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MessaggioInviato: 09/02/2014, 21:26 
La spesa a Deficit 101 (Parte 1)
di Bill Mitchell

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Molte persone mi inviano e-mail chiedendomi di spiegare perché non dovremmo aver paura dei deficit (disavanzi) e perché essi non devono essere finanziati dal debito (anche se solitamente il governo aumenta il suo debito quando registra un deficit).

Nelle prossime settimane, quindi, scriverò alcuni post per chiarire queste delicate questioni. Come prima cosa, spiegherò come avvengono i deficit e come incidono sull’economia.

In particolare, dobbiamo liberarci dall’idea secondo cui, quando i governi spendono a deficit devono automaticamente prendere (il denaro, ndt) in prestito, da cui conseguirebbe un aumento della pressione sul mercato valutario (che ha fondi limitati disponibili al prestito) che farebbe salire i tassi d’interesse con la conseguente diminuzione della spesa per gli investimenti produttivi da parte dei privati. Questa serie di affermazioni è priva di senso e la respingiamo facilmente. Questo è Deficit 101. La prossima volta spiegherò nel dettaglio perché la banca centrale emette titoli di stato (debito pubblico).

Potete usare il seguente grafico per seguire l’argomentazione. Vi suggerisco di stamparlo per tenerlo di fianco mentre leggete l’articolo. Se siete interessati a un’analisi più dettagliata e accademica di questi argomenti vi suggerisco di leggere il mio ultimo libro Full employment abandoned: shifting sands and policy failures(con Joan Muysken) che è stato pubblicato da Edward Eldgar nel 2008.

I deficit o i surplus (eccedenze) di bilancio si manifestano nelle moderne economie monetarie. Un’economia monetaria moderna, come l’Australia e quasi tutte le maggiori economie, ha quattro caratteristiche essenziali:

Un regime di cambio fluttuante, che libera la politica monetaria dalla necessità di difendere le riserve in valuta estera.

Usano la valuta come unità di conto con cui pagare beni e servizi. Una nozione importante è che la valuta è una moneta fiat, cioè è convertibile solo in se stessa e non è legalmente convertibile da parte del governo in oro, come invece avveniva per esempio sotto lo standard aureo.

Lo stato sovrano ha il diritto legale esclusivo di emettere la sua particolare moneta fiat, che sarà poi richiesta come pagamento delle tasse – in questo senso (lo stato, ndt) ha il monopolio sui suoi fondi, la moneta fiat.

La funzionalità della moneta fiat è assicurata dal fatto che essa è la sola unità che viene accettata per il pagamento delle tasse e per le altre richieste finanziarie del governo.

Il grafico descrive la relazione strutturale essenziale tra il settore governativo e quello non governativo.

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Primo, nonostante l’affermazione secondo cui le banche centrali siano largamente indipendenti dal governo, non c’è alcuna vera rilevanza nel separare le operazioni del ministero del tesoro e quelle della banca centrale. Il settore governativo nel suo insieme determina l’entità della posizione delle attività finanziarie al netto (denominate nell’unità di conto) nell’economia. Per esempio, mentre le operazioni del ministero del tesoro possono creare un surplus (distruzione di beni finanziari al netto), questo può essere controbilanciato da un deficit (diciamo della stessa grandezza) creato dalle operazioni della banca centrale. Questa combinazione particolare lascerebbe una posizione finanziaria netta in pareggio. Pur restando vero quanto detto sopra, la maggior parte delle operazioni della banca centrale, comunque, si limitano a spostare beni finanziari nel settore non governativo fra riserve e titoli, quindi per ogni scopo pratico la banca centrale non è coinvolta nell’alterazione dei beni finanziari al netto. Le eccezioni includono l’acquisto e la vendita di valuta estera da parte della banca centrale e il pagamento delle sue spese operative. Le transazioni che avvengono all’interno del settore non governativo, in ogni caso, non sono importanti per capire la relazione verticale fra il settore governativo nel suo insieme (ministero del tesoro e banca centrale) e il settore non governativo. Considereremo questa affermazione in maniera più approfondita in un prossimo post.

In secondo luogo, estendere il nostro modello in modo da distinguere il settore estero non fa nessuna differenza per la nostra analisi; il settore interno privato in quanto tale e quello estero possono essere unificati nel settore non governativo senza che venga meno la nostra comprensione analitica. Le transazioni estere sono di carattere fortemente distribuzionale.

A livello di bilancio (la relazione, ndt) fra i vari settori (implica che, ndt) un bilancio a deficit da parte del governo fa aumentare la disponibilità di beni finanziari al netto per il settore privato (aumentando i risparmi del settore non governativo), mentre un bilancio in surplus ha l’effetto opposto. Quest’ultimo punto richiede un’ulteriore spiegazione che è cruciale per comprendere le basi macroeconomiche della moneta moderna.

Mentre viene solitamente trascurato nei libri di economia, c’è un’identità che sta al cuore della contabilità nazionale; i deficit (surplus) governativi eguagliano i surplus (deficit) non governativi. Dato che la domanda effettiva è sempre uguale al reddito nazionale reale, ex post (significa che tutte le uscite dal flusso del reddito nazionale sono corrisposte da equivalenti iniezioni), la conseguente identità contabile dei flussi settoriali equivarrà a:

(G-T) = (S-I) – NX

in cui il lato sinistro rappresenta il bilancio pubblico come differenza tra la spesa da parte del governo G e la sua tassazione T. Il lato destro mostra il bilancio non governativo, che è dato dalla somma del bilancio privato e di quello estero, dove S è il risparmio, I sono gli investimenti e NX sono le esportazioni nette. Considerando il settore privato nel suo insieme – incluso il settore estero – il risparmio privato totale deve eguagliare gli investimenti privati più il deficit di bilancio del governo.

In aggregato, quindi, non possono esserci risparmi al netto di beni finanziari da parte del settore non governativo senza l’accumulo di una spesa a deficit da parte del governo. In un’economia chiusa, in cui NX = 0, i deficit del governo si trasferiscono dollaro per dollaro nei surplus del (risparmio) privato interno. In un’economia aperta, dividendo il settore non governativo in settore interno e settore estero, i risparmi privati sono uguali all’investimento privato, al deficit di bilancio del governo, e alle esportazione nette – dove le esportazioni nette rappresentano i risparmi finanziari al netto dei non residenti.

Resta vero, comunque, che la sola entità che può trasferire beni finanziari al netto (risparmi al netto) nel settore non governativo, accogliendo così il desiderio di risparmiare (beni finanziari) e eliminando contemporaneamente anche la disoccupazione, è il monopolista della valuta – il governo che può farlo spendendo al netto (G > T). Inoltre, contrariamente alla retorica dominante, ma in piena conformità alla contabilità nazionale, il sistematico perseguimento di surplus di bilancio da parte del governo (G < T) si manifesterà dollaro per dollaro, ironia della sorte, nella diminuzione dei risparmi non governativi. Quindi, se lo scopo fosse quello di incrementare i risparmi nel settore privato interno, quando le esportazioni nette sono in deficit, le tasse in aggregato dovrebbero essere inferiori al totale della spesa governativa. Ossia, sarebbe necessario un deficit di bilancio (G > T).

Quindi come si presentano i deficit? Come spende il governo Federale?

Il governo Federale ha dei conti di cassa operativi per assicurarsi di poter spendere (G) e ricevere le entrate (T) su base giornaliera. La Reserve Bank d’Australia (la Banca Centrale d’Australia, d’ora in poi BCA, ndt) “fornisce una struttura al Governo Australiano che viene utilizzata per gestire un gruppo di conti bancari, conosciuto come Official Public Account (OPA) Group (letteralmente Gruppo Ufficiale di Conto Pubblico, ndt), il cui bilancio in aggregato rappresenta la tesoreria giornaliera del Governo” (vedi quii dettagli).

Quando il governo Federale spende, addebita e accredita i vari conti bancari all’interno del sistema delle banche commerciali. In questo modo, in un certo numero di banche commerciali, i depositi verranno incrementati come riflesso della spesa (governativa, ndt). Il governo può emettere un assegno e intestarlo a qualcuno nel settore privato dopo di che quella persona depositerà l’assegno presso la propria banca. Se ciò fosse fatto tutto elettronicamente avrebbe lo stesso effetto.

Tutte le spese federali avvengono così. Notate che:

I governi non spendono “stampando moneta”. Essi spendono attraverso la creazione di depositi nel sistema bancario privato. Chiaramente, una parte della valuta in circolazione viene “stampata” ma quello è un processo separato rispetto alla spesa giornaliera e ai flussi derivanti della tassazione.

Non c’è stata alcuna menzione riguardo al luogo da cui provengono i crediti e i debiti che (i governi, ndt) detengono! La semplice risposta è che la spesa non viene da nessuna parte, ma dobbiamo aspettare un prossimo post per capirlo bene. Per ora è sufficiente dire che il governo Federale, in quanto emittente monopolista della sua valuta, non è vincolato dalle proprie entrate. Questo significa che non deve “finanziare” la sua spesa, a differenza di una famiglia che utilizza la moneta fiat; e ogni corrispondente emissione di debito pubblico (titoli di stato) non ha niente a che fare con il “finanziamento” della spesa governativa – di nuovo, ciò sarà spiegato in un ulteriore post.

Tutte le banche commerciali detengono dei conti presso la BCA, che consentono di gestire le riserve e permettono inoltre al sistema di pareggiamento ( clearing) di operare agevolmente. Queste cosiddette Exchange Settlement Accounts [1]o Riserve devono sempre avere saldi positivi alla fine di ogni giorno, anche se nel corso della giornata una particolare banca fosse in surplus o in deficit, in relazione al modello dei flussi finanziari in entrata e in uscita. Non c’è alcuna ragione per presumere che questi flussi si compenseranno esattamente fra loro per ogni particolare banca in ogni particolare momento.

Oltre a stabilire il tasso sui prestiti (tasso di sconto, discount rate), la BCA fissa anche il tasso di sostegno ( support rate), che viene pagato sulle riserve delle banche commerciali. Alcuni paesi (come Australia, Canada e zone come l’Unione Monetaria Europea) stabiliscono un ritorno predefinito sulle riserve in surplus (per esempio la BCA paga un ritorno predefinito pari a 25 punti base in meno rispetto al tasso di prestito interbancario ( overnight rate) [2]sugli Exchange Settlement Accountsin surplus). Altri paesi non offrono un ritorno sulle riserve. Ciò si traduce in un persistente eccesso di liquidità che conduce il tasso d’interesse a breve termine a zero (come in Giappone fino alla metà del 2006) a meno che il governo non venda titoli di stato (o alzi le tasse). Il tasso di supporto diventerà il tasso d’interesse base per l’economia. Indagheremo comunque questo aspetto in un post successivo.

La spesa Federale da parte del ministero del Tesoro, quindi, ammonta unicamente all’addebito di uno dei conti di cassa del Tesoro (per esempio diciamo di 100 milioni di dollari); ciò significa che le sue riserve presso la BCA diminuiranno nella stessa misura e il destinatario depositerà l’assegno di 100 milioni di dollari nella sua banca privata, le cui riserve presso la BCA aumenteranno dello stesso ammontare.

La tassazione funziona esattamente al contrario. I conti correnti bancari privati vengono addebitati (e le riserve delle banche private caleranno) e i conti del governo verranno accreditati facendo aumentare le loro riserve. Tutto ciò viene realizzato solamente attraverso scritture contabili. Le tasse non finiscono da nessuna parte! Non vengono accumulate in nessun luogo e certamente non “finanziano” la spesa. Il settore non governativo non può pagare le sue tasse fin che il governo non spende! È bene pensare alle tasse come a un drenaggio di liquidità che riflette la volontà da parte del governo di diminuirne la capacità di spesa del settore non governativo.

Un piccolo esempio aiuta a rafforzare questi punti. Supponiamo che l’economia sia popolata da due persone, una è il governo e l’altra è considerata come il settore privato (non governativo). Se il governo registra un pareggio di bilancio (spende 100 dollari e tassa per 100 dollari) allora l’accumulo privato di moneta fiat (risparmi) equivarrà a zero in quel periodo e anche il bilancio privato sarà in pareggio.

Diciamo, invece, che il governo spende 120 e le tasse rimangono a 100, allora il risparmio privato equivarrà a 20 dollari, che potranno accumularsi sotto forma di beni finanziari. I corrispondenti 20 dollari in banconote sono stati emessi dal governo per coprire le sue spese addizionali. Esso può decidere di emettere titoli che fruttino interessi per incoraggiare il risparmio ma a livello operativo esso non deve farlo per finanziare il suo deficit. Il deficit del governo di 20 equivale ai risparmi privati di 20.

Quindi, se il governo continuasse in questa maniera, i risparmi privati accumulati eguaglierebbero la somma dei deficit di bilancio. Tuttavia, se il governo dovesse decidere di registrare un surplus (diciamo che spende 80 e tassa 100) allora il settore privato dovrebbe al governo il pagamento al netto di 20 dollari di tasse e avrebbe bisogno di rivendere qualcosa al governo per procurarsi i fondi necessari. Il risultato sarà, in genere, che il governo ricomprerà un po’ di titoli che aveva precedentemente venduto. Le esigenze di finanziamento al netto del settore non governativo provocheranno automaticamente una corrispondente reazione da parte del governo attraverso variazioni sui tassi d’interesse.

In entrambi i casi, il risparmio privato accumulato verrà ridotto dollaro per dollaro in caso di un surplus (di bilancio, ndt) da parte del governo. Il surplus del governo ha due effetti negativi per il settore privato:

La scorta ( stock) di beni finanziari (moneta o titoli) detenuti dal settore privato, che rappresenta la sua ricchezza, calerà; e anche il reddito privato disponibile calerà in linea con la tassazione al netto imposta. Alcuni potrebbero replicare che l’acquisto di titoli da parte del governo fornisce denaro a chi possiede ricchezza privata. Ciò è vero, ma la liquidazione di ricchezza è spinta dalla carenza di denaro nel settore privato derivante da un onere fiscale che eccede il reddito. Il denaro derivante dalle vendite di titoli pagherà quindi l’imposizione fiscale al netto del governo. Il risultato sarebbe esattamente lo stesso se allargassimo questo esempio, considerando anche il processo di creazione del reddito privato e il sistema bancario.

Dall’esempio precedente riconosciamo che la moneta, più le riserve (la base monetaria), più i titoli di stato in circolazione costituiscono beni finanziari al netto del settore non governativo; il fatto che il settore non governativo sia dipendente dal governo per procurarsi i fondi desiderati sia per risparmiare al netto, sia per pagare le tasse al governo, diventa una questione di contabilità.

La prossima volta parlerò dell’impatto dei deficit di bilancio sulle riserve delle banche commerciali e dissolverò i miti che circondano il prendere in prestito e i tassi d’interesse (e il fatto che il deficit fa salire i tassi d’interesse).


[1]
L’ Exchange Settlement Accounts è il conto che tutte le banche hanno con la banca centrale. Questi conti sono importanti per poter effettuare le operazioni tra le banche commerciali e queste ultime e la banca centrale.
Esempio: Banca A e banca C hanno il conto settlement presso la banca centrale. Giovanni ha il conto presso banca A, Luca presso la banca C. Giovanni stacca un assegno di 1000, tratto sulla sua banca, per Luca, e glielo consegna. Luca lo versa sulla propria banca. Il conto settlement della banca A (quella di Giovanni) presso banca centrale viene addebitato di 1000, il conto settlement della banca C (quella di Luca) presso banca centrale viene accreditato di 1000, ndt.


[2]
Il tasso overnight (letteralmente significa “da un giorno all’altro”) è il tasso al quale le banche si prestano denaro per la durata massima di 24 ore sul mercato interbancario, ndt.


Da: http://memmt.info/
Originale: bilbo.economicoutlook.net/blog

http://eurotruffa.it/economia/79-mmt/75 ... rte-1.html



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MessaggioInviato: 09/02/2014, 21:34 
La spesa a Deficit 101 (Parte 2)
di Bill Mitchell

Questo è il secondo post della serie che sto scrivendo per aiutarvi a comprendere perché non dovremmo aver paura dei deficit. In questo post chiariremo alcuni dei miti che circondano il cosiddetto “finanziamento” dei deficit di bilancio. In particolare, mi dedicherò a quello secondo cui i deficit sono inflazionistici e/o incrementano le richieste di prestito del governo. La conclusione importante sarà che il governo federale non è vincolato finanziariamente e può spendere nella misura in cui decide, con il solo limite di ciò che è in vendita sul mercato. Non è assolutamente detto che tale spesa possa essere inflazionistica Il fatto che la spesa sarà inflazionistica non è una cosa inevitabile e non è necessariamente richiesto alcun aumento del debito pubblico.

La prima cosa da riprendere dalla prima parte è che la spesa dei cittadini è vincolata dalle fonti di finanziamento disponibili, che comprendono le entrate provenienti da ogni tipo di origine: vendita di beni e prestiti da parte di soggetti esterni. La spesa del governo federale, invece, è in gran parte facilitata dall’emissione di assegni da parte del governo mediante la banca centrale. Gli accordi che il governo ha con la sua banca centrale per tenere conto di queste [operazioni, ndt] sono in gran parte irrilevanti. Quando i destinatari degli assegni (coloro che vendono beni e servizi al governo) li depositano presso la loro banca, gli assegni si compensano attraverso [il sistema di, ndt] gestione dei saldi presso le banche centrali (le riserve), e le voci di credito appariranno sui conti correnti in tutto il sistema delle banche commerciali. In altre parole, il governo spende semplicemente accreditando un conto corrente bancario nel settore privato presso la banca centrale. A livello operativo, questo processo è indipendente da ogni entrata precedente, inclusa la tassazione e l’indebitamento. L’accreditamento di un conto, comunque, non ridurrà in alcun modo né il patrimonio governativo né la capacità del governo di spendere ulteriormente.

In realtà, è piuttosto evidente che tutta la spesa dei governi comporti la creazione di moneta, ma questo non è il significato del concetto di monetizzazione del debito così come appare di solito sui libri di testo di economia dove si parla di politica monetaria, e nel dibattito pubblico più ampio. Seguendo la concezione di Blanchard, la monetizzazione del debito è di solito riferita a un processo tramite cui la banca centrale compra titoli di stato direttamente dal ministero del tesoro. In altre parole, il governo federale prende in prestito denaro dalla banca centrale piuttosto che dai cittadini. La monetizzazione del debito è il processo solitamente implicito quando si dice che un governo stampa moneta. La monetizzazione del debito (si dice poi) provoca, a parità di condizioni, un aumento della quantità di moneta offerta e può condurre a una grave inflazione.

La paura della monetizzazione del debito, in ogni caso, è infondata: non solo perché il governo non ha bisogno di moneta per spendere ma anche perché la banca centrale non ha la possibilità di monetizzare nessun debito pubblico sia in circolazione sia di nuova emissione. Nella terza parte mostrerò che finché la banca centrale ha il mandato di mantenere un obiettivo sul tasso d’interesse a breve termine, l’entità degli acquisti e delle vendite del debito pubblico non sono discrezionali. La mancanza di controllo sulla quantità di riserve da parte della banca centrale sottolinea l’impossibilità della monetizzazione del debito. La banca centrale non è in grado di monetizzare il debito pubblico attraverso l’acquisto a volontà di titoli di stato perché nel farlo causerebbe la caduta a zero del tasso [d’interesse, ndt] a breve termine prefissato o di qualunque tasso di supporto che possa aver attuato sulle riserve in eccesso. Questo verrà analizzato passo dopo passo nella terza parte.

In sintesi, possiamo concludere dall’analisi precedente che la spesa del governo introduce beni finanziari al netto nell’economia, accreditando i conti correnti bancari, attraverso l’emissione di un assegno o un pagamento in contanti. Inoltre, questa spesa non è vincolata dalle entrate. Un governo che emette la propria valuta non ha vincoli finanziari sulla sua spesa, che è ben diverso dal fatto che accetti vincoli (politici) auto imposti.

In alternativa, quando la tassazione viene pagata tramite gli assegni (o i trasferimenti bancari) del settore privato, che sono attinti dai conti correnti privati delle banche, la banca centrale addebiterà un conto corrente del settore privato. Nessuna risorsa reale è trasferita al governo, né la capacità di spesa del governo sarà aumentata dall’addebitamento dei conti correnti privati.

In generale, gli economisti “tradizionali” sbagliano nel celare le differenze fra i bilanci delle famiglie private e il bilancio del governo. Affermazioni come questa, del famoso economista Robert Barro, secondo cui “possiamo pensare ai risparmi e ai risparmi negativi del governo proprio come se pensassimo ai risparmi e ai risparmi negativi delle famiglie” sono chiaramente sbagliate.

L’economia mainstream usa il vincolo di bilancio statale come base di riferimento per analizzare le tre presunte forme di finanza pubblica: 1) aumento delle tasse; 2) vendita di debito pubblico con corrispettivo di interessi al settore privato (titoli di stato); 3) emissione di base monetaria senza interessi (creazione di moneta). I vari scenari sono così costruiti per mostrare che i deficit sono inflazionistici se finanziati tramite la base monetaria (monetizzazione del debito), o restringono la spesa del settore privato se finanziati dall’emissione di debito. Anche se in realtà il vincolo di bilancio del governo è solamente un’identità contabile a posteriori, l’economia ortodossa sostiene che si tratti di un vincolo finanziario [che si applica, ndt] ex-ante alla spesa del governo.

La base di riferimento del vincolo di bilancio del governo porta gli studenti a credere che se il governo vuole avere la moneta necessaria per la sua spesa, a meno che non voglia stampare moneta e generare inflazione, debba aumentare le tasse o vendere titoli. Le persone hanno l’errata concezione che la tassazione e la vendita di titoli forniscono moneta ai governi che viene poi usata per spendere. Così, se il governo incrementa il suo deficit (spendendo più di quel che tassa) allora deve aumentare il suo debito o “stampare moneta”, e entrambe le soluzioni sono considerate non desiderabili.

La realtà, comunque, è ben lontana da questa idea erronea sul modo in cui il governo federale gestisce il suo bilancio. Primo, una famiglia usa la valuta, e quindi deve finanziare la sua spesa in anticipo, a priori; mentre il governo, l’emettitore della valuta, deve necessariamente spendere per primo (accreditando i conti correnti privati), per poter addebitare in seguito, qualora lo desideri, [gli stessi, ndt] conti correnti privati. Il governo è l’origine dei fondi di cui il settore privato ha bisogno per pagare le sue tasse e risparmiare (compresa la necessità di mantenere le transazioni in equilibrio). Chiaramente, il governo è sempre solvente se emette la propria valuta.

Inoltre, l’economia mainstream fraintende ciò che si definisce “creazione della moneta”. Nel suo popolare testo di macroeconomia, Olivier Blanchard (1997) afferma che il governo:

“può anche fare qualcosa che né voi né io possiamo fare. Può, in effetti, finanziare il deficit creando moneta. La ragione per cui uso la frase “in effetti” è che … i governi non creano la moneta; lo fa la banca centrale. Con la cooperazione della banca centrale, il governo può, in effetti, finanziare se stesso attraverso la creazione di moneta. Esso può emettere titoli e chiedere alla banca centrale di comprarli. La banca centrale quindi pagherà il governo con la moneta creata e il governo a sua volta userà quella moneta per finanziare il suo deficit. Questo processo è chiamato monetizzazione del debito”.

Questo è ciò che l’economia mainstream chiama “stampare la moneta”. Tuttavia, si tratta di una concezione errata in termini di sistema monetario. Monetizzare significa convertire in moneta. L’oro era monetizzato quando il governo emetteva nuovi certificati aurei per acquistare oro. La monetizzazione avviene quando la banca centrale acquista valuta estera. L’acquisto di valuta estera converte, o monetizza, la valuta estera nella valuta di emissione. La banca centrale, inoltre, mette in vendita titoli di stato, per offrire un luogo in cui i nuovi dollari aggiunti al sistema bancario possano guadagnare interessi. Questo processo è indicato come sterilizzazione. In senso lato, un debito del governo federale (emettitore della moneta fiat) è moneta, mentre la spesa a deficit è il processo di monetizzazione di tutto ciò che il governo acquista.

Una volta che abbiamo capito come la spesa del governo non sia vincolata dalle entrate, allora dobbiamo analizzare la funzione della tassazione sotto una luce diversa. La tassazione ha la funzione di sostenere l’offerta di beni e servizi al governo da parte dei privati, in cambio dei fondi necessari per estinguere gli oneri fiscali.

La concezione ortodossa dice che la tassazione fornisce al governo le entrate di cui ha bisogno per poter spendere. In realtà, è vero il contrario. La spesa governativa fornisce reddito al settore non governativo, e permette loro di estinguere gli oneri fiscali. Perciò, i fondi necessari per pagare gli oneri fiscali creano una domanda per la valuta del governo all’interno del settore non governativo, e ciò consente al governo di perseguire il suo programma di politica economica e sociale.

Questa intuizione ci permette di osservare un’altra dimensione della tassazione che viene tralasciata dall’analisi mainstream. Dato che il settore non governativo ha bisogno di moneta fiat per pagare i suoi oneri fiscali, l’imposizione di tasse per legge (senza una concomitante iniezione di spesa) crea, in primo luogo, disoccupazione (persone in cerca di lavoro retribuito) nel settore non governativo. Le risorse non impiegate o inattive del [settore, ndt] non governativo possono essere quindi utilizzate attraverso iniezioni di domanda creata dalla spesa del governo; ciò equivale a un trasferimento di beni e servizi reali dal settore non governativo a quello governativo. A sua volta, questo trasferimento facilita il programma socio-economico del governo. Mentre le risorse reali vengono trasferite dal settore non governativo sotto forma di beni e servizi che vengono acquistati da parte del governo, il motivo per cui vengono offerte queste risorse è originato dal bisogno di acquisire moneta fiat per estinguere gli oneri fiscali.

Inoltre, mentre le risorse reali sono trasferite, la tassazione non fornisce al governo nessuna ulteriore capacità finanziaria di emissione. Elaborando in questo modo la relazione fra il settore governativo e quello non governativo, diventa chiaro che solo la spesa del governo è in grado di fornire il lavoro retribuito necessario a eliminare la disoccupazione creata dalle tasse.

Adesso è possibile osservare perché nasce la disoccupazione.

È l’introduzione della “Moneta di Stato” (ovvero tassazione e spesa governativa) all’interno di un’economia non monetaria che fa nascere lo spettro della disoccupazione involontaria. A livello di contabilità, per una produzione aggregata che deve essere venduta, la spesa totale deve eguagliare il reddito totale (se il reddito effettivo generato nella produzione è completamente speso o meno in ogni periodo) Essendo la disoccupazione involontaria, lavoro inattivo che viene offerto senza compratori a prezzi correnti (salari), essa si manifesterà quando il settore privato, in aggregato, desidera guadagnare l’unità monetaria di conto attraverso l’offerta di lavoro ma, a parità di condizioni, non desidera spendere tutto ciò che guadagna. Il risultato è che l’accumulo involontario di scorte tra i venditori di beni e servizi si tradurrà in una diminuzione di produzione e occupazione. In questa situazione, il taglio dei salari nominali (o reali) non riuscirà di per sé a riequilibrare il mercato del lavoro, a meno che i tagli eliminino in qualche modo il desiderio del settore privato di risparmiare, facendo quindi aumentare la spesa.

Lo scopo della “Moneta di Stato”, perciò, è quello di facilitare il trasferimento di beni e servizi reali dal settore non governativo (in gran parte privato) al settore governativo (pubblico). Il governo otterrà questo trasferimento imponendo una tassa, che crea una domanda effettiva per la sua valuta di emissione. Per ottenere i fondi necessari per pagare le tasse e risparmiare, gli agenti non governativi venderanno (offriranno) beni e servizi reali in cambio dell’unità di valuta richiesta. E ciò, senza dubbio, includerà l’offerta di lavoro da parte dei disoccupati. La conclusione ovvia è che la disoccupazione avviene quando la spesa al netto da parte del governo è troppo bassa per soddisfare la richiesta di pagamento delle tasse e il desiderio di risparmiare.

Questa analisi fissa quindi i limiti della spesa governativa. È chiaro che la spesa del governo deve essere sufficiente per consentire che le tasse siano pagate. La spesa al netto del governo, poi, è necessaria per soddisfare il desiderio dei privati di risparmiare (accumulare beni finanziari al netto). Dal precedente paragrafo è anche chiaro che se il governo non spende abbastanza per coprire le tasse e il desiderio di risparmiare del settore non governativo, questa carenza si manifesterà sotto forma di disoccupazione. I keynesiani hanno usato, appunto, il termine di disoccupazione da carenza di domanda. Nella nostra concezione, infatti, la causa di questa carenza è sempre una spesa al netto del governo inadeguata, date le decisioni di spesa private in vigore (risparmio) in qualsiasi tempo particolare.

Per un qualche periodo, anche quelli che possono sembrare livelli inadeguati di spesa al netto da parte del governo possono avvenire senza far aumentare la disoccupazione. In queste circostanze, com’è evidente in paesi come gli Stati Uniti e l’Australia negli ultimi anni, la crescita del PIL può essere spinta da un’espansione del debito privato.

Il problema di questa strategia è che quando si raggiungono certi livelli di indebitamento in rapporto al reddito, il settore privato “finirà la capacità di indebitarsi” in quanto il reddito disponibile limita la capacità di onorare il debito.

Ciò porterà a una ristrutturazione dei bilanci patrimoniali, in modo da renderli meno precari, e di conseguenza la domanda aggregata derivante dall’espansione del debito rallenterà facendo vacillare l’economia. In questo caso, ogni drenaggio fiscale (inadeguati livelli di spesa al netto) inizia a manifestarsi sotto forma di disoccupazione.

Il punto quindi è che, dato un certo livello di tassazione, se le persone vogliono lavorare ma non vogliono continuare a consumare ai livelli precedenti (e continuano a indebitarsi ulteriormente), allora il governo potrà aumentare la spesa e acquistare beni e servizi, mantenendo la piena occupazione. Le alternative sono la disoccupazione e un’economia in recessione. È difficile immaginare che in un’economia in recessione un deficit crescente sarà inflazionistico, in quanto ci saranno tante risorse inutilizzate, sia di capitali sia di manodopera.

Infatti, come sottolineo continuamente, la prima cosa che il governo federale dovrebbe fare sarebbe offrire a tutta la manodopera che nessun altro vuole un lavoro e pagarle un salario minimo con tutti i diritti statutari aggiuntivi. Per definizione, infatti, il disoccupato non ha “un prezzo di mercato” perché non c’è domanda per il suo lavoro. E comprare un servizio per il quale non c’è prezzo non è un’azione inflazionistica.

Nella terza parte, considereremo la tesi secondo cui i deficit fanno salire automaticamente i tassi d’interesse, in quanto il debito pubblico restringe i fondi disponibili sul mercato monetario. Come potrete immaginare … questo è un altro dei miti neo liberisti progettato per rendere inattivi i governi.

http://eurotruffa.it/economia/79-mmt/98 ... rte-2.html



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La spesa a Deficit 101 (Parte 3)
di Bill Mitchell

Questa è la terza parte di Deficit 101, una serie che sto scrivendo per aiutare a spiegare perché non dovremmo aver paura dei deficit. In questo post considereremo gli impatti dei deficit di bilancio sul sistema bancario per dissipare i miti ricorrenti secondo cui essi incrementano l’esigenza del governo di ottenere prestiti e che fanno salire i tassi d’interesse.

I due argomenti sono correlati. Le conclusioni importanti saranno: (a) i deficit introducono delle dinamiche che conducono verso il basso la pressione sui tassi d’interesse; e (b) l’emissione di debito pubblico non "finanzia" la spesa del governo. Viceversa il debito è emesso per supportare la politica monetaria che si esprime nel desiderio da parte della Banca centrale d’Australia (BCA) di mantenere un tasso d’interesse prefissato.

In "La spesa a Deficit 101 – Parte 1" ho fornito un grafico che rappresentava la relazione verticale fra settore governativo e quello non governativo in base alla quale i beni finanziari al netto entrano e escono dall’economia. Ma cosa sono queste transazioni verticali fra il settore governativo e quello non governativo e perché sono importanti per capire il funzionamento dell’economia? Ecco qui un altro grafico collegato (preso dal mio ultimo libro employment abandoned: shifting sands and policy failures) per aiutarvi a mettere insieme i pezzi. Potrebbe esservi utile cliccare sull’immagine per aprirla in un’altra finestra per stamparla e usarla mentre leggete il resto del testo.

Immagine

Relazioni monetarie verticali e orizzontali

Come potete vedere, questo grafico aggiunge maggiori dettagli a quello della prima parte che in origine mostrava le relazioni essenziali fra il settore governativo e quello non governativo disposte in maniera verticale.

Concentrandovi prima sulla fila verticale, vedrete che l’imposizione fiscale si trova nella parte inferiore, esogena, della componente verticale della moneta. L’insieme del settore governativo (il Tesoro e la BCA) è in cima alla fila verticale perché è il solo emittente di moneta. La sezione centrale del grafico è occupata dal settore privato (non governativo), che scambia beni e servizi con l’unità di valuta dello Stato, paga le tasse, e accumula il resto (che in senso contabile è la spesa federale a deficit) sotto forma di denaro circolante, riserve (i conti correnti detenuti dalle banche commerciali presso la BCA), titoli di Stato (Tesoro) o altri titoli (depositi offerti dalla BCA).

Le unità di valuta usate per il pagamento delle tasse sono consumate (distrutte) durante questo processo.
Infatti, dato che il governo nazionale può emettere valuta cartacea o registrare movimenti contabili presso la BCA a piacimento, i pagamenti delle tasse non forniscono allo Stato nessuna capacità aggiuntiva (riflusso) di spesa.

Le due braccia del governo (Tesoro e Banca centrale) hanno un impatto sulle scorte (stock) di beni finanziari accumulati nel settore non governativo e sulla composizione di tali beni: il deficit pubblico (operazione del ministero del Tesoro) determina l’accumulo di scorte di beni finanziari nel settore privato mentre le decisioni della Banca centrale determinano la composizione di tali scorte in termini di banconote e moneta (contante), riserve bancarie (all’interno del sistema di pareggiamento dei saldi) e titoli di Stato.

Il grafico in alto mostra le scorte accumulate conservate in quello che chiameremo Magazzino non governativo, dove vengono accantonate scorte di moneta fiat, riserve bancarie e titoli di Stato. Ho inventato questa analogia con il Magazzino per chiarire al pubblico che non c’è un’area di deposito da qualche parte a Camberra dove il governo nazionale mette da parte tutti i surplus [di bilancio, ndt] per usarli in seguito – ossia quella che era la maggiore rivendicazione del precedente governo federale. Non c’è in realtà nessun deposito perché, quando si registra un surplus, la capacità di acquisto viene distrutta per sempre. Il settore governativo, in ogni caso, non ha sicuramente un Magazzino all’interno del sistema bancario o da qualche altra parte.

Ogni flusso finanziario che va dal settore governativo a quello non governativo e non finanzia gli oneri fiscali rimane nel settore non governativo sotto forma di contante, riserve o titoli di Stato. In questo modo possiamo capire come ogni accumulo di beni finanziari nel Magazzino sia il riflesso dei deficit di bilancio che si accumulano.

Le tasse sono nella parte inferiore, esogena, della catena verticale e vengono cestinate. Questo enfatizza il fatto che esse non finanziano alcunché: mentre le tasse riducono il saldo dei conti correnti bancari privati, il governo in realtà non riceve niente – le riduzioni sono contabilizzate ma non finiscono da nessuna parte. I governi possono utilizzare la loro spesa al netto per acquistare beni accumulati (per esempio spendendo i surplus in oro o, come avviene in Australia, nei beni finanziari accumulati dai privati tramite il Future Fund[1]), ma ciò non equivale a dire che quando i governi registrano un surplus (tasse che eccedono la spesa) quei fondi possono essere accumulati e spesi in futuro. Questo è un concetto erroneo. Inoltre, anche i pagamenti che derivano dalla vendita di titoli di Stato sono contabilizzati come un drenaggio di liquidità ma vengono poi cestinati.

I mercati dei capitali privati rappresentano le relazioni (disegnate dalla freccia orizzontale) e ospitano il sistema di leva dell’attività di credito delle banche, delle imprese commerciali, e delle famiglie (inclusi gli stranieri) e molti considerano [i mercati dei capitali privati, ndt] endogeni al circuito monetario. La distinzione cruciale comunque è che le transazioni orizzontali non creano beni finanziari al netto – tutti gli attivi creati sono controbilanciati da una passività della stessa dimensione, quindi tutte le transazioni al
netto equivalgono a zero. Le implicazioni di questo fatto saranno presto affrontate quando considereremo gli impatti che la spesa al netto da parte del governo ha sulla liquidità e il ruolo dell’emissione dei titoli di Stato.

L’altro punto importante è che l’attività di leva finanziaria privata, che al netto si azzera, non ha una parte operativa nell’accumulo di valuta, di riserve o di titoli di Stato nel nostro Magazzino. Le banche commerciali non hanno bisogno delle riserve per generare credito, contrariamente alla rappresentazione in voga nei maggiori testi.

Lo scopo delle operazioni della Banca centrale è quello di gestire la liquidità del sistema bancario in modo tale che i tassi d’interesse a breve termine combacino con gli obiettivi ufficiali assunti dalla politica monetaria corrente. Per realizzare questo obiettivo la Banca centrale può:

intervenire sul mercato monetario interbancario (per esempio, il Mercato dei fondi federali[2] negli Stati Uniti) per gestire ogni giorno l’offerta e la domanda di fondi acquistare dalla banche commerciali alcuni beni finanziari al tasso di sconto imporre tassi d’interesse penalizzanti alle abnche che hanno bisogno di fondi urgenti Di fatto, la gestione della liquidità è realizzata in gran parte tramite (1). Ciò detto, la funzione delle operazioni della Banca centrale è quella di compensare i fattori che operano all’interno del sistema, attraverso la modifica della composizione delle riserve, dei contanti e dei titoli; e non quella di alterare i beni finanziari al netto all’interno del settore non governativo.

I mercati monetari sono quelli in cui le banche commerciali (e altri intermediari) scambiano strumenti finanziari a breve termine fra loro, in modo da poter rispettare gli obblighi sulle riserve [riserva obbligatoria, ndt] oppure per guadagnare fondi usati per scopi commerciali. In termini grafici, tutte queste transazioni sono orizzontali e al netto sono pari a zero.

Le banche commerciali detengono conti correnti presso la Banca centrale,[e questo ndt] permette di gestire le riserve e fa funzionare senza intoppi il sistema di pareggiamento (clearing system). La Banca centrale, oltre a fissare un tasso d’interesse sui prestiti (tasso di sconto o discount rate), stabilisce anche un tasso d’interesse attivo (support rate) che viene pagato alla banche commerciali sulle riserve detenute presso la Banca centrale. Molti paesi (come per esempio Australia, Canada e zone come l’Unione Monetaria Europea) offrono un ritorno predefinito sulle riserve in surplus (per esempio la Banca centrale d’Australia paga un ritorno predefinito sul surplus delle riserve pari a 25 punti base in meno rispetto al tasso di prestito interbancario).

Altri paesi, come il Giappone, non offrono un ritorno sulle riserve e ciò si traduce in un persistente eccesso di liquidità che conduce il tasso d’interesse a breve termine a zero (come in Giappone fino alla metà del 2006), a meno che il governo non venda titoli di Stato (o alzi le tasse). Il tasso d’interesse attivo [sulle riserve, ndt] diventa il tasso d’interesse minimo per l’economia.

Nel breve periodo, l’obiettivo sul tasso d’interesse operativo, che rappresenta l’orientamento della politica monetaria corrente, è fissato dalla Banca centrale fra il tasso di sconto (discount rate) e il tasso d’interesse attivo (corrisposto sulle riserve delle banche, ossia il support rate, ndt). Ciò crea, quindi, un corridoio o un differenziale all’interno del quale il tasso d’interesse a breve termine fluttua al variare della liquidità. È questo differenziale che viene gestito dalla Banca centrale nelle sue operazioni giornaliere.

Nella maggior parte delle nazioni, le banche commerciali, per legge, devono mantenere i saldi delle riserve che detengono presso la Banca centrale, accumulati in un determinato periodo di tempo specifico, in positivo. Alla fine di ogni giorno le banche commerciali devono comunicare lo stato dei conti delle loro riserve. Quelle che sono in deficit possono prendere in prestito i fondi necessari dalla Banca centrale al tasso di sconto. In alternativa, le banche con riserve in eccesso si trovano di fronte alla possibilità di guadagnare un tasso d’interesse attivo (il support rate corrisposto dalla Banca centrale, ndt), che è al di sotto del tasso d’interesse corrente sul mercato interbancario dei prestiti (overnight rate), nel caso in cui non facciano niente.

Chiaramente, sarà profittevole per le banche con fondi in eccesso prestarli alle banche in deficit al tasso di mercato. La concorrenza fra le banche con riserve in eccesso, ovviamente, farà abbassare i tassi d’interesse a breve termine (i tassi sui prestiti interbancari) e, in base alla liquidità complessiva, farà scendere il tasso interbancario al di sotto dell’obiettivo operativo sul tasso d’interesse. Se il sistema nel suo complesso è in surplus questa concorrenza porterà il tasso [d’interesse interbancario, overnight rate, ndt] al di sotto del tasso d’interesse attivo [sulle riserve detenute presso la Banca centrale, ossia il support rate, ndt].

La domanda di fondi a breve termine sul mercato monetario rappresenta una funzione negativa del tasso d’interesse sui prestiti interbancari: più è alto il tasso d’interesse meno le banche saranno disposte a chiedere un prestito alle altre banche per far fronte alle carenze previste, se confrontato col rischio di dover prendere in prestito denaro dalla Banca centrale per coprire eventuali aspettative sbagliate sulla posizione contabile delle riserve alla fine della giornata.

Il maggiore strumento attraverso cui avviene la gestione della liquidità sono le operazioni di mercato aperto (open market operations), cioè l’acquisto e la vendita di debito pubblico. Quando la spinta della concorrenza sul mercato interbancario dei prestiti porta il tasso d’interesse al di sotto dell’obiettivo desiderato sul tasso, la Banca centrale drenerà liquidità attraverso la vendita di debito pubblico. Questo intervento di mercato aperto, quindi, si tradurrà in un innalzamento del valore del tasso d’interesse interbancario. La cosa importante è che noi caratterizziamo l’emissione di debito come un’operazione di politica monetaria, funzionale al mantenimento del tasso d’interesse. Ciò è in forte contrasto con la teoria ortodossa la quale afferma che l’emissione di debito è un aspetto della politica fiscale ed è necessaria per finanziare la spesa a deficit.

Il punto significativo di questa discussione, che elaboreremo in seguito esponendo il mito del crowding out (letteralmente "spiazzamento"), è che la spesa al netto del governo (i deficit) – che non viene presa in considerazione da parte della Banca centrale nelle sue decisioni sul livello di liquidità – si manifesterà in un eccesso di riserve nel [sistema, ndt] di pareggiamento dei saldi delle banche commerciali (le riserve delle banche) presso la Banca centrale. Definiamo tutto questo un surplus a livello di sistema.

In queste circostanze, le banche commerciali si troveranno di fronte alla possibilità di guadagnare un tasso d’interesse attivo sui fondi delle riserve in surplus (support rate) più basso, nel caso in cui non cerchino uno scambio fruttuoso con le altre banche che hanno fondi carenti nelle loro riserve. La conseguente concorrenza che si creerà per liberarsi delle riserve in eccesso abbasserà il tasso di prestito interbancario (overnight rate). In ogni caso, queste sono transazioni orizzontali e al netto necessariamente finiscono con l’azzerarsi: gli scambi [sul mercato, ndt] interbancario, infatti, non possono cancellare il surplus a livello di sistema.

Di conseguenza, se la Banca centrale desidera mantenere il corrente obiettivo sul tasso di prestito interbancario, allora deve drenare questo surplus di liquidità attraverso la vendita di debito pubblico, [dando luogo a, ndt] una transazione verticale.

Il mito del crowding out[3]

Adesso sappiamo che si tratta di un mito finalizzato a perpetuare l’idea che l’emissione di moneta da parte del governo è finanziariamente vincolata. Questo mito sta alla base della posizione degli economisti più ortodossi, che sono contrari a un governo attivo nella politica macroeconomica. C’è un altro mito persistente che deve essere dissolto: quello secondo cui le spese del governo spiazzano le spese dei privati a causa del loro effetto sui tassi d’interesse.

Abbiamo visto che la Banca centrale deve necessariamente amministrare il tasso d’interesse senza rischio e non è soggetta alla forze che dirigono il mercato. L’approccio macroeconomico ortodosso afferma che i deficit persistenti riducono i risparmi nazionali ... [e richiedono] ... tassi d’interesse reali più alti, con livelli inferiori di spesa in investimenti. Ripensate alla trascrizione del notiziario delle 7.30 che ho fornito un paio di giorni fa.

Sfortunatamente, i sostenitori di questa tesi collegano automaticamente i deficit di bilancio all’aumento dell’emissione di debito [pubblico, ndt] e al conseguente innalzamento dei tassi d’interesse; senza capire come sono stabiliti i tassi d’interesse e il ruolo che l’emissione di debito gioca nell’economia. Ovviamente, la Banca centrale potrebbe scegliere, senza problemi, di fissare e lasciare il tasso d’interesse allo zero per cento, favorendo così i tassi sugli investimenti a più lunga scadenza.

Abbiamo visto che, mentre il denaro che il governo spende non proviene da nessuna parte e che quello che riscuote tramite le tasse non finisce da nessuna parte, la spesa al netto del governo ha un impatto sostanziale sulla liquidità. Infatti, se i fondi con cui vengono acquistati i titoli di Stato provengono dalla spesa del governo, secondo i dettami della contabilità [nazionale, ndt], allora l’idea che la spesa del governo diminuisca i risparmi limitati che possono essere utilizzati dai privati per gli investimenti è un senza senso. Un esperto di finanza degli Stati Uniti, Tom Nugent sintetizza così la cosa:

"Possiamo vedere che la paura di un aumento dei tassi d’interesse a fronte di un incremento dei deficit di bilancio ha poco senso quando prendiamo in considerazione l’impatto complessivo della spesa a deficit da parte del governo: poiché la fornitura dei titoli di Stato offerti dal governo federale è sempre uguale ai fondi appena creati, l’effetto al netto sarà sempre un lavaggio, e il tasso d’interesse sarà quello che la Fed avrà scelto. Notate che in Giappone, con il più alto debito pubblico mai registrato e ripetuti downgrade [letteralmente "retrocessioni", ndt], il governo giapponese emette buoni del tesoro allo 0.0001%! Se i deficit causassero davvero alti tassi d’interesse, il Giappone avrebbe dovuto chiudere bottega molto tempo fa!"

Come ho spiegato in precedenza, solo le transazioni fra il governo federale e il settore privato sono in grado di cambiare l'equilibrio nel sistema. La spesa del governo e l'acquisto di titoli di Stato (buoni del Tesoro) da parte della Banca centrale aggiungono liquidità mentre la tassazione e la vendita di titoli di Stato la drenano.

Queste transazioni influiscono sulla posizione finanziaria del sistema su base giornaliera e possono generare ogni giorno un surplus (deficit) dovuto a un deflusso di fondi dal settore pubblico superiore (minore) al loro afflusso. La posizione finanziaria del sistema ha implicazioni cruciali per la politica monetaria della Banca centrale e rappresenta un fattore importante nel determinare il ricorso a operazioni di mercato aperto (acquisto e vendita di titoli di Stato) da parte della Banca centrale.

Ecco qui un altro grafico che ho disegnato per aiutarvi a mettere insieme questa parte della discussione. Potete cliccarci sopra per aprirlo in una nuova finestra e stamparlo, in modo da poterlo consultare per seguire più facilmente l'argomentazione.

Immagine

Potete vedere così riassunte le singole funzioni nelle mani del governo: (a) Il Tesoro gestisce la politica fiscale, riassunta nella spesa e nella tassazione governativa che ogni giorno hanno un impatto al netto sull'economia – sia attraverso un surplus (G < T) sia attraverso un deficit (G > T); e (b) la BCA conduce la politica monetaria fissando un obiettivo sul tasso d'interesse. Inoltre, gestisce i saldi contabili a livello di sistema per tenere sotto controllo l'obiettivo sul tasso. Il tutto avviene tramite la vendita/acquisto di debito pubblico in modo da determinare la posizione delle riserve delle banche commerciali.

Perché allora il governo emette debito se non serve a finanziare la sua spesa? Beh, per gestire le riserve delle banche in modo tale che la Banca centrale possa mantenere uno specifico tasso di prestito interbancario (overnight rate). Ogni giorno, quindi, se G > T (deficit di bilancio) le riserve complessive aumenteranno.

Qualsiasi singola banca potrebbe essere a corto di riserve ma la somma complessiva delle riserve bancarie sarà in surplus. In Australia, queste riserve fruttano meno del tasso prefissato (mentre in alcuni paesi non fruttano niente).

Quindi, sarà nell'interesse delle banche commerciali cercare di eliminare ogni notte le riserve non necessarie. Le banche in surplus proveranno a prestare le loro riserve in eccesso sul mercato interbancario. Alcune banche in deficit, chiaramente, saranno interessate a questi prestiti per rafforzare la loro posizione e evitare di dover chiedere un prestito alla BCA al tasso di sconto, che è più oneroso.
La conseguenza, comunque, sarà che la concorrenza fra le banche in surplus per liberarsi delle loro riserve in eccesso abbasserà i tassi d'interesse a breve termine.

Ma, se avete capito il discorso precedente sulle transazioni orizzontali (che al netto si azzerano!) allora apprezzerete il fatto che il sistema bancario non governativo non può da solo (conducendo transazioni orizzontali fra banche commerciali – cioè, prestando e prendendo in prestito sul mercato interbancario) eliminare l'eccesso di riserve all'interno del sistema, creato dal deficit di bilancio.

Ciò che serve è una transazione verticale – ossia, un'interazione fra il settore governativo e quello non governativo. Nel grafico potete vedere che la vendita di titoli di Stato può drenare liquidità offrendo alle banche un interessante titolo fruttifero (debito pubblico) che può essere acquistato per eliminare le riserve in eccesso.

La vendita di titoli di Stato (emissione di debito) permette quindi alla BCA di drenare tutte le riserve in eccesso dal sistema e limitando la diminuzione del tasso d'interesse. In questo modo la Banca centrale mantiene il controllo sulla politica monetaria. Importante:

I deficit di bilancio spingono verso il basso i tassi d'interesse; la vendita di titoli di Stato mantiene l'obiettivo sui tassi d'interesse fissato dalla BCA. Di conseguenza, il concetto di monetizzazione del debito è un non sequitur [ossia un errore di ragionamento, ndt]. Una volta che la Banca centrale ha stabilito l'obiettivo sul tasso d'interesse interbancario, deve solamente scambiare titoli di Stato se, per poter mantenere questo obiettivo, è necessaria una variazione del livello di liquidità.

Dato che la Banca centrale non può controllare le riserve, la monetizzazione del debito è rigorosamente impossibile. Immaginate che la Banca centrale scambi titoli di Stato con il Ministero del Tesoro, facendo aumentare la spesa del governo; le riserve in eccesso spingeranno la Banca centrale a vendere lo stesso ammontare di titoli di Stato al mercato privato oppure a lasciare che il tasso d'interesse sui prestiti interbancari (overnight rate) cali fino al tasso d'interesse attivo [corrisposto dalla BCA sulle riserve delle banche commerciali, ossia il support rate, ndt]. Questa non è una monetizzazione, piuttosto la Banca centrale agisce come semplice intermediario nel contesto della logica di una politica monetaria che stabilisce i tassi d'interesse.

Alla fine, gli agenti privati possono rifiutarsi di detenere ulteriori scorte di denaro o titoli di Stato. Senza emissione di debito, i tassi d'interesse caleranno fino al limite del tasso di supporto (support rate) della Banca centrale (che può essere zero). Il settore privato, a livello microeconomico, può chiaramente amministrare saldi di cassa non voluti in assenza di titoli di Stato, solamente attraverso l'aumento dei livelli di consumo. Data l'attuale struttura fiscale, questa riduzione del desiderio di risparmiare potrebbe generare un'espansione privata e ridurre il deficit, ricreando un equilibrio di portafoglio con livelli di occupazione privata più alti e deficit di bilancio richiesti più bassi, fin che questo desiderio di risparmiare resta basso.

Chiaramente, non ci dovrebbe essere alcuna volontà da parte del governo di espandere l'economia al di là dei suoi limiti reali: il fatto che si possa generare inflazione dipende dall'abilità dell'economia di aumentare la produzione reale in modo da accogliere l'aumento della domanda nominale. Ciò, comunque, non viene compromesso dalla dimensione dei deficit di bilancio.
Ecco un riassunto delle principali conclusioni di questo post:

La Banca centrale (BC) fissa il tasso d'interesse a breve termine in base alle sue aspirazioni politiche. A livello operativo, i deficit di bilancio fanno scendere i tassi d'interesse, contrariamente al mito del crowding out che troviamo sui libri di macroeconomia. La Banca centrale può contrastare questa tendenza tramite lavendita di titoli di Stato, che equivale a un prestito del pubblico al governo; la conseguenza derivante dalla decisione di non prendere in prestito è che il tasso d'interesse scenderà allivello minimo, che generalmente equivale a zero nei paesi dove la Banca centrale non offre un ritorno sulle riserve. Per esempio, il Giappone è stato capace di mantenere una politica sul tasso d'interesse a zero peranni con deficit di bilancio da record semplicemente spendendo più di quel che veniva preso in prestito. Ciò mostra anche che la spesa del governo è indipendente dal fatto che esso prenda in prestito, e la miglior idea di quest'ultimo aspetto è che viene dopo la spesa; l'emissione di debito pubblico è un fatto di politica monetaria piuttosto che qualcosa di intrinseco alla politica fiscale; un surplus di bilancio descrive, a livello contabile, ciò che il governo ha fatto, non quello che ha ricevuto.

Quindi, dovremmo rifiutare ogni concezione secondo cui i deficit federali danneggerebbero e indebiterebbero le generazioni future. Il governo ha scelto di mantenere un tasso d'interesse a breve termine positivo e ciò richiede l'emissione di debito pubblico se quel tasso viene spinto verso il basso dalle pressioni emergenti nel sistema di cassa. Nel prossimo post di questa serie (La spesa a deficit 101 – Parte 4[2]) spiegherò perché i tassi d'interesse a breve termine dovrebbero essere tenuti a zero o vicino allo zero, come lo sono oggi in Giappone e negli Stati Uniti.

http://eurotruffa.it/economia/164-la-sp ... rte-3.html


Ultima modifica di Atlanticus81 il 09/02/2014, 21:48, modificato 1 volta in totale.


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Cameron: “I soldi non sono un problema”. Letta: “Se potessi stampare moneta…”
L’alluvione del sud dell’Inghilterra fa prendere posizione al Premier inglese: “Non importa quanto denaro serva, lo spenderemo”. In Italia Enrico fa la questua dagli emiri. Perché? E’ facile da dirsi. Si chiama sovranità monetaria moderna
di: Pier Paolo Flammini 12 febbraio 2014


“Money is no object in this relief effort. Whatever money is needed, we will spend it“. David Cameron, 12 febbraio 2014.

Che tradotto significa: “I soldi non sono un problema per questo piano di aiuti. Non importa quanto denaro serva, lo spenderemo“.

Dichiarazioni del Primo Ministro inglese David Cameron riguardo gli allagamenti che stanno interessando il sud dell’Inghilterra.

Qualche giorno fa ho scritto un articolo di scuola in merito a quanto Cameron dichiara di voler mettere in pratica, rispetto al crollo del ponte di Rubbianello, piccola frazione nel Fermano (http://www.rivieraoggi.it/2014/01/29/17 ... possibile/).

Cameron sa alcune cose fondamentali (ovviamente non le dice pubblicamente, che altrimenti non potrebbe giustificare le austerità nei confronti delle classi medio-basse):

a) che non deve stabilire nuove tasse per finanziare le spese a favore dei territori inondati;

b) che non deve chiedere ai mercati finanziari il prestito ai tassi di interesse desiderati dai privati, perché la Bank of England è un ombrello contro qualsiasi attacco speculativo. A dicembre il tasso di interesse reale sui titoli di stato inglesi a 10 anni era dello 0,75%, contro il 3,58% italiano, 3,93% spagnolo, 1,65% francese;

c) sa che la spesa non provocherà alcun aumento dell’inflazione, in quanto le nuove sterline immesse nel sistema economico nazionale troveranno il corrispettivo nella quantità di beni e servizi, e dunque di lavoro.

Quindi l’intervento pubblico darà lavoro e profitti alle imprese, nuovi beni e servizi reali, ridurrà la disoccupazione, non causerà appesantimenti delle finanze pubbliche (vien da ridere…) e non provocherà inflazione.

Tutto questo perché la Gran Bretagna è dotata di una moneta sovrana fiat: non convertibile in oro o altri beni, scambiata liberamente nei mercati valutari, gestita dallo Stato in qualità di monopolista.

L’Italia non ha una moneta sovrana, per cui si è preclusa questo genere di azione. Qualcuno ne guadagna: il settore finanziario privato, che diventa l’unica fonte dalla quale attingere ricchezza monetaria, e le grandi corporation mondiali, sia attraverso l’abbattimento dei costi della manodopera cinesizzata, sia attraverso il deragliamento del sistema concorrenziale delle piccole e medie imprese italiane.

Questo, ad esempio, Enrico Letta lo sa. Un paio di settimane fa, intervistato da Lili Gruber su La 7, si è lasciato sfuggire: “Se potessi stampare moneta e far sì che… purtroppo non è così” (minuto 3 del video).

Invece non può e quindi è costretto ad elemosinare prestiti dalla monarchia assoluta degli Emirati Arabi Uniti, è costretto a tassare per qualsiasi emergenza di spesa, è costretto a lasciare L’Aquila (ma non solo) nella situazione in cui è, è costretto a tagliare tutto il tagliabile. Insomma, per parafrasare il suo libro del 1997, stiamo “morendo per Maastricht“.
“Perché non ci sono soldi”.

Basta.

http://www.rivieraoggi.it/2014/02/12/17 ... re-moneta/



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Svalutazione – Inflazione, il caso dell’Ungheria (svalutazione 19% – inflazione dal 3/4% a ZERO)

Post (snello) dedicato a quelle che: “Se usciamo dall’Euro andremo a fare la spesa con le carriole”.

Immagine
un distinto tedesco ai tempi di Weimar si appresta ad uscire per fare la spesa..

2 premesse:

- dopo la svalutazione italiana (60%) del 1992, non ci fu inflazione che anzi scese lievemente (al riguardo c’è questo mio articolo di novembre 2013);
- la svalutazione attesa di una nuova valuta italiana è valutata, senza eccezioni, tra il 20 ed il 40%.

Passiamo all’oggetto del post. Il caso dell’Ungheria (paese in cui peraltro ho vissuto in parte del periodo in questione).

L’Ungheria, ricordiamolo, è nella UE ma fuori dall’Euro. Conserva la sua valuta nazionale, chiamata Fiorino Ungherese (sigla HUF).

Questo va anche in risposta a quelli del “ah ma noi con la nostra liretta che fine faremmo..” Se può avere una propria valuta un paese più arretrato del nostro e con solo 10 milioni di abitanti (pari alla sola nostra Lombardia), non vedo che problema dovremmo avere noi. Sono le solite balle per chi non ha argomenti e/o non sa di cosa sta parlando.

Dicevamo dell’Ungheria. Loro, al pari di quasi tutte le valute mondiali, stanno vedendo un deprezzamento della propria valuta nei confronti dell’Euro (ma anche nei confronti del Dollaro). Nel caso specifico per acquistare un EUR, nell’estatate del 2011 erano necessari 263 HUF circa. Oggi ne servono 310. In circa 30 mesi il Fiorino Ungherese ha svalutato di quasi il 20% (313/263… prevengo critiche, se avete dubbi su come si calcola la svalutazione consiglio questo e quest’altro).

Nello stesso periodo, l’inflazione è passata dal 3-4%, per toccare il 6% dopo circa un anno, per poi scendere fino allo zero dove si trova ora (il che peraltro non è nemmeno una buona notizia, pur in presenza di una discreta crescita come l’Ungheria ha).

Immagine

CONCLUSIONI

Chi parla di alta inflazione in caso di EURexit è un terrorista ignorante. Non ci sono precedenti di alta inflazione in caso di svalutazioni nell’ordine del 20-40%. Se ci sono (ma non ci sono) portatemi i casi all’attenzione, prometto post al riguardo.

Chi non capisce la differenza tra svalutazione ed inflazione o è ignorante (e la fila è molto lunga) o è in malafede, o entrambe le cose. In ogni caso (anche in presenza di ignoranza totale) basta leggere il grafico sopra per capire che non è così. Se la moneta si svaluta (o si rivaluta) dei confronti di un’altra moneta non si diviene per questo più poveri o più ricchi, dipende dall’inflazione e dall’andamento dei salari. Per esempio ora noi abbiamo una moneta fortissima, tra le più forti al mondo, ci sentiamo più ricchi? Non penso proprio.
Il potetere d’acquisto determina se noi siamo più ricchi o più poveri. NON LA SVALUTAZIONE! E questo è determinato dall’andamento dei prezzi (inflazione se vogliamo) rispetto all’andamento dei salari.

Di un sistema ad inflazione zero, se non abbiamo un lavoro, se siamo poveri, non ce ne facciamo nulla. Se invece siamo molto ricchi è un buon sistema.
Al contrario, un sistema con moderata inflazione (3-5%) è sicuramente preferibile in quanto spinge consumi ed investimenti (non tengo i soldi fermi se si svalutano) ed è sintomo di un’economia in salute. Al solito è da vedere l’andamento dei salari medi rispetto all’inflazione.

http://scenarieconomici.it/svalutazione ... 34-a-zero/


Ultima modifica di Atlanticus81 il 21/02/2014, 12:32, modificato 1 volta in totale.


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Di un sistema ad inflazione zero, se non abbiamo un lavoro, se siamo poveri, non ce ne facciamo nulla. Se invece siamo molto ricchi è un buon sistema.


Bingo.

Guardate l'intervista di Nando Ioppolo spiega questo principio in una maniera davvero elementare.

Chi controlla la finanza è un super ricco o un povero? quindi gli interessi di chi farà? ^_^ Talmente elementare come cosa da sentirsi quasi dei deficienti sentendoselo spiegare.



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MaxpoweR ha scritto:

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Di un sistema ad inflazione zero, se non abbiamo un lavoro, se siamo poveri, non ce ne facciamo nulla. Se invece siamo molto ricchi è un buon sistema.


Bingo.

Guardate l'intervista di Nando Ioppolo spiega questo principio in una maniera davvero elementare.

Chi controlla la finanza è un super ricco o un povero? quindi gli interessi di chi farà? ^_^ Talmente elementare come cosa da sentirsi quasi dei deficienti sentendoselo spiegare.


Immaginati tu come mi sento io quando cerco di spiegarlo a persone che si rifiutano di voler capire un concetto così semplice e basilare...

[:(]



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Fregatene, io sono dell'idea che se io mi spendo per farti capire una cosa e tu non vuoi capire perchè sei ottuso allora è giusto che tu subisca tutto ciò a cui portano le tue convinzioni. Per uno che non capisce altri 10 stanno capendo DA SOLI senza che nessuno gli spieghi niente. Non siamo tutti uguali e non abbiamo tutti lo stello livello cognitivo e non siamo tutti col cervello in pappa allo stesso modo per fortuna; qualche caso irreversibile c'è, anzi più di qualche caso, direi un buon 50% ^_^

MA ormai, e mi capita sempre più spesso, con chiunque parlo di economia (per quanto se ne possa parlare tra profani), la sensazione di presa per il culo e di marcio ce l'hanno tutti. Il puzzo si inizia a spargere o per meglio dire gli elettroni che veicolano questa idea ormai permeano il campo magnetico terrestre e vengono captati da sempre più cervelli ^_^


Ultima modifica di MaxpoweR il 21/02/2014, 14:53, modificato 1 volta in totale.


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Come funziona la politica monetaria del FMI

Il FMI finge di prestare miliardi (ricchezza immaginaria, si crea digitando numeri al computer) e pretende in pagamento degli interessi materie prime, agricole, manufatti e servizi (ricchezze reali, frutto del lavoro di tutta la popolazione). E' questo uno dei fondamenti del funzionamento dell'economia e della politica secondo il modello economico attualmente chiamato "globalizzazione liberista".

Il denaro viene fabbricato dalle banche, come l'industria automobilistica fabbrica le automobili. La differenza è che una fabbrica di automobilista dopo avere venduto l'automobile ha perso i diritti di proprietà sull'automobile medesima. Le banche al contrario, dopo avere fabbricato, un miliardo di dollari, lo "prestano". Prestito è un termine improprio: si avrebbe un prestito nel caso che la banca si privasse effettivamente di un miliardo, prelevandolo dalla cassaforte. Al contrario quando una banca fa un prestito, non si priva neanche di un cent, semplicemente effettua una nuova emissione di denaro.

Di conseguenza il sistema bancario ha il privilegio di creare il denaro. Sono i banchieri, non i capitalisti a dirigere l'economia dei paesi ad economia di mercato. Questo fatto assicura ai banchieri un immenso potere, tanto che si può ben dire che sono essi a governare il mondo fin dai tempi di Napoleone.

Tramite il privilegio di emettere il denaro, le poche persone che controllano il sistema bancario possono assicurarsi anche il potere politico ricorrendo a "capolavori" di demagogia: non possono mica dire: "Fingo di "prestare" un miliardo, e voi, popoli e paesi restituite il prestito con gli interessi sotto forma di ricchezze autentiche".

Questo "capolavoro" di demagogia è spiegato in maniera magistrale nell'articolo allegato

Cita:
IL FONDO MONETARIO INTERNAZIONALE E LA TRUFFA DEL DITTATORE MATTO
di John Kleeves


C'è un clichè che ogni tanto si ripete : in un Paese del Terzo Mondo un dittatore comunemente definito filo americano, o filo Occidentale, e noto per le sue iniziative pubbliche stravaganti e spendaccione, viene rovesciato da una rivolta popolare e fugge con la cassa ; la cassa sono conti correnti esteri intestati a lui o a familiari dove si trovano somme astronomiche, che poi risultano sempre di importo quasi pari al debito contratto dal Paese col Fondo Monetario Internazionale. Avvenne così con tutti, e giusto ricordo Fulgencio Batista di Cuba, Jean Claude Duvalier di Haiti, Anastasio Somoza del Nicaragua, Ferdinando Marcos delle Filippine, Mobutu Sese Seko del Congo, Suharto dell'Indonesia. Marcos aveva nei
suoi conti esteri 20 miliardi di dollari, Mobutu 10, Suharto addirittura 70 ; in ogni caso erano cifre
vicine appunto al debito dei loro Paesi, anzi tutte attorno alla stessa quota del medesimo, il 90%. C'è lo scandalo internazionale : Che razza di disonesto, ha intascato i prestiti del Paese ! Il FMI è dispiaciuto, comprende, ma il credito con il Paese rimane, e questi dovrà continuare a onorarlo ; gli verrà magari incontro dilazionando le scadenze, nel mentre che naturalmente bisogna continuare a pagare gli interessi ogni anno. Intanto l'ex dittatore matto e ladro è indisturbato da qualche parte e non si riesce né a estradarlo né a sequestrargli i conti.

Incerti della vita ? Conferme dell'immaturità politica di certi Paesi ? Niente affatto. Abbiamo uno stesso
copione che gira, con nomi, date e cifre diverse : è una truffa standard del Fondo Monetario Internazionale. Vediamo di inquadrare questo Ente.

Il FMI è stato creato dagli USA nel 1948, una data che ricorda l'inizio della Guerra Fredda. Doveva essere un istituto plurinazionale, che faceva da banca alle Nazioni. In realtà gli americani lo congegnarono in modo da poterlo dirigere e fargli fare ciò che volevano. Si attribuirono il 19% delle quote e ne assegnarono il 6,6% alla fida Gran Bretagna, polverizzando il resto fra gli altri Paesi
partecipanti, che oggi sono 153 : per il FMI gli USA così sono gli " azionisti di riferimento ", quelli che anche senza detenere la maggioranza assoluta del pacchetto controllano però di fatto l'azienda vista la dispersione degli altri soci. Ciò si è concretizzato nel fatto che il Direttore Generale del FMI, quello che all'atto pratico lo gestisce, è sempre stato americano. La carica di Presidente invece, quasi una figura onoraria, è sempre stata affidata a uno straniero, per ragioni di facciata. Cosa doveva fare - cosa deve fare - il FMI per gli americani ? Doveva - deve - essere un altro strumento per il loro neocolonialismo, agevolarli ulteriormente nello sfruttamento delle loro neocolonie.

Come procede infatti il FMI ? Lo sanno tutti. Concede prestiti ma - ostensibilmente allo scopo di garantirsene il rimborso - spinge per delle precondizioni di politica economica interna, che sono sempre le stesse : riduzione del deficit pubblico con tagli alle spese sociali, alla sanità, alle pensioni ; divieto di influire sui prezzi, sui salari, sui cambi ; riduzione dei diritti e dei controlli sindacali ; abolizione di qualunque dazio sulle importazioni perché la ricetta dell'economia è - dice - la libera concorrenza interna ed estera. Non c'è la volontà di garantirsi il rimborso del prestito : c'è l'intenzione di scardinare ancora di più il Paese, di renderlo ancora più indifeso di fronte al commercio internazionale, là dove, guarda caso, dominano le Multinazionali americane. Poi ovviamente c'è qualcosa anche per le altre, dell'Europa e del Giappone, ma il grosso è americano garantito. Quale Paese infatti accetta condizioni capestro del genere, che lo immiseriscono senza scampo ? Solo le neocolonie americane ! Il sistema è solo per loro, che hanno un governo già acquiescente, per avere un'altra scusa per spremerle ancora di più. Poi il FMI fa anche prestiti a certi altri Paesi, ad esempio alla Russia, senza ottenere quelle precondizioni ; ma sono diversivi, sono l'attività di copertura.

E quando queste neocolonie americane hanno - non giusto un governo fantoccio come di solito - ma un dittatore fantoccio, c'è l'occasione per una spremitura ancora più grande : per una truffa ! Lo schema è quello che si è già intuito. Il dittatore deve fingersi stravagante, megalomane ; in breve, matto. Egli deve accendere un prestito enorme presso il FMI, a nome del Paese, per realizzare faraonici progetti di sviluppo ; naturalmente accetta tutte le sue condizioni di politica interna. Questi progetti non sono mai realizzati, perché il dittatore - fingendo di rubare - deve trasbordare il grosso della somma su suoi conti all'estero, sempre presso banche americane o comunque controllate dagli americani ; alcune quote, per accontentare dei soci, possono essere sistemate presso altre banche, ad esempio in Gran Bretagna o Francia. Col rimanente il dittatore beneficherà sé stesso, elargirà tangenti ai suoi accoliti locali, e finanzierà effettivamente qualche impresa pubblica minore, che - si intende - vedrà come appaltatrici delle Multinazionali in maggioranza americane. Il prestito non deve mai essere restituito: è solo la sua esistenza a permettere la situazione.
Devono invece essere pagati ogni anno gli interessi, per tenere il Paese in costanti difficoltà finanziarie, e perché sono soldi. La mancata restituzione del prestito non è certo un problema per il FMI : in realtà lui non l'ha mai fatto, perché le cifre stornate dal dittatore sono nelle sue banche, a sua disposizione! Il gioco è fatto, e nelle intenzioni del FMI la cosa deve continuare così per sempre. Immaginate : senza praticamente tirare fuori un soldo, con un prestito fantasma a un dittatore " matto", il FMI apre un Paese alle Multinazionali americane, incassa una rendita annua reale, chiamandola " interessi ", e vanta un credito reale anch'esso per l'intero importo del prestito fantasma !
Non sono straordinari questi americani ?

La prova di tutto questo ? Si ha quando il dittatore viene rovesciato, un evento che può sempre capitare anche col più perfetto e protetto dittatore fantoccio filoamericano del mondo ( poi si rimedia, o con un altro dittatore o con un governo, sempre fantoccio certo ). L'uomo infatti si rifugia da qualche parte ma - guarda - fa sempre una vita non solo ritirata, ma anche MODESTA. Con le cifre di cui è l'accreditato possessore - 10, 20, 70 miliardi di dollari ! - potrebbe fondare imperi economici, comprare la Bank of America, e invece sembra un pensionato, se va bene in una villa, e i figli, se li ha, finiscono immancabilmente in miseria. Come mai ? Perché quelle cifre erano sì su conti intestati a lui, ma non erano realmente a sua disposizione : lui era solo un prestanome. E quando viene rovesciato non può certo incassare. Figuratevi se gli americani lasciano che certa gente, gente fatta da loro, si intaschi miliardi dei loro dollari.

A proposito : l'Italia ha per caso " ottenuto " prestiti dal FMI ? Dite di si ? Guardate bene all'operazione allora, perché l'Italia non è la Russia. Anzi, è una neocolonia americana di prima grandezza.


http://www.laleva.cc/economia/politicamonetaria.html



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Crisi del debito – Il crollo dell’Impero Romano

Tutto cambia ma nulla cambia. L’evoluzione della specie ha impiegato milioni di anni per arrivare all’homo sapiens, cosa sarà mai cambiato negli ultimi duemila anni per renderci così diversi dagli antichi romani. Si certo magari nel cervello si sono sviluppate nuove aree dedite all’uso dei vari pc, i-phone, i-pad etc etc, ma alla fine siamo molto più vicini agli antichi romani di quello che si possa immaginare. L’impero Romano conobbe il suo massimo splendore nel II sec. d.c.

Nel 96 il Senato mise fine alla dinastia Flavia con una congiura contro Domiziano e impose quale imperatore un proprio rappresentante: Nerva (96-98), dal quale ha inizio la dinastia degli Antonini. Con lui si affermò come principio di successione l’adozione del migliore: l’imperatore sceglieva come suo successore una persona di elevate qualità morali e politiche.

Nerva scelse un abile generale spagnolo, Traiano (98-117), che fu il primo imperatore di origine provinciale. Egli fece giungere l’impero romano alla sua massima estensione nel quale 106 viene annesso il regno dei Natabei (attuale Siria e Giordania) che diviene la provincia dell’Arabia petra.

Siamo ormai al tempo del massimo splendore della civiltà latina: sotto Traiano e Adriano (117-138), tutti gli abitanti liberi dell’impero godono della cittadinanza. Nell’urbe la gente mangia bene, prende il bagno tutti i giorni, e i più, donne comprese, sanno leggere e scrivere. Gli orfani sono mantenuti dallo Stato, i lavoratori hanno le ferie.

Immagine

Il Denario Imperiale

Il peso del Denario di 3,9 grammi stabilito dalla Lex Flaminia del 217 a.C. resta pressoché invariato per tre secoli fino alla riforma di Nerone del 64 d. C., in cui il peso verrà abbassato a 3,4.

Dopo tre secoli di stabilità che non a caso hanno coinciso con il periodo più splendido e di massima espansione territoriale, politica, commerciale e culturale dell’Impero Romano inzia per il Denario una discesa di peso e valore che coinciderà con il declino dell’Impero Romano.

Sotto Marco Aurelio il Denario scenderà a 2,36 g, mentre sotto Settimio Severo ed il caos monetario dell’anno 250 toccherà il suo minimo a 1,7 grammi dopodiché Aureliano introdurrà il Nummo (equivalente a 5 Denari).

Verso il 300 il cambio del Denario con l’Aureo sarà di 1.600 Denari per un Aureo, dopodiché sotto Costantino i Denari non saranno più coniati, e nel 338 il cambio dei residui Denari sarà di 150.000 Denari per un Aureo.

Il Denario continuò ad essere la principale moneta dell’impero fino a che non fu sostituito dell’Antoniniano nella metà del III secolo d. C..

Anche quando il Denario non fu più emesso con regolarità, fu ancora usato come unità di conto.

Come le condizioni politiche ed economiche peggiorarono anche la nuova moneta fu svalutata aggiungendo rame e stagno producendo così una lega di biglione che sembrava simile all’argento.

Alla metà del regno di Gallieno furono introdotti nuovi metodi di lavorazione che ridettero alle monete l’apparenza dell’argento.

L’Impero e le sue monete

Con Caio Giulio Cesare si ha il passaggio di Roma dalla struttura politica repubblicana e quella imperiale. A parte la breve parentesi repubblicana conseguente all’assassinio di Giulio Cesare da parte dei congiurati guidati da Bruto e fedeli all’ideale repubblicano, da allora in poi si succedono imperatori prima della Gens Julia e poi via via appartenenti ad altre famiglie o incoronati direttamente sulla punta dei gladi dall’esercito.

E’il periodo più lungo, splendido e vario per la storia di Roma che diventa da una città di mattoni una metropoli di marmo, ornata da splendidi fori e monumenti, con più di un milione di abitanti.

Una cosa che non si era mai vista al mondo e non si vide più per almeno 15 secoli!

Le monete che gli imperatori battevano per celebrare loro stessi e la gloria di Roma erano numerosissime, ricche, belle ed artisticamente rilevanti, perchè dovenano celebrare e diffondere lo spendore ed i miti di Roma.

Si diffondono sempre di più le monete d’argento e d’oro, gli Aurei o Solidi Aurei, monete di grandissimo valore allora come oggi.

Emesse da Augusto fino agli ultimi giorni di Bisanzio hanno continuato a circolare nel Medioevo assieme agli Zecchini ed ai Fiorini, ai Tornesi e ai Ducati, e sono arrivate fino a noi a volte un po’ usurate ma in buona quantità e varietà.

Rispetto alla austera zecca della Repubblica che emetteva poche e poco preziose monete, inzia un flusso di metallo stampato ininterrotto e crescente. E questo causa i fenomeni che ben conosciamo… inflazione e aumento dei prezzi e del costo della vita.

La storia della Moneta Romana da Cesare in poi è anche la storia delle tante Riforme Monetarie che cercarono di ricostruire o puntellare e rinforzare il sempre più traballante e scricchiolate edificio monetario romano.

Fino al crollo finale… che non poterono o non seppero evitare…!

Le riforme monetarie in breve

La Riforma di Augusto

La prima riforma monetaria dell’Impero Romano fu quella di Augusto nel 15 a.C..

Essa prevedeva il controllo diretto dall’imperatore sulla coniazione delle monete in oro ed argento, utilizzate per pagare le spese dello stato data l’entità considerevole di quest’ultime; il senato, invece, controllava la coniazione delle monete in bronzo, usate dal popolo e di scarsa importanza per Roma.

Di conseguenza, la coniazione delle monete romane in bronzo venne permessa a molte autorità locali delle Province Romane, aumentandone notevolmente la varietà, e, purtroppo senza poterne controllare direttamente la quantità e l’uso (e questo fu’ causa di inflazione incontrollata), mentre questo non avvenne per le monete in metallo più prezioso, argento e oro, battute a Roma e sotto il controllo diretto dell’Imperatore.

Per le monete d’oro, venne confermato l’Aureo (1/42 di libbra romana, 7,78 g) e per le monete d’argento il Denario (1/84 di libbra, 3,90 g).

Per i valori inferiori, si aveva l’Asse in rame (10,90 g) ed i suoi multipli in oricalco, un metallo simile all’ottone, detti Dupondio (2 assi) e Sesterzio (4 assi); il sottomultiplo era il Quadrante in rame (1/4 di Asse).

Il valore del Denario rimase abbastanza stabile durante la dinastia Giulio-Claudia (con Tiberio, Caligola, Claudio e Nerone come imperatori).

La riforma di Nerone

Nel 65 d.C. Nerone introdusse una nuova riforma monetaria che portò il valore dell’Aureo ad 1/45 di libbra (7,28 g), mentre il Denario fu portato ad 1/96 di libbra (3,41 g).

La riforma di Domiziano

La riforma di Nerone venne annullata da Domiziano alla fine della dinastia del Flavi (con Vespasiano, Tito e Domiziano come imperatori) che riportò i valori delle monete romane a quelli della riforma di Augusto.

Immagine

La riforma di Traiano

Controcorrente agi’ invece Traiano, nel periodo degli imperatori adottivi (Nerva, Traiano, Adriano, Antonino Pio, Marco Aurelio), e tornò alle monete della riforma di Nerone.

La riforma di Caracalla

Grazie all’imperatore Caracalla, nel 215 si ebbe un’altra riforma monetaria.

Infatti, durante tutto l’impero di Commodo e di Settimio Severo, il Denario continuò a svalutarsi riducendosi ad avere meno del 50% di argento.

Con la riforma di Caracalla venne svalutato di nuovo l’Aureo, portandone il valore ad 1/50 di libbra (6,54 g). Inoltre, sia per l’Aureo che per il Denario vennero introdotte monete con valore doppio: il doppio Aureo (o Binione) ed il Doppio Denario (o Antoniniano), anche se quest’ultimo non ebbe mai più di 1,6 volte il contenuto d’argento del Denario.

Mentre l’Aureo ebbe una valutazione abbastanza stabile, anche l’Antoniniano subì la progressiva svalutazione avuta dal Denario, fino a ridursi ad un contenuto d’argento del 2%.

Il sistema monetario romano venne nuovamente riformato tra il 272 ed il 275 da Aureliano, che per riportare il livello qualitativo (in metallo) e quantitativo (in numero) delle monete minori a quello delle altre monete, revocò la possibilità di coniare monete da parte delle zecche locali se non su mandato diretto e stretto controllo di Roma.

Il valore dell’Aureo fu portato inizialmente a 1/60 di libbra (5,54 g), fissandone successivamente il valore ad 1/50 di libbra (6,50 g).

Per l’Antoniniano venne definito un peso di 3,90 g ed un titolo di 20 parti di rame ed una d’argento; questo rapporto era indicato sulla moneta con il simbolo XXI in Latino o KA in Greco.

La riforma di Diocleziano

Con la riforma di Diocleziano del 295 la monetazione romana cambiò radicalmente.

Vista l’adozione della tetrarchia come forma di governo, con l’impero suddiviso in due territori Assegnati a due Imperatori affiancati da due Cesari, le monete non rappresentarono più un singolo imperatore, ma sul dritto ne riportarono un’immagine idealizzata, con il rovescio che tipicamente celebrava la gloria e la sua potenza militare di Roma.

Questa impostazione rimase invariata anche dopo l’adozione come religione di stato del cristianesimo: solo in qualche caso le monete bizantine riportarono immagini cristiane, come il chi-rho, monogramma greco che indicava il nome Gesù Cristo.

L’Aureo tornò ad avere un peso di 1/60 di libbra.

Si introdusse poi una moneta in argento, detta Argenteo, con un peso pari a 1/96 di libbra.

Oltre all’Antoniniano, che aveva un peso di 3,90 g, fu introdotta anche una nuova moneta in bronzo, il Follis, con un peso di circa 10 g.

Queste nuove monete, battute in gran numero per alimentare le spese di corruzione dei funzionari e le spese militari e statali sempre un crescita, in realtà aumentarono l’inflazione riducendo il valore reale del denaro. Nel tentativo di combattere questo fenomeno, Diocleziano nei primi mesi del 301 emise un Editto sul valore delle monete, il cosiddetto Editto di Afrodisiade.

Con questo Editto veniva fissato un nuovo valore delle monete di rame e di bronzo che raddoppiava, e si fissava la pena di morte per gli speculatori, i quali furono incolpati per l’inflazione e paragonati ai barbari che attaccavano l’Impero.

Naturalmente non ebbe nessun effetto reale… anche se nominalmente aveva reso tutti più ricchi del doppio!

Di fronte all’insuccesso di questo primo provvedimento, fu emanato, fra il 20 novembre e il 9 dicembre del 301, l’Edictum de Pretiis.

Diocleziano dopo aver aumentato il valore delle monete e visto che non funzionava, adesso cercava di contenere i prezzi…!

L’Editto era diviso in 32 sezioni e poneva un limite sui prezzi per tutti i prodotti commerciabili nell’impero.

L’obiettivo non era “congelare” i prezzi, ma segnarne i maxima, ovvero i massimi prezzi di mercato, oltre i quali determinate merci non avrebbero potuto essere vendute.

Queste merci includevano varie merci per l’alimentazione (carne, grano, vino, birra, salsicce, ecc), abbigliamento (scarpe, mantelli, ecc.), le spese di trasporto per i viaggi in mare e gli stipendi settimanali.

1 libbra di maiale – 12 Denari
1 libbra di manzo – 8 Denari
1 modius di sale – 100 Denari
1 sextarius d’olio d’oliva – 40 Denari
1 modius di frumento – 100 Denari
1 modius d’avena – 60 Denari
1 sextarius di vino Falerno – 30 Denari
1 paio di scarpe alla moda – 150 Denari
1 paio di scarpe da donna – 60 Denari
Lana da Tarentum – 175 Denari alla libbra
seta bianca – 12,000 Denari alla libbra

1 modius = ca. 8 litri
1 sextarius = ca.1/2 litro (misura secca) o ca.1 litro (misura liquida)

Il limite più alto era per una libbra di seta colorata con la porpora, che fu fissata a 150.000 Denari pari al prezzo di un leone. Chi vestiva di porpora era dunque smodatamente ricco!!!

L’Editto esprimeva il valore delle merci in Denari, moneta non più in uso, ma il cui valore era ben impresso nella mente dei romani che la usavano da cinque secoli.

Tuttavia, l’Editto non risolse il problema, poiché la massa totale delle monete coniate continuò ad aumentare innalzando l’inflazione, di conseguenza i prezzi massimi che erano stati stabiliti divennero troppo bassi e non remunerativi.

I mercanti smisero di produrre le merci o le vendettero illegalmente al mercato nero (che in quegli anni proliferò), oppure tornarono ad usare il sistema del baratto.

L’Editto come risultato finale spinse a interrompere gli affari e il commercio fra commercianti o tra intere città, dato che non erano più in grado di produrre i beni a costi accettabili.

Poiché l’Editto inoltre aveva fissato i limiti sugli stipendi, coloro che avevano gli stipendi fissi (in particolare i soldati) trovarono che si’ il loro salario era aumentato ma non aveva più valore poiché i prezzi artificiali non riflettevano i costi reali.

Si produsse quindi una vera e propria “paralisi” dell’economia nell’impero.

Sembra storia di oggi vero? Eppure sono passati 2000 anni e non abbiamo imparato nulla in economia… commettiamo sempre gli stessi errori e ci illudiamo che le soluzioni che hanno dimostrato di non funzionare, chissà perchè, con noi invece funzionino!

Seguirono altre riforme minori, ma ormai il declino dell’impero romano era segnato, l’anno che viene ricordato come la fine dell’impero romano sui libri di storia è il 476 d.c. circa duecento anni dopo l’abbandono del Silver standard. Nel 270 d.c. infatti (vedi il grafico) la quantità d’argento presente nelle monete era ormai nulla.

Immagine

Dopo 200 anni dall’abbandono del silver standard si ebbe il crollo dell’Impero Romano.

Ora per traslazione, tornando ai giorni nostri, l’abbandono definitivo del gold standard nel ’71 con la fine degli accordi di Bretton Woods, visto che la velocità degli accadimenti si è moltiplicata n-volte, ovviamente non impiegherà 200 anni ma molti molti meno… siamo a 40 anni… quanto tempo abbiamo ancora prima del crollo dell’impero finanziario basato sul debito e sulla stampa della moneta? 2000 anni fa fu Diocleziano a cercare di tenere in piedi l’impero stampando, oggi ci provano le varie FED & BCE, non è difficile ipotizzare la stessa fine.

http://ideatrading.investireoggi.it/cri ... -2083.html


Ultima modifica di Atlanticus81 il 24/03/2014, 15:39, modificato 1 volta in totale.


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articolo davvero illuminante [:)]



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articolo davvero illuminante [:)]


Già......... [V]



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Il Gold Standard ritornerà, sta arrivando – Esso stravolgerà il mondo

Un importante scherzo è in arrivo per la politica monetaria perversa della Federal Reserve statunitense. Si vede una chiamata urgente all’azione globale nelle nazioni del G- 20 e BRICS.

Le soluzioni alternative alle sanzioni contro Iran devono servire come prototipo per l’insediamento del commercio di oro.

Shanghai fisserà il prezzo del petrolio in termini di Yuan. La Cina insisterà a fare i pagamenti di petrolio nella propria valuta Yuan.

La Russia soddisferà le esigenze di petrolio verso l’Europa e l’Asia.

I sauditi si adegueranno ai pagamenti Yuan e a tutte le altre principali valute di pagamento.

L’OPEC svanirà, mentre il NatGasCoop salirà sotto la guida di Gazprom

L’Europa è presa nel mezzo, ma alla fine opterà per i pagamenti in Rublo per le spedizioni di petrolio.

La morte del Petrol-dollaro sta arrivando. L’onda d’urto forzerà un nuovo crollo del dollaro. La nascita della trade zone eurasiatica è vicina.

Il Gold Standard tornerà, non in piattaforme bancarie o di trading di valuta, ma nelle transazioni dirette realizzate a seguito di accordo. Il mondo richiede un nuovo sistema di pagamento, alternativo al sistema attuale profondamente sbagliato Dollaro-centrico. Anche efficaci sistemi di baratto vitale stanno emergendo. Ci siamo. Il mondo sta per essere stravolto.

Da Jim Willie, GoldenJackass.com

Le scosse saranno molte appena il dollaro Usa cadrà giù dal palco della finanza globale in piena vista. Le manovre disperate come quelle in Siria e in Ucraina dovrebbero essere viste come ultimo sforzo per salvare un sistema morente.

Per due decenni, il dollaro Usa è stato difeso con mezzi militari. Peggio ancora, per 50 anni il governo Usa è stato un enclave nazista nascosto di fascisti cattivi che si sono nascosti dietro il loro disprezzo palese per il comunismo, con Kissinger in qualità di portabandiera, Brzezinski di ideologo, Bush padre di esecutore, con il traffico di stupefacenti, l’ingegneria genetica e i furti d’oro come loro principale programma.

Il supporto ufficiale statunitense ai regimi fascisti include una lista delle nazioni lunga come il tuo braccio. Dal 2008 quando l’uccisione Lehman è stata eseguita al fine di salvare Goldman Sachs, quando Fannie Mae era nascosta sotto il tetto del governo Usa per impedire che le frodi per trilioni di dollari fossero divulgate e quando AIG era nascosto nel seminterrato nell’armadio della Federal Reserve per permettere che grandi salvataggi monetari occultassero i buchi neri dei derivati#8203;#8203;, il sistema bancario anglo-americano sta attraversando prove e tribolazioni, che portano alla sua agonia.

Il culmine del processo di morte del sistema bancario è di fronte a noi, alla fine, le fibrillazioni di improvvisa mancanza di liquidità sullo sfondo di un implacabile e spietata insolvenza sono così evidenti per chi ha occhi che funzionano. Mai prima d’ora il governo USA è stato così scoperto nei suoi modi fascisti, con abusi sul suolo nazionale e regimi nazisti installati su suolo straniero. Uccidono economie sistematicamente. Essi fanno guerra senza tregua, usandola come iniziativa imprenditoriale. Essi controllano i movimenti bancari ossessivamente. Essi controllano i movimenti umani compulsivamente. A Kiev si vedevano le svastiche sui bracciali.

Il nome di Neo-Con è una versione più appetibile di neo- nazista. La partita è finita per il regno del dollaro americano in un vero e proprio campo di sterminio delle nazioni.

Il mondo intero deve creare un sistema più funzionante, un sistema equo. Le strutture bancarie e sistemi di trading lo richiedono. Non può più essere tollerata la carta di credito gratuita anglo-americana (…) Il mondo non può più essere sottoposto all’aggressione dei militari usa, finanziati dalle nazioni vittime. Non è più possibile che ad un pacchetto profondamente corrotto e immorale di leader sia consentito di muoversi nei canali privilegiati.

Non è più possibile che la mancanza di un azione penale si ripercuota sulle masse. Non è più possibile che la battaglia tra i vili banchieri secolari, banchieri satanici, banchieri dall’albero di Sinedrio sia consentito a cielo aperto. Non si può più andare avanti nella battaglia per il controllo globale stretto limitando le libertà e gettandole nella pattumiera. Il percorso di totalitarismo finanziato dal narcotraffico deve essere interrotto.

Il cambiamento di paradigma è di fronte a noi, non è più il progetto di un bambino. Le nazioni leader occidentali si sono trasformate dall’Asse del fascismo. Le nazioni leader orientali sono emerse alla ricerca di soluzioni eque e praticabili, in sostanza, un ritorno al Gold Standard. La migrazione di oro fisico da Londra e dalla Svizzera dimostra il cambiamento di potere in corso. Le nazioni in bilico come Germania, Arabia Saudita, Turchia , India , Iran e giocheranno un ruolo fondamentale nel plasmare il futuro. Quando il 2014 finirà, il mondo non assomiglierà neanche lontanamente a quello che era quando l’anno è iniziato.

http://ununiverso.altervista.org/blog/i ... -il-mondo/



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MessaggioInviato: 19/04/2014, 17:47 
ANNULLATO IL DEBITO PUBBLICO!

[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=NBpL9rqTwlE[/BBvideo]

Intervista Mia TV: Salvo Mandarà annulla il debito pubblico!

È letteralmente incredibile come la struttura della truffa alle nostre spalle sia semplice (perché le cose semplici sono quelle che funzionano meglio) e come vengano pagati illustri economisti, appunto PAGATI per farci credere che l’economia sia difficile e che noi dobbiamo solo stare zitti e subire, in quanto incompetenti.

Ascoltate questa intervista a Salvo Mandarà, giornalista indipendente dai giochi dei media di sistema e capirete PERFETTAMENTE che il debito pubblico si può e si deve annullare con un tratto di penna. In un istante.

Se poi rinviate il link dell’articolo anche ad altri che CREDONO di capire l’economia e sono truffati anche loro, farete il bene di noi tutti.


[align=right]Source: ANNULLATO IL DEBITO PUBBLICO! | ICONICON POST [/align]



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MessaggioInviato: 20/04/2014, 00:45 
Io già l'avevo detto che l'Italia per salvarsi dovrebbe stampare clandestinamente moneta Euro e metterla in circolo aumentando stipendi e pensioni, fin'quanto l'Europa ci costringe a stare sotto il loro giogo.[:D]


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