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MessaggioInviato: 28/01/2014, 12:48 
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Atlanticus81 ha scritto:

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ubatuba ha scritto:

atlanticus.il tutto finke' la gente avra' fette di prosciutto agli occhi,facendosi abbindolare [;)]


Forse sì... Forse no... [;)]

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purtroppo a queste persone i mezzi informativi danno poco spazio,temono un effetto domino che possa abbattere il loro fortino.......ma le speranze x una svolta sono in lievitazione..... [;)]


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MessaggioInviato: 28/01/2014, 13:32 
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ubatuba ha scritto:

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Atlanticus81 ha scritto:

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ubatuba ha scritto:

atlanticus.il tutto finke' la gente avra' fette di prosciutto agli occhi,facendosi abbindolare [;)]


Forse sì... Forse no... [;)]

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purtroppo a queste persone i mezzi informativi danno poco spazio,temono un effetto domino che possa abbattere il loro fortino.......ma le speranze x una svolta sono in lievitazione..... [;)]


Potrebbe essere questo il motivo della poca informazione proveniente dall'Ucraina?

Temono in Europa un effetto domino inverso qualora mostrassero che gli scontri di piazza hanno messo in ginocchio il governo ucraino?

[8]



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MessaggioInviato: 28/01/2014, 14:16 
Fmi, l’allarme di Lagarde «In Europa 20 milioni di disoccupati»
«La crescita è lenta perché la gente consuma meno e le aziende
investono e assumono meno»


http://www.corriere.it/economia/14_genn ... d399.shtml


Ma va? Ma tu guarda..........

E questi ASSI dell'economia, non sapevano forse che l'austerity
senza se e senza ma avrebbe portato a questo?

Dei veri professionisti.....



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MessaggioInviato: 28/01/2014, 16:46 
1 Luglio 2013, la Croazia entra nell'Euro...

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Croazia: a 7 mesi dall’ingresso in UE già procedura per deficit eccessivo

Non sono passati nemmeno sette mesi dall’ingresso di Zagabria nell’Unione europea e oggi l’Ecofin ha deciso di aprire la procedura per deficit eccessivo per la Croazia, approvando al tempo stesso una serie di raccomandazioni perche’ il deficit sia corretto entro il 2016, con misure da decidere entro il prossimo 30 aprile.

Secondo i dati forniti dalle autorita’ croate, il deficit stimato per il 2013 e’ ampiamente sopra il limite del 3% del Pil, e aumentera’ nel 2014 e nel 2015. Secondo le previsioni economiche elaborate dalla Commissione in autunno, fra il 2013 e il 2015 il deficit di Zagabria salira’ sopra il 6% del Pil se non saranno decise misure correttive. Questo – spiega una nota diffusa al termine dell’Ecofin – e’ dovuto in parte alla grave crisi economica, con una contrazione dell’attivita’ economica di almeno il 12% rispetto al livello record raggiunto nel 2008.

Quanto al debito, la Commissione lo stima al 59,7% del Pil nel 2013 e, a scenario invariato sul fronte delle politiche economiche, sopra il 60% quest’anno. I nuovi obiettivi fissati da Bruxelles sono al 4,6% del deficit per il 2014, al 3,5% per il 2015 e al 2,7% nel 2016, con un miglioramento annuale del bilancio strutturale dello 0,5% del Pil nel 2014, dello 0,9% nel 2015 e dello 0,7% nel 2016.

http://www.imolaoggi.it/2014/01/28/croa ... eccessivo/

Altro che festeggiare... chi entra nell'euro dovrebbe suonare le campane a morto!

[xx(]



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MessaggioInviato: 28/01/2014, 17:59 
...e vuoi vedere che dobbiamo ancora offrire una lauta mancia x salvare pure questa-------??????? e festeggiavano............il loro funerale [;)]


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MessaggioInviato: 28/01/2014, 19:40 
Le peggiori guerre sono avvenute sempre in ... Europa ... Ma la gente dimentica [^]



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2014, assalto all’Europa: nazionalisti ed estremisti a caccia di voti anti-Ue

A maggio si elegge il nuovo Parlamento europeo. Il partito trasversale degli euroscettici potrebbe incassare il 25-30% dei seggi rendendo instabile il governo dell'eurozona. Tre i Paesi con partiti antieuro in testa. La geografia delle forze in campo rivela però il peso dei nazionalismi e la difficoltà a formare un "blocco" critico. Intanto, quasi un europeo su due si dichiara scettico verso l'Europa.

“Insieme per l’Europa, vota con fiducia, la distruggeremo”. Tra gli appuntamenti cruciali della primavera 2014 c’è il voto del 22-25 maggio per il rinnovo del Parlamento Europeo. Una data cruciale perché il consenso delle formazioni euroscettiche è tanto cresciuto che non è poi così remota la possibilità che riescano a strappare una quota consistente dei 751 seggi in palio. Si parla di un 25-30%, abbastanza da rendere il prossimo Parlamento europeo quanto mai instabile, proprio quando la neoeletta assemblea dovrà nominare il nuovo Presidente della Commissione, cioè il governo dell’Unione.

Alle tre del mattino di lunedì 26 maggio, dopo la ripartizione tra i gruppi politici, il verdetto potrebbe essere definitivo: l’Europarlamento, e dunque l’Europa, è ingovernabile. Anche uniti in una Grande coalizione, i partiti tradizionali – i popolari del Ppe, i socialisti del Pse, i liberali dell’Alde – potrebbero non avere la maggioranza per governare, mentre uno schieramento di nazionalisti, populisti, xenofobi, eurocritici, euroscettici, eurofobici, estremisti di destra e sinistra avrà impallinato il claudicante progetto di integrazione del Continente per un’altra Europa. Migliore o peggiore, resta da vedere.

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La mappa di chi sogna l’Europa. Per abbatterla

La geografia dell’euroscetticismo in una manciata d’anni e perfino di mesi ha mutato ed esteso i propri confini a furia di cercare consensi e saldature di fronti fisicamente e culturalmente distanti. Francia, Austria e Olanda sono i tre grandi Paesi con partiti antieuro dati in testa, anche se con sfumature diverse che qualcuno sta provando a limare per costruire in Europa un “blocco antieuropeista”. Incontri e i corteggiamenti dei leader sono all’ordine del giorno.

Ad aprile Marine Le Pen e l’omologo olandese Geert Wilders hanno infilato i piedi sotto a un tavolo e messo da parte le divergenze per tentare il colpaccio di unire i populisti di destra nella “Alleanza europea per la libertà”. “L’embrione di un gruppo parlamentare è già costituito”, aveva annunciato Le Pen. L’obiettivo è riunire i “patrioti” per “combattere l’Ue che impone i suoi diktat contro l’opinione dei popoli” coinvolgendo i Democratici svedesi, la Fpo austriaca, il Vlaams Belang belga e alcuni esponenti della Lega Nord (il 15 dicembre scorso la leader del Front National francese ha inviato un messaggio di adesione al congresso dei padani). Tutte queste forze politiche puntano a raccogliere i voti “contro”, favorite anche dal sistema proporzionale e dall’astensione, soprattutto fra i moderati. Ecco perché lo scenario è incerto, allarmi e inviti alla calma si susseguono ormai quotidianamente.

ECCO COME SI VOTA

Il Parlamento europeo è composto da 751 deputati eletti nei 28 Stati membri dell’Unione europea allargata. Dal 1979 i deputati sono eletti a suffragio universale diretto per una periodo di cinque anni. Ogni paese stabilisce le proprie modalità elettorali ma deve garantire l’uguaglianza di genere e la segretezza del voto. Per le elezioni europee vige il sistema proporzionale. L’età del voto è fissata a 18 anni, salvo in Austria (16 anni). I seggi sono ripartiti in base alla popolazione di ciascuno Stato membro. Le donne rappresentano un po’ più di un terzo dei deputati europei. I deputati sono raggruppati per affinità politiche e non per nazionalità. Dividono il loro tempo tra le loro circoscrizioni elettorali, Strasburgo – dove il Parlamento europeo si riunisce in seduta plenaria 12 volte all’anno – e Bruxelles, dove partecipano a ulteriori tornate, nonché a riunioni di commissione e dei gruppi politici.

C’è chi è convinto che le fortune elettorali e demoscopiche di nazionalisti, populisti ed estremisti siano cicliche. Ricorda come lo stesso Fn francese, ad esempio, aveva ottenuto il 10% nelle europee nel 2004 gettando le cancellerie nel panico, ma cinque anni dopo ha dimezzato i voti e oggi è ri-accreditato al 24%. Effetto delle differenze tra nazionalisti che finora hanno impedito una vera saldatura del fronte anti europeista. Altri confidano invece che le soglie di sbarramento dei sistemi elettorali nazionali chiudano le porte dell’Europarlamento a diverse forze euroscettiche. Con la soglia al 4%, ad esempio, la Lega è in bilico.

Ma resta il fatto che il partito transnazionale dell’antieuropeismo è tornato a correre da Londra ad Atene e il motivo non è un mistero: la fiducia dei cittadini nell’eurozona sta crollando. Secondo un’indagine Gallup gli scettici sono ormai il 43%, più degli euro-ottimisti che sono ormai fermi al 40%. Tra i Paesi del Mediterraneo a guidare le danze anti euro è stata la Grecia sull’orlo del fallimento, dove Alba Dorata ha mostrato prima che altrove il potere di aggregazione delle formazioni estremiste messe a capo della battaglia per uscire dall’euro. Come è andata a finire ad Atene si sa: attentati e arresti. Resta il voto critico di Syriza e del partito dei Greci Indipendenti che vogliono approfittare del rifiuto delle misure imposte da Bruxelles e dal Fondo Monetario Internazionale (Fmi) per imporsi a Strasburgo. Ma l’ondata si è estesa ad altri Paesi, con modalità e contenuti diversi.

Il caso Italia: tre partiti eurodelusi in corsa

Gli europeismi nostrani concorrono ma non trovano sintesi possibile. La Lega Nord chiede un’Europa delle Regioni. Alle ultime politiche ha preso un magro 4,1% ma potrebbe salire, anche per la ristrutturazione generale del partito che vede ora come segretario proprio un eurodeputato. Matteo Salvini insiste che quello è il cavallo di battaglia della Lega in vista del voto, l’Euroregione. Il Carroccio però fatica a far digerire il malcelato razzismo dalle forze nazionaliste non xenofobe come la Fpo austriaca che ha epurato gli elementi estremisti al suo interno o il britannico Ukip che a giungo ha preteso l’espulsione di Mario Borghezio per continuare l’esperienza nel gruppo parlamentare comune a Strasburgo EDF.

Sulla bandiera dell’antieuropeismo hanno messo da tempo le mani anche i 5 Stelle. Alle politiche hanno incassato un eccezionale 25,5% vincendo, di fatto, la sfida dei partiti italiani. I sondaggi di novembre li danno al 20-24% e ora guardano dritto a Strasburgo. Nel suo discorso di Natale, non è un caso, Beppe Grillo ha messo proprio la sfida europea al centro. L’atteggiamento del movimento non è però di autentico antieuropeismo, quanto di critica frontale al direttorio europeo, prono al potere delle banche centrali e della tecno-finanza, insensibile alle istanze dei cittadini.

Per questo Grillo propone un referendum dei popoli sulle regole del gioco, a partire dalla moneta unica e dagli accordi stretti dai governi italiani. E volutamente ambiguo è il tema dell’uscita dall’euro, che lascia ognuno libero di pensarlo sia come la conta dei delusi e un avvertimento ai naviganti sia di fantasticare un nostalgico (quanto improbabile) ritorno alla Lira nazionale. Diversamente populista, anche il Movimento è stato adocchiato da quelli d’ispirazione nazionalista. Ma la stessa Marine Le Pen ha ritenuto che il programma del M5S non fosse affatto assimilabile a quello delle destre europee. Dove prenderanno posto gli eurogrillini?

La rinata Forza Italia, anche in seguito al riposizionamento per la fuoriuscita di Ncd sta passando il Rubicone che divide pro e contro l’Eurozona. La spaccatura con gli Alfaniani ha lasciato campo libero ai falchi, sempre pronti a far la voce grossa con Bruxelles salvo farsi dettare l’agenda economica dalla Bce quando governavano. Brunetta, per dire, è arrivato più volte a stigmatizzare la necessità di una temporanea uscita dall’euro. In ogni caso in Italia c’è un blocco che marcia, a ranghi divisi, verso Strasburgo.

Tra miliardari, reazionari e neofascisti. L’Europa divisa che va contro l’Europa

In Spagna il movimento degli Indignados vuole presentare diverse liste alle elezioni di maggio. Anche nell’Europa continentale l’avanzata degli euroscettici è rapidissima. La Francia sta diventando un caso e motivo di forti preoccupazioni per l’avanzata del Fronte Nazionale di Marine Le Pen, estrema destra sociale, che nelle presidenziali del 2011 al primo turno prese il 17,9% e ora è accreditata a un 24%. Il suo menù euroscettico prevede politiche contro l’immigrazione e la moneta unica.

In Olanda c’è il Partito delle Libertà guidato da Geert Wilders che nelle elezioni 2012 ha preso il 10% dei voti. In Belgio la grancassa antieuro è affidata a Vlaams Belang (Interesse Fiammingo), estrema destra. Rivendica l’indipendenza delle Fiandre, mano ferma sull’immigrazione e l’uscita dall’orbita della Comunità europea. In Austria fa proseliti il partito Team Stronach fondato dal miliardario austro-canadese Frank Stronach che vorrebbe tornare allo scellino e in cambio di questa promessa ha incassato nelle regionali 2013 il 9% dei consensi.

In Germania, paese sul banco degli imputati per l’eurosconquasso, l’ultimo arrivato è Alternativa per la Germania di Bernd Lucke, professore di macroeconomia ad Amburgo. Con la promessa “se vinciamo via dall’euro” ha sfondato la soglia del 5% portando nel Bundestag la prima forza marcatamente antieuropeista e secondo un sondaggio Tns-Emnid veleggia oltre il 20%.

In Finlandia alle presidenziali 2012 la lista Veri Finlandesi di Timo Soini si è presa 39 seggi su 200 diventando la terza forza del Paese.

Terzo in Ungheria è il movimento di estrema destra Jobbik guidato da Gabor Vona che alle politiche 2010 ha preso il 16,7%, un sondaggio conferma la tenuta al 16%.

In Inghilterra il fronte è rappresentato dall’United Kingdom Independence Party (Ukip) di Nigel Farage. Partito di estrema destra non è rappresentato alla Camera dei Comuni ma ha conquistato 13 seggi a Strasburgo con una percentuale di voti (16,5%) superiore a quella dei laburisti (15%). Missione dichiarata, il ritiro del Regno Unito dalla Ue.

Sommati i seggi potenziali l’antieuropeismo transnazionale dal 2014 potrebbe pesare per un terzo del nuovo Parlamento europeo e consentire a tanti di parlare al popolo attaccando l’Europa da Strasburgo, dall’interno del suo cuore parlamentare. Se poi sapranno imporre anche un’idea comune e alternativa, partendo da posizioni tanto diverse, è tutta da vedere. Ci sono ancora (e solo) quattro mesi per capirlo.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/01 ... ue/829635/



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MessaggioInviato: 13/02/2014, 15:40 
SONDAGGIO IN FRANCIA / IL 60% DEI CITTADINI E’ OSTILE ALL’UNIONE EUROPEA, E PER IL 77% LA UE HA DANNEGGIATO LA FRANCIA
giovedì 21 novembre 2013

Parigi – Cresce il numero dei francesi ostili all’Unione Europea. Se gli inglesi sono sempre stati scettici verso l’Unione Europea lo stesso non si puo’ dire dei francesi e quindi molti saranno sorpresi di sapere che la percentuale dei cittadini d’oltralpe ostile all’Unione Europea e superiore a quella dei sudditi di sua maesta’.

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Secondo un sondaggio fatto recentemente da Pew Research solo il 41% dei francesi ha un’opinione positiva dell’Unione Europea contro il 60% dei tedeschi e il 43% degli inglesi e il 77% pensa che la UE abbia danneggiato pesantemente l’economia francese.

Inoltre un altro sondaggio fatto da YouGov ha rivelato che un terzo dei francesi vuole uscire dall’Unione Europea al piu’ presto possibile visto che per costoro la UE e’ la fonte di tutti i problemi non fosse altro che l’austarita imposta dai suoi commissari ha ridotto moltissima gente alla miseria.

Tale scetticismo e’ uno dei motivi per cui la popolarita’ di Francois Hollande e’ crollata al 15%, un segno del disprezzo che i francesi hanno per la loro calsse politica.

Sarebbe interessante sapere quanti sono gli italiani che vorrebbero uscire dall’Unione Europea ma naturalmente nessuno fara’ mai un sondaggio su questo argomento perche’ i risultati non sarebbero graditi ai vari Letta Napolitano e Monti, i quali hanno tutto l’interesse a tenere il popolo ignorante cosi’ da poter dire agli italiani che i sacrifici da loro imposti sono necessari.

GIUSEPPE DE SANTIS – Londra.

http://bastacasta.altervista.org/p6755/ ... rvista.org

Cosa hanno i francesi in più di noi????



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MessaggioInviato: 13/02/2014, 15:58 
... La Grandeur ...[^]



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Atlanticus81 ha scritto:

Cosa hanno i francesi in più di noi????


Hanno moscia solo la erre [:)]



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Wynne Godley, anno 1992:

«Se un paese o una regione non ha alcun potere di svalutare e se questo paese non è il beneficiario di un sistema di perequazione fiscale, allora un processo di declino cumulativo e terminale sarebbe inevitabile e condurrebbe, alla fine, all’emigrazione come unica alternativa alla povertà e alla fame»

Cita:
La profezia di Godley: con l’euro, nazioni ridotte a colonie

Poi non dite che non ci avevano avvisati. L’euroscettico Wynne Godley lo fece, in modo perentorio, a partire dal lontano 1992, al momento del varo del Trattato di Maastricht. Tesi: senza un governo democratico federale, l’Europa affidata solo all’euro e alla Bce è fatta apposta per portare le sue nazioni al collasso economico. Perché, senza un potere di spesa illimitato e “pronta cassa”, alla prima crisi seria si spalancherà l’inferno delle austerità e le economie più deboli cominceranno a soccombere, andando incontro alla catastrofe sociale. Godley non era un profeta, ma semplicemente un economista democratico: «Se un paese o una regione non ha alcun potere di svalutare – scriveva nel ’92 – e se questo paese non è il beneficiario di un sistema di perequazione fiscale, allora un processo di declino cumulativo e terminale sarebbe inevitabile e condurrebbe, alla fine, all’emigrazione come unica alternativa alla povertà e alla fame».

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«Moltissime persone, in Europa, si sono rese conto improvvisamente di quanto il Trattato di Maastricht potrebbe interessare direttamente le loro vite e quanto poco ne conoscano i contenuti. La loro legittima ansia ha spinto Jacques Delors a fare una dichiarazione secondo la quale il punto di vista della gente comune, in futuro, dovrebbe essere consultato. Avrebbe potuto pensarci prima». Parole che sembrano scritte oggi. E che, invece, hanno richiesto vent’anni per essere diffusamente comprese. «L’idea centrale del Trattato di Maastricht – scrive Godley in un intervento ripreso dal sito “MeMmt” – è che i paesi della Ce dovrebbero muoversi verso l’unione economica e monetaria, con una moneta unica gestita da una banca centrale indipendente. Ma qual è il resto della politica economica da approntare? Poiché il trattato non propone alcuna nuova istituzione eccetto quella di una banca europea, chi sponsorizza tale trattato probabilmente crede che non occorra fare di più». La storia dell’economia che si auto-regola? Non s’è mai visto al mondo. Eppure: pare che proprio questo surreale “punto di vista” abbia effettivamente determinato la modalità con la quale è stato inquadrato il Trattato di Maastricht, prima causa dell’attuale catastrofe economica.

E’ la “vulgata” neoliberista, secondo la quale i governi dovrebbero “lasciar fare al mercato”, senza neppure tentare di fare il loro mestiere, e cioè raggiungere i tradizionali obiettivi di sviluppo di una politica economica, verso la piena occupazione. Tutto quello che si può legittimamente fare, secondo la tragica Europa di Maastricht, è «controllare l’offerta della moneta e il pareggio del bilancio». E per giungere a questa desolante conclusione – la Bce come unica istituzione deputata all’integrazione europea – c’è voluto «un gruppo in gran parte composto da banchieri: il Comitato Delors». Un’Europa sbagliata da cima a fondo, progettata – nella migliore delle ipotesi – da fanatici dementi ed economisti incapaci (nella peggiore: da veri e propri golpisti, ben decisi ad annientare il potere contrattuale di interi popoli, rendendoli schiavi dell’oligarchia finanziaria). Godley cita il connazionale Tim Congdon: «Il potere di emettere la propria moneta, attraverso la propria banca centrale, è ciò che principalmente definisce l’indipendenza di una nazione». Viceversa: «Se un paese rinuncia o perde questo potere, acquisisce lo status di un ente locale o colonia».

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Stati retrocessi al rango di province, o addirittura di semplici colonie: certo non rischiano di subire una svalutazione, «ma non hanno, allo stesso tempo, il potere di finanziare il proprio disavanzo attraverso la creazione di denaro». Comuni e colonie «devono rispettare la regolamentazione imposta da un organo centrale per ottenere altri metodi di finanziamento e non possono cambiare i tassi di interesse». Risultato: totale dipendenza dall’altrui potere, visto che i membri dell’Eurozona hanno completamente perduto qualsiasi sovranità, non disponendo più di nessuno strumento di politica macroeconomica. Ovvero: fin dove è possibile finanziare “buchi”’ Fin dove spingere la tassazione? E così per tutto: tassi di interesse, crescita, livelli di disoccupazione. E poi l’inflazione, strumento-chiave col quale John Maynard Keynes propose di finanziare la guerra contro i nazisti.

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«La sovranità – dice Godley – non dovrebbe essere ceduta per la nobile causa dell’integrazione europea, ma per affermare che, se tutte le funzioni precedentemente descritte sono estranee ai singoli governi, queste funzioni devono semplicemente essere assunte da qualche altra autorità». L’incredibile lacuna nel programma di Maastricht, aggiunge l’economista britannico, è che contiene un progetto per l’istituzione e il modus operandi di una banca centrale indipendente, ma non fa il minimo cenno alla necessità di un vero governo centrale europeo, autenticamente democratico e federale. Gli Stati che hanno perso le loro tradizionali prerogative nazionali di governo non trovano il loro equivalente a Bruxelles. Semplicemente, la funzione democratica del governo in Europa è scomparsa. «La contropartita per la rinuncia alla sovranità dovrebbe essere che le nazioni componenti dell’Ue si costituiscano in una federazione a cui è affidata la loro sovranità».

Già nel ’92, Godley vedeva la «grave recessione» in arrivo, e avvertiva: «Le responsabilità politiche di questa situazione stanno diventando evidenti». Mani legate, fin da allora, a causa del disastroso assetto comunitario che frena gli investimenti pubblici condannando alla crisi anche il sistema privato: «L’interdipendenza delle economie europee è già così grande che nessun singolo paese, con l’eccezione della Germania, si sente in grado di perseguire politiche espansive per proprio conto, perché ogni paese che cercasse di espandersi dovrà presto confrontarsi con i vincoli di un bilancio dei pagamenti». Servirebbe un «rilancio economico coordinato», ma «non esistono né le istituzioni, né un quadro di pensiero concordato che porterebbe a questo risultato». E attenzione: «Se la depressione davvero volgesse al peggio – ad esempio, se il tasso di disoccupazione tornasse al 20-25% degli anni Trenta – gli Stati membri dell’Ue prima o poi eserciteranno il loro diritto sovrano di dichiarare il periodo di transizione verso un’integrazione, un disastro, e ricorreranno allo scambio reciproco di protezione e controlli – una economia di assedio».

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In una vera unione economica e monetaria, dove il potere di agire in modo indipendente degli Stati membri è effettivamente abolito, l’unica contromisura risolutiva – espansione economica grazie al rilancio della spesa pubblica – potrebbe essere intrapresa solo da un governo federale europeo: «Senza tale governo, l’unione monetaria impedirebbe un’azione efficace da parte dei singoli paesi e non cercherebbe assolutamente di mettere a posto le cose». Previsioni confermate alla lettera, vent’anni dopo, fino alle estreme conseguenze: l’assenza di un governo democratico centrale, aggiunge Godley, espone le regioni più fragili al peso di improvvise crisi. Solo un regime di solidarietà fiscale, nel quadro di un governo federale europeo, potrebbe fermare il declino di vaste aree, garantendo le necessarie protezioni economiche e sociali. «In extremis, una regione che produrrebbe nulla non morirebbe di fame perché sarebbe titolare di pensioni, indennità di disoccupazione e il reddito dei dipendenti pubblici».

Cosa succede se un intero paese subisce una grave battuta d’arresto strutturale? «Finché è uno Stato sovrano, potrebbe svalutare la propria moneta: potrebbe quindi comunque implementare con successo politiche di piena occupazione se i cittadini accettassero il taglio necessario ai loro redditi reali». Con una unione economica e monetaria, invece, «questa strada sarebbe ovviamente sbarrata, e questa prospettiva sarebbe gravissima a meno che ci fosse la possibilità di adottare disposizioni federali di bilancio che abbiano una funzione redistributiva». Così parlava il “profeta” Godley nel 1992: «Quello che trovo assolutamente sconcertante è la posizione di coloro che mirano a una unione economica e monetaria senza la creazione di nuove istituzioni politiche (a parte una nuova banca centrale), e che alzano con orrore le mani quando le parole “federale” o “federalismo” vengono pronunciate».

http://informatitalia.blogspot.it/2013/ ... zioni.html



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Olanda, ciò che faceva Hitler ora lo fa lo stato





“La legge sull’eutanasia in Olanda sta deragliando”. Non lo ha detto un cardinale dell’Aia o Utrecht, ma niente meno che il dottor Boudewijn Chabot, lo psichiatra che nel 1994 per primo fornì in Olanda un farmaco letale per il suicidio assistito a una sua paziente con problemi mentali. Riconosciuto colpevole, Chabot non è stato condannato dai giudici, che hanno invece ritenuto la sua azione “amorevole”, e sul suo caso è stata poi costruita la legge sull’eutanasia approvata nel 2001. Adesso, sul quotidiano olandese Nrc Handelsblad, il padre della legge sull’eutanasia Chabot denuncia l’anarchia eutanasica nei Paesi Bassi, dove tra l’altro la federazione dei medici ha autorizzato i camici bianchi a togliere la vita a bimbi nati con gravi malformazioni, una norma, che entrerà in vigore dal 2014 e che, stando al giornale Volkskrant, riguarda trecento bambini l’anno.
Il pioniere dell’eutanasia olandese dice di non sentirsi più a suo agio con questa legge, che ha troppi “difetti”, e di essere rimasto “sorpreso dai recenti sviluppi”.

Gli sviluppi recenti sono quelli esposti dal ministro della Sanità, Edith Schippers, che due giorni fa è andata in Parlamento a rendere conto della situazione della “dolce morte”. Il dato più drammatico riguarda i malati di mente, i disabili psichiatrici, i folli e i dementi: 42 olandesi che soffrivano di patologie psichiatriche non terminali sono stati messi a morte nel 2013. Erano stati 14 nel 2012. Un aumento del trecentoventi per cento. Il giornale degli specialisti di malattie mentali, Tijdschrift voor Psychiatrie, parla della morte come “emancipazione” del paziente psichiatrico.
Il boom di disabili psichiatrici messi a morte si deve in gran parte al programma “Levenseinde”, fine vita, quindici unità eutanasiche mobili che uccidono i pazienti a domicilio. E’ il primo esperimento al mondo di eutanasia porta a porta e ha già una lista di attesa di duecento persone. Contattare il “servizio” è molto semplice, è sufficiente una telefonata o una e-mail e, nel giro di due giorni, l’équipe della morte è da te con la “medicina”.

Ad approvare il programma di “eutanasia ambulante” è stato proprio il ministro della Sanità Schippers. Ha richiesto e ottenuto l’eutanasia anche chi aveva “depressioni croniche” o “soffriva di demenza”, come l’Alzheimer. Un sondaggio pubblicato dal New England Journal of Medicine rivela che il 64 per cento degli psichiatri olandesi accetta l’eutanasia attiva per i pazienti che soffrono di malattie mentali. Queste unità si chiamano “Levenseindekliniek”, clinica della dolce morte. Ne fa parte anche la psichiatra Gerty Casteelen, che ha appena messo a morte una donna che soffriva di disturbi della personalità e di mania compulsiva. Lo scorso ottobre una donna ha chiesto e ottenuto che le venisse praticata l’eutanasia solo perché cieca, causa di “insopportabili e continuative” sofferenze.
Un altro caso si distingue per la crudezza: una donna che aveva sofferto di anoressia per trent’anni. Trattata senza risultati con tutti i metodi sanitari conosciuti, dopo cinque anni ha chiesto di morire. Nel momento in cui gli specialisti non erano in grado di offrirgli niente di più, il suo psichiatra le ha dato il consenso per l’eutanasia.

Nelle nuove linee guida della Royal Dutch Medical Association si può includere nell’eutanasia chi ha “disturbi mentali e psico-sociali”, come “perdita di funzionalità, la solitudine e la perdita di autonomia “come criteri accettabili per l’eutanasia”. Il documento conclude sostenendo che il “concetto di sofferenza” è “ampio” rispetto alla sua interpretazione ed esso dovrebbe includere anche “disturbi della vista, dell’udito e della mobilità, cadute, confinamento a letto, affaticamento, stanchezza e perdita di fitness”.

Accadde vent’anni fa, nel 1993, che il tribunale di Assen, nel nord dell’Olanda, prosciolse uno psichiatra che aveva aiutato a morire una disabile mentale. La Corte riconobbe che anche la “sofferenza morale” giustifica l’iniezione letale.

Allora il capo della Federazione dei medici olandesi, il compianto Karel Gunning, denunciò quanto stava accadendo con queste parole: “Tutti gridano all’omicidio quando si parla delle esperienze della Germania nazista, ma secondo me quello che si vorrebbe fare in Olanda è peggio. Quello che Hitler faceva in segreto in nome della ‘purezza della razza’, noi lo faremo alla luce del sole con la benedizione di una legge dello stato”.

Vent’anni dopo, a quarantacinque disabili mentali è stata somministrata la “Laatstwilpil”, ovvero l’“ultima pillola volontaria”.

http://www.ilfoglio.it/soloqui/21903



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MessaggioInviato: 14/02/2014, 21:01 
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"Avete fatto macelleria sociale"

È la conclusione del Parlamento europeo sulla troika Eurogruppo, Bce e Fmi

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BRUXELLES - È un durissimo atto d'accusa a "Eurogruppo, Bce e Fmi" che hanno "violato leggi e trattati" e provocato negli ultimi quattro anni "una catastrofe sociale e politica" senza precedenti in Europa nella gestione della crisi. È il rapporto del Parlamento europeo sull'attività della troika, approvato ieri a larghissima maggioranza (27 sì, 7 no dei conservatori e di qualche liberale, 2 no della Sinistra Unita) dalla Commissione Lavoro e affari sociali.

"Hanno lavorato come macellai, non come chirurghi" ha detto il relatore, il socialista spagnolo Alejandro Cercas. Presentando il testo (che sarà portato al voto in plenaria a marzo) ha proposto di "triplicare i fondi per la Garanzia giovani, da 6 a 18 miliardi", definendo "urgentissimo" un piano per il lavoro che sia finanziato "con lo 0,5% del Pil, quando per il salvataggio delle banche è stato usato il 7%".

I programmi imposti a Grecia, Portogallo, Irlanda e Cipro, ha sottolineato Cercas, hanno prodotto uno "spettacolare aumento della disoccupazione, triplicata in quattro anni", hanno "distrutto il dialogo sociale" e "violato il diritto alla salute". Inoltre il taglio dei salari ha decimato le Pmi "distrutte" dalla contrazione della domanda interna. Ed il conseguente crollo del Pil ha "reso i poveri ancora più poveri". Il tutto, senza alcun vero controllo da parte delle istituzioni europee. "Si dà la colpa all'Europa - dice Cercas - ma l'Europa è mancata".

"Non c'è alcuna ragionevole relazione, né alcun misurabile effetto economico, tra l'ampiezza, l'intensità e la durata" delle misure di austerità richieste, è scritto nel rapporto. "Hanno sbagliato misure e tempi di applicazione" afferma Cercas, osservando che ora "impressiona la collera sociale di gran parte della società in Europa".

[align=right]Source: CdT.ch - Mondo - "Avete fatto macelleria sociale" [/align]


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"Si dà la colpa all'Europa - dice Cercas - ma l'Europa è mancata".


ah beh, sì beh, .............questa ci stà tutta [:p]

[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=nlqybD0YhU4[/BBvideo]


Ultima modifica di Wolframio il 14/02/2014, 21:02, modificato 1 volta in totale.


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MessaggioInviato: 02/03/2014, 21:16 
L'Europa è una dittatura, bisogna uscirne il prima possibile. Senza chiedersi cosa sarà della bolletta della luce o della rata del mutuo, perché non ci lasceranno né luce né casa. Siamo in mano a dei pazzi furiosi

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L’unica cosa amaramente buona di questa crisi è che ho capito come nascono le dittature, che SI, è proprio vero, più che da una violenza dei padroni derivano dalla tentazione dei servi, dall’ignoranza dalla mediocrità e dall’ignavia della gente (…); e a cosa dovrebbe servire la cultura umanistica: ad insegnarti con chi hai a che fare affinché tu possa fare/ripetere meno errori possibili. Infatti è per questo che l’hanno piano piano distrutta.

Evidentemente stiamo riflettendo un po’ tutti sulla stessa cosa: sta nascendo una dittatura, in Europa? A volte, mentre sento le notizie, ho dei flash di voci future “Ma noi non sapevamo, ma noi non volevamo!”, chissà se è la sindrome di Cassandra, o soltanto memorie di un passato ancora recente.

Lo stesso concetto di dittatura non è antico: nessuno si sognava di chiamare “dittatori” il re Sole, il Papa o l’imperatore di turno. E’ un concetto nuovo.
Fatto sta che l’abbiamo introiettato molto bene, al punto che vediamo dittatori dovunque, persino in leader democraticamente eletti (vedi Chavez o Ahmadinejad) o addirittura in comici col blog. Ma quando si tratta di noi, ehh: la dittatura è l’elefante nella stanza. Nessuno riesce ad accorgersene.

Forse perché si tratta di una declinazione di dittatura finora inedita. Nell’immaginario, il dittatore ha una faccia cattiva, impone le sue idee al popolo con gli eserciti, e sbatte i dissidenti in gabbia o alle torture. Ora sembra che non ce ne sia più alcun bisogno: il dittatore non ha un nome e cognome, anzi si nasconde in una massa amorfa di oscuri burocrati. L’esercito di cui si serve? Stampa, media e politici compiacenti o corrotti. L’arma principale? La shock economy, eventi che terrorizzano i cittadini e li rendono consenzienti a qualsiasi nefasto provvedimento passi per indispensabile. I dissidenti? Nessun problema: li si lascia a sbraitare nel recinto di Internet, che danno vuoi che facciano. Una dittatura il cui scopo è l’impoverimento generalizzato e il controllo da esso derivante, non ha bisogno di sparare un colpo: stiamo consegnando tutto senza fiatare.

Qualcuno obietterà che non è vero, che tanti si stanno accorgendo di ciò che accade. Ah si? Beh io non credo. Come scrive ancora Bagnai nel suo libro, quando i partigiani andarono in montagna non si preoccuparono dell’inflazione, della perdita di potere d’acquisto, del mutuo in euro. Quando c’è da combattere si combatte, costi quel che costi. Noi non siamo ancora pronti. Siamo ancora come quelle famiglie ebree che nel ‘36 consegnavano l’oro, consegnavano i pianoforti, pensando che presto sarebbe finita e peggio di così non poteva andare. E invece, si è visto com’è andata.
Noi stiamo consegnando oro e pianoforti per paura dei finti mostri che ci hanno dipinto, e alla fine perderemo tutto senza avere più nulla per cui combattere. Vogliamo davvero ridurci così?

L’Europa è una dittatura, bisogna uscirne il prima possibile. Senza chiedersi cosa sarà della bolletta della luce o della rata del mutuo, perché non ci lasceranno né luce né casa. Siamo in mano a dei pazzi furiosi e l’unica è svignarsela, le difficoltà successive le affronteremo poi, ci penseremo dopo come si sono detti i partigiani scalando la montagna. Ora il pensiero è uno, e uno solo, e questo dobbiamo chiedere con forza a chi ci rappresenta:

Fuggite, sciocchi!

http://crisis.blogosfere.it/2013/03/eur ... occhi.html



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C'è bisogno di aggiungere altro?!

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