda del Mediterraneo riducendoli ad un rapporto meramente venale.

Il principio sotteso agli interventi esterni ribalta completamente la logica dei rapporti tra nazioni, quantomeno rendendo equivoche quelle relazioni che i convenzionali significati di termini come guerra e colonizzazione avevano sancito. Nella storia recente gli interventi stranieri (Seconda Guerra Mondiale) erano motivati dalla manifesta volontà “imperiale” della Germania nazista sull'intera Europa, piuttosto che del Giappone sul quadrante asiatico, quindi si trattava di aggressioni esterne, ai tempi delle guerre di liberazione coloniali i paesi confinanti davano supporto (Laos e Cambogia piuttosto che Marocco, Tunisia ed Egitto) a moudjahedin di tutte le latitudini ed etnìe: i ribelli di Bengasi per quella che nella migliore delle ipotesi appare una questione regionale o comunque unicamente interna invocano fin da subito l'intervento straniero, indirizzeranno di fatto contractors e raid aerei sugli obiettivi costituiti dalle stesse proprie città. E' abbastanza forte come segnale, qualcuno dalla Spagna invocò, a Guernica, l'intervento della Divisione Condor? Guernica è passata alla storia come una inutile, crudele infamia..

Ovvero, no, la storia ricorda un altro episodio in cui una delle fazioni antagoniste invocò a più riprese l'intervento di una superpotenza straniera: si tratta del leader del Partito comunista afghano (PDPA) Hafizullah Amin, che tra il 1978 ed il 1979 tempestò il Politburo di Mosca di richieste di aiuto contro i suoi stessi connazionali. Quello che avvenne in seguito e che ci è derivato è ancor oggi sotto gli occhi di tutti. Gheddafi ebbe anche un'altra presunzione, un altro “torto”: quello di non voler dipendere da terzi, per le proprie questioni, non dimenticheremo l'inerzia della Russia il 17 marzo 2011 allorché le Nazioni Unite deliberarono la famigerata risoluzione sulla no fly zone. Ma il BRIC stava per divenire il BRICS, il Sudafrica era docilmente pronto a far parte dei Grandi del pianeta...

Quello dell'intervento “in aiuto di” è un disegno che è già stato collaudato in precedenza in altre regioni mediterranee, dopo che le velleità coloniali tradizionali sono state rubricate – quanto a definizione – nel libro nero del politically correct.

Il Mediterraneo. Quel mare che da sempre è stato veicolo di scambi e conoscenza, una opportunità, e che da adesso è invece tornato ad essere una barriera liquida, con la risacca che sbatte su rive lontane lo sgangherato fasciame della storia.

Un'area geopolitica da sempre poco conosciuta, paesi vissuti – per i più – come destinazione per vacanze esotiche con emozioni a buon mercato, ove il minimo livello dello standard economico europeo ha consentito agevolmente ed ingenuamente di millantare una opulenza di facciata.

Una lingua dura, dai toni violenti da uomini anche nella conversazione più tranquilla, una lingua fatta per i contrasti, refrattaria.

Una volta superata la barriera di quella lingua dalla cadenza aspra, ostile, i paesi dell'ospitalità, finanche imbarazzante, del Diff Rabbi[1].

Una economia vincente al tracollo, l'incertezza in un modello di sviluppo, all'apparenza a somma perennemente ed obbligatoriamente positiva che si è inceppato, la vanità di un modello sociale di welfare che può esistere solo nell'agiatezza e che, costruito sull'assenza di valori profondi e spesso unicamente su un più o meno motivato ma latente senso di colpa, sfuma nelle ristrettezze. La sfiducia in una dirigenza politica che – da destra a sinistra – ha pontificato di massimi sistemi, senza conoscere nemmeno la genesi – folle – di tale concetto, la sfiducia in un progetto di società, nelle rappresentatività.

La soluzione è sempre la stessa. Guerra al despota di turno.

La risposta e motivazione della guerra sempre la stessa: petrolio, ancora petrolio, gas, risorse del sottosuolo.

Niente affatto, o almeno questa volta sono piccoli premi accessori della guerra alla Libia del XXI° secolo, della gara di solidarietà dai vari nomi, prima Odissea all'alba, poi Alba dell'Odissea, poi l'odissea cambia ora e sarà al Tramonto, poi Protettore unico, Urgenza di proteggere, e chi più ne ha più ne metta, petrolio? piccole ricompense di percorso che non si rifiutano, come si dice: grasso che cola!

No, c'è ben altro, e non è forse nemmeno l'immenso indotto che i bombardamenti – per loro natura – creano: le ricostruzioni. Non è nemmeno l'ulteriore business delle centinaia di ONG che accorreranno a stormi nel paese messo sul mercato, ingranaggi ben collaudati ormai da decenni di guerre piccole e grandi in giro per i paesi più miserabili e le giungle più fetide del mondo ove meccanismi ben lubrificati di sottrazione di fondi e di malversazione delle risorse di aiuti umanitari ed oggetto d'ogni genere di ruberia costituiscono – da sempre, verrebbe da dire – l'esempio di come si possa conquistare il cuore di una popolazione.

C'è ben altro, non si può ammettere che dall'Africa, dal mondo arabo[2] venga proposto un modello di sviluppo alternativo a quello dominante. A quello uscito confermato come vincente dalla operazione di macelleria ideologica ed umana della Guerra Fredda.

Peggio ancora, che possa derivarne anche un modello sociale, dall'Africa, figurarsi! Dalla Libia, un paese in cui la casa è di fatto considerata un diritto dell'uomo e non un investimento. In Italia, ove la casa al contrario è parte dell'ingranaggio, un governo di non eletti scardinerà le certezze di milioni di risparmiatori, rendendoli all'infinito “inquilini” di uno Stato che cambia le regole durante il gioco.

Non è mera coincidenza forse se nell'ottobre 2011 una nota firma della divulgazione scientifica italiana riepiloga a nostro beneficio, finalmente e definitivamente svelate (?!) le varie tappe del percorso dell'umanità nella sua faticosa marcia dalle savane africane – via via perdendo quella eccessiva pigmentazione, evidentemente – il giovane Darwin della dinastia degli schermi al plasma ci ricorda che la memoria ancestrale è ben viva in Namibia, nel bush polveroso dove si aggirano come spettri ignudi poche migliaia di boscimani. E' da queste contrade che possono proporre a noi, uomini della civiltà tecnologica, le soluzioni ai problemi delle nostre società (formate per lo più da pendolari che per definizione pare non abbiano saputo determinarsi a trovar lavoro vicino alla propria abitazione o viceversa spostarsi ad abitare vicino al luogo di lavoro polverizzando invece ogni giorno combustibili e le proprie risorse vitali)? è da uomini ignudi, costituenti forse la seconda o terza tappa del lungo cammino che alla fine porterà il prototipo melanoderma alla perfezione del candido prodotto finito, è da uomini che conservano un litro d'acqua nel guscio di un uovo di struzzo che può venirci la risposta?

Alla stessa stregua potremmo mai ammettere di aver da imparare qualcosa sulla democrazia ed il socialismo da un ex militare, per di più figlio di un beduino del deserto di Sirte, che oltre che rinunciare a vestirsi come una persona civile ha rifiutato di riconoscere nei modelli proposti dall'occidente la soluzione ad una socialità così litigiosa qual'è quella dei pronipoti degli uomini delle tende? Noi che ci spendiamo come i figli della retorica di uomini dello stampo di Cicerone?

O, ancora oltre, potrebbe essere accettato il rischio che l'intero blocco europeo (in termini geografici) trovi un unico interlocutore nell'intero continente africano, per una qualche alchimia coeso?

La risposta non può di certo venire da una retorica male acculturata.

Anche perché nessuno di noi, di quelli che fin dall'inizio hanno rifiutato lo schema, il paradigma di questa guerra, ha mai vagheggiato di allineare le nostre società a quella libica. E come sarebbe stato mai possibile? E non per la questione petrolio, o per aspetti marginali come la ben diversa densità di popolazione e la nostra ampia dotazione di infrastrutture a fronte di un deserto. Non sarebbe mai stato possibile per gli aspetti culturali, che anche se entrambi mediterranei risultano ben diversamente incamminati sul percorso della storia.

No, e lo ripeto a quei soggetti che ne hanno dibattuto a lungo, anche con intelligenza e senza faziosità su molti blog.

No, non era questione di allineare noi al loro modello.

La questione era di lasciare a loro la propria opportunità. Regime o non regime, i vostri eserciti (si, io non mi ci riconosco e non voglio quella responsabilità) è a loro che hanno imposto una strada diversa.

Questa mia non vuol essere un monologo, l'ennesima raccolta di assunti indiscutibili, la rilettura di fatti arcinoti ma in una interpretazione da iniziati di verità arcane: è una conversazione su dei fatti.

Tanto meno è una tardiva, apologetica difesa di un personaggio – Muammar al Gheddafi – che nel proprio percorso si è trovato ad indossare davvero abiti i più diversi, apparendo di volta in volta, ai nostri occhi, dai nostri spesso opportunisti angoli di visuale, personaggio scabroso oppure all'opposto affidabile partner politico-economico. Tra l'altro egli ha dimostrato nei fatti di saper scegliere autonomamente il proprio cammino ed il proprio destino, da sé, senza accettare quel suggerimento a farsi da parte sussurrato a suon di bombe dalla più potente coalizione militare che la storia ricordi.

E' un lavoro che inizia con rabbia a fine primavera 2011, si sviluppa nell'estate e mi condurrà durante il mese di Ramadan in quei luoghi toccati dalle cosidette “primavere arabe”, in realtà è un percorso – come il lettore avrà modo di constatare – che è cominciato molto tempo prima di questi fatti e che la mia coscienza mi ha spinto a sviluppare, per condividere e valutare insieme, sotto altri punti di vista, quella che è la storia di noi, del nostro tempo, ed anche del nostro paese.

E' una conversazione come altre ne ho scritte e su temi che magari mi capiterà di trattare in modo più sfumato, nelle raccolte – magari – di storie di viaggio. Parlare di questi mesi di guerra, dei perché e della Jamahiriya è alla fin fine un parlare di noi, delle nostre aspettative, inquadrandole – il più organicamente possibile – in un contesto allargato, ma un contesto che si basa sui paradigmi di una continuità storica, sui concetti di prossimità geografica e culturale, non sulle alchimie irrealistiche di una economia sempre in trend positivo nutrita da bisogni fittizi e consumi, quelli sì sempre di sicuro in crescita.

E' un parlar di noi attraverso l'immagine che – di noi – molti fatti recenti hanno proiettato e proietteranno sulla scena di paesi di cui mai ci siamo interessati, se non per derivarcene qualche ritorno economico, qualche indulgenza per opere di carità e sospetta solidarietà, e la storia dei quali preferiamo farcela raccontare piuttosto che conoscerla direttamente.

Perché sì, da viaggiatore oltre che di guardarmi attorno ho avuto il modo di parlare e conoscere – che non sono per niente impliciti nel viaggiare – anche realtà così antitetiche alle nostre e gente all'apparenza così diversa da noi che sarebbe a molti apparso perfino impossibile porre in relazione col nostro vivere.

Ed invece è proprio così, e come dirò di frequente non perché si tratti di luoghi, di mondi anzi, in cui si è fermi ad arcaismi che fanno parte solo dell'eredità più antica del nostro passato. In molti luoghi lontani e diversi avrò modo di valutare, di scoprire, quanto ci sia di tradizione in un gesto, quanto di allegoria e quanto di folklore, e quanto – e quanto spesso – il nostro giudizio abbia sottolineato solo quest'ultimo aspetto, perdendo per davvero l'occasione di riaprire le vecchie formule di dialogo che avevano reso prossime molte realtà del Mediterraneo.

Jamahiriya, ci dicono significhi governo delle masse. Non è del tutto vero, questa è la traduzione da un angolo visuale prettamente eurocentrico (o se vogliamo occidentale, nell'accezione in voga) ed abituato a dinamiche politico-sociali che appartengono alla più recente storia del nostro continente; vuol dire ben altro, vuol dire non limitarsi al lasciar uno spazio alla tradizione, ad una etica. Sta a significare non un passivo uniformarsi, ma il tradurre queste ultime in attualità.

Ne può risultare anche – in parole povere – il non voler crescere a tutti i costi.

Jemaa è il luogo simbolo della comunità tradizionale, l'agorà, è un luogo ed al contempo un consesso carismatico di persone.

I saggi. Non il marasma di una assemblea condominiale.

I saggi che – si badi bene – non necessariamente sono i vecchi, sono i capifamiglia. Saggi per quello, perché hanno delle responsabilità e si presuppone delle competenze.

La Jemaa, all'attualità oggetto di riscoperta come formula la più versatile in molte parti del maghreb per il governo di piccole comunità, divenne per Gheddafi il modello – in scala – per la sua comunità allargata, la Jamahiriya appunto, la radice etimologica ha un significato preciso, che riconosceva le proprie referenze in una base necessariamente allargata del consesso originario, sostituito, nello schema imposto dal dittatore alla Libia, dai comitati popolari. Una forma di socialismo tradizionale, mi verrebbe da definirla.

Contro questo modello – alla cui sobrietà di fondo viene invece a richiamarci di recente, da un pulpito del tutto differente, anche Benedetto XVI° – risponderemo, anzi risponderanno, con una nemmeno troppo sofisticata campagna di disinformazione che, apparentemente per la prima volta, in una guerra non verrà veicolata unicamente contro l'antagonista a fini propagandistici e psicologici bensì verrà indirizzata scientemente verso l'opinione pubblica mondiale, di fatto rendendola compartecipe e corresponsabile dell'eliminazione della voce fuori dal coro. Ed il messaggio – i messaggi – che passeranno saranno molteplici: la dabbenaggine, la slealtà, la miopia, il cinismo.

Non sono uno storico ma – per quanto attiene alla Libia – alla fin fine la chiave di lettura più pertinente alla realtà della Jamahiriya – la Jemaa, come ispirazione e principio fondante – appare come un riferimento identitario che non può venire trascurato o dimenticato.

Tra l'altro dalla lettura della cronaca di questi ultimi anni apparirà palese una analogia imbarazzante tra le piccole comunità berbere raccolte attorno ai loro consessi sovrafamiliari e l'Islanda: sulla scena europea la più piccola e coesa, appunto l'Islanda, è l'unica nazione che si ribellerà agli automatismi del signoraggio bancario rispedendo al mittente le imposizioni del Fondo Monetario e rimandando a casa un'intera classe politica.

Come ho accennato non credo ai monologhi, i monologhi sono per i vecchi – ed io non ne rivendico ancora le caratteristiche anagrafiche né, spero, intellettuali[3] – e nei monologhi giocoforza si finisce per avere comunque e sempre l'ultima parola. Viaggiando ho avuto l'opportunità di vedere ma anche molto di parlare. E – chi viaggia lo sa bene – l'ultima parola è sempre un saluto, e prelude ad un altro incontro.

Il mio spostarmi è divenuto via via sempre più un incontrare.

Per alcuni il viaggiare si sostanzia nel guidare un veicolo per raggiungere luoghi impervi e pittoreschi – e talora lo è anche per il sottoscritto – magari con abilità e spericolatezza, oppure nel lasciarsi trasportare con altri ritmi e con minore autonomia, relazionandosi, occorrendo relazionarsi, anche con l'ambiente circostante.

Per me il viaggiare si è integrato via via sempre più nel conoscere persone e parlare insieme, scambiare opinioni (dove scambiare sta proprio a significare l'effetto di reciprocità indicato dal verbo), discutere del mondo in cui viviamo. Perché le persone, anche se abbigliate in modo che a noi sembra bizzarro, hanno tutte la capacità di pensare e concepire la sincronia dei mutamenti che stiamo vivendo.

E conoscendo le persone, ascoltando le loro storie, la loro esperienza, riesci a conoscere dall'interno anche i loro paesi, la loro cultura, la loro civiltà, apprezzandola per come essi la sentono e non per come noi la intendiamo, attraverso i mille filtri che – naturalmente – la nostra prospettiva frappone. E, credetemi, talvolta non è un vantaggio conoscere questo codice, ti accorgi di interpretare cose che difficilmente potrai rappresentare, la storia dell'Africa, quella che non ci insegnano a scuola, e delle sue tradizioni e religioni è talmente ricca e vasta che i suoi ricorsi sono più frequenti che non nella nostra.

La realtà contemporanea ha poco di romantico, pare – forse più di altre epoche precedenti – attraversata principalmente da energie negative ed i rapporti fra gli individui e fra gli stati imperniati sul cinismo e l'interesse più pratico, spietato e materiale.

Se il quadro che ci risulta, svelato dei maquillage più elaborati, è sostanzialmente venale, è pur vero anche l'opposto ossia che è cresciuta la consapevolezza di molti, esiste una parte cospicua di collettività – anche tra i giovani – che non ha accettato e non vuol subire l'ipnosi propagandata a mascherare le verità, o le pudenda del nostro modello di sviluppo, che non accetta di fingere di ignorare a tal proposito i retroscena della storia accettando per tornaconto di farne girare la ruota sulla pelle di persone, di comunità, di continenti.

L'elettrodomestico per la comunicazione, il televisore, divenuto vero e proprio soggetto e referente di una opinione comune tende a creare una omogeneità di giudizio.

Il viaggiare ha portato conoscenza, ha creato opportunità di scambi e di amicizie, in molti hanno riscoperto, avvicinandosi alle tradizioni di altri, le proprie, relegate ad una lontana memoria collettiva, quasi nascoste in una vergogna di atavismi che sono invece le radici, il passato da cui tutto ebbe inizio.

E' un percorso a ritroso nel quale sono in buona compagnia se è vero che anche Marc Augé[4] dalla sua formazione africanista ha desunto gli spunti e gli stimoli all'interpretazione delle società “globalizzate”, tout-court occidentali.

Questo saggio non parla di passato, se non per rappresentare un quadro storico che fa da sfondo al palcoscenico dell'attualità.

L'intento è parlare di futuro, perché può valerne la pena e non solo perché – retoricamente – il futuro appartenga ai nostri figli.

Ma perché il futuro appartiene anche ai figli dell'Africa, o dell'Oriente, come a quelli delle Americhe. Perché ci possa essere un futuro.

Ma credo che le energie ci siano in questa direzione, ed anche gli animi.

La cosa più impressionante che è emersa ai miei occhi durante questo sforzo che ritenevo isolato è che all'interno di un mondo parallelo ed ai più poco noto qual'è quello – il nostro – dei frequentatori del Sahara e dell'Africa, si è andata creando una vera e propria coscienza critica collettiva molto forte.

E' un mondo popolato anche dalle fascinazioni più elementari ma sulle quali prevale – ad ogni livello – un senso di appartenenza. E per appartenenza intendo le due opposte direzioni: appartenere e possedere. Derivandone la responsabilità e non una estetica e tardiva fascinazione di stampo esotico-orientalista.

Frequentatori non professionali, non mercenari di questa o quella estemporanea organizzazione di “spaccio” di tecnologie obsolete o di solidarismi a buon mercato.

Frequentatori e partecipi di una dimensione davvero metafisica oltre che geografica, non innamorati ma convinti di un'etica e di stili di vita legati alle tradizioni, quelle più autentiche e comunque comuni, elementari e condivise da pressoché tutte le culture e civiltà succedutesi.

Un mondo parallelo che da sempre, forse istintivamente sa relazionarsi con dignità paritetica con l'Africa e gli africani, senza falsi, ipocriti pudori, senza i sensi di colpa di una politica che umilia e rinnega per il più venale – illusorio – tornaconto proprio l'etica di base nei rapporti tra consimili.

Un mondo parallelo cui in realtà anche nei gesti – quelli più istintivi e semplici – non condizionati dalla pratica quotidianità in molti, se non proprio tutti, tendiamo.

A fronte del clamore mediatico che stordisce con la pervasività del proprio messaggio, della sua propria – giacobina – definizione della modernità, del progresso e dello Stato-nazione, si ripresenta, riscoperto in altre contrade, il brusìo delle prime aggregazioni comunitarie, quelle che paradossalmente all'alba del XXI° secolo appaiono l'unico concreto, appropriato e proprio riferimento cui quelle collettività possano rivolgersi.

Questo saggio parla di molte realtà all'apparenza lontane, nel tempo e nei luoghi, e tratteggia situazioni le più disparate, anch'esse solo in superficie scollegate. Senza disturbare il sonno dei dinosauri, che ci dicono condannati a scomparire a causa di un proprio eccesso di specializzazione, queste pagine spaziando in ambiti così differenti uno dall'altro e riannodando tanti temi e tanti fili del pensiero mediterraneo hanno la presunzione di poter rendere più chiara una analisi dei nostri giorni, giorni che sono scanditi ogni ora di più da eventi, spesso lontani, su cui difficilmente possiamo influire, ma che di ritorno possono – essi – interagire violentemente con la nostra vita. Questo saggio parla di una politica che ha fallito, di politici che ci hanno per decenni affabulato dei propri senza mai parlarci dei nostri, di sogni.

Perché capire la genesi degli errori (perché di errori ce ne sono stati nella Storia) può consentirci di uscire da un tunnel quale – questa non è purtroppo presunzione – le generazioni precedenti la nostra non hanno conosciuto.

Perché il metter su carta questi concetti non è fantascienza, non significa riconoscersi in quegli “abomini” che descriveva negli anni '50 Damon Knight nel suo “Il lastrico dell'inferno” ovvero in una sorta di s****tissimi superuomini, gli Immuni, appunto refrattari ai condizionamenti operati da un fantomatico “Sistema” e quindi in perenne stato di conflitto. In altri tempi li avrebbero definiti Cassandre, quei soggetti che avevano il difetto di guardare un po' più avanti del proprio naso, sono i medesimi soggetti che avevano segnalato la crisi immane che andava strutturandosi (non è nata all'improvviso nel 2010 o nel 2011, per un qualche evento calamitoso), in Italia già da oltre otto-nove anni si stava inaridendo il gettito derivante dalle imposte alla fonte derivanti dal lavoro subordinato.

Non era solo l'evasione, purtroppo, era che stavano morendo le imprese, le casse dello Stato italiano, così spudoratamente saccheggiate nell'arco di oltre mezzo secolo da una ineffabile ed impunita classe politica, fino ad allora venivano “ricaricate” in primis proprio da quelle imposte prelevate dalle buste paga. Venendo a mancare questa rendita sarebbe stato perlomeno corretto tentare – anche soltanto dieci/quindici anni fa – di alleggerire le zavorre dello Stato, ridurre costi ed indecenze del finanziamento di quei partiti che con il loro evidente e strafottente menefreghismo nei confronti della collettività che li mantiene spronano di certo alla slealtà fiscale, un diffuso sentito, questo, scomodo e politically uncorrect che pochi hanno la coerenza di ammettere.

Un finanziamento poi che, dopo la parentesi del terremoto di mani pulite, avrebbe dovuto venire cancellato dal referendum popolare del 1993. Il problema al solito venne aggirato e risolto cambiando nome alla faccenda, nacquero i “rimborsi”, verrebbe da chiosare “...sono falliti gli sforzi per soddisfare le masse attraverso l'elezione di rappresentanti o attraverso l'organizzazione di referendum, al fine di conoscere le loro opinioni....” come aveva scritto un certo tiranno nel proprio “Libro Verde”.

Si cambiano i nomi, le guerre sono motivate da “Urgenza di proteggere[5]” oppure saranno semplicemente “Missioni umanitarie” ma anche assai più etici (…) esperimenti di “Esportazione della democrazia”.

Quindi le stalle non verranno chiuse nemmeno dopo la fuga dei buoi.

No. Né superuomo né rivoluzionario, per il sottoscritto si tratta, da individuo perfettamente integrato in questo modello di sviluppo, di riconoscerne una serie di debolezze e criticità, analizzandole nel tentativo di non perpetuare una catastrofe che, non predetta né da Maya né da Nostradamus, è già in corso, appena dietro l'angolo.

Io mi sono appena affacciato all'angolo di quella strada e descrivo ciò che ho intravisto, tra i rottami e le lamiere sventrate dalle esportazioni di democrazia.


Emilio Borelli

Fonte: http://www.comedonchisciotte.org

http://www.comedonchisciotte.org/site/m ... &sid=13356


Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 14885
Iscritto il: 26/12/2009, 12:30
Località: ravenna
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 18/06/2014, 20:02 
Terroristi islamici rapiscono e fanno il lavaggio del cervello a più di 100 bambini curdi per trasformarli in kamikaze

I terroristi islamici dell’Isil (Stato islamico dell’Iraq e del Levante) hanno rapito più di 100 bambini curdi per usarli come attentatori suicidi in guerra. Lo rivela l’Osservatorio siriano per i diritti umani, basandosi sulle testimonianze di cinque minori che sono riusciti a scappare dalle mani degli islamisti dopo essere stati rapiti.

BAMBINI KAMIKAZE. L’Isil ha sequestrato lo scorso 29 maggio 145 giovani curdi originari di Ain Al Arab, città siriana vicino al confine con la Turchia. I giovani stavano tornando dalla città di Aleppo, dove hanno condotto l’esame di fine anno scolastico. Cinque di loro sono scappati e hanno dichiarato ai genitori che i terroristi gli hanno chiesto di unirsi all’Isil e cercato di fargli il lavaggio del cervello per condurre attentati suicidi, come già successo in altre parti della Siria.

LA PAURA DEI GENITORI. «Residenti e genitori di alcuni dei bambini rapiti di Ain Al Arab ci hanno informato che temono che l’Isil recluti e usi i ragazzi per condurre attentati suicidi o guidare autobombe», ha scritto l’Osservatorio. Gli attivisti hanno chiesto l’immediata liberazione dei bambini di Ain Al Arab e di altri 193 curdi, rapiti sempre il 29 maggio attorno alla città di Aleppo. Nella nota l’Osservatorio ha anche ricordato che usare i bambini in guerra è un crimine secondo la legge internazionale.

DOPO LA SIRIA, L’IRAQ. Lo Stato islamico dell’Iraq e del Levante, dopo aver conquistato intere parti del nord della Siria, sta conducendo un’offensiva in Iraq. Dopo la conquista dei Falluja, nel sud del paese, e di Mosul, nel nord, l’Isil si sta dirigendo verso Baghdad. Secondo le ultime notizie, si trova ormai a 60 chilometri dalla capitale.


http://www.tempi.it/terroristi-islamici ... 6HTcEDNxlc


Top
 Profilo  
 

Essere Interdimensionale
Essere Interdimensionale

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 7002
Iscritto il: 10/01/2009, 13:06
Località: Barletta
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 29/09/2014, 17:30 
Cita:
Cina: Pechino, Usa e stranieri non interferiscano a Hong Kong


(AGI) - Hong Kong, 29 set. - La Cina intima agli Stati Uniti e alle altre nazioni stranieri, inclusa l'ex potenza coloniale britannica, di non interferire negli affari interni di Hong Kong, perche' si tratta di una questione cinese.
"Hong Kong e' cinese. E' una regione cinese ad amministrazione speciale e gli affari di Hong Kong sono esclusivamente affari interni cinesi", ha dichiarato Hua Chunyng, portavoce del ministero degli Esteri di Pechino. Lo riferisce il prestigioso quotidiano locale 'South China Morning Post'.


https://www.agi.it/estero/notizie/cina_ ... st-rt10130


Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 13936
Iscritto il: 03/12/2008, 20:45
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 29/09/2014, 20:53 
Ora ci tentano a Hong Kong,sperano di farla staccare dalla Cina!.[8D]


Top
 Profilo  
 

Stellare
Stellare

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 10377
Iscritto il: 01/11/2011, 19:28
Località: Astana
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 29/09/2014, 22:28 
Lo spettro di piazza Tienanmen

Immagine


A Hong Kong si continua a protestare in massa - Pechino: "non immischiarti, occidente"


NEW YORK - Per Pechino è la sfida più grande da affrontare dai tumulti di piazza Tienanmen, quelli in cui nel 1989 migliaia di cinesi scesero in piazza per chiedere più libertà. A 25 anni di distanza a Hong Kong si combatte un'altra battaglia per la democrazia, con migliaia di persone che continuano a riversarsi in strada nonostante l'intervento della polizia e le violenze della notte precedente. E la speranza è che la protesta non finisca ancora una volta soffocata nel sangue.

Il timore c'è. Le immagini dell'enorme folla che invade la metropoli cinese degli affari fanno il giro del mondo. Oramai è chiaro che non si tratta più di una protesta studentesca, ma di una mobilitazione di massa che fa della sua arma principale la disobbedienza civile. La richiesta è che Pechino mantenga le promesse su una piena democrazia e un voto libero e che modifichi i meccanismi elettorali in vista delle elezioni del governatore di Hong Kong programmate nel 2017.

E le reazioni, soprattutto da parte del mondo occidentale, non si fanno attendere. "Gli Stati Uniti sostengono le aspirazioni della popolazione di Hong Kong e seguono da molto vicino gli sviluppi della situazione", afferma Josh Earnest, portavoce del presidente Barack Obama. Lanciando poi un appello alle autorità di Pechino: "Mostrate moderazione". E sul sito della Casa Bianca spunta una petizione rivolta al presidente perché faccia il massimo delle pressioni sulla Cina perché mantenga la promessa di elezioni democratiche nell'ex colonia democratica. E perché si eviti un secondo massacro proprio dopo quello di Tienanmen. Già quasi 200'000 le firme.

A Pechino non gradiscono, e il ministero degli Esteri invia un chiaro messaggio a Washington: "non vi immischiate" negli affari di Hong Kong, perché le proteste sono una questione interna. Niente ingerenze, dunque. Un monito rivolto anche ad altri Paesi che si sono schierati apertamente dalla parte dei manifestanti. Insomma - secondo molti osservatori - dopo il restaurato clima da 'guerra fredda' con Mosca, ora il rischio è che la crisi di Hong Kong possa vanificare anche i pochi passi in avanti compiuti da Barack Obama e Xi Jin Ping per aprire una nuova era nelle relazioni tra Usa e Cina.

Intanto la preoccupazione principale delle autorità di Pechino è quella che la protesta possa dilagare nel resto del Paese. Per questo la censura è entrata pesantemente in azione, soprattutto sul web e sui social media, come Twitter e Facebook. E anche Instagram è stata bloccata, per impedire ai manifestanti di diffondere le immagini degli scontri e, come scrive qualcuno, il 'contagio' e il 'virus della democrazia'.

29.09.2014 - 21:09

[align=right]Source: CdT.ch - Mondo - Lo spettro di piazza Tienanmen [/align]



_________________
“El saòn no’l sa gnente, l’inteligente el sa poco, l’ignorante el sa tanto, el mona el sa tuto!”
Top
 Profilo  
 

Marziano
Marziano

Non connesso


Messaggi: 1305
Iscritto il: 26/03/2009, 17:56
Località: brescia
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 30/09/2014, 13:07 
Cita:
Wolframio ha scritto:

Lo spettro di piazza Tienanmen

Immagine


A Hong Kong si continua a protestare in massa - Pechino: "non immischiarti, occidente"


NEW YORK - Per Pechino è la sfida più grande da affrontare dai tumulti di piazza Tienanmen, quelli in cui nel 1989 migliaia di cinesi scesero in piazza per chiedere più libertà. A 25 anni di distanza a Hong Kong si combatte un'altra battaglia per la democrazia, con migliaia di persone che continuano a riversarsi in strada nonostante l'intervento della polizia e le violenze della notte precedente. E la speranza è che la protesta non finisca ancora una volta soffocata nel sangue.

Il timore c'è. Le immagini dell'enorme folla che invade la metropoli cinese degli affari fanno il giro del mondo. Oramai è chiaro che non si tratta più di una protesta studentesca, ma di una mobilitazione di massa che fa della sua arma principale la disobbedienza civile. La richiesta è che Pechino mantenga le promesse su una piena democrazia e un voto libero e che modifichi i meccanismi elettorali in vista delle elezioni del governatore di Hong Kong programmate nel 2017.

E le reazioni, soprattutto da parte del mondo occidentale, non si fanno attendere. "Gli Stati Uniti sostengono le aspirazioni della popolazione di Hong Kong e seguono da molto vicino gli sviluppi della situazione", afferma Josh Earnest, portavoce del presidente Barack Obama. Lanciando poi un appello alle autorità di Pechino: "Mostrate moderazione". E sul sito della Casa Bianca spunta una petizione rivolta al presidente perché faccia il massimo delle pressioni sulla Cina perché mantenga la promessa di elezioni democratiche nell'ex colonia democratica. E perché si eviti un secondo massacro proprio dopo quello di Tienanmen. Già quasi 200'000 le firme.

A Pechino non gradiscono, e il ministero degli Esteri invia un chiaro messaggio a Washington: "non vi immischiate" negli affari di Hong Kong, perché le proteste sono una questione interna. Niente ingerenze, dunque. Un monito rivolto anche ad altri Paesi che si sono schierati apertamente dalla parte dei manifestanti. Insomma - secondo molti osservatori - dopo il restaurato clima da 'guerra fredda' con Mosca, ora il rischio è che la crisi di Hong Kong possa vanificare anche i pochi passi in avanti compiuti da Barack Obama e Xi Jin Ping per aprire una nuova era nelle relazioni tra Usa e Cina.

Intanto la preoccupazione principale delle autorità di Pechino è quella che la protesta possa dilagare nel resto del Paese. Per questo la censura è entrata pesantemente in azione, soprattutto sul web e sui social media, come Twitter e Facebook. E anche Instagram è stata bloccata, per impedire ai manifestanti di diffondere le immagini degli scontri e, come scrive qualcuno, il 'contagio' e il 'virus della democrazia'.

29.09.2014 - 21:09

[align=right]Source: CdT.ch - Mondo - Lo spettro di piazza Tienanmen [/align]




Si prospetta un altra primavera colorata made Usa,Regno Unito .E dopo la Russia tocca alla Cina .


Ultima modifica di Werther il 30/09/2014, 13:07, modificato 1 volta in totale.


_________________
Non puoi chiedere all'universo di togliersi la maschera se tu non lascerai cadere la tua. (Philip Kindred Dick)
Top
 Profilo  
 

Galattico
Galattico

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 22377
Iscritto il: 08/07/2012, 15:33
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 30/09/2014, 13:25 
Un avvertimento alla Cina in stile mafioso direi ^_^



_________________
la prima religione nasce quando la prima scimmia, guardando il sole, dice all'altra scimmia: "LUI mi ha detto che TU devi dare A ME la tua banana. (cit.)
Top
 Profilo  
 

Pleiadiano
Pleiadiano

Avatar utente

Non connesso


Messaggi: 4248
Iscritto il: 09/05/2012, 18:57
Località: roma
 Oggetto del messaggio:
MessaggioInviato: 30/09/2014, 15:53 
Cita:
Wolframio ha scritto:


sabato 5 aprile 2014

Trilussa aveva ragione

[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=HJmSdsimVWk[/BBvideo]

Qualcuno dice che siamo "cospirazionisti", che abbiamo la "paranoia" per le cospirazioni, eppure Trilussa, questo poeta caustico e senza peli sulla lingua, già 100 anni fa denunciava molte delle cose che vengono esposte su questo ed altri blog di controinformazione. In effetti leggendo i versi della sua poesia "ninna nanna de la guerra" (musicata da Claudio Baglioni con qualche leggero adattamento del testo originale) egli da segno di conoscere bene il mondo dei potenti e dei politicanti che poi nelle sue poesie metteva alla berlina.

La poesia è del 1914, quando i venti di guerra incombevano sull'Europa che precipitava verso la devastazione della prima guerra mondiale.

Da notare che Trilussa (nome d'arte di Carlo Alberto Salustri) fu insignito il 1° dicembre 1950 della nomina di senatore a vita, ma reagì dicendo agli amici “Hanno trovato la maniera di seppellirmi prima del tempo”. Morì appena 20 giorni dopo.

Qui sotto i versi più significativi della poesia "ninna nanna de la guerra"; in grassetto ho evidenziato quelle frasi che più di altre esprimono la stessa idea dell'autore di questo blog riguardo alla guerra ed ai potenti, "amici e parenti" che prima fanno scannar ei propri sudditi e poi fanno la pace tra sorrisi e strette di mano, non prima di avere fatto guadagnare il complesso militare-industriale (e le banche che prestano denaro per finanziare i conflitti).

Ninna nanna, pija sonno ché se dormi nun vedrai tante infamie e tanti guai che succedeno ner monno fra le spade e li fucili
de li popoli civili


Ninna nanna, tu nun senti
li sospiri e li lamenti
de la gente che se scanna
per un matto che commanna;
che se scanna e che s'ammazza
a vantaggio de la razza
o a vantaggio d'una fede
per un Dio che nun se vede,
ma che serve da riparo
ar Sovrano macellaro.

Chè quer covo d'assassini
che c'insanguina la terra
sa benone che la guerra
è un gran giro de quatrini
che prepara le risorse
pe li ladri de le Borse.

Fa la ninna, cocco bello,
finchè dura sto macello:
fa la ninna, chè domani
rivedremo li sovrani
che se scambieno la stima
boni amichi come prima.
So cuggini e fra parenti
nun se fanno comprimenti:

torneranno più cordiali
li rapporti personali.
E riuniti fra de loro
senza l'ombra d'un rimorso,
ce faranno un ber discorso
su la Pace e sul Lavoro
pe quer popolo cojone
risparmiato dar cannone


[align=right]Source: la scienza marcia e la menzogn...lobale: Trilussa aveva ragione [/align]


Che meraviglia sta poesia del 1914, grande Trilussa!!!! E' un post dell' Aprile scorso, non lo avevo visto!! Grazie Wolf!!! [:)] [:X]
M'ha fatto venire uno gnocco in gola!
C'è sempre stato qualcuno che ha cercato di far aprire gli occhi alla gente ma...siamo rimasti ciechi e anche sordi.. [V]( ed è strano ..troppo strano [8])



_________________
La scienza è solo una perversione, se non ha come fine ultimo il miglioramento delle condizioni dell'umanità.(Nikola Tesla)
Top
 Profilo  
 
Visualizza ultimi messaggi:  Ordina per  
Apri un nuovo argomento Rispondi all’argomento  [ 1879 messaggi ]  Vai alla pagina Precedente  1 ... 66, 67, 68, 69, 70, 71, 72 ... 126  Prossimo

Time zone: Europe/Rome [ ora legale ]


Non puoi aprire nuovi argomenti
Non puoi rispondere negli argomenti
Non puoi modificare i tuoi messaggi
Non puoi cancellare i tuoi messaggi
Non puoi inviare allegati

Cerca per:
Vai a:  
cron
Oggi è 05/05/2025, 08:46
© 2015 UfoPlanet di Ufoforum.it, © RMcGirr83.org