30/06/2014, 19:36
Campania, l'allarme dell'esperta: «Gli immigrati stanno riportando tubercolosi e meningite»
Lo ha detto la professoressa Triassi nel corso di un convegno: "All'origine del fenomeno la crescita degli sbarchi e le cattive condizioni igieniche delle persone che arrivano"
Crescono i casi di malattie infettive ma non c'è ancora una situazione emergenziale. Lo ha detto Maria Triassi direttore del Dipartimento di Sanità pubblica della Federico II a margine della presentazione del Progetto Araknos II.
Secondo quanto spiegato da Triassi, in Campania si assiste a un incremento dei casi di tubercolosi e al ritorno di alcune malattie infettive che, nel vecchio continente, sono «quasi del tutto debellate, silenti».
All'origine - secondo quanto spiegato da Triassi - la crescita del fenomeno migratorio che, «ogni giorno fa registrare nuovi sbarchi sulle nostre coste» e «le cattive condizioni igienico sanitarie» in cui i migranti vivono in Italia e in Campania.
«In alcune nazioni da cui provengono i migranti - ha detto Triassi - alcune patologie come la tubercolosi e la meningite, che da noi sono quasi del tutto scomparse, sono endemiche e silenti nell'individuo. Questi virus - ha aggiunto - con i climi più freddi possono acutizzarsi e diffondersi».
Una situazione che può diventare di difficile gestione soprattutto se «il portatore di malattie infettive viene a contatto con i malati cronici che, di conseguenza, soffrono di immunodepressione».
Da Triassi l'invito a «non abbassare la guardia, a estendere e consigliare le vaccinazioni obbligatorie ai migranti e a trovare soluzione al le condizioni abitative inaccettabili in cui i migranti vivono perchè - ha concluso - costituiscono un fattore che favorisce lo sviluppo di malattie infettive».
30/06/2014, 19:40
30/06/2014, 20:28
30/06/2014, 20:33
vimana131 ha scritto:
Morti due immigrati negli stabili occupati dai rifugiati: allarme Tbc
http://www.ilmessaggero.it/roma/cronaca ... 5788.shtml
Il regalo degli immigrati: Tbc agli agenti
http://www.ilgiornale.it/news/interni/r ... 32944.html
06/07/2014, 17:54
Chikungunya, il virus si estende nelle Americhe
La malattia trasmessa dalle zanzare, tipica di Asia e Africa, si è diffusa in pochi mesi nei Caraibi, dove ha colpito già 250.000 persone, e potrebbe arrivare a breve negli USA
La paziente era arrivata febbricitante all'ospedale della University of Miami la scorsa settimana; era claudicante a causa di un dolore all'articolazione, e aveva il viso ricoperto da uno sfogo. I medici hanno pensato che soffrisse di lupus eritematoso o di una grave forma di artrite reumatoide.
Tuttavia, parlando con questa donna di mezza età, i medici hanno capito – in base ai suoi sintomi e alla storia di un suo recente di viaggio nella Repubblica Dominicana – che la diagnosi era diversa: chikungunya, una malattia infettiva trasmessa dalle stesse zanzare responsabili della diffusione della febbre dengue.
Sono ormai decenni che la chikungunya affligge altre parti del mondo – in particolare Asia e Africa – con picchi di diffusione negli ultimi anni. Ma nei Caraibi è approdata solo a dicembre e ha già colpito 250.000 persone.
Questo virus di solito non è letale e non si trasmette da persona a persona. Ma il dolore che provoca può essere atroce: alcuni di coloro che sono scampati alla sua furia dicono che avrebbero preferito morire. In rari casi, l'agonia può durare per mesi, o anche per anni.
Le autorità sanitarie nei Caraibi stanno lottando per fermare l'epidemia,
in parte per la difficoltà di contenere i luoghi di riproduzione delle zanzare, in parte perché è la prima volta che si presenta la necessità di affrontare la malattia in quest'area.
Paola Lichtenberger, direttrice del Programma di Medicina Tropicale della University of Miami, è sicura che l'epidemia sia più diffusa di quanto emerge dai numeri ufficiali, per il semplice motivo che la diagnosi è difficile.
Nel frattempo le autorità sanitarie di tutto il mondo stanno tracciando accuratamente i casi accertati e incoraggiano le persone che si trovino in zone a rischio a prendere precauzioni per evitare infezioni e a eliminare le acque stagnanti. Gli aeroporti di dieci grandi città della costa orientale americana con collegamenti con i Caraibi hanno mandato ai passeggeri avvertimenti riguardo alla chikungunya.
Finora sono 73 i viaggiatori americani che hanno importato la malattia dall'estero, e altri 15 sono stati contagiati attraverso punture di zanzare a Puerto Rico e alle Isole Vergini degli Stati Uniti, anche se, nella parte continentale degli Stati Uniti, per adesso le zanzare non sono ancora infette.
Ma è solo questione di tempo, secondo Lichtenberger, che, dall'inizio dell'epidemia, ha avuto in cura tre pazienti affetti da chikungunya.
“Sono abbastanza sicura che avremo casi anche qui, se già non li abbiamo avuti”, dice.
Verso l'America
Finora, quella colpita più duramente è stata la Repubblica Domenicana, con 135.000 casi sospetti; al secondo posto c'è il Guadalupe con 40.000, seguito da Haiti con 39.000 e la Martinica con 35.000.
“Il contagio si è già esteso a tutti i Caraibi”, dice Lichtenberger.
I medici locali, che non avevano mai visto questa malattia fino a sei mesi fa, hanno difficoltà a elaborare una diagnosi corretta, specialmente perché la chikungunya può sembrare molto simile all'influenza o alla dengue, e può anche presentarsi assieme a quest'ultima.
Lichtenberger si aspetta che i casi aumentino presto nell'area continentale degli Stati Uniti.
Secondo Lichtenberger, gli abitanti dei Caraibi che hanno pianificato da tempo una vacanza o una visita ai parenti negli Stati Uniti non la annullano solo perché un membro della famiglia sta poco bene; dopodiché, se la persona malata viene punta da una zanzara una volta arrivata negli Stati Uniti, il virus può cominciare a trasmettersi.
Perciò è importante che chi è infetto prenda precauzioni per evitare ulteriori punture di zanzare: non per il proprio bene, ma per quello degli altri.
Secondo Mark Heise invece, che studia la predisposizione genetica alla malattia alla University of Norh Carolina a Chapel Hill, la chikungunya probabilmente non si diffonderà in maniera estesa negli Stati Uniti.
“Dobbiamo preoccuparcene, sì, ma niente allarmismi”, dice.
Per Heise, la trasmissione della dengue è un buon indicatore di come potrebbe diffondersi la chikungunya. La dengue costituisce un problema serio nei Caraibi e nell'America Centrale e del Sud, ma sul suolo statunitense ne sono stati rilevati solo casi sporadici, “e non costituisce una minaccia importante per la salute pubblica”.
Il tipo di zanzara che di solito trasmette la chikungunya, Aedes aegypti, non si trova negli Stati Uniti, spiega Stephen Morse, virologo e professore di epidemiologia alla Mailman School of Public Health della Columbia University di New York. Tuttavia, è possibile che anche Aedes albopictus, una specie affine nota come zanzara tigre asiatica, che vive anche fino a nord di Chicago, possa trasmettere la chikungunya.
Il virus tende a scoppiare all'interno di una specifica comunità perché colpisce molto velocemente un gran numero di persone, dice Morse; le lascia con un'immunità che può durare anni, o anche per il resto della vita.
Niente vaccino
Il termine chikungunya significa “che piega” nel dialetto locale della Tanzania dove fu identificata per la prima volta all'inizio degli anni Cinquanta. Il termine si riferiva alla postura che si assume quando si contrae il virus: piegati dal dolore.
La maggior parte delle vittime provano un dolore molto intenso alle articolazioni per 5-12 giorni, che rende loro difficile afferrare oggetti con le mani o sostenersi sulle gambe. Di solito questo dolore diminuisce entro la seconda settimana, ma alcuni pazienti “continuano a soffrire di sporadici attacchi di dolore alle articolazioni, e davvero non capiamo perché”, dice Heise.
Le persone di mezza età o più anziane e quelle già in condizioni di vulnerabilità tendono a soffrire di più dei bambini e delle persone giovani, dice Heise, che con le sue ricerche cerca di capire perché il virus si replichi nelle articolazioni e perché provochi un eccesso di reazione del sistema immunitario.
Non esiste vaccino o farmaco che possa cambiare il corso della malattia, anche se ai pazienti vengono somministrati antidolorifici e viene consigliato loro di bere molti liquidi, dice Morse.
Per evitare di essere colpiti da chikungunya quando ci si trova in aree a rischio, è il caso di prendere le usuali precauzioni contro le zanzare: abiti con maniche lunghe, uso di repellenti e tenersi alla larga da aree con acque stagnanti dove le zanzare si riproducono.
07/07/2014, 20:24
15/07/2014, 01:12
Nuovo bilancio: 891 casi, di cui 543 mortali Ebola, il virus avanza in Africa «Può diffondersi in altre aree» Tenere l’epidemia sotto controllo richiederebbe un massiccio dispiegamento di risorse da parte dei governi dell’Africa occidentale e delle organizzazioni umanitarie] Nuovo bilancio: 891 casi, di cui 543 mortali
Ebola, il virus avanza in Africa
«Può diffondersi in altre aree»
Tenere l’epidemia sotto controllo richiederebbe un massiccio dispiegamento di risorse da parte dei governi dell’Africa occidentale e delle organizzazioni umanitarie
L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) guarda e parla sottovoce. Niente a che vedere con l’allerta rosso (pandemia) dei giorni della Nuova influenza (chiamata anche Messicana o suina). Guai a enfatizzare, guai ad allarmare. E allora che cosa fare di Ebola? Virus difficilmente contrastabile se infetta, virus incurabile nella sua espressione Ebola, virus che se uccide poche decine di poveri africani e qualche sanitario animato da spirito solidale non interessa nessuno. Adesso però ci siamo. Ebola rivendica la scena sul palcoscenico internazionale. E colpisce. Ultimo bollettino: 543 il numero di morti causati dal virus di Ebola in Guinea, Liberia e Sierra Leone, portando il numero totale di contagi dallo scoppio dell’epidemia a 891, di cui 543 mortali. All’inizio di questa sua nuova apparizione era solo Guinea. Poi la lenta, ma al momento inarrestabile, diffusione. Medici senza frontiere (Msf) era già al limite delle forze all’inizio di luglio. Sta per alzare bandiera bianca, mentre il mondo guarda. Tenere l’epidemia sotto controllo richiederebbe un massiccio dispiegamento di risorse da parte dei governi dell’Africa occidentale e delle organizzazioni umanitarie. Ma cosi non è. Anche se negli aeroporti francesi resta l’allerta rosso. Non ancora come per l’aviaria, la Sars, la suina-nuova influenza.
I rischi vengono dal mare
L’Oms, infatti, si agita senza decidere. Sbaglia gravemente perché in un Paese come l’Italia i rischi vengono dal mare. Chi sopravvive al viaggio sulle carrette del mare potrebbe essere già infettato (la comparsa dei sintomi è lunga a venire e, all’inizio, i segnali sembrano quelli della malaria), veicolando Ebola verso altri lidi. Medici senza frontiere avverte di aver raggiunto il limite della capacità di azione delle proprie équipe. Bart Janssens, direttore delle operazioni in area Ebola per Msf, torna ad avvertire: «Con la comparsa di nuovi focolai in Guinea, Sierra Leone e Liberia c’è il reale rischio che l’epidemia si diffonda in altre aree». Il problema è creare aree di isolamento efficaci dove trasferire contagiati da zone rurali difficilmente raggiungibili. Pazienti affetti da Ebola sono stati identificati in più di 60 località dei tre Paesi coinvolti e questo complica gli sforzi per trattare i pazienti e limitare l’epidemia. «Quando ho lasciato la Guinea un mese fa pensavamo di aver già raggiunto il picco. In realtà siamo arrivati a quasi 900 casi confermati e più di 500 vittime. La situazione non ha precedenti - dice Saverio Bellizzi, epidemiologo Msf, rientrato dalla Guinea -. In alcune zone del Paese siamo riusciti a contenere il contagio, ma in altre abbiamo ancora un tasso di mortalità dell’80%. Una cosa è sicura: l’epidemia andrà ancora avanti per alcuni mesi».
Una questione di salute pubblica
Con Ebola non si scherza e Msf lo sa. Il virus può uccidere fino al 90% di chi viene colpito. E da quando il virus di Ebola è stata identificato, e catalogato, è la prima volta che si diffonde in tre Stati africani. Con comunità locali, terrorizzate dalla malattia, che guardano i medici stranieri con sospetto. Quasi fossero loro gli “untori”, i diffusori di questa malattia davanti alla quale nemmeno gli sciamani possono vantare rimedi. Nel frattempo, per ignoranza sulla diffusione delle infezioni, gli abitanti locali continuano a partecipare a funerali dove non si attua alcuna misura di controllo. Che cosa fare subito? «L’Organizzazione mondiale della sanità, i Paesi colpiti e quelli confinanti dovrebbero dispiegare le risorse necessarie per un’epidemia di questa portata - dichiara Janssen -. In particolare, risorse devono essere messe a disposizione del personale medico qualificato, di attività formative, di campagne di sensibilizzazione della popolazione, di monitoraggio dei contatti con persone infette. L’Ebola non è più una questione di salute pubblica limitata alla Guinea: al momento sta interessando tutta l’Africa occidentale. E non sembra volersi limitare». Msf è in prima linea, ma al momento sembra proprio lasciata da sola.
18/07/2014, 16:45
Ebola, sfiorati i mille casi in Africa
In quattro giorni 64 morti
Dall’inizio dell’anno sono oltre 600 le vittime del virus che non ha cura in Guinea, Liberia e Sierra Leone. Frontiere chiuse per la psicosi del contagio
C’è chi parla di inutili allarmismi, c’è chi dibatte sui giorni di incubazione, c’è chi – cinicamente – chiude gli occhi: «Tanto tutto ciò accade in Africa, nel cuore dell’Africa… Per noi non c’è pericolo». Così il virus ebola avanza. Lentamente ma avanza. All’ultimo bollettino di Medici senza frontiere (Msf) si aggiunge quello ufficiale dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che non getta acqua sul fuoco. Anzi presenta numeri più alti. Sfiora ormai le mille unità il numero di casi di ebola confermati o sospettati segnalati in Guinea, Liberia e Sierra Leone: dallo scoppio dei primi focolai all’inizio dell’anno al 12 luglio scorso, sono stati segnalati 964 casi, di cui 603 letali. Lo scorso 8 luglio, il totale era di 888 casi e di 539 decessi. Sessantaquattro morti in soli quattro giorni.
Psicosi contagio
La psicosi del contagio dilaga nella regione colpita da questa epidemia che sembra più cattiva delle precedenti. La gente è terrorizzata, ci sono voci, sospetti e ostilità. Anche i medici che operano in prima linea a volte faticano a guadagnare la fiducia di chi non ha la più pallida idea di che cosa sia un virus. Invisibile e letale, come una maledizione divina. «Nuovi casi continuano ad essere segnalati da Guinea, Sierra Leone e Liberia», dice il portavoce dell’Oms Daniel Epstein. La tendenza in Sierra Leone e in Liberia (rispettivamente 49 e 30 nuovi casi) resta «grave» e con un «alto livello di trasmissione», mentre la situazione in Guinea viene attentamente osservata (6 nuovi casi). L’Oms si sforza di ridurre il numero di casi e presto dovrebbe essere (finalmente) operativo il «Centro di coordinamento regionale a Conarky (Guinea) che fungerà da piattaforma per consolidare e controllare gli sforzi in atto», aggiunge Epstein. È tuttavia «molto difficile predire quanto tempo sarà necessario» per porre fine ai contagi.
Infettati nascosti dai familiari
La malattia causata dal virus ebola è grave, spesso mortale. L’infezione avviene attraverso il contatto diretto con sangue, fluidi corporei o secrezioni di soggetti infetti. L’obiettivo primario degli specialisti Msf e dell’Oms è quello di rintracciare le persone che sono state esposte ai malati e tenerle strettamente sotto controllo per 21 giorni, il tempo di incubazione del virus, per vedere se sono state infettate. In Sierra Leone e in Guinea alcuni di questi infettati sospetti sono stati nascosti da familiari e amici nella convinzione che il ricovero in ospedale sia una «sentenza di morte» mentre in Liberia alcuni operatori sono stati scacciati armi alla mano. C’è chi sostiene che siano proprio loro a diffondere il male. Un male per cui non esiste cura e che ha una mortalità fino al 90%.
Immigrati respinti alla frontiera
I Paesi confinanti alzano gli steccati. La Costa d’Avorio ha respinto alla frontiera 400 immigrati liberiani per timore che potessero diffondere il virus. Lo scrive la Bbc, citando un funzionario dell’Onu che ricorda come la decisione «inaccettabile» violi il diritto nazionale e internazionale. L’alto commissariato per i rifugiati si è offerto di effettuare esami medici sugli immigrati, ma le autorità hanno comunque rifiutato. Il portavoce del governo ivoriano, Bruno Kone, ha difeso la scelta, sottolineando che nella Regione è in atto «la più grande pandemia che si sia vista da molto tempo, non possiamo essere indulgenti in questa area». Insomma, ebola ora fa paura anche all’Onu.
27/07/2014, 00:20
Migranti a Roma, un poliziotto positivo alla Tbc
C’è un poliziotto a Roma, di quelli a contatto con gli immigrati sbarcati sulle coste del Sud, che è risultato “attaccato” dal batterio della Tbc. L’esito del test della tubercolina è arrivato ieri mattina: positivo. L’agente già lunedì sarà sottoposto a una radiografia toracica per scongiurare l’esistenza di una polmonite.
IL NUCLEO
«La positività al test, sia chiaro, rivela il contatto
con il batterio della tubercolosi, ma non prova di per sè la malattia - spiega il suo legale, Luisa Cicchetti di Assotutela -. A lui e ai suoi familiari però è preso un colpo. Sono preoccupati e in attesa di avere cognizione esatta dell’eventuale pericolo di contagio e della profilassi da seguire dopo gli altri esami. Una cosa è sicura: quello che fino a ieri sembrava solo un allarme, oggi è un pericolo concreto. E qualcuno dovrà rispondere del perché il nucleo di specialisti di cui fa parte, da Roma inviato di volta in volta dove ci fosse bisogno, finora sia stato escluso dalle precauzioni imposte dai protocolli, una negligenza imperdonabile».
Il poliziotto, trent’anni di servizio, una recente missione a Siracusa, è uno di quelli impiegati «anche occasionalmente - come cita la circolare del 4 luglio con cui il Dipartimento di pubblica sicurezza del Viminale ha disposto uno screening periodico nei confronti del personale particolarmente esposto al contatto con immigrati diretti verso le coste - impiegati in attività di soccorso, accoglienza, scorta, accompagnamento di migranti», o che svolge «servizi complementari, quali il fotosegnalamento, rilievi dattiloscopici». Appena due giorni prima, il 2 luglio aveva mandato un fax alla Direzione centrale dell’immigrazione da cui dipende con cui chiedeva di essere sottoposto ai controlli sanitari. «Poi è uscita la circolare e dopo venti giorni - continua il legale - è stato chiamato al test, si è perso altro tempo».
LE PROTESTE
«Mentre si continuano a spendere milioni e milioni di euro per l’accoglienza di migranti disperati con l’operazione Mare Nostrum – sottolineava ieri il segretario nazionale Consap, Giorgio Innocenzi – nessuno fa caso alla salute degli operatori di polizia impegnati in queste attività. Questi poliziotti hanno mogli e figli. Chi dovremo ritenere responsabile adesso se qualcuno di loro o dei loro familiari dovesse ammalarsi? Basta leggere una qualsiasi linea guida sanitaria per la prevenzione delle malattie infettive per scoprire che le mascherine chirurgiche non servono a proteggere chi le indossa dalle infezioni».
L’invito a sottoporsi al test è arrivato anche ai trecento poliziotti dell’Ufficio immigrazione di via Patini, indirizzato a coloro che sono stati esposti al contatto con i migranti. «Siamo preoccupati, non sappiamo come difenderci realmente dal pericolo di contagi - spiega Assuntino Macchia, del Siulp - non abbiamo strumenti, nè informazioni adeguate per affrontare il rischio sanitario. Non ci è stato fatto nessuno corso o altro. Al massimo ci sono arrivate comunicazioni del tipo: lavatevi spesso le mani. Ma qui manca pure il sapone. Servono controlli rigorosi all’origine, quando i migranti sbarcano». Controlli rigorosi, però, che i numeri dell’emergenza in corso, fino a mille sbarchi al giorno, non sono sempre possibili.
LA PREVENZIONE
Così la Polizia di Stato ha disposto ulteriori screening sul territorio nazionale. «Stiamo attuando controlli oltre le linee guida del mistero della Salute - afferma Fabrizio Ciprani, dirigente medico superiore presso la Direzione centrale sanitaria - Facciamo i test prima di inviare i poliziotti nei luoghi critici e li ripetiamo dopo. Dei 585 test effettuati finora 22 sono risultati positivi prima del servizio, solo tre (sono agenti di Terni, Ferrara e Bologna, ndr) dopo. Su Roma stiamo cominciando adesso. Ma la percentuale di positività riscontrata fino adesso è ampiamente nella norma rispetto al resto della popolazione. Stiamo cercando di sensibilizzare gli operatori, distribuiremo filmati brevi in cui spieghiamo le precauzioni da adottare, mentre opuscoli sono da tempo disponibili nella rete intranet. E presso le strutture c’è sempre un medico a cui chiedere. Il rischio zero ovvio non esiste, ma non c’è allarme».
27/07/2014, 00:23
Sanita': Ebola, allarme rosso in Nigeria dopo primo morto
Roma, 26 lug. (AdnKronos Salute) - Allarme rosso in tutti i punti di ingresso in Nigeria, dopo la conferma della morte di un cittadino liberiano colpito dal virus dell'Ebola nel Paese. l'uomo era arrivato martedì scorso all'aeroporto di Lagos, come riferisce la Bbc online. La sorveglianza e' stata rafforzata in tutti "gli aeroporti, i porti e le frontiere", ha affermato il ministro della Sanità, Onyebuchi Chukwu.
Dal febbraio scorso, oltre 660 persone sono morte di Ebola in Africa occidentale, in quella che al momento è l'epidemia più mortale al mondo. La prima vittima in Nigeria era un uomo di 40 anni, impiegato per il governo Liberiano. Tutti i passeggeri che hanno viaggiato con lui sono stati rintracciati e vengono monitorati, ha detto il ministro.
30/07/2014, 21:12
01/08/2014, 19:26
01/08/2014, 20:54
02/08/2014, 18:06
02/08/2014, 18:19
Lukas ha scritto:
E' un virus creato in laboratorio africano dalla fondazione Gates. cosi' ho letto. Credo intendano diffonderlo il piu' possibile