19/12/2014, 16:52
19/12/2014, 16:57
Thethirdeye ha scritto:Economia allo sbando: quello che gli altri non dicono[/wbf]
L'economista Eugenio Benetazzo prevede una bancarotta a livello mondiale
[BBvideo]http://www.youtube.com/watch?v=PYVpsibShNg[/BBvideo]
Pubblicato il 01/12/2014 da La Fucina
http://www.lafucina.it/2014/12/01/economia-allo-sbando/
[wbf]Eugenio Benetazzo, economista indipendente, da parecchi anni “profetizza una bancarotta a livello mondiale e limpatto che la crisi economica avrà nella vita sociale di tutti noi. Con la sua tagliente dialettica, Benetazzo rivela i segreti della crisi che non è dovuta ai mutui subprime. I reali responsabili sono la Banca mondiale, il Wto, l’abbattimento delle barriere doganali e la cancellazione dei sussidi per l’agricoltura. L’autore accompagna la sua esposizione con l’ausilio di grafici, ma anche di divertenti vignette, affrontando temi quali: il problema energetico, la crescita demografica, l’impoverimento delle risorse tra le quali l’acqua, probabile causa di prossime guerre e rivoluzioni.”
19/12/2014, 17:03
Thethirdeye ha scritto:
Che spettacolo ragazzi..... non so voi, ma io comincio ad essere
davvero ottimista per le sorti del pianeta.....Déjà vu. Nel 2007 fu l'immobiliare. Ora sarà il petrolio
a scatenare crisi finanziaria mondiale?
Allarme default. JP Morgan: "Se i prezzi del petrolio rimarranno
a $65 per tre anni, a rischio il 40% junk bond emessi dalle società
energetiche".
http://www.wallstreetitalia.com/article ... diale.aspx
19/12/2014, 19:40
22/12/2014, 00:13
26/12/2014, 13:38
26/12/2014, 18:17
C'è del marcio in Scandinavia: così declina il modello nordico
Svezia, Finlandia, Norvegia e Danimarca si scoprono più fragili sotto i colpi della crisi economica, dell'insostenibile pesantezza del Welfare di fronte alle sfide demografiche e migratorie, delle tensioni innescate dal populismo. A complicare il quadro, ora, si aggiunge il crollo del petrolio
Il declino del modello nordico / Svezia: stabilità politica addio
A neppure tre mesi dalle elezioni vinte dal suo partito, il premier socialdemocratico Stefan Lofven si è dimesso dopo la bocciatura del budget. Il 22 marzo gli svedesi torneranno alle urne. Evento abbastanza frequente alle nostre latitudini, il voto anticipato, ma che a Stoccolma non si verificava dal 1958. A determinarlo è stato il peso decisivo ormai giocato negli equilibri politici dai Democratici Svedesi (13% alle elezioni di settembre), il partito populista anti-immigrati di Jimmie Akesson che ha usato il voto sul bilancio come ritorsione contro le politiche migratorie del governo, a suo giudizio insostenibili. La tradizionale linea di accoglienza della Svezia, il Paese con il più alto numero di rifugiati pro capite in Europa, è condivisa da tutte le forze politiche, ma i Democratici l'hanno messa pesantemente in discussione, chiedendo un taglio del 90% delle richieste d’asilo. E hanno portato il tema alla ribalta, favoriti dalle oggettive difficoltà del generoso sistema di welfare di cui, peraltro, negli ultimi anni è stato avviato un graduale smantellamento, non privo di polemiche. Sul fronte economico il Paese è uscito bene dalla crisi (dal 2008 la crescita del Pil è stata del 7% complessivo, contro un -1,3% della Ue), ma creano una certa preoccupazione il declino e la perdita di competitività del settore manifatturiero (l'anno scorso Volvo Trucks ed Electrolux hanno annunciato il taglio di circa 2mila posti di lavoro). E ora il mondo del business teme di non poter più contare sulla tradizionale stabilità politica.
Il declino del modello nordico / Finlandia: il nuovo malato d'Europa
Nel secondo e terzo trimestre dell'anno il Pil finlandese è tornato timidamente a crescere (+0,4 e +0,2%), ma non basta per tirare il fiato e, per Helsinki, le prospettive sono di un terzo – il 2014 – e forse anche un quarto anno di contrazione. Un declino sancito in ottobre dalla perdita della tripla A, con il taglio del rating da parte di Standard & Poor's. «Siamo nel mezzo di un “decennio perduto”», aveva dichiarato ad agosto il primo ministro liberalconservatore Alexander Stubb, che già sente sul collo il fiato dei Finlandesi, la destra populista che dalla crisi economica potrebbe trarre ulteriore vantaggio (anche se gli ultimi sondaggi in vista del voto di aprile li danno al quarto posto). La crisi ha radici ormai ben note. C’è il crollo del colosso delle telecomunicazioni Nokia e del settore IT, che un tempo pesava un decimo del Pil di Helsinki e oggi vale solo il 4% (anche se proprio Nokia ha dato recenti segnali di ripresa e vitalità nel settore delle reti, che è ormai il suo core business). C’è la crisi dell'industria del legno e della carta. E#8201;pesano anche gli ultimi sviluppi congiunturali, come la flessione della domanda interna e il calo delle esportazioni dovuto alle performance deludenti di tradizionali mercati di sbocco, come l'Eurozona e la Russia. Si aggiunge poi un problema demografico: la Finlandia ha la popolazione che invecchia più rapidamente dopo il Giappone, ha bisogno di aumentare la forza lavoro e migliorare la produttività, cresciuta solo dell'1% tra il 2000 e il 2010 contro un +2-3% degli Anni 80 secondo un rapporto di Boston Consulting Group.
Il declino del modello nordico / Norvegia: ombre sul tesoretto petrolifero
«Abbiamo bisogno di nuove industrie, un nuovo sistema fiscale e un miglior clima per gli investimenti in Norvegia». Le dichiarazioni di pochi giorni fa di Erna Solberg, primo ministro norvegese, tradiscono la preoccupazione dominante a Oslo in questi giorni: che cioè il crollo del prezzo petrolio, alla base delle fortune economiche del Paese, ne minacci le prospettive. La Norvegia è oggi il maggior produttore in Europa; grazie al petrolio del Mare del Nord, da cui arriva un quinto del suo prodotto interno lordo, ha finanziato un generoso sistema di welfare e raggiunto un tenore di vita che ne fa il secondo per Pil pro capite nel Vecchio Continente (alle spalle del Lussemburgo). Ora però il clima è cambiato e gli effetti si cominciano a sentire. Già nel terzo trimestre dell'anno il fondo sovrano di Oslo, ampiamente alimentato dalle rendite petrolifere, aveva fatto sapere di aver registrato una redditività appena dello 0,1 per cento. Ora si aggiungono ripercussioni negative su crescita investimenti e occupazione. Negli ultimi mesi sono stati persi 7mila posti di lavoro. Nel 2015 le compagnie energetiche norvegesi taglieranno gli investimenti del 14%. E le stime di crescita del Paese sono state corrette dall'istituto di statistica: dal 2,1 all'1 per cento nel 2015. «Senza la spinta del settore petrolifero – ha dichiarato al Wall Street Journal Kyrre Aamdal, analista di Dnb Bank – potremmo diventare molto simili ad altri Paesi».
Il declino del modello nordico / Danimarca: un debito privato record
Un'economia piccola come quella danese è stata particolarmente colpita dalla crisi finanziaria globale, esplosa qui insieme alla bolla immobiliare, con successivo tracollo delle banche. Il Paese è in ripresa progressiva, seppure ancora timida a causa di un insoddisfacente livello di produttività, investimenti ed export ancora deludenti. Lo testimoniano anche i dati: il Pil rimane oltre quattro punti percentuali al di sotto del livello pre-crisi, sebbene le rilevazioni più recenti rivelino un'accelerazione che fa ben sperare (nel terzo trimestre l'economia è cresciuta dello 0,5% congiunturale). Uno dei nodi che imbrigliano la ripresa danese è la spesa delle famiglie, motore decisivo dell'attività economica prima della crisi quando, tuttavia, veniva alimentato soprattutto dai debiti, in particolare i mutui concessi con grande generosità: non a caso il debito privato nel 2009 aveva raggiunto un livello record, il 320% del reddito disponibile. Oggi, dopo cinque anni di spesa stagnante e inevitabili sforzi di regolamentazione del settore bancario, il debito è sceso al 290% (fonte: Economist Intelligence Unit) ma rimane il più elevato tra i Paesi Ocse. In tempi di incerta ripresa e timori di ricadute è difficile attendersi che le famiglie si indebitino ulteriormente. I consumi, dunque, continuano a restare fiacchi. Rimane debole poi la performance del settore industriale, che come quello finlandese lamenta un deficit di produttività rispetto agli anni Ottanta.
27/12/2014, 05:53
27/12/2014, 16:23
gippo ha scritto:
Maestri pagati con buoni pasto: la Francia sta per fallire
http://www.libreidee.org/2014/12/maestr ... r-fallire/
27/12/2014, 16:27
27/12/2014, 16:59
Thethirdeye ha scritto:gippo ha scritto:
Maestri pagati con buoni pasto: la Francia sta per fallire
http://www.libreidee.org/2014/12/maestr ... r-fallire/
Bene... vuol dire che il GRIDO contro i criminali nazi-europei,
sarà ancora più forte.... saremo meno soli.
27/12/2014, 17:22
Aztlan ha scritto:Thethirdeye ha scritto:gippo ha scritto:
Maestri pagati con buoni pasto: la Francia sta per fallire
http://www.libreidee.org/2014/12/maestr ... r-fallire/
Bene... vuol dire che il GRIDO contro i criminali nazi-europei,
sarà ancora più forte.... saremo meno soli.
Temo che loro grideranno, mentre qui continueranno a ripetere a pappagallo quanto sentito in televisione.
L' Italia è praticamente condannata, a meno di cambiare governo con uno dalle posizioni opposte il destino è segnato.
27/12/2014, 17:36
27/12/2014, 17:48
28/12/2014, 17:51