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MessaggioInviato: 21/04/2014, 22:04 
Vivo a ridosso dell'Ilva ... ed ho capito che come ti muovi muovi ..... ce la prendiamo sempre nel didietro. [B)] [B)]
L'unica nota positiva viene dalle sperimentazioni fatte da alcune ONLUS che stanno avendo risultati incoraggianti sul risanamento ambientale. Leggi http://radiocittadella.wordpress.com/20 ... ntaminati/

Conosco personalmente padre Nicola Preziuso " L'Uomo della Provvidenza" nato a Lucera ma tarantino da sempre impegato nella ricerca e sperimentazione di nuove metodologie per combattere e risanare l'ambiente , la città di TARANTO gli dovrebbe dare la cittadinanza onoraria.


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MessaggioInviato: 09/06/2014, 00:40 
Ilva, in tre mesi stimate 118T di polveri in atmosfera
L'analisi dei report Ilva del primo trimestre 2014
2 giugno 2014 - [url=l.manna@peacelink.i]Luciano Manna[/url]


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(http://aia.minambiente.it/Ilva) i report trimestrali, compresi gli allegati, relativi all'attività di vigilanza e controllo da parte del gestore, cioè Ilva.

Dall'inizio dell'anno abbiamo più volte sentito dire che l'aria a Taranto è migliorata e i parametri considerati sono a norma, una frase più volta pronunciata da politici e addetti ai lavori che raccomandano di attenersi solo ai dati ufficiali, pertanto andiamo ad analizzare i dati di Ilva pubblicati sul sito del Ministero dell'Ambiente.

Dai reports relativi ai reparti acciaierie, altoforni, agglomerato e cokeria, Ilva stima che la quantità di polveri contenute nelle emissioni convogliate in atmosfera nel periodo che intercorre tra il 1 gennaio 2014 e il 31 marzo 2014 è pari a un totale di 118,05 tonnellate.


Nello specifico le fasi produttive delle acciaierie 1 e 2 con 19.9 t, degli altoforni con 11.29t, dell'agglomerato con 67.64t e delle cokeria con 19.22t. Il flusso di massa polveri è il prodotto tra i dati medi rilevati di portata fumi e le concentrazioni come richiesto dai limiti AIA.

Questi dati fanno riflettere quando nei reports del gestore vengono riportati i numeri delle emissioni visibili, per esempio quelle provenienti dalle acciaierie, i numeri delle fonti di emissioni di gas che non possono essere motitorate perchè irraggiungibili o esiti di rilievi IPA e PCB non disponibili e relativi ai primi tre mesi del 2014.

La domanda che ci si pone è quale possa essere la quantità totale di polveri che Ilva immette in atmosfera se in quelle convogliate misuriamo 118 tonnellate e a queste dobbiamo aggiungere quelle non monitorate o non convogliate. E inoltre, quali sono le composizioni chimiche di queste emissioni in atmosfera?

Per fare un esempio chiaro prendiamo in esame una emissione slopping, come le molte documentate in questi ultimi mesi, provenienti da acciaieria 1 e 2. Come viene monitorata l'emissione slopping nelle sue caratteristiche chimiche e quantitative?

Rimanendo sui dati ufficiali, il report che riporta i conteggi degli eventi di emissioni visibili delle acciaierie 1 e 2, nel periodo intercorso tra 22 gennaio 2014 e 31 marzo 2014, conteggia in ACC1 14 eventi di emissione visibile su un totale di 1742 colate, mentre in ACC2 51 eventi di emissione visibile su un totale di 2351 colate. Come vengono monitorate queste emissioni?

Di seguito riportiamo la tabella riassuntiva degli impianti monitorati di cui non sono attualmente disponibili esiti e rapporti prova dove sono anche compresi i rilievi di IPA e PCB.

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Come mai ad oggi non si conoscono rilievi effettuati a febbraio o a marzo di questo anno? E se sono disponibili i risultati, perchè non sono presenti sul sito del Ministero dell'Ambiente?

Altri reports che destano non poche preoccupazioni sono quelli di ispezione LDAR che hanno il compito di inventariare e classificare le sorgenti di gas e di quantificare una stima emissiva di Composti Organici Volatili (COV).

Senza entrare nel tecnicismo dei report LDAR, documenti che ognuno può reperire e prendere in esame, quello che può sembrare preoccupante è una emissione che non si può misurare.

Se esiste un sistema di monitoraggio su fonti emissive note e individuate si possono analizzare i risultati e si possono confrontare con i limiti posti dalla legge, ma se si dichiara che su un certo numero di fonti emissive alcune non si possono monitorare allora le cose cambiano e un'altra domanda da porsi è come si può dichiarare che un impianto non inquina se si certifica che non si possono monitorare alcune fonti inquinanti dello stesso impianto.

Prendiamo ad esempio il report LDAR di gennaio 2014 relativo all'AFO5 per le emissioni di gas coke. Sul documento possiamo leggere che sono state inventariate 213 sorgenti, tra queste 15 fine linea, 147 flange e 51 valvole. Di queste sorgenti, totale nell'impianto 213, 74 vengono dichiarate "non monitorabili perchè fisicamente non accessibili"


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Come vengono calcolate queste emissioni? Sul documento si riporta quanto segue. "È stato attribuito un fattore emissivo medio calcolato sulla base delle letture disponibili: ad ogni tipo di componente, è stato assegnato il fattore calcolato su medesimi componenti presso l’impianto".

Quindi, ad esempio, in un condominio di 213 famiglie che consumano gas, 74 non aprono la porta per consentire la lettura del contatore e per quantificare il loro consumo si applica un calcolo matematico relativo alle altre letture eseguite.


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Ma se all'AFO5 74 sorgenti di gas coke su 213 non sono monitorate perchè irraggiungibili, possiamo dire con sicurezza ed affidabilità che il suo processo produttivo non arreca danni alla salute degli operai e dei cittadini dei quartieri adiacenti?


Sempre rimandendo sui report LDAR riportiamo in maniera sintetica altre fonti emissive e non monitorabili presenti su altri impianti.

AFO4 118 sorgenti di gas coke di cui 7 non monitorabili, AFO2 165 sorgenti di gas coke di cui 5 non monitorabili, AFO5 167 sorgenti di metano di cui 14 non monitorabili, AFO4 235 sorgenti di metano di cui 20 non monitorabili (gen14)

ACC1 946 sorgenti di gas metano di cui 43 non monitorabili, ACC2 480 sorgenti di gas metano di cui 51 non monitorabili (feb14)

Agglomerato 270 sorgenti di gas coke di cui 33 non monitorabili e 238 sorgenti di gas metano di cui 2 non monitorabili (gen14)

Batteria 7-8 forni coke 1907 sorgenti di gas coke di cui 13 non monitorabili (gen14)

Batteria 9-10 forni coke 1887 sorgenti di gas coke di cui 6 non monitorabili (gen14)

Batteria 11-12 forni coke 3002 sorgenti di gas coke di cui 4 non monitorabili (gen14)

Rete gas metano 1534 sorgenti di cui 217 non monitorabili (dic13-gen14)

Rete gas coke 1901 sorgenti di cui 314 non monitorabili (nov-dic13)

Peacelink presenterà il dossier completo con tutti i documenti presenti in questo report trimestrale, gennaio/marzo 2014, alla Procura e alla Commissione Europea al fine di verificare eventuali lacune nel sistema di controllo e se queste possano essere causa di pericolo per la salute degli operai e dei cittadini di Taranto.








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MessaggioInviato: 09/06/2014, 18:56 
Un piccolo gesto vale più di mille parole ... dedicato ai commissari straordinari.......

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9 giugno 2014 14:55




Bonifiche Taranto, il pasticcio della cabina di regia e le “dimissioni” di Pini



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TARANTO – La questione è seria e andrà risolta nel più breve tempo possibile. La Cabina di regia istituita dal Protocollo d’intesa “per interventi urgenti di bonifica, ambientalizzazione e riqualificazione di Taranto” firmato a Roma il 26 luglio 2012, è infatti rimasta senza guida.
Nell’ultima riunione svoltasi a Bari presso la Direzione Ambiente e Lavori Pubblici della Regione Puglia, e non come consuetudine nella sede del Comando dei Vigili del Fuoco di Taranto, si sono registrate le dimissioni di Alfio Pini dal ruolo di commissario straordinario e quelle di Antonio Strambaci da soggetto attuatore per l’attuazione degli interventi di bonifica.
Secondo quanto dichiarato dall’assessore regionale all’Ambiente Lorenzo Nicastro, le dimissioni del commissario Pini sarebbero dovute al sopraggiungere “del suo pensionamento”.


Al che, ci siamo subito posto la seguente domanda: ma com’è possibile che lo Stato nomini nel ruolo di commissario per l’attuazione di un Protocollo che prevede interventi così importanti, la cui durata di applicazione è prevista nel periodo di cinque anni (rinnovabili nel caso in cui gli interventi previsti non siano stati ultimati), un uomo prossimo alla pensione? Qualcosa non torna. Ed infatti, come al solito, le cose stanno in tutt’altra maniera. La risposta, come sempre, è nei documenti ufficiali. Esattamente nel decreto legge del 7 agosto 2012 n. 129, “Disposizioni urgenti per il risanamento ambientale e la riqualificazione del territorio della città di Taranto”, poi convertito dalla legge del 4 ottobre 2012 n. 171 (pubblicata in Gazzetta Ufficiale 6/10/2012, n. 234), che recepiva il Protocollo sottoscritto a luglio. L’art. 1 prevede infatti che “è nominato, senza diritto ad alcun compenso e senza altri oneri per la finanza pubblica, un Commissario straordinario resta in carica per la durata di un anno, prorogabile con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare”.


Dunque, al di là del fatto che proprio lo scorso 29 maggio il Capo del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco abbia compiuto i 65 anni d’età (evento che lo ha portato alla pensione), l’incarico di commissario per le bonifiche dell’area SIN di Taranto e Statte gli andava semplicemente rinnovato dal Consiglio dei Ministri su proposta del ministro dell’Ambiente. La nomina di Alfio Pini avvenne nell’ambito della seduta della Presidenza del Consiglio dei Ministri dell’11 gennaio 2013, con decreto non sottoposto a delibera del Consiglio e registrato presso la Corte dei Conti il 13 marzo 2013 (Reg. n. 2 Fog. n. 2). Poi, lo stesso commissario, con successivo decreto (Prot. 0000002) del 24 aprile 2013, nominò quale soggetto attuatore Antonio Strambaci. Dunque, l’incarico di un anno è ampiamente stato superato. Domanda: possibile che nessuno dei soggetti facente parte la Cabina di Regia sapesse che il ruolo di Pini come commissario e quello del soggetto attuatore da quest’ultimo nominato, scadesse dopo un anno
e andasse rinnovato? Possibile che nessuno al ministero dell’Ambiente abbia il compito di ricordare al ministro in carica un appuntamento del genere, visto che delle vicende di Taranto se ne parla quasi ogni settimana da almeno due anni?
Mistero.


Fatto sta che al momento resta tutto bloccato. Lo stop alla Cabina di Regia “congela” infatti l’uso dei 60 milioni di euro stanziati dalla Regione Puglia per gli interventi previsti per le cinque scuole del quartiere Tamburi, per il cimitero di San Brunone, per le attività in corso sulla falda profonda e per le progettazioni avviate nel territorio del comune di Statte. Per non parlare del fatto che proprio in questi giorni, la Cabina di Regia si deve esprimere studio realizzato da ARPA Puglia, in collaborazione con CNR, Politecnico di Bari e Conisma, sullo stato reale in cui versa il bacino del I seno del Mar Piccolo. Lo studio è diviso in due parti: la prima riguarda la “Predisposizione del modello di circolazione e risospensione dei sedimenti”, mentre la seconda riguarda “l’individuazione delle fonti ancora attive e le dimensioni del loro inquinamento”. Lo studio fornirà un modello concettuale sito-specifico del sito e una stima del “rischio” ambientale associata alle varie opzioni di intervento ed indicherà le superfici del Mar Piccolo (in ettari) oggetto del/degli interventi di bonifica e/o MISE (messa in sicurezza d’emergenza), per i quali l’accordo del 2012 ha previsto una spesa totale 21.000.000 di euro (Delibera CIPE del 3 agosto 2012 n. 87). Tutto ciò detto, è sin troppo chiaro che più di qualcosa non ha funzionato e non è andata nel verso giusto. Nella speranza che chi di competenza, possa rimediare quanto prima all’ennesima commedia sull’ambiente di Taranto.




G. Leone






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MessaggioInviato: 22/06/2014, 00:42 
20 Giugno 2014



Verde militare



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Dopo le dichiarazioni del sub commissario Ilva secondo cui "La qualità dell'aria a Taranto è buona", fa discutere, nonostante gli innumerevoli studi epidemiologici al riguardo, la presa di posizione congiunta di Legambiente, Wwf e GreenPeace circa la riconferma di Edo Ronchi e la conseguente richiesta di ecocompatibilità del colosso siderurgico jonico






di Cosimo Giuliano

All’indomani delle dichiarazioni del sub commissario Ilva Edo Ronchi secondo cui “La qualità dell'aria a Taranto è buona, in particolare per le polveri sottili i dati sono tra i migliori delle città italiane: il benzo(a)pirene si è ridotto di 10 volte. Nel quartiere Tamburi è ampiamente a norma per tutti i parametri”, fa discutere il pressing esercitato congiuntamente da Greenpeace, Legambiente e Wwf sul Governo Renzi affinché questi “Venga confermato e che gli siano dati pieni poteri decisionali e le risorse per attuare il Piano di risanamento”. Affermazioni che hanno indignato anche lo stesso mondo ambientalista - specialmente a Taranto - sempre più frammentato e in balia di personalismi tautologici fini a sé stessi. Tutto ruota intorno al concetto di ‘ecocompatibilità’ del colosso siderurgico. Secondo le tre organizzazioni infatti, continuare a produrre e allo stesso momento salvaguardare la salute dei cittadini jonici sarebbe l’unica via d’uscita alla crisi ambientale ed economica in atto.
“Il risanamento ambientale –si legge infatti nella nota - il rispetto delle prescrizioni dell’Aia, l’innovazione tecnologica del processo produttivo sono la condizione perché l’impianto siderurgico continui a produrre e garantisca l’occupazione per Taranto e per gli altri stabilimenti.
Con il Commissariamento dell’Ilva il Governo prese l’impegno solenne con i cittadini e i lavoratori che l’impianto sarebbe stato risanato per dare anche continuità alla produzione e garantire i posti di lavoro”.


Peccato però che tutti e tre (congiuntamente) dimentichino il livello di inquinamento raggiunto dalla seconda città di Puglia negli ultimi 20 anni. Studi epidemiologici di conclamata veridicità scientifica hanno evidenziato che nel tarantino l’aumento delle malattie tumorali cresce in maniera esponenziale proprio a causa del siderurgico. “L'esposizione continuata agli inquinanti dell'atmosfera emessi dall'impianto siderurgico ha causato e causa nella popolazione fenomeni degenerativi di apparati diversi dell'organismo umano che si traducono in eventi di malattia e di morte". E' quanto sostengono i periti, nominati dalla Procura di Taranto nel corso del processo “Ambiente svenduto”, Annibale Biggeri, docente ordinario all'università di Firenze e direttore del centro per lo studio e la prevenzione oncologica, Maria Triassi, direttore di struttura complessa dell'area funzionale di igiene e sicurezza degli ambienti di lavoro ed epidemiologia applicata dell'azienda ospedaliera universitaria Federico II di Napoli, e Francesco Forastiere, direttore del dipartimento di Epidemiologia dell'Asl di Roma. E ancora: "L'analisi per i quartieri Borgo e Tamburi, che sono particolarmente interessati al fenomeno dell'inquinamento dell'aria e dalle emissioni degli impianti industriali - rilevano sempre i periti incaricati dal gip Todisco - mostra una forte associazione tra inquinamento dell'aria ed eventi sanitari". E come non citare i recenti studi sulle donne in stato interessante dei Tamburi, che evidenziano la presenza di diossine e bonzo(a)pirene financo nel latte materno o lo studio ‘Sentieri’ pubblicato pochi mesi fa in cui si mette in risalto la presenza di pcb e metalli pesanti in vegetali e bestiame, il depauperamento e la contaminazione di terreni, aria e acqua? O l’indagine restituita dall’Istituto Superiore della Sanità sull’aumento dei casi di patologie tumorali in luoghi prossimi alle acciaierie (tumore dei polmoni il +21% tra gli uomini e il +23% tra le donne, mesotelioma della pleura +142% uomini e +110% donne,
linfoma No Hodgkin +29% uomini e +51% donne, malattie respiratorie +43 tra gli uomini e +15% donne, tumore maligno del fegato +15% tra gli uomini e + 47% tra le donne, tumori alla tiroide +45% uomini e +32% donne).


Chissà cosa ne penserebbe il Wwf se l’animale posto al centro del proprio simbolo, vivesse in queste zone e si ammalasse di tumore estinguendosi anzitempo. Cambierebbe idea o lo sostituirebbe con un meno nobile ma più “in salute ”avvoltoio?. L’uccello saprofago per eccellenza, in effetti, sarebbe forse più indicato.
Siamo alle solite. Viene riproposto in tante salse l’annoso ed erroneo dualismo “lavoro o vita”. Una balla dialettica che andrebbe una volta per tutte avvicendata con un più nobile e razionale primum vivere. La difesa della salute e della vita prima di tutto. Il resto è solo vergognosa difesa del profitto, del capitalismo più malsano a discapito di quel capitale umano che al contrario dovrebbe essere il primum movens su cui dovrebbe ruotare tutto.
Istanze filo-governative a difesa degli inquinatori che confezionano decreti salva-Ilva a cadenza sistematica e non degli inquinati. Dei carnefici e non delle vittime. Destino cinico e baro – Legambiente e Wwf - come se non bastasse, si sono anche costituite parte civile nel processo per disastro ambientale a carico dell'Ilva avanzando richieste consistenti per i danni subiti. Un paradosso d’intenti tutto italiano. Avvoltoi crudeli e rapaci mai in serio pericolo di estinzione, coccolati da un habitat tutt’altro che inospitale ma abbondante di cadaveri sempre freschi di cui cibarsi.



fonte





Secondo Edo Ronchi i dati circa le polveri sottili, a Taranto, sono tra i migliori delle città italiane.

Non lo dichiara apertamente, ma lo ha fatto... ha scalato il camino E312 dell' ILVA e ha dato una gran pippata, riempendosi i polmoni a pieno.
Uno che dice una stronzata del genere come minimo si è bruciato gl'ultimi neuroni rimasti (che già da tempo facevano a pugni tra loro):

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Edo, guarda che il camino E312 non è un cilum.
I fumi del siderugico sono estremamente nocivi (uccidono). Chissà quali allucinazioni... dai fumi gli sarà apparso Pdor che lo ha maledetto:

<EMBED WIDTH="276" HEIGHT="192" SRC="http://www.swfcabin.com/swf-files/1403376402.swf" HIDDEN="false" AUTOSTART="true" LOOP="true" volume="100"></EMBED>














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20 tonnellate più, 20 tonnellate meno..

Marina, si rompe un tubo gasolio in mare a Taranto


La rottura della valvola di una tubazione attraverso la quale era stata rifornita di gasolio una nave della Marina militare nella base navale «Chiapparo» di Taranto ha provocato lo sversamento in mare del quantitativo residuo di carburante. Si è creata una chiazza di gasolio nella zona antistante la base, che è stata assorbita in parte dalle panne di galleggiamento e poi smaltita del tutto dai mezzi navali antinquinamento della ‘Ecotaras’.


L’inconveniente tecnico è avvenuto nella tarda serata di ieri dopo le operazioni di rifornimento dell’unità navale. «Nella fase di soffiaggio per la ripulitura della tubazione - secondo quanto riferito dal Comando Marittimo Sud - una valvola di sicurezza è saltata, causando la fuoriuscita del gasolio in mare. Erano già stati posizionati, come da prassi, i sistemi antinquinamento. Il vento poi ha spinto il carburante nella zona interna e non verso il mare aperto».


BONELLI «Taranto condannata ad essere avvelenata. Ieri circa 20 tonnellate di gasolio sono fuoriuscite in mar Grande per la rottura di una tubazione presso la base navale militare in località Chiapparo». È quanto denuncia il co-portavoce dei Verdi Angelo Bonelli riferendosi all’incidente di ieri sera nell’area antistante la base navale. «Tra diossina (Ilva), benzene (Eni) e petrolio - aggiunge Bonelli in una nota - Taranto si trova in una situazione drammatica con un futuro compromesso. Se passerà il progetto Tempa Rossa triplicherà il petrolio e lo stazionamento delle petroliere nel mar Grande passeranno da 43 a circa 130 con rischio altissimo e probabile di sversamenti e incidenti nel mar Grande con conseguenze drammatiche per economia, ambiente e salute». Sulla vicenda è intervenuto anche il presidente di Peacelink Taranto, Alessandro Marescotti, secondo il quale «chi ha visto lo sversamento parla di scenario orribile. In Mar Grande erano state spostate le cozze che nel mar Piccolo risultavano a rischio diossina. Chi si è recato nel luogo della chiazza ha avvertito un senso di stordimento per le forti esalazioni». PeaceLink ritiene «ormai insostenibile la situazione e per tutelare il mare ha aderito anche alla mobilitazione contro il progetto Eni Tempa Rossa che porterà a un notevole incremento del traffico delle petroliere».





Sversamento Gasolio porto di Chiapparo.


Alle ore 15.00 del 27/06/2014 sono iniziate le operazioni di recupero e contenimento del gasolio disperso in mare a seguito di operazioni per inertizzazione di una conduttura di gasolio, presso il Molo Polisettoriale denominato Chiapparo, sede della Marina Militare Italiana. Le attività si sono concluse alle ore 23.00 dello stesso giorno. Negli ultimi anni diversi sono stati gli sversamenti e gli incidenti nella rada del Mar Grande di Taranto. Nel documento presentato questa mattina dal Comitato Stop Temparossa, che denuncia i gravi rischi a cui il progetto dell’ENI esporrebbe ancora una volta la città di Taranto, si evidenzia che dal 2007 ad oggi 4 sono stati i più rilevanti per effetto e area marina interessata, il più evidente, vista la posizione della nave, è relativo all’incagliamento e arenamento della Motonave Burgas proprio vicino al litorale di Castellaneta Marina, una delle spiagge più belle e di maggior pregio turistico del territorio tarantino.


Ma più volte si è rischiato il vero e proprio disastro ambientale e restiamo quindi in attesa di ulteriori notizie per comprendere meglio cosa è successo al Porto Militare e per capire quali ulteriori danni si sono arrecati al territorio. Anche se gli incidenti, apparentemente, sembrano differenti, il Wwf esprime preoccupazione per tutti gli attacchi che il delicato e compromesso ecosistema del Mar Grande subisce. Mar Grande, che nonostante tutto, sempre più chiaramente emerge come habitat ideale per la prolificazione di fauna marina protetta.


A dimostrazione di ciò, durante la notte scorsa, al Lido di Sibari è stata osservata una nidificazione di Caretta caretta, evento raro ma non troppo poiché negli ultimi anni diversi altri nidi sono stati trovati e controllati dal Wwf, che ha così tutelato gli esemplari di questa specie che sul nostro territorio trovano le condizioni ideali per prolificare e vivere. Ulteriori conferme della forte presenza di fauna di interesse nazionale sono gli studi condotti dalla Jonian Dolphin Consevation, che ha mappato e riconosciuto centinaia di mammiferi marini durante 3 anni di lavoro e attività per la salvaguardia dei delfini dello Ionio. Queste scoperte dovrebbero porre il Mar Grande e lo Ionio in generale all’attenzione del legislatore per salvaguardare e proteggere l’esistente, invece che autorizzare ulteriori possibilità di rischio, rispetto a quelli già presenti. Il futuro della nostra economia, identità e territorio sarà sempre più legato all’indotto del turismo e della rinaturalizzazione ambientale del arco ionico. Restiamo, quindi, in attesa di una comunicazione dell’Arpa o della Marina per valutare con attenzione l’entità del danno arrecato. (Comunicato stampa WWF)





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Bonifica Tamburi e Porto «Tutto fermo a Taranto»


TARANTO - «Taranto non può permettersi altri ritardi ed altri rinvii». Lo dice Confindustria Taranto in una lettera aperta inviata al ministro dell'Ambiente, Gian Luca Galletti, a proposito della bonifica dell'area esterna all'Ilva di Taranto: rione Tamburi di Taranto, Mar Piccolo di Taranto, Comune di Statte. «La complessa situazione che già vige all'interno ed all'esterno della grande fabbrica - una condizione al limite della criticità che abbiamo segnalato, nelle scorse settimane, in una lettera aperta al presidente del Consiglio Renzi - non ci consente di tralasciare gli aspetti fondamentali legati al risanamento delle aree limitrofe al centro siderurgico» rileva ancora Confindustria Taranto nella lettera al ministro per l'Ambiente. Per la bonifica, infatti, tutto risulta bloccato a seguito delle dimissioni, per pensionamento dal corpo dei Vigili del fuoco di cui era comamdante generale, del commissario Alfio Pini, responsabile della cabina di regia.


Sul fronte delle bonifiche dell'area esterna all'Ilva «risultano al momento “congelate” le gare d'appalto relative a diversi istituti scolastici del rione Tamburi, così come anche i progetti di bonifica dell'area industriale di Statte e la progettazione relativa al Mar Piccolo, sulla quale sono state ipotizzate varie soluzioni di intervento in considerazione della complessità e della multiformità della situazione ambientale dello specchio d'acqua» dice Confindustria Taranto nella lettera a Galletti. «Si tratta - e qui è il paradosso - di interventi già finanziati, in alcuni casi già appaltati, di progetti individuati, discussi e attentamente vagliati che attendono solo l'imput dell'organo decisore per poter essere portati ad attuazione» evidenzia ancora Confindustria Taranto al ministro dell’Ambiente. «Non vogliamo che al danno - abnorme - già subito da questo territorio per le note vicende ambientali si aggiunga la beffa di perdere finanziamenti vitali per il risanamento delle aree individuate. E non vogliamo soprattutto - sottolinea Confindustria Taranto -, che tutto ciò avvenga per noncuranza o superficialità, da sempre causa di rinvii e lungaggini che già in passato hanno prodotto guasti irreversibili di cui ancora paghiamo le conseguenze».


«Non vogliamo in questa sede cercare di comprendere il motivo dell'assoluto silenzio calato all'indomani del commiato - per raggiunto pensionamento - del commissario Alfio Pini, sul quale peraltro avevamo riposto la nostra piena fiducia; quello che invece ci preme è portare ancora una volta alla sua attenzione - scrive Confindustria al ministro Galletti - la situazione attuale e auspicare, attraverso un suo sollecito intervento, la nomina di una nuova figura commissariale che possa sbloccare al più presto le procedure - già in fase avanzata - dei diversi interventi di bonifica. La questione - conclude Confindustria Taranto - è per noi di importanza assoluta e fondamentale».


«Senza la figura attuativa del commissario - aveva protestato nelle scorse settimane l'assessore all'Ambiente della Regione Puglia, Lorenzo Nicastro - la cabina di regia è paralizzata e i 63 milioni di euro trasferiti dalla Regione non si possono spendere». In bilico sono ora le gare d'appalto per il risanamento di cinque scuole nel rione Tamburi, le più esposte all'inquinamento. I bandi di gara - spesa complessiva 9,3 milioni di euro - sono stati lanciati verso fine maggio e «se non viene sciolto il nodo del commissario - evidenzia la Regione - o non viene stabilito chi ha il ruolo di responsabilità, non si potranno stipulare i contratti».


Rischia pure di bloccarsi la bonifica dell'area industriale di Statte, dove la progettazione preliminare, a valle dell'analisi di rischio, è nella fase conclusiva e dovrà poi andare in gara una volta ricevuto l'ok del ministero dell'Ambiente. E sono altri 37 milioni di interventi. In gioco, infine, anche la prosecuzione del progetto di risanamento del Mar Piccolo.



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Un file .PDF da leggere assolutamente:
relazione-stop-tempa-rossa







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MessaggioInviato: 16/07/2014, 01:51 
Bonifiche fantasma, il fascicolo romano
coinvolge anche il siderurgico di Taranto

Svaniti nel nulla i fondi stanziati dal Ministero
per gli interventi. Indaga la Procura capitolina




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Un fascicolo enorme, nelle mani della Procura della repubblica di Roma. Si parla di «bonifiche fantasma», ovvero di soldi stanziati dal Ministero dell’Ambiente e mai giunti a destinazione. Si parla quindi di una truffa per milioni e milioni di euro. Scoprendo infine che un sostanzioso capitolo della vicenda riguarda l’Ilva, il colosso del siderurgico italiano, già a vario titolo nell’occhio del ciclone da anni.


La notizia che al momento non trova nessuna conferma dalla Procura della Repubblica di Taranto, è riportata oggi dal quotidiano «Il Tempo». «Se le indagini sono nella fase iniziale è normale che i colleghi non ci abbiamo ancora trasmesso gli atti», dichiara una fonte diretta della Procura Jonica che si dice, però, «molto interessata all’argomento». Secondo il quotidiano romano, i magistrati della capitale indagano su una presunta sottrazione di ingenti fondi pubblici (decine di milioni di euro) destinati ad opere ambientali fantasma nel siderurgico tarantino. Nella presunta truffa sarebbero coinvolti anche livelli politici del Ministero. L’inchiesta sarebbe nata dal lavoro investigativo della Procura della Repubblica di Udine che da tempo indaga sulle bonifiche fantasma della zona lagunare di Grado (Gorizia).


«Va sempre peggio per l’Ilva e per i cittadini tarantini. È gravissimo che, secondo quanto emerge dall’indagine della Procura di Roma, il Ministero dell’Ambiente abbia investito soldi pubblici per bonifiche mai realizzate. Una truffa che ci costa 100 milioni di euro, uno schiaffo inaccettabile che Taranto non merita», commenta quindi Ignazio Messina, segretario nazionale di Italia dei Valori. «Ancora una volta la mala politica incassa un colpo e viene coinvolta in un grande scandalo ambientale tra favori e soldi nascosti. Ci indigna profondamente pensare che di fronte a persone che muoiono ed un’area ormai avvelenata, il pensiero senza scrupoli, sia quello di intascare soldi. Chiediamo al Governo un piano di risanamento effettivo, fatto di controlli e regole ed il sequestro, certo ed immediato, del patrimonio dei Riva per restituirlo ai cittadini. Qualcuno a Taranto, malati e morti, li ha sulla coscienza».






fonte





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MessaggioInviato: 16/07/2014, 13:37 
I miei complimenti ad ArTisAll per averci tenuto sempre aggiornati sulla vicenda per tutto questo tempo, e la mia solidarietà a jean.

E, di nuovo, nessuno ne parla già più... se continua così le indagini saranno bloccate e i Riva avranno vinto un' altra volta.

IO farei davvero "come in Cina", caro Art... questi hanno sulla coscienza un sacco di morti. Io continuo a chiamarli col loro nome: ASSASSINI.



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MessaggioInviato: 17/07/2014, 01:41 
Cita:
Aztlan ha scritto:


I miei complimenti ad ArTisAll per averci tenuto sempre aggiornati sulla vicenda per tutto questo tempo, e la mia solidarietà a jean.

E, di nuovo, nessuno ne parla già più... se continua così le indagini saranno bloccate e i Riva avranno vinto un' altra volta.


Aztlan, grazie a te che sei tra coloro che seguono. [;)]
Bisognerebbe, appunto, parlarne il più possibile. Non dare la possibilità a nessuno di cavarsela mentre il tempo passa senza far nulla.
Anche perchè, il siderurgico continua ad inquinare et uccidere.



Cita:
Aztlan ha scritto:


... questi hanno sulla coscienza un sacco di morti. Io continuo a chiamarli col loro nome: ASSASSINI.


È il termine più appropriato. ASSASSINI!
Loro, che hanno gestito l'ILVA per anni (inquinando terra aria e mare, consapevoli e menefreghisri riguardo i danni provicati), con tutti i politici corrotti (chi cerca ricchezza, chi potere, chi entrambi... e dentro, il loro essere è spento).

Che schifo di “gente”.


Presto o tardi, la resa dei conti arriva sempre per tutti.




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Tutto come sempre


Video shock - Nuova informativa al Procuratore di Taranto

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Quasi giornalmente, operai dell'Ilva continuano a far pervenire al Fondo Antidiossina, foto e video molto eloquenti che mostrano episodi gravissimi di inquinamento.
Questa volta, però, l'obiettivo della telecamera è più a fuoco che mai e riprende scene raccapriccianti a pochi metri dall'accaduto.
Per questo abbiamo deciso di informare ancora una volta il dott. Franco Sebastio, Procuratore di Taranto,


Sappiamo anche che i custodi giudiziari, guidati dall'ing. Barbara Valenzano, hanno più volte informato il Procuratore circa il ripetersi di eventi simili a questo che continuano a verificarsi all'interno dello stabilimento Ilva, con puntuale e dettagliata documentazione.
Va ricordato che gli impianti inquinanti sono tuttora sottoposti a sequestro preventivo che, per legge, deve servire ad evitare il protrarsi delle conseguenze dannose o pericolose del reato e ad impedire che possano essere commessi ulteriori illeciti. Inoltre, come già più volte sottolineato, la Corte Costituzionale, con sentenza n. 85/2013, ha confermato la persistenza del sequestro, sia pure concedendo all’azienda la facoltà d'uso degli impianti, e ha affermato che la stessa facoltà d’'uso può essere revocata dalla autorità giudiziaria, qualora le prescrizioni non siano puntualmente, scrupolosamente e costantemente osservate.


La stessa Corte Costituzionale ha specificato che, se non vengono osservate le puntuali previsioni del nuovo provvedimento autorizzativo (Aia), l’Autorità Giudiziaria, nell’ambito delle proprie competenze, deve adottare tutte le misure idonee necessarie a sanzionare, anche in itinere, le relative inadempienze”.


Taranto, li, 23 luglio 2014
Prof. Fabio Matacchiera
(resp. Legale Fondo Antidiossina Taranto Onlus)
http://www.fondoantidiossina.it
Onlus FONDO ANTIDIOSSINA
Registrata presso l’Agenzia delle Entrate ed Anagrafe Tributaria del Ministero delle Finanze (26/01/2010




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ILVA: “tutta salute”. Immagine







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MessaggioInviato: 01/08/2014, 17:20 
Cita:
La storia
Taranto: addio al piccolo Lorenzo, il bimbo simbolo della lotta all'Ilva
Lorenzo è morto a 5 anni di tumore. E' stato il padre ad annunciarlo su Facebook, ricevendo sulla sua bacheca tantissimi messaggi di cordoglio e solidarietà. Era diventato il simbolo delle famiglie che nella città jonica avvelenata dall'inquinamento si battono per la salute dei propri figli


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Gli avevano diagnosticato un tumore al cervello a soli tre mesi dalla nascita. Il piccolo Lorenzo Zaratta di Taranto è morto ieri, mercoledì 30 luglio: aveva da pochi giorni compiuto 5 anni. Il bimbo era diventato il simbolo della lotta all'Ilva da quel 17 agosto del 2012 quando il padre Mauro salì sul palco durante una manifestazione contro l'inquinamento nel capoluogo ionico, mostrò la foto del figlio intubato e raccontò il dramma che stava vivendo.

"Certo, nessuno è in grado di dimostrare il nesso di causalità tra il tumore di Lorenzo e i fumi dell'Ilva, ma la mia famiglia lavorava lì e i miei nonni, mia mamma sono morti di tumore. Mio suocero anche era all'Ilva e mia moglie, durante la gravidanza, lavorava nel quartiere Tamburi. E tutti sappiamo che da quei camini non esce acqua di colonia, ma gas in grado di modificare il dna e provocare errori genetici come quello di mio figlio".

La campagna su Facebook
Ieri sera, su Facebook, Mauro Zaratta ha annunciato la morte del figlio con queste parole "Cari amici volevo avvisarvi che Lorenzino ci ha fatto uno scherzetto... ha voluto diventare un angioletto...". Il popolo della Rete ha manifestato vicinanza e solidarietà alla famiglia Zaratta schierandosi anche contro il Siderurgico e la grande industria ritenuta responsabile dell'emergenza sanitaria e ambientale a Taranto.

"Lollo - scrive su Facebook Rosella Balestra, del comitato 'Donne per Taranto' - era un guerriero, un piccolo guerriero della nostra terra, una terra che gli aveva regalato appena nato un destino ingiusto. Tristezza e rabbia per non aver protetto i figli di questa nostra terra, diventata matrigna e crudele. Il tempo è limitato e tu ce lo hai dimostrato...Dacci la forza per non arrenderci e proteggere ogni bambino". In un momento come questo, sottolinea Giuseppe sulla bacheca di Mauro Zaratta, "non bastano mille parole per descrivere tutto il dolore che si prova. Sappiate che Lollo è un campione e da lassù ci guarderà e ci proteggerà". Soltanto "un commento - osserva Marina - tra la commozione: lottare nel vero senso della parola per questi nostri figli".



http://www.rainews.it/dl/rainews/artico ... 9d857.html


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MessaggioInviato: 01/08/2014, 17:40 
E questi hanno avuto la faccia tosta di dire che le responsabili delle morti erano "le sigarette". Fumava anche il neonato di 3 mesi [?] [:(!] [xx(]



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MessaggioInviato: 19/08/2014, 01:52 
Ilva, GRF: Peacelink denuncia a Magistratura e Commissione Europea

GRF ILVA sotto sequestro. PeaceLink: "Perché lasciare la facoltà d'uso a reparti che non applicano l'AIA da cui fuoriescono ancora emissioni non convogliate?"
12 agosto 2014 - Redazione Peacelink

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La foto che inviamo ritrae le evidenti emissioni non convogliate dell'area GRF (Gestione Recupero Ferro) avvenute nella notte del 10 agosto scorso, alle ore 22.30 circa. E' l'immagine della gravità della situazione nella quale lo stabilimento ILVA di Taranto continua ad operare. Le emissioni non convogliate si alzano in aria dal reparto GRF posto sotto sequestro dalla magistratura. E' un reparto situato di fronte all’AFO5 (altoforno n.5).


Ricordiamo a tutti che il reparto GRF è ancora sotto sequestro e che la sua facoltà d'uso era ed è vincolata all'applicazione dell'autorizzazione AIA che ne prevedeva la copertura. La Corte Costituzionale ha specificato che la produzione dell'ILVA "può divenire illecita solo in caso di inosservanza delle norme e delle prescrizioni dettate a salvaguardia della salute e dell’ambiente".


Ai sensi della legge 231 del 2012 (la cosiddetta "Salva-Ilva" che incorporava e cristallizzava l'AIA dandole forza di legge) occorreva quindi coprire il reparto GRF da cui si sollevano quelle emissioni non convogliate che appaiono nella foto.


La legge 231 del 2012 avrebbe dovuto garantire la ferrea applicazione di tutte le norme di adeguamento degli impianti a garanzia dell'ambiente e la salute sia dei lavoratori sia dei cittadini. Cosa che non è stata fatta.


Sulla base della legge 231 del 2012 tutti gli interventi di messa a norma degli impianti di produzione dell'ILVA dovevano avvenire entro il 1° luglio 2014. Solo la scadenza della copertura del parco minerali (area di stoccaggio) faceva eccezione e aveva un termine all'ottobre 2015.


La copertura dell'area GRF doveva avvenire entro il 31 dicembre 2013, applicando la prescrizione numero 70 che specifica:


"Copertura area GRF e area di svuotamento scoria liquida dalle paiole e ripresa scoria raffreddata (BAT 11) con avvio entro 3 mesi dei lavori di costruzione di edifici chiusi, con aree adeguatamente pavimentate e dotati di sistemi di captazione e trattamento di aria filtrata, in accordo con la BAT n.11, punto III. La conclusione della realizziazione del suddetto intervento deve avvenire entro il 31 dicembre 2013".


PeaceLink ritiene inammissibile che le lavorazioni continuino senza l'applicazione di questa prescrizione in un impianto posto sotto sequestro perché considerato pericoloso in quanto - secondo il GIP Patrizia Todisco - «chi gestiva e gestisce l’Ilva ha continuato in tale attività inquinante con coscienza e volontà per la logica del profitto, calpestando le più elementari regole di sicurezza».


PeaceLink vuole ritornare a fare chiarezza sulla questione della FACOLTA' D'USO DEGLI IMPIANTI sequestrati.


La stessa Corte Costituzionale aveva chiarito che il sequestro preventivo "deve consentire la facoltà d’uso, salvo che, nel futuro, vengano trasgredite le prescrizioni dell’AIA riesaminata".


Ma se vengono trasgredite le prescrizioni dell'AIA riesaminata, come mai tutto prosegue come se quell'impianto non fosse sotto sequestro la cui facoltà d'uso è subordinata al rigoroso rispetto dell'AIA riesaminata?


Quando nel 2013 - a seguito della sentenza della Corte Costituzionale - il gip del Tribunale di Taranto, Patrizia Todisco, ha formalizzato la facoltà d’uso degli impianti dell'area a caldo sequestrati all’Ilva il 25 luglio 2012 perché inquinanti, il gip, nel farlo, ha voluto sottolineare: «Solo il rispetto rigoroso del cronoprogramma degli interventi stabilito nell’Aia assicura la tutela della salute e dell’ambiente e giustifica la prosecuzione dell’attività produttiva». Per il gip Patrizia Todisco il non rispetto degli obblighi da parte dell’Ilva, vale a dire il mancato o ritardato adeguamento delle misure disinquinanti, era «da ritenere illecito e tale da innescare conseguenze giuridiche previste in generale dalle leggi vigenti per i comportamenti illecitamente lesivi della salute e dell’ambiente». In tal caso poteva scattare un nuovo decreto di sequestro degli stessi impianti, questa volta senza facoltà d’uso e quindi senza produzione. Facendo suo il parere espresso dalla Corte Costituzionale, il gip di Taranto specificava con chiarezza lo scorso anno che la prosecuzione dell’attività produttiva dell'ILVA «non prevede né dispone la revoca dei sequestri disposti dall’autorità giudiziaria, ma autorizza la prosecuzione dell’attività per un periodo determinato ed a condizione dell’osservanza delle prescrizioni dell’Aia riesaminata». E sottolineava: «Se l’adeguamento della struttura produttiva non dovesse procedere secondo le puntuali previsioni del nuovo provvedimento autorizzativo sarebbe cura delle autorità amministrative proposte al controllo e della stessa autorità giudiziaria, nell’ambito delle proprie competenze, di adottare tutte le misure idonee e necessarie a sanzionare anche in itinere le relative inadempienze».


Sono state ad oggi sanzionate in qualche modo le inadempienza?


La cancellazione del garante dell'AIA è la dimostrazione che non solo non è stato sanzionato nulla ma che è stato eliminato persino il controllore.


Il chiaro "avvertimento" del GIP Patrizia Todisco all'ILVA avveniva a metà del 2013 quando i lavori di "adeguamento" dell'area GRF dovevano ancora essere effettuati in quanto il termine ultimo era il 31 dicembre 2013. Dal 2014 in poi ILVA avrebbe dovuto dimostrare di avere ultimato la copertura del GRF in maniera tale da non provocare più l'emissione dei fumi non convogliati visibili nella foto.


Quelle emissioni non convogliate - ben visibili nella foto - a nostro avviso rappresentano in maniera evidente la mancata applicazione dell'AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) e il venir meno alla lettera e allo spirito della sentenza della Corte Costituzionale che non forniva disco verde alla produzione ma che la condizionava al rispetto dell'AIA.


Tutto questo pone gravi interrogativi per la salute degli operai e dei cittadini. Quei fumi non sono monitorati dai sistemi di controllo sui camini perché non sono convogliati, come l'AIA richiedeva. Nell'area GRF avvengono lavorazioni "a cielo aperto" provocando oggi gli stessi fenomeni emissivi incontrollati per cui il reparto fu posto sotto sequestro senza facoltà d'uso.


Questa fotografia è un'anticipazione di quanto sarà prossimamente consegnato alla Procura di Taranto e al Noe da parte dell'associazione PeaceLink, un poderoso dossier che cataloga tutte le emissioni documentate nell'anno 2014 sino ai giorni recenti. I contenuti sono supportati da materiale fotografico, da video e da documenti che attestano l'attività dello stabilimento Ilva di Taranto in relazione alle prescrizioni non rispettate. Questo archivio assume una particolare rilevanza in quanto a oggi - 12 agosto 2014 - tutti gli interventi dell'AIA su impianti di produzione e lavorazione dovevano essere già stati completati sulla base dell'AIA riesaminata nel 2012. Tutte le proroghe e le deroghe effettuate con decreti successivi costituiscono una violazione dell'articolo 29 decies il quale prevede che si proceda non all'ammorbidimento delle prescrizioni ma

"alla revoca dell'autorizzazione integrata ambientale e alla chiusura dell'impianto, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo e di danno per l'ambiente".


PeaceLink constata con grande rammarico che lo stabilimento ILVA di Taranto continui ad operare violando le norme europee (direttiva 75/2010) in materia di tutela dell'ambiente e della salute.


Di tutto ciò PeaceLink ha già informato in data dell’11 agosto 2014 la Commissione Europea ed il Presidente del Parlamento Europeo.




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Il Giornalista (con la G maiuscola) del giorno: Luigi Abbate



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"Luigi Abbate, proprio lui, la “faccia da provocatore” (cit. Vendola) che aveva osato chiedere a Girolamo Archinà, il responsabile delle relazioni esterne dell’Ilva con cui il Presidente della Regione Puglia Nichi Vendola sogghignava ricordando il video in cui proprio il giornalista tarantino chiedeva conto delle vittime causate dall’inquinamento dell’acciaieria della famiglia Riva, è stato messo alla porta dall’emittente televisiva Blustar TV.


Senza entrare nel merito di dinamiche e decisioni proprie di una emittente privata ci sembra strano, però, che un giornalista di indubbia onestà intellettuale che con il suo ottimo operato ha sicuramente reso celebre e conosciuta quella stessa televisione locale, venga allontanato improvvisamente. Appare ulteriormente preoccupante come questo licenziamento segua, sebbene a distanza, dichiarazioni sconcertanti dell’On. Pelillo, il deputato del Partito Democratico, che durante una puntata televisiva in diretta, condotta proprio da Abbate, in una fase concitata di scambio di opinioni su uno dei decreti ILVA, ha riferito parole quali ‘L’editore lo sa? Domani parlerò con l’editore.


Voglio sapere se anche lui è d’accordo’. Abbiamo anche appreso che l’onorevole Pelillo non abbia voluto rilasciare delucidazioni in merito alla vicenda dalle testate che lo hanno contattato. Ci domandiamo come l’On. Pelillo non senta l’obbligo morale di spiegare pubblicamente quelle sue dichiarazioni rilasciate in diretta, che reputiamo di una gravità inaudita. Esse, sono da ritenersi ancora più gravi proprio perché a Taranto l’affidabilità, l’onestà e l’attendibilità dei politici e dei giornalisti è stata già messa fortemente in dubbio dalle vicende rivelate della magistratura che hanno mostrato un intreccio di interessi ed un sistema assoggettato alla grande industria, mentre cittadini ed operai morivano di tumori o di infortuni sul lavoro.


Ci auguriamo che la libertà di stampa, in Italia e in particolare a Taranto, non sia soggetta al potere politico o a quello economico, che a volte tentano di influenzare gli editori e il sistema dell'informazione tramite pressioni sull’operato dei giornalisti non ‘accondiscendenti’. Uno scenario che ricorda tempi bui non troppo lontani, che auspichiamo definitivamente nel passato.


Abbiamo depositato una interrogazione parlamentare, a prima firma Maurizio Buccarella, per chiedere al Presidente del Consiglio Matteo Renzi se “il Governo non ritenga che le dichiarazioni dell’On. Pelillo rappresentino una grave minaccia alla libertà di stampa. Una libertà di stampa che raffigura una delle garanzie che un Governo democratico, assieme agli organi di informazione, dovrebbe garantire ai cittadini ed alle loro associazioni, per assicurare l’esistenza di una stampa libera”.


Il Presidente Renzi dovrà, infine, dichiarare quali “iniziative si intendano assumere, nelle opportune sedi normative, al fine di garantire un’informazione libera ed indipendente da ogni gioco di potere, affinché ogni cittadino possa essere messo a conoscenza dei fatti quando questi sono opportunamente documentati”.


Auspichiamo che l’On. Pelillo chiarisca pubblicamente le sue affermazioni in diretta televisiva, prima della risposta del Governo all’interrogazione parlamentare. La libertà di stampa e quella di espressione sono tutelate dalla nostra Costituzione: non è accettabile che una velata minaccia o un accennato ricatto professionale possa rendere schiavi i tanti giornalisti che cercano di fare onestamente il loro lavoro nel nostro Paese." I portavoce pugliesi in Parlamento: Maurizio Buccarella, Daniela Donno, Lello Ciampolillo, Barbara Lezzi, Giuseppe L’Abbate, Diego De Lorenzis, Giuseppe D’Ambrosio, Francesco Cariello, Emanuele Scagliusi, Giuseppe Brescia



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Tutta brava gente. Brava gente che ancora non viene rinchiusa.










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