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 Oggetto del messaggio: Re: L'Autonomia Siciliana
MessaggioInviato: 12/04/2015, 21:34 
ubatuba ha scritto:
...+ che colpa dei siciliani,la colpa e' di chi ha governato in tutti sti anni,disinteressandosi dei abitanti dell'isola................. [:287] [:287]


beh a parte l'ultimo periodo chi ha governato in Sicilia (come in altre regioni) ce lo abbiamo messo noi :)



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 Oggetto del messaggio: Re: L'Autonomia Siciliana
MessaggioInviato: 12/04/2015, 23:01 
Per le elezioni Comunali e per quelle Regionali non credo che la Sicilia si discosterà molto dalla linea politica imposta da Roma,in quanto (e forse ancora più di prima) il voto di scambio aiuta a trovare qualche effimero posto di lavoro che poi dopo poco tempo si scioglierà al sole,ma.....aspettatevi qualche cosa di clamoroso per quelle politiche nazionali "qualcuno" fa i conti senza l'Oste,vi ricordate quale regione ha dato forza al M5S e farlo diventare il primo partito in Italia?. [:290] [:295]


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 Oggetto del messaggio: Re: L'Autonomia Siciliana
MessaggioInviato: 12/04/2015, 23:12 
MaxpoweR ha scritto:
ubatuba ha scritto:
...+ che colpa dei siciliani,la colpa e' di chi ha governato in tutti sti anni,disinteressandosi dei abitanti dell'isola................. [:287] [:287]


beh a parte l'ultimo periodo chi ha governato in Sicilia (come in altre regioni) ce lo abbiamo messo noi :)


......................di sicuro questa e' certezza................... [:294] [:294]


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 Oggetto del messaggio: Re: L'Autonomia Siciliana
MessaggioInviato: 13/04/2015, 11:14 
Guardate un po' che roba ....



La folle idea di Bianco: aerei fra Catania e Palermo. Palazzo Chigi contro l’Anas e Crocetta: “sciatteria e disorganizzazione”.

Il pilone dell’A19 spezza in due la Sicilia. E Messina rischia di essere invasa dai tir…

.................... Intanto la politica reagisce in ordine sparso, fra strumentalizzazioni e boutade. L’ultima, in ordine di tempo, viene dal sindaco di Catania. Enzo Bianco chiederà a Ryanair d’istituire linee aeree di collegamento fra Catania e Palermo, per “ricucire l’isola spezzata“. La proposta sarebbe stata addirittura sottoposta all’attenzione dell’assessore regionale Pizzo e, se presa realmente in considerazione, rappresenterebbe l’ultimo atto prima di un TSO obbligatorio per la classe dirigente locale. In una terra in cui le strade cedono d’emblée, mentre i treni procedono su un solo binario come a inizio ’900, Catania vorrebbe volgere un appello ai privati affinché investano energie e risorse in progetti palesemente anti-economici.

Messina, infine, al momento recita il ruolo dello spettatore silente. Ma è un silenzio pesante, quello del Comune, perché il crollo del pilone dell’A19 potrebbe portare ripercussioni sulla città. Con una Sicilia divisa a metà, è facile prevedere l’incremento di attività nel porto cittadino, nell’ottica di una copertura della parte orientale dell’isola. Più navi attraccano e più tir arrivano, con tutto ciò che ne consegue in termini di sicurezza per l’incolumità dei cittadini. Se a ciò aggiungiamo il fatto che gli introiti dell’ecopass, con la chiusura di Tremestieri, costituiscono un miraggio, ecco che Messina viene investita frontalmente dal guazzabuglio di Scillato. E gli esperti non lasciano presagire nulla di buono: a loro giudizio per ripristinare la situazione potrebbero volerci tre anni.

http://www.strettoweb.com/2015/04/folle ... ne/267288/



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 Oggetto del messaggio: Re: L'Autonomia Siciliana
MessaggioInviato: 13/04/2015, 11:41 
tre anni????ma che devono fare la litoranea libica????in giappone x fare 8 km di autostrada distrutta hanno impiegato 8 giorni.......magari in italia devono trovare il modo x spartirsi il malloppo..................... [:292] [:292]


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 Oggetto del messaggio: Re: L'Autonomia Siciliana
MessaggioInviato: 13/04/2015, 11:51 
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 Oggetto del messaggio: Re: L'Autonomia Siciliana
MessaggioInviato: 13/04/2015, 11:56 
ubatuba ha scritto:
tre anni????ma che devono fare la litoranea libica????in giappone x fare 8 km di autostrada distrutta hanno impiegato 8 giorni.......magari in italia devono trovare il modo x spartirsi il malloppo..................... [:292] [:292]


Ovvio...

W l'Italia!!!!

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 Oggetto del messaggio: Re: L'Autonomia Siciliana
MessaggioInviato: 05/05/2015, 08:33 
Oui, je suis “regionale”, je suis “forestale”, je suis “dipendente delle partecipate” e così via16-03-2015 in News

Non so se è di interesse giornalistico o no e non me ne importa nulla. Non so se è popolare o no, in questa Sicilia incattivìta dal bisogno. Non me ne importa nulla. Quando vedo i potenti, i privilegiati dalla partitocrazia e dall’usurocrazia, o qualche giornalista compiacente e “a libro paga” aggredire, linciare, categorie socialmente deboli e indifese, additarle al pubblico ludibrio, come la madre di tutte le sventure, facendo credere a tutti gli altri siciliani, imprenditori, professionisti o disoccupati, che – se non fosse per questi – chissà in quale paese di bengodi ci avrebbero traghettato, allora letteralmente ribolle il sangue. Aggredire i deboli da parte dei forti, forti quanto inetti e parassiti, è qualcosa che di per sé grida vendetta.

Oggi l’unica politica accattona di cui dovremmo liberarci è quella dei privilegi di politici che non hanno lavorato un’ora in vita loro, e che fanno avanti e indietro da Roma per essere “infeudati” da questo o quel potente. E con loro dei falsi professionisti e dei servili “intellettuali” che affollano le stanze del potere. Guardateli bene. Sono loro gli unici che oggi stanno bene in Sicilia, gli unici che sorridono, sulle spalle di tutti gli altri, ma proprio di tutti: da chi ha la partita IVA a chi è, o vorrebbe essere, lavoratore dipendente, da chi gravita nella sfera del pubblico, a chi nel privato.
Badiamo bene: contro i privilegi lo siamo tutti, e personalmente credo che, se la Sicilia disponesse delle proprie risorse, dovrebbe progressivamente dotarsi di una PA molto leggera, selezionata esclusivamente con pubblici concorsi, preparata, motivata e, laddove lo merita, anche valorizzata economicamente. Ma qui non c’è in vista alcuna modernizzazione: solo tagli, tagli e ancora tagli all’infinito, fino allo smantellamento totale dei servizi pubblici indivisibili, con conseguenze irresponsabili.
La Regione è per lo Stato quello che lo Stato greco è per la Trojka. Nelle sue mani nessuno si salverà. Siamo un paese occupato da una potenza straniera con un governo di collaborazionisti. Sono interessati a tutte le nostre risorse, niente di più, niente di meno. Ci sono solo due alternative: accettare, alzando bandiera bianca, come fa l’attuale governo, qualunque richiesta venga dai rapinatori della Penisola, ovvero ribellarsi, ma ribellarsi veramente, pronti a tutte le evenienze.
Si tenta di fare un bilancio regionale, in queste settimane, mentre tutte le risorse tributarie maturate in Sicilia sono detratte dalla Sicilia e dirottate allo Stato, come abbiamo più volte denunciato. Quadratura del cerchio impossibile. Ma il Commissario Baccei è venuto proprio per questo. Non si tratta di togliere qualche piccolo residuo privilegio del passato, che nessuno vuole difendere, ma di tagliare con l’accetta stipendi e pensioni dei dipendenti regionali, sia di quelli che il loro lavoro lo fanno male, sia di quelli che invece lo fanno più o meno bene, nonostante tutto, cercando di fare andare avanti la baracca, andando dietro a leggi regionali, circolari, delibere di giunta, e decisioni erratiche del presidente di turno, che si contraddicono tutte e si sovrappongono l’una con l’altra. Dipendenti la cui funzione ormai non è più quella di far funzionare la macchina amministrativa ma di fare da capro espiatorio per le insipienze del governo. Si chiudono le Terme di Sciacca con tanto di delega del Presidente della Regione? Dal Governo si alzano voci per rinnegare quella delega e si annunziano ispezioni interne per “inchiummare” il funzionario di turno, o – perché no – il liquidatore. Insomma la politica non è in grado di mantenere un gioiello, una fonte inesauribile di risorse come le Terme di Sciacca, si fanno andare a spasso i lavoratori (assunti clientelarmente? a questo punto “chissenefrega”, fate i concorsi se avete gli attributi), e poi si dice “non sono stato io, ma chi è stato? cerchiamo il colpevole di turno”. In questa Sicilia sotto il doppio tallone della Trojka e dell’Italia, si è bravi solo quando si licenziano le persone, e si va nel penale quando le si assumono. E’ il mondo al contrario. SI chiudono le province; e i dipendenti delle partecipate? Ops, che sbadati! Non ci avevamo pensato, come con gli esodati della Fornero… Tutti a casa. C’est plus facile! O vorreste mantenere questo assurdo, anacronistico, intollerabile, privilegio, chiamato stipendio?
Cari dipendenti regionali, se fosse per togliere qualche privilegio a qualche funzionario di alto livello che striscia nelle anticamere dei politici, oggi non vi difenderei proprio per niente. Ma il vero fatto è che vogliono decimarvi, licenziarvi, magari a poco a poco, e, per quelli che restano, umiliarvi a vita, trasformarvi in schiavi indifferenziati da 1.200 euro al mese e senza diritto a pensione. Se date loro tempo è lì che arriverete tutti, colpevoli del vostro “parruccone” sicilianismo autonomista. Praticamente vi stanno istigando al Separatismo pensando che siate fatti di mollica di pane e che assorbirete, alla fine, qualunque colpo. Se uniste le forze, voi e tutti i “licenziandi”, sareste invece una massa di dimensioni incalcolabili. Fareste tremare l’Italia e l’Europa, e invece…magari ancora date retta a qualche sindacalista di vecchio stampo che fa il doppio gioco per garantirsi la solita carriera politica.
Mai, in 70 anni circa di vita repubblicana, si era visto un attacco tanto indiscriminato contro la Sicilia in quanto tale. Ma reagite una volta buona! Voltate PER SEMPRE le spalle a partiti e sindacati italiani. Organizzatevi. La Sicilia ha bisogno di voi, della vostra rabbia, della vostra disperazione.
E a tutti gli altri una preghiera. Non date retta alla demagogia di questi quattro mantenuti che occupano le stanze del potere e che ogni giorno svendono all’esterno la vostra e la nostra patria.
Il loro motto, dai tempi degli antichi romani, è “divide et impera”. Il dipendente degli enti locali non applauda al sacco della Regione, delle Province e delle partecipate. Dopo tocca a lui. I Comuni boccheggiano per colpa della stessa mano che ha chiuso il rubinetto della finanza regionale e locale per dirottare tutto a Roma.
Il dipendente privato e l’imprenditore non festeggino per qualche rancore lontano o vicino che la PA siciliana si è giustamente meritato. Questo giro di vite farà crollare la domanda interna e la sua impresa chiuderà, e i lavoratori, questa volta quelli privati, andranno a spasso più in fretta di quelli pubblici. Se non c’è un’economia pubblica, anche il privato si ferma in un’economia moderna. Statene certi.
Forse potrebbe gioirne qualche esportatore o operatore turistico? Gli unici che non dipendono dalla domanda interna…Ma, col collasso dei servizi pubblici che questa dannata austerità si porta dietro, anche per lui sarà la fine. Guardiamo al disastro nella gestione dei rifiuti denunciato da poco dall’ex assessore Marino. Ma che turisti dobbiamo attrarre lasciando accumulare la spazzatura, privatizzando e facendo aumentare il costo dell’acqua, chiudendo le linee di trasporto interno?
Il vero fatto, cari Siciliani, è che oggi, tranne i pochi manutengoli del potere, siamo tutti sulla stessa barca. E se non facciamo capire ORA, SUBITO, che la Sicilia non ci sta, che questi politici siciliani solo d’anagrafe, ministri o sottosegretari che siano, non ci rappresentano affatto, domani non potremo più farlo. Saremo spacciati. Non più “i nostri figli”, come spesso si dice. Ma proprio noi, direttamente, e tutti: compresi i pochi dipendenti dello Stato (scuola, università, giustizia, agenzia entrate) che vedranno quante belle attenzioni dedicherà a loro il governo del “nuovo che avanza”.
Dobbiamo spezzare gli steccati che ci dividono, cominciare ad essere solidali gli uni con gli altri. Io oggi, nel mio piccolo, lo sono con tutti i dipendenti regionali, provinciali, pararegionali, e paraprovinciali aggrediti. Io oggi mi sento uno di loro. Non so dire o fare altro. Ma è un cambio di cultura che si impone.
E mi raccomando: tra poco si rinnovano alcuni Comuni importanti. E se la società avesse la forza di toglierli ai partiti per mezzo di vere liste civiche? Forse si comincerebbero a preoccupare, forse li arresteremmo. Chissà che da un’altra Agrigento e da un’altra Enna non cominci la liberazione della Sicilia. Ma c’è chi vuole tentarla questa resistenza?

P.S. Dopo la vicenda Helg non parlatemi più di antimafia. Quando ne parlano i magistrati della procura mi metto ancora sull’attenti. Quando ne parlano politici, burocrati, e rappresentanti di corporazioni imprenditoriali interessate, perdonatemi, ormai mi giro dall’altro lato.

Massimo Costa
http://www.laltrasicilia.org/3397/oui-j ... -cosi-via/


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 Oggetto del messaggio: Re: L'Autonomia Siciliana
MessaggioInviato: 17/06/2015, 23:06 
Ma l’appartenenza della Sicilia all’Italia è legittima? E il Regno delle due Sicilie?

In questo ‘viaggio’ nella storia dell’Isola proviamo a raccontare il lungo cammino che ha portato la Sicilia a far parte dell’Italia, passando anche dal Regno delle due Sicilie. Interrogandoci sulla legittimità dei passaggi storici, spesso tormentati. Fino alla festa della Repubblica (2 giugno)…

Tempo addietro un giovane, appassionato di cose siciliane, mi chiese cosa ne pensavo delle conseguenze giuridiche della nullità del Plebiscito del 21 ottobre 1860 che sancì l’annessione della Sicilia all’Italia. Lo liquidai in due battute, dicendogli che neanche il regime precedente era pienamente legittimo e che comunque dopo 150 anni non era più opportuno farsi troppe domande. Ma era una risposta sbrigativa. Sapevo bene che la questione giuridica era molto più complessa. E non era la prima volta che mi confrontavo su questo tema. Un’altra persona di cui non ricordo più il nome, un vecchio indipendentista, mi aveva posto la stessa domanda tanti anni fa, e mi aveva costretto ad approfondire. Ne è venuta fuori questa ricostruzione, che metto oggi sotto forma di un vero e proprio “dialogo” per alleggerirla un po’. So bene che di fronte all’emergenza sociale che oggi incendia la Sicilia, le questioni in punta di diritto e di storia potrebbero sembrare puri sofismi. Ma non per questo credo che sia una cosa poco importante. Proprio l’imminente festa della Repubblica (il 2 giugno p.v.) ci deve indurre a riflettere su quello che stiamo festeggiando e se c’è veramente qualcosa da festeggiare. Anche perché credo anche fortemente che, senza legittimità, nessun governo di fatto possa durare a lungo.
È legittima l’appartenenza della Sicilia all’Italia?
Dipende. Cosa intendi per “legittima”?
Intendo “conforme a legge”. Ho sentito dire che l’Italia ha occupato la Sicilia con l’inganno ed ha tradito tutti i patti sottoscritti con i Siciliani…
Bene. Secondo me esistono due soli fonti di legittimità: quella originaria e quella derivata. Se guardiamo alla prima arriviamo a una conclusione, se guardiamo alla seconda, si arriva a una conclusione completamente diversa.
Ma cosa intendi per “originaria” e “derivata”?
La sovranità originaria è quella che deriva dal “Diritto di natura”, il quale sancisce da sempre il Diritto all’Autodeterminazione dei Popoli. Secondo questa linea ogni Popolo ha tutto il diritto di scegliere a quale formazione politica sovrana appartenere. In una parola, la sovranità originaria appartiene alla fin fine alla “Volontà della Nazione”.
E la sovranità derivata?
La sovranità derivata è invece la “legittimità” del passaggio dal precedente ordinamento all’attuale. Cioè ogni ordinamento deve essere istituito sulla base di una possibilità prevista dall’ordinamento previgente. Non basta la forza o il “diritto di conquista” per sancire questa legittimità, altrimenti si tratta soltanto di una “occupazione”.
E perché dici che i due tipi di sovranità portano a conclusioni diverse?
Perché fino a che i Siciliani si sentiranno italiani (o un’ampia maggioranza degli stessi) allora la sovranità italiana sulla Sicilia sarà da considerarsi pienamente legittima. Ma il giorno in cui il 50 per cento più uno dei Siciliani non andasse più a votare per le elezioni politiche, allora questa appartenenza non sarebbe più così incontrovertibile. Diciamo quindi che, ad oggi, vista la progressiva disaffezione dei Siciliani alla politica si potrebbe dire dubbia ed indeterminata. Mentre dal punto della sovranità derivata l’appartenenza della Sicilia all’Italia, e con questa all’Unione Europea, è platealmente illegittima.
Addirittura! Platealmente illegittima? E quale sarebbe, secondo il principio della sovranità derivata, il governo legittimo della Sicilia?
Adesso forse mi prenderai per matto, ma l’unica forma di stato legittima in Sicilia oggi è il “Regno di Sicilia”, con la Costituzione del 1848, lo “Statuto del Regno di Sicilia”. Sì, quella di Ruggero Settimo.
Questa poi…
Non è molto difficile dimostrarlo.
Provaci, allora.
Anche la sovranità derivata ha un punto di partenza nella sovranità originaria, e nella consuetudine. Potrei dirti, intanto, che per molti secoli nessuno ha mai messo in discussione il fatto che la Sicilia, la cui corona ha fatto il giro dell’Europa, era comunque uno Stato-regno a sé stante, ma questa condizione legittima non era un fatto transitorio, era una condizione strutturale, forse in ultimo derivata dalla geografia insulare, che affondava nell’Antichità pre-romana.
Intendi dire il Regno di Sicilia che va dall’incoronazione di Ruggero II nel 1130 alla fusione nelle “Due Sicilie” nel 1816?
No, “anche” quello, ma molto, molto di più. La sovranità originaria in Sicilia risiede in ultimo nelle “Poleis”, cioè, per varie e continue trasformazioni, gemmazioni e accorpamenti, in quelli che oggi sono i 392 Comuni dell’Isola. Il Regno di Sicilia stesso era una federazione di Città-Stato e Stati feudali. Oggi si parla di accorpamenti funzionali di Comuni troppo a cuor leggero. I Comuni sono realtà geopolitiche distinte, non organi periferici dello Stato. Sono come i Cantoni svizzeri. La “sovranità siciliana”, in ultimo, parte da loro. Sono i “Comuni” (Sicelioti, o Indigeni, ma anche quelli Punici) che nell’Antichità, attraverso vari passaggi, furono ricondotti infine a far parte del “Regno di Sicilia”. Il Regno di Sicilia nasce con Agatocle, come federazione di Città-Stato, con la sola esclusione dell’estremo occidente, che però era federato in un’altra formazione politica: l’epicrateia punica. Ancora in Età moderna i Parlamenti del Regno di Sicilia non erano altro che una “Dieta di Comuni”, dove i Comuni feudali erano rappresentati da Baroni ed Abati e quelli repubblicani dai Sindaci.
E i Romani?
I Romani non distrussero il Regno di Sicilia. Si limitarono, come poi avrebbero fatto con tutti i Regni ellenistici, a trasformarlo in “Provincia”. La Sicilia diventò quindi “Provincia” (cioè “Nazione”) di un Impero potenzialmente universale. Il Regno di Sicilia (che per inciso inglobava ora anche la parte occidentale) diventava provincia, esattamente come il Regno di Pergamo era la Provincia di Asia, il Regno dei Seleucidi la Provincia di Siria, il Regno dei Tolomei la Provincia di Egitto e così via. Da allora in poi la Sicilia sarebbe entrata a far parte di un impero universale, quello Romano, e poi Romano-Cristiano, di cui teoricamente avrebbe fatto sempre parte.
Ma questa è storia antica. Che c’entra con il Regno di Sicilia moderno?
C’entra, eccome. Ho trovato un libro di diritto siciliano del 1700, in cui, nel Proemio, si dice chiaramente che le fonti del diritto in Sicilia sono tre: quella “universale” o “romana”, quella “provinciale” o del “Regno di Sicilia”, quella municipale o feudale nelle singole città. Capisci? In pieno Illuminismo la Sicilia-Regno si definiva “Provincia” di un ideale “Impero” cristiano e romano al quale competeva una sorta di “alta sovranità”. Poi, più in basso, c’era lo Stato Siciliano, ma, ancora più in basso, il giurista non aveva dimenticato la sovranità originaria delle antiche comunità municipali.
Questa non l’ho capita bene. Che c’entra la Provincia Romana con il Regno di Sicilia?
In questo senso: se il Regno, annesso all’Impero, diventa “Provincia”; una volta sciolto, di fatto, dall’appartenenza diretta all’Impero, diventa “automaticamente” di nuovo Regno. È questa la motivazione “ideologica” che consentì a Ruggero II di “ricusare” il titolo di Conte o Duca, e proclamarsi “Re di Sicilia”. È espressamente ricordato dal suo fine intellettuale di corte, “Nilos Doxopatris”, che dice che, “nell’Antichità”, cioè prima dell’annessione all’Impero, la Sicilia era stata un Regno, ma anche dai cronisti del Parlamento del 1130 in cui si fondò il Regno. Ruggero II non fu quindi un eversore, ma, in cerca di una legittimazione per il suo atto rivoluzionario, lo trovò nell’Antichità preromana. E, in punta di diritto, aveva ragione. I barbari non avevano sciolto la Provincia di Sicilia, ma la amministravano “per conto” dell’Imperatore. Gli Imperatori di Costantinopoli l’avevano continuata ad amministrare come “Provincia”.
E i Saraceni?
La “dominazione saracena” , sotto questo aspetto, intendo sotto quello del punto di vista romano-cristiano, può definirsi una “occupazione illegittima”, nonostante tutti gli aspetti positivi del periodo musulmano. Ma l’Impero, sia quello d’Oriente, sia quello d’Occidente (Sacri Romani Imperatori e Pontefici) non riconobbero mai quell’occupazione. Eppure, a un certo punto, anche la Sicilia islamica riallaccia i fili della propria storia. Nel massimo splendore l’emiro di Sicilia riconosce al Califfo del Cairo solo il titolo di “capo religioso”, e si proclama “Malak”, cioè “Re”. Non sappiamo su quali basi fecero questa scelta. Ma è singolare che, passata la fase di conquista, la Sicilia trova fatalmente nel Regno il proprio equilibrio. Rispetto a questo equilibrio il Papato aveva tentato un’incursione illegittima che fu sventata.
Perché? Cosa volevano fare i Papi della Sicilia islamica?
Tentarono un’operazione illegittima, come ho detto. Sulla base della diffusione di proprietà fondiarie di diritto privato che i Papi avevano in Sicilia prima dell’occupazione araba, ne tentarono una rivendicazione politica. E, per far questo, per la prima volta nella storia, tentarono di “allungare lo Stivale” fino a ricomprendere anche la Sicilia. Per questa ragione investirono Roberto il Guiscardo, già loro feudatario come Duca di Puglia e Calabria, anche come “Duca di Sicilia” nel 1059, di una Sicilia che non controllavano. Ma quella investitura era illegittima. I Papi non avevano alcun diritto sull’Isola, nemmeno l’Impero aveva mai tentato di fonderla con l’Italia (che invece allora, e sin da epoca longobarda, era suddivisa in “ducati”). Il vero conquistatore della Sicilia, Ruggero I, non accettò mai questa subalternità feudale (a differenza di quello che avrebbe fatto per la parte continentale dei suoi domini). Anzi, addirittura, si fece attribuire la qualifica di “Legato apostolico”, cioè capo “nato” della Chiesa Cristiana di Sicilia. Non fu mai “Duca di Sicilia” e lasciò nell’ambiguità il suo titolo, non pienamente legittimo, di “Gran Conte” o “Console” della Sicilia, ma, già con questo ambiguo titolo, ne rivendicava un’originaria indipendenza, liberandosi in fretta della ingombrante dipendenza dalla Puglia del fratello. Sarà il figlio Ruggero II a rimettere le cose al loro posto. Non è un caso che per farsi riconoscere dal Papa dovette prenderlo prigioniero. Ma, in punta di diritto, era Ruggero ad avere ragione, e non i Papi. E infatti Ruggero non si coronò mai “Re di Puglia”, vi siete chiesti mai il perché?
Già, perché?
Perché l’Italia meridionale era in “unione” con la Sicilia, perpetua dopo il Parlamento di Salerno del 1129, ma era pur sempre un insieme eterogeneo di feudi post-bizantini o post-longobardi. Era cioè pur sempre un pezzo di “Italia” e quindi non poteva essere un Regno a sé. Il “Regno di Napoli”, così amministrativamente chiamato dal 1500 in poi, aveva un qualche difetto originario di legittimazione. Esso era in realtà nient’altro che la parte continentale del Regno di Sicilia, l’unico che ne portava legittimamente il titolo. E infatti, in maniera solenne, era chiamato sempre il “Regno di Sicilia al di qua del Faro”. La “Napolitania” non esisteva, se non come una situazione di fatto; la Sicilia, invece, è sempre esistita, ed era la fonte della sovranità regia.
Va bene. Ho capito. Mi hai dimostrato che il Regno di Sicilia medioevale era, anche ai suoi tempi, pienamente legittimo, e immagino mi dirai che fino al 1816 esso restò tale, con i suoi vari ordinamenti.
Esattamente. La successione dei sovrani e la sua Costituzione materiale fu quasi sempre legittima. L’unico clamoroso episodio di illegittimità fu la coronazione a Roma di Carlo d’Angiò come Re di Sicilia. La costituzione materiale siciliana aveva sancito che, in caso di estinzione della casa regnante, fosse il Parlamento a investire il Re, e che questa investitura avvenisse a Palermo. Carlo d’Angiò invece si fece infeudare dal Papa a Roma, senza mai convocare il Parlamento di Sicilia. Il suo Regno era illegittimo. E legittima fu quindi la Rivoluzione del Vespro e quel che ne seguì. La pace del 1372, riconosciuta internazionalmente e benedetta dal Papa, sancì in modo definitivo la presenza di “Due” Regni di Sicilia (uno citra e l’altro ultra pharum), e la loro piena soggettività internazionale. Il Regno “costituzionale” di Sicilia (secondo la Costituzione, anch’essa pienamente legittima, del Parlamento di Catania del 1296) era quindi uno stato sovrano riconosciuto a livello internazionale.
Ma era dilaniato dalla guerra civile. E i baroni irridevano l’autorità del Re.
E che c’entra? Qui stiamo parlando di legittimità, non di situazioni di fatto. Gli usurpatori restano sempre tali. E, mi risulta, alla fine furono sconfitti da Re Martino che ristabilì l’ordine alla fine del ‘300.
Sì, è vero, ma alla fin fine quella restaurazione fu il preludio del Viceregno, e quindi della perdita dell’indipendenza.
E che c’entra? Il Viceré governava “per delega” del Re. La Sicilia non era soggetta al diritto aragonese, né spagnolo, né a quello di qualunque altro paese con cui sarebbe entrata in unione, fino all’Unione settecentesca con il Regno di Napoli. La “Confederazione” delle Due Sicilie era pur sempre un’unione personale di due stati che, all’estero, parlavano con un’unica cancelleria e un’unica rappresentanza diplomatica, ma si trattava di due stati diversi, finanche con forze armate distinte.
Ma alla fine del Regno (1816) vigeva la Costituzione del 1812. Anche quella era legittima?
Assolutamente sì. Il Parlamento del 1812 che la approvò non fu un Parlamento “rivoluzionario”, ma un Parlamento diviso in tre Bracci, eletto secondo le antichissime regole. La Costituzione del 1812 era solo una “riforma” dell’Antica Costituzione del Vespro. Una riforma pienamente costituzionale. Semmai fu incostituzionale e illegittima la dissoluzione del Regno di Sicilia nel Regno delle Due Sicilie.
E quindi il Regno delle Due Sicilie sarebbe illegittimo?
Certamente. Il Re, nel decreto del 1816, violò specifiche disposizioni della Costituzione del Regno di Sicilia e poi, nel seguito, avrebbe violato il suo stesso decreto del 1816, nel quale parlava di un Parlamento di Sicilia che non avrebbe mai più convocato. E, ancora, nel Congresso di Vienna, nel quale la Sicilia sedeva come paese vincitore della guerra, il Re si macchiò di alto tradimento, facendo annettere il Regno che rappresentava, la Sicilia, a un Regno, quello di Napoli, che invece era stato sconfitto.
E quindi? Che legame ci sarebbe tra le Due Sicilie e l’Italia?
Un legame strettissimo. L’Italia ha sempre fondato la legittimità del suo processo unificatore sull’illegittimità dell’occupazione borbonica della Sicilia. Intanto la Sicilia non aveva mai riconosciuto quella Unione e, quando aveva potuto, si era ribellata. La Costituzione del 1848, l’ultima legittima, fu approvata da un Parlamento regolarmente convocato secondo la Costituzione del 1812, e quindi regolarmente rappresentante della volontà dei Siciliani.
Questo giustifica l’originaria legittimità della Costituzione del 1848, ma perché sarebbe anche oggi, nel 2015, l’unica Costituzione legittima della Sicilia. Non è paradossale?
Sì, è paradossale, e infatti questa interpretazione difetta forse della legittimazione originaria, ma non certo di quella derivata. Sotto il profilo della legittimità derivata, questa interpretazione è l’unica possibile.
Ma non mi hai spiegato bene che c’entra la vera o presunta “usurpazione” borbonica con l’Unità d’Italia?
Mi spiego meglio. Fino al 1848 i Siciliani, anche quando avevano preso le armi in difesa del Regno e della Costituzione, non avevano mai messo in discussione la legittimità della titolarità della Corona al ramo “Due Sicilie” della famiglia Borbone. Persino quando ebbero cacciato i Borbone dall’Isola, chiesero a Ferdinando II di ripristinare l’indipendenza del Regno, in cambio della quale avrebbero certo accettato qualche forma di federazione sostanziale con Napoli. Fu il rifiuto di Ferdinando la goccia che fece traboccare il vaso e, come ben dimostrato da Padre Gioacchino Ventura, il Parlamento non aveva altra scelta se non quella di dichiarare decaduta la Casa di Borbone dal trono di Sicilia. Da allora, e sino ad oggi, la Corona di Sicilia è vacante, almeno in via teorica. Il Governo “rivoluzionario” del 1848 non era affatto tale: era quello legittimo, e infatti richiamò in vigore, per quanto possibile, l’ordinamento del Regno Indipendente, e con esso l’Autonomia comunale, soppressa dal regime borbonico. Ma il vero intreccio è quello successivo alla Spedizione dei Mille di Garibaldi.
Perché?
Garibaldi si proclama a Salemi unilateralmente “Dittatore di Sicilia” (non delle “Due Sicilie”), costituisce un Ministero da Stato sovrano e richiama in vigore le norme del cessato governo “rivoluzionario” del 1848. Seppure in perfetta malafede, Garibaldi restituisce quindi l’indipendenza alla Sicilia, riconoscendo tutta la legittimità dell’ordinamento del Regno di Sicilia, seppure preordinando questo riconoscimento alla fusione con la Sardegna, e quindi alla fondazione del nuovo Regno d’Italia. E – si badi bene – questa indipendenza formale del 1860 è IMMEDIATAMENTE riconosciuta da tutta la Comunità internazionale! Senza la Sicilia indipendente non ci sarebbe stata l’Italia, e senza l’accusa dell’usurpazione borbonica non ci sarebbe stato appiglio giuridico, né credo sostegno alcuno da parte della Sicilia che allora contava.
(fine prima parte – segue)

Massimo Costa
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 Oggetto del messaggio: Re: L'Autonomia Siciliana
MessaggioInviato: 18/06/2015, 07:54 
Ma fate un bel muro anche voi, noh? [:246]



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 Oggetto del messaggio: Re: L'Autonomia Siciliana
MessaggioInviato: 18/06/2015, 16:20 
SECONDA PARTE:
L’Italia umilia la Sicilia.
E’ tempo che l’Isola riconquisti la propria Indipendenza.



Nella seconda puntata del nostro ‘viaggio’ nella storia della nostra Isola vi raccontiamo il sostanziale tradimento di Ruggero Settimo, Garibaldi, l’imbroglio del Plebiscito e i danni prodotti dalla ‘dominazione’ italiana. Il ‘Patto’ del 1946 è stato calpestato da Roma. Alla Sicilia non resta che riconquistare l’Indipendenza.

Continuiamo il nostro dialogo sulla legittimità dell’appartenenza della Sicilia all’Italia, questa volta con riferimento ai fatti contemporanei e sul senso da dare alla nostra appartenenza all’Italia che fra qualche giorno ci apprestiamo a “festeggiare”. Nella prima puntata (come potete leggere in questo articolo) abbiamo tracciato un quadro generale. Oggi arriveremo ai giorni nostri. Si stava parlando di Garibaldi…
Ma alla fin fine Garibaldi era un bandito appoggiato dalla Gran Bretagna! Chi gli dava quest’autorità di proclamarsi Dittatore? Perché mai lui sarebbe più legittimo di Francesco II?
Purtroppo perché l’unico rappresentante legittimo allora del Regno di Sicilia, Ruggero Settimo, “Presidente del Regno”, non ebbe la forza fisica e morale di opporsi, non andandosi a insediare come Presidente del Senato del Regno d’Italia, ma limitandosi alla sdegnosa solitudine di Malta, dove morì praticamente di dispiacere con la sua mitica “sciarpa gialla”

Non ci capisco più niente. Ma se è legittimo Garibaldi, è legittima anche l’Italia! che portava sempre addosso in ricordo della sua Patria siciliana. Era ospite dei britannici, ma anche un po’ loro ostaggio e ne era sostanzialmente ricattato: se avesse disconosciuto la Dittatura dove sarebbe dovuto andare a più di ottant’anni e malato? Ma il suo silenzio-assenso fu determinante. Spiace un po’ dirlo, ma Garibaldi, in quanto successore pro-tempore di Ruggero Settimo, fu l’ultimo legittimo Capo di Stato della Sicilia indipendente. Ed era formalmente legittima persino la sua pretesa di sentirsi “Capo della Chiesa Cattolica” in virtù dell’Apostolica Legazìa.
Assolutamente no, sta’ attento! Qui bisogna seguire per bene la successione dei fatti nel 1860. Perché, a un certo punto, si consumò – come era inevitabile – uno strappo. Garibaldi, seppure per mezzo del Pro-Dittatore La Farina, non aveva alcun diritto di “recepire” lo Statuto Albertino in Sicilia, né di integrare le Forze Armate Siciliane in quelle Sarde, come a un certo punto, in quella terribile estate, fece senza il parere nemmeno dei Ministri Siciliani. Alle proteste di questi fece mostrare i relativi decreti indicando dove avrebbero dovuto mettere la firma. Queste decisioni sarebbero spettate, semmai, soltanto ad un Parlamento regolarmente convocato secondo le regole del 1848. Questo fu uno strappo costituzionale grave, un inevitabile alto tradimento del nuovo improbabile capo dello Stato siciliano. Tanto grave che non passò inosservato. I Siciliani – pochi lo sanno – a un certo punto si ribellarono apertamente. Imposero a Garibaldi il cambio del Pro-Dittatore, la nomina di un Consiglio di Stato di autentici siciliani e la convocazione di un’Assemblea, cioè di un Parlamento secondo le uniche regole legittime, quelle del 1848, che avrebbe potuto decidere se e come il plurisecolare Regno di Sicilia sarebbe dovuto confluire, legittimamente, nel Regno d’Italia.
E Garibaldi accettò queste condizioni?
Garibaldi sì, che era forse meno peggiore di come certa storiografia revisionista lo dipinge, ma il Piemonte, che allora era uno stato estero, no. Il Piemonte impedì con la forza la convocazione del Parlamento del Regno di Sicilia, organizzò un Plebiscito-Farsa, buttò infine nel cestino la proposta federalista presentata in extremis dal Consiglio di Stato siciliano a Vittorio Emanuele II quel 4 dicembre del 1860, ultimo giorno di vita dello Stato di Sicilia come Paese Sovrano. Insomma nell’Autunno 1860 il Piemonte occupò militarmente la Sicilia e la fuse altrettanto illegittimamente all’Italia il successivo 4 dicembre. Ora, se l’Italia nascente riconosceva la dignità statuale della Sicilia (anche nelle leggi e decreti successivi come quello dell’unione monetaria del 1861, in cui fu stabilita la parità perpetua di 12,75 lire italiane con 1 onza siciliana), se il Plebiscito è nullo, se l’annessione del Regno di Sicilia all’Italia è giuridicamente nulla, qual è il Governo legittimo della Sicilia da quella data in poi?
Mi sembra lineare. Sempre che il Plebiscito sia veramente un atto nullo.
È nullo per molti motivi. Intanto perché imposto da un Paese estero, quando il governo legittimo della Sicilia aveva convocato un Parlamento, ma poi anche per le modalità farsesche e intimidatorie del suo svolgimento: due urne separate, schede prevotate, scrutinio sommario, nessuna alternativa realistica nel caso avesse vinto il “No”. E in ogni caso il risultato fu semplicemente ridicolo, suscitando la fine ironia del Tomasi di Lampedusa: che significa 667 “No”? Significa soltanto che la consultazione era truccata, cioè nulla. Da quel momento in poi l’Italia occupa illegalmente il Regno di Sicilia.
E la storia finisce qua?
Dal punto della legittimità derivata sì. Se quell’atto è nullo, tutti gli atti a valle lo sono parimenti. Se non facevamo a buon diritto parte del Regno d’Italia com’è che siamo entrati a far parte della Repubblica Italiana? E se non facciamo parte a buon diritto della Repubblica Italiana, com’è che siamo entrati in Europa? Insomma, crollato il Plebiscito, dal punto di vista della legittimità derivata, crolla tutto come un castello di carte. Il tempo non legittima alcuna violenza e quella fu una violenza, una vera catastrofe per il Popolo Siciliano, di cui ancora piangiamo le conseguenze.
Torniamo al concetto di legittimità derivata allora? Che succederebbe, de jure, se un Governo siciliano provvisorio, regolarmente eletto, proclamasse la propria indipendenza?
Succederebbe che, per essere legittimo, questo Governo dovrebbe riprendere il discorso proprio da dove si è interrotto. Emettere un Decreto interpretativo che renda “fruibile” la Costituzione del 1848 nel contesto attuale, convocare i Comizi per l’elezione della Camera dei Rappresentanti e della Camera dei Senatori, ricostituire i Distretti per le associazioni di Comuni e nominare in ciascuno di essi un Governatore per rappresentare il Governo dello Stato in periferia. Dopo toccherebbe al Parlamento, regolarmente eletto, a darsi funzioni costituenti, rinnovando la Costituzione del 1848 secondo le modalità a suo tempo previste (se non sbaglio con l’approvazione dei due terzi del Parlamento, successivo scioglimento e ratifica da parte del Nuovo Parlamento). Il Parlamento potrebbe anche decidere la forma di Stato, cioè se mantenere la monarchia “semi-elettiva” che aveva il Regno di Sicilia o passare ad una forma di stato presidenziale. È da lì che si riparte, non ci sono sconti. Persino la fusione della Chiesa di Sicilia con quella italiana sarebbe illegittima: Vittorio Emanuele II rinunciò “per noi” all’Apostolica legazìa nel 1871, poteva farlo? No. Ancora oggi il Capo dello Stato siciliano è capo “nato” della Chiesa Cattolica di Sicilia. Poi la Sicilia di oggi può cambiare tutto, si capisce, ma deve essere la Sicilia a farlo spontaneamente. E poi la Sicilia non sarebbe uno Stato isolato, fuori dal mondo. Così come a suo tempo si considerava parte integrante di un “orbe” cristiano, di un Impero “romano” ideale (non dell’Italia, che è cosa assai diversa), cioè di una comunità universale, lo Stato di Sicilia sarebbe pienamente e armonicamente inserito nell’ordinamento di diritto internazionale oggi vigente quale Atato sovrano, indipendente e, potenzialmente, neutrale rispetto ai blocchi militari esistenti, almeno fino a diversa determinazione del suo legittimo Governo.
E quindi siamo ancora in teoria “Cittadini” del Regno di Sicilia in pieno 2015?
Proprio così. Potrà sembrare strano. Ma sei tu che mi hai portato sul piano della legittimità formale, e non trovo altre risposte praticabili. Ma in ultimo è la volontà dei Siciliani quella che oggi conta, e lì tutte le strade sono aperte.
E chi sarebbe il Re di Sicilia?
Non c’è. La sede è vacante e spetta alla Nazione per mezzo del suo Parlamento decidere se e come continuare la vita dello Stato di Sicilia indipendente. Quasi certamente la Sicilia si trasformerebbe in “Stato di Sicilia” a forma repubblicana. Ma i Siciliani possono fare tutto quello che vogliono, anche – per pura ipotesi – revocare la decadenza del 1848 ed acclamare Carlo di Borbone. I Borbone di Napoli furono più volte fedifraghi con la Sicilia, ma non furono cattivi sovrani in assoluto, certo non peggiori dei successori. Ma, a questo punto, l’unica cosa che conta è la Volontà dei Siciliani, cioè quella che all’inizio chiamavamo la “sovranità originaria”. Se i Siciliani si sentono italiani il discorso è chiuso, altrimenti…
Ma, secondo te, i Siciliani cosa vogliono?
Cosa vogliono oggi o cosa volevano ieri o cosa vorranno domani? La risposta può variare nel tempo. Durante il Regno d’Italia nessuno chiese mai ai Siciliani cosa pensassero. L’Italia occupò la Sicilia e basta. Sino al 1913 il suffragio era limitato, poi esteso ai soli uomini per breve tempo, sospeso durante la I Guerra mondiale e poi tolto del tutto dal Fascismo. La Sicilia in quegli ottant’anni si ribellò più volte, e fu sottoposta ben 4 volte a stato d’assedio, in cui una volta (nel 1866, Rivolta del Sette e Mezzo) Palermo fu bombardata dal mare con i cannoni ad alzo zero. Insomma fino al XX secolo inoltrato la “dominazione italiana” non aveva neanche legittimazione originaria. Anzi, dal Regionismo, al Memorandum per l’Autonomia dei Fasci Siciliani, all’Operazione Sicilia dei primi del XX secolo, abbiamo buone ragioni per ritenere che la Sicilia oppressa facesse sentire il proprio dissenso camuffando il proprio indipendentismo sotto le vesti dell’Autonomismo, peraltro mai accettato dall’Italia. Poi venne il Fascismo, la deportazione dei Siciliani nel 1940 fino alla strage del pane nel 1944. No, il Regno d’Italia non fu mai legittimo in Sicilia, neanche sotto il profilo originario della Volontà della Nazione. Era solo violenza.
Ma, via!, se questo è vero per il Regno d’Italia, non può dirsi lo stesso per la Repubblica.
È vero, è vero. I Siciliani del Dopoguerra subiscono come una mutazione genetica, che arriva forse sino ad oggi. Diciamolo francamente: i Siciliani del Dopoguerra, dopo l’ultima rivolta separatista e la conquista dell’Autonomia, si sono “italianizzati”. Hanno tacitamente accettato la loro partecipazione alla Nazione italiana. E comunque si sentivano “paghi” del Patto-Trattato rappresentato dallo Statuto appena conquistato. E fu proprio il 2 giugno di 69 anni fa il momento definitivo di questa riconciliazione. I Siciliani tutti, persino gli indipendentisti, andarono a votare, dando infine legittimità all’appartenenza della Sicilia all’Italia.
E quindi, sotto questo aspetto, discorso chiuso. Lo Stato di Sicilia appartiene solo al passato?
Ma insomma…
In che senso?
Nel senso che i presupposti su cui, tra il 1946 e il 1949 si stabilì questo equilibrio oggi sono venuti meno.
Puoi essere più chiaro?
A differenza del Dopoguerra oggi la metà circa dei Siciliani si è “scollata” dalla rappresentanza politica. Questo fatto pone un’ipoteca molto grave sulla legittimazione dell’attuale ordinamento politico. Poi ci sono sondaggi che, sia pure come espressione “d’impeto”, danno l’indipendentismo siciliano intorno al 40 % della popolazione politicamente attiva, sebbene poi questo impeto difficilmente si traduce in fatti politici concreti. E poi c’è il tradimento del Patto fatto dallo Stato italiano. Ti pongo un altro argomento molto forte: se l’appartenenza della Sicilia all’Italia riposava sul “patto confederativo” rappresentato dallo Statuto, ora che lo Stato ha gettato la maschera ed ha stracciato quel patto, su cosa riposa l’italianità della Sicilia? Sulla forza? Ahi! Questa non è legittimità. E poi chi ci dice che il consenso dei decenni silenti fosse “vera” partecipazione politica e non in gran parte solo bieco voto di scambio? Come ho detto all’inizio, se non può giungersi a conclusioni nette, come nella legittimazione derivata, anche su quella originaria siamo oggi su un terreno scivoloso.
Insomma, il ‘Patto’ tra Italia e Sicilia è venuto meno?
Lo Stato Italiano ha stracciato quel Trattato di Pace tra due Popoli siglato il 15 maggio del 1946, che quindi non ha più alcun valore. Se pochi giorni dopo, il 2 giugno del 1946, i “sudditi” Siciliani avevano creduto di esser divenuti finalmente “cittadini” italiani, oggi quell’illusione è definitivamente svanita. L’Italia in questi 69 non ha solo stracciato lo Statuto, ma ha negato la cittadinanza dei sudditi siciliani in tutti i sensi: i nostri giovani non hanno diritto a trovare lavoro nella loro terra, non esiste alcuna continuità territoriale, le nostre infrastrutture sono fatiscenti, la qualità della vita in coda alla classifica nazionale, le nostre risorse depredate, la nostra dignità umiliata ogni giorno. Secondo me non è più tempo di festeggiare alcunché il 2 giugno prossimo. L’Italia ci ha tolto la cittadinanza, e quella è una ricorrenza da cittadini italiani, e quindi qualcosa che non ci riguarda più. Ormai non ci resta che riprendere le fila di una storia proprio laddove si era interrotta, quel 4 dicembre del 1860. Insomma si dovrà ripartire dallo Stato di Sicilia, l’unico legittimo sovrano della Terra di Sicilia per ridare dignità e speranza a un popolo oppresso.
Massimo Costa
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 Oggetto del messaggio: Re: L'Autonomia Siciliana
MessaggioInviato: 18/06/2015, 18:50 
bleffort ha scritto:
SECONDA PARTE:
L’Italia umilia la Sicilia.
E’ tempo che l’Isola riconquisti la propria Indipendenza.



Nella seconda puntata del nostro ‘viaggio’ nella storia della nostra Isola vi raccontiamo il sostanziale tradimento di Ruggero Settimo, Garibaldi, l’imbroglio del Plebiscito e i danni prodotti dalla ‘dominazione’ italiana. Il ‘Patto’ del 1946 è stato calpestato da Roma. Alla Sicilia non resta che riconquistare l’Indipendenza.



sulla questione dei plebisciti esercitati in italia,dall'ottocento ad oggi ci si potrebbe scrivere una enciclopedia treccani..... [:303] [:303]


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 Oggetto del messaggio: Re: L'Autonomia Siciliana
MessaggioInviato: 14/02/2016, 13:36 
I ‘Nuovi filosofi’ del centralismo dello Stato, dal Giornale di Sicilia ai ‘costituzionalisti di ‘grido’…
22-01-2016in NEWS

Andare contro l’Autonomia siciliana è diventata una moda. Del resto, è molto comodo confondere le istituzioni con gli uomini che indegnamente le rappresentano. In questo momento conviene, perché ci si schiera con i potenti che vogliono eliminare lo Statuto della nostra Isola. Tocca al Giornale di Sicilia e a due eminenti ‘giuristi’: Guido Corso e Antonio Saitta. Purtroppo, per loro, questa volta rischiano di scegliere il cavallo sbagliato. Perché i siciliani si stanno svegliando. E sono intenzionati a riprendersi il proprio futuro. Alla faccia degli ‘ascari’. Compresi quelli travestiti da intellettuali.

Se non li conoscessimo ci sorprenderemmo, troveremmo incomprensibile che una Nazione come la Sicilia abbia una classe dirigente in gran parte votata al danneggiamento della propria stessa terra a beneficio di poteri esterni. Ma sappiamo bene che è così. È così forse da 600 anni, quando i baroni preferirono avere un re lontano che fosse loro socio nella spremitura dei sudditi e che li lasciasse indisturbati, a un re vicino che, dovendo fare l’interesse nazionale siciliano, comprima i loro loschi interessi.
Non ci sorprende che il quotidiano stampato più diffuso di Sicilia si faccia portavoce del regime, con proclami a senso unico, inneggiando ad una riforma costituzionale che comprime i margini dell’Autonomia siciliana sino a farla scomparire.
Beninteso, di fatto è già scomparsa, da tempo. Ma di fatto, appunto. Si tratta, dopo l’uccisione, di fare scomparire anche il cadavere. Così, in una manovra congiunta, il Governo (governo?) siciliano di Rosario Crocetta, il più disistimato dai Siciliani, da un lato senza pudore porta avanti una riforma statutaria in cui si vuole castrare lo Statuto dell’articolo 37, quello che serve a far restare in Sicilia i gettiti dei redditi d’impresa prodotti in Sicilia, e dall’altro “dice di essere autonomista”, ben sapendo che queste affermazioni, in bocca a Crocetta, equivalgono a vilipendio dell’autonomia, e a travolgere nel fango le stesse istituzioni regionali.
E dall’altro lo Stato, con la riforma costituzionale di Renzi, costruisce un mostro giuridico: le norme ordinarie del Parlamento italiano prevalgono sulle norme costituzionali che garantiscono autonomia alle regioni. Qualunque decisione finanziaria e qualunque competenza, se vincerà il SI’, potrà essere avocata allo Stato, che certo ne farà pessimo uso, come pessimo uso ha fatto di tutte le competenze restate in Sicilia in mano allo Stato (strade, scuole, giustizia…).
L’eterno direttore del Giornale di Sicilia plaude a questa novella giuridica. Ma di cosa è contento? Di cosa parla? Dice che così la Regione sarà “tenuta a bada” dallo Stato. In che senso? Nel senso che oltre ai 10 miliardi l’anno rubati dall’Italia alla Sicilia ce ne potranno togliere altri?
Tacciamo sul citato giurista Guido Corso, chiarissimo beninteso, che “non si straccia le vesti” per questa svolta centralista. Quando, durante i governi dell’autonomia di Raffaele Lombardo, era consulente per alcune delle sue partecipate, forse il governo siciliano perse un’occasione per non servirsi di legali meno “tiepidi” nei confronti delle proprie istituzioni.
E che dire del “costituzionalista” Antonio Saitta? Signor Saitta, se lei scende dalla cattedra e fa politica, perché lei non sta facendo più il giurista, ma il rappresentante degli interessi forti italiani in Sicilia, deve accettare le critiche, anche severissime come quelle che merita.
Lei, da professore di diritto costituzionale, reputa normale che una legge ordinaria prevalga su quella costituzionale? Sa che il precedente di questo era nel regime fascista? Io troverei scandaloso che Consulta e Presidente si voltino dall’altro lato, come un Vittorio Emanuele qualunque, anziché difendere libertà e democrazia nella nostra Repubblica. Lei no, peccato, preferisce forse l’ammiccamento dei “bempensanti”, quelli che dicono “che bravo Presidente! che bel discorso di fine anno!” dimenticando che, senza la difesa sostanziale della Carta Costituzionale, anzi dei suoi principi fondanti, sono tutti discorsi vuoti, vuoti e vani, da “bempensanti” appunto.
La sua “sete” di governabilità non le fa capire che, a forza di parlare di governabilità, l’Italia sta scivolando nel regime? Sa che ci sono costituzionalisti “seri” che stanno facendo un appello per il NO? Proprio a noi siciliani dovevano toccare quelli che brindano alla deriva autoritaria, e in particolare alla violenza dell’Italia contro la Sicilia?
Sappia poi che le sue illazioni sulla transitorietà dello Statuto siciliano sono del tutto destituite di fondamento. Sappia che lo Statuto siciliano affonda le proprie radici in almeno 800 anni di costituzionalismo siciliano proprio.Che esso riprende, adattato ai tempi, il modello di Autonomia del Consiglio di Stato siciliano del 1860, che a sua volta adattava alla nuova temperie unitaria le Costituzioni del 1812 e del 1848, vero vanto del costituzionalismo siciliano. Ma lei queste cose non le sa, fa finta di non saperle, o crede che la Sicilia fino al 1946 sia stata una sequenza di dominazioni?
Non sa che l’Assemblea Costituente esercitò il coordinamento e sciolse la “transitorietà” che lei invoca attraverso un recepimento integrale di quel testo? Lo sappia; la informiamo che ciò è successo con la legge costituzionale n. 2 del 1948, con la quale quel testo – che lei vorrebbe ora “transitorio” – è stato recepito per intero.
Lei evidentemente sposa la tesi assolutamente faziosa della Corte Costituzionale sul “mancato coordinamento” dello Statuto con la Costituzione, ignorando la sentenza del 1949 di segno assolutamente opposto dell’Alta Corte della Regione Siciliana, unico foro competente a giudicare sulla costituzionalità del nostro Statuto.
Quando lei dice che lo Statuto siciliano “non ha radici storiche autentiche” getta solo fango su se stesso, getta ombre sul ruolo professionale che ricopre. Se vuole la sfidiamo pubblicamente sul punto per spiegare a lei, e a quelli che la pensano come lei, quali siano queste radici storiche.
Quando lei dice che lo Statuto siciliano è anacronistico ci spieghi, di grazia, cosa c’è di anacronistico in particolare. Se si tratta di riformulare qualche istituto non attuale con nuovi termini ci stiamo; se pensa che sia invece attuale lasciare che la Sicilia sia depredata di tutte le proprie risorse naturali e umane impunemente,sappia che di anacronistico c’è solo questo colonialismo ormai fuori tempo e fuori luogo, che speriamo presto venga a termine.
Come concilia il fatto che lei stesso dice che questo Parlamento è illegittimo, con il fatto che a un Parlamento illegittimo sia stata data nientemeno che la patente per smontare la Costituzione uscita fuori dalla Resistenza? Lei dice, sulla scorta della nota sentenza della Consulta, che il Porcellum è incostituzionale, ma non sa o fa finta di non sapere che l’Italicum che lo andrà a sostituire è sostanzialmente identico nei punti viziati alla norma previgente?
Lei lo sa o no che con l’Italicum (e con un Senato ormai ridotto a carta da parati) una piccola minoranza di persone può disporre del destino di un paese di 60 milioni circa di abitanti? Lo sa o no che diventeremo un Paese meno democratico della Turchia? Da un docente di diritto costituzionale ci si aspetterebbe un senso delle istituzioni un po’maggiore.
Lei però rivela il suo autoritarismo militante quando dice che va bene il centralismo perché Stato e Regioni sono svuotate di funzioni “per i vincoli europei sempre più rigidi”. Se lei fosse democratico, criticherebbe quei vincoli posti da persone elette in fondo da nessuno. Siccome a lei l’autocrazia bancaria evidentemente sta benone, eccome, le sta benone anche la svolta autoritaria e centralista all’interno dei Paesi membri. In effetti, come darle torto: se gli Stati non contano più nulla di fronte alla BCE, che senso hanno le autonomie? In questo certo, se questa fosse la tendenza, sarebbero davvero anacronistiche…
Lei esalta le sentenze “monstre” della Corte Costituzionale contro la Sicilia e critica le rivendicazioni per le norme inattuate. Lei quindi rivendica con orgoglio il disastro causato da 70 anni di Autonomia negata e di centralismo italiano. A lei questa Sicilia sta bene, evidentemente, ignorando che la causa dei nostri mali sta proprio in quelle norme inattuate, sta proprio in un rapporto di ferreo colonialismo che alle élite sicule, di cui lei è uno dei più tipici esponenti, sta benissimo.
Le sta bene che l’Italia chieda le tasse a Google per i profitti realizzati in Italia? Credo di sì. Sa che un ventesimo circa di quelli sono soldi dei Siciliani che con l’art. 37, che i suoi amici a Roma e a Palermo si preparano ad impallinare, andrebbero alle nostre scuole, alle nostre strade, al nostro welfare? Sa che stiamo parlando di miliardi di Euro?
Ebbene, sappia che dal ventre del Popolo e dalla Società siciliana sta emergendo qualcosa di nuovo. La tema, guardi. Perché spazzerà via questa classe dirigente indegna.
A lei questo degrado e questa umiliazione della Sicilia forse sta bene, a noi NO! È da secoli che gente come lei aiuta i dominatori a distruggere la propria patria; magari si ricevono complimenti e strette di mano al di là dello Stretto. La carriera sarà più fluida, forse. Ma la tendenza ora si è invertita. Il fondo è stato toccato e adesso si risale. Per noi è ora di finirla.
Massimo Costa
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 Oggetto del messaggio: Re: L'Autonomia Siciliana
MessaggioInviato: 11/11/2016, 15:16 
Oggi sul giornale di Sicilia ho letto questo trafiletto:

.......FONDI PER LA RHO-MONZA.......
Sono in arrivo 16 milioni di euro per la trasformazione della provinciale in autostrada,in particolare per il tunnel di attraversamento della linea ferroviaria Milano Saronno


No che sia invidioso ma sarei tentato di votare SI al Referendum Costituzionale solo per il fatto di avere qualche politico Siciliano seduto a quel Senato che vuole Renzi a rappresentare la Sicilia.
Dicono di voler costruire il Ponte sullo stretto perchè sanno che è un'opera infattibile,evitando di discutere sui veri problemi di viabilità nella nostra regione.
IL contentino sarebbe il fantasma del Ponte,così nel frattempo noi staremo buoni e quieti e non pretendere altro a venire,mentre noi stiamo in attesa e nella speranza,per il Nord i soldi magicamente ci sono e si possono cogliere dagli alberi per costruire tutto. [:(!]


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 Oggetto del messaggio: Re: L'Autonomia Siciliana
MessaggioInviato: 11/11/2016, 20:08 
Spero di campare fino a vedere questo giorno. [:290] [:264] [^]


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