Parlare della storia genetica europea è a tutt'oggi abbastanza complicato per il fatto che ancora la scienza genetica non è così avanzata per dare una risposta certa ai molti quesiti che si pongono a chi affronta questo argomento. Ma è a un punto tale da togliere il velo di oscurità sulla nostra origine genetica, almeno a grandi linee, e a chiarirci il significato di parole che spesso (ancora oggi) usiamo in maniera errata, come ariano o indoeuropeo.
Il metodo usato dai genetisti è quello di analizzare il cromosoma Y che si trasmette per via maschile: non si mescola cioé con quello della madre, rimanendo perciò "puro": detto in parole povere, questo cromosoma, partendo da una "base", un uomo chiamato scherzosamente Adamo, ha subìto nel corso dei millenni delle mutazioni che sono state trasmesse di padre in figlio, creando e differenziando i vari gruppi umani (potremmo dire etnie o razze, come volete). Dal cromosoma Y di un uomo possiamo fare il percorso inverso e risalire le ramificazioni dell'albero delle etnie e scoprire così, attraverso queste ramificazioni, la provenienza geografica.
Un po' di genetica di baseOggi è risaputo che gli uomini possiedono 23 coppie per un totale di 46 cromosomi, delle quali 22 sono coppie di cromosomi autosomi (cioè non sessuali), mentre una coppia è sessuale (X-Y), tutto questo in ogni singola cellula del nostro corpo. Ogni cromosoma è una sorta di corpuscolo visibile solo ad un potente microscopio ed è costituito da DNA, ossia una specie di filamento contenente i geni.
A differenziare l’uomo dalla donna sono proprio i cromosomi sessuali: il maschio contiene una coppia X-Y mentre la femmina contiene una coppia di cromosomi sessuali XX. Da ciò si può dedurre che il cromosoma Y (leggermente differente da etnia a etnia) è efficace nel definire l’origine geografica di un singolo individuo da parte del padre, poichè è ereditabile solamente di padre in figlio. Per definire il patrimonio genetico di un’intera popolazione, tale caratteristica viene misurata attraverso un parametro denominato frequenza genica che ci indica con che frequenza un gene particolare, proveniente da una zona geografica, compare in una popolazione.
La storia genetica della nostra specie ha conosciuto alcune variazioni, cioè piccole mutazioni, che hanno dato origine ai vari aplogruppi etnici (in genetica si dice "aplogruppo", noi chiamiamolo come vogliamo, gruppo, etnia, ecc.): la composizione genetica di una popolazione è influenzata dalla selezione naturale e dal fenomeno della deriva genetica (mutazione dei geni dovuta al caso). Hanno un ruolo importante anche i fenomeni migratori, i meccanismi di scelta del partner al momento della riproduzione, le condizioni climatiche, ambientali e alimentari. Queste piccole variazioni genetiche hanno consentito agli individui di adattarsi meglio alle condizioni ambientali in cui vivevano (ad esempio una pelle scura piena di melanina per zone in cui il sole è molto forte per difendersi meglio dai raggi ultravioletti, enzimi gastrici per digerire meglio i latticini per popolazioni dedicate all'allevamento, ecc).
Più del 99% del genoma si presenta uguale in tutti i popoli, a definire le differenze etniche sono variazioni della restante percentuale. Nel linguaggio scientifico "politicamente corretto" si parla di aplogruppi, cioè di popolazioni che hanno in comune una piccola mutazione che ci consente oggi di capire la loro provenienza. Gli scienziati non parlano mai di razze, in teoria perché dicono che tali variazioni genetiche sono troppo piccole, ma in realtà perché ormai la parola razza ha assunto un valore negativo e viene usata solo per gli animali.
Ricostruzione di bambino di NeandertalCro-magnon e Neanderthal All'epoca delle ultime glaciazioni vivevano in Europa due gruppi di ominidi, il sapiens o Cro-magnon e il Neanderthal (dal nome delle zone dove ne sono stati trovati i resti).
Qui si apre il primo quesito insoluto. Il sapiens è in pratica l'uomo moderno, mentre il Neanderthal era leggermente diverso, un umano che si era adattato al clima freddo, forte, con una struttura decisamente robusta e una capienza cranica all'incirca il 10% maggiore rispetto a quella del sapiens. I libri di storia, forse lo ricordate, ci dicevano che inspiegabilmente il Neanderthal si è istinto dopo aver convissuto in Europa con il sapiens diverse decine di migliaia di anni.
Un po' strano, visto che si trattava di un essere adattato al clima europeo, forte, con qualità tecniche sovrapponibili al sapiens e sicuramente con elevate qualità cognitive. Le teorie sulla sua scomparsa sono tante e a volte bizzarre (la mancata suddivisione dei lavori tra i sessi, una cultura più tradizionale che non prevedeva il commercio, il genocidio da parte dei sapiens, la selezione sessuale).
Eppure il fisico esprimeva al meglio la forza, mentre i Cro-magnon avendo gambe più snelle e bacino più stretto erano avvantaggiati nella resistenza in corsa (ma non nella lotta, dove il Neanderthal vinceva). Una caratteristica che si pensava differenziasse sapiens e Neanderthal, la diversa alimentazione, con sapiens marcatamente onnivori e Neanderthal carnivori, si è variamente rivelata parziale e dipendente esclusivamente da singole situazioni.
Entrambe ad esempio erano specie ben adattate agli ambienti costieri con un'alimentazione basata su frutta e verdura, prodotti della pesca, raccolta di molluschi e caccia.

Insomma, l'enigma era grosso. Poi è stato scoperto che l'uomo contemporaneo possiede tra l'1 e il 4% del materiale genetico del Neanderthal. Ma, attenzione, queste tracce genetiche sono presenti solo in euroasiatici e non negli africani, a dimostrazione di una certa ibridazione tra i due gruppi (Paul Rincon. Neanderthal genes 'survive in us).
La scienza contemporanea ha messo a punto varie tecniche per la ricostruzione delle parti non fossilizzabili, i tessuti molli, a partire da elementi quali le inserzioni tendinee sulle ossa, le linee di forza sulle stesse, i livelli di consunzione dei denti ed altro ancora. La biologia molecolare ha poi fornito ulteriori elementi per valutare l'espressione genica di caratteri non conservabili, come il colore dei capelli.
Una tesi esposta nel 2006 e confermata nel 2007 è basata su ricerche avanzate con tecniche di biologia molecolare e ipotizza che il Neanderthal, in Europa, abbia sviluppato individui di carnagione bianca con capelli rossi: il tipo di pigmentazione è in accordo con la scarsa irradiazione ultravioletta del territorio colonizzato. Recenti studi, basati sull'analisi di alcune sequenze geniche di DNA, suggeriscono che, senza arrivare a parlare di sottospecie, vi fu sicuramente una suddivisione in tre diversi grandi gruppi di popolazioni di Neanderthal, a grandi linee uno europeo occidentale, uno europeo orientale e uno asiatico.
Il Neanderthal possedeva le tecnologia per confezionare indumenti, prevalentemente di pelli, e rimangono molti manufatti di attrezzi per la concia delle stesse, di cui i più noti sono i raschiatoi munsteriani (dalla zona in Germania dove sono stati ritrovati). Le zone climatiche frequentate imponevano sicuramente l'uso di coperture, e possiamo rappresentare il Neanderthal tipico prevalentemente vestito. Oltre a ciò si segnala la capacità simbolica ed artistica, che ha portato all'uso, almeno episodico, di monili e pendagli.
Ipotesi multiregionaleMi sono dilungato a parlare del Neanderthal perché c'è una parte della scienza che non condivide la teoria dell'"Out-of-Africa", ovvero il modello sulle origini dell’uomo moderno che tutti abbiamo imparato a scuola che ipotizza l’origine da una piccola popolazione africana che si espanse e rimpiazzò altri ominidi sparsi per il mondo senza mescolarsi con essi.
L'ipotesi multiregionale invece propone che l' erectus, lasciata l'Africa 2.000.000 di anni fa, diventò sapiens in parti diverse del mondo, evolvendo caratteristiche legate alle condizioni regionali. Simile a quello che avvenne in Europa dove evolse il Neanderthal o in Asia l' Uomo di Pechino. L'ipotesi è stata supportata da studi di genomica.
Un’analisi del genoma Neanderthaliano mostra un’incompatibilità con il modello dell'Out-of-Africa perché pare che i Neanderthaliani fossero, nella media, più vicini agli individui in Eurasia che non a quelli in Africa. Inoltre, gli europei attuali hanno parti genetiche strettamente connesse a quelle del Neanderthal e distanti da altri esseri umani.
Dai dati si ricava che tra l’1 e il 4% del genoma di persone euroasiatiche deriva dai Neanderthaliani. Quanto basta per rappresentare una sfida alla semplicistica versione dell’”Out-of-Africa”. Anche perché i ritrovamenti fatti nei vari continenti, fanno emergere un quadro evolutivo molto più complesso e multiforme.
Così, guarda caso, le teorie per cui tutti gli esseri umani moderni sono perfettamente uguali. si stanno dimostrando delle falsità. Come è successo in Europa, è probabilmente successo in altre parti del mondo, i sapiens si sono mescolati con altre specie. A volte però queste erano meno evolute (come l'Uomo di Flores, nell'odierna Indonesia) forse dando luogo a ibridi che nel caso del sud-est asiatico e dell'Australia ci pongono dei grossi quesiti sul livello evolutivo (penso ad esempio agli aborigeni australiani).
Le glaciazioni e i Celti (o R1b)Durante le grandi glaciazioni (l'ultima è finita circa 10.000 anni fa) gli uomini sono migrati verso sud, visto che le aree boreali erano troppo fredde e secche per abitarvi stabilmente, raggruppandosi in zone specifiche. Questi gruppi erano omogenei dal punto di vista genetico e ancora oggi facilmente rintracciabili.
La Spagna antica è servita come rifugio principale per le popolazioni che vivevano in Europa. Quando il clima si è fatto più caldo le popolazioni si sono rapidamente diffuse verso nord e verso est, seguendo le coste atlantiche e ricolonizzando tutta la parte occidentale dell'Europa.
Questa popolazione forma un gruppo molto tipico per l'Europa e si chiama R1b, dal DNA del cromosoma Y. Questa è la popolazione che comunemente chiamiamo celtica ed è diffusa in tutta l'Europa occidentale con un confine abbastanza preciso, quello che grosso modo oggi corre tra la Germania e la Polonia, giù fino alle Alpi Orientali. Gli esatti valori del R1b nelle varie nazionalità sono: Baschi: 88.1%; Irlandesi: 81.5%; Gallesi: 89.0%; Scozzesi: 77.1%; Spagnoli non baschi: 68.0 (Catalani: 79.2; Andalusi: 65.5); Portoghesi meridionali: 56.0%; Portoghesi settentrionali: 62.0%; Britannici: 68.8; Inglesi centrali: 61.9% Belgi: 63.0; Francesi: 52.2; Tedeschi: 47.9. Le punte sono nel Galles settentrionale e in alcune zone dell'Irlanda con valori pressoché del 100%.
Nonostante i risultati delle ultime ricerche genetiche siano ancora provvisori, si diffonde sempre più tra gli studiosi la tesi inizialmente propugnata da pochi storici di una antica origine autoctona dei Celti risalente al mesolitico.
Alla base della diffusione di questa tesi c'è l'aplogruppo R1b del cromosoma Y; gli aplogruppi, come ho spiegato all'inizio, possono essere immaginati come i grandi rami dell'albero genealogico della componente maschile della specie sapiens. Questi rami ( o aplogruppi, come volete) mostrano come si sono sviluppate le popolazioni e ne definiscono perciò anche l'ambito geografico di sviluppo.
L'aplogruppo R1b, nella sua mutazione M343, compare in Europa già 30000 anni fa, diretto progenitore degli attuali europei occidentali, ma si attesta verosimilmente solo dopo l'ultima era glaciale.
Gran parte degli slavi discendono da un gruppo geneico chiamato dagli studiosi R1a e presente soprattutto nell'Europa dell'est (Polonia 60% della popolazione; Serbia, Croazia e Bosnia circa 50%; Macedonia 35%; Repubblica Ceca 32%). Queste popolazioni potrebbero essere arrivate nell'Europa orientale alla fine delle glaciazioni da una zona posta a sud-est del Mar Caspio. Questo gruppo genetico è importantissimo e corrisponde a quello delle popolazioni che hanno imposto all'aplogruppo R1b la loro cultura chiamata in seguito indoeuropea (ne parlerò più ampiamente poco più avanti).
La zona dei Balcani è stata un rifugio, durante l'ultima glaciazione, di un gruppo genetico importante, quello chiamato dagli studiosi I1. Con il ritiro dei ghiacci questo gruppo si è spostato rapidamente a nord colonizzando la Scandinavia, l'Islanda, la Germania settentrionale e in epoca storica, con le invasioni vichinghe, anche la zona orientale dell'Inghilterra e la Normandia in Francia.
Una parte di questa popolazione è rimasta nei Balcani dando origine al sottogruppo I2a che ancora oggi è molto frequente nell'Europa orientale, nei Balcani nord-occidentali con punte in Croazia, Erzegovina e Alpi Dinariche (circa il 50% della popolazione).Un sottogruppo denominato I2b è abbastanza comune in Germania con una percentuale dell'11%.
Prime conclusioni: genetiva vs. culturaLa prima importantissima conclusione è che si è scoperto che un'etnia non ha che fare con aspetti culturali. Per definire un’etnia, non si prende infatti in considerazione l’aspetto culturale, né tanto meno aspetti fisici che possono facilmente mutare con il tempo secondo le condizioni ambientali presenti in una determinata area geografica, ma bensì dobbiamo prendere in considerazione il patrimonio genetico presente nei diversi individui di un determinato popolo, unico vero aspetto che tende a mantenersi inalterato fin dalle sue origini.
Quello che abbiamo imparato nei libri di storia, ovvero che l'Europa è stata colonizzata geneticamente a ondate provenienti da est, non è esatto.
L'evoluzione culturale indoeuropea è stata introdotta in Europa da gruppi umani, immaginiamoceli come piccoli gruppi di guerrieri provenienti dal Caspio, che sottomettevano le popolazioni autoctone costituendo l'elite guerriera e introducevano nuove lingue, nuove religioni, nuovi usi e costumi, ma lasciavano pressoché inalterata la componente genetica.
Ad un certo punto in Europa c'è stato effettivamente un grande cambiamento culturale, la religione da divinità femminili legate alla terra e alla fertilità è cambiata introducendo nuove divinità maschili guerriere. Sono apparse nuove lingue, quelle che noi chiamiamo del gruppo indoeuropeo e che sono la stragrande maggioranza. Gli studiosi di linguistica sono entrati in forte attrito con le conclusioni date dai genetisti, ma molto probabilmente i dati biologici e quelli culturali spesso non coincidono. Le popolazioni di lingue non indoeuropee, sono poche, i Baschi e gli Etruschi, ad esempio. Eppure, secondo le ricerche genetiche attuali, i Paesi Baschi sono stati addirittura il rifugio delle popolazioni celtiche durante la glaciazione, infatti lì la componente genetica R1b è tra le più alte. E le popolazioni toscane attuali pongono grandi quesiti ai genetisti perché la loro componente genetica è pressoché uguale a qualla delle altre popolazioni dell'Italia centro-settentrionale.
Allora possiamo immaginare che piccoli gruppi umani, evoluti, abbiano colonizzato culturalmente l'Europa non cambiando però la componente genetica. Nelle zone dove la componente culturale è rimasta non indoeuropa ci sono state probabilmente delle resistenze di vario tipo che hanno impedito un recepimento totale o parziale della cultura indoeuropea.
Diffusione dell'aplogruppo R1aAriani o IndoeuropeiAllora parlare di indoeuropei o ariani è sbagliato, in quanto sovrapporremmo dati culturali e dati genetici.
La struttura genetica dell'Europa è diversa da quella culturale.
Ariani o indoeurpei sono culturalmente tutti quei popoli che vanno dall'India all'estremità occidentale europea (esclusi arabi, turchi, ungheresi, baschi e finlandesi). Ma geneticamente sono ariani, o Kurgan, solo gli appartenenti all'aplogruppo R1a.
Nati circa 5000 anni fa tra il Mar Nero e il Mar Caspio come etnia ariana, gli Indoeuropei sono una cultura guerriera dell’età del bronzo, chiamata anche cultura del Kurgan, così denominata a partire dalle grandi sepolture che la caratterizzano, tombe nelle quali venivano seppelliti i principi con le mogli, gli schiavi e tutto il seguito.
Emerge un quadro abbastanza semplice e lineare della comparsa degli Indoeuropei sulla scena della storia: migrando dalle loro regioni d’origine piccoli gruppi di Indoeuropei, essendo militarmente più avanzati, avrebbero soggiogato un pò ovunque, dall’Europa Occidentale all’India, le popolazioni europee del Neolitico, e avrebbero imposto su gran parte delle popolazioni sottomesse la loro struttura sociale e la loro religione.
Da notare che la struttura sociale adottata dagli Indoeuropei non differiva molto da quella delle popolazioni storiche che conosciamo, mentre i precedenti gruppi europei erano organizzati secondo una struttura patriarcale della famiglia, come un grande Clan attorno ad una figura di riferimento.
Anche dal punto di vista religioso, gli Indoeuropei preferirono le divinità celesti maschili, in forte contrapposizione con la religione delle dee madri praticate dai popoli del neolitico fin dal paleolitico.
ConclusioniParlare di razza ariana è scientificamente sbagliato per quanto riguarda l'Europa Occidentale. Gli ariani, o Kurgan, o Indoeuropei o aplogruppo R1a, sono presenti geneticamente solo nell'Europa Orientale (vedi cartina sopra). In epoca preistorica però piccoli gruppi di loro, spostandosi dalle loro sedi originarie poste tra il Mar Nero e il Caspio, essendo militarmente meglio preparati, hanno sottomesso e fortemente influenzato culturalmente le popolazioni dell'Europa Occidentale diffondendo tra l'altro la loro religione, la loro lingua (le lingue indoeuropee sono tutte quelle neolatine, germaniche, baltiche, slave, ecc), l'uso del cavallo e la loro organizzazione sociale.
In pratica la razza ariana corrisponde scientificamente a quella slava R1a, mente la cultura ariana corrisponde grosso modo a quella delle popolazioni che ancora oggi parlano lingue indoeuropee e vanno dall'India all'Europa Occidentale.