12/08/2014, 23:24
IL POPOLO EBRAICO È UN'INVENZIONE
01/09/2014, 10:23
Angel_ ha scritto:shighella ha scritto:MaxpoweR ha scritto:
col senno di poi, forse Hitler tanto pazzo poi non era... ^_^
Scherzo eh... però volendoci pensare senza strepitare su antisemitismo e cavolate varie, magari aveva individuato un focolaio importante. E potrebbe essere stato in fondo uno strumento degli stessi ebrei o di una parte di essi per togliere di mezzo un "pezzo" del loro popolo scomodo rispetto alla leggenda sulle loro origini date in pasto alle masse.
Leggendo gli articoli sui Kazhari il sospetto mi è venuto...
Visto come si scagliano contro i palestinesi che sono in realtà "più ebrei" di loro...
A pensar male si fa peccato...
Se domandi in giro: secondo te perché Hitler ha voluto l'olocausto?
Molti rispondono per epurare la razza ariana.
Altri rispondono per prendersi le ricchezze degli ebrei.
Ma se lui stesso era Ebreo e se non tutti gli ebrei massacrati erano ricchi, queste 2 supposizioni decadono entrambe.
Se consideriamo poi che le famiglie ebree più ricche se la sono cavata(e ora dirigono le sorti del mondo) a me viene una terza supposizione:
Potrebbe averlo fatto per generare un mito, per costruire un alone di "santità" attorno a questo popolo sacrificando buona parte degli ebrei ( maggiormente quelli che avevano poco rilievo nella società).
Perché sui media, tra tanti olocausti accaduti sulla terra, si ricorda in maniera più evidente quello degli ebrei?L’analisi del Dna di 39 membri viventi della famiglia di Adolf Hitler, ottenuto da campioni di saliva, ha rivelato un cromosoma, Aplogruppo Eib1b1, raro tra gli occidentali, ma comune tra i berberi in Marocco, Algeria e Tunisia, e tra gli ebrei ashkenaziti e serfarditi. Un dato sufficiente a far affermare a un giornalista e uno storico belgi, Jean-Paul Mulders e Marc Vermeeren, che il dittatore nazista aveva origini ebraiche e nordafricane. L’Aplogruppo Eib1b1 è legato al 10-20% del cromosoma Y degli ashkenaziti e tra l’,8,6 e il 30% dei sefarditi. Secondo il “Daily Telegraph” che ha riportato la notizia, tutti gli esami sono stati eseguiti in laboratorio in condizioni particolarmente severe in modo da non poter inficiare in alcun modo i risultati, qualunque fossero stati.
Fonte:http://www.storiainrete.com/3420/ultime-notizie/%E2%80%9Chitler-era-ebreo%E2%80%9D-ma-anche-no/
Molti contestano questa notizia però a me dà molto da pensare...
Quell'aplogruppo è presente anche nelle popolazioni che discendono dagli antichi etruschi...dove c'è anche una grande concentrazione di sangue 0 negativo, proprio come nella popolazione berbera...
01/09/2014, 15:06
01/09/2014, 15:31
02/09/2014, 00:15
Infatti a ben pensarci il mito della fondazione di Roma avvenuta a opera di Romolo, discendente dalla stirpe reale di Alba Longa, che a sua volta discendeva da Silvio, figlio di Lavinia e di Enea, l'eroe troiano giunto nel Lazio dopo la caduta di Troia.
Gli Etruschi potrebbero essere gli ex-troiani guidati da Enea, portatori di saperi esoterici mesopotamici da cui poi ebbe origine Roma e l'Impero (tra i sette re di Roma vi erano degli Etruschi).
09/09/2014, 14:22
Atlanticus81 ha scritto:
L'aplogruppo Eib1b1 ritrovato nel patrimonio genetico della famiglia di Hitler dovrebbe essere (uso il condizionale perché non ho ancora avuto modo di verificare) una caratteristica comune a un insieme di popoli tra cui ashkenazi e etruschi.
E tra le altre cose c'è chi sostiene che l'origine degli etruschi sia da ricercare in Lidia, Turchia anatolica meridionale, il che riconduce immediatamente a Gobekli Tepe, Kisiltepe, occhi azzurri e quant'altro.
http://www.repubblica.it/2007/06/sezion ... rchia.html
http://it.wikipedia.org/wiki/Lidia
Infatti a ben pensarci il mito della fondazione di Roma avvenuta a opera di Romolo, discendente dalla stirpe reale di Alba Longa, che a sua volta discendeva da Silvio, figlio di Lavinia e di Enea, l'eroe troiano giunto nel Lazio dopo la caduta di Troia.
Gli Etruschi potrebbero essere gli ex-troiani guidati da Enea, portatori di saperi esoterici mesopotamici da cui poi ebbe origine Roma e l'Impero (tra i sette re di Roma vi erano degli Etruschi).
Quell'Impero Romano che, in un modo o nell'altro, è sempre stato presente nella storia occidentale, fino ad oggi.
Bisognerebbe vedere l'aplogruppo degli imperatori romani per vedere se siano in qualche modo tutti collegati alla stirpe mesopotamica "nephilitica" ashkenazita.
Stiamo chiudendo il cerchio attorno al Player C!
Non so se ve ne rendete conto...
10/09/2014, 15:04
25/09/2014, 14:50
26/09/2014, 01:03
Il Priorato di Sion pretende di custodire il tesoro perduto del Tempio di Gerusalemme, saccheggiato da Tito nel 70 dC, il quale sarà restituito ad Israele "al momento giusto." Tutto ciò potrebbe spiegare perché Roma debba rispondere al "re della terra" e mantenere vivo un patto con gli Ebrei.
03/10/2014, 18:46
Eugenetica in Israele: gli esperimenti su 100000 bambini ebrei sefarditi negli anni 50 da parte del governo
Nel 1951 il dottor Chaim Sheba, direttore generale del ministero della Sanità, fece un viaggio in America. Ne tornò con sette macchine a raggi X fornite dall’esercito USA. Queste macchine furono usate per irradiare un enorme numero di bambini ebrei sefarditi – si dice fino a centomila – quasi tutti provenienti dal Marocco, le cui famiglie erano state convinte a fare «il ritorno» in Israele. A ciascuno di questi bambini fu somministrata 35 mila volte la dose massima consentita di radiazioni, concentrate sulla testa.
Per questo test di massa, il governo americano – che aveva bandito dal ’51 gli esperimenti atomici su esseri umani e aveva bisogno di cavie – pagò al governo israeliano 300 mila lire israeliane l’anno, non si sa per quanti anni. Si pensi che l’intero bilancio del Ministero della Sanità israeliano ammontava allora a 60 mila di quelle lire.
Israele ottenne anche elementi tecnici del know-how necessario per avviare il proprio programma militare nucleare. L’iniziatore di tale programma era stato Shimon Peres,laburista e uomo di pace per tutti i media. Allora, Peres era direttore generale del ministero israeliano della Difesa.
Per ingannare i genitori, fu detto loro che le irradiazioni servivano per curare un parassita cutaneo, la tricofizia dello scalpo. I bambini furono caricati su pullman per «gite scolastiche». Almeno 6 mila di quei bambini morirono subito dopo le somministrazioni; molti altri sono morti nel corso degli anni per tumori. Alcuni sono ancora vivi, ormai anziani, e sofferenti di gravi disturbi, dall’Alzheimer alla cefalea cronica, dall’epilessia alla psicosi.
L’episodio non è la fantasia di un «antisemita». E’ stato l’oggetto di un documentario, «100000 Radiations», prodotto nel 2003 dalla Dimona Productions Ltd. (Dimona è il luogo delle installazioni atomiche giudaiche), registi Asher Khamias e David Balrosen, produttore Dudi Bergman. Il 14 agosto 2006 l’ha persino trasmesso la tv israeliana Canale 10.
Il documentario intervistava diversi superstiti. Una vecchietta marocchina che ricorda di quel che sofferse da piccola: «Urlavo: mal di testa vai via, mal di testa vai via, vai via… Non andava mai via». Un sessantenne che ne dimostra venti in più, piegato in due mentre cammina esitante per la strada: «Devo zoppicare per non cadere in avanti. Mi hanno tolto la giovinezza, con quei raggi». Una donna con la faccia tutta storta: «Tutti e tre i miei figli hanno la mia stessa forma di cancro. E’ una coincidenza?». Ovviamente le radiazioni hanno alterato il codice genetico delle vittime, portando a malformazioni dei figli.
Le ebree marocchine di oggi, in età avanzata, soffrono di una forma orribile di alopecia, con cicatrici sul cuoio capelluto, che cercano di nascondere con l’hennè e con copricapi. Il pubblico israeliano ritiene si tratti di un carattere «razziale» della comunità marocchina.
Nel documentario, un’anziana con pochi pietosi ciuffi di capelli sparsi sul capo mostra una sua foto giovanile: è una tredicenne con una folta chioma nerissima. «Ero io prima della cura», dice.
Una infermiera che aveva partecipato all’operazione: «Ce li portavano (i bambini) in file e file. Anzitutto, gli rasavano la testa e la ungevano con un gel che bruciava. Poi gli mettevano una palla fra le gambe e gli dicevano di non lasciarla cadere, così non si potevano muovere. Io indossavo il grembiule al piombo, ma per loro non c’erano indumenti protettivi. Mi era stato detto che era un trattamento per la tricofizia. Avessi saputo il pericolo che quei bambini affrontavano, mai avrei cooperato, mai!».
Parla anche un ebreo di nome Davi Deri, che si ricorda di quando era bambino: «Ero in classe e vennero delle persone per portarci in un giro scolastico. Fecero l’appello, ci chiesero i nostri nomi. Ai bambini askhenazi dissero di tornare al loro banco. Solo i bambini di pelle scura furono portati nel bus».
I sefarditi sono praticamente indistinguibili dagli arabi nordafricani; in Israele costituiscono una sottoclasse oppressa, ridotta a vivere di espedienti e reati. I dominatori askhenazi (non una goccia di sangue di Abramo nelle loro vene) hanno diffuso l’idea che i sefarditi sono sotto-sviluppati mentali. Ma i sefarditi marocchini che hanno avuto la fortuna di emigrare in Francia anzichè in Israele, costituiscono una comunità rispettata e di successo. Certo, aver ricevuto in testa 35 mila volte più radiazioni di quelle ammesse, non deve aver aiutato il fiorire delle intelligenze.
Nel documentario, si chiarisce oltre ogni dubbio che l’esperimento genocida fu cosciente e deliberato. Vi si mostra il documento medico che indicava, nel 1952, le precauzioni da prendere per i raggi X. La dose massima da somministrare a un bambino vi era indicata in 0,5 rad. Il pericolo delle radiazioni era noto da 40 anni. Si fanno anche i nomi dei due responsabili, che avevano espresso idee razziste contro i sefarditi.
Sono due personaggi mitici del sionismo: Nahum Goldmann e Levi Eshkol.
Goldman passò il periodo bellico prima in Svizzera, poi a New York, dove fu nominato capo del Congresso Ebraico Mondiale, diretto da Samuel Bronfman, della famiglia ebreo-canadese proprietaria della Seagram Wiskhy e del colosso chimico DuPont.
Secondo lo storico ebreo-canadese Mordechai Richler, in quegli anni Brunfman si era adoperato per impedire che gli ebrei europei, fuggendo dal Reich, ricevessero asilo in Canada. Bronfman strinse un accordo su questo con l’allora premier canadese Mackenzie King. Decenni dopo, un suo erede, Edgard Bronfman, strinse un simile accordo con Gorbaciov: se lasciava emigrare i due-tre milioni di ebrei russi, l’URSS avrebbe ottenuto lo status di «nazione più favorita» con gli USA. Ma ad una condizione: gli ebrei russi dovevano essere fatti emigrare solo in Israele, non altrove.
Nahum Goldman, negli anni della guerra, cooperò a quell’esodo selezionato, e sorvegliò che gli ebrei salvati andassero «solo» in Israele.
Quanto a Levi Eshkol, il suo ruolo nell’Olocausto fu anche più ambiguo. Come si legge nella biografia ufficiale sul sito web del governo israeliano, «nel 1937 Levi Eskol ebbe una parte essenziale nel creare la compagnia idrica (israeliana) Mekorot.
Come dirigente di tale ditta, ebbe modo di convincere il regime germanico a lasciar emigrare gli ebrei tedeschi in Palestina con i loro beni, per lo più in forma di attrezzature e macchinari Made in Germany». Insomma un bell’accordo commerciale con i nazisti, con cui a quell’epoca Eskol era in ottimi rapporti.
Seguace aperto di Sabbatai Zevi lo pseudo-messia, Levi Eshkol divenne nel 1951 ministro dell’agricoltura, poi dal 1952 al 1963 ministro delle finanze.
[img]http://www-personal.umich.edu/~szwetch/Stamps.of.Israel/Eshkol.stamp.JPEG/[img]
«Un decennio», si legge nella sua biografia ufficiale, «caratterizzato da eccezionale crescita economica, nonostante il peso del finanziamento dell’immigrazione e del suo assorbimento e la guerra del Sinai del 1956. Tra il 1949 e il 1963, Eshkol fu anche il capo della divisione insediamenti dell’agenzia Ebraica, responsabile di ottenere i fondi per l’assorbimento delle massicce ondate di emigranti, nonché per le forniture militari all’esercito».
Tra le massicce ondate di immigranti, ce n’erano evidentemente alcune di troppo, sgradite per il colore della pelle e perché non parlavano yiddish come gli askhenazi; ma del porco non si butta via niente. Come cavie sperimentali, le bocche inutili diventavano una fonte di profitto.
Tuttavia, sul genocidio dei bambini sefarditi compiuto dal santo regno di Sion mancano tutti i documenti per risalire con precisione ai responsabili. A Canale Dieci, nel dibattito che è seguito al documentario, il portavoce del ministero della Sanità Boaz Lev ha ammesso: «Quasi tutti i documenti (sulla vicenda) sono stati bruciati».
La cosa fu ripetuta, a quanto pare, su 4500 bambini, per lo più figli di immigrati ebrei dallo Yemen.
Anni dopo fu perfino creato un movimento per quei bambini yemeniti, fondato dal rabbino Uzi Meshulam. Costui asseriva che i 4500 bambini, rapiti alle famiglie, erano stati mandati in America dove erano morti in esperimenti. Rabbi Meshulam fu messo in prigione; ne è uscito in stato vegetativo, da cui non si è più ripreso.
Anni dopo, un altro rabbi David Sevilla confermò la versione, apparentemente pazzesca. Esisterebbero persino foto delle orribili cicatrici da radiazioni sui corpi di quei bambini, e delle gabbie con cui furono trasportati in USA.
Effettivamente, gli USA avevano segretamente adoperato detenuti e deboli mentali come cavie umane per constatare gli effetti delle esplosioni atomiche; negli anni ’40 la cosa trapelò, e il Pentagono dovette smettere tali esperimenti. Aveva però bisogno di altre cavie umane.
E’ possibile che gli askhenazi israeliani le abbiano fornite, liberandosi così di ebrei purissimi ma culturalmente «orientali», dunque «inferiori» e indesiderati?
Il governo di allora aveva come primo ministro David Ben Gurion, mitico padre della patria sionista. Ministro degli esteri era Levi Eskol, Golda Meir ministra del lavoro, Eliezer Kaplan ministro degli insediamenti, Moshe Sharrett ministro della Sanità; Shimon Peres, come detto, direttore generale della Difesa.
Il Gotha luminoso del sionismo, avvolto nella eroica leggenda di Sion.
Costoro erano sicuramente al corrente dell’esperimento delle centomila radiazioni.
Eliezer Kaplan, come ministro delle finanze, deve aver gestito i notevoli profitti dell’operazione: oggi un famoso ospedale israeliano è dedicato al suo nome immortale.
Come anche Chaim Sheba, il sionista che diresse in quegli anni la «Ringoworm Incorporated», la ditta creata ufficialmente per combattere la tricofizia del cuoio capelluto (una piaga dell’epoca, dovuta alla scarsa igiene degli ebrei sefarditi).
Yosef Burg, ministro della Sanità, ebbe certamente un ruolo in questa operazione di «igiene preventiva»; del resto, rabbi Meshulam, prima di perdere la ragione nelle galere ebraiche, accusava Burg di essere il mandante del rapimento e della scomparsa dei 4500 bambini yemeniti.
Curiosamente suo figlio, Avraham Burg, già presidente della Knesset, ha preso pubblicamente le distanze dal razzismo talmudico sionista.
Levi Eshkol, con le sue varie cariche e la responsabilità di far soldi per il bene di Sion, potrebbe essere stato l’ideatore e l’esecutore del grosso affare con gli americani.
A Canale 10, come s’è detto, il documentario è stato seguito da un dibattito. L’anchorman della tv, Dan Margalit, ha spiegato l’olocausto segreto è da ricordare così: Lo Stato era povero. Era una questione di sopravvivenza quotidiana. Come dire: l’esistenza stessa di Israele è in pericolo, Israele ha diritto di difendersi.
http://www.informarexresistere.fr/2014/ ... l-governo/
03/10/2014, 21:56
12/12/2014, 23:35
MaxpoweR ha scritto:Il Priorato di Sion pretende di custodire il tesoro perduto del Tempio di Gerusalemme, saccheggiato da Tito nel 70 dC, il quale sarà restituito ad Israele "al momento giusto." Tutto ciò potrebbe spiegare perché Roma debba rispondere al "re della terra" e mantenere vivo un patto con gli Ebrei.
Giusto un anno dopo l'uscita di scena degli Elohim da quell'area avvenuta il 69d.c....
13/12/2014, 02:27
15/12/2014, 19:50
MaxpoweR ha scritto:
Volentieri ma devi indirizzarmiDa dove partiamo?
15/12/2014, 21:13
L'anno dei quattro imperatori corrisponde, all'interno della storia romana, all'anno 69, così chiamato in quanto durante questo anno regnarono quattro imperatori: Galba, successore di Nerone in carica dal giugno 68, Otone, entrato in carica a gennaio, Vitellio, imperatore da aprile, e Vespasiano, che ottenne la porpora a dicembre per tenerla saldamente per dieci anni. Galba venne eletto in Hispania,[3] Vitellio dalle legioni germaniche,[2][3] Otone dalla guardia pretoriana a Roma[3] ed infine Vespasiano dalle legioni orientali e danubiane.[3]
Ninfidio Sabino, deluso da Galba che aveva appena deciso di sostituirlo con Cornelio Lacone nel ruolo di prefetto del pretorio, tentò allora di sfruttare la situazione difficile per farsi nominare imperatore dai pretoriani. Questi tuttavia, temendo l'inevitabile reazione di Galba e non volendo perdere l'enorme ricompensa da lui promessa al suo arrivo a Roma, rifiutarono la sua proposta e lo uccisero nel Foro romano[2] (gennaio del 69).
Il 21 dicembre, il giorno dopo l'ingresso delle truppe di Antonio Primo in Roma, e l'uccisione di Vitellio il Senato proclamò Vespasiano imperatore e console con il figlio Tito, mentre il secondogenito Domiziano veniva eletto pretore con potere consolare.[137] Il 22 dicembre anche Muciano raggiunse Roma, entrando in città al comando delle sue truppe e mettendo fine alle stragi che si stavano perpetrando dagli uomini di Antonio, alla ricerca dei soldati di Vitellio e di quei cittadini che si erano schierati dalla sua parte. Si contarono più di cinquantamila morti dopo questi scontri.[129] Muciano accompagnò, quindi, Domiziano nel Foro romano e lo raccomandò al popolo romano come Cesare e reggente fino all'arrivo del padre dall'Oriente, mentre il giovane principe pronunciò loro un discorso.[138]. Il popolo allora, finalmente libero da Vitellio e dai vitelliani, acclamò Vespasiano imperatore, celebrando l'inizio di un nuovo principato e la fine di Vitellio.[129]
Frattanto Vespasiano, che era giunto ad Alessandria d'Egitto, fu raggiunto dalla notizia che Vitellio era morto e che il popolo di Roma lo aveva proclamato imperatore (fine dicembre del 69).[129][139] Giunsero, quindi, numerose ambascerie a congratularsi con lui da ogni parte del mondo, ora era diventato suo. Vespasiano, ansioso di salpare per la capitale non appena fosse terminato l'inverno, sistemò le in Egitto e spedì il figlio Tito con ingenti forze a conquistare Gerusalemme e porre fine alla guerra in Giudea.[140]
Di ricca famiglia sacerdotale, partecipò alla guerra giudaica e, nel 67 fu catturato da Vespasiano che lo trattò benignamente per poi liberarlo. Per riconoscenza, Giuseppe assunse il soprannome di Flavio. In Palestina con Tito fu testimone della presa di Gerusalemme. Accompagnò poi Tito nell’Urbe dove visse per il resto della sua vita. Giuseppe Flavio si prefisse con le sue opere di promuovere nel mondo ellenistico e romano la conoscenza della realtà ebraica. Scrisse la “Guerra giudaica” in sette libri prima in aramaico poi in greco, mettendo a frutto la sua cognizione diretta dei fatti. Di più largo respiro sono le “Antichità giudaiche” in venti libri, in greco, in cui è ripercorsa la storia dei Giudei dalle origini ai tempi della rivolta, attingendo a fonti ormai scomparse. Nei due libri “Contro Apione”, un grammatico alessandrino che si era pronunciato contro gli Ebrei, riprese i motivi tradizionali dell’apologetica giudaica sull’antichità e la superiorità degli Ebrei rispetto ai Greci. Nell’”Autobiografia” integrò alcune parti delle “Antichità”.
“A causare la loro morte fu un falso profeta che in quel giorno aveva proclamato agli abitanti della città che il Dio comandava loro di salire al tempio per ricevere i segni della salvezza. E in verità allora, istigati dai capi ribelli, si aggiravano tra il popolo numerosi profeti che andavano predicando di aspettare l'aiuto del Dio e ciò per distogliere la gente dalla diserzione e per infondere coraggio a chi non aveva nulla da temere da loro e sfuggiva al loro controllo. Nella disgrazia l'uomo è pronto a credere e, quando l'ingannatore fa intravedere la fine dei mali incombenti, allora il misero s'abbandona tutto alla speranza. Così il popolo fu allora abbindolato da ciarlatani e da falsi profeti, senza più badare né prestar fede ai segni manifesti che preannunziavano l'imminente rovina.
Quasi fossero stati frastornati dal tuono ed accecati negli occhi e nella mente, non compresero gli ammonimenti del Dio, come quando sulla città apparvero un astro a forma di spada ed una cometa che durò un anno o come quando, prima che scoppiassero la ribellione e la guerra, essendosi il popolo radunato per a festa degli Azzimi nell'ottavo giorno del mese di Xanthico, all'ora nona della notte l'altare e il tempio furono circonfusi da un tale splendore che sembrava di essere in pieno giorno ed il fenomeno durò per mezz'ora. Agli inesperti sembrò di buon augurio, ma dai sacri scribi fu subito interpretato in conformità di ciò che accadde dopo.
Durante la stessa festa, una mucca, che un tale menava al sacrificio, partorì un agnello in mezzo al sacro recinto; inoltre la porta orientale del tempio, quella che era di bronzo e assai massiccia, sì che la sera a fatica venti uomini riuscivano a chiuderla e veniva sprangata con sbarre legate in ferro e aveva dei paletti che si conficcavano assai profondamente nella soglia costituita da un blocco tutto d'un pezzo, all'ora sesta della notte fu vista aprirsi da sola. Le guardie del santuario corsero a informare il comandante che salì al tempio e a stento riuscì a farla richiudere. Ancora una volta questo parve agli ignari un sicurissimo segno di buon augurio, come se il Dio avesse spalancato a loro la porta delle sue grazie; ma gli intenditori compresero che la sicurezza del santuario era finita di per sé e che l'aprirsi della porta rappresentava un dono per i nemici e pertanto interpretarono in cuor loro il prodigio come preannunzio di rovina.
Non molti giorni dopo la festa, il ventuno del mese di Artemisio (21 Aprile), apparve una visione miracolosa cui si stenterebbe a prestar fede; e in realtà, io credo che ciò che sto per raccontare potrebbe apparire una fola, se non avesse da una parte il sostegno dei testimoni oculari, dall'altra la conferma delle sventure che seguirono.
Prima che il sole tramontasse, si videro in cielo su tutta la regione carri da guerra e schiere di armati che sbucavano dalle nuvole e circondavano le città. Inoltre, alla festa che si chiama la Pentecoste, i sacerdoti che erano entrati di notte nel tempio interno per celebrarvi i soliti riti riferirono di aver prima sentito una scossa e un colpo e poi un insieme di voci che dicevano: “Da questo luogo noi andiamo via”.
rifletté sul giusto destino di essere stato fatto signore del mondo. Fra i molti presagi ricevuti da ogni parte a predirgli l'impero, si ricordò delle parole di Giuseppe, che aveva avuto il coraggio di chiamarlo imperatore quando Nerone era ancora in vita. [86] Sapendo che Giuseppe era ancora in prigione, convocò Muciano assieme ad altri generali e amici e, dopo aver ricordato loro la sua perizia militare nell'assedio di Iotapata, accennò alle sue predizioni, che al momento aveva sottovalutato, ma che il tempo ed i fatti ne avevano dimostrato la bontà e l'origine divina. [86]
« Mi sembra vergognoso che chi mi ha predetto l'impero [...] sia ancora in prigionia con le catene. »
(Giuseppe Flavio, La guerra giudaica, IV, 10.7.626)
Detto ciò, fece condurre Giuseppe al suo cospetto e diede ordine di togliergli i ceppi. Tito, che stava assistendo alla scena a fianco del padre, gli suggerì: [86]
« Padre è giusto che Giuseppe venga liberato, oltre che dei ceppi anche della vergogna. Se noi non slegheremo le sue catene, ma al contrario le spezzeremo, dimostreremo che egli non è mai stato incatenato. Così accade a chi è stato incatenato ingiustamente. »
(Giuseppe Flavio, La guerra giudaica, IV, 10.7.628)
Vespasiano accolse la richiesta del figlio e la catena venne spezzata a colpi di scure. Così Giuseppe, ricevuta la libertà, poté godere del credito di profeta. [86]
che era giunto ad Alessandria d'Egitto, fu raggiunto dalla lieta notizia che Vitellio era morto e che il Senato ed il popolo di Roma lo aveva proclamato imperatore (inizi di gennaio del 70).[90][94] Giunsero, quindi, numerose ambascerie a congratularsi con lui da ogni parte del mondo, ora diventato suo. Vespasiano, ansioso di salpare per la capitale non appena fosse terminato l'inverno, sistemò le cose in Egitto e spedì il figlio Tito con ingenti forze a conquistare Gerusalemme e porre fine alla guerra in Giudea.[100]